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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
Decreto Legislativo 23 febbraio 2010, n. 49
Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni.
(GU n. 77 del 2-4-2010)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 7 luglio 2009, n. 88, recante disposizioni per
l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle
Comunita' europee - Legge comunitaria 2008, e in particolare l'articolo
1;
Vista la direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione ed alla gestione dei
rischi di alluvioni;
Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive
modificazioni, ed in particolare la parte terza;
Visto il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, recante misure
straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione
dell'ambiente, ed in particolare l'articolo 1;
Vista la legge 24 febbraio 1992, n. 225, recante istituzione del
Servizio nazionale della protezione civile;
Visto il decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, recante disposizioni
urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture
preposte alle attivita' di protezione civile e per migliorare le
strutture logistiche nel settore della difesa civile;
Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive
modificazioni, recante conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello Stato alle regioni ed agli enti locali;
Vista la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27
febbraio 2004, recante indirizzi operativi per la gestione organizzativa
e funzionale del sistema di allertamento nazionale, statale e regionale
per il rischio idrogeologico ed idraulico ai fini di protezione civile;
Vista la preliminare, deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata
nella riunione del 19 novembre 2009;
Considerato che la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano non ha reso il
parere di competenza nel previsto termine;
Acquisito i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei
deputati;
Considerato che le competenti Commissioni del Senato della Repubblica
non hanno espresso il parere entro il termine prescritto;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 19 febbraio 2010;
Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con
i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle
finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'interno, per i beni
e le attivita' culturali e per i rapporti con le regioni;
E m a n a
il seguente decreto legislativo:
Art. 1
Ambito di applicazione e finalita'
1. Il presente decreto disciplina le attivita' di valutazione e di
gestione dei rischi di alluvioni al fine di ridurre le conseguenze
negative per la salute umana, per il territorio, per i beni, per
l'ambiente, per il patrimonio culturale e per le attivita' economiche e
sociali derivanti dalle stesse alluvioni.
2. Restano ferme le disposizioni della parte terza del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni di seguito
denominato: «decreto legislativo n. 152 del 2006», nonche' la pertinente
normativa di protezione civile anche in relazione alla materia del
sistema di' allertamento nazionale.
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione
competente per materia ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3 del testo
unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle
pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine
di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle
quali e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia
degli atti legislativi qui trascritti.
- Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee (GUCE).
Note alle premesse:
- L'art. 76 della Costituzione stabilisce che l'esercizio della funzione
legislativa non puo' essere delegato al Governo se non con
determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo
limitato e per oggetti definiti.
- L'art. 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro, al Presidente
della Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti
aventi valore di legge ed i regolamenti.
- Il testo dell'art. 1 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (Disposizioni
per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia
alle Comunita' europee - legge comunitaria 2008.) Pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 14 luglio 2009, n. 161, S.O. cosi' recita: «Art. 1
(Delega al Governo per l'attuazione di direttive comunitarie). - 1. Il
Governo e' delegato ad adottare, entro la scadenza del termine di
recepimento fissato dalle singole direttive, i decreti legislativi
recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese
negli elenchi di cui agli allegati A e B. Per le direttive elencate
negli allegati A e B il cui termine di recepimento sia gia' scaduto
ovvero scada nei tre mesi successivi alla data di entrata in vigore
della presente legge, il Governo e' delegato ad adottare i decreti
legislativi di attuazione entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge. Per le direttive elencate negli allegati A e B che
non prevedono un termine di recepimento, il Governo e' delegato ad
adottare i decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge.
2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'art. 14 della
legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio
dei Ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con
competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i
Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle
finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto
della direttiva.
3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive
comprese nell'elenco di cui all'allegato B, nonche', qualora sia
previsto il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi all'attuazione
delle direttive comprese nell'elenco di cui all'allegato A, sono
trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge,
alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perche' su di essi
sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi
quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche
in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere
parlamentare di cui al presente comma ovvero i diversi termini previsti
dai commi 4 e 8 scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei
termini previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono
prorogati di novanta giorni.
4. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive
che comportino conseguenze finanziarie sono corredati della relazione
tecnica di cui all'art. 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n.
468, e successive modificazioni. Su di essi e' richiesto anche il parere
delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il
Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con
riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'art. 81, quarto
comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati
dei necessari elementi integrativi d'informazione, per i pareri
definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili
finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni.
5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno
dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e
criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo puo'
adottare, con la procedura indicata nei commi 2, 3 e 4, disposizioni
integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del
citato comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 6.
6. I decreti legislativi, relativi alle direttive di cui agli allegati A
e B, adottati, ai sensi dell'art. 117, quinto comma, della Costituzione,
nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province
autonome, si applicano alle condizioni e secondo le procedure di cui
all'art. 11, comma 8, della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
7. Il Ministro per le politiche europee, nel caso in cui una o piu'
deleghe di cui al comma 1 non risultino esercitate alla scadenza del
termine previsto, trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della
Repubblica una relazione che da' conto dei motivi addotti a
giustificazione del ritardo dai Ministri con competenza istituzionale
prevalente per la materia. Il Ministro per le politiche europee ogni sei
mesi informa altresi' la Camera dei deputati e il Senato della
Repubblica sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle
regioni e delle province autonome nelle materie di loro competenza,
secondo modalita' di individuazione delle stesse da definire con accordo
in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano.
8. Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di
cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di
decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese negli
elenchi di cui agli allegati A e B, ritrasmette con le sue osservazioni
e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al
Senato della Repubblica. Decorsi venti giorni dalla data di
ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo
parere.».
- La direttiva 2007/60/CE e' pubblicata nella G.U.U.E. 6 novembre 2007,
n. L 288.
- Il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, (Norme in materia
ambientale) e successive modificazioni e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 14 aprile 2006, n. 88, S.O.
- Si riporta il testo dell'art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 2008 n.
208 (Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione
dell'ambiente), convertito con modificazioni, dalla legge 27 febbraio
2009, n. 13:
«Art. 1 (Autorita' di bacino di rilievo nazionale). - 1. Il comma 2-bis
dell'art. 170 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e'
sostituito dal seguente: «2-bis. Nelle more della costituzione dei
distretti idrografici di cui al Titolo II della Parte terza del presente
decreto e della eventuale revisione della relativa disciplina
legislativa, le Autorita' di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n.
183, sono prorogate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica, fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri di cui al comma 2, dell'art. 63 del presente
decreto.».
2. Fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri di cui all'art. 170, comma 2-bis, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come sostituito dal comma 1, sono
fatti salvi gli atti posti in essere dalle Autorita' di bacino di cui al
presente articolo dal 30 aprile 2006.
3. Fino alla data di cui al comma 2, le Autorita' di bacino di rilievo
nazionale restano escluse dall'applicazione dell'art. 74 del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, fermi restando gli obiettivi fissati
ai sensi del medesimo art. 74 da considerare ai fini dell'adozione del
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 2.
3-bis. L'adozione dei piani di gestione di cui all'articolo 13 della
direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23
ottobre 2000, e' effettuata, sulla base degli atti e dei pareri
disponibili, entro e non oltre il 28 febbraio 2010, dai comitati
istituzionali delle autorita' di bacino di rilievo nazionale, integrati
da componenti designati dalle regioni il cui territorio ricade nel
distretto idrografico al quale si riferisce il piano di gestione non
gia' rappresentate nei medesimi comitati istituzionali. Ai fini del
rispetto del termine di cui al primo periodo, le autorita' di bacino di
rilievo nazionale provvedono, entro il 30 giugno 2009, a coordinare i
contenuti e gli obiettivi dei piani di cui al presente comma all'interno
del distretto idrografico di appartenenza, con particolare riferimento
al programma di misure di cui all'art. 11 della citata direttiva
2000/60/CE. Per i distretti idrografici nei quali non e' presente alcuna
autorita' di bacino di rilievo nazionale, provvedono le regioni.
3-ter. Affinche' l'adozione e l'attuazione dei piani di gestione abbia
luogo garantendo uniformita' ed equita' sul territorio nazionale, con
particolare riferimento alle risorse finanziarie necessarie al
conseguimento degli obiettivi ambientali e ai costi sopportati dagli
utenti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, con proprio decreto, emana, entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, linee
guida che sono trasmesse ai comitati istituzionali di cui al comma
3-bis.
3-quater. Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto e fino alla data di cui al comma 2, non si applicano le
disposizioni di cui all'art. 3 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 luglio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284
del 3 dicembre 1999, recante ripartizione dei fondi finalizzati al
finanziamento degli interventi in materia di difesa del suolo per il
quadriennio 1998-2001, e all'art. 3, comma 2, del decreto del Presidente
della Repubblica 9 maggio 2001, n. 331, recante ripartizione dei fondi
finalizzati al finanziamento degli interventi in materia di difesa del
suolo per il quadriennio 2000-2003.».
- La legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale
della protezione civile) e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 17 marzo
1992, n. 64, S.O.
- Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (conferimento di funzioni
e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali,
in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 21 aprile 1998, n. 92, S.O.
Note all'art. 1:
- Per i riferimenti del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si
veda nelle note alle premesse.
Art. 2
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto, oltre alle definizioni di fiume, di
bacino idrografico, di sottobacino e di distretto idrografico di cui
all'articolo 54, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 si
applicano le seguenti definizioni:
a) alluvione: l'allagamento temporaneo, anche con trasporto ovvero
mobilitazione di sedimenti anche ad alta densita', di aree che
abitualmente non sono coperte d'acqua. Cio' include le inondazioni
causate da laghi, fiumi, torrenti, eventualmente reti di drenaggio
artificiale, ogni altro corpo idrico superficiale anche a regime
temporaneo, naturale o artificiale, le inondazioni marine delle zone
costiere ed esclude gli allagamenti non direttamente imputabili ad
eventi meteorologici;
b) pericolosita' da alluvione: la probabilita' di accadimento di un
evento alluvionale in un intervallo temporale prefissato e in una certa
area;
c) rischio di alluvioni: la combinazione della probabilita' di
accadimento di un evento alluvionale e delle potenziali conseguenze
negative per la salute umana, il territorio, i beni, l'ambiente, il
patrimonio culturale e le attivita' economiche e sociali derivanti da
tale evento.
Note all'art. 2:
- Il testo dell'art. 54, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152, cosi' recita:
«Art. 54 (Definizioni). - 1. Ai fini della presente sezione si intende
per:
a) suolo: il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere
infrastrutturali;
b) acque: le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee come
di seguito specificate;
c) acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole acque
sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per
quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse
anche le acque territoriali;
d) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie
del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o
il sottosuolo;
e) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e
tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da
riferimento per definire il limite delle acque territoriali;
f) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in
superficie, ma che puo' essere parzialmente sotterraneo;
g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
h) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimita'
della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa
della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati
dai flussi di acqua dolce;
i) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a
una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul
lato esterno dal punto piu' vicino della linea di base che serve da
riferimento per definire il limite delle acque territoriali, e che si
estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di
transizione;
l) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di
acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente,
un fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, nonche' di
acque di transizione o un tratto di acque costiere;
m) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attivita'
umana;
n) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la
cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attivita'
umana, e' sostanzialmente modificata;
o) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee
contenute da una o piu' falde acquifere;
p) falda acquifera: uno o piu' strati sotterranei di roccia o altri
strati geologici di porosita' e permeabilita' sufficiente da consentire
un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantita'
significative di acque sotterranee;
q) reticolo idrografico: l'insieme degli elementi che costituiscono il
sistema drenante alveato del bacino idrografico;
r) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque
superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente
laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta;
s) sottobacino o sub-bacino: il territorio nel quale scorrono tutte le
acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed
eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso
d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
t) distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno o
piu' bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e
costiere che costituisce la principale unita' per la gestione dei bacini
idrografici;
u) difesa del suolo: il complesso delle azioni ed attivita' riferibili
alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e
collettori, degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera,
delle acque sotterranee, nonche' del territorio a questi connessi,
aventi le finalita' di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i
fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l'uso e la gestione del
patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali e
paesaggistiche collegate;
v) dissesto idrogeologico: la condizione che caratterizza aree ove
processi naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici,
del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul
territorio;
z) opera idraulica: l'insieme degli elementi che costituiscono il
sistema drenante alveato del bacino idrografico».
Art. 3
Competenze amministrative
1. Ferme restando le competenze del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, agli adempimenti di cui agli articoli
4, 5, 6 e 7, comma 3, lettera a), provvedono, secondo quanto stabilito
agli stessi articoli, le autorita' di bacino distrettuali di cui
all'articolo 63 del decreto legislativo n. 152 del 2006, alle quali, ai
sensi dell'articolo 67 dello stesso decreto, compete l'adozione dei
piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico.
2. Le regioni, in coordinamento tra loro e con il Dipartimento nazionale
della protezione civile, provvedono, ai sensi della direttiva del
Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 febbraio 2004, e
successive modificazioni, pubblicata nel supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 59 dell'11 marzo 2004, per il distretto
idrografico di riferimento, alla predisposizione ed all'attuazione del
sistema di allertamento nazionale, statale e regionale, per il rischio
idraulico ai fini di protezione civile, secondo quanto stabilito
all'articolo 7, comma 3, lettera b).
Note all'art. 3:
- L'art. 63 del decreto legislativo n. 152/2006 cosi' recita:
«Art. 63 (Autorita' di bacino distrettuale). - 1. In ciascun distretto
idrografico di cui all'art. 64 e' istituita l'Autorita' di bacino
distrettuale, di seguito Autorita' di bacino, ente pubblico non
economico che opera in conformita' agli obiettivi della presente sezione
ed uniforma la propria attivita' a criteri di efficienza, efficacia,
economicita' e pubblicita'.
2. Sono organi dell'Autorita' di bacino: la Conferenza istituzionale
permanente, il Segretario generale, la Segreteria tecnico-operativa e la
Conferenza operativa di servizi. Con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze e con il Ministro per la funzione pubblica, da emanarsi sentita
la Conferenza permanente Stato-regioni entro trenta giorni dalla data di
entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sono definiti
i criteri e le modalita' per l'attribuzione o il trasferimento del
personale e delle risorse patrimoniali e finanziarie, salvaguardando i
livelli occupazionali, definiti alla data del 31 dicembre 2005, e previa
consultazione dei sindacati.
3. Le autorita' di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183,
sono soppresse a far data dal 30 aprile 2006 e le relative funzioni sono
esercitate dalle Autorita' di bacino distrettuale di cui alla parte
terza del presente decreto. Il decreto di cui al comma 2 disciplina il
trasferimento di funzioni e regolamenta il periodo transitorio.
4. Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorita'
di bacino vengono adottati in sede di Conferenza istituzionale
permanente presieduta e convocata, anche su proposta delle
amministrazioni partecipanti, dal Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio su richiesta del Segretario generale, che vi partecipa
senza diritto di voto. Alla Conferenza istituzionale permanente
partecipano i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio,
delle infrastrutture e dei trasporti, delle attivita' produttive, delle
politiche agricole e forestali, per la funzione pubblica, per i beni e
le attivita' culturali o i Sottosegretari dai medesimi delegati, nonche'
i Presidenti delle regioni e delle province autonome il cui territorio
e' interessato dal distretto idrografico o gli Assessori dai medesimi
delegati, oltre al delegato del Dipartimento della protezione civile.
Alle conferenze istituzionali permanenti del distretto idrografico della
Sardegna e del distretto idrografico della Sicilia partecipano, oltre ai
Presidenti delle rispettive regioni, altri due rappresentanti per
ciascuna delle predette regioni, nominati dai Presidenti regionali. La
conferenza istituzionale permanente delibera a maggioranza. Gli atti di
pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a
legislazione vigente.
5. La conferenza istituzionale permanente di cui al comma 4:
a) adotta criteri e metodi per la elaborazione del Piano di bacino in
conformita' agli indirizzi ed ai criteri di cui all'art. 57;
b) individua tempi e modalita' per l'adozione del Piano di bacino, che
potra' eventualmente articolarsi in piani riferiti a sub-bacini;
c) determina quali componenti del piano costituiscono interesse
esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a
piu' regioni;
d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque
l'elaborazione del Piano di bacino;
e) adotta il Piano di bacino;
f) controlla l'attuazione degli schemi previsionali e programmatici del
Piano di bacino e dei programmi triennali e, in caso di grave ritardo
nell'esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai
tempi fissati nel programma, diffida l'amministrazione inadempiente,
fissando il termine massimo per l'inizio dei lavori. Decorso
infruttuosamente tale termine, all'adozione delle misure necessarie ad
assicurare l'avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il
Presidente della Giunta regionale interessata che, a tal fine, puo'
avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti;
g) nomina il Segretario generale.
6. La Conferenza operativa di servizi e' composta dai rappresentanti dei
Ministeri di cui al comma 4, delle regioni e delle province autonome
interessate, nonche' da un rappresentante del Dipartimento della
protezione civile; e' convocata dal Segretario Generale, che la
presiede, e provvede all'attuazione ed esecuzione di quanto disposto ai
sensi del comma 5, nonche' al compimento degli atti gestionali. La
conferenza operativa di servizi delibera a maggioranza.
7. Le Autorita' di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse
finanziarie previste a legislazione vigente:
a) all'elaborazione del Piano di bacino distrettuale di cui all'art. 65;
b) ad esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di
bacino dei piani e programmi comunitari, nazionali, regionali e locali
relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla
tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche;
c) all'elaborazione, secondo le specifiche tecniche che figurano negli
allegati alla parte terza del presente decreto, di un'analisi delle
caratteristiche del distretto, di un esame sull'impatto delle attivita'
umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee,
nonche' di un'analisi economica dell'utilizzo idrico.
8. Fatte salve le discipline adottate dalle regioni ai sensi dell'art.
62, le Autorita' di bacino coordinano e sovrintendono le attivita' e le
funzioni di titolarita' dei consorzi di bonifica integrale di cui al
regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonche' del consorzio del Ticino
- Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera
regolatrice del lago Maggiore, del consorzio dell'Oglio - Ente autonomo
per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del
lago d'Iseo e del consorzio dell'Adda - Ente autonomo per la
costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago
di Como, con particolare riguardo all'esecuzione, manutenzione ed
esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di
azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al
fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi
d'acqua ed alla fitodepurazione».
- L'art. 67 del decreto legislativo n. 152/2006, cosi' recita:
«Art. 67 (I piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le
misure di prevenzione per le aree a rischio). - 1. Nelle more
dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorita' di bacino adottano,
ai sensi dell'art. 65, comma 8, piani stralcio di distretto per
l'assetto idrogeologico (PAI), che contengano in particolare
l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione
delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione
delle misure medesime.
2. Le Autorita' di bacino, anche in deroga alle procedure di cui
all'art. 66, approvano altresi' piani straordinari diretti a rimuovere
le situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico, redatti anche sulla
base delle proposte delle regioni e degli enti locali. I piani
straordinari devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio
idrogeologico per le quali e' stato dichiarato lo stato di emergenza, ai
sensi dell'articolo 5della legge 24 febbraio 1992, n. 225. I piani
straordinari contengono in particolare l'individuazione e la
perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumita'
delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio
ambientale e culturale. Per tali aree sono adottate le misure di
salvaguardia ai sensi dell'art. 65, comma 7, anche con riferimento ai
contenuti di cui al comma 3, lettera d), del medesimo art. 65. In caso
di inerzia da parte delle Autorita' di bacino, il Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato dei Ministri, di cui
all'art. 57, comma 2, adotta gli atti relativi all'individuazione, alla
perimetrazione e alla salvaguardia delle predette aree. Qualora le
misure di salvaguardia siano adottate in assenza dei piani stralcio di
cui al comma 1, esse rimangono in vigore sino all'approvazione di detti
piani. I piani straordinari approvati possono essere integrati e
modificati con le stesse modalita' di cui al presente comma, in
particolare con riferimento agli interventi realizzati ai fini della
messa in sicurezza delle aree interessate.
3. Il Comitato dei Ministri di cui all'art. 57, comma 2, tenendo conto
dei programmi gia' adottati da parte delle Autorita' di bacino e dei
piani straordinari di cui al comma 2 del presente articolo, definisce,
d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, programmi di interventi
urgenti, anche attraverso azioni di manutenzione dei distretti
idrografici, per la riduzione del rischio idrogeologico nelle zone in
cui la maggiore vulnerabilita' del territorio e' connessa con piu'
elevati pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale,
con priorita' per le aree ove e' stato dichiarato lo stato di emergenza,
ai sensi dell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Per la
realizzazione degli interventi possono essere adottate, su proposta del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, e d'intesa con le regioni
interessate, le ordinanze di cui all'art. 5, comma 2, della legge 24
febbraio 1992, n. 225.
4. Per l'attivita' istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai commi
1, 2 e 3, i Ministri competenti si avvalgono, senza nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica, del Dipartimento della protezione civile,
nonche' della collaborazione del Corpo forestale dello Stato, delle
regioni, delle Autorita' di bacino, del Gruppo nazionale per la difesa
dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche
e, per gli aspetti ambientali, del Servizio geologico d'Italia -
Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione
dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), per quanto di rispettiva
competenza.
5. Entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1, 2,
3 e 4, gli organi di protezione civile provvedono a predisporre, per le
aree a rischio idrogeologico, con priorita' assegnata a quelle in cui la
maggiore vulnerabilita' del territorio e' connessa con piu' elevati
pericoli per le persone, le cose e il patrimonio ambientale, piani
urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell'incolumita'
delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l'allarme e
la messa in salvo preventiva.
6. Nei piani stralcio di cui al comma 1 sono individuati le
infrastrutture e i manufatti che determinano il rischio idrogeologico.
Sulla base di tali individuazioni, le regioni stabiliscono le misure di
incentivazione a cui i soggetti proprietari possono accedere al fine di
adeguare le infrastrutture e di rilocalizzare fuori dall'area a rischio
le attivita' produttive e le abitazioni private. A tale fine le regioni,
acquisito il parere degli enti locali interessati, predispongono, con
criteri di priorita' connessi al livello di rischio, un piano per
l'adeguamento delle infrastrutture, determinandone altresi' un congruo
termine, e per la concessione di incentivi finanziari per la
rilocalizzazione delle attivita' produttive e delle abitazioni private
realizzate in conformita' alla normativa urbanistica edilizia o
condonate. Gli incentivi sono attivati nei limiti della quota dei fondi
introitati ai sensi dell'art. 86, comma 2, del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112, e riguardano anche gli oneri per la demolizione dei
manufatti; il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio
indisponibile dei comuni.
All'abbattimento dei manufatti si provvede con le modalita' previste
dalla normativa vigente. Ove i soggetti interessati non si avvalgano
della facolta' di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono
da eventuali benefici connessi ai danni derivanti agli insediamenti di
loro proprieta' in conseguenza del verificarsi di calamita' naturali.
7. Gli atti di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono
contenere l'indicazione dei mezzi per la loro realizzazione e della
relativa copertura finanziaria.».
Art. 4
Valutazione preliminare del rischio di alluvioni
1. Le autorita' di bacino distrettuali di cui all'articolo 63 del
decreto legislativo n. 152 del 2006 effettuano, nell'ambito del
distretto idrografico di riferimento, entro il 22 settembre 2011, la
valutazione preliminare del rischio di alluvione, facendo salvi gli
strumenti gia' predisposti nell'ambito della pianificazione di bacino in
attuazione di norme previgenti, nonche' delle disposizioni della parte
terza, sezione I, del decreto legislativo n. 152 del 2006.
2. La valutazione preliminare del rischio di alluvioni fornisce una
valutazione dei rischi potenziali, principalmente sulla base dei dati
registrati, di analisi speditive e degli studi sugli sviluppi a lungo
termine, tra cui, in particolare, le conseguenze dei cambiamenti
climatici sul verificarsi delle alluvioni e tenendo conto della
pericolosita' da alluvione. Detta valutazione comprende almeno i
seguenti elementi:
a) cartografie tematiche del distretto idrografico in scala appropriata
comprendenti i limiti amministrativi, i confini dei bacini idrografici,
dei sottobacini e delle zone costiere, dalle quali risulti la topografia
e l'uso del territorio;
b) descrizione delle alluvioni avvenute in passato che hanno avuto
notevoli conseguenze negative per la salute umana, il territorio, i
beni, l'ambiente, il patrimonio culturale e le attivita' economiche e
sociali e che, con elevata probabilita', possono ancora verificarsi in
futuro in maniera simile, compresa l'estensione dell'area inondabile e,
ove noti, le modalita' di deflusso delle acque, gli effetti al suolo e
una valutazione delle conseguenze negative che hanno avuto;
c) descrizione delle alluvioni significative avvenute in passato che pur
non avendo avuto notevoli conseguenze negative ne potrebbero avere in
futuro;
d) valutazione delle potenziali conseguenze negative di future alluvioni
per la salute umana, il territorio, i beni, l'ambiente, il patrimonio
culturale e le attivita' economiche e sociali, tenendo conto di elementi
quali la topografia, la localizzazione dei corpi idrici superficiali e
le loro caratteristiche idrologiche e geomorfologiche generali, le aree
di espansione naturale delle piene, l'efficacia delle infrastrutture
artificiali esistenti per la difesa dalle alluvioni, la localizzazione
delle aree popolate, di quelle ove esistono attivita' economiche e
sociali e gli scenari a lungo termine, quali quelli socio-economici e
ambientali, determinati anche dagli effetti dei cambiamenti climatici.
3. Nel caso dei distretti idrografici internazionali condivisi con altri
Stati membri dell'Unione europea, il Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare e le autorita' di bacino distrettuali
interessate garantiscono lo scambio delle pertinenti informazioni.
4. La valutazione preliminare del rischio di alluvioni non e'
effettuata, qualora vengano adottate le misure transitorie di cui
all'articolo 11, comma 1.
Note all'art. 4:
- Per il testo dell'art. 63 del d.lgs. n. 152 del 2006, si veda nelle
note all'art. 3.
Art. 5
Individuazione delle zone a rischio potenziale di alluvioni
1. In base alla valutazione preliminare del rischio di cui
all'articolo 4, fatti salvi gli strumenti gia' predisposti nell'ambito
della pianificazione di bacino in attuazione di norme previgenti,
nonche' del decreto legislativo n. 152 del 2006, le autorita' di bacino
distrettuali di cui all'articolo 63 del decreto legislativo n. 152 del
2006 individuano, per il distretto idrografico o per la parte di
distretto idrografico internazionale situati nel loro territorio, le
zone ove possa sussistere un rischio potenziale significativo di
alluvioni o si ritenga che questo si possa generare in futuro.
2. Nel caso di distretto idrografico internazionale, il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le
autorita' di bacino interessate, si coordina con gli altri Stati membri,
al fine di individuare le zone condivise a rischio potenziale di
alluvione.
Art. 6
Mappe della pericolosita' e del rischio di alluvioni
1. Le autorita' di bacino distrettuali di cui all'articolo 63 del
decreto legislativo n. 152 del 2006 predispongono, a livello di
distretto idrografico di cui all'articolo 64 dello stesso decreto
legislativo n. 152 del 2006, entro il 22 giugno 2013, mappe della
pericolosita' da alluvione e mappe del rischio di alluvioni per le zone
individuate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, in scala preferibilmente
non inferiore a 1:10.000 ed, in ogni caso, non inferiore a 1:25.000,
fatti salvi gli strumenti gia' predisposti nell'ambito della
pianificazione di bacino in attuazione delle norme previgenti, nonche'
del decreto legislativo n. 152 del 2006.
2. Le mappe della pericolosita' da alluvione contengono, evidenziando le
aree in cui possono verificarsi fenomeni alluvionali con elevato volume
di sedimenti trasportati e colate detritiche, la perimetrazione delle
aree geografiche che potrebbero essere interessate da alluvioni secondo
i seguenti scenari:
a) alluvioni rare di estrema intensita': tempo di ritorno fino a 500
anni dall'evento (bassa probabilita');
b) alluvioni poco frequenti: tempo di ritorno fra 100 e 200 anni (media
probabilita');
c) alluvioni frequenti: tempo di ritorno fra 20 e 50 anni (elevata
probabilita').
3. Per ogni scenario di cui al comma 2 vanno indicati almeno i seguenti
elementi:
a) estensione dell'inondazione;
b) altezza idrica o livello;
c) caratteristiche del deflusso (velocita' e portata).
4. Per le zone costiere in cui esiste un adeguato livello di protezione
e per le zone in cui le inondazioni sono causate dalle acque
sotterranee, le mappe di cui al comma 2 possono fare riferimento solo
agli scenari di cui al comma 2, lettera a).
5. Le mappe del rischio di alluvioni indicano le potenziali conseguenze
negative derivanti dalle alluvioni, nell'ambito degli scenari di cui al
comma 2 e prevedono le 4 classi di rischio di cui al decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri in data 29 settembre 1998,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 3 del 5 gennaio 1993, espresse in
termini di:
a) numero indicativo degli abitanti potenzialmente interessati;
b) infrastrutture e strutture strategiche (autostrade, ferrovie,
ospedali, scuole, etc);
c) beni ambientali, storici e culturali di rilevante interesse presenti
nell'area potenzialmente interessata;
d) distribuzione e tipologia delle attivita' economiche insistenti
sull'area potenzialmente interessata;
e) impianti di cui all'allegato I del decreto legislativo 18 febbraio
2005, n. 59, che potrebbero provocare inquinamento accidentale in caso
di alluvione e aree protette potenzialmente interessate, individuate
all'allegato 9 alla parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006;
f) altre informazioni considerate utili dalle autorita' di bacino
distrettuali, come le aree soggette ad alluvioni con elevato volume di
trasporto solido e colate detritiche o informazioni su fonti rilevanti
di inquinamento.
6. L'elaborazione delle mappe di cui al comma 1 per le zone di cui
all'articolo 5, comma 1, condivise con altri Stati membri della
Comunita' europea e' effettuata previo scambio preliminare di
informazioni tra le autorita' competenti interessate.
7. Le mappe della pericolosita' da alluvione, e le mappe del rischio di
alluvioni di cui al comma 1 non sono predisposte qualora vengano
adottate le misure transitorie di cui all'articolo 11, comma 2.
Note all'art. 6:
- Per il testo dell'art. 63 del decreto legislativo n. 152 del 2006, si
veda nelle note all'art. 3.
- Il testo dell'allegato I del decreto legislativo 18 gennaio 2005, n.
59, cosi' recita:
«Allegato I
(art. 1, comma 1)
CATEGORIE DI ATTIVITA' INDUSTRIALI DI CUI ALL'ART. 1
1. Gli impianti o le parti di impianti utilizzati per la ricerca, lo
sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi non rientrano
nel presente decreto.
2. I valori limite riportati di seguito si riferiscono in genere alle
capacita' di produzione o alla resa. Qualora uno stesso gestore ponga in
essere varie attivita' elencate alla medesima voce in uno stesso
impianto o in una stessa localita', si sommano le capacita' di tali
attivita'.
1. Attivita' energetiche.
1.1 Impianti di combustione con potenza termica di combustione di oltre
50 MW.
1.2. Raffinerie di petrolio e di gas.
1.3. Cokerie.
1.4. Impianti di gassificazione e liquefazione del carbone.
2. Produzione e trasformazione dei metalli.
2.1 Impianti di arrostimento o sinterizzazione di minerali metallici
compresi i minerali solforati.
2.2. Impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o
secondaria), compresa la relativa colata continua di capacita' superiore
a 2,5 tonnellate all'ora.
2.3. Impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante:
a) laminazione a caldo con una capacita' superiore a 20 tonnellate di
acciaio grezzo all'ora;
b) forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 kJ per
maglio e allorche' la potenza calorifica e' superiore a 20 MW;
c) applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacita'
di trattamento superiore a 2 tonnellate di acciaio grezzo all'ora.
2.4. Fonderie di metalli ferrosi con una capacita' di produzione
superiore a 20 tonnellate al giorno.
2.5. Impianti:
a) destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonche'
concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti
metallurgici, chimici o elettrolitici;
b) di fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di
recupero (affinazione, formatura in fonderia), con una capacita' di
fusione superiore a 4 tonnellate al giorno per il piombo e il cadmio o a
20 tonnellate al giorno per tutti gli altri metalli.
2.6. Impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie
plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche
destinate al trattamento utilizzate abbiano un volume superiore a 30 m³.
3. Industria dei prodotti minerali.
3.1. Impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) in forni
rotativi la cui capacita' di produzione supera 500 tonnellate al giorno
oppure di calce viva in forni rotativi la cui capacita' di produzione
supera 50 tonnellate al giorno, o in altri tipi di forni aventi una
capacita' di produzione di oltre 50 tonnellate al giorno.
3.2. Impianti destinati alla produzione di amianto e alla fabbricazione
di prodotti dell'amianto.
3.3. Impianti per la fabbricazione del vetro compresi quelli destinati
alla produzione di fibre di vetro, con capacita' di fusione di oltre 20
tonnellate al giorno.
3.4. Impianti per la fusione di sostanze minerali compresi quelli
destinati alla produzione di fibre minerali, con una capacita' di
fusione di oltre 20 tonnellate al giorno.
3.5. Impianti per la fabbricazione di prodotti ceramici mediante
cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle,
gres, porcellane, con una capacita' di produzione di oltre 75 tonnellate
al giorno e/o con una capacita' di forno superiore a 4 m³ e con una
densita' di colata per forno superiore a 300 kg/m³.
4. Industria chimica.
Nell'ambito delle categorie di attivita' della sezione 4 si intende per
produzione la produzione su scala industriale mediante trasformazione
chimica delle sostanze o dei gruppi di sostanze di cui ai punti da 4.1 a
4.6.
4.1 Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti chimici organici
di base come:
a) idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici
o aromatici);
b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi
carbossilici, esteri, acetati, eteri, perossidi, resine, epossidi;
c) idrocarburi solforati;
d) idrocarburi azotati, segnatamente ammine, amidi, composti nitrosi,
nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati;
e) idrocarburi fosforosi;
f) idrocarburi alogenati;
g) composti organometallici;
h) materie plastiche di base (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base
di cellulosa);
i) gomme sintetiche;
j) sostanze coloranti e pigmenti;
k) tensioattivi e agenti di superficie.
4.2. Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti chimici
inorganici di base, quali:
a) gas, quali ammoniaca; cloro o cloruro di idrogeno, fluoro o fluoruro
di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto,
idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile;
b) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido
nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati;
c) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di potassio, idrossido di
sodio;
d) sali, quali cloruro d'ammonio, clorato di potassio, carbonato di
potassio, carbonato di sodio, perborato, nitrato d'argento;
e) metalloidi, ossidi metallici o altri composti inorganici, quali
carburo di calcio, silicio, carburo di silicio.
4.3. Impianti chimici per la fabbricazione di fertilizzanti a base di
fosforo, azoto o potassio (fertilizzanti semplici o composti).
4.4 Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti di base
fitosanitari e di biocidi.
4.5 Impianti che utilizzano un procedimento chimico o biologico per la
fabbricazione di prodotti farmaceutici di base.
4.6. Impianti chimici per la fabbricazione di esplosivi.
5. Gestione dei rifiuti.
Salvi l'art. 11della direttiva 75/442/CEE e l'art. 3 della direttiva
91/689/CEE, del 12 dicembre 1991 del Consiglio, relativa ai rifiuti
pericolosi.
5.1. Impianti per l'eliminazione o il ricupero di rifiuti pericolosi,
della lista di cui all'art. 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE
quali definiti negli allegati II A e II B (operazioni R 1, R 5, R 6, R 8
e R 9) della direttiva 75/442/CEE e nella direttiva 75/439/CEE del 16
giugno 1975 del Consiglio, concernente l'eliminazione degli oli usati,
con capacita' di oltre 10 tonnellate al giorno.
5.2. Impianti di incenerimento dei rifiuti urbani quali definiti nella
direttiva 89/369/CEE dell'8 giugno 1989 del Consiglio, concernente la
prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato dai nuovi impianti
di incenerimento dei rifiuti urbani, e nella direttiva 89/429/CEE del 21
giugno 1989 del Consiglio, concernente la riduzione dell'inquinamento
atmosferico provocato dagli impianti di incenerimento dei rifiuti
urbani, con una capacita' superiore a 3 tonnellate all'ora.
5.3. Impianti per l'eliminazione dei rifiuti nonpericolosi quali
definiti nell'allegato 11 A della direttiva 75/442/CEE ai punti D 8, D 9
con capacita' superiore a 50 tonnellate al giorno.
5.4. Discariche che ricevono piu' di 10 tonnellate al giorno o con una
capacita' totale di oltre 25.000 tonnellate, ad esclusione delle
discariche per i rifiuti inerti.
6. Altre attivita'.
6.1. Impianti industriali destinati alla fabbricazione:
a) di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;
b) di carta e cartoni con capacita' di produzione superiore a 20
tonnellate al giorno;
6.2. Impianti per il pretrattamento (operazioni di lavaggio,
imbianchimento, mercerizzazione) o la tintura di fibre o di tessili la
cui capacita' di trattamento supera le 10 tonnellate al giorno.
6.3. Impianti per la concia delle pelli qualora la capacita' di
trattamento superi le 12 tonnellate al giorno di prodotto finito.
6.4:
a) Macelli aventi una capacita' di produzione di carcasse di oltre 50
tonnellate al giorno;
b) Trattamento e trasformazione destinati alla fabbricazione di prodotti
alimentari a partire da: materie prime animali (diverse dal latte) con
una capacita' di produzione di prodotti finiti di oltre 75 tonnellate al
giorno ovvero materie prime vegetali con una capacita' di produzione di
prodotti finiti di oltre 300 tonnellate al giorno (valore medio su base
trimestrale);
c) Trattamento e trasformazione del latte, con un quantitativo di latte
ricevuto di oltre 200 tonnellate al giorno (valore medio su base annua).
6.5. Impianti per l'eliminazione o il recupero di carcasse e di residui
di animali con una capacita' di trattamento di oltre 10 tonnellate al
giorno.
6.6. Impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini con piu'
di:
a) 40.000 posti pollame;
b) 2.000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg),
o
c) 750 posti scrofe.
6.7. Impianti per il trattamento di superficie di materie, oggetti o
prodotti utilizzando solventi organici, in particolare per apprettare,
stampare, spalmare, sgrassare, impermeabilizzare, incollare, verniciare,
pulire o impregnare, con una capacita' di consumo di solvente superiore
a 150 kg all'ora o a 200 tonnellate all'anno.
6.8. Impianti per la fabbricazione di carbonio (carbone duro) o grafite
per uso elettrico mediante combustione o grafitizzazione.».
L'allegato 9 alla parte terza del decreto legislativo n. 152/2006, cosi'
recita:
«Allegato 9
AREE PROTETTE
1. Il registro delle aree protette comprende i seguenti tipi di aree
protette:
i) aree designate per l'estrazione di acque destinate al consumo umano
ii) aree designate per la protezione di specie acquatiche significative
dal punto di vista economico;
iii) corpi idrici intesi a scopo ricreativo, comprese le aree designate
come acque di balneazione a norma della direttiva 76/160/CEE;
iv) aree sensibili rispetto ai nutrienti, comprese quelle designate come
zone vulnerabili a norma della direttiva 91/676/CEE e le zone designate
come aree sensibili a norma della direttiva 91/271/CEE;
v) aree designate per la protezione degli habitat e delle specie, nelle
quali mantenere o migliorare lo stato delle acque e' importante per la
loro protezione, compresi i siti pertinenti della rete Natura 2000
istituiti a norma della direttiva 79/409/CEE e 92/43/CEE, recepite
rispettivamente con la legge dell'11 febbraio 1992, n. 157 e con D.P.R.
8 settembre 1997, n. 357, come modificato dal D.P.R. 12 marzo 2003, n.
120.
2. Le regioni inseriscono nel Piano di Tutela una sintesi del registro
delle aree protette ricadenti nel loro territorio di competenza. Tale
sintesi contiene mappe che indicano l'ubicazione di ciascuna area
protetta, oltre che la descrizione della normativa comunitaria,
nazionale o locale che le ha istituite».
Art. 7
Piani di gestione del rischio di alluvioni
1. I piani di gestione del rischio di alluvioni, di seguito piani di
gestione, riguardano tutti gli aspetti della gestione del rischio di
alluvioni, in particolare la prevenzione, la protezione e la
preparazione, comprese le previsioni di' alluvione e il sistema di
allertamento nazionale e tengono conto delle caratteristiche del bacino
idrografico o del sottobacino interessato. I piani di gestione possono
anche comprendere la promozione di pratiche sostenibili di uso del
suolo, il miglioramento delle azioni di ritenzione delle acque, nonche'
l'inondazione controllata di certe aree in caso di fenomeno alluvionale.
2. Nei piani di gestione di cui al comma 1, sono definiti gli obiettivi
della gestione del rischio di alluvioni per le zone di cui all'articolo
5, comma 1, e per quelle di cui all'articolo 11, evidenziando, in
particolare, la riduzione delle potenziali conseguenze negative per la
salute umana, il territorio, i beni, l'ambiente, il patrimonio culturale
e le attivita' economiche e sociali, attraverso l'attuazione prioritaria
di interventi non strutturali e di azioni per la riduzione della
pericolosita'.
3. Sulla base delle mappe di cui all'articolo 6:
a) le autorita' di bacino distrettuali di cui all'articolo 63 del
decreto legislativo n. 152 del 2006 predispongono, secondo le modalita'
e gli obiettivi definiti ai commi 2 e 4, piani di gestione, coordinati a
livello di distretto idrografico, per le zone di cui all'articolo 5,
comma 1, e le zone considerate ai sensi dell'articolo 11, comma 1. Detti
piani sono predisposti nell'ambito delle attivita' di pianificazione di
bacino di cui agli articoli 65, 66, 67, 68 del decreto legislativo n.
152 del 2006, facendo salvi gli strumenti di pianificazione gia'
predisposti nell'ambito della pianificazione di bacino in attuazione
della normativa previgente;
b) le regioni, in coordinamento tra loro, nonche' con il Dipartimento
nazionale della protezione civile, predispongono, ai sensi della
normativa vigente e secondo quanto stabilito al comma 5, la parte dei
piani di gestione per il distretto idrografico di riferimento relativa
al sistema di allertamento, nazionale, statale e regionale, per il
rischio idraulico ai fini di protezione civile, di cui alla direttiva
del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 febbraio 2004, con
particolare riferimento al governo delle piene.
4. I piani di gestione del rischio di alluvioni comprendono misure per
raggiungere gli obiettivi definiti a norma del comma 2, nonche' gli
elementi indicati all'allegato I, parte A. I piani di gestione tengono
conto di aspetti quali:
a) la portata della piena e l'estensione dell'inondazione;
b) le vie di deflusso delle acque e le zone con capacita' di espansione
naturale delle piene;
c) gli obiettivi ambientali di cui alla parte terza, titolo II, del
decreto legislativo n. 152 del 2006;
d) la gestione del suolo e delle acque;
e) la pianificazione e le previsioni di sviluppo del territorio;
f) l'uso del territorio;
g) la conservazione della natura;
h) la navigazione e le infrastrutture portuali;
i) i costi e i benefici;
l) le condizioni morfologiche e meteomarine alla foce.
5. Per la parte di cui al comma 3, lettera b), i piani di gestione
contengono una sintesi dei contenuti dei piani urgenti di emergenza
predisposti ai sensi dell'articolo 67, comma 5, del decreto legislativo
n. 152 del 2006, nonche' della normativa previgente e tengono conto
degli aspetti relativi alle attivita' di:
a) previsione, monitoraggio, sorveglianza ed allertamento posti in
essere attraverso la rete dei centri funzionali;
b) presidio territoriale idraulico posto in essere attraverso adeguate
strutture e soggetti regionali e provinciali;
c) regolazione dei deflussi posta in essere anche attraverso i piani di
laminazione;
d) supporto all'attivazione dei piani urgenti di emergenza predisposti
dagli organi di protezione civile ai sensi dell'articolo 67, comma 5,
del decreto legislativo n. 152 del 2006 e della normativa previgente.
6. Gli enti territorialmente interessati si conformano alle disposizioni
dei piani di gestione di cui al presente articolo:
a) rispettandone le prescrizioni nel settore urbanistico, ai sensi dei
commi 4 e 6 dell'articolo 65 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
b) predisponendo o adeguando, nella loro veste di organi di protezione
civile, per quanto di competenza, i piani urgenti di emergenza di cui
all'articolo 67, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006,
facendo salvi i piani urgenti di emergenza gia' predisposti ai sensi
dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180,
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267.
7. I piani di gestione di cui al presente articolo non includono misure
che, per la loro portata e il loro impatto, possano incrementare il
rischio di alluvione a monte o a valle di altri paesi afferenti lo
stesso bacino idrografico o sottobacino, a meno che tali misure non
siano coordinate e non sia stata trovata una soluzione concordata tra
gli Stati interessati ai sensi dell'articolo 8.
8. I piani di gestione di cui al presente articolo, sono ultimati e
pubblicati entro il 22 giugno 2015.
9. I piani di gestione di cui al presente articolo non sono predisposti
qualora vengano adottate le misure transitorie di cui all'articolo 11,
comma 3.
Note all'art. 7:
- L'art. 1, comma 4, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180 (Misure
urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle
zone colpite da disastri franosi nella regione Campania) pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 11 giugno 1998, n. 134, e convertito in legge,
con modificazioni, dall'art. 1, legge 3 agosto 1998, n. 267, pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale 7 agosto 1998, n. 183, cosi' recita:
«Art. 4 (Piani di insediamenti produttivi e rilocalizzazione delle
attivita' produttive). - 1. I comuni di cui all'art. 3, comma 1, entro
trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
individuano, sentita l'unita' operativa del Gruppo nazionale per la
difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle
ricerche, di cui all'art. 4, comma 2, dell'ordinanza n. 2787 del 21
maggio 1998, che si pronuncia entro dieci giorni dalla richiesta, le
aree in condizioni di sicurezza destinate agli insediamenti produttivi e
sanitari, ai fini della rilocalizzazione in queste ultime aree delle
attivita' produttive e di quelle che operano nel settore sanitario
ubicate nelle zone a rischio di cui all'art. 1, comma 2, della stessa
ordinanza. La deliberazione e' pubblicata nel Foglio annunci legali, in
due quotidiani a tiratura nazionale, nonche' a mezzo di manifesti di
avviso alla popolazione, ed e' approvata dalle province, ove gia'
delegate, con delibera consiliare, entro trenta giorni dalla ricezione;
decorso tale termine la deliberazione si intende approvata;
l'approvazione costituisce variante agli strumenti urbanistici a tutti
gli effetti di legge. Scaduto il termine di cui al presente comma per
l'adozione della deliberazione da parte del comune, le province
provvedono in via sostitutiva.
2. Gli interventi per la realizzazione delle infrastrutture e delle
opere di urbanizzazione per le aree di cui al comma 1 sono ricompresi
nel piano di cui all'art. 2 dell'ordinanza indicata al comma 1 e sono
realizzati, nei limiti delle risorse finanziarie ivi previste, previa
delibera del Comitato di cui all'art. 3 della stessa ordinanza. Per
l'accesso alle aree di cui al comma 1, si applicano le seguenti
priorita':
a) attivita' produttive distrutte o gravemente danneggiate dagli eventi
calamitosi del 5 e 6 maggio 1998 o i cui manufatti costituiscono
ostacolo al regolare deflusso delle acque;
b) altre attivita' produttive ubicate nelle aree a rischio;
c) nuovi insediamenti produttivi;
c-bis) insediamenti sanitari.
3. Alle imprese industriali, artigianali, agro-industriali, commerciali,
turistico-alberghiere e agri-turistiche, che in conseguenza degli eventi
calamitosi del 5 e 6 maggio 1998 sono state distrutte o hanno subito
danni agli immobili, impianti, macchinari e scorte in misura superiore
al 50 per cento del loro valore, sono concessi finanziamenti agevolati,
a condizione che dette imprese rilocalizzino le proprie attivita' in
condizione di sicurezza, al di fuori delle zone a rischio di cui al
comma 1, nell'ambito dello stesso comune o di comuni limitrofi. Detti
finanziamenti sono concessi in aggiunta a quanto previsto dall'art. 20
dell'ordinanza indicata al comma 1 e sono rapportati al danno subito da
beni immobili, impianti, macchinari e scorte e agli oneri per la
rilocalizzazione, relativi all'acquisizione di aree idonee, alla
realizzazione degli insediamenti e al trasferimento di attrezzature,
impianti produttivi e abitazioni funzionali all'impresa stessa, nel
limite della pari capacita' produttiva, nonche' per la demolizione e il
ripristino delle aree dismesse. Le aree di risulta sono acquisite al
patrimonio indisponibile del comune. Resta a carico del beneficiario un
onere non inferiore al 2 per cento della rata di ammortamento. I
benefici sono complessivamente concessi fino al 95 per cento per spesa
prevista non superiore a lire 2 miliardi, fino al 75 per cento per spesa
prevista non superiore a lire 10 miliardi e fino al 50 per cento per
spesa prevista superiore a lire 10 miliardi. I finanziamenti sono
concessi anche alle imprese che contestualmente ampliano la propria
capacita' produttiva o attuano interventi di innovazione tecnologica,
fermi restando i relativi oneri a carico dell'impresa medesima.
4. Il commissario delegato, di cui all'art. 2 dell'ordinanza indicata al
comma 1, sentiti la regione Campania e il comitato di cui all'art. 3
della stessa ordinanza, stabilisce, entro trenta giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, procedure e modalita' per
l'erogazione dei benefici di cui al comma 3. Con le stesse modalita' si
determinano criteri e procedure per la concessione di finanziamenti
agevolati alle imprese che documentino di aver subito, in conseguenza
dell'evento franoso, una riduzione delle proprie attivita' produttive.
All'erogazione dei finanziamenti provvede il presidente della regione
Campania, avvalendosi anche di enti e societa' a partecipazione
regionale. Al fine di agevolare l'accesso al credito, la regione
Campania puo' erogare appositi contributi alle strutture di garanzia
fidi gia' esistenti ed operanti nel territorio regionale.
5. A fronte di un fabbisogno stimato, per gli interventi di cui al
presente articolo, in lire 30 miliardi, il Dipartimento della protezione
civile e' autorizzato a concorrere con contributi pluriennali di lire 4
miliardi annui, a decorrere dal 1998 e fino al 2007, per la copertura
degli oneri di ammortamento dei mutui che la regione Campania e'
autorizzata a contrarre, anche in deroga al limite di indebitamento
stabilito dalla normativa vigente. Al relativo onere si provvede con
utilizzo delle proiezioni di cui all'autorizzazione di spesa disposta
dalla tabella C della legge 27 dicembre 1997, n. 450, riguardante il
finanziamento del fondo per la protezione civile, che viene
corrispondentemente ridotto di pari importo. Eventuali risorse residue,
una volta completati gli interventi di cui al presente articolo, vengono
utilizzate per gli interventi di cui alla citata ordinanza del Ministro
dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, n.
2787 del 21 maggio 1998.».
Art. 8
Coordinamento territoriale dei piani di gestione del rischio di
alluvioni
1. Per i distretti idrografici di cui all'articolo 64 del decreto
legislativo n. 152 del 2006, che ricadono interamente nel territorio
nazionale le amministrazioni di cui all'articolo 3, ciascuna per la
parte di propria competenza, predispongono o un unico piano di gestione
ovvero una serie di piani di gestione coordinati a livello di distretto
idrografico.
2. Per distretti idrografici di cui all'articolo 64 del decreto
legislativo n. 152 del 2006 ricadenti interamente nel territorio
comunitario le amministrazioni di cui all'articolo 3, ciascuna per la
parte di propria competenza, predispongono o un unico piano
internazionale di gestione ovvero una serie di piani di gestione
coordinati a livello di distretto idrografico internazionale, anche
avvalendosi di accordi internazionali esistenti, fatte salve le
prescrizioni del presente decreto. In mancanza dei predetti piani, sono
predisposti piani di gestione comprendenti almeno le parti del distretto
idrografico internazionale ricadenti all'interno del territorio
nazionale, per quanto possibile, coordinati a livello di distretto
idrografico internazionale con gli altri Stati membri interessati.
3. Per i distretti idrografici di cui all'articolo 64 del decreto
legislativo n. 152 del 2006 che si estendono oltre i confini comunitari
le amministrazioni di cui all'articolo 3, ciascuna per la parte di'
propria competenza, predispongono o un unico piano internazionale di
gestione ovvero una serie di piani di gestione coordinati a livello di
distretto idrografico internazionale. In mancanza dei predetti piani,
per le parti del distretto idrografico internazionale, che ricadono nel
territorio nazionale, si applicano le disposizioni di cui al comma 2.
4. I piani di gestione di cui ai commi 2 e 3 possono essere integrati da
piani di gestione piu' dettagliati a livello di sottobacino, coordinati
a livello di sottobacino internazionale.
5. Nel caso in cui le amministrazioni competenti di cui all'articolo 3
individuano, nell'ambito del proprio distretto, un problema nella
gestione dei rischi di alluvione delle proprie acque che non riescono a
risolvere autonomamente, ne informano tempestivamente il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o il Dipartimento
della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri,
ciascuno per gli aspetti di propria competenza che provvedono a
sottoporre la questione alla Commissione europea o ad ogni altro Stato
membro interessato, avanzando raccomandazioni per trovare una soluzione.
Art. 9
Coordinamento con le disposizioni della parte terza, sezioni I e II, del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni
1. Le autorita' di bacino distrettuali di cui all'articolo 63 del
decreto legislativo n. 152 del 2006 attuano le disposizioni del presente
decreto coerentemente con quanto stabilito alla parte terza, sezioni I e
II, del decreto legislativo n. 152 del 2006, al fine di migliorare
l'efficacia e lo scambio delle informazioni, tenendo conto, in
particolare degli obiettivi ambientali di cui allo stesso decreto
legislativo n. 152 del 2006.
2. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 77, comma 10, del decreto
legislativo n. 152 del 2006, per alluvioni estreme si intendono le
alluvioni di cui all'articolo 6, comma 2, lettera a), nonche' le
alluvioni eccezionali, non prevedibili ma di impatto equivalente alle
precedenti.
3. Le misure di' cui al comma 1 garantiscono, in particolare, che:
a) le prime mappe della pericolosita' e del rischio di alluvioni di cui
all'articolo 6 ed i successivi riesami di cui all'articolo 12 siano
predisposti in modo che le informazioni in essi contenute siano coerenti
con le informazioni, comunque correlate, presentate a norma
dell'articolo 63, comma 7, lettera c), del decreto legislativo n. 152
del 2006. Essi sono coordinati e possono essere integrati nei riesami
dei piani di gestione di cui all'articolo 117 dello stesso decreto
legislativo n. 152 del 2006;
b) l'elaborazione dei primi piani di gestione di cui agli articoli 7 e 8
ed i successivi riesami di cui all'articolo 12 siano effettuati in
coordinamento con i riesami dei piani di gestione dei bacini idrografici
di cui all'articolo 117 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e
possano essere integrati nei medesimi;
c) la partecipazione attiva di tutti soggetti interessati di cui
all'articolo 10, sia coordinata, quando opportuno, con la partecipazione
attiva di tutti soggetti interessati prevista all'articolo 66, comma 7,
del decreto legislativo n, 152 del 2006.
Note all'art. 9:
- Per il testo dell'art. 63 del decreto legislativo n. 152/2006 si veda
nelle note all'art. 3.
- Il testo dell'art. 77, comma 10, del decreto legislativo n. 152/2006,
cosi' recita:
«10. Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico dovuto a
circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e ragionevolmente
imprevedibili, come alluvioni violente e siccita' prolungate, o
conseguente a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non da' luogo a
una violazione delle prescrizioni della parte terza del presente
decreto, purche' ricorrano tutte le seguenti condizioni:
a) che siano adottate tutte le misure volte ad impedire l'ulteriore
deterioramento dello stato di qualita' dei corpi idrici e la
compromissione del raggiungimento degli obiettivi di cui all'art. 76 ed
al presente articolo in altri corpi idrici non interessati alla
circostanza;
b) che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni in cui
detti eventi possono essere dichiarati ragionevolmente imprevedibili o
eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;
c) che siano previste ed adottate misure idonee a non compromettere il
ripristino della qualita' del corpo idrico una volta conclusisi gli
eventi in questione;
d) che gli effetti degli eventi eccezionali o imprevedibili siano
sottoposti a un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui
all'art. 76, comma 4, lettera a), venga fatto tutto il possibile per
ripristinare nel corpo idrico, non appena cio' sia ragionevolmente
fattibile, lo stato precedente tali eventi;
e) che una sintesi degli effetti degli eventi e delle misure adottate o
da adottare sia inserita nel successivo aggiornamento del Piano di
tutela».
- Il testo dell'art. 117 del decreto legislativo n. 152/2006, cosi'
recita:
«Art. 117 (Piani di gestione e registro delle aree protette). - 1. Per
ciascun distretto idrografico e' adottato un Piano di gestione, che
rappresenta articolazione interna del Piano di bacino distrettuale di
cui all'art. 65. Il Piano di gestione costituisce pertanto piano
stralcio del Piano di bacino e viene adottato e approvato secondo le
procedure stabilite per quest'ultimo dall'art. 66. Le Autorita' di
bacino, ai fini della predisposizione dei Piani di gestione, devono
garantire la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali competenti
nello specifico settore.
2. Il Piano di gestione e' composto dagli elementi indicati nella parte
A dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.
3. L'Autorita' di bacino, sentite le Autorita' d'ambito del servizio
idrico integrato, istituisce entro sei mesi dall'entrata in vigore della
presente norma, sulla base delle informazioni trasmesse dalle regioni,
un registro delle aree protette di cui all'Allegato 9 alla parte terza
del presente decreto, designate dalle autorita' competenti ai sensi
della normativa vigente».
Art. 10
Informazione e consultazione del pubblico
1. Le autorita' di bacino distrettuali di cui all'articolo 63 del
decreto legislativo n. 152 del 2006 e le regioni afferenti il bacino
idrografico in coordinamento tra loro e con il Dipartimento nazionale
della protezione civile, ciascuna per le proprie competenze, mettono a
disposizione del pubblico la valutazione preliminare del rischio di
alluvioni, le mappe della pericolosita' e del rischio di alluvioni ed i
piani di gestione del rischio di alluvioni di cui agli articoli 4, 6 e
7.
2. Le stesse autorita' di cui al comma 1 promuovono la partecipazione
attiva di tutti soggetti interessati di cui all'articolo 9, comma 3,
lettera c), all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani
di gestione di cui agli articoli 7 e 8.
Note all'art. 10:
- Per il testo dell'art. 63 del decreto legislativo n. 152/2006 si veda
nelle note all'art. 3.
Art. 11
Misure transitorie
1. Le autorita' di bacino distrettuali di cui all'articolo 63 del
decreto legislativo n. 152 del 2006 non svolgono la valutazione
preliminare del rischio di alluvioni di cui all'articolo 4, se hanno
stabilito, prima del 22 dicembre 2010, di elaborare mappe della
pericolosita' e mappe del rischio di alluvioni e di predisporre piani di
gestione del rischio di alluvioni, conformemente alle disposizioni di
cui agli articoli 5, 6 e 7.
2. Le autorita' di cui al comma 1 si avvalgono di mappe della
pericolosita' e di mappe del rischio di alluvioni completate prima del
22 dicembre 2010, se tali mappe forniscono un livello di informazioni
adeguato ai requisiti di cui all'articolo 6.
3. Le autorita' di cui al comma 1 si avvalgono di piani di gestione del
rischio di alluvioni completati prima del 22 dicembre 2010, a condizione
che il contenuto di tali piani sia adeguato ai requisiti di cui
all'articolo 7.
4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano fatti salvi i
riesami di cui all'articolo 12. In ogni caso le disposizioni di cui agli
articoli 4, 5, 6 e 7 si applicano alle scadenze indicate rispettivamente
ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 12.
Note all'art. 11:
- Per il testo dell'art. 63 del decreto legislativo n. 152/2006 si veda
nelle note all'art. 3.
Art. 12
Riesami
1. La valutazione preliminare del rischio di alluvioni di cui
all'articolo 4 e la valutazione e le decisioni di cui all'articolo 11,
comma 1, sono riesaminate e, se del caso, aggiornate entro il 22
settembre 2018 e, successivamente, ogni sei anni.
2. Le mappe della pericolosita' da alluvione e del rischio di alluvioni
di cui all'articolo 6 sono riesaminate e, se del caso, aggiornate, entro
il 22 settembre 2019 e, successivamente, ogni sei anni.
3. I piani di gestione del rischio di alluvioni di cui all'articolo 7
sono riesaminati e, se del caso, aggiornati compresi gli elementi di cui
alla parte B dell'allegato I, entro il 22 settembre 2021 e,
successivamente, ogni sei anni.
4. I riesami di cui ai commi 1 e 3 tengono conto degli effetti dei
cambiamenti climatici sul verificarsi delle alluvioni.
Art. 13
Relazioni ed informazioni alla Commissione europea
1. Le autorita' di bacino distrettuali di cui all'articolo 63 del
decreto legislativo n. 152 del 2006 mettono a disposizione sul Portale
cartografico nazionale del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare la valutazione preliminare del rischio di
alluvioni, le mappe della pericolosita' e del rischio di alluvioni ed i
piani di gestione del rischio di alluvioni di cui agli articoli 4, 6 e
7, comma 3, lettera a), nonche' i loro riesami ed eventualmente gli
aggiornamenti, entro tre mesi dalle date indicate rispettivamente
all'articolo 4, comma 1, all'articolo 6, comma 1, all'articolo 7, comma
8, e all'articolo 12.
2. Le regioni mettono a disposizione sul portale del Dipartimento della
protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri i
bollettini e gli avvisi di cui alla direttiva del Presidente del
Consiglio dei Ministri in data 27 febbraio 2004.
3. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
informa la Commissione europea delle decisioni prese ai sensi
dell'articolo 11, commi 1, 2 e 3, e mette a disposizione sul Portale
cartografico nazionale le relative informazioni, rispettivamente entro
il 22 dicembre 2011, il 22 dicembre 2013 e il 22 dicembre 2015.
4. Le autorita' di cui al comma 1 trasmettono le informazioni di cui
allo stesso comma 1 all'Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (ISPRA), entro le scadenze indicate ai commi 1 e 3
per ciascun insieme di informazioni, e secondo modalita' e specifiche
dati individuate dallo stesso ISPRA, tenendo conto della compatibilita'
con i sistemi di gestione dell'informazione adottati a livello
comunitario.
Note all'art. 13:
- Per il testo dell'art. 63 del decreto legislativo n. 152/2006 si veda
nelle note all'art. 3.
Art. 14
Modifiche dell'allegato 1
1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, d'intesa con il Dipartimento della protezione
civile per gli aspetti competenza, si provvede alla modifica delle parti
A e B dell'allegato 1 al fine di recepire modifiche di ordine tecnico
introdotte da direttive emanate dall'Unione europea.
Art. 15
Norme tecniche
1. Con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, sentiti i Ministeri delle infrastrutture e dei
trasporti, dell'interno e per i beni e le attivita' culturali, il
Dipartimento della protezione civile e la Conferenza permanente per i
rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, si provvede alla eventuale integrazione, relativamente agli
aspetti individuati alla parte C dell'allegato 1, degli indirizzi, dei
criteri e dei metodi per la redazione e per l'aggiornamento dei piani di
gestione del rischio di alluvioni, di cui all'articolo 7, comma 3,
lettera a).
Art. 16
Disposizioni finanziarie
1. Le amministrazioni e gli enti pubblici interessati provvedono
all'attuazione delle disposizioni del presente decreto nell'ambito delle
proprie attivita' istituzionali ed utilizzando a tale fine le risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
2. All'attuazione dei piani di gestione di cui all'articolo 7, comma 3,
lettera a), le amministrazioni e gli enti pubblici provvedono ai sensi
degli articoli 69, 70, 71 e 72 del decreto legistativo 3 aprile 2006, n.
152; all'attuazione dell'articolo 7, comma 3, lettera b), fatta
eccezione per le attivita' di soccorso tecnico urgente, si provvede ai
sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e della direttiva del
Presidente del Consiglio dei Ministri 27 febbraio 2004, nonche' con le
risorse regionali all'uopo stanziate, utilizzando allo scopo le risorse
finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Note all'art. 16:
- Si riporta il testo degli articoli 69, 70, 71 e 72 del decreto
legislativo n. 152 del 2006:
«Art. 69 (Programmi di intervento). - 1. I piani di bacino sono attuati
attraverso programmi triennali di intervento che sono redatti tenendo
conto degli indirizzi e delle finalita' dei piani medesimi e contengono
l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della relativa copertura
finanziaria.
2. I programmi triennali debbono destinare una quota non inferiore al
quindici per cento degli stanziamenti complessivamente a:
a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e
dei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina
e dei magazzini idraulici;
b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione
interna, di piena e di pronto intervento idraulico;
c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di
studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del
suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilita', dei
progetti di opere e degli studi di valutazione dell'impatto ambientale
delle opere principali.
3. Le regioni, conseguito il parere favorevole della Conferenza
istituzionale permanente di cui all'art. 63, comma 4, possono provvedere
con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi
previsti dai piani di bacino, sotto il controllo della predetta
conferenza.
4. Le province, i comuni, le comunita' montane e gli altri enti
pubblici, previa autorizzazione della Conferenza istituzionale
permanente di cui all'art. 63, comma 4, possono concorrere con propri
stanziamenti alla realizzazione di opere e interventi previsti dai piani
di bacino.».
«Art. 70 (Adozione dei programmi). - 1. I programmi di intervento sono
adottati dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'art. 63,
comma 4; tali programmi sono inviati ai componenti della conferenza
stessa almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza;
in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire
una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni
dissenzienti espresse in seno alla conferenza.
2. La scadenza di ogni programma triennale e' stabilita al 31 dicembre
dell'ultimo anno del triennio e le somme autorizzate per l'attuazione
del programma per la parte eventualmente non ancora impegnata alla
predetta data sono destinate ad incrementare il fondo del programma
triennale successivo per l'attuazione degli interventi previsti dal
programma triennale in corso o dalla sua revisione.
3. Entro il 31 dicembre del penultimo anno del programma triennale in
corso, i nuovi programmi di intervento relativi al triennio successivo,
adottati secondo le modalita' di cui al comma 1, sono trasmessi al
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
affinche', entro il successivo 3 giugno, sulla base delle previsioni
contenute nei programmi e sentita la Conferenza Stato-regioni, trasmetta
al Ministro dell'economia e delle finanze l'indicazione del fabbisogno
finanziario per il successivo triennio, ai fini della predisposizione
del disegno di legge finanziaria.
4. Gli interventi previsti dai programmi triennali sono di norma attuati
in forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in base ad
accordi di programma ai sensi dell'art. 34 del decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267.».
«Art. 71 (Attuazione degli interventi). - 1. Le funzioni di studio e di
progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle Autorita' di
bacino possono essere esercitate anche mediante affidamento di incarichi
ad istituzioni universitarie, liberi professionisti o organizzazioni
tecnico-professionali specializzate, in conformita' ad apposite
direttive impartite dalla Conferenza istituzionale permanente di cui
all'art. 63, comma 4.
2. L'esecuzione di opere di pronto intervento puo' avere carattere
definitivo quando l'urgenza del caso lo richiede.
3. Tutti gli atti di concessione per l'attuazione di interventi ai sensi
della presente sezione sono soggetti a registrazione a tassa fissa.».
«Art. 72 (Finanziamento). - 1. Ferme restando le entrate connesse alle
attivita' di manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche, di
bonifica e di miglioria fondiaria, gli interventi previsti dalla
presente sezione sono a totale carico dello Stato e si attuano mediante
i programmi triennali di cui all'art. 69.
2. Per le finalita' di cui al comma 1, si provvede ai sensi dell'art.
11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468. I predetti
stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze fino all'espletamento della procedura di
ripartizione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo sulla cui base
il Ministro dell'economia e delle finanze apporta, con proprio decreto,
le occorrenti variazioni di bilancio.
3. Il Comitato dei Ministri di cui all'art. 57, sentita la Conferenza
Stato-regioni, predispone lo schema di programma nazionale di intervento
per il triennio e la ripartizione degli stanziamenti tra le
Amministrazioni dello Stato e le regioni, tenendo conto delle priorita'
indicate nei singoli programmi ed assicurando, ove necessario, il
coordinamento degli interventi. A valere sullo stanziamento complessivo
autorizzato, lo stesso Comitato dei Ministri propone l'ammontare di una
quota di riserva da destinare al finanziamento dei programmi per
l'adeguamento ed il potenziamento funzionale, tecnico e scientifico
dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici
(APAT).
4. Il programma nazionale di intervento e la ripartizione degli
stanziamenti, ivi inclusa la quota di riserva a favore dell'Agenzia per
la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), sono
approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'art.
57.
5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, entro trenta
giorni dall'approvazione del programma triennale nazionale, su proposta
della Conferenza Stato-regioni, individua con proprio decreto le opere
di competenza regionale, che rivestono grande rilevanza
tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico principale e
del demanio idrico, i cui progetti devono essere sottoposti al parere
del Consiglio superiore dei lavori pubblici, da esprimere entro novanta
giorni dalla richiesta.».
Art. 17
Norma di salvaguardia
1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome provvedono
alle finalita' di cui al presente decreto nell'ambito delle competenze
ad esse spettanti ai sensi dello statuto speciale e delle relative norme
di attuazione e secondo quanto disposto dai rispettivi ordinamenti.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi' 23 febbraio 2010
NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Ronchi, Ministro per le politiche europee
Prestigiacomo, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare
Frattini, Ministro degli affari esteri
Alfano, Ministro della giustizia
Tremonti, Ministro dell'economia e delle finanze
Matteoli, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
Maroni, Ministro dell'interno
Bondi, Ministro per i beni e le attivita' culturali
Fitto, Ministro per i rapporti con le regioni
Visto, il Guardasigilli: Alfano
Allegato 1
(di cui all'articolo 7, comma 4)
Parte A - Piani di gestione del rischio di alluvioni.
I - Elementi che devono figurare nel primo piano di gestione del
rischio di alluvioni:
1. Conclusioni della valutazione preliminare del rischio di alluvioni
prevista dall'articolo 4 sotto forma di una mappa di sintesi del
distretto idrografico di cui all'articolo 3, che delimiti le zone di cui
all'articolo 5 oggetto del primo piano di gestione del rischio di
alluvioni;
2. mappe della pericolosita' e del rischio di alluvioni predisposte ai
sensi dell'articolo 6 o gia' esistenti ai sensi dell'articolo 12 e
conclusioni ricavate dalla loro lettura;
3. descrizione degli obiettivi della gestione del rischio di alluvioni,
definiti a norma dell'articolo 7, comma 2;
4. sintesi delle misure e relativo ordine di priorita' per il
raggiungimento degli obiettivi della gestione del rischio di alluvioni,
comprese quelle adottate a norma dell'articolo 7 e delle misure in
materia di alluvioni adottate nell'ambito di altri atti comunitari
comprese le direttive del Consiglio 85/337/CEE del Consiglio, del 27
giugno 1985, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di
determinati progetti pubblici e privati, e 96/82/CE del Consiglio, del 9
dicembre 1996, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti
connessi con determinate sostanze pericolose, la direttiva 2001/42/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente
la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi
sull'ambiente, la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione
comunitaria in materia di acque, fatte salve le misure gia' predisposte
nell'ambito della pianificazione di bacino in attuazione del
decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, e successive modificazioni, e del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
5. qualora disponibile, per i bacini idrografici o sottobacini
condivisi, descrizione della metodologia di analisi dei costi e
benefici, utilizzata per valutare le misure aventi effetti
transnazionali.
II - Descrizione dell'attuazione del piano:
1. descrizione dell'ordine di priorita' e delle modalita' di
monitoraggio dello stato di attuazione del piano;
2. sintesi delle misure ovvero delle azioni adottate per informare e
consultare il pubblico;
3. elenco delle autorita' competenti e, se del caso, descrizione del
processo di coordinamento messo in atto all'interno di un distretto
idrografico internazionale e del processo di coordinamento con la
direttiva 2000/60/CE.
Parte B - Elementi che devono figurare nei successivi aggiornamenti
dei piani di gestione del rischio di alluvioni:
1. eventuali modifiche o aggiornamenti apportati dopo la
pubblicazione della versione precedente del piano di gestione, del
rischio di alluvioni, compresa una sintesi dei riesami svolti a norma
dell'articolo 13;
2. valutazione dei progressi realizzati per conseguire gli obiettivi di
cui all'articolo 7, comma 2;
3. descrizione motivata delle eventuali misure previste nella versione
precedente del piano di gestione del rischio di alluvioni, che erano
state programmate e non sono state poste in essere;
4. descrizione di eventuali misure supplementari adottate dopo la
pubblicazione della versione precedente del piano di gestione del
rischio di alluvioni.
Parte C - Contenuti degli indirizzi, criteri e metodi per la
redazione e l'aggiornamento dei piani di gestione del rischio di
alluvioni:
1. indirizzi per la valutazione preliminare del rischio di alluvione
relativamente agli aspetti riguardanti la prevenzione e la protezione
dal rischio di alluvione e, in particolare, la valutazione delle
conseguenze del cambiamento climatico sul verificarsi delle alluvioni,
la valutazione delle conseguenze negative per la salute umana, i beni,
le attivita' economiche, l'ambiente e il patrimonio culturale, la
valutazione del ruolo delle pianure alluvionali, come aree naturali di
ritenzione delle acque, e dell'efficacia delle infrastrutture
artificiali per la protezione dalle alluvioni;
2. criteri per la individuazione delle aree a pericolosita' e a rischio
di alluvione, nonche' per la definizione del grado di pericolosita' e
del grado di rischio, con riferimento in particolare, alla portata della
piena e all'estensione dell'inondazione, alle vie di deflusso delle
acque e alle zone con capacita' d'espansione naturale delle piene, alle
condizioni morfologiche e meteomarine alla foce per quanto concerne la
valutazione delle inondazioni marine delle zone costiere, agli obiettivi
ambientali di cui alla parte terza, titolo II, del decreto legislativo
n. 152 del 2006, alla gestione del suolo e delle acque, alla
pianificazione e alle previsioni di sviluppo del territorio, all'uso del
territorio, alla conservazione della natura, alla navigazione e alle
infrastrutture portuali, ai costi e ai benefici, al numero di abitanti
potenzialmente interessati, alle attivita' economiche e ai beni
ambientali, storici e culturali di rilevante interesse insistenti
sull'area potenzialmente interessata;
3. metodologie standard e codificate per l'utilizzo dei dati ambientali
del Ministero dell'ambiente, e della tutela del territorio e del mare,
derivanti dal Piano di telerilevamento ambientale e fruibili attraverso
il Sistema cartografico cooperante, ai fini della delimitazione e
aggiornamento delle aree a pericolosita' idraulica e delle aree a
rischio idraulico, nonche' ai fini delle attivita' di protezione dal
rischio di alluvione.