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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152
Norme in materia ambientale
(G.U. n. 88 del 14/04/2006 - S.O. n. 96)
Testo aggiornato, da ultimo, al Decreto Legislativo 7 luglio 2011, n. 121, recante: "Attuazione della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente, nonche' della direttiva 2009/123/CE che modifica la direttiva 2005/35/CE relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di sanzioni per violazioni", pubblicato in GU n.177 del 1-8-2011
Nota: Ai sensi dell'art.
1, c. 5 del Decreto Legislativo 284/2006 (G.U. n. 274 del
24/11/2006), "...Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse
idriche e sui rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
sono soppressi."
IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA
Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;
Vista la legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante delega al Governo per il
riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia
ambientale e misure di diretta applicazione;
Visto l'Art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina
dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri;
Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante conferimento di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali,
in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59;
Viste le direttive 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27
giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e
programmi sull'ambiente, e 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, come
modificata dalle direttive 97/11/CE del Consiglio, del 3 marzo 1997, e
2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003,
concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti
pubblici e privati, nonché riordino e coordinamento delle procedure per la
valutazione di impatto ambientale (VIA), per la valutazione ambientale
strategica (VAS) e per la prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC);
Vista la direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla
prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;
Vista la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23
ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di
acque;
Vista la direttiva 91/156/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991, che modifica la
direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti;
Vista la direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai
rifiuti pericolosi;
Vista la direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20
dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio;
Vista la direttiva 84/360/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente la
lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali;
Vista la direttiva 94/63/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20
dicembre 1994, sul controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV)
derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali
alle stazioni di servizio;
Vista la direttiva 1999/13/CE del Consiglio, dell'11 marzo 1999, concernente la
limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di
solventi organici in talune attività e in taluni impianti;
Vista la direttiva 1999/32/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alla
riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi e recante modifica
della direttiva 93/12/CEE;
Vista la direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23
ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell'atmosfera di
taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione;
Vista la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21
aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e
riparazione del danno ambientale, che, in vista di questa finalità, «istituisce
un quadro per la responsabilità ambientale» basato sul principio «chi inquina
paga»;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 18 novembre 2005;
Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 19 gennaio 2006;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica;
Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del
10 febbraio e del 29 marzo 2006;
Sulla proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di
concerto con i Ministri per le politiche comunitarie, per la funzione pubblica,
per gli affari regionali, dell'interno, della giustizia, della difesa,
dell'economia e delle finanze, delle attività produttive, della salute, delle
infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali;
Emana
il seguente decreto legislativo:
PARTE I - DISPOSIZIONI COMUNI
E PRINCIPI GENERALI(*)
(*) N.d.R.: Rubrica così modificata dall'art. 1, c. 1 del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24.
Il testo anteriore alla modifica era: PARTE I - DISPOSIZIONI COMUNI
Art. 1
Ambito di applicazione
1. Il presente decreto legislativo disciplina, in attuazione della legge 15
dicembre 2004, n. 308, le materie seguenti: a) nella parte seconda, le procedure
per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d'impatto
ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC);
b) nella parte terza, la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle acque dall'inquinamento e la gestione delle risorse idriche;
c) nella parte quarta, la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati;
d) nella parte quinta, la
tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera;
e) nella parte sesta, la tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente.
Art. 2
Finalità
1. Il presente decreto legislativo ha come obiettivo primario la promozione dei
livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed
il miglioramento delle condizioni dell'ambiente e l'utilizzazione accorta e
razionale delle risorse naturali.
2. Per le finalità di cui al comma 1, il presente decreto provvede al riordino,
al coordinamento e all'integrazione delle disposizioni legislative nelle materie
di cui all'articolo 1, in conformità ai principi e criteri direttivi di cui ai
commi 8 e 9 dell' Art. 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, e nel rispetto
degli obblighi internazionali(*), dell'ordinamento comunitario, delle attribuzioni delle regioni e degli enti
locali.
3. Le disposizioni di cui al presente decreto sono attuate nell'ambito delle
risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e senza
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 1 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 3
Criteri per l'adozione dei provvedimenti successivi
[1. Le norme di cui al presente decreto non possono essere derogate, modificate o
abrogate se non per dichiarazione espressa, mediante modifica o abrogazione
delle singole disposizioni in esso contenute.](*)
[2. Entro due anni dalla data di pubblicazione del presente decreto legislativo,
con uno o più regolamenti da emanarsi ai sensi dell' art. 17, comma 2, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, su proposta del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare, adotta i necessari provvedimenti per la modifica
e l'integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia
ambientale, nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di
cui al presente decreto.](*)
3. Per la modifica e l'integrazione dei regolamenti di attuazione ed
esecuzione in materia ambientale, il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare acquisisce, entro 30 giorni dalla richiesta, il parere delle
rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel
Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA), senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.(**)
[4. Entro il medesimo termine di cui al comma 2, il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare provvede alla modifica ed all'integrazione delle
norme tecniche in materia ambientale con uno o più regolamenti da emanarsi ai
sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel
rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente
decreto. Resta ferma l'applicazione dell' art. 13 della legge 4 febbraio 2005,
n. 11, relativamente al recepimento di direttive comunitarie modificative delle
modalità esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di direttive già
recepite nell'ordinamento nazionale.](*)
[5. Ai fini degli adempimenti di cui al presente articolo, il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale, per la durata di due anni
e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un gruppo di dieci
esperti nominati, con proprio decreto, fra professori universitari, dirigenti
apicali di istituti pubblici di ricerca ed esperti di alta qualificazione nei
settori e nelle materie oggetto del presente decreto. Ai componenti del gruppo
di esperti non spetta la corresponsione di compensi, indennità, emolumenti a
qualsiasi titolo riconosciuti o rimborsi spese.] (*)
(*) N.d.R.: Comma soppresso dall'art. 1 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 1 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 3-bis.(*)
Principi sulla produzione del diritto ambientale
l. I principi posti dalla presente Parte prima e dagli
articoli seguenti costituiscono i principi generali in tema di tutela
dell'ambiente, adottati in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44,
117 commi 1 e 3 della Costituzione e nel rispetto degli obblighi
internazionali e del diritto comunitario.(**)
2. I principi previsti dalla presente Parte Prima costituiscono regole
generali della materia ambientale nell'adozione degli atti normativi, di
indirizzo e di coordinamento e nell'emanazione dei provvedimenti di
natura contingibile ed urgente.
3. Le norme di cui al presente decreto possono essere derogate,
modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da successive leggi della
Repubblica, purche' sia comunque sempre garantito il rispetto del diritto
europeo, degli obblighi internazionali e delle competenze delle Regioni e degli
Enti locali.(***)
(*) N.d.R.:Articolo aggiunto dall'art. 1, c. 2 del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(**) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 1 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 1 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 3-ter.(*)
Principio dell'azione ambientale
1. La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio
culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e
dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una
adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione,
dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte,
dei danni causati all'ambiente, nonche' al principio «chi inquina paga»
che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni
europee, regolano la politica della comunita' in materia ambientale.
(*) N.d.R.:Articolo aggiunto dall'art. 1, c. 2 del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Art. 3-quater.(*)
Principio dello sviluppo sostenibile
1. Ogni attivita' umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente
codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine
di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni
attuali non possa compromettere la qualita' della vita e le possibilita'
delle generazioni future.
2. Anche l'attivita' della pubblica amministrazione deve essere
finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio
dello sviluppo sostenibile, per cui nell'ambito della scelta comparativa
di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalita' gli
interessi alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale devono
essere oggetto di prioritaria considerazione.
3. Data la complessita' delle relazioni e delle interferenze tra natura
e attivita' umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve
consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell'ambito delle
risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere,
affinche' nell'ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si
inserisca altresi' il principio di solidarieta' per salvaguardare e per
migliorare la qualita' dell'ambiente anche futuro.
4. La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve
essere cercata e trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo
sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e
l'evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che
possono essere prodotte dalle attivita' umane.
(*) N.d.R.:Articolo aggiunto dall'art. 1, c. 2 del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Art. 3-quinquies.(*)
Principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione
1. I principi contenuti nel presente(**) decreto legislativo
costituiscono le condizioni minime ed essenziali per assicurare la
tutela dell'ambiente su tutto il territorio nazionale;
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono
adottare forme di tutela giuridica dell'ambiente piu' restrittive,
qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio,
purche' cio' non comporti un'arbitraria discriminazione, anche
attraverso ingiustificati aggravi procedimentali.
3. Lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali ove
gli obiettivi dell'azione prevista, in considerazione delle dimensioni
di essa e dell'entita' dei relativi effetti, non possano essere
sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori di
governo o non siano stati comunque effettivamente realizzati.
4. Il principio di sussidiarieta' di cui al comma 3 opera anche nei
rapporti tra regioni ed enti locali minori. Qualora sussistano i
presupposti per l'esercizio del potere sostitutivo del Governo nei confronti di
un ente locale, nelle materie di propria competenza la Regione puo' esercitare
il suo potere sostitutivo(***)
(*) N.d.R.:Articolo aggiunto dall'art. 1, c. 2 del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(**) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 1 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Periodo aggiunto dall'art. 1 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 3-sexies.(*)
Diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a
scopo collaborativo
1. In attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni, e delle previsioni della Convenzione di Aarhus,
ratificata dall'Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, e ai sensi
del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, chiunque, senza essere
tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente
rilevante, puo' accedere alle informazioni relative allo stato
dell'ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale.».(*)
(*) N.d.R.:Articolo aggiunto dall'art. 1, c. 2 del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
PARTE SECONDA(*)
(*) N.d.R.: La parte II è stata interamente abrogata e sostituita dal d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24. Di seguito il testo vigente
Procedure per la valutazione ambientale strategica (Vas), per la valutazione
dell'impatto ambientale (via) e per l'autorizzazione integrata ambientale (Ippc)
Titolo I
PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE
D'INCIDENZA E L'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (AIA).
Art. 4.
Finalita'
1. Le norme del presente decreto costituiscono recepimento ed attuazione:
a) della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27
giugno 2001, concernente la valutazione degli impatti di determinati piani e
programmi sull'ambiente;
b) della direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985, concernente la
valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati,
come modificata ed integrata con la direttiva 97/11/CE del Consiglio del 3 marzo
1997 e con la direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
26 maggio 2003.
c) della direttiva
2008/1/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 gennaio 2008,
concernente la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento.(*)
2. Il presente decreto individua, nell'ambito della procedura di Valutazione
dell'impatto ambientale modalita' di semplificazione e coordinamento delle
procedure autorizzative in campo ambientale, ivi comprese le procedure di cui
al Titolo III-bis, Parte Seconda del presente decreto.(**)
3. La valutazione ambientale di piani, programmi e progetti ha la finalita' di
assicurare che l'attivita' antropica sia compatibile con le condizioni per uno
sviluppo sostenibile, e quindi nel rispetto della capacita' rigenerativa degli
ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversita' e di un'equa
distribuzione dei vantaggi connessi all'attivita' economica. Per mezzo della
stessa si affronta la determinazione della valutazione preventiva integrata
degli impatti ambientali nello svolgimento delle attivita' normative e
amministrative, di informazione ambientale, di pianificazione e programmazione.
4. In tale ambito:
a) la valutazione ambientale di piani e programmi che possono avere un impatto
significativo sull'ambiente ha la finalita' di garantire un elevato livello di
protezione dell'ambiente e contribuire all'integrazione di considerazioni
ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e approvazione di detti
piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle
condizioni per uno sviluppo sostenibile.
b) la valutazione ambientale dei progetti ha la finalita' di proteggere la
salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualita' della vita,
provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacita' di
riproduzione dell'ecosistema in quanto risorsa essenziale per la vita. A questo
scopo, essa individua,
descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e secondo
le disposizioni del presente decreto, gli impatti diretti e indiretti di un
progetto sui seguenti fattori:
1) l'uomo, la fauna e la flora;
2) il suolo, l'acqua, l'aria e il clima;
3) i beni materiali ed il patrimonio culturale;
4) l'interazione tra i fattori di cui sopra.
c) l'autorizzazione
integrata ambientale ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate
dell'inquinamento proveniente dalle attivita' di cui all'allegato VIII e prevede
misure intese a evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell'aria,
nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire
un livello elevato di protezione dell'ambiente salve le disposizioni sulla
valutazione di impatto ambientale.(*)
(*) N.d.R.: Lettera aggiunta dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma
così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante:
"Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante
norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno
2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario
n.184.
Art. 5.
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) valutazione ambientale di piani e programmi, nel seguito valutazione
ambientale strategica, di seguito VAS: il processo che comprende, secondo le
disposizioni di cui al titolo II della seconda parte del presente decreto, lo
svolgimento di una verifica di assoggettabilita', l'elaborazione del rapporto
ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del
programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l'espressione di un
parere motivato, l'informazione sulla decisione ed il monitoraggio;
b) valutazione ambientale dei progetti, nel seguito valutazione d'impatto
ambientale, di seguito VIA: il procedimento mediante il quale vengono
preventivamente individuati gli effetti sull'ambiente di un progetto, secondo le
disposizioni di cui al titolo III della seconda parte del presente decreto, ai
fini dell'individuazione delle soluzioni piu' idonee al perseguimento degli
obiettivi di cui all'articolo 4, commi 3 e 4, lettera b)(*)
c) impatto ambientale: l'alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed
indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e
cumulativa, positiva e negativa dell'ambiente, inteso come sistema di relazioni
fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici,
paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza
dell'attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse
fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonche' di eventuali
malfunzionamenti;
d) patrimonio culturale: l'insieme costituito dai beni culturali e dai beni
paesaggistici in conformita' al disposto di cui all'articolo 2, comma 1, del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
e) piani e programmi: gli atti e provvedimenti di pianificazione e di
programmazione comunque denominati, compresi quelli cofinanziati dalla Comunita'
europea, nonche' le loro modifiche:
1) che sono elaborati e/o adottati da un'autorita' a livello nazionale,
regionale o locale oppure predisposti da un'autorita' per essere approvati,
mediante una procedura legislativa, amministrativa o negoziale e
2) che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o
amministrative;
f) rapporto ambientale: il documento del piano o del programma redatto in
conformita' alle previsioni di cui all'articolo 13;
g) progetto preliminare: gli elaborati progettuali predisposti in conformita'
all'articolo 93 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel caso di
opere pubbliche; negli altri casi, il progetto che presenta almeno un livello
informativo e di dettaglio equivalente ai fini della valutazione ambientale;
h) progetto definitivo: gli elaborati progettuali predisposti in conformita'
all'articolo 93 del decreto n. 163 del 2006 nel caso di opere pubbliche; negli
altri casi, il progetto che presenta almeno un livello informativo e di
dettaglio equivalente ai fini della valutazione ambientale;
i) studio di impatto ambientale: elaborato che integra il progetto definitivo,
redatto in conformita' alle previsioni di cui all'articolo 22;
i-bis) sostanze: gli
elementi chimici e loro composti, escluse le sostanze radioattive di cui al
decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e gli organismi geneticamente
modificati di cui ali decreti legislativi del 3 marzo 1993, n. 91 e n. 92; (**)
i-ter) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attivita'
umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o piu' in generale di agenti
fisici o chimici, nell'aria, nell'acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla
salute umana o alla qualita' dell'ambiente, causare il deterioramento dei beni
materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell'ambiente o ad
altri suoi legittimi usi; (**)
i-quater) impianto: l'unita' tecnica permanente in cui sono svolte una o piu'
attivita' elencate nell'allegato VIII e qualsiasi altra attivita' accessoria,
che siano tecnicamente connesse con le attivita' svolte nel luogo suddetto e
possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento; (**)
i-quinquies) impianto esistente: un impianto che, al 10 novembre 1999, aveva
ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all'esercizio, o il
provvedimento positivo di compatibilita' ambientale, o per il quale a tale data
erano state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni ambientali
necessarie per il suo esercizio, a condizione che esso sia entrato in funzione
entro il 10 novembre 2000; (**)
i-sexies) impianto nuovo: un impianto che non ricade nella definizione di
impianto esistente; (**)
i-septies) emissione: lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o
diffuse dell'impianto, opera o infrastruttura , di sostanze, vibrazioni, calore
o rumore, agenti fisici o chimici, radiazioni, nell'aria, nell'acqua ovvero nel
suolo; (**)
i-octies) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a
determinati parametri specifici, la concentrazione ovvero il livello di
un'emissione che non possono essere superati in uno o piu' periodi di tempo. I
valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi,
famiglie o categorie di sostanze, indicate nel allegato X. I valori limite di
emissione delle sostanze si applicano, tranne i casi diversamente previsti dalla
legge, nel punto di fuoriuscita delle emissioni dell'impianto; nella loro
determinazione non devono essere considerate eventuali diluizioni. Per quanto
concerne gli scarichi indiretti in acqua, l'effetto di una stazione di
depurazione puo' essere preso in considerazione nella determinazione dei valori
limite di emissione dall'impianto, a condizione di garantire un livello
equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a
carichi inquinanti maggiori nell'ambiente, fatto salvo il rispetto delle
disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto; (**)
i-nonies) norma di qualita' ambientale: la serie di requisiti, inclusi gli
obiettivi di qualita', che sussistono in un dato momento in un determinato
ambiente o in una specifica parte di esso, come stabilito nella normativa
vigente in materia ambientale;(**)
l) modifica: la variazione di un piano, programma, impianto o progetto
approvato, compresi, nel caso degli impianti e dei progetti, le variazioni delle
loro caratteristiche o del loro funzionamento, ovvero un loro potenziamento, che
possano produrre effetti sull'ambiente; (*)
l-bis) modifica sostanziale di un progetto, opera o di un impianto: la
variazione delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento
dell'impianto, dell'opera o
dell'infrastruttura o del progetto che, secondo l'autorita' competente,
producano effetti negativi e significativi sull'ambiente. In particolare, con
riferimento alla disciplina dell'autorizzazione integrata ambientale, per
ciascuna attivita' per la quale l'allegato VIII indica valori di soglia, e'
sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle
grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia
stessa;(*)
l-ter) migliori tecniche disponibili: la piu' efficiente e avanzata fase di
sviluppo di attivita' e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneita'
pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei
valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove cio' si riveli
impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l'impatto sull'ambiente
nel suo complesso. Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre
tenere conto in particolare degli elementi di cui all'allegato XI. Si intende
per:
1) tecniche: sia le tecniche impiegate sia le modalita' di progettazione,
costruzione, manutenzione, esercizio e chiusuradell'impianto;
2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta
l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente idonee nell'ambito
del relativo comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i
vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in
ambito nazionale, purche' il gestore possa utilizzarle a condizioni ragionevoli;
3) migliori: le tecniche piu' efficaci per ottenere un elevato livello di
protezione dell'ambiente nel suo complesso;(**)
m) verifica di assoggettabilita': la verifica attivata allo scopo di valutare,
ove previsto, se [piani, programmi o](***) progetti possono avere un
impatto significativo e negativo sull'ambiente(****) e devono essere sottoposti alla fase di valutazione
secondo le disposizioni del presente decreto;
m-bis) verifica di
assoggettabilita' di un piano o programma: la verifica attivata allo scopo di
valutare, ove previsto, se piani, programmi ovvero le loro modifiche, possano
aver effetti significativi sull'ambiente e devono essere sottoposti alla fase di
valutazione secondo le disposizioni del presente decreto considerato il diverso
livello di sensibilita' ambientale delle aree interessate;(**)
m-ter) parere motivato: il provvedimento obbligatorio con eventuali osservazioni
e condizioni che conclude la fase di valutazione di VAS, espresso dall'autorita'
competente sulla base dell'istruttoria svolta e degli esiti delle
consultazioni;(**)
n) provvedimento di verifica: il provvedimento obbligatorio e vincolante dell'autorita'
competente che conclude la verifica di assoggettabilita';
o) provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale: il provvedimento dell'autorita'
competente che conclude la fase di valutazione del processo di VIA. E' un
provvedimento obbligatorio e vincolante che sostituisce o coordina, tutte le
autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i pareri, i nulla osta e
gli assensi comunque denominati in materia ambientale e di patrimonio culturale
secondo le previsioni di cui all'articolo 26(****);
o-bis) autorizzazione integrata ambientale: il provvedimento che autorizza
l'esercizio di un impianto rientrante fra quelli di cui all'articolo 4, comma 4,
lettera c), o di parte di esso a determinate condizioni che devono garantire che
l'impianto sia conforme ai requisiti di cui al titolo III bis del presente
decreto ai fini dell'individuazione delle soluzioni piu' idonee al perseguimento
degli obiettivi di cui all'articolo 4, comma 4, lettera c). Un'autorizzazione
integrata ambientale puo' valere per uno o piu' impianti o parti di essi, che
siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore;(*)
p) autorita' competente: la pubblica amministrazione cui compete l'adozione del
provvedimento di verifica di assoggettabilita', l'elaborazione del parere
motivato, nel caso di valutazione di piani e programmi, e l'adozione dei
provvedimenti conclusivi in materia di
VIA, nel caso di progetti ovvero il rilascio dell'autorizzazione integrata
ambientale, nel caso di impianti(****);
q) autorita' procedente: la pubblica amministrazione che elabora il piano,
programma soggetto alle disposizioni del presente decreto, ovvero nel caso in
cui il soggetto che predispone il piano, programma sia un diverso soggetto
pubblico o privato, la pubblica amministrazione che recepisce, adotta o approva
il piano, programma;
r) proponente: il soggetto pubblico o privato che elabora il piano, programma o
progetto soggetto alle disposizioni del presente decreto;
r-bis) gestore:
qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce l'impianto oppure
che dispone di un potere economico determinante sull'esercizio tecnico
dell'impianto stesso;(**)
s) soggetti competenti in materia ambientale: le pubbliche amministrazioni e gli
enti pubblici che, per le loro specifiche competenze o responsabilita' in campo
ambientale, possono essere interessate agli impatti sull'ambiente dovuti
all'attuazione dei piani, programmi o progetti;
t) consultazione: l'insieme delle forme di informazione e partecipazione, anche
diretta, delle amministrazioni, del pubblico e del pubblico interessato nella
raccolta dei dati e nella valutazione dei piani, programmi e progetti;
u) pubblico: una o piu' persone fisiche o giuridiche nonche', ai sensi della
legislazione vigente, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali
persone;
v) pubblico interessato: il pubblico che subisce o puo' subire gli effetti delle
procedure decisionali in materia ambientale o che ha un interesse in tali
procedure; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative
che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti previsti
dalla normativa statale vigente, nonche' le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative, sono considerate come aventi interesse.
(*) N.d.R.: Lettera così sostituita dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Lettera aggiunta dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(****) Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 6.
Oggetto della disciplina
1. La valutazione ambientale strategica riguarda i piani e i programmi che
possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale.
2. Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene effettuata una valutazione per
tutti i piani e i programmi:
a) che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualita' dell'aria
ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico,
industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle
telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della
destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per
l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la
realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV del presente
decreto;
b) per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalita' di
conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la
conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di
importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e
della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai
sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre
1997, n. 357, e successive modificazioni.
3. Per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole
aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui
al comma 2, la valutazione ambientale e' necessaria qualora l'autorita'
competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo
le disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di
sensibilita' ambientale dell'area oggetto di intervento(*).
3-bis. L'autorita' competente valuta, secondo le disposizioni di cui
all'articolo 12, se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al comma
2, che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti,
producano impatti significativi sull'ambiente.(*)
3-ter. Per progetti di opere e interventi da realizzarsi nell'ambito del
Piano regolatore portuale, gia' sottoposti ad una valutazione ambientale
strategica, e che rientrano tra le categorie per le quali e' prevista la
Valutazione di impatto ambientale, costituiscono dati acquisiti tutti gli
elementi valutati in sede di VAS o comunque desumibili dal Piano regolatore
portuale. Qualora il Piano regolatore Portuale ovvero le rispettive varianti
abbiano contenuti tali da essere sottoposti a valutazione di impatto ambientale
nella loro interezza secondo le norme comunitarie, tale valutazione e'
effettuata secondo le modalita' e le competenze previste dalla Parte Seconda del
presente decreto ed e' integrata dalla valutazione ambientale strategica per gli
eventuali contenuti di pianificazione del Piano e si conclude con un unico
provvedimento.(**)
4. Sono comunque esclusi dal campo di applicazione del presente decreto:
a) i piani e i programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale
caratterizzati da somma urgenza o ricadenti nella disciplina di cui
all'articolo 17 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive
modificazioni(*);
b) i piani e i programmi finanziari o di bilancio;
c) i piani di protezione civile in caso di pericolo per l'incolumita' pubblica.
c-bis) i piani di gestione forestale o strumenti equivalenti,
riferiti ad un ambito aziendale o sovraziendale di livello locale, redatti
secondo i criteri della gestione forestale sostenibile e approvati dalle regioni
o dagli organismi dalle stesse individuati(***)
5. La valutazione d'impatto ambientale, riguarda i progetti che possono avere
impatti significativi e negativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale(*).
6. Fatto salvo quanto disposto al comma 7, viene effettuata altresi' una
valutazione per:
a) i progetti di cui agli allegati II e III al presente decreto;
b) i progetti di cui all'allegato IV al presente decreto, relativi ad opere o
interventi di nuova realizzazione, che ricadono, anche parzialmente, all'interno
di aree naturali protette come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394.
7. La valutazione e' inoltre necessaria, qualora, in base alle disposizioni
di cui al successivo articolo 20, si ritenga che possano produrre impatti
significativi e negativi sull'ambiente, per:
a) i progetti elencati nell'allegato II che servono esclusivamente o
essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non
sono utilizzati per piu' di due anni;
b) le modifiche o estensioni dei progetti elencati nell'allegato II che possono
avere impatti significativi e negativi sull'ambiente;
c) i progetti elencati nell'allegato IV;(****)
8. Per i progetti di cui agli allegati III e IV, ricadenti all'interno di aree
naturali protette, le soglie dimensionali, ove previste, sono ridotte del
cinquanta per cento.
9. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono definire,
per determinate tipologie progettuali o aree predeterminate, sulla base degli
elementi indicati nell'allegato V, un incremento nella misura massima del trenta
per cento o decremento delle soglie di cui all'allegato IV. Con riferimento ai
progetti di cui all'allegato IV, qualora non ricadenti neppure parzialmente in
aree naturali protette, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
possono determinare, per specifiche categorie progettuali o in particolari
situazioni ambientali e territoriali, sulla base degli elementi di cui
all'allegato V, criteri o condizioni di esclusione dalla verifica di
assoggettabilita'.
10. L'autorita' competente in sede statale valuta caso per caso i progetti
relativi ad opere ed interventi destinati esclusivamente a scopo di difesa
nazionale non aventi i requisiti di cui al comma 4,lettera a). La esclusione di tali progetti dal campo di applicazione del decreto,
se cio' possa pregiudicare gli scopi della difesa nazionale, e' determinata con
decreto interministeriale del Ministro della difesa e del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare.(*)
11. Sono esclusi in tutto in parte dal campo di applicazione del presente
decreto, quando non sia possibile in alcun modo svolgere la valutazione di
impatto ambientale, singoli interventi disposti in via d'urgenza, ai sensi
dell'articolo 5, commi 2 e 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, al solo scopo
di salvaguardare l'incolumita' delle persone e di mettere in sicurezza gli
immobili da un pericolo imminente o a seguito di calamita'. In tale caso l'autorita'
competente, sulla base della documentazione immediatamente trasmessa dalle
autorita' che dispongono tali interventi:
a) esamina se sia opportuna un'altra forma di valutazione;
b) mette a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le
altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla
decisione di esenzione e le ragioni per cui e' stata concessa;
c) informa la Commissione europea, tramite il Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare nel caso di interventi di competenza regionale,
prima di consentire il rilascio dell'autorizzazione, delle motivazioni
dell'esclusione accludendo le informazioni messe a disposizione del pubblico.
12. Per le modifiche
dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della
destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere
singole che hanno per legge l'effetto di variante ai suddetti piani e programmi,
ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione
ambientale strategica non e' necessaria per la localizzazione delle singole
opere.(**)
13. L'autorizzazione integrata ambientale e' necessaria per:
a) i progetti di cui all'allegato VIII del presente decreto;
b) le modifiche sostanziali degli impianti di cui alla lettera a) del presente
comma;(**)
14. Per gli impianti ove e' svolta una attivita' di cui all'allegato VIII del
presente decreto, nonche' per le loro modifiche sostanziali l'autorizzazione
integrata ambientale e' rilasciata nel rispetto di quanto previsto dall'articolo
208, commi 6 e 7, del presente decreto.(**)
15. Per gli impianti di cui alla lettera a) del comma 12 del presente articolo,
nonche' per le loro modifiche sostanziali, l'autorizzazione integrata ambientale
e' rilasciata nel rispetto della disciplina di cui al presente decreto e dei
termini di cui all'articolo 29-quater, comma 10.(**)
16. L'autorita' competente, nel determinare le condizioni per l'autorizzazione
integrata ambientale, fermo restando il rispetto delle norme di qualita'
ambientale, tiene conto dei seguenti principi generali:
a) devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell'inquinamento,
applicando in particolare le migliori tecniche disponibili;
b) non si devono verificare fenomeni di inquinamento significativi;
c) deve essere evitata la produzione di rifiuti, a norma della quarta parte del
presente decreto; in caso contrario i rifiuti sono recuperati o, ove cio' sia
tecnicamente ed economicamente impossibile, sono eliminati evitandone e
riducendone l'impatto sull'ambiente, secondo le disposizioni della medesima
quarta parte del presente decreto;
d) l'energia deve essere utilizzata in modo efficace ed efficiente;
e) devono essere prese le misure necessarie per prevenire gli incidenti e
limitarne le conseguenze;
f) deve essere evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della
cessazione definitiva delle attivita' e il sito stesso deve essere ripristinato
ai sensi della normativa vigente in materia di bonifiche e ripristino
ambientale.(**)
17. Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro
delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela
ambientale, in virtu' di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e
convenzioni internazionali sono vietate le attivita' di ricerca, di prospezione
nonche' di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli
articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto e' altresi'
stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia marine dal perimetro
esterno delle suddette aree marine e costiere protette, oltre che per i soli
idrocarburi liquidi nella fascia marina compresa entro cinque miglia dalle linee
di base delle acque territoriali lungo l'intero perimetro costiero nazionale. Al
di fuori delle medesime aree, le predette attivita' sono autorizzate previa
sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli
articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali
posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate
dalle attivita' di cui al primo periodo. Le disposizioni di cui al presente
comma si applicano ai procedimenti autorizzatori in corso alla data di entrata
in vigore del presente comma. Resta ferma l'efficacia dei titoli abilitativi
gia' rilasciati alla stessa data. Dall'entrata in vigore delle disposizioni di
cui al presente comma e' abrogato il comma 81 dell'articolo 1 della legge 23
agosto 2004, n. 239.(**) Per la baia storica del Golfo di Taranto di cui
all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1977, n.
816, il divieto relativo agli idrocarburi liquidi e' stabilito entro le cinque
miglia dalla linea di costa.(*****)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma
aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Lettera
aggiunta dall'art. 4-undecies del D.L. 171/2008, introdotto in sede di
conversione in legge (L. n. 205/2008)
(****) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(*****) N.d.R.:
Periodo introdotto dall'art. 3, c. 1 del Decreto Legislativo 07 luglio 2011, n.
121 (in G.U. 01/08/2011, n.177)
Art. 7.
Competenze
1. Sono sottoposti a VAS in sede statale i piani e programmi di cui
all'articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete ad organi dello
Stato.
2. Sono sottoposti a VAS secondo le disposizioni delle leggi regionali, i piani
e programmi di cui all'articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete
alle regioni e province autonome o agli enti locali.
3. Sono sottoposti a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II al
presente decreto .
4. Sono sottoposti a VIA secondo le disposizioni delle leggi regionali, i
progetti di cui agli allegati III e IV al presente decreto.
4-bis. Sono sottoposti ad AIA in sede statale i progetti relativi alle
attivita' di cui all'allegato XII al presente decreto e loro modifiche
sostanziali.(*)
4-ter. Sono sottoposti ad AIA secondo le disposizioni delle leggi regionali e
provinciali i progetti di cui all'allegato VIII che non risultano ricompresi
anche nell'allegato XII al presente decreto e loro modifiche sostanziali.(*)
5. In sede statale, l'autorita' competente e' il Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare. Il provvedimento di via e il parere motivato in
sede di VAS sono espressi di concerto con il Ministro per i beni e le attivita'
culturali, che collabora alla relativa attivita' istruttoria. Il
provvedimento di AIA e' rilasciato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, il Ministro della salute, il Ministro dello sviluppo
economico e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali(**).
6. In sede regionale, l'autorita' competente e' la pubblica amministrazione con
compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le
disposizioni delle leggi regionali o delle province autonome.
7. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con
proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e quelle degli altri enti
locali. Disciplinano inoltre:
a) i criteri per la individuazione degli enti locali territoriali interessati;
b) i criteri specifici per l'individuazione dei soggetti competenti in materia
ambientale;
c) fermo il rispetto della legislazione comunitaria eventuali ulteriori
modalita', rispetto a quelle indicate nel presente decreto, purche' con questo
compatibili, per l'individuazione dei piani e programmi o progetti da sottoporre
a VAS, VIA ed AIA e per lo svolgimento della relative consultazione;(***)
d) le modalita' di partecipazione delle regioni e province autonome confinanti
al processo di VAS, in coerenza con quanto stabilito dalle disposizioni
nazionali in materia.
e) le regole
procedurali per il rilascio dei provvedimenti di VIA ed AIA e dei pareri
motivati in sede di VAS di propria competenza, fermo restando il rispetto dei
limiti generali di cui al presente decreto ed all'articolo 29 della legge 7
agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.(****)
8. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano informano, ogni
dodici mesi, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
circa i provvedimenti adottati e i procedimenti di valutazione in corso.
9. Le Regioni e le
Province Autonome esercitano la competenza ad esse assegnata dai commi 2, 4 e 7
nel rispetto dei principi fondamentali dettati dal presente Titolo.(*)
(*) N.d.R.: Comma
aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Periodo aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128,
recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge
18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl.
Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Lettera
così sostituita dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante:
"Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante
norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno
2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario
n.184.
(****) N.d.R.: Lettera aggiunta dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128,
recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge
18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl.
Ordinario n.184.
Art. 8.
Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale - VIA e VAS(*)
1. La Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale di cui
all'articolo 7 del decreto legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito nella legge
14 luglio 2008, n. 123, assicura il supporto tecnico-scientifico per
l'attuazione delle norme di cui alla presente Parte.(**)
2. Nel caso di progetti per i quali la valutazione di impatto ambientale spetta
allo Stato, e che ricadano nel campo di applicazione di cui all'allegato VIII
del presente decreto, il supporto tecnico-scientifico
viene assicurato in coordinamento con la Commissione istruttoria per
l'autorizzazione ambientale integrata di cui all'articolo 8-bis.(***)
3. I componenti della Commissione sono nominati, nel rispetto del principio
dell'equilibrio di genere, con decreto del Ministro dell'ambiente, della tutela
del territorio e del mare, per un triennio.
4. I componenti della Commissione tecnica di verifica dell'impatto
ambientale provenienti dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono posti in posizione
di comando, distacco o fuori ruolo, nel rispetto dei rispettivi ordinamenti,
conservando il diritto al trattamento economico in godimento. Le amministrazioni
di rispettiva provenienza rendono indisponibile il posto liberato. In
alternativa, ai componenti della Commissione tecnica di verifica dell'impatto
ambientale provenienti dalle medesime amministrazioni pubbliche si applica
quanto previsto dall'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
e, per il personale in regime di diritto pubblico, quanto stabilito dai
rispettivi ordinamenti. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano
anche ai componenti della Commissione nominati ai sensi dell'articolo 7 del
decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge
14 luglio 2008, n. 123(****)
(*) N.d.R.: Rubrica così sostituita dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma
così sostituito dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante:
"Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante
norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno
2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario
n.184.
(***) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n.
128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della
legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 -
Suppl. Ordinario n.184.
(****) N.d.R.: Comma così
sostituito dall'art. 4 del D.L. n. 208/2008 (GU n. 304 del 31-12-2008), come
modificato in sede di conversione in legge (L. n. 13/2009 pubblicata nella GU n.
49 del 28.2.2009)
Art. 8-bis
Commissione istruttoria per l'autorizzazione integrata ambientale - IPPC(*)
1. La Commissione istruttoria per l'IPPC, di cui all'articolo 28, commi 7, 8
e 9, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifiche, dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133, svolge l'attivita' di supporto scientifico per il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con specifico
riguardo alle norme di cui al titolo III-bis del presente decreto. La
Commissione svolge i compiti di cui all'articolo 10, comma 2, del decreto del
Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90.
2. I componenti della Commissione sono nominati nel rispetto dell'articolo 28,
commi 7, 8 e 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Si applicano i commi 2 e 3
dell'articolo 8 del presente decreto.
(*) N.d.R.: Articolo aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 9.
Norme procedurali generali
1. Alle procedure di verifica e autorizzazione disciplinate dal presente
decreto si applicano, in quanto compatibili, le norme della legge 7 agosto 1990,
n. 241, e successive modificazioni, concernente norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.(*)
2. L'autorita' competente, ove ritenuto utile indice, cosi' come disciplinato
dagli articoli che seguono, una o piu' conferenze di servizi ai sensi degli
articoli 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990 al fine di acquisire elementi
informativi e le valutazioni delle altre autorita' pubbliche interessate.
3. Nel rispetto dei tempi minimi definiti per la consultazione del pubblico,
nell'ambito delle procedure di seguito disciplinate, l'autorita' competente puo'
concludere con il proponente o l'autorita' procedente e le altre amministrazioni
pubbliche interessate accordi per disciplinare lo svolgimento delle attivita' di
interesse comune ai fini della semplificazione e della maggiore efficacia dei
procedimenti.
4. Per ragioni di segreto industriale o commerciale e' facolta' del proponente
presentare all'autorita' competente motivata richiesta di non rendere pubblica
parte della documentazione relativa al progetto, allo studio preliminare
ambientale o allo studio di impatto ambientale. L'autorita' competente,
verificate le ragioni del proponente, accoglie o respinge motivatamente la
richiesta soppesando l'interesse alla riservatezza con l'interesse pubblico
all'accesso alle informazioni. L'autorita' competente dispone comunque della
documentazione riservata, con l'obbligo di rispettare le disposizioni vigenti in
materia.
(*) N.d.R.: Comma così
sostituito dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 10.
Norme per il coordinamento e la semplificazione dei procedimenti
1. Il provvedimento di valutazione d'impatto ambientale fa luogo
dell'autorizzazione integrata ambientale per i progetti per i quali la relativa
valutazione spetta allo Stato e che ricadono nel campo di applicazione
dell'allegato XII del presente decreto. Qualora si tratti di progetti
rientranti nella previsione di cui al comma 7 dell'articolo 6, l'autorizzazione
integrata ambientale puo' essere richiesta solo dopo che, ad esito della
verifica di cui all'articolo 20, l'autorita' competente valuti di non
assoggettare i progetti a VIA.(*)
1-bis. Nei casi di cui al comma 1, lo studio di impatto ambientale e gli
elaborati progettuali contengono anche le informazioni previste ai commi 1, 2 e
3 dell'articolo 29-ter e il provvedimento finale le condizioni e le misure
supplementari previste dagli articoli 29-sexies e 29-septies del presente
decreto. Qualora la documentazione prodotta risulti incompleta, si applica il
comma 4 dell'articolo 23.(**)
1-ter. Nei casi di cui al comma 1, il monitoraggio e i controlli successivi al
rilascio del provvedimento di valutazione di impatto ambientale avviene anche
con le modalita' di cui agli articoli 29-decies e 29-undecies.(**)
2. Le regioni e le province autonome assicurano che, per i progetti per i quali
la valutazione d'impatto ambientale sia di loro attribuzione e che ricadano nel
campo di applicazione dell'allegato VIII del presente decreto, la
procedura per il rilascio di autorizzazione integrata ambientale sia coordinata
nell'ambito del procedimento di VIA. E' in ogni caso disposta l'unicita' della
consultazione del pubblico per le due procedure. Se l'autorita' competente in
materia di VIA coincide con quella competente al rilascio dell'autorizzazione
integrata ambientale, le disposizioni regionali e delle province autonome
possono prevedere che il provvedimento di valutazione d'impatto ambientale
faccia luogo anche di quella autorizzazione. In questo caso, si applica il
comma 1-bis del presente articolo.(*)
3. La VAS e la VIA comprendono le procedure di valutazione d'incidenza di cui
all'articolo 5 del decreto n. 357 del 1997; a tal fine, il rapporto ambientale,
lo studio preliminare ambientale o lo studio di impatto ambientale contengono
gli elementi di cui all'allegato G dello stesso decreto n. 357 del 1997 e la
valutazione dell'autorita' competente si estende alle finalita' di conservazione
proprie della valutazione d'incidenza oppure dovra' dare atto degli esiti della
valutazione di incidenza. Le modalita' di informazione del pubblico danno
specifica evidenza della integrazione procedurale.
4. La verifica di assoggettabilita' di cui all'articolo 20 puo' essere condotta,
nel rispetto delle disposizioni contenute nel presente decreto, nell'ambito
della VAS. In tal caso le modalita' di informazione del pubblico danno specifica
evidenza della integrazione procedurale.
5. Nella redazione dello studio di impatto ambientale di cui all'articolo 22,
relativo a progetti previsti da piani o programmi gia' sottoposti a valutazione
ambientale, possono essere utilizzate le informazioni e le analisi contenute nel
rapporto ambientale. Nel corso della redazione dei progetti e nella fase della
loro valutazione, sono tenute in considerazione la documentazione e le
conclusioni della VAS.
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128,
recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge
18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl.
Ordinario n.184.
Titolo II
LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA
Art. 11.
Modalita' di svolgimento
1. La valutazione ambientale strategica e' avviata dall'autorita' procedente
contestualmente al processo di formazione del piano o programma e comprende,
secondo le disposizioni di cui agli articoli da 12 a 18:
a) lo svolgimento di una verifica di assoggettabilita' limitatamente ai piani
e ai programmi di cui all'articolo 6, commi 3 e 3 bis(*);
b) l'elaborazione del rapporto ambientale;
c) lo svolgimento di consultazioni;
d) la valutazione del rapporto ambientale e gli esiti delle consultazioni;
e) la decisione;
f) l'informazione sulla decisione;
g) il monitoraggio.
2. L'autorita' competente, al fine di promuovere l'integrazione degli obiettivi
di sostenibilita' ambientale nelle politiche settoriali ed il rispetto degli
obiettivi, dei piani e dei programmi ambientali, nazionali ed europei:
a) esprime il proprio parere sull'assoggettabilita' delle proposte di piano o di
programma alla valutazione ambientale strategica nei casi previsti dal comma 3
dell'articolo 6;
b) collabora con l'autorita' proponente al fine di definire le forme ed i
soggetti della consultazione pubblica, nonche' l'impostazione ed i contenuti del
Rapporto ambientale e le modalita' di monitoraggio di cui all'articolo 18;
c) esprime, tenendo conto della consultazione pubblica, dei pareri dei soggetti
competenti in materia ambientale, un proprio parere motivato sulla proposta di
piano e di programma e sul rapporto ambientale nonche' sull'adeguatezza del
piano di monitoraggio e con riferimento alla sussistenza delle risorse
finanziarie;.
3. La fase di valutazione e' effettuata anteriormente all'approvazione del
piano o del programma, ovvero all'avvio della relativa procedura legislativa, e
comunque durante la fase di predisposizione dello stesso. Essa e' preordinata a
garantire che gli impatti significativi sull'ambiente derivanti dall'attuazione
di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro
elaborazione e prima della loro approvazione.(**)
4. La VAS viene effettuata ai vari livelli istituzionali tenendo conto
dell'esigenza di razionalizzare i procedimenti ed evitare duplicazioni nelle
valutazioni.
5. La VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni
del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed
approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la
previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per
violazione di legge.
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n.
128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della
legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 -
Suppl. Ordinario n.184.
Art. 12.
Verifica di assoggettabilita'
1. Nel caso di piani e programmi di cui all'articolo 6, commi 3 e 3-bis, l'autorita'
procedente trasmette all'autorita' competente, su supporto informatico
ovvero, nei casi di particolare difficolta' di ordine tecnico, anche su supporto
cartaceo, un rapporto preliminare comprendente una descrizione del piano o
programma e le informazioni e i dati necessari alla verifica degli impatti
significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano o programma, facendo
riferimento ai criteri dell'allegato I del presente decreto.(*)
2. L'autorita' competente in collaborazione con l'autorita' procedente,
individua i soggetti competenti in materia ambientale da consultare e trasmette
loro il documento preliminare per acquisirne il parere. Il parere e' inviato
entro trenta giorni all'autorita' competente ed all'autorita' procedente.
3. Salvo quanto diversamente concordato dall'autorita' competente con l'autorita'
procedente, l'autorita' competente, sulla base degli elementi di cui
all'allegato I del presente decreto e tenuto conto delle osservazioni pervenute,
verifica se il piano o programma possa avere impatti significativi
sull'ambiente.
4. L'autorita' competente, sentita l'autorita' procedente, tenuto conto dei
contributi pervenuti, entro novanta giorni dalla trasmissione di cui al comma 1,
emette il provvedimento di verifica assoggettando o escludendo il piano o il
programma dalla valutazione di cui agli articoli da 13 a 18 e, se del caso,
definendo le necessarie prescrizioni.
5. Il risultato della verifica di assoggettabilita', comprese le motivazioni,
deve essere reso pubblico.
6. La verifica di
assoggettabilita' a VAS ovvero la VAS relative a modifiche a piani e programmi
ovvero a strumenti attuativi di piani o programmi gia' sottoposti positivamente
alla verifica di assoggettabilita' di cui all'art. 12 o alla VAS di cui agli
artt. da 12 a 17, si limita ai soli effetti significativi sull'ambiente che non
siano stati precedentemente considerati dagli strumenti normativamente
sovraordinati.(**)
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128,
recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge
18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl.
Ordinario n.184.
Art. 13.
Redazione del rapporto ambientale
1. Sulla base di un rapporto preliminare sui possibili impatti ambientali
significativi dell'attuazione del piano o programma, il proponente e/o l'autorita'
procedente entrano in consultazione, sin dai momenti preliminari dell'attivita'
di elaborazione di piani e programmi, con l'autorita' competente e gli altri
soggetti competenti in materia ambientale, al fine di definire la portata ed il
livello di dettaglio delle informazioni da includere nel rapporto ambientale.
2. La consultazione, salvo quanto diversamente concordato, si conclude entro
novanta giorni dall'invio del rapporto preliminare di cui al comma 1 del
presente articolo.(*)
3. La redazione del rapporto ambientale spetta al proponente o all'autorita'
procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il
rapporto ambientale costituisce parte integrante del piano o del programma e ne
accompagna l'intero processo di elaborazione ed approvazione.
4. Nel rapporto ambientale debbono essere individuati, descritti e valutati gli
impatti significativi che l'attuazione del piano o del programma proposto
potrebbe avere sull'ambiente e sul patrimonio culturale, nonche' le ragionevoli
alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e
dell'ambito territoriale del piano o del programma stesso. L'allegato VI al
presente decreto riporta le informazioni da fornire nel rapporto ambientale a
tale scopo, nei limiti in cui possono essere ragionevolmente richieste, tenuto
conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, dei
contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma. Il Rapporto
ambientale da' atto della consultazione di cui al comma 1 ed evidenzia come sono
stati presi in considerazione i contributi pervenuti. Per evitare
duplicazioni della valutazione, possono essere utilizzati, se pertinenti,
approfondimenti gia' effettuati ed informazioni ottenute nell'ambito di altri
livelli decisionali o altrimenti acquisite in attuazione di altre disposizioni
normative.(*)
5. La proposta di piano o di programma e' comunicata, anche secondo modalita'
concordate, all'autorita' competente. La comunicazione comprende il rapporto
ambientale e una sintesi non tecnica dello stesso. Dalla data pubblicazione
dell'avviso di cui all'articolo 14, comma 1, decorrono i tempi dell'esame
istruttorio e della valutazione. La proposta di piano o programma ed il rapporto
ambientale sono altresi' messi a disposizione dei soggetti competenti in materia
ambientale e del pubblico interessato affinche' questi abbiano l'opportunita' di
esprimersi.
6. La documentazione e' depositata presso gli uffici dell'autorita' competente e
presso gli uffici delle regioni e delle province il cui territorio risulti anche
solo parzialmente interessato dal piano o programma o dagli impatti della sua
attuazione.
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 14.
Consultazione
1. Contestualmente alla comunicazione di cui all'articolo 13, comma 5, l'autorita'
procedente cura la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana o nel Bollettino Ufficiale della regione o provincia
autonoma interessata. L'avviso deve contenere: il titolo della proposta di piano
o di programma, il proponente, l'autorita' procedente, l'indicazione delle sedi
ove puo' essere presa visione del piano o programma e del rapporto ambientale e
delle sedi dove si puo' consultare la sintesi non tecnica.
2. L'autorita' competente e l'autorita' procedente mettono, altresi', a
disposizione del pubblico la proposta di piano o programma ed il rapporto
ambientale mediante il deposito presso i propri uffici e la pubblicazione sul
proprio sito web.
3. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso di cui al
comma 1, chiunque puo' prendere visione della proposta di piano o programma e
del relativo rapporto ambientale e presentare proprie osservazioni in forma
scritta, anche
fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi.(*)
4. In attuazione dei principi di economicita' e di semplificazione, le
procedure di deposito, pubblicita' e partecipazione, eventualmente previste
dalle vigenti disposizioni anche regionali per specifici piani e programmi, si
coordinano con quelle di cui al presente articolo, in modo da evitare
duplicazioni ed assicurare il rispetto dei termini previsti dal comma 3 del
presente articolo e dal comma 1 dell'articolo 15. Tali forme di pubblicita'
tengono luogo delle comunicazioni di cui all'articolo 7 ed ai commi 3 e 4
dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241.(**)
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(*) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128,
recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge
18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl.
Ordinario n.184.
Art. 15.
Valutazione del rapporto ambientale e degli esiti i risultati della
consultazione
1. L'autorita' competente, in collaborazione con l'autorita' procedente,
svolge le attivita' tecnico-istruttorie, acquisisce e valuta tutta la
documentazione presentata, nonche' le osservazioni, obiezioni e suggerimenti
inoltrati ai sensi dell'articolo 14 e dell'articolo 32, nonche' i risultati
delle consultazioni transfrontaliere di cui al medesimo articolo 32 ed esprime il proprio parere motivato entro
il termine di novanta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di
cui all'articolo 14. La tutela avverso il silenzio dell'Amministrazione e'
disciplinata dalle disposizioni generali del processo amministrativo. (*)
2. L'autorita' procedente, in collaborazione con l'autorita' competente,
provvede, prima della presentazione del piano o programma per l'approvazione e
tenendo conto delle risultanze del parere motivato di cui al comma 1 e dei
risultati delle consultazioni transfrontaliere, alle opportune revisioni del
piano o programma.(**)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma
aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 16.
Decisione
1. Il piano o programma ed il rapporto ambientale, insieme con il parere
motivato e la documentazione acquisita nell'ambito della consultazione, sono
trasmessi all'organo competente all'adozione o approvazione del piano o
programma.(*)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 17.
Informazione sulla decisione
1. La decisione finale e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale o nel
Bollettino Ufficiale della Regione con l'indicazione della sede ove si possa
prendere visione del piano o programma adottato e di tutta la documentazione
oggetto dell'istruttoria. Sono inoltre rese pubbliche, anche attraverso la
pubblicazione sui siti web della autorita' interessate:
a) il parere motivato espresso dall'autorita' competente;
b) una dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le considerazioni
ambientali sono state integrate nel piano o programma e come si e' tenuto conto
del rapporto ambientale e degli esiti delle consultazioni, nonche' le ragioni
per le quali e' stato scelto il piano o il programma adottato, alla luce delle
alternative possibili che erano state individuate;
c) le misure adottate in merito al monitoraggio di cui all'articolo 18.
Art. 18.
Monitoraggio
1. Il monitoraggio assicura il controllo sugli impatti significativi
sull'ambiente derivanti dall'attuazione dei piani e dei programmi approvati e la
verifica del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilita' prefissati, cosi'
da individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e da adottare le
opportune misure correttive. Il monitoraggio e' effettuato dall'Autorita'
procedente in collaborazione con l'Autorita' competente anche avvalendosi del
sistema delle Agenzie ambientali e dell'Istituto Superiore per la Protezione e
la Ricerca Ambientale.(*)
2. Il piano o programma individua le responsabilita' e la sussistenza delle le
risorse necessarie per la realizzazione e gestione del monitoraggio.
3. Delle modalita' di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle
eventuali misure correttive adottate ai sensi del comma 1 e' data adeguata
informazione attraverso i siti web dell'autorita' competente e dell'autorita'
procedente e delle Agenzie interessate.
4. Le informazioni raccolte attraverso il monitoraggio sono tenute in conto nel
caso di eventuali modifiche al piano o programma e comunque sempre incluse nel
quadro conoscitivo dei successivi atti di pianificazione o programmazione.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Titolo III
LA VALUTAZIONE D'IMPATTO AMBIENTALE
Art. 19.
Modalita' di svolgimento
1. La valutazione d'impatto ambientale comprende, secondo le disposizioni di
cui agli articoli da 20 a 28:
a) lo svolgimento di una verifica di assoggettabilita' limitatamente alle
ipotesi di cui all'art. 6, comma 7;(*)
b) la definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale;
c) la presentazione e la pubblicazione del progetto;
d) lo svolgimento di consultazioni;
f) la valutazione dello studio ambientale e degli esiti delle consultazioni;
g) la decisione;
h) l'informazione sulla decisione;
i) il monitoraggio.
2. Per i progetti inseriti in piani o programmi per i quali si e' conclusa
positivamente la procedura di VAS, il giudizio di VIA negativo ovvero il
contrasto di valutazione su elementi gia' oggetto della VAS e' adeguatamente
motivato.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 20.
Verifica di assoggettabilita'
1. Il proponente trasmette all'autorita' competente il progetto preliminare,
lo studio preliminare ambientale in formato elettronico, ovvero nei casi di
particolare difficolta' di ordine tecnico, anche su supporto cartaceo(*), nel caso di progetti:
a) elencati nell'allegato II che servono esclusivamente o essenzialmente per lo
sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per
piu' di due anni;
b) inerenti le modifiche o estensioni dei progetti elencati nell'allegato II
che possano produrre effetti negativi e significativi sull'ambiente.(**)
c) elencati nell'allegato IV, secondo le modalita' stabilite dalle Regioni e
dalle Province autonome, tenendo conto dei commi successivi del presente
articolo.(***)
2. Dell'avvenuta trasmissione e' dato sintetico avviso, a cura del proponente,
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana per i progetti di competenza
statale, nel Bollettino Ufficiale della regione per i progetti di rispettiva
competenza, nonche' all'albo pretorio dei comuni interessati. Nell'avviso sono
indicati il proponente, l'oggetto e la localizzazione prevista per il progetto,
il luogo ove possono essere consultati gli atti nella loro interezza ed i tempi
entro i quali e' possibile presentare osservazioni. In ogni caso copia integrale
degli atti e' depositata presso i comuni ove il progetto e' localizzato. Nel
caso dei progetti di competenza statale la documentazione e' depositata anche
presso la sede delle regioni e delle province ove il progetto e' localizzato. I
principali elaborati del progetto preliminare e lo studio preliminare
ambientale, sono pubblicati sul sito web dell'autorita' competente.
3. Entro quarantacinque giorni dalla pubblicazione dell'avviso di cui al comma 2
chiunque abbia interesse puo' far pervenire le proprie osservazioni.
4. L'autorita' competente nei successivi quarantacinque giorni, sulla base
degli elementi di cui all'allegato V del presente decreto e tenuto conto delle
osservazioni pervenute, verifica se il progetto abbia possibili effetti negativi
e significativi sull'ambiente. Entro la scadenza del termine l'autorita'
competente deve comunque esprimersi. L'autorita' competente puo', per una sola
volta, richiedere integrazioni documentali o chiarimenti al proponente, entro il
termine previsto dal comma 3. In tal caso, il proponente provvede a depositare
la documentazione richiesta presso gli uffici di cui ai commi 1 e 2 entro trenta
giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 3. L'Autorita' competente si
pronuncia entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine previsto per il
deposito della documentazione da parte del proponente. La tutela avverso il
silenzio dell'Amministrazione e' disciplinata dalle disposizioni generali del
processo amministrativo.(****)
5. Se il progetto non ha impatti negativi e significativi
sull'ambiente(*) [o non costituisce
modifica sostanziale](*****), l'autorita' compente dispone l'esclusione dalla procedura
di valutazione ambientale e, se del caso, impartisce le necessarie prescrizioni.
6. Se il progetto ha possibili impatti negativi e significativi
sull'ambiente(*) [o costituisce modifica
sostanziale](*****) si applicano le disposizioni degli articoli da 21 a 28.
7. Il provvedimento di assoggettabilita', comprese le motivazioni, e' pubblico a
cura dell'autorita' competente mediante:
a) un sintetico avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana ovvero nel Bollettino Ufficiale della regione o della provincia
autonoma;
b) con la pubblicazione integrale sul sito web dell'autorita' competente.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Lettera così sostituita dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Lettera aggiunta dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(****) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(*****) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 21.
Definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale
1. Sulla base del progetto preliminare, dello studio preliminare ambientale
e di una relazione che, sulla base degli impatti ambientali attesi, illustra il
piano di lavoro per la redazione dello studio di impatto ambientale, il
proponente ha la facolta' di richiedere una fase di consultazione con l'autorita'
competente e i soggetti competenti in materia ambientale al fine di definire la
portata delle informazioni da includere, il relativo livello di dettaglio e le
metodologie da adottare. La documentazione presentata dal proponente, in
formato elettronico, ovvero nei casi di particolare difficolta' di ordine
tecnico, anche su supporto cartaceo(*), include l'elenco delle
autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi
comunque denominati necessari alla realizzazione ed esercizio del progetto.
2.
L'autorita' competente all'esito delle attivita' di cui al comma 1(*):
a) si pronuncia sulle condizioni per l'elaborazione del progetto e dello studio
di impatto ambientale;
b) esamina le principali alternative, compresa l'alternativa zero;
c) sulla base della documentazione disponibile, verifica, anche con riferimento
alla localizzazione prevista dal progetto,
l'esistenza di eventuali elementi di incompatibilita';
d) in carenza di tali elementi, indica le condizioni per ottenere, in sede di
presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso, senza che
cio' pregiudichi la definizione del successivo procedimento.
3. Le informazioni richieste tengono conto della possibilita' per il proponente
di raccogliere i dati richiesti e delle conoscenze e dei metodi di valutazioni
disponibili
4. La fase di consultazione di cui al comma 1(*) si conclude entro sessanta giorni e, allo scadere di
tale termine, si passa alla fase successiva.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 22.
Studio di impatto ambientale
1. La redazione dello studio di impatto ambientale, insieme a tutti gli
altri documenti elaborati nelle varie fasi del procedimento, ed i costi
associati sono a carico del proponente il progetto.
2. Lo studio di impatto ambientale, e' predisposto, secondo le indicazioni di
cui all'allegato VII del presente decreto e nel rispetto degli esiti della fase
di consultazione definizione dei contenuti di cui all'articolo 21, qualora
attivata.
3. Lo studio di impatto ambientale contiene almeno le seguenti informazioni:
a) una descrizione del progetto con informazioni relative alle sue
caratteristiche, alla sua localizzazione ed alle sue dimensioni;
b) una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente
compensare gli impatti negativi rilevanti;
c) i dati necessari per individuare e valutare i principali impatti
sull'ambiente e sul patrimonio culturale che il progetto puo' produrre, sia in
fase di realizzazione che in fase di esercizio;
d) una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal
proponente, ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle
principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale;
e) una descrizione delle misure previste per il monitoraggio.
4. Ai fini della predisposizione dello studio di impatto ambientale e degli
altri elaborati necessari per l'espletamento della fase di valutazione, il
proponente ha facolta' di accedere ai dati ed alle informazioni disponibili
presso la pubblica amministrazione, secondo quanto disposto dalla normativa
vigente in materia.
5. Allo studio di impatto ambientale deve essere allegata una sintesi non
tecnica delle caratteristiche dimensionali e funzionali del progetto e dei dati
ed informazioni contenuti nello studio stesso inclusi elaborati grafici. La
documentazione dovra' essere predisposta al fine consentirne un'agevole
comprensione da parte del pubblico ed un'agevole riproduzione.
Art. 23.
Presentazione dell'istanza
1. L'istanza e' presentata dal proponente l'opera o l'intervento all'autorita'
competente. Ad essa sono allegati il progetto definitivo, lo studio di impatto
ambientale, la sintesi non tecnica e copia dell'avviso a mezzo stampa, di cui
all'articolo 24, commi 1 e 2. Dalla data della presentazione decorrono i termini
per l'informazione e la partecipazione, la valutazione e la decisione.
2. Alla domanda e' altresi' allegato l'elenco delle autorizzazioni, intese,
concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati, gia'
acquisiti o da acquisire ai fini della realizzazione e dell'esercizio dell'opera
o intervento, nonche' [di](*) una copia in formato elettronico, su idoneo supporto,
degli elaborati, conforme agli originali presentati.
3. La documentazione e' depositata su supporto informatico ovvero, nei casi
di particolare difficolta' di ordine tecnico, anche su supporto cartaceo(**),
[in un congruo numero di copie](***), a seconda dei
casi, presso gli uffici dell'autorita' competente, delle regioni, delle province
e dei comuni il cui territorio sia anche solo parzialmente interessato dal
progetto o dagli impatti della sua attuazione.
4. Entro trenta giorni l'autorita' competente verifica la completezza della
documentazione e l'avvenuto pagamento del contributo dovuto ai sensi dell'art.
33. Qualora l'istanza risulti incompleta, l'autorita' competente richiede al
proponente la documentazione integrativa da presentare entro un termine non
superiore a trenta giorni e comunque correlato alla complessita' delle
integrazioni richieste. In tal caso i termini del procedimento si intendono
interrotti fino alla presentazione della documentazione integrativa. Qualora
entro il termine stabilito il proponente non depositi la documentazione completa
degli elementi mancanti e, l'istanza si intende ritirata. E' fatta salva la
facolta' per il proponente di richiedere una proroga del termine per la
presentazione della documentazione integrativa in ragione della complessita'
della documentazione da presentare.(****)
(*) N.d.R.: Proposizione soppressa dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(****) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 24.
Consultazione
1. Contestualmente alla presentazione di cui all'articolo 23, comma 1, del
progetto deve essere data notizia a mezzo stampa e su sito web dell'autorita'
competente. Tali forme di pubblicita' tengono luogo delle comunicazioni di
cui all'articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990
n. 241.(*)
2. Le pubblicazioni a mezzo stampa vanno eseguite a cura e spese del proponente.
Nel caso di progetti di competenza statale, la pubblicazione va eseguita su un
quotidiano a diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione regionale per
ciascuna regione direttamente interessata. Nel caso di progetti per i quali la
competenza allo svolgimento della valutazione ambientale spetta alle regioni, si
provvedera' con la pubblicazione su un quotidiano a diffusione regionale o
provinciale.
3. La pubblicazione di cui al comma 1 deve contenere, oltre una breve
descrizione del progetto e dei suoi possibili principali impatti ambientali,
l'indicazione delle sedi ove possono essere consultati gli atti nella loro
interezza ed i termini entro i quali e' possibile presentare osservazioni.
4. Entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione di cui all'articolo
23, chiunque abbia interesse puo' prendere visione del progetto e del relativo
studio ambientale, presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o
ulteriori elementi conoscitivi e valutativi.
5. Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale deve tenere in conto
le osservazioni pervenute, considerandole contestualmente, singolarmente o per
gruppi.
6. L'autorita' competente puo' disporre che la consultazione avvenga mediante lo
svolgimento di-un'inchiesta pubblica per l'esame dello studio di impatto
ambientale, dei pareri forniti dalle pubbliche amministrazioni e delle
osservazioni dei cittadini. senza che cio' comporti interruzioni o sospensioni
dei termini per l'istruttoria.
7. L'inchiesta di cui al comma 6 si conclude con una relazione sui lavori svolti
ed un giudizio sui risultati emersi, che sono acquisiti e valutati ai fini del
provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale.
8. Il proponente, qualora non abbia luogo l'inchiesta di cui al comma 6, puo',
anche su propria richiesta, essere chiamato, prima della conclusione della fase
di valutazione, ad un sintetico contraddittorio con i soggetti che hanno
presentato pareri o osservazioni. Il verbale del contraddittorio e' acquisito e
valutato ai fini del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale.
9. Entro trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al
comma 4, il proponente puo' chiedere di modificare gli elaborati, anche a
seguito di osservazioni o di rilievi emersi nel corso dell'inchiesta pubblica o
del contraddittorio di cui al comma 8. Se accoglie l'istanza, l'autorita'
competente fissa per l'acquisizione degli elaborati un termine non superiore a
quarantacinque giorni, prorogabili su istanza del proponente per giustificati
motivi, ed emette il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale entro
novanta giorni dalla presentazione degli elaborati modificati.(**)
9-bis. L'autorita'
competente, ove ritenga che le modifiche apportate siano sostanziali e rilevanti
per il pubblico, dispone che il proponente ne depositi copia ai sensi
dell'articolo 23, comma 3 e, contestualmente, dia avviso dell'avvenuto deposito
secondo le modalita' di cui ai commi 2 e 3. Entro il termine di sessanta giorni
dalla pubblicazione del progetto, emendato ai sensi del comma 9, chiunque abbia
interesse puo' prendere visione del progetto e del relativo studio ambientale,
presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi
conoscitivi e valutativi in relazione alle sole modifiche apportate agli
elaborati ai sensi del comma 9. In questo caso, l'autorita' competente esprime
il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale entro novanta giorni
dalla scadenza del termine previsto per la presentazione delle
osservazioni.(***)
10. Sul suo sito web, l'autorita' competente pubblica la documentazione
presentata, ivi comprese le osservazioni, le eventuali controdeduzioni e le
modifiche eventualmente apportate al progetto, disciplinate dai commi 4, 8, 9, e
9-bis.(**)
(*) N.d.R.: Periodo aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(*) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 25.
Valutazione dello studio di impatto ambientale e degli esiti della consultazione
1. Le attivita' tecnico-istruttorie per la valutazione d'impatto ambientale
sono svolte dall'autorita' competente.
2. L'autorita' competente acquisisce e valuta tutta la documentazione
presentata, le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi
dell'articolo 24, nonche', nel caso dei progetti di competenza dello Stato, il
parere delle regioni interessate, che dovra' essere reso entro novanta giorni
dalla presentazione di cui all'articolo 23, comma 1. L'autorita' competente
comunica alla Regione interessata che il proponente ha apportato modifiche
sostanziali al progetto e fissa il termine di sessanta giorni, decorrente dalla
comunicazione, entro il quale la Regione puo' esprimere un ulteriore parere.(*)
3. Contestualmente alla pubblicazione di cui all'articolo 24, il proponente,
affinche' l'autorita' competente ne acquisisca le determinazioni, trasmette
l'istanza, completa di allegati, a tutti i soggetti competenti in materia
ambientale interessati, qualora la realizzazione del progetto preveda
autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi
comunque denominati in materia ambientale. Le amministrazioni rendono le proprie
determinazioni entro sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza di cui
all'articolo 23, comma 1, ovvero nell'ambito della Conferenza dei servizi
istruttoria eventualmente indetta(*) a tal fine dall'autorita' competente. Entro il medesimo
termine il Ministero per i beni e le attivita' culturali si esprime ai sensi
dell'articolo 26 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e negli altri
casi previsti dal medesimo decreto. A seguito di modificazioni ovvero
integrazioni eventualmente presentate dal proponente, ovvero richieste
dall'autorita' competente, ove l'autorita' competente ritenga che le modifiche
apportate siano sostanziali, sono concessi alle Amministrazioni di cui al
presente comma, ulteriori quarantacinque giorni dal deposito delle stesse per
l'eventuale revisione dei pareri resi.(*)
3-bis. Qualora le
amministrazioni di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo non si siano
espresse nei termini ivi previsti ovvero abbiano manifestato il proprio
dissenso, l'autorita' competente procede comunque a norma dell'articolo 26.(**)
4. L'autorita' competente puo' concludere con le altre amministrazioni pubbliche
interessate accordi per disciplinare lo svolgimento delle attivita' di interesse
comune ai fini della semplificazione delle procedure.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 26.
Decisione
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 24(*), l'autorita' competente conclude con provvedimento espresso e motivato il
procedimento di valutazione dell'impatto ambientale nei centocinquanta giorni
successivi alla presentazione dell'istanza di cui all'articolo 23, comma 1. Nei
casi in cui e' necessario procedere ad accertamenti ed indagini di particolare
complessita', l'autorita' competente, con atto motivato, dispone il
prolungamento del procedimento di valutazione sino ad un massimo di ulteriori
sessanta giorni dandone comunicazione al proponente.
2. L'inutile decorso dei termini previsti dal presente articolo ovvero
dall'articolo 24 implica l'esercizio del potere sostitutivo da parte
del Consiglio dei Ministri, che provvede, su istanza delle amministrazioni o
delle parti interessate, entro sessanta giorni, previa diffida all'organo
competente ad adempire entro il termine di venti giorni. Per i progetti
sottoposti a valutazione di impatto ambientale in sede non statale, si applicano
le disposizioni di cui al periodo precedente fino all'entrata in vigore di
apposite norme regionali e delle province autonome, da adottarsi nel rispetto
della disciplina comunitaria vigente in materia e dei principi richiamati
all'articolo 7, comma 7, lettera e) del presente decreto.(*)
2-bis. La tutela avverso il silenzio dell'Amministrazione e' disciplinata
dalle disposizioni generali del processo amministrativo.(**)
3. L'autorita' competente puo' richiedere al proponente entro trenta giorni
dalla scadenza del termine di cui all'articolo 24, comma 4, in un'unica
soluzione, integrazioni alla documentazione presentata, con l'indicazione di un
termine per la risposta che non puo' superare i quarantacinque giorni,
prorogabili, su istanza del proponente, per un massimo di ulteriori
quarantacinque giorni. L'autorita' competente esprime il provvedimento di
valutazione dell'impatto ambientale entro novanta giorni dalla presentazione
degli elaborati modificati.(***)
3-bis. L'autorita'
competente, ove ritenga che le modifiche apportate siano sostanziali e rilevanti
per il pubblico, dispone che il proponente depositi copia delle stesse ai sensi
dell'articolo 23, comma 3, e, contestualmente, dia avviso dell'avvenuto deposito
secondo le modalita' di cui all'articolo 24, commi 2 e 3. Entro il termine di
sessanta giorni dalla pubblicazione del progetto emendato ai sensi del presente
articolo, chiunque abbia interesse puo' prendere visione del progetto e del
relativo studio di impatto ambientale, presentare proprie osservazioni, anche
fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi in relazione alle
sole modifiche apportate agli elaborati ai sensi del comma 3. In questo caso, l'autorita'
competente esprime il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale entro
novanta giorni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione delle
osservazioni.(**)
3-ter. Nel caso in cui il proponente non ottemperi alle richieste di
integrazioni da parte dell'autorita' competente, non presentando gli elaborati
modificati, o ritiri la domanda, non si procede all'ulteriore corso della
valutazione.(**)
4. Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale sostituisce o
coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla
osta e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la
realizzazione e l'esercizio dell'opera o dell'impianto.(***)
5. Il provvedimento contiene le condizioni per la realizzazione, esercizio e
dismissione dei progetti, nonche' quelle relative ad eventuali malfunzionamenti.
In nessun caso puo' farsi luogo all'inizio dei lavori senza che sia intervenuto
il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale.
6. I progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro
cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell'impatto
ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto il provvedimento
puo' stabilire un periodo piu' lungo. Trascorso detto periodo, salvo proroga
concessa, su istanza del proponente, dall'autorita' che ha emanato il
provvedimento, la procedura di valutazione dell'impatto ambientale deve essere
reiterata. I termini di cui al presente comma si applicano ai
procedimenti avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto
legislativo 16 gennaio 2008, n. 4
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(****) N.d.R.: Periodo aggiunto dall'art. 23, c. 21-quinquies del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (in G.U. 01/07/2009, n.150) , introdottto dalla legge di conversione n. 102 del 3 agosto 2009 (in G.U. 04/08/2009, n. 179, S.O. n. 140/L)
Art. 27.
Informazione sulla decisione
1. Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale e' pubblicato per
estratto, con indicazione dell'opera, dell'esito del provvedimento e dei luoghi
ove lo stesso potra' essere consultato nella sua interezza, a cura del
proponente nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana per i progetti di
competenza statale ovvero nel Bollettino Ufficiale della regione, per i progetti
di rispettiva competenza. Dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
ovvero dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della regione
decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte
di soggetti interessati.
2. Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale deve essere
pubblicato per intero e su sito web dell'autorita' competente indicando la sede
ove si possa prendere visione di tutta la documentazione oggetto
dell'istruttoria e delle valutazioni successive.
Art. 28.
Monitoraggio
1. Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale contiene ogni
opportuna indicazione per la progettazione e lo svolgimento delle attivita' di
controllo e monitoraggio degli impatti. Il monitoraggio assicura, anche
avvalendosi dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e
del sistema delle Agenzie ambientali(*), il controllo sugli impatti
ambientali significativi sull'ambiente provocati dalle opere approvate, nonche'
la corrispondenza alle prescrizioni espresse sulla compatibilita' ambientale
dell'opera, anche, al fine di individuare tempestivamente gli impatti negativi
imprevisti e di consentire all'autorita' competente di essere in grado di
adottare le opportune misure correttive.
1-bis. In particolare, qualora dalle attivita' di cui al comma 1 risultino
impatti negativi ulteriori e diversi, ovvero di entita' significativamente
superiore, rispetto a quelli previsti e valutati nel provvedimento di
valutazione dell'impatto ambientale, l'autorita' competente, acquisite
informazioni e valutati i pareri resi puo' modificare il provvedimento ed
apporvi condizioni ulteriori rispetto a quelle di cui al comma 5 dell'articolo
26. Qualora dall'esecuzione dei lavori ovvero dall'esercizio dell'attivita'
possano derivare gravi ripercussioni negative, non preventivamente valutate,
sulla salute pubblica e sull'ambiente, l'autorita' competente puo' ordinare la
sospensione dei lavori o delle attivita' autorizzate, nelle more delle
determinazioni correttive da adottare.(**)
2. Delle modalita' di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle
eventuali misure correttive adottate ai sensi del comma 1 e' data adeguata
informazione attraverso i siti web dell'autorita' competente e dell'autorita'
procedente e delle Agenzie interessate.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 29.
Controlli e sanzioni
1. La valutazione di impatto ambientale costituisce, per i progetti di opere
ed interventi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto,
presupposto o parte integrante del procedimento di autorizzazione o
approvazione. I provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la
previa valutazione di impatto ambientale, ove prescritta, sono annullabili per
violazione di legge.
2. Fermi restando i compiti di vigilanza e controllo stabiliti dalle norme
vigenti, l'autorita' competente esercita il controllo sull'applicazione delle
disposizioni di cui al Titolo III della parte seconda del presente decreto
nonche' sull'osservanza delle prescrizioni impartite in sede di verifica di
assoggettabilita' e di valutazione. Per l'effettuazione dei controlli l'autorita'
competente puo' avvalersi, nel quadro delle rispettive competenze, del sistema
agenziale.
3. Qualora si accertino violazioni delle prescrizioni impartite o modifiche
progettuali tali da incidere sugli esiti e sulle risultanze finali delle fasi di
verifica di assoggettabilita' e di valutazione, l'autorita' competente, previa
eventuale sospensione dei lavori, impone al proponente l'adeguamento dell'opera
o intervento, stabilendone i termini e le modalita'. Qualora il proponente non
adempia a quanto imposto, l'autorita' competente provvede d'ufficio a spese
dell'inadempiente. Il recupero di tali spese e' effettuato con le modalita' e
gli effetti previsti dal regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione
delle entrate patrimoniali dello Stato.
4. Nel caso di opere ed interventi realizzati senza la previa sottoposizione
alle fasi di verifica di assoggettabilita' o di valutazione in violazione delle
disposizioni di cui al presente Titolo III, nonche' nel caso di difformita'
sostanziali da quanto disposto dai provvedimenti finali, l'autorita' competente,
valutata l'entita' del pregiudizio ambientale arrecato e quello conseguente alla
applicazione della sanzione, dispone la sospensione dei lavori e puo' disporre
la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi e della situazione
ambientale a cura e spese del responsabile, definendone i termini e le modalita'.
In caso di inottemperanza, l'autorita' competente provvede d'ufficio a spese
dell'inadempiente. Il recupero di tali spese e' effettuato con le modalita' e
gli effetti previsti dal testo unico delle disposizioni di legge relative alla
riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato approvato con regio decreto
14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello
Stato.
5. In caso di annullamento in sede giurisdizionale o di autotutela di
autorizzazioni o concessioni rilasciate previa valutazione di impatto ambientale
o di annullamento del giudizio di compatibilita' ambientale, i poteri di cui al
comma 4 sono esercitati previa nuova valutazione di impatto ambientale.
6. Resta, in ogni caso, salva l'applicazione di sanzioni previste dalle norme
vigenti.
Titolo III-bis(*)
L'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE
(*) N.d.R.: Titolo
aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 29-bis
Individuazione e utilizzo delle migliori tecniche disponibili
1. L'autorizzazione integrata ambientale per gli impianti rientranti nelle
attivita' di cui all'allegato VIII e' rilasciata tenendo conto di quanto
indicato nell'allegato XI e delle informazioni diffuse ai sensi dell'articolo
29-terdecies, comma 4 e dei documenti BREF (BAT Reference Documents) pubblicati
dalla Commissione europea, nel rispetto delle linee guida per l'individuazione e
l'utilizzo delle migliori tecniche disponibili, emanate con uno o piu' decreti
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del
Ministro dello sviluppo economico e del Ministro del lavoro, della salute e
delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata istituita ai sensi del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con la stessa procedura si provvede
all'aggiornamento ed alla integrazione delle suddette linee guida, anche sulla
base dello scambio di informazioni di cui all'articolo 29-terdecies, commi 3 e
4.
2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute e d'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, possono essere determinati i requisiti per
talune categorie di impianti, che tengano luogo dei corrispondenti requisiti
fissati per ogni singola autorizzazione, purche' siano garantiti un approccio
integrato ed una elevata protezione equivalente dell'ambiente nel suo complesso.
3. Per le discariche di rifiuti da autorizzare ai sensi del presente titolo, si
considerano soddisfatti i requisiti tecnici di cui al presente titolo se sono
soddisfatti i requisiti tecnici di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003,
n. 36.
Art. 29-ter
Domanda di autorizzazione integrata ambientale
1. Ai fini dell'esercizio di nuovi impianti, della modifica sostanziale e
dell'adeguamento del funzionamento degli impianti esistenti alle disposizioni
del presente decreto, si provvede al rilascio dell'autorizzazione integrata
ambientale di cui all'articolo 29-sexies. Fatto salvo quanto disposto dal comma
4 e ferme restando le informazioni richieste dalla normativa concernente aria,
acqua, suolo e rumore, la domanda deve contenere le seguenti informazioni:
a) l'impianto, il tipo
e la portata delle sue attivita';
b) le materie prime e ausiliarie, le sostanze e l'energia usate o prodotte
dall'impianto;
c) le fonti di emissione dell'impianto;
d) lo stato del sito di ubicazione dell'impianto;
e) il tipo e l'entita' delle emissioni dell'impianto in ogni settore ambientale,
nonche' un'identificazione degli effetti significativi delle emissioni
sull'ambiente;
f) la tecnologia utilizzata e le altre tecniche in uso per prevenire le
emissioni dall'impianto oppure per ridurle;
g) le misure di prevenzione e di recupero dei rifiuti prodotti dall'impianto;
h) le misure previste per controllare le emissioni nell'ambiente nonche' le
attivita' di autocontrollo e di controllo programmato che richiede l'intervento
dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e Agenzia per
la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici e delle Agenzie regionali e
provinciali per la protezione dell'ambiente;
i) le eventuali principali alternative prese in esame dal gestore, in forma
sommaria;
l) le altre misure previste per ottemperare ai principi di cui all'articolo 6,
comma 15, del presente decreto.
2. La domanda di autorizzazione integrata ambientale deve contenere anche una
sintesi non tecnica dei dati di cui alle lettere da a) a l) del comma 1 e
l'indicazione delle informazioni che ad avviso del gestore non devono essere
diffuse per ragioni di riservatezza industriale, commerciale o personale, di
tutela della proprieta' intellettuale e, tenendo conto delle indicazioni
contenute nell'articolo 39 della legge 3 agosto 2007, n. 124, di pubblica
sicurezza o di difesa nazionale. In tale caso il richiedente fornisce all'autorita'
competente anche una versione della domanda priva delle informazioni riservate,
ai fini dell'accessibilita' al pubblico.
3. Qualora le informazioni e le descrizioni fornite secondo un rapporto di sicurezza, elaborato conformemente alle norme previste sui rischi di incidente rilevante connessi a determinate attivita' industriali, o secondo la norma UNI EN ISO 14001, ovvero i dati prodotti per i siti registrati ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001 e successive modifiche, nonche' altre informazioni fornite secondo qualunque altra normativa, rispettino uno o piu' requisiti di cui al comma 1 del presente articolo, tali dati possono essere utilizzati ai fini della presentazione della domanda e possono essere inclusi nella domanda o essere ad essa allegati.
4. Entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, l'autorita' competente verifica la completezza della stessa e della documentazione allegata. Qualora queste risultino incomplete, l'autorita' competente ovvero, nel caso di impianti di competenza statale, la Commissione di cui all'art. 8-bis potra' chiedere apposite integrazioni, indicando un termine non inferiore a trenta giorni per la presentazione della documentazione integrativa. In tal caso i termini del procedimento si intendono interrotti fino alla presentazione della documentazione integrativa. Qualora entro il termine indicato il proponente non depositi la documentazione completa degli elementi mancanti, l'istanza si intende ritirata. E' fatta salva la facolta' per il proponente di richiedere una proroga del termine per la presentazione della documentazione integrativa in ragione della complessita' della documentazione da presentare.
Art. 29-quater
Procedura per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale
1. Per gli impianti di competenza statale la domanda e' presentata all'autorita'
competente per mezzo di procedure telematiche, con il formato e le modalita'
stabiliti con il decreto di cui all'articolo 29-duodecies, comma 2.
2. L'autorita' competente individua gli uffici presso i quali sono depositati i
documenti e gli atti inerenti il procedimento, al fine della consultazione del
pubblico.
3. L'autorita' competente, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda
ovvero, in caso di riesame ai sensi dell'articolo 29-octies, comma 4,
contestualmente all'avvio del relativo procedimento, comunica al gestore la data
di avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7 della legge 7 agosto 1990, n.
241, e la sede degli uffici di cui al comma 2. Entro il termine di quindici
giorni dalla data di ricevimento della comunicazione il gestore provvede a sua
cura e sue spese alla pubblicazione su un quotidiano a diffusione provinciale o
regionale, ovvero a diffusione nazionale nel caso di progetti che ricadono
nell'ambito della competenza dello Stato, di un annuncio contenente
l'indicazione della localizzazione dell'impianto e del proprio nominativo,
nonche' gli uffici individuati ai sensi del comma 2 ove e' possibile prendere
visione degli atti e trasmettere le osservazioni. Tali forme di pubblicita'
tengono luogo delle comunicazioni di cui all'articolo 7 ed ai commi 3 e 4
dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Le informazioni pubblicate
dal gestore ai sensi del presente comma sono altresi' pubblicate dall'autorita'
competente nel proprio sito web. E' in ogni caso garantita l'unicita' della
pubblicazione per gli impianti di cui al titolo III della parte seconda del
presente decreto.
4. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell'annuncio di cui al comma
3, i soggetti interessati possono presentare in forma scritta, all'autorita'
competente, osservazioni sulla domanda.
5. La convocazione da
parte dell'autorita' competente, ai fini del rilascio dell'autorizzazione
integrata ambientale, di apposita conferenza di servizi, alla quale sono
invitate le amministrazioni competenti in materia ambientale e comunque, nel
caso di impianti di competenza statale, i Ministeri dell'interno, del lavoro e
delle politiche sociali, della salute e dello sviluppo economico, oltre al
soggetto richiedente l'autorizzazione, ha luogo ai sensi degli articoli 14,
14-ter, commi da 1 a 3 e da 6 a 9, e 14-quater della legge 7 agosto 1990, n.
241, e successive modificazioni.
7. Nell'ambito della Conferenza dei servizi di cui al comma 5, vengono acquisite
le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27
luglio 1934, n. 1265, nonche' il parere dell'Istituto Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale per gli impianti di competenza statale o
delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente per quanto
riguarda il monitoraggio ed il controllo degli impianti e delle emissioni
nell'ambiente. In presenza di circostanze intervenute successivamente al
rilascio dell'autorizzazione di cui al presente titolo, il sindaco, qualora lo
ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, puo' chiedere all'autorita'
competente di verificare la necessita' di riesaminare l'autorizzazione
rilasciata, ai sensi dell'articolo 29-octies.
8. Nell'ambito della Conferenza dei servizi, l'autorita' competente puo'
richiedere integrazioni alla documentazione, anche al fine di valutare la
applicabilita' di specifiche misure alternative o aggiuntive, indicando il
termine massimo non superiore a novanta giorni per la presentazione della
documentazione integrativa. In tal caso, il termine di cui al comma 9 resta
sospeso fino alla presentazione della documentazione integrativa.
9. Salvo quanto diversamente concordato, la Conferenza dei servizi di cui al
comma 5 deve concludersi entro sessanta giorni dalla data di scadenza del
termine previsto dal comma 4 per la presentazione delle osservazioni.
10. L'autorita' competente esprime le proprie determinazioni sulla domanda di
autorizzazione integrata ambientale comunque entro centocinquanta giorni dalla
presentazione della domanda, ovvero, nel caso di cui al comma 8, entro
centottanta giorni dalla presentazione della domanda. La tutela avverso il
silenzio dell'Amministrazione e' disciplinata dalle disposizioni generali del
processo amministrativo.
11. Le autorizzazioni integrate ambientali, rilasciate ai sensi del presente
decreto, sostituiscono ad ogni effetto le autorizzazioni riportate nell'elenco
dell'allegato IX, secondo le modalita' e gli effetti previsti dalle relative
norme settoriali. In particolare le autorizzazioni integrate ambientali
sostituiscono la comunicazione di cui all'articolo 216, ferma restando la
possibilita' di utilizzare successivamente le procedure semplificate previste
dal capo V.
12. Ogni autorizzazione integrata ambientale deve includere le modalita'
previste dal presente decreto per la protezione dell'ambiente, nonche'
l'indicazione delle autorizzazioni sostituite.
13. Copia dell'autorizzazione integrata ambientale e di qualsiasi suo successivo
aggiornamento, e' messa a disposizione del pubblico, presso l'ufficio di cui al
comma 2. Presso il medesimo ufficio sono inoltre rese disponibili informazioni
relative alla partecipazione del pubblico al procedimento.
14. L'autorita' competente puo' sottrarre all'accesso le informazioni, in
particolare quelle relative agli impianti militari di produzione di esplosivi di
cui al punto 4.6 dell'allegato VIII, qualora cio' si renda necessario per
l'esigenza di salvaguardare ai sensi dell'articolo 24, comma 6, lettera a),
della legge 7 agosto 1990, n. 241, e relative norme di attuazione, la sicurezza
pubblica o la difesa nazionale. L'autorita' competente puo' inoltre sottrarre
all'accesso informazioni non riguardanti le emissioni dell'impianto
nell'ambiente, per ragioni di tutela della proprieta' intellettuale o di
riservatezza industriale, commerciale o personale.
15. In considerazione del particolare e rilevante impatto ambientale, della
complessita' e del preminente interesse nazionale dell'impianto, nel rispetto
delle disposizioni del presente decreto, possono essere conclusi, d'intesa tra
lo Stato, le regioni, le province e i comuni territorialmente competenti e i
gestori, specifici accordi, al fine di garantire, in conformita' con gli
interessi fondamentali della collettivita', l'armonizzazione tra lo sviluppo del
sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie
aziendali. In tali casi l'autorita' competente, fatto comunque salvo quanto
previsto al comma 12, assicura il necessario coordinamento tra l'attuazione
dell'accordo e la procedura di rilascio dell'autorizzazione integrata
ambientale. Nei casi disciplinati dal presente comma i termini di cui al comma
10 sono raddoppiati.
Art. 29-quinquies
Indirizzi per garantire l'uniforme applicazione sul territorio nazionale
1. Con uno o piu' decreti del Presidente della Repubblica, su proposta del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con
i Ministri dello sviluppo economico e del lavoro, della salute e delle politiche
sociali e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere emanati
indirizzi per garantire l'uniforme applicazione delle disposizioni del presente
titolo da parte delle autorita' competenti.
Art. 29-sexies
Autorizzazione integrata ambientale
1. L'autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi del presente
decreto deve includere tutte le misure necessarie per soddisfare i requisiti di
cui agli articoli 6, comma 15, e 29-septies, al fine di conseguire un livello
elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso. L'autorizzazione
integrata ambientale di attivita' regolamentate dal decreto legislativo 4 aprile
2006, n. 216, contiene valori limite per le emissioni dirette di gas serra, di
cui all'allegato B del medesimo decreto, solo quando cio' risulti indispensabile
per evitare un rilevante inquinamento locale.
2. In caso di nuovo impianto o di modifica sostanziale, se sottoposti alla
normativa in materia di valutazione d'impatto ambientale, si applicano le
disposizioni di cui all'art. 10 del presente decreto.
3. L'autorizzazione integrata ambientale deve includere valori limite di
emissione fissati per le sostanze inquinanti, in particolare quelle elencate
nell'allegato X, che possono essere emesse dall'impianto interessato in
quantita' significativa, in considerazione della loro natura, e delle loro
potenzialita' di trasferimento dell'inquinamento da un elemento ambientale
all'altro, acqua, aria e suolo, nonche' i valori limite ai sensi della vigente
normativa in materia di inquinamento acustico. I valori limite di emissione
fissati nelle autorizzazioni integrate non possono comunque essere meno rigorosi
di quelli fissati dalla normativa vigente nel territorio in cui e' ubicato
l'impianto. Se necessario, l'autorizzazione integrata ambientale contiene
ulteriori disposizioni che garantiscono la protezione del suolo e delle acque
sotterranee, le opportune disposizioni per la gestione dei rifiuti prodotti
dall'impianto e per la riduzione dell'inquinamento acustico. Se del caso, i
valori limite di emissione possono essere integrati o sostituiti con parametri o
misure tecniche equivalenti. Per gli impianti di cui al punto 6.6 dell'allegato
VIII, i valori limite di emissione o i parametri o le misure tecniche
equivalenti tengono conto delle modalita' pratiche adatte a tali categorie di
impianti.
4. Fatto salvo l'articolo 29-septies, i valori limite di emissione, i parametri
e le misure tecniche equivalenti di cui ai commi precedenti fanno riferimento
all'applicazione delle migliori tecniche disponibili, senza l'obbligo di
utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle
caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione
geografica e delle condizioni locali dell'ambiente. In tutti i casi, le
condizioni di autorizzazione prevedono disposizioni per ridurre al minimo
l'inquinamento a grande distanza o attraverso le frontiere e garantiscono un
elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso.
5. L'autorita'
competente rilascia l'autorizzazione integrata ambientale osservando quanto
specificato nell'articolo 29-bis, commi 1, 2 e 3. In mancanza delle linee guida
di cui all'articolo 29-bis, comma 1, l'autorita' competente rilascia comunque
l'autorizzazione integrata ambientale tenendo conto di quanto previsto
nell'allegato XI.
6. L'autorizzazione integrata ambientale contiene gli opportuni requisiti di
controllo delle emissioni, che specificano, in conformita' a quanto disposto
dalla vigente normativa in materia ambientale e nel rispetto delle linee guida
di cui all'articolo 29-bis, comma 1, la metodologia e la frequenza di
misurazione, la relativa procedura di valutazione, nonche' l'obbligo di
comunicare all'autorita' competente i dati necessari per verificarne la
conformita' alle condizioni di autorizzazione ambientale integrata ed
all'autorita' competente e ai comuni interessati i dati relativi ai controlli
delle emissioni richiesti dall'autorizzazione integrata ambientale. Tra i
requisiti di controllo, l'autorizzazione stabilisce in particolare, nel rispetto
delle linee guida di cui all'articolo 29-bis, comma 1, e del decreto di cui
all'articolo 33, comma 1, le modalita' e la frequenza dei controlli programmati
di cui all'articolo 29-decies, comma 3. Per gli impianti di cui al punto 6.6
dell'allegato VIII, quanto previsto dal presente comma puo' tenere conto dei
costi e benefici. Per gli impianti di competenza statale le comunicazioni di cui
al presente comma sono trasmesse per il tramite dell'Istituto Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale.
7. L'autorizzazione
integrata ambientale contiene le misure relative alle condizioni diverse da
quelle di normale esercizio, in particolare per le fasi di avvio e di arresto
dell'impianto, per le emissioni fuggitive, per i malfunzionamenti, e per
l'arresto definitivo dell'impianto.
8. Per gli impianti assoggettati al decreto legislativo del 17 agosto 1999, n.
334, l'autorita' competente ai sensi di tale decreto trasmette all'autorita'
competente per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale i
provvedimenti adottati, le cui prescrizioni ai fini della sicurezza e della
prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti sono riportate nella
autorizzazione. In caso di decorrenza dei termine stabilito dall'articolo
29-quater, comma 10, senza che le suddette prescrizioni siano pervenute,
l'autorita' competente rilascia l'autorizzazione integrata ambientale e provvede
ad integrarne il contenuto, una volta concluso il procedimento ai sensi del
decreto legislativo del 17 agosto 1999, n. 334.
9. L'autorizzazione integrata ambientale puo' contenere altre condizioni
specifiche ai fini del presente decreto, giudicate opportune dall'autorita'
competente. Le disposizioni di cui al successivo art. 29-nonies non si applicano
alle modifiche necessarie per adeguare la funzionalita' degli impianti alle
prescrizioni
dell'autorizzazione integrata ambientale.
Art. 29-septies
Migliori tecniche disponibili e norme di qualita' ambientale
1. Se, a seguito di una valutazione dell'autorita' competente, che tenga
conto di tutte le emissioni coinvolte, risulta necessario applicare ad impianti,
localizzati in una determinata area, misure piu' rigorose di quelle ottenibili
con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il
rispetto delle norme di qualita' ambientale, l'autorita' competente puo'
prescrivere nelle autorizzazioni integrate ambientali misure supplementari
particolari piu' rigorose, fatte salve le altre misure che possono essere
adottate per rispettare le norme di qualita' ambientale.
Art. 29-octies
Rinnovo e riesame
1. L'autorita' competente rinnova ogni cinque anni l'autorizzazione
integrata ambientale, o l'autorizzazione avente valore di autorizzazione
integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico, confermando o
aggiornando le relative condizioni, a partire dalla data di rilascio
dell'autorizzazione. A tale fine, sei mesi prima della scadenza, il gestore
invia all'autorita' competente una domanda di rinnovo, corredata da una
relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all'articolo
29-ter, comma 1. Alla domanda si applica quanto previsto dall'articolo 29-ter,
comma 3. L'autorita' competente si esprime nei successivi centocinquanta giorni
con la procedura prevista dall'articolo 29-quater, commi da 5 a 9. Fino alla
pronuncia dell'autorita' competente, il gestore continua l'attivita' sulla base
della precedente autorizzazione.
2. Nel caso di un impianto che, all'atto del rilascio dell'autorizzazione di cui
all'articolo 29-quater, risulti registrato ai sensi del regolamento (CE) n.
761/2001, il rinnovo di cui al comma 1 e' effettuato ogni otto anni. Se la
registrazione ai sensi del predetto regolamento e' successiva all'autorizzazione
di cui all'articolo 29-quater, il rinnovo di detta autorizzazione e' effettuato
ogni otto anni a partire dal primo successivo rinnovo.
3. Nel caso di un impianto che, all'atto del rilascio dell'autorizzazione di cui
all'articolo 29-quater, risulti certificato secondo la norma UNI EN ISO 14001,
il rinnovo di cui al comma 1 e' effettuato ogni sei anni. Se la certificazione
ai sensi della predetta norma e' successiva all'autorizzazione di cui
all'articolo 29-quater, il rinnovo di detta autorizzazione e' effettuato ogni
sei anni a partire dal primo successivo rinnovo.
4. Il riesame e' effettuato dall'autorita' competente, anche su proposta delle
amministrazioni competenti in materia ambientale, comunque quando:
a) l'inquinamento provocato dall'impianto e' tale da rendere necessaria la
revisione dei valori limite di emissione fissati nell'autorizzazione o
l'inserimento in quest'ultima di nuovi valori limite;
b) le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che
consentono una notevole riduzione delle emissioni senza imporre costi eccessivi;
c) la sicurezza di esercizio del processo o dell'attivita' richiede l'impiego di
altre tecniche;
d) nuove disposizioni legislative comunitarie o nazionali lo esigono.
5. In caso di rinnovo o di riesame dell'autorizzazione, l'autorita' competente
puo' consentire deroghe temporanee ai requisiti ivi fissati ai sensi
dell'articolo 29-sexies, comma 4, se un piano di ammodernamento da essa
approvato assicura il rispetto di detti requisiti entro un termine di sei mesi,
e se il progetto determina una riduzione dell'inquinamento.
6. Per gli impianti di
cui al punto 6.6 dell'allegato VIII, il rinnovo di cui al comma 1 e' effettuato
ogni dieci anni.
Art. 29-nonies
Modifica degli impianti o variazione del gestore
1. Il gestore comunica all'autorita' competente le modifiche progettate
dell'impianto, come definite dall'articolo 5, comma 1, lettera l). L'autorita'
competente, ove lo ritenga necessario, aggiorna l'autorizzazione integrata
ambientale o le relative condizioni, ovvero, se rileva che le modifiche
progettate sono sostanziali ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera l-bis),
ne da' notizia al gestore entro sessanta giorni dal ricevimento della
comunicazione ai fini degli adempimenti di cui al comma 2 del presente articolo.
Decorso tale termine, il gestore puo' procedere alla realizzazione delle
modifiche comunicate.
2. Nel caso in cui le modifiche progettate, ad avviso del gestore o a seguito
della comunicazione di cui al comma 1, risultino sostanziali, il gestore invia
all'autorita' competente una nuova domanda di autorizzazione corredata da una
relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all'articolo
29-ter, commi 1 e 2. Si applica quanto previsto dagli articoli 29-ter e
29-quater in quanto compatibile.
3. Agli aggiornamenti delle autorizzazioni o delle relative prescrizioni di cui
al comma 1 e alle autorizzazioni rilasciate ai sensi del comma 2 si applica il
disposto dell'articolo 29-octies, comma 5, e dell'articolo 29-quater, comma 15.
4. Nel caso in cui intervengano variazioni nella titolarita' della gestione
dell'impianto, il vecchio gestore e il nuovo gestore ne danno comunicazione
entro trenta giorni all'autorita' competente, anche nelle forme
dell'autocertificazione.
Art. 29-decies
Rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale
1. Il gestore, prima di dare attuazione a quanto previsto
dall'autorizzazione integrata ambientale, ne da' comunicazione all'autorita'
competente.
2. A far data dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, il gestore
trasmette all'autorita' competente e ai comuni interessati i dati relativi ai
controlli delle emissioni richiesti dall'autorizzazione integrata ambientale,
secondo modalita' e frequenze stabilite nell'autorizzazione stessa. L'autorita'
competente provvede a mettere tali dati a disposizione del pubblico tramite gli
uffici individuati ai sensi dell'articolo 29-quater, comma 3.
3. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, per impianti
di competenza statale, o le agenzie regionali e provinciali per la protezione
dell'ambiente, negli altri casi, accertano, secondo quanto previsto e
programmato nell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 29-sexies, comma 6 e con
oneri a carico del gestore:
a) il rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale;
b) la regolarita' dei controlli a carico del gestore, con particolare
riferimento alla regolarita' delle misure e dei dispositivi di prevenzione
dell'inquinamento nonche' al rispetto dei valori limite di emissione;
c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in
particolare che abbia informato l'autorita' competente regolarmente e, in caso
di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo
sull'ambiente, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni
del proprio impianto.
4. Ferme restando le misure di controllo di cui al comma 3, l'autorita'
competente, nell'ambito delle disponibilita' finanziarie del proprio bilancio
destinate allo scopo, puo' disporre ispezioni straordinarie sugli impianti
autorizzati ai sensi del presente decreto.
5. Al fine di consentire le attivita' di cui ai commi 3 e 4, il gestore deve
fornire tutta l'assistenza necessaria per lo svolgimento di qualsiasi verifica
tecnica relativa all'impianto, per prelevare campioni e per raccogliere
qualsiasi informazione necessaria ai fini del presente decreto.
6. Gli esiti dei controlli e delle ispezioni sono comunicati all'autorita'
competente ed al gestore indicando le situazioni di mancato rispetto delle
prescrizioni di cui al comma 3, lettere a), b) e c), e proponendo le misure da
adottare.
7. Ogni organo che svolge attivita' di vigilanza, controllo, ispezione e
monitoraggio su impianti che svolgono attivita' di cui agli allegati VIII e XII,
e che abbia acquisito informazioni in materia ambientale rilevanti ai fini
dell'applicazione del presente decreto, comunica tali informazioni, ivi comprese
le eventuali notizie di reato, anche all'autorita' competente.
8. I risultati del
controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell'autorizzazione
integrata ambientale e in possesso dell'autorita' competente, devono essere
messi a disposizione del pubblico, tramite l'ufficio individuato all'articolo
29-quater, comma 3, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19
agosto 2005, n. 195.
9. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, o di esercizio in
assenza di autorizzazione, l'autorita' competente procede secondo la gravita'
delle infrazioni:
a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le
irregolarita';
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attivita' autorizzata per un
tempo determinato, ove si' manifestino situazioni di pericolo per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura
dell'impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la
diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo
e di danno per l'ambiente.
10. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l'autorita'
competente, ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute,
ne da' comunicazione al sindaco ai fini dell'assunzione delle eventuali misure
ai sensi dell'articolo 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.
11. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale esegue i
controlli di cui al comma 3 anche avvalendosi delle agenzie regionali e
provinciali per la protezione dell'ambiente territorialmente competenti, nel
rispetto di quanto disposto all'articolo 03, comma 5, del decreto-legge 4
dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio
1994, n. 61.
Art. 29-undecies
Inventario delle principali emissioni e loro fonti
1. I gestori degli impianti di cui all'allegato VIII trasmettono all'autorita'
competente e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, per il tramite dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca
Ambientale, entro il 30 aprile di ogni anno, i dati caratteristici relativi alle
emissioni in aria, acqua e suolo dell'anno precedente.
2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, in conformita' a quanto previsto dalla Commissione europea, sentita la
Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281, sono apportate modifiche ai dati e al formato della comunicazione di cui
al decreto dello stesso Ministro 23 novembre 2001, attuativo dell'articolo 10,
comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372.
3. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale elabora i dati di cui al comma 1 e li trasmette all'autorita' competente e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare anche per l'invio alla Commissione europea.
4. Il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'Istituto Superiore
per la Protezione e la Ricerca Ambientale assicurano, nel rispetto del decreto
legislativo 19 agosto 2005, n. 195, l'accesso del pubblico ai dati di cui al
comma 1 e alle successive elaborazioni.
Articolo 29-duodecies
Comunicazioni
1. Le autorita' competenti comunicano al Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, con cadenza annuale, i dati concernenti le
domande ricevute, le autorizzazioni rilasciate ed i successivi aggiornamenti,
d'intesa con la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, nonche' un rapporto sulle situazioni di mancato rispetto
delle prescrizioni della autorizzazione integrata ambientale.
2. Le domande relative agli impianti di competenza statale di cui all'articolo
29-quater, comma 1, i dati di cui al comma 1 del presente articolo e quelli di
cui ai commi 6 e 7 dell'articolo 29-decies, sono trasmessi al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il tramite
dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, secondo il
formato e le modalita' di cui al decreto dello stesso Ministro 7 febbraio 2007.
Art. 29-terdecies
Scambio di informazioni
1. Le autorita' competenti trasmettono al Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, per il tramite dell'Istituto Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale , ogni tre anni, entro il 30 aprile, una
comunicazione relativa all'applicazione del presente titolo, ed in particolare
ai valori limite di emissione applicati agli impianti di cui all'allegato VIII e
alle migliori tecniche disponibili su cui detti valori si basano, sulla base
dell'apposito formulario adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare del 24 luglio 2009.
2. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
predispone e invia alla Commissione europea una relazione sull'attuazione della
direttiva 2008/1/CE e sulla sua efficacia rispetto ad altri strumenti comunitari
di protezione dell'ambiente, sulla base del questionario, stabilito con
decisione 2006/194/UE del 2 marzo 2006 della Commissione europea, e successive
modificazioni, redatto a norma degli articoli 5 e 6 della direttiva 91/692/CEE.
3. Il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di intesa con il
Ministero dello sviluppo economico, con il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, con il Ministero della salute e con la Conferenza unificata
di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede
ad assicurare la partecipazione dell'Italia allo scambio di informazioni
organizzato dalla Commissione europea relativamente alle migliori tecniche
disponibili e al loro sviluppo, nonche' alle relative prescrizioni in materia di
controllo, e a rendere accessibili i risultati di tale scambio di informazioni.
Le modalita' di tale partecipazione, in particolare, dovranno consentire il
coinvolgimento delle autorita' competenti in tutte le fasi ascendenti dello
scambio di informazioni. Le attivita' di cui al presente comma sono svolte di
intesa con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali
limitatamente alle attivita' di cui al punto 6.6 dell'allegato VIII.
4. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, provvede
a garantire la sistematica informazione del pubblico sullo stato di avanzamento
dei lavori relativi allo scambio di informazioni di cui al comma 3 e adotta
d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 modalita' di scambio di informazioni tra le
autorita' competenti, al fine di promuovere una piu' ampia conoscenza sulle
migliori tecniche disponibili e sul loro sviluppo.
Art. 29-quattuordecies
Sanzioni
1. Chiunque esercita una delle attivita' di cui all'allegato VIII senza essere
in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale o dopo che la stessa sia
stata sospesa o revocata e' punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o
con l'ammenda da 2.500 euro a 26.000 euro.
2. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, si applica la sola pena
dell'ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo
in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le
prescrizioni o quelle imposte dall'autorita' competente.
3. Chiunque esercita una delle attivita' di cui all'allegato VIII dopo l'ordine
di chiusura dell'impianto e' punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due
anni o con l'ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro.
4. E' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 52.000
euro il gestore che omette di trasmettere all'autorita' competente la
comunicazione prevista dall'articolo 29-decies, comma 1.
5. E' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 11.000
euro il gestore che omette di comunicare all'autorita' competente e ai comuni
interessati i dati relativi alle misurazioni delle emissioni di cui all'articolo
29-decies, comma 2. 6. E' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
5.000 euro a 26.000 euro il gestore che, senza giustificato e documentato
motivo, omette di presentare, nel termine stabilito dall'autorita' competente,
la documentazione integrativa prevista dall'articolo 29-quater, comma 8.
7. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo non si
applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24
novembre 1981, n. 689.
8. Le sanzioni sono irrogate dal prefetto per gli impianti di competenza statale
e dall'autorita' competente per gli altri impianti.
9. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dal
presente articolo sono versate all'entrata dei bilanci delle autorita'
competenti.
10. Per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del presente titolo,
dalla data di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, non si
applicano le sanzioni, previste da norme di settore, relative a fattispecie
oggetto del presente articolo.
Titolo IV
VALUTAZIONI AMBIENTALI INTERREGIONALI E TRANSFRONTALIERE
Art. 30.
Impatti ambientali interregionali
1. Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS, di progetti di
interventi e di opere sottoposti a procedura di VIA di competenza regionale,
nonche' di impianti o parti di essi le cui modalita' di esercizio necessitano
del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale con esclusione di
quelli previsti dall'allegato XII, i quali risultino localizzati anche sul
territorio di regioni confinanti, le procedure di valutazione e autorizzazione
ambientale sono effettuate d'intesa tra le autorita' competenti.(*)
2. Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS, di progetti di interventi e di
opere sottoposti a VIA di competenza regionale nonche' di impianti o parti di
essi le cui modalita' di esercizio necessitano del provvedimento di
autorizzazione integrata ambientale con esclusione di quelli previsti
dall'allegato XII, i quali possano avere impatti ambientali rilevanti ovvero
effetti ambientali negativi e significativi su regioni confinanti, l'autorita'
competente e' tenuta a darne informazione e ad acquisire i pareri delle
autorita' competenti di tali regioni, nonche' degli enti locali territoriali
interessati dagli impatti.(*)
2-bis. Nei casi di cui
al comma 2, ai fini dell'espressione dei rispettivi pareri, l'autorita'
competente dispone che il proponente invii gli elaborati alle Regioni nonche'
agli enti locali territoriali interessati dagli impatti, che si esprimono nei
termini di cui all'art. 25, comma 2 .(**)
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 31.
Attribuzione competenze
1. In caso di piani, programmi o progetti la cui valutazione ambientale e'
rimessa alla regione, qualora siano interessati territori di piu' regioni e si
manifesti un conflitto tra le autorita' competenti di tali regioni circa gli
impatti ambientali di un piano, programma o progetto localizzato sul territorio
di una delle regioni, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su conforme
parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, puo' disporre che si applichino le
procedure previste dal presente decreto per i piani, programmi e progetti di
competenza statale.
Art. 32.
Consultazioni transfrontaliere
1. In caso di piani, programmi, progetti e impianti che possono avere impatti
rilevanti sull'ambiente di un altro Stato, o qualora un altro Stato cosi'
richieda, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
d'intesa con il Ministero per i beni e le attivita' culturali e con il Ministero
degli affari esteri e per suo tramite, ai sensi della Convenzione sulla
valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta a
Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata ai sensi della legge 3 novembre 1994, n.
640, nell'ambito delle fasi previste dalle procedure di cui ai titoli II, III
e III-bis, provvede alla notifica
dei progetti e di tutta la documentazione concernente il piano, programma,
progetto o impianto. Nell'ambito della notifica e' fissato il termine, non
superiore ai sessanta giorni, per esprimere il proprio interesse alla
partecipazione alla procedura.(*)
2. Qualora sia espresso l'interesse a partecipare alla procedura, gli Stati
consultati trasmettono all'autorita' competente i pareri e le osservazioni delle
autorita' pubbliche e del pubblico entro novanta giorni dalla comunicazione
della dichiarazione di interesse alla partecipazione alla procedura ovvero
secondo le modalita' ed i termini concordati dagli Stati membri interessati, in
modo da consentire comunque che le autorita' pubbliche ed il pubblico degli
Stati consultati siano informati ed abbiano l'opportunita' di esprimere il loro
parere entro termini ragionevoli. L'Autorita' competente ha l'obbligo di
trasmettere agli Stati membri consultati le decisioni finali e tutte le
informazioni gia' stabilite dagli articoli 17, 27 e 29-quater del presente
decreto.(**)
3. Fatto salvo quanto previsto dagli accordi internazionali, le regioni o le
province autonome nel caso in cui i piani, i programmi, i progetti od anche
le modalità di esercizio di un impianto o di parte di esso, con esclusione di
quelli previsti dall'allegato XII, possano avere effetti transfrontalieri(*) informano immediatamente il Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare [quando progetti di loro competenza possono
avere impatti ambientali transfrontalieri](***) e collaborano per lo svolgimento delle
fasi procedurali di applicazione della convenzione.
4. La predisposizione e la distribuzione della documentazione necessaria sono a
cura del proponente o del gestore(*) o dell'autorita' procedente, senza nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica, che deve provvedervi su richiesta
dell'autorità competente secondo le modalità previste dai titoli II, III o
III-bis del presente decreto ovvero concordate dall'autorità competente e gli
Stati consultati.(*)
5. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il
Ministero per i beni e le attivita' culturali e il Ministero degli affari
esteri, d'intesa con le regioni interessate, stipulano con i Paesi aderenti alla
Convenzione accordi per disciplinare le varie fasi al fine di semplificare e
rendere piu' efficace l'attuazione della convenzione.
5-bis. Nel caso in cui
si provveda ai sensi dei commi 1 e 2, il termine per l'emissione del
provvedimento finale di cui all'art. 26, comma 1, e' prorogato di 90 giorni o
del diverso termine concordato ai sensi del comma 2.(****)
5-ter. Gli Stati membri interessati che partecipano alle consultazioni ai sensi
del presente articolo ne fissano preventivamente la durata in tempi
ragionevoli.(****)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(****) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Articolo 32-bis
Effetti transfrontalieri(*)
1. Nel caso in cui il funzionamento di un impianto possa avere effetti
negativi e significativi sull'ambiente di un altro Stato dell'Unione europea, il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministero
degli affari esteri, comunica a tale Stato membro i dati forniti ai sensi degli
articoli 29-ter, 29-quater e 29-octies, nel momento stesso in cui sono messi a
disposizione del pubblico. Comunque tali dati devono essere forniti ad uno Stato
dell'Unione europea che ne faccia richiesta, qualora ritenga di poter subire
effetti negativi e significativi sull'ambiente nel proprio territorio. Nel caso
in cui l'impianto non ricada nell'ambito delle competenze statali, l'autorità
competente, qualora constati che il funzionamento di un impianto possa avere
effetti negativi e significativi sull'ambiente di un altro Stato dell'Unione
europea, informa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare che
provvede ai predetti adempimenti.
2. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, d'intesa
con il Ministero degli affari esteri, nel quadro dei rapporti bilaterali fra
Stati, affinche', nei casi di cui al comma 1, le domande siano accessibili anche
ai cittadini dello Stato eventualmente interessato per un periodo di tempo
adeguato che consenta una presa di posizione prima della decisione dell'autorità
competente.
(*) N.d.R.: Articolo inserito dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Titolo V
NORME TRANSITORIE E FINALI
Art. 33.
Oneri istruttori
1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro
dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di
pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana, sono definite, sulla base di quanto previsto dall'articolo 9 del
decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90, le tariffe da
applicare ai proponenti per la copertura dei costi sopportati dall'autorita'
competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attivita' istruttorie, di
monitoraggio e controllo previste dal presente decreto.
2. Per le finalita' di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano possono definire proprie modalita' di quantificazione e
corresponsione degli oneri da porre in capo ai proponenti.
3. Nelle more dei provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, si continuano ad
applicare le norme vigenti in materia.
3-bis. Le spese
occorrenti per effettuare i rilievi, gli accertamenti ed i sopralluoghi
necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione integrata ambientale
e per i successivi controlli previsti dall'art. 29-decies, sono a carico del
gestore. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare,
di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro
dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono
disciplinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in
relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dal Titolo III-bis del
presente decreto, nonche' i compensi spettanti ai membri della commissione
istruttoria di cui all'articolo 8-bis. Gli oneri per l'istruttoria e per i
controlli sono quantificati in relazione alla complessità, delle attività svolte
dall'autorità competente, sulla base del numero e della tipologia delle
emissioni e delle componenti ambientali interessate, nonche' della eventuale
presenza di sistemi di gestione registrati o certificati e delle spese di
funzionamento della commissione di cui all'articolo 8-bis. Gli introiti
derivanti dalle tariffe corrispondenti a tali oneri, posti a carico del gestore,
sono utilizzati esclusivamente per le predette spese. A tale fine gli importi
delle tariffe vengono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere
riassegnati allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e
con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, da adottare con gli stessi criteri e modalità, le tariffe
sono aggiornate almeno ogni due anni.(*)
3-ter. Nelle more dei decreti di cui al comma 3-bis, resta fermo quanto
stabilito dal DM 24 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 22
settembre 2008(*).
4. Al fine di garantire l'operativita' della Commissione di cui
all'articolo 8-bis(**), nelle more
dell'adozione del decreto di cui al comma 3-bis(**), e fino all'entrata in vigore del decreto di
determinazione delle tariffe di cui al comma 1 del presente articolo, per le
spese di funzionamento nonche' per il pagamento dei compensi spettanti ai
componenti della predetta Commissione e' posto a carico del richiedente il
versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma forfetaria pari ad
euro venticinquemila per ogni richiesta di autorizzazione integrata ambientale
per impianti di competenza statale; la predetta somma e' riassegnata entro
sessanta giorni, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, e da
apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare. Le somme di cui al presente comma si intendono
versate a titolo di acconto, fermo restando l'obbligo del richiedente di
corrispondere conguaglio in relazione all'eventuale differenza risultante a
quanto stabilito dal decreto di determinazione delle tariffe, fissate per la
copertura integrale del costo effettivo del servizio reso.
(*) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma
così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante:
"Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante
norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno
2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario
n.184.
Art. 34.
Norme tecniche, organizzative e integrative
1. Entro un anno(*) dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con
uno o piu' regolamenti da emanarsi, previo parere della Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, su
proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di
concerto con il Ministro per i beni e le attivita' culturali, provvede alla
modifica ed all'integrazione delle norme tecniche in materia di valutazione
ambientale nel rispetto delle finalita', dei principi e delle disposizioni di
cui al presente decreto. Resta ferma l'applicazione dell'articolo 13 della legge
4 febbraio 2005, n. 11, relativamente al recepimento di direttive comunitarie
modificative delle modalita' esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di
direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale. Resta ferma altresi', nelle
more dell'emanazione delle norme tecniche di cui al presente comma,
l'applicazione di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 27 dicembre 1988.
2. Al fine della predisposizione dei provvedimenti di cui al comma 1, il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare acquisisce il
parere delle associazioni ambientali munite di requisiti sostanziali omologhi a
quelli previsti dall'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349.
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il
Governo, con apposita delibera del Comitato interministeriale per la
programmazione economica, su proposta del Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato le regioni e le province autonome, ed acquisito il parere delle
associazioni ambientali munite di requisiti sostanziali omologhi a quelli
previsti dall'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, provvede
all'aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile di cui
alla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica del
2 agosto 2002.
4. Entro dodici mesi dalla delibera di aggiornamento della strategia nazionale
di cui al comma 3, le regioni si dotano, attraverso adeguati processi
informativi e partecipativi, senza oneri aggiuntivi a carico dei bilanci
regionali, di una complessiva strategia di sviluppo sostenibile che sia coerente
e definisca il contributo alla realizzazione degli obiettivi della strategia
nazionale. Le strategie regionali indicano insieme al contributo della regione
agli obiettivi nazionali, la strumentazione, le priorita', le azioni che si
intendono intraprendere. In tale ambito le regioni assicurano unitarieta' all'attivita'
di pianificazione. Le regioni promuovono l'attivita' delle amministrazioni
locali che, anche attraverso i processi di Agenda 21 locale, si dotano di
strumenti strategici coerenti e capaci di portare un contributo alla
realizzazione degli obiettivi della strategia regionale.
5. Le strategie di sviluppo sostenibile definiscono il quadro di riferimento per
le valutazioni ambientali di cui al presente decreto. Dette strategie, definite
coerentemente ai diversi livelli territoriali, attraverso la partecipazione dei
cittadini e delle loro associazioni, in rappresentanza delle diverse istanze,
assicurano la dissociazione fra la crescita economica ed il suo impatto
sull'ambiente, il rispetto delle condizioni di stabilita' ecologica, la
salvaguardia della biodiversita' ed il soddisfacimento dei requisiti sociali
connessi allo sviluppo delle potenzialita' individuali quali presupposti
necessari per la crescita della competitivita' e dell'occupazione.
6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le
regioni e le province autonome cooperano per assicurare assetti organizzativi,
anche mediante la costituzione di apposite unita' operative, senza aggravio per
la finanza pubblica, e risorse atti a garantire le condizioni per lo svolgimento
di funzioni finalizzate a:
a) determinare, nell'ottica della strategia di sviluppo sostenibile, i requisiti
per una piena integrazione della dimensione ambientale nella definizione e
valutazione di politiche, piani, programmi e progetti;
b) garantire le funzioni di orientamento, valutazione, sorveglianza e controllo
nei processi decisionali della pubblica amministrazione;
c) assicurare lo scambio e la condivisione di esperienze e contenuti
tecnico-scientifici in materia di valutazione ambientale;
d) favorire la promozione e diffusione della cultura della sostenibilita'
dell'integrazione ambientale;
e) agevolare la partecipazione delle autorita' interessate e del pubblico ai
processi decisionali ed assicurare un'ampia diffusione delle informazioni
ambientali.
7. Le norme tecniche assicurano la semplificazione delle procedure di
valutazione. In particolare, assicurano che la valutazione ambientale strategica
e la valutazione d'impatto ambientale si riferiscano al livello strategico
pertinente analizzando la coerenza ed il contributo di piani, programmi e
progetti alla realizzazione degli obiettivi e delle azioni di livello superiore.
Il processo di valutazione nella sua interezza deve anche assicurare che piani,
programmi e progetti riducano il flusso di materia ed energia che attraversa il
sistema economico e la connessa produzione di rifiuti.
8. Il sistema di monitoraggio, effettuato anche avvalendosi delle Agenzie
ambientali e dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA),
garantisce la raccolta dei dati concernenti gli indicatori strutturali
comunitari o altri appositamente scelti dall'autorità competente(**)
9. Salvo quanto disposto dai commi 9-bis e 9-ter(*) le modifiche agli allegati alla parte seconda del presente decreto sono apportate con regolamenti da emanarsi, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
9-bis. L'elenco riportato
nell'allegato IX, ove necessario, e' modificato con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i
Ministri dello sviluppo economico e del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, d'intesa con la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con le stesse modalità, possono essere
introdotte modifiche all'allegato XII, anche per assicurare il coordinamento tra
le procedure di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale e quelle in
materia di valutazione d'impatto ambientale.(***)
9-ter. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare, previa comunicazione ai Ministri dello sviluppo economico, del lavoro
e delle politiche sociali, della salute e delle politiche agricole, alimentari e
forestali, si provvede al recepimento di direttive tecniche di modifica degli
allegati VIII, X e XI e XII emanate dalla Commissione europea(***)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(*) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 35.
Disposizioni transitorie e finali
1. Le regioni ove necessario(*) adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni del presente
decreto, entro dodici mesi dall'entrata in vigore. In mancanza di norme vigenti
regionali trovano diretta applicazione le norme di cui al presente decreto.
2. Trascorso il termine di cui al comma 1, trovano diretta applicazione le
disposizioni del presente decreto, ovvero le disposizioni regionali vigenti in
quanto compatibili.
2-bis. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano
provvedono alle finalita' del presente decreto ai sensi dei relativi statuti.
2-ter. Le procedure di VAS, VIA ed AIA(*) avviate precedentemente all'entrata in
vigore del presente decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al
momento dell'avvio del procedimento.
2-quater. Fino a quando il gestore si sia adeguato alle condizioni fissate nell'autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi dell'articolo 29-quater, trovano applicazione le disposizioni relative alle autorizzazioni in materia di inquinamento atmosferico, idrico e del suolo previste dal presente decreto e dalle altre normative vigenti o le prescrizioni precedenti il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale in corso di attuazione. (**)
2-quinquies. La sanzione
prevista dall'articolo 29-quattuordecies, comma 1, non si applica ai gestori di
impianti esistenti o di impianti nuovi già dotati di altre autorizzazioni
ambientali alla data di entrata in vigore del Titolo III-bis della parte seconda
del presente decreto, i quali abbiano presentato domanda di autorizzazione
integrata ambientale nei termini stabiliti nel decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 19 aprile 2006 ovvero nei
successivi provvedimenti di proroga, fino alla conclusione del relativo
procedimento autorizzatorio.(**)
2-sexies. Le amministrazioni statali, gli enti territoriali e locali, gli enti
pubblici, ivi compresi le università e gli istituti di ricerca, le società per
azioni a prevalente partecipazione pubblica, comunicano alle autorità competenti
un elenco dei piani e un riepilogo dei dati storici e conoscitivi del territorio
e dell'ambiente in loro possesso, utili ai fini delle istruttorie per il
rilascio di autorizzazioni integrate ambientali, segnalando quelli riservati e
rendono disponibili tali dati alle stesse autorità competenti in forma
riproducibile e senza altri oneri oltre quelli di copia, anche attraverso le
procedure e gli standard di cui all'articolo 6-quater del decreto-legge 12
ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre
2000, n. 365. I dati relativi agli impianti di competenza statale sono
comunicati, per il tramite dell'Istituto Superiore per la Protezione e la
Ricerca Ambientale, nell'ambito dei compiti istituzionali allo stesso
demandati.(**)
2-septies. L'autorità competente rende accessibili ai gestori i dati storici e
conoscitivi del territorio e dell'ambiente in proprio possesso, di interesse ai
fini dell'applicazione del presente decreto, ove non ritenuti riservati, ed in
particolare quelli di cui al comma 2-sexies, anche attraverso le procedure e gli
standard di cui all'articolo 6-quater del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365. A tale fine
l'autorità competente può avvalersi dell'Istituto superiore per la Protezione e
la Ricerca ambientale, nell'ambito dei compiti istituzionali allo stesso
demandati.(**)
2-octies. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con
il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, della salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
sono disciplinate le modalità di autorizzazione nel caso in cui più impianti o
parti di essi siano localizzati sullo stesso sito, gestiti dal medesimo gestore,
e soggetti ad autorizzazione integrata ambientale da rilasciare da più di una
autorità competente.(**)
2-nonies. Il rilascio dell'autorizzazione di cui al presente decreto non esime i
gestori dalla responsabilità in relazione alle eventuali sanzioni per il mancato
raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di cui al decreto
legislativo 4 luglio 2006, n. 216 e successive modifiche ed integrazioni.(**)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(*) N.d.R.: Comma AGGIUNTO dall'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 36.
Abrogazioni e modifiche
1. Gli articoli da 4 a 52 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
sono abrogati.
2. Gli allegati da I a V della Parte II del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152, sono sostituiti dagli allegati al presente decreto.
3. Fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 4, a decorrere dalla data di
entrata in vigore della parte seconda del presente decreto sono inoltre
abrogati:
a) l'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349;
b) l'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67;
c) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377;
d) l'articolo 7 della legge 2 maggio 1990, n. 102;
e) il comma 2, dell'articolo 4, ed il comma 2, dell'articolo 5, della legge 4
agosto 1990, n. 240;
f) il comma 2, dell'articolo 1, della legge 29 novembre 1990, n. 366;
g) l'articolo 3 della legge 29 novembre 1990, n. 380;
h) l'articolo 2 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;
i) il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1991, n. 460;
l) l'articolo 3 della legge 30 dicembre 1991, n. 412;
m) articolo 6 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 100;
n) articolo 1 della legge 28 febbraio 1992, n. 220;
o) il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1992;
p) il comma 6, dell'articolo 17, della legge 5 gennaio 1994, n. 36;
q) il decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 526;
r) il comma 1, dell'articolo 2-bis, della legge 31 maggio 1995, n. 206
(decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96);
s) il decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996;
t) il decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1998;
u) il decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1998;
v) la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 agosto 1999;
z) il decreto del Presidente della Repubblica 2 settembre 1999, n. 348;
aa) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1999, n. 302;
bb) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° settembre 2000,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 dell'11 ottobre 2000;
cc) l'articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93;
dd) l'articolo 77, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289;
ee) gli articoli 1 e 2 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315, convertito,
con modificazioni, dalla legge 16 gennaio 2004, n. 5;
ff) l'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59;
gg) l'articolo 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62.
Artt. 37-52
Abrogati
PARTE III - NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA
DESERTIFICAZIONE, DI TUTELA DELLE ACQUE DALL'INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE
RISORSE IDRICHE
SEZIONE I - NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA
DESERTIFICAZIONE
TITOLO I - PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE
CAPO I - PRINCIPI GENERALI
Art. 53
Finalità
1. Le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad assicurare la
tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento
idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la
messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione.
2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la pubblica
amministrazione svolge ogni opportuna azione di carattere conoscitivo, di
programmazione e pianificazione degli interventi, nonché preordinata alla loro
esecuzione, in conformità alle disposizioni che seguono.
3. Alla realizzazione delle attività previste al comma 1 concorrono, secondo le
rispettive competenze, lo Stato, le regioni a statuto speciale ed ordinario, le
province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e le comunità
montane e i consorzi di bonifica e di irrigazione.
Art. 54
Definizioni
1. Ai fini della presente sezione si intende per:
a) suolo: il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere
infrastrutturali;
b) acque: le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee come di
seguito specificate;
c) acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole acque
sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto
riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque
territoriali;
d) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del
suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il
sottosuolo;
e) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e tutte le
acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per
definire il limite delle acque territoriali;
f) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie, ma
che può essere parzialmente sotterraneo;
g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
h) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di
un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza
alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;
i) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una
retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato
esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per
definire il limite delle acque territoriali, e che si estendono eventualmente
fino al limite esterno delle acque di transizione;
l) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque
superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, un fiume o
canale, parte di un torrente, fiume o canale, nonché di acque di transizione o
un tratto di acque costiere;
m) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività
umana;
n) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui
natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è
sostanzialmente modificata;
o) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute
da una o più falde acquifere;
p) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati
geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso
significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di
acque sotterranee;
q) reticolo idrografico: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema
drenante alveato del bacino idrografico;
r) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque
superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per
sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta;
s) sottobacino o sub-bacino: il territorio nel quale scorrono tutte le acque
superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per
sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la
confluenza di un fiume;
t) distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno o più
bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che
costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;
u) difesa del suolo: il complesso delle azioni ed attività riferibili alla
tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e collettori, degli
specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera, delle acque sotterranee,
nonché del territorio a questi connessi, aventi le finalità di ridurre il
rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare
l'uso e la gestione del patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche
ambientali e paesaggistiche collegate;
v) dissesto idrogeologico: la condizione che caratterizza aree ove processi
naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici, del suolo o dei
versanti, determinano condizioni di rischio sul territorio;
z) opera idraulica: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema
drenante alveato del bacino idrografico.
Art. 55
Attività conoscitiva(*)
1. Nell'attività conoscitiva, svolta per le finalità di cui all'articolo 53 e
riferita all'intero territorio nazionale, si intendono comprese le azioni di:
a) raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;
b) accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente
fisico e delle condizioni generali di rischio;
c) formazione ed aggiornamento delle carte tematiche del territorio;
d) valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei
programmi e dei progetti di opere previsti dalla presente sezione;
e) attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta necessaria per
il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 53.
2. L'attività conoscitiva di cui al presente articolo è svolta, sulla base delle
deliberazioni di cui all'articolo 57, comma 1, secondo criteri, metodi e
standard di raccolta, elaborazione e consultazione, nonché modalità di
coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque operanti nel
settore, che garantiscano la possibilità di omogenea elaborazione ed analisi e
la costituzione e gestione, ad opera del Servizio geologico d'Italia -
Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (ISPRA) di cui all' art. 38 del decreto legislativo 30 luglio
1999, n. 300, di un unico sistema informativo, cui vanno raccordati i sistemi
informativi regionali e quelli delle province autonome.
3. É fatto obbligo alle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, nonché alle istituzioni ed agli enti pubblici, anche economici, che
comunque raccolgano dati nel settore della difesa del suolo, di trasmetterli
alla regione territorialmente interessata ed al Servizio geologico d'Italia -
Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (ISPRA), secondo le modalità definite ai sensi del comma 2 del
presente articolo.
4. L'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI) contribuisce allo svolgimento
dell'attività conoscitiva di cui al presente articolo, in particolare ai fini
dell'attuazione delle iniziative di cui al comma 1, lettera e), nonché ai fini
della diffusione dell'informazione ambientale di cui agli articoli 8 e 9 del
decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di recepimento della direttiva
2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003, e in
attuazione di quanto previsto dall'articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n.
144, e altresì con riguardo a:
a) inquinamento dell'aria;
b) inquinamento delle acque, riqualificazione fluviale e ciclo idrico integrato;
c) inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso;
d) tutela del territorio;
e) sviluppo sostenibile;
f) ciclo integrato dei rifiuti;
g) energie da fonti energetiche rinnovabili;
h) parchi e aree protette.
5. L'ANCI provvede all'esercizio delle attività di cui al comma 4 attraverso la
raccolta e l'elaborazione dei dati necessari al monitoraggio della spesa
ambientale sul territorio nazionale in regime di convenzione con il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono definiti i criteri e le
modalità di esercizio delle suddette attività. Per lo svolgimento di queste
ultime viene destinata, nei limiti delle previsioni di spesa di cui alla
convenzione in essere, una somma non inferiore all'uno e cinquanta per cento
dell'ammontare della massa spendibile annualmente delle spese d'investimento
previste per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per
l'esercizio finanziario 2006, all'onere di cui sopra si provvede a valere sul
fondo da ripartire per la difesa del suolo e la tutela ambientale.
(*) Nota: Si riporta
di seguito il comma 1132 dell'art. 1 della L. Finanziaria 2007: "1132.
(...) Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 55 e 56 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, nonche' le amministrazioni e gli enti territoriali trasmettono
trimestralmente al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare e all’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT),
le informazioni riguardanti le attivita' di propria competenza in materia di
difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque
dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche e prevenzione del dissesto
idrogeologico. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare con proprio decreto istituisce un Osservatorio per la raccolta,
l’aggiornamento, l’elaborazione e la diffusione dei dati oggetto di
monitoraggio".
Art. 56
Attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione(*)
1. Le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli
interventi destinati a realizzare le finalità di cui all'articolo 53 riguardano,
ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio
nazionale di protezione civile, in particolare:
a) la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini
idrografici, con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali,
idraulico-agrari, silvo-pastorali, di forestazione e di bonifica, anche
attraverso processi di recupero naturalistico, botanico e faunistico;
b) la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua, dei rami
terminali dei fiumi e delle loro foci nel mare, nonché delle zone umide;
c) la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso, vasche di
laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro,
per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti;
d) la disciplina delle attività estrattive nei corsi d'acqua, nei laghi, nelle
lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto del territorio, inclusi
erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste;
e) la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili, nonché la
difesa degli abitati e delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le
valanghe e altri fenomeni di dissesto;
f) il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita delle
acque marine lungo i fiumi e nelle falde idriche, anche mediante operazioni di
ristabilimento delle preesistenti condizioni di equilibrio e delle falde
sotterranee;
g) la protezione delle coste e degli abitati dall'invasione e dall'erosione
delle acque marine ed il ripascimento degli arenili, anche mediante opere di
ricostituzione dei cordoni dunosi;
h) la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con
una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che
l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso vitale negli
alvei sottesi nonché la polizia delle acque;
i) lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione
interna, nonché della gestione dei relativi impianti;
l) la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel
settore e la conservazione dei beni;
m) la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi di cui alle
lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale, anche mediante la
determinazione di criteri per la salvaguardia e la conservazione delle aree
demaniali e la costituzione di parchi fluviali e lacuali e di aree protette;
n) il riordino del vincolo idrogeologico.
2. Le attività di cui al comma 1 sono svolte secondo criteri, metodi e standard,
nonché modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici
comunque competenti, preordinati, tra l'altro, a garantire omogeneità di:
a) condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi
gli abitati ed i beni;
b) modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione dei servizi
connessi.
(*) Nota: Si riporta di seguito il comma 1132 dell'art. 1 della L. Finanziaria 2007: "1132. (...) Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 55 e 56 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonche' le amministrazioni e gli enti territoriali trasmettono trimestralmente al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e all’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), le informazioni riguardanti le attivita' di propria competenza in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche e prevenzione del dissesto idrogeologico. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto istituisce un Osservatorio per la raccolta, l’aggiornamento, l’elaborazione e la diffusione dei dati oggetto di monitoraggio".
CAPO II - COMPETENZE
Art. 57
Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per
gli interventi nel settore della difesa del suolo
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio
dei Ministri, approva con proprio decreto:
a) su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare:
1) le deliberazioni concernenti i metodi ed i criteri, anche tecnici, per lo
svolgimento delle attività di cui agli articoli 55 e 56, nonché per la verifica
ed il controllo dei piani di bacino e dei programmi di intervento;
2) i piani di bacino, sentita la Conferenza Stato-regioni;
3) gli atti volti a provvedere in via sostitutiva, previa diffida, in caso di
persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste
dalla presente sezione;
4) ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato dalla
presente sezione.
b) su proposta del Comitato dei Ministri di cui al comma 2, il programma
nazionale di intervento.(*)
2. Il Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del
suolo opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Comitato
presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è composto da quest'ultimo
e dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive,
delle politiche agricole e forestali, per gli affari regionali e per i beni e le
attività culturali, nonché dal delegato del Presidente del Consiglio dei
Ministri in materia di protezione civile.
3. Il Comitato dei Ministri ha funzioni di alta vigilanza ed adotta gli atti di
indirizzo e di coordinamento delle attività. Propone al Presidente del Consiglio
dei Ministri lo schema di programma nazionale di intervento, che coordina con
quelli delle regioni e degli altri enti pubblici a carattere nazionale,
verificandone l'attuazione.
4. Al fine di assicurare il necessario coordinamento tra le diverse
amministrazioni interessate, il Comitato dei Ministri propone gli indirizzi
delle politiche settoriali direttamente o indirettamente connesse con gli
obiettivi e i contenuti della pianificazione di distretto e ne verifica la
coerenza nella fase di approvazione dei relativi atti.
5. Per lo svolgimento delle funzioni di segreteria tecnica, il Comitato dei
Ministri si avvale delle strutture delle Amministrazioni statali competenti.
6. I principi degli atti di indirizzo e coordinamento di cui al presente
articolo sono definiti sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
(*) Nota: Con sentenza n. 232 del 23 luglio 2009, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 57, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui non prevede che il programma nazionale di intervento sia approvato con il previo parere della Conferenza unificata.
Art. 58
Competenze del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni
e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente
sezione, ferme restando le competenze istituzionali del Servizio nazionale di
protezione civile.
2. In particolare, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare:
a) formula proposte, sentita la Conferenza Stato-regioni, ai fini dell'adozione,
ai sensi dell'articolo 57, degli indirizzi e dei criteri per lo svolgimento del
servizio di polizia idraulica, di navigazione interna e per la realizzazione,
gestione e manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei
beni;
b) predispone la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto
idrogeologico, da allegare alla relazione sullo stato dell'ambiente di cui all'
art. 1, comma 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, nonché la relazione sullo
stato di attuazione dei programmi triennali di intervento per la difesa del
suolo, di cui all'articolo 69, da allegare alla relazione previsionale e
programmatica. La relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto
idrogeologico e la relazione sullo stato dell'ambiente sono redatte avvalendosi
del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);
c) opera, ai sensi dell' art. 2, commi 5 e 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349,
per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle
funzioni di difesa del suolo con gli interventi per la tutela e l'utilizzazione
delle acque e per la tutela dell'ambiente.
3. Ai fini di cui al comma 2, il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare svolge le seguenti funzioni:
a) programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di
difesa del suolo;(*)
b) previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni e altri
fenomeni di dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo termine al fine di
garantire condizioni ambientali permanenti ed omogenee, ferme restando le
competenze del Dipartimento della protezione civile in merito agli interventi di
somma urgenza;
c) indirizzo e coordinamento dell'attività dei rappresentanti del Ministero in
seno alle Autorità di bacino distrettuale di cui all'articolo 63;
d) identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio
nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali e alla difesa del
suolo, nonché con riguardo all'impatto ambientale dell'articolazione
territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere di competenza statale e
delle trasformazioni territoriali;(**)
e) determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione, da
parte del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo
dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), e
di consultazione dei dati, definizione di modalità di coordinamento e di
collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore, nonché definizione
degli indirizzi per l'accertamento e lo studio degli elementi dell'ambiente
fisico e delle condizioni generali di rischio;
f) valutazione degli effetti conseguenti all'esecuzione dei piani, dei programmi
e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore della difesa del suolo;
g) coordinamento dei sistemi cartografici.
(*) Nota: Con sentenza
n. 232 del 23 luglio 2009, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'art. 58, comma 3, lettera a), del d.lgs. n. 152 del 2006,
nella parte in cui non prevede che le funzioni di programmazione e finanziamento
degli interventi in materia di difesa del suolo siano esercitate previo parere
della Conferenza unificata.
(**) Nota: Con sentenza n. 232 del 23 luglio 2009, la Corte Costituzionale ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 58, comma 3, lettera d), del
d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui non prevede che le funzioni in esso
indicate siano esercitate previo parere della Conferenza unificata.
Art. 59
Competenze della conferenza stato-regioni
1. La Conferenza Stato-regioni formula pareri, proposte ed osservazioni,
anche ai fini dell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento di cui
all'articolo 57, in ordine alle attività ed alle finalità di cui alla presente
sezione, ed ogni qualvolta ne è richiesta dal Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare. In particolare:
a) formula proposte per l'adozione degli indirizzi, dei metodi e dei criteri di
cui al predetto articolo 57;
b) formula proposte per il costante adeguamento scientifico ed organizzativo del
Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e per il suo
coordinamento con i servizi, gli istituti, gli uffici e gli enti pubblici e
privati che svolgono attività di rilevazione, studio e ricerca in materie
riguardanti, direttamente o indirettamente, il settore della difesa del suolo;
c) formula osservazioni sui piani di bacino, ai fini della loro conformità agli
indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;
d) esprime pareri sulla ripartizione degli stanziamenti autorizzati da ciascun
programma triennale tra i soggetti preposti all'attuazione delle opere e degli
interventi individuati dai piani di bacino;
e) esprime pareri sui programmi di intervento di competenza statale.
Art. 60
Competenze dell'Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale - ISPRA
1. Ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio
nazionale di protezione civile, l'Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (ISPRA) esercita, mediante il Servizio geologico d'Italia -
Dipartimento difesa del suolo, le seguenti funzioni:
a) svolgere l'attività conoscitiva, qual è definita all'articolo 55;
b) realizzare il sistema informativo unico e la rete nazionale integrati di
rilevamento e sorveglianza;
c) fornire, a chiunque ne formuli richiesta, dati, pareri e consulenze, secondo
un tariffario fissato ogni biennio con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare
di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Le tariffe sono
stabilite in base al principio della partecipazione al costo delle prestazioni
da parte di chi ne usufruisca.
Art. 61
Competenze delle regioni
1. Le regioni, ferme restando le attività da queste svolte nell'ambito delle
competenze del Servizio nazionale di protezione civile, ove occorra d'intesa tra
loro, esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle
competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni
statali, ed in particolare:
a) collaborano nel rilevamento e nell'elaborazione dei piani di bacino dei
distretti idrografici secondo le direttive assunte dalla Conferenza
istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, ed adottano gli atti
di competenza;
b) formulano proposte per la formazione dei programmi e per la redazione di
studi e di progetti relativi ai distretti idrografici;
c) provvedono alla elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione dei piani
di tutela di cui all'articolo 121;
d) per la parte di propria competenza, dispongono la redazione e provvedono
all'approvazione e all'esecuzione dei progetti, degli interventi e delle opere
da realizzare nei distretti idrografici, istituendo, ove occorra, gestioni
comuni;
e) provvedono, per la parte di propria competenza, all'organizzazione e al
funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la
manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;
f) provvedono all'organizzazione e al funzionamento della navigazione interna,
ferme restando le residue competenze spettanti al Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti;
g) predispongono annualmente la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni
dell'assetto idrogeologico del territorio di competenza e sullo stato di
attuazione del programma triennale in corso e la trasmettono al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il mese di dicembre;
h) assumono ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia di
conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo e di tutela ed
uso delle acque nei bacini idrografici di competenza ed esercitano ogni altra
funzione prevista dalla presente sezione.
2. Il Registro italiano dighe (RID) provvede in via esclusiva, anche nelle zone
sismiche, alla identificazione e al controllo dei progetti delle opere di
sbarramento, delle dighe di ritenuta o traverse che superano 15 metri di altezza
o che determinano un volume di invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi.
Restano di competenza del Ministero delle attività produttive tutte le opere di
sbarramento che determinano invasi adibiti esclusivamente a deposito o
decantazione o lavaggio di residui industriali.
3. Rientrano nella competenza delle regioni e delle province autonome di Trento
e di Bolzano le attribuzioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica
1° novembre 1959, n. 1363, per gli sbarramenti che non superano i 15 metri di
altezza e che determinano un invaso non superiore a 1.000.000 di metri cubi. Per
tali sbarramenti, ove posti al servizio di grandi derivazioni di acqua di
competenza statale, restano ferme le attribuzioni del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti. Il Registro italiano dighe (RID) fornisce alle
regioni il supporto tecnico richiesto.
4. Resta di competenza statale la normativa tecnica relativa alla progettazione
e costruzione delle dighe di sbarramento di qualsiasi altezza e capacità di
invaso.
5. Le funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al regio decreto-legge
30 dicembre 1923, n. 3267, sono interamente esercitate dalle regioni.
6. Restano ferme tutte le altre funzioni amministrative già trasferite o
delegate alle regioni.
Art. 62
Competenze degli enti locali e di altri soggetti
1. I comuni, le province, i loro consorzi o associazioni, le comunità montane, i
consorzi di bonifica e di irrigazione, i consorzi di bacino imbrifero montano e
gli altri enti pubblici e di diritto pubblico con sede nel distretto idrografico
partecipano all'esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del
suolo nei modi e nelle forme stabilite dalle regioni singolarmente o d'intesa
tra loro, nell'ambito delle competenze del sistema delle autonomie locali.
2. Gli enti di cui al comma 1 possono avvalersi, sulla base di apposite
convenzioni, del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo
dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e
sono tenuti a collaborare con la stessa.
Art. 63
Autorità di bacino distrettuale
1. In ciascun distretto idrografico di cui all'articolo 64 è istituita
l'Autorità di bacino distrettuale, di seguito Autorità di bacino, ente pubblico
non economico che opera in conformità agli obiettivi della presente sezione ed
uniforma la propria attività a criteri di efficienza, efficacia, economicità e
pubblicità.
2. Sono organi dell'Autorità di bacino: la Conferenza istituzionale permanente,
il Segretario generale, la Segreteria tecnico-operativa e la Conferenza
operativa di servizi. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto
con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione
pubblica, da emanarsi sentita la Conferenza permanente Stato - regioni entro
trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto, sono definiti i criteri e le modalità per l'attribuzione o il
trasferimento del personale e delle risorse patrimoniali e finanziarie,
salvaguardando i livelli occupazionali, definiti alla data del 31 dicembre 2005,
e previa consultazione dei sindacati.
3. Le autorità di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono
soppresse a far data dal 30 aprile 2006 e le relative funzioni sono esercitate
dalle Autorità di bacino distrettuale di cui alla parte terza del presente
decreto. Il decreto di cui al comma 2 disciplina il trasferimento di funzioni e
regolamenta il periodo transitorio.
4. Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorità di
bacino vengono adottati in sede di Conferenza istituzionale permanente
presieduta e convocata, anche su proposta delle amministrazioni partecipanti,
dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare su richiesta del
Segretario generale, che vi partecipa senza diritto di voto. Alla Conferenza
istituzionale permanente partecipano i Ministri dell'ambiente e della tutela del
territorio, delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive,
delle politiche agricole e forestali, per la funzione pubblica, per i beni e le
attività culturali o i Sottosegretari dai medesimi delegati, nonchè i Presidenti
delle regioni e delle province autonome il cui territorio è interessato dal
distretto idrografico o gli Assessori dai medesimi delegati, oltre al delegato
del Dipartimento della protezione civile. Alle conferenze istituzionali
permanenti del distretto idrografico della Sardegna e del distretto idrografico
della Sicilia partecipano, oltre ai Presidenti delle rispettive regioni, altri
due rappresentanti per ciascuna delle predette regioni, nominati dai Presidenti
regionali. La conferenza istituzionale permanente delibera a maggioranza. Gli
atti di pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a
legislazione vigente.
5. La conferenza istituzionale permanente di cui al comma 4:
a) adotta criteri e metodi per la elaborazione del Piano di bacino in conformità
agli indirizzi ed ai criteri di cui all'articolo 57;
b) individua tempi e modalità per l'adozione del Piano di bacino, che potrà
eventualmente articolarsi in piani riferiti a sub-bacini;
c) determina quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle
singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a più regioni;
d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque l'elaborazione del
Piano di bacino;
e) adotta il Piano di bacino;
f) controlla l'attuazione degli schemi previsionali e programmatici del Piano di
bacino e dei programmi triennali e, in caso di grave ritardo nell'esecuzione di
interventi non di competenza statale rispetto ai tempi fissati nel programma,
diffida l'amministrazione inadempiente, fissando il termine massimo per l'inizio
dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine, all'adozione delle misure
necessarie ad assicurare l'avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il
Presidente della Giunta regionale interessata che, a tal fine, può avvalersi
degli organi decentrati e periferici del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti;
g) nomina il Segretario generale.
6. La Conferenza operativa di servizi è composta dai rappresentanti dei
Ministeri di cui al comma 4, delle regioni e delle province autonome
interessate, nonché da un rappresentante del Dipartimento della protezione
civile; è convocata dal Segretario Generale, che la presiede, e provvede
all'attuazione ed esecuzione di quanto disposto ai sensi del comma 5, nonché al
compimento degli atti gestionali. La conferenza operativa di servizi delibera a
maggioranza.
7. Le Autorità di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie
previste a legislazione vigente:
a) all'elaborazione del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo 65;
b) ad esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei
piani e programmi comunitari, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa
del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla
gestione delle risorse idriche;
c) all'elaborazione, secondo le specifiche tecniche che figurano negli allegati
alla parte terza del presente decreto, di un'analisi delle caratteristiche del
distretto, di un esame sull'impatto delle attività umane sullo stato delle acque
superficiali e sulle acque sotterranee, nonché di un'analisi economica
dell'utilizzo idrico.
8. Fatte salve le discipline adottate dalle regioni ai sensi dell'articolo 62,
le Autorità di bacino coordinano e sovraintendono le attività e le funzioni di
titolarità dei consorzi di bonifica integrale di cui al regio decreto 13
febbraio 1933, n. 215, nonché del consorzio del Ticino - Ente autonomo per la
costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore,
del consorzio dell'Oglio - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed
esercizio dell'opera regolatrice del lago d'Iseo e del consorzio dell'Adda -
Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera
regolatrice del lago di Como, con particolare riguardo all'esecuzione,
manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla
realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque,
anche al fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei
corsi d'acqua ed alla fitodepurazione.
TITOLO II - I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI
CAPO I - I DISTRETTI IDROGRAFICI
Art. 64
Distretti idrografici
1. L'intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, è ripartito nei
seguenti distretti idrografici:
a) distretto idrografico delle Alpi orientali, con superficie di circa 39.385
Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Adige, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
2) Alto Adriatico, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Lemene, Fissaro Tartaro Canalbianco, già bacini interregionali ai sensi della
legge n. 183 del 1989;
4) bacini del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, già bacini regionali ai sensi
della legge n. 183 del 1989;
b) distretto idrografico Padano, con superficie di circa 74.115 Kmq,
comprendente il bacino del Po, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183
del 1989;
c) distretto idrografico dell'Appennino settentrionale, con superficie di circa
39.000 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Arno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Magra, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) Conca Marecchia, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del
1989;
5) Reno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
6) bacini della Liguria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del
1989;
7) bacini della Toscana, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del
1989;
8) fiumi Uniti, Montone, Ronco, Savio, Rubicone e Uso, già bacini regionali ai
sensi della legge n. 183 del 1989;
9) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, E sino, Musone e altri bacini minori,
già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
10) Lamone, già bacino regionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
11) bacini minori afferenti alla costa Romagnola, già bacini regionali ai sensi
della legge n. 183 del 1989;
d) distretto idrografico pilota del Serchio, con superficie di circa 1.600 Kmq,
comprendente il bacino idrografico del Serchio;
e) distretto idrografico dell'Appennino centrale, con superficie di circa 35.800
Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Tevere, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Tronto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Sangro, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) bacini dell'Abruzzo, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del
1989;
5) bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle
Marche, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
f) distretto idrografico dell'Appennino meridionale, con superficie di circa
68.200 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Liri-Garigliano, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Volturno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Sele, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) Sinni e Noce, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
5) Bradano, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
6) Saccione, Fortore e Biferno, già bacini interregionali ai sensi della legge
n. 183 del 1989;
7) Ofanto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
8) Lao, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
9) Trigno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
10) bacini della Campania, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del
1989;
11) bacini della Puglia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del
1989;
12) bacini della Basilicata, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183
del 1989;
13) bacini della Calabria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del
1989;
14) bacini del Molise, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del
1989;
g) distretto idrografico della Sardegna, con superficie di circa 24.000 Kmq,
comprendente i bacini della Sardegna, già bacini regionali ai sensi della legge
n. 183 del 1989;
h) distretto idrografico della Sicilia, con superficie di circa 26.000 Kmq,
comprendente i bacini della Sicilia, già bacini regionali ai sensi della legge
n. 183 del 1989.
CAPO II - GLI STRUMENTI
Art. 65
Valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale
1. Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha valore di
piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e
tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e
le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione
del suolo ed alla corretta utilizzazione della acque, sulla base delle
caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.
2. Il Piano di bacino è redatto dall'Autorità di bacino in base agli indirizzi,
metodi e criteri fissati ai sensi del comma 3. Studi ed interventi sono condotti
con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai
corsi d'acqua di fondo-valle.
3. Il Piano di bacino, in conformità agli indirizzi, ai metodi e ai criteri
stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63,
comma 4, realizza le finalità indicate all'articolo 56 e, in particolare,
contiene, unitamente agli elementi di cui all'Allegato 4 alla parte terza del
presente decreto:
a) il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema fisico, delle
utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali ed
intercomunali, nonché dei vincoli, relativi al distretto, di cui al decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
b) la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto e
potenziali, di degrado del sistema fisico, nonché delle relative cause;
c) le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la
sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e dei
suoli;
d) l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione:
1) dei pericoli di inondazione e della gravità ed estensione del dissesto;
2) dei pericoli di siccità;
3) dei pericoli di frane, smottamenti e simili;
4) del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o di
riequilibrio territoriale nonché del tempo necessario per assicurare l'efficacia
degli interventi;
e) la programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali
ed estrattive;
f) la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche,
idraulico-agrarie, idraulico-forestali, di forestazione, di bonifica idraulica,
di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di ogni altra azione o norma
d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela
dell'ambiente;
g) il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla lettera f),
qualora siano già state intraprese con stanziamenti disposti da leggi speciali,
da leggi ordinarie, oppure a seguito dell'approvazione dei relativi atti di
programmazione;
h) le opere di protezione, consolidamento e sistemazione dei litorali marini che
sottendono il distretto idrografico;
i) i meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e boschive
che attuano interventi idonei a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico;
l) la valutazione preventiva, anche al fine di scegliere tra ipotesi di governo
e gestione tra loro diverse, del rapporto costi-benefici, dell'impatto
ambientale e delle risorse finanziarie per i principali interventi previsti;
m) la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei materiali
litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di
rispetto, specificatamente individuate in funzione del buon regime delle acque e
della tutela dell'equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni e dei
litorali;
n) l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in
rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione
del suolo, della tutela dell'ambiente e della prevenzione contro presumibili
effetti dannosi di interventi antropici;
o) le misure per contrastare i fenomeni di subsidenza e di desertificazione,
anche mediante programmi ed interventi utili a garantire maggiore disponibilità
della risorsa idrica ed il riuso della stessa;
p) il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto con specificazione degli
scopi energetici, idropotabili, irrigui od altri e delle portate;
q) il rilievo delle utilizzazioni diverse per la pesca, la navigazione od altre;
r) il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le derivazioni che per
altri scopi, distinte per tipologie d'impiego e secondo le quantità;
s) le priorità degli interventi ed il loro organico sviluppo nel tempo, in
relazione alla gravità del dissesto;
t) l'indicazione delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
4. Le disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente
vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonché per i soggetti
privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso
Piano di bacino. In particolare, i piani e programmi di sviluppo socio-economico
e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o comunque non in
contrasto, con il Piano di bacino approvato.
5. Ai fini di cui al comma 4, entro dodici mesi dall'approvazione del Piano di
bacino le autorità competenti provvedono ad adeguare i rispettivi piani
territoriali e programmi regionali quali, in particolare, quelli relativi alle
attività agricole, zootecniche ed agroforestali, alla tutela della qualità delle
acque, alla gestione dei rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla
bonifica.
6. Fermo il disposto del comma 4, le regioni, entro novanta giorni dalla data di
pubblicazione del Piano di bacino sui rispettivi Bollettini Ufficiali regionali,
emanano ove necessario le disposizioni concernenti l'attuazione del piano stesso
nel settore urbanistico. Decorso tale termine, gli enti territorialmente
interessati dal Piano di bacino sono comunque tenuti a rispettarne le
prescrizioni nel settore urbanistico. Qualora gli enti predetti non provvedano
ad adottare i necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici
entro sei mesi dalla data di comunicazione delle predette disposizioni, e
comunque entro nove mesi dalla pubblicazione dell'approvazione del Piano di
bacino, all'adeguamento provvedono d'ufficio le regioni.
7. In attesa dell'approvazione del Piano di bacino, le Autorità di bacino
adottano misure di salvaguardia con particolare riferimento ai bacini montani,
ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo valle ed ai contenuti di
cui alle lettere b), c), f), m) ed n) del comma 3. Le misure di salvaguardia
sono immediatamente vincolanti e restano in vigore sino all'approvazione del
Piano di bacino e comunque per un periodo non superiore a tre anni. In caso di
mancata attuazione o di inosservanza, da parte delle regioni, delle province e
dei comuni, delle misure di salvaguardia, e qualora da ciò possa derivare un
grave danno al territorio, il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, previa diffida ad adempiere entro congruo termine da indicarsi nella
diffida medesima, adotta con ordinanza cautelare le necessarie misure
provvisorie di salvaguardia, anche con efficacia inibitoria di opere, di lavori
o di attività antropiche, dandone comunicazione preventiva alle amministrazioni
competenti. Se la mancata attuazione o l'inosservanza di cui al presente comma
riguarda un ufficio periferico dello Stato, il Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare informa senza indugio il Ministro competente da cui
l'ufficio dipende, il quale assume le misure necessarie per assicurare
l'adempimento. Se permane la necessità di un intervento cautelare per evitare un
grave danno al territorio, il Ministro competente, di concerto con il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, adotta l'ordinanza cautelare di cui
al presente comma.
8. I piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini o
per stralci relativi a settori funzionali, che, in ogni caso, devono costituire
fasi sequenziali e interrelate rispetto ai contenuti di cui al comma 3. Deve
comunque essere garantita la considerazione sistemica del territorio e devono
essere disposte, ai sensi del comma 7, le opportune misure inibitorie e
cautelari in relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati.
9. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica.
Art. 66
Adozione ed approvazione dei piani di bacino
1. I piani di bacino, prima della loro approvazione, sono sottoposti a
valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale, secondo la procedura
prevista dalla parte seconda del presente decreto.
2. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale ai fini di cui
al comma 1, è adottato a maggioranza dalla Conferenza istituzionale permanente
di cui all'articolo 63, comma 4 che, con propria deliberazione, contestualmente
stabilisce:
a) i termini per l'adozione da parte delle regioni dei provvedimenti
conseguenti;
b) quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle singole
regioni e quali costituiscono interessi comuni a due o più regioni.
3. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale di cui al
comma 2, è inviato ai componenti della Conferenza istituzionale permanente
almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di
decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed
analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso
della conferenza.
4. In caso di inerzia in ordine agli adempimenti regionali, il Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine e sentita
la regione interessata, assume i provvedimenti necessari, ivi compresa la nomina
di un commissario "ad acta", per garantire comunque lo svolgimento delle
procedure e l'adozione degli atti necessari per la formazione del piano.
5. Dell'adozione del piano è data notizia secondo le forme e con le modalità
previste dalla parte seconda del presente decreto ai fini dell'esperimento della
procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale.
6. Conclusa la procedura di valutazione ambientale strategica (VAS), sulla base
del giudizio di compatibilità ambientale espresso dall'autorità competente, i
piani di bacino sono approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, con le modalità di cui all'articolo 57, comma 1, lettera a), numero
2), e sono poi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nei Bollettini Ufficiali
delle regioni territorialmente competenti.
7. Le Autorità di bacino promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti
interessate all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani di
bacino, provvedendo affinché, per ciascun distretto idrografico, siano
pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi
gli utenti, concedendo un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di
osservazioni scritte, i seguenti documenti:
a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano,
inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno
tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce;
b) una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di gestione delle
acque, identificati nel bacino idrografico almeno due anni prima dell'inizio del
periodo cui si riferisce il piano;
c) copie del progetto del piano di bacino, almeno un anno prima dell'inizio del
periodo cui il piano si riferisce.
Art. 67
I piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le
misure di prevenzione per le aree a rischio
1. Nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorità di bacino
adottano, ai sensi dell'articolo 65, comma 8, piani stralcio di distretto per
l'assetto idrogeologico (PAI), che contengano in particolare l'individuazione
delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a
misure di salvaguardia e la determinazione delle misure medesime.
2. Le Autorità di bacino, anche in deroga alle procedure di cui all'articolo 66,
approvano altresì piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più
elevato rischio idrogeologico, redatti anche sulla base delle proposte delle
regioni e degli enti locali. I piani straordinari devono ricomprendere
prioritariamente le aree a rischio idrogeologico per le quali è stato dichiarato
lo stato di emergenza, ai sensi dell' art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n.
225. I piani straordinari contengono in particolare l'individuazione e la
perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumità
delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio
ambientale e culturale. Per tali aree sono adottate le misure di salvaguardia ai
sensi dell'articolo 65, comma 7, anche con riferimento ai contenuti di cui al
comma 3, lettera d), del medesimo articolo 65. In caso di inerzia da parte delle
Autorità di bacino, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Comitato dei Ministri, di cui all'articolo 57, comma 2, adotta gli atti relativi
all'individuazione, alla perimetrazione e alla salvaguardia delle predette aree.
Qualora le misure di salvaguardia siano adottate in assenza dei piani stralcio
di cui al comma 1, esse rimangono in vigore sino all'approvazione di detti
piani. I piani straordinari approvati possono essere integrati e modificati con
le stesse modalità di cui al presente comma, in particolare con riferimento agli
interventi realizzati ai fini della messa in sicurezza delle aree interessate.
3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, comma 2, tenendo conto dei
programmi già adottati da parte delle Autorità di bacino e dei piani
straordinari di cui al comma 2 del presente articolo, definisce, d'intesa con la
Conferenza Stato-regioni, programmi di interventi urgenti, anche attraverso
azioni di manutenzione dei distretti idrografici, per la riduzione del rischio
idrogeologico nelle zone in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è
connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio
ambientale, con priorità per le aree ove è stato dichiarato lo stato di
emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Per la
realizzazione degli interventi possono essere adottate, su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti, e d'intesa con le regioni interessate, le ordinanze di cui
all'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
4. Per l'attività istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e
3, i Ministri competenti si avvalgono, senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica, del Dipartimento della protezione civile, nonché della
collaborazione del Corpo forestale dello Stato, delle regioni, delle Autorità di
bacino, del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del
Consiglio nazionale delle ricerche e, per gli aspetti ambientali, del Servizio
geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per
la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), per quanto di
rispettiva competenza.
5. Entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4,
gli organi di protezione civile provvedono a predisporre, per le aree a rischio
idrogeologico, con priorità assegnata a quelle in cui la maggiore vulnerabilità
del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose e il
patrimonio ambientale, piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la
salvaguardia dell'incolumità delle popolazioni interessate, compreso il
preallertamento, l'allarme e la messa in salvo preventiva.
6. Nei piani stralcio di cui al comma 1 sono individuati le infrastrutture e i
manufatti che determinano il rischio idrogeologico. Sulla base di tali
individuazioni, le regioni stabiliscono le misure di incentivazione a cui i
soggetti proprietari possono accedere al fine di adeguare le infrastrutture e di
rilocalizzare fuori dall'area a rischio le attività produttive e le abitazioni
private. A tale fine le regioni, acquisito il parere degli enti locali
interessati, predispongono, con criteri di priorità connessi al livello di
rischio, un piano per l'adeguamento delle infrastrutture, determinandone altresì
un congruo termine, e per la concessione di incentivi finanziari per la
rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private realizzate
in conformità alla normativa urbanistica edilizia o condonate. Gli incentivi
sono attivati nei limiti della quota dei fondi introitati ai sensi dell' art.
86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e riguardano anche
gli oneri per la demolizione dei manufatti; il terreno di risulta viene
acquisito al patrimonio indisponibile dei comuni. All'abbattimento dei manufatti
si provvede con le modalità previste dalla normativa vigente. Ove i soggetti
interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire delle predette
incentivazioni, essi decadono da eventuali benefici connessi ai danni derivanti
agli insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità
naturali.
7. Gli atti di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono contenere
l'indicazione dei mezzi per la loro realizzazione e della relativa copertura
finanziaria.
Art. 68
Procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio
1. I progetti di piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, di
cui al comma 1 dell'articolo 67, non sono sottoposti a valutazione ambientale
strategica (VAS) e sono adottati con le modalità di cui all'articolo 66.
2. L'adozione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico deve avvenire,
sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre sei mesi dalla
data di adozione del relativo progetto di piano.
3. Ai fini dell'adozione ed attuazione dei piani stralcio e della necessaria
coerenza tra pianificazione di distretto e pianificazione territoriale, le
regioni convocano una conferenza programmatica, articolata per sezioni
provinciali, o per altro ambito territoriale deliberato dalle regioni stesse,
alla quale partecipano le province ed i comuni interessati, unitamente alla
regione e ad un rappresentante dell'Autorità di bacino.
4. La conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto di piano con
particolare riferimento alla integrazione su scala provinciale e comunale dei
contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed
urbanistiche.
CAPO III - GLI INTERVENTI
Art. 69
Programmi di intervento
1. I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di
intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalità dei
piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della
relativa copertura finanziaria.
2. I programmi triennali debbono destinare una quota non inferiore al quindici
per cento degli stanziamenti complessivamente a:
a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei beni,
compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini
idraulici;
b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna, di
piena e di pronto intervento idraulico;
c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di studi,
rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo, redazione dei
progetti generali, degli studi di fattibilità, dei progetti di opere e degli
studi di valutazione dell'impatto ambientale delle opere principali.
3. Le regioni, conseguito il parere favorevole della Conferenza istituzionale
permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono provvedere con propri
stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi previsti dai piani di
bacino, sotto il controllo della predetta conferenza.
4. Le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti pubblici, previa
autorizzazione della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63,
comma 4, possono concorrere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere
e interventi previsti dai piani di bacino.
Art. 70
Adozione dei programmi
1. I programmi di intervento sono adottati dalla Conferenza istituzionale
permanente di cui all'articolo 63, comma 4; tali programmi sono inviati ai
componenti della conferenza stessa almeno venti giorni prima della data fissata
per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione
deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni
dissenzienti espresse in seno alla conferenza.
2. La scadenza di ogni programma triennale è stabilita al 31 dicembre
dell'ultimo anno del triennio e le somme autorizzate per l'attuazione del
programma per la parte eventualmente non ancora impegnata alla predetta data
sono destinate ad incrementare il fondo del programma triennale successivo per
l'attuazione degli interventi previsti dal programma triennale in corso o dalla
sua revisione.
3. Entro il 31 dicembre del penultimo anno del programma triennale in corso, i
nuovi programmi di intervento relativi al triennio successivo, adottati secondo
le modalità di cui al comma 1, sono trasmessi al Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, affinché, entro il successivo 3 giugno, sulla base delle
previsioni contenute nei programmi e sentita la Conferenza Stato-regioni,
trasmetta al Ministro dell'economia e delle finanze l'indicazione del fabbisogno
finanziario per il successivo triennio, ai fini della predisposizione del
disegno di legge finanziaria.
4. Gli interventi previsti dai programmi triennali sono di norma attuati in
forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in base ad accordi di
programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267.
Art. 71
Attuazione degli interventi
1. Le funzioni di studio e di progettazione e tecnico-organizzative
attribuite alle Autorità di bacino possono essere esercitate anche mediante
affidamento di incarichi ad istituzioni universitarie, liberi professionisti o
organizzazioni tecnico-professionali specializzate, in conformità ad apposite
direttive impartite dalla Conferenza istituzionale permanente di cui
all'articolo 63, comma 4.
2. L'esecuzione di opere di pronto intervento può avere carattere definitivo
quando l'urgenza del caso lo richiede.
3. Tutti gli atti di concessione per l'attuazione di interventi ai sensi della
presente sezione sono soggetti a registrazione a tassa fissa.
Art. 72
Finanziamento
1. Ferme restando le entrate connesse alle attività di manutenzione ed esercizio
delle opere idrauliche, di bonifica e di miglioria fondiaria, gli interventi
previsti dalla presente sezione sono a totale carico dello Stato e si attuano
mediante i programmi triennali di cui all'articolo 69.
2. Per le finalità di cui al comma 1, si provvede ai sensi dell'articolo 11,
comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468. I predetti stanziamenti
sono iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle
finanze fino all'espletamento della procedura di ripartizione di cui ai commi 3
e 4 del presente articolo sulla cui base il Ministro dell'economia e delle
finanze apporta, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.
3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, sentita la Conferenza
Stato-regioni, predispone lo schema di programma nazionale di intervento per il
triennio e la ripartizione degli stanziamenti tra le Amministrazioni dello Stato
e le regioni, tenendo conto delle priorità indicate nei singoli programmi ed
assicurando, ove necessario, il coordinamento degli interventi. A valere sullo
stanziamento complessivo autorizzato, lo stesso Comitato dei Ministri propone
l'ammontare di una quota di riserva da destinare al finanziamento dei programmi
per l'adeguamento ed il potenziamento funzionale, tecnico e scientifico
dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
4. Il programma nazionale di intervento e la ripartizione degli stanziamenti,
ivi inclusa la quota di riserva a favore dell'Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), sono approvati dal Presidente del
Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 57.
5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro trenta giorni
dall'approvazione del programma triennale nazionale, su proposta della
Conferenza Stato-regioni, individua con proprio decreto le opere di competenza
regionale, che rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del
reticolo idrografico principale e del demanio idrico, i cui progetti devono
essere sottoposti al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, da
esprimere entro novanta giorni dalla richiesta.
SEZIONE II - TUTELA DELLE ACQUE DALL'INQUINAMENTO
TITOLO I - PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE
Art. 73
Finalità
1. Le disposizioni di cui alla presente sezione definiscono la disciplina
generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee
perseguendo i seguenti obiettivi:
a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici
inquinati;
b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di
quelle destinate a particolari usi;
c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per
quelle potabili;
d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la
capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate;
e) mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità contribuendo quindi a:
1) garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di
buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo;
2) ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque sotterranee;
3) proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degli
accordi internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire ed
eliminare l'inquinamento dell'ambiente marino, allo scopo di arrestare o
eliminare gradualmente gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze
pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni,
nell'ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze
presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
f) impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli
ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente
dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico.
2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso
i seguenti strumenti:
a) l'individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica
destinazione dei corpi idrici;
b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di
ciascun distretto idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni;
c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la
definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo
recettore;
d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e depurazione degli
scarichi idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato;
e) l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione
dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
f) l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al
riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche;
g) l'adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi, delle
emissioni e di ogni altra fonte di inquinamento diffuso contenente sostanze
pericolose o per la graduale eliminazione degli stessi allorché contenenti
sostanze pericolose prioritarie, contribuendo a raggiungere nell'ambiente marino
concentrazioni vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in
natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
h) l'adozione delle misure volte al controllo degli scarichi e delle emissioni
nelle acque superficiali secondo un approccio combinato.
3. Il perseguimento delle finalità e l'utilizzo degli strumenti di cui ai commi
1 e 2, nell'ambito delle risorse finanziarie previste dalla legislazione
vigente, contribuiscono a proteggere le acque territoriali e marine e a
realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia.
Art. 74
Definizioni
1. Ai fini della presente sezione si intende per:
a) abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una richiesta
biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;
b) acque ciprinicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti
ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le
anguille;
c) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una
retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato
esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per
definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente
fino al limite esterno delle acque di transizione;
d) acque salmonicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti
a specie come le trote, i temoli e i coregoni;
e) estuario: l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla
foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; in via transitoria
tali limiti sono fissati a cinquecento metri dalla linea di costa;
f) acque dolci: le acque che si presentano in natura con una concentrazione di
sali tale da essere considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al
fine di produrre acqua potabile;
g) acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo
residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da
attività domestiche;
h) "acque reflue industriali": qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attivita' commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;(*)
i) "acque reflue
urbane": acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di
acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti
fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato;(**)
l) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto della superficie
del suolo, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il
sottosuolo;
m) acque termali: le acque minerali naturali di cui all' art. 2, comma 1,
lettera a), della legge 24 ottobre 2000, n. 323, utilizzate per le finalità
consentite dalla stessa legge;
n) agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le attività produttive,
sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che
economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali conseguibili, la
raccolta e il convogliamento [in una fognatura dinamica](***) delle acque reflue urbane
verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale;
o) applicazione al terreno: l'apporto di materiale al terreno mediante
spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione,
interramento;
p) utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento, acque di
vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da
aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari, dalla loro produzione tino
all'applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo,
finalizzati all'utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi
contenute;
q) autorità d'ambito: la forma di cooperazione tra comuni e province per
l'organizzazione del servizio idrico integrato;
r) gestore del servizio idrico integrato: il soggetto che gestisce il servizio
idrico integrato in un ambito territoriale ottimale ovvero il gestore esistente
del servizio pubblico soltanto fino alla piena operatività del servizio idrico
integrato;
s) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;
t) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello allo
stato molecolare gassoso;
u) concimi chimici: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento
industriale;
v) effluente di allevamento: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera
e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi
compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura;
z) eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in particolare modo
di composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca una abnorme proliferazione
di alghe e/o di forme superiori di vita vegetale, producendo la perturbazione
dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualità delle acque
interessate;
aa) fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984,
n. 748, le sostanze contenenti uno o più composti azotati, compresi gli
effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse
sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;
bb) fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli
impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
cc) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività
umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel terreno che possono
nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli
ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici,
perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi
dell'ambiente;
dd) "rete fognaria": un sistema di condotte per la raccolta e il
convogliamento delle acque reflue urbane;(****)
ee) fognatura separata: la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la
prima delle quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque
meteoriche di dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la
separazione delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed
al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di
prima pioggia;
ff) scarico: qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un
sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuita' il
ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore in acque superficiali, sul
suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura
inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono
esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114;(*****)
gg) acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;
hh) scarichi esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che alla data del 13
giugno 1999 erano in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente e
gli scarichi di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali alla
stessa data erano già state completate tutte le procedure relative alle gare di
appalto e all'affidamento dei lavori, nonché gli scarichi di acque reflue
domestiche che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al
previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque reflue industriali che
alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e già autorizzati;
ii) trattamento appropriato: il trattamento delle acque reflue urbane mediante
un processo ovvero un sistema di smaltimento che, dopo lo scarico, garantisca la
conformità dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità ovvero
sia conforme alle disposizioni della parte terza del presente decreto;
ll) trattamento primario: il trattamento delle acque reflue che comporti la
sedimentazione dei solidi sospesi mediante processi fisici e/o chimico-fisici
e/o altri, a seguito dei quali prima dello scarico il BOD5 delle acque in
trattamento sia ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi sospesi totali
almeno del 50 per cento;
mm) trattamento secondario: il trattamento delle acque reflue mediante un
processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazione
secondaria, o mediante altro processo in cui vengano comunque rispettati i
requisiti di cui alla tabella 1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente
decreto;
nn) stabilimento industriale, stabilimento: tutta l'area sottoposta al controllo
di un unico gestore, nella quale si svolgono attività commerciali o industriali
che comportano la produzione, la trasformazione e/o l'utilizzazione delle
sostanze di cui all'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto, ovvero
qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze
nello scarico;
oo) valore limite di emissione: limite di accettabilità di una sostanza
inquinante contenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, oppure in massa
per unità di prodotto o di materia prima lavorata, o in massa per unità di
tempo; i valori limite di emissione possono essere fissati anche per
determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di
emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle
emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione; l'effetto
di una stazione di depurazione di acque reflue puo' essere preso in
considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione
dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione
dell'ambiente nel suo insieme e di non portare carichi inquinanti maggiori
nell'ambiente.(******)
pp) zone vulnerabili: zone di territorio che scaricano direttamente o
indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque già
inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.
2. Ai fini della presente sezione si intende inoltre per:
a) acque superficiali: le acque interne ad eccezione di quelle sotterranee, le
acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato
chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;
b) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le
acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per
definire il limite delle acque territoriali;
c) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma
che può essere parzialmente sotterraneo;
d) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
e) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di
un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza
alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzate dai flussi di acqua dolce;
f) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività
umana;
g) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui
natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è
sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione fattane
dall'autorità competente in base alle disposizioni degli articoli 118 e 120;
h) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque
superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale,
parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque
costiere;
i) falda acquifera: uno o piu' strati sotterranei di roccia o altri strati
geologici di porosita' e permeabilita' sufficiente da consentire un flusso
significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantita' significative di
acque sotterranee;(°).
l) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute
da una o più falde acquifere;
m) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque
superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per
sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta;
n) sotto-bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque
superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi e laghi per sfociare in un
punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un
fiume;
o) distretto idrografico: l'area di terra e di mare, costituita da uno o più
bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che
costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;
p) stato delle acque superficiali: l'espressione complessiva dello stato di un
corpo idrico superficiale, determinato dal valore più basso del suo stato
ecologico e chimico;
q) buono stato delle acque superficiali: lo stato raggiunto da un corpo idrico
superficiale qualora il suo stato, tanto sotto il profilo ecologico quanto sotto
quello chimico, possa essere definito almeno "buono";
r) stato delle acque sotterranee: l'espressione complessiva dello stato di un
corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato
quantitativo e chimico;
s) buono stato delle acque sotterranee: lo stato raggiunto da un corpo idrico
sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto
sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";
t) stato ecologico: l'espressione della qualità della struttura e del
funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali,
classificato a norma dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
u) buono stato ecologico: lo stato di un corpo idrico superficiale classificato
in base all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
v) buon potenziale ecologico: lo stato di un corpo idrico artificiale o
fortemente modificato, così classificato in base alle disposizioni pertinenti
dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo stato chimico richiesto
per conseguire, entro il 22 dicembre 2015, gli obiettivi ambientali per le acque
superficiali fissati dalla presente sezione ossia lo stato raggiunto da un corpo
idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti non superi gli
standard di qualita' ambientali fissati per le sostanze dell'elenco di priorita'
di cui alla tabella 1/A della lettera A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza;(°)
aa) buono stato chimico delle acque sotterranee: lo stato chimico di un corpo
idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di cui alla tabella B.3.2
dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto(°);
bb) stato quantitativo: l'espressione del grado in cui un corpo idrico
sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette;
cc) risorse idriche sotterranee disponibili: il risultato della velocità annua
media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno
la velocità annua media a lungo termine del flusso necessario per raggiungere
gli obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali connesse, di cui
all'articolo 76, al fine di evitare un impoverimento significativo dello stato
ecologico di tali acque, nonché danni rilevanti agli ecosistemi terrestri
connessi;
dd) buono stato quantitativo: stato definito nella tabella B.1.2
dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto(°);
ee) sostanze pericolose: le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti
e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a
preoccupazioni analoghe;
ff) sostanze prioritarie e sostanze pericolose prioritarie: le sostanze
individuate con disposizioni comunitarie ai sensi dell'art. 16 della direttiva
2000/60/CE;
gg) inquinante: qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle
elencate nell'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto;
hh) immissione diretta nelle acque sotterranee: l'immissione di inquinanti nelle
acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;
ii) obiettivi ambientali: gli obiettivi fissati dal titolo II della parte terza
del presente decreto;
ll) standard di qualità ambientale: la concentrazione di un particolare
inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non
deve essere superata per tutelare la salute umana e l'ambiente;
mm) approccio combinato: l'insieme dei controlli, da istituire o realizzare,
salvo diversa indicazione delle normative di seguito citate, entro il 22
dicembre 2012, riguardanti tutti gli scarichi nelle acque superficiali,
comprendenti i controlli sulle emissioni basati sulle migliori tecniche
disponibili, quelli sui pertinenti valori limite di emissione e, in caso di
impatti diffusi, e quelli comprendenti, eventualmente, le migliori prassi
ambientali; tali controlli sono quelli stabiliti:
1) nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sulla prevenzione e la
riduzione integrate dell'inquinamento;
2) nella parte terza del presente decreto in materia di acque reflue urbane,
nitrati provenienti da fonti agricole, sostanze che presentano rischi
significativi per l'ambiente acquatico o attraverso l'ambiente acquatico,
inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di acqua potabile e di
scarichi di Hg, Cd, HCH, DDT, PCP, aldrin, dieldrin, endrin, HCB, HCBD,
cloroformio, tetracloruro di carbonio, EDC, tricloroetilene, TCB e
percloroetilene;
nn) acque destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal decreto
legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;
oo) servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti
pubblici o a qualsiasi attività economica:
1) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione, di acque
superficiali o sotterranee,
2) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che
successivamente scaricano nelle acque superficiali;
pp) utilizzo delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri usi risultanti
dall'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 che incidono in modo
significativo sullo stato delle acque. Tale nozione si applica ai fini
dell'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente
decreto;
[qq) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati
parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un'emissione che non
devono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di
emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o
categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano
di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener
conto dell'eventuale diluizione; per gli scarichi indiretti nell'acqua,
l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in
considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione
dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione
dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori
nell'ambiente;](*******)
rr) controlli delle emissioni: i controlli che comportano una limitazione
specifica delle emissioni, ad esempio un valore limite delle emissioni, oppure
che definiscono altrimenti limiti o condizioni in merito agli effetti, alla
natura o ad altre caratteristiche di un'emissione o condizioni operative che
influiscono sulle emissioni;
ss) costi ambientali: i costi legati ai danni che l'utilizzo stesso delle
risorse idriche causa all'ambiente, agli ecosistemi e a coloro che usano
l'ambiente;
tt) costi della risorsa: i costi delle mancate opportunità imposte ad altri
utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle risorse al di là del
loro livello di ripristino e ricambio naturale;
uu) impianto: l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività
di cui all'Allegato I del Titolo III-bis della parte seconda del presente
decreto, e
qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le
attività svolte in uno stabilimento e possano influire sulle emissioni e
sull'inquinamento; nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione
del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, l'impianto si identifica nello
stabilimento. Nel caso di attività di cui all'Allegato I del predetto decreto,
l'impianto si identifica con il complesso assoggettato alla disciplina della
prevenzione e controllo integrati dell'inquinamento.
uu-bis) limite di
rivelabilita': il segnale in uscita o il valore di concentrazione al di sopra
del quale si puo' affermare, con un livello di fiducia dichiarato, che un dato
campione e' diverso da un bianco che non contiene l'analita; (°°°)
uu-ter) limite di quantificazione: un multiplo dichiarato del limite di
rivelabilita' a una concentrazione dell'analita che puo' ragionevolmente essere
determinata con accettabile accuratezza e precisione. Il limite di
quantificazione puo' essere calcolato servendosi di un materiale di riferimento
o di un campione adeguato e puo' essere ottenuto dal punto di taratura piu'
basso sulla curva di taratura, dopo la sottrazione del bianco; (°°°)
uu-quater) incertezza di misura: un parametro non negativo che caratterizza la
dispersione dei valori quantitativi attribuiti a un misurando sulla base delle
informazioni utilizzate; (°°°)
uu-quinquies) materiale di riferimento: materiale sufficientemente omogeneo e
stabile rispetto a proprieta' specificate, che si e' stabilito essere idonee per
un determinato
utilizzo in una misurazione o nell'esame di proprieta' nominali.(°°°)
(*) N.d.R.: Lettera così modificata dall'art. 2, c. 1 del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24.
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"h) acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento;"
(**) N.d.R.: Lettera così modificata dall'art. 2, c. 2 del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24.
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"i) acque reflue urbane: il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, e/o di quelle meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato;"
(***) N.d.R.: Parole soppresse dall'art. 2, c. 3 del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24.
(****) N.d.R.: Lettera così modificata dall'art. 2, c. 4 del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24.
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"dd) rete fognaria: il sistema di canalizzazioni, generalmente sotterranee, per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue domestiche, industriali ed urbane fino al recapito finale;"
(*****) N.d.R.: Lettera così modificata dall'art. 2, c. 5 del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24.
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"ff) scarico: qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114;"
(******) N.d.R.: Periodi aggiunti dall'art. 2, c. 6 del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24.
(*******) N.d.R.: Lettera abrogata dall'art. 2, c. 7 del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24.
(°) N.d.R.: Lettera
così sostituta, da ultimo, dall'art. 9, c.1, lett. a) del D.Lgs. 16 marzo 2009,
n. 30, recante: "Attuazione della direttiva 2006/118/CE, relativa alla
protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento e dal deterioramento" (in
G.U. 04/04/2009, n.79)
(°°°) N.d.R.: Lettera aggiunta dall'art. 1 del Decreto Legislativo 10 dicembre
2010, n. 219, recante "Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a
standard di qualita' ambientale nel settore della politica delle acque, recante
modifica e successiva abrogazione delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE,
84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonche' modifica della direttiva 2000/60/CE
e recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla
direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il
monitoraggio dello stato delle acque", pubblicato nella GU n. 296 del
20-12-2010.
Art. 75
Competenze
1. Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente sezione:
a) lo Stato esercita le competenze ad esso spettanti per la tutela dell'ambiente
e dell'ecosistema attraverso il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, fatte salve le competenze in materia igienico-sanitaria spettanti al
Ministro della salute;
b) le regioni e gli enti locali esercitano le funzioni e i compiti ad essi
spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel
rispetto delle attribuzioni statali.
2. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti
locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi
derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, pericolo di grave pregiudizio
alla salute o all'ambiente oppure inottemperanza ad obblighi di informazione, il
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare per materia, assegna all'ente inadempiente un
congruo termine per provvedere, decorso inutilmente il quale il Consiglio dei
Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede
in via sostitutiva. Gli oneri economici connessi all'attività di sostituzione
sono a carico dell'ente inadempiente. Restano fermi i poteri di ordinanza
previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessità e le disposizioni in
materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente, nonché quanto
disposto dall'articolo 132.
3. Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione della parte terza del
presente decreto sono stabilite negli Allegati al decreto stesso e con uno o più
regolamenti adottati ai sensi dell' art. 17, comma 3, della legge 23 agosto
1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare previa intesa con la Conferenza Stato-regioni; attraverso i medesimi
regolamenti possono altresì essere modificati gli Allegati alla parte terza del
presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni
scientifiche o tecnologiche.
4. Con decreto dei Ministri competenti per materia si provvede alla modifica
degli Allegati alla parte terza del presente decreto per dare attuazione alle
direttive che saranno emanate dall'Unione europea, per le parti in cui queste
modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle
direttive dell'Unione europea recepite dalla parte terza del presente decreto,
secondo quanto previsto dall' art. 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
5. Le regioni assicurano la più ampia divulgazione delle informazioni sullo
stato di qualità delle acque e trasmettono al Dipartimento tutela delle acque
interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale (ISPRA) i dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione
della parte terza del presente decreto, nonché quelli prescritti dalla
disciplina comunitaria, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri
competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Dipartimento tutela
delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (ISPRA) elabora a livello nazionale, nell'ambito del Sistema
informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le informazioni ricevute e le
trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto
sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute a
trasmettere al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i
provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni all'Unione europea o in
ragione degli obblighi internazionali assunti.
6. Le regioni favoriscono l'attiva partecipazione di tutte le parti interessate
all'attuazione della parte terza del presente decreto in particolare in sede di
elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di tutela di cui all'articolo
121.
7. Le regioni provvedono affinché gli obiettivi di qualità di cui agli articoli
76 e 77 ed i relativi programmi di misure siano perseguiti nei corpi idrici
ricadenti nei bacini idrografici internazionali in attuazione di accordi tra gli
stati membri interessati, avvalendosi a tal fine di strutture esistenti
risultanti da accordi internazionali.
8. Qualora il distretto idrografico superi i confini della Comunità europea, lo
Stato e le regioni esercitano le proprie competenze adoperandosi per instaurare
un coordinamento adeguato con gli Stati terzi coinvolti, al fine realizzare gli
obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto in tutto il distretto
idrografico.
9. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi accordi di
programma con le competenti autorità, concorrono alla realizzazione di azioni di
salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque anche al fine della loro
utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e della
filodepurazione.
TITOLO II - OBIETTIVI DI QUALITÀ
CAPO I - OBIETTIVO DI QUALITÀ AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITÀ PER SPECIFICA
DESTINAZIONE
Art. 76
Disposizioni generali
1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e
sotterranee, la parte terza del presente decreto individua gli obiettivi minimi
di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di
qualità per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all'articolo 78, da
garantirsi su tutto il territorio nazionale.
2. L'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei
corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare
comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.
3. L'obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato dei
corpi idrici idoneo ad una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla
vita dei pesci e dei molluschi.
4. In attuazione della parte terza del presente decreto sono adottate, mediante
il Piano di tutela delle acque di cui all'articolo 121, misure atte a conseguire
gli obiettivi seguenti entro il 22 dicembre 2015;
a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e
sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di
"buono";
b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale "elevato"
come definito nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica
destinazione di cui all'articolo 79 gli obiettivi di qualità per specifica
destinazione di cui all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, salvi
i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.
5. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e
per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite
diversi, devono essere rispettati quelli più cautelativi quando essi si
riferiscono al conseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale; l'obbligo di
rispetto di tali valori limite decorre dal 22 dicembre 2015.
6. Il Piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualità
ambientale con i diversi obiettivi di qualità per specifica destinazione.
7. Le regioni possono definire obiettivi di qualità ambientale più elevati,
nonché individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi
di qualità.
Art. 77
Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale
1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto, sulla base dei dati già acquisiti e dei risultati del primo
rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 118 e 120, le regioni che non vi
abbiano provveduto identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte
di esso, la classe di qualità corrispondente ad una di quelle indicate
nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.
2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono
e adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli
obiettivi di qualità ambientale di cui all'articolo 76, comma 4, lettere a) e
b), tenendo conto del carico massimo ammissibile, ove fissato sulla base delle
indicazioni delle Autorità di bacino, e assicurando in ogni caso per tutti i
corpi idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.
3. Al fine di assicurare entro il 22 dicembre 2015 il raggiungimento
dell'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono", entro
il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso
deve conseguire almeno i requisiti dello stato di "sufficiente" di cui
all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.
4. Le acque ricadenti nelle aree protette devono essere conformi agli obiettivi
e agli standard di qualità fissati nell'Allegato 1 alla parte terza del presente
decreto, secondo le scadenze temporali ivi stabilite, salvo diversa disposizione
della normativa di settore a norma della quale le singole aree sono state
istituite.
5. La designazione di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato e la
relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei piani di bacino e sono
riesaminate ogni sei anni. Le regioni possono definire un corpo idrico
artificiale o fortemente modificato quando:
a) le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo, necessarie
al raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative
rilevanti:
1) sull'ambiente in senso ampio;
2) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o sul diporto;
3) sulle attività per le quali l'acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua
potabile, la produzione di energia o l'irrigazione;
4) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio
agricolo;
5) su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti;
b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o modificate
del corpo idrico non possano, per motivi di fattibilità tecnica o a causa dei
costi sproporzionati, essere raggiunti con altri mezzi che rappresentino
un'opzione significativamente migliore sul piano ambientale.
6. Le regioni possono motivatamente prorogare il termine del 23 dicembre 2015
per poter conseguire gradualmente gli obiettivi dei corpi idrici purche' non si
verifichi un ulteriore deterioramento dello stato dei corpi idrici e sussistano
tutte le seguenti condizioni:
a) i miglioramenti necessari per il raggiungimento del buono stato di qualita'
ambientale non possono essere raggiunti entro i termini stabiliti almeno per uno
dei seguenti motivi:
1) i miglioramenti dello stato dei corpi idrici possono essere conseguiti per
motivi tecnici solo in fasi successive al 23 dicembre 2015;
2) il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe
sproporzionalmente costoso;
3) le condizioni naturali non consentono il miglioramento del corpo idrico nei
tempi richiesti;
b) la proroga dei termini e le relative motivazioni sono espressamente indicate
nei piani di cui agli articoli 117 e 121;
c) le proroghe non possono superare il periodo corrispondente a due ulteriori
aggiornamenti dei piani di cui alla lettera b), fatta eccezione per i casi in
cui le condizioni naturali non consentano di conseguire gli obiettivi entro
detto periodo;
d) l'elenco delle misure, la necessita' delle stesse per il miglioramento
progressivo entro il termine previsto, la giustificazione di ogni eventuale
significativo ritardo nella attuazione delle misure, nonche' il relativo
calendario di attuazione delle misure devono essere riportati nei piani di cui
alla lettera b). Le informazioni devono essere aggiornate nel riesame dei
piani.(*)
7. Le regioni, per
alcuni corpi idrici, possono stabilire di conseguire obiettivi ambientali meno
rigorosi rispetto a quelli di cui al comma 4, qualora, a causa delle
ripercussioni dell'impatto antropico rilevato ai sensi dell'articolo 118 o delle
loro condizioni naturali, non sia possibile o sia esageratamente oneroso il loro
raggiungimento. Devono, in ogni caso, ricorrere le seguenti condizioni:
a) la situazione ambientale e socioeconomica non consente di prevedere altre
opzioni significativamente migliori sul piano ambientale ed economico;
b) la garanzia che:
1) per le acque superficiali venga conseguito il migliore stato ecologico e
chimico possibile, tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente
essere evitati per la natura dell'attivita' umana o dell'inquinamento;
2) per le acque sotterranee siano apportate modifiche minime al loro stato di
qualita', tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente essere
evitati per la natura dell'attivita' umana o dell'inquinamento;
c) per lo stato del corpo idrico non si verifichi alcun ulteriore
deterioramento;
d) gli obiettivi ambientali meno rigorosi e le relative motivazioni figurano
espressamente nel piano di gestione del bacino idrografico e del piano di tutela
di cui agli articoli 117 e 121 e tali obiettivi sono rivisti ogni sei anni
nell'ambito della revisione di detti piani.(*)
8. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 7, la definizione di obiettivi
meno rigorosi è consentita purché essi non comportino l'ulteriore deterioramento
dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui alla lettera b) del
medesimo comma 7, purchè non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi
fissati dalla parte terza del presente decreto in altri corpi idrici compresi
nello stesso bacino idrografico.
9. Nei casi previsti dai commi 6 e 7, i Piani di tutela devono comprendere le
misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi i provvedimenti
integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle
acque. I tempi e gli obiettivi, nonché le relative misure, sono rivisti almeno
ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento
del piano.
10. Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico dovuto a
circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e ragionevolmente
imprevedibili, come alluvioni violente e siccità prolungate, o conseguente a
incidenti ragionevolmente imprevedibili, non dà luogo una violazione delle
prescrizioni della parte terza del presente decreto, purché ricorrano tutte le
seguenti condizioni:
a) che siano adottate tutte le misure volte ad impedire l'ulteriore
deterioramento dello stato di qualità dei corpi idrici e la compromissione del
raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 76 ed al presente articolo in
altri corpi idrici non interessati alla circostanza;
b) che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni in cui detti
eventi possano essere dichiarati ragionevolmente imprevedibili o eccezionali,
anche adottando gli indicatori appropriati;
c) che siano previste ed adottate misure idonee a non compromettere il
ripristino della qualità del corpo idrico una volta conclusisi gli eventi in
questione;
d) che gli effetti degli eventi eccezionali o imprevedibili siano sottoposti a
un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui all'articolo 76, comma 4,
lettera a), venga fatto tutto il possibile per ripristinare nel corpo idrico,
non appena ciò sia ragionevolmente fattibile, lo stato precedente tali eventi;
e) che una sintesi degli effetti degli eventi e delle misure adottate o da
adottare sia inserita nel successivo aggiornamento del Piano di tutela.
10-bis. Le regioni non
violano le disposizioni del presente decreto nei casi in cui:
a) il mancato raggiungimento del buon stato delle acque sotterranee, del buono
stato ecologico delle acque superficiali o, ove pertinente, del buon potenziale
ecologico ovvero l'incapacita' di impedire il deterioramento del corpo idrico
superficiale e sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche
fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni idrogeologiche dei
corpi idrici sotterranei;
b) l'incapacita' di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono
stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attivita' sostenibili
di sviluppo umano purche' sussistano le seguenti condizioni:
1) siano state avviate le misure possibili per mitigare l'impatto negativo sullo
stato del corpo idrico;
2) siano indicate puntualmente ed illustrate nei piani di cui agli articoli 117
e 121 le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni e gli obiettivi siano
rivisti ogni sei anni;
3) le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni di cui alla lettera b)
siano di prioritario interesse pubblico ed i vantaggi per l'ambiente e la
societa', risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, siano
inferiori rispetto ai vantaggi derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni per
la salute umana, per il mantenimento della sicurezza umana o per lo sviluppo
sostenibile;
4) per motivi di fattibilita' tecnica o di costi sproporzionati, i vantaggi
derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni del corpo idrico non possano
essere conseguiti con altri mezzi che garantiscono soluzioni ambientali
migliori.(**)
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dal D.L. n. 59 dell'8 aprile 2008, pubblicato nella GU n. 84 del 9-4-2008, convertito in L. n. 101/2008
(**) N.d.R.: Comma
aggiunto dal D.L. n. 59 dell'8 aprile 2008, pubblicato nella GU n. 84 del
9-4-2008, convertito in L. n. 101/2008
Art. 78.
Standard di qualita' ambientale per le acque superficiali(*)
1. Ai fini della identificazione del buono stato chimico, di cui
all'articolo 74, comma 2, lettera z), si applicano ai corpi idrici superficiali
gli standard di qualita' ambientale, di seguito denominati: "SQA", di cui alla
lettera A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza.
2. Per le finalita' di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano adottano per la colonna d'acqua gli SQA di cui alla tabella
1/A della lettera A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, secondo le modalita'
riportate alla lettera A.2.8 del medesimo allegato.
3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in alternativa alle
disposizioni di cui al comma 2, possono identificare il buono stato chimico
delle acque marino-costiere e delle acque di transizione, utilizzando le matrici
sedimenti e biota limitatamente alle sostanze per le quali sono definiti SQA
nelle suddette matrici. In tal caso le regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano:
a) applicano per il biota
gli SQA riportati alla tabella 3/A della lettera A.2.6. dell'allegato 1 alla
parte terza;
b) applicano per i sedimenti gli SQA riportati alla tabella 2/A della lettera
A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza;
c) rispettano le disposizioni di cui alla lettera A.2.6.1 dell'allegato 1 alla
parte terza concernenti modalita' di monitoraggio e classificazione;
d) trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, le motivazioni della scelta, al fine di fornire elementi di supporto per
la notifica alla Commissione europea e agli altri Stati membri, tramite il
comitato di cui all'articolo 21 della direttiva 2000/60/CE, secondo la procedura
prevista dalle norme comunitarie.
4. Per le sostanze per le quali non sono definiti SQA per le matrici sedimenti e
biota nelle acque marino-costiere e nelle acque di transizione, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano effettuano il monitoraggio nella
colonna d'acqua applicando i relativi SQA di cui alla tabella 1/A dell'allegato
1 alla parte terza.
5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano effettuano l'analisi
della tendenza a lungo termine delle concentrazioni delle sostanze dell'elenco
di priorita' di cui alla tabella 1/A, lettera A.2.6 dell'allegato 1 alla parte
terza che tendono ad accumularsi nei sedimenti e nel biota, ovvero in una sola
delle due matrici, con particolare attenzione per le sostanze riportate nella
citata tabella ai numeri 2, 4, 7, 13, 14, 17, 18, 19, 20, 21, 23, 28, 30 e 34,
conformemente al punto A.3.2.4 dell'allegato 1 alla parte terza.
6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano misure atte
a garantire che tali concentrazioni non aumentino in maniera significativamente
rilevante nei sedimenti e/o nel biota.
7. Le disposizioni del presente articolo concorrono al raggiungimento entro il
20 novembre 2021 dell'obiettivo di eliminare le sostanze pericolose prioritarie
indicate come PP alla tabella 1/A della lettera A.2.6. dell'allegato 1 alla
parte terza negli scarichi, nei rilasci da fonte diffusa e nelle perdite,
nonche' al raggiungimento dell'obiettivo di ridurre gradualmente negli stessi le
sostanze prioritarie individuate come P nella medesima tabella. Per le sostanze
indicate come E l'obiettivo e' di eliminare l'inquinamento delle acque causato
da scarichi, rilasci da fonte diffusa e perdite.
(*) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 1 del Decreto Legislativo 10 dicembre 2010, n. 219, recante "Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualita' ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonche' modifica della direttiva 2000/60/CE e recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque", pubblicato nella GU n. 296 del 20-12-2010.
Art. 78-bis.
Zone di mescolamento (*)
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono
designare zone di mescolamento adiacenti ai punti di scarico di acque reflue
contenenti sostanze dell'elenco di priorita' nel rispetto dei criteri tecnici
stabiliti con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, sulla base delle linee guida definite a livello comunitario, ai
sensi dell'articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2008/105/CE. Le
concentrazioni di una o piu' sostanze di detto elenco possono superare,
nell'ambito di tali zone di mescolamento, gli SQA applicabili, a condizione che
il superamento non abbia conseguenze sulla conformita' agli SQA del resto del
corpo idrico superficiale.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano designano le zone di
mescolamento assicurando che l'estensione di ciascuna di tali zone:
a) sia limitata alle vicinanze del punto di scarico;
b) sia calibrata sulla base delle concentrazioni di inquinanti nel punto di
scarico, dell'applicazione delle disposizioni in materia di disciplina degli
scarichi di cui alla normativa vigente e dell'adozione delle migliori tecniche
disponibili, in funzione del raggiungimento o mantenimento degli obiettivi
ambientali.
3. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autorita' di
distretto riportano, rispettivamente, nei piani di tutela e nei piani di
gestione le zone di mescolamento designate indicando:
a) l'ubicazione e l'estensione;
b) gli approcci e le metodologie applicati per definire tali zone;
c) le misure adottate allo scopo di limitare in futuro l'estensione delle zone
di mescolamento, quali quelle necessarie alla riduzione ed all'eliminazione
dell'inquinamento delle acque superficiali causato dalle sostanze dell'elenco di
priorita' o le misure consistenti nel riesame delle autorizzazioni rilasciate ai
sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e successive
modificazioni, o delle autorizzazioni preventive rilasciate ai sensi del
presente decreto.
4. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano nelle aree
protette elencate all'allegato 9, alle lettere i), ii), iii), v).
(*) N.d.R.: Articolo inserito dall'art. 1 del Decreto Legislativo 10 dicembre 2010, n. 219, recante "Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualita' ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonche' modifica della direttiva 2000/60/CE e recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque", pubblicato nella GU n. 296 del 20-12-2010.
Art. 78-ter.
Inventario dei rilasci da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite (*)
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ciascuna per la
parte di territorio di competenza ricadente in ciascun distretto idrografico,
mettono a disposizione attraverso il sistema SINTAI le informazioni di cui alla
lettera A.2.8.-ter, sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalita'
per la classificazione dello stato di qualita' dei corpi idrici" dell'allegato 1
alla parte terza, secondo le scadenze temporali riportate nel medesimo allegato.
Le informazioni sono ricavate sulla base dell'attivita' di monitoraggio e dell'attivita'
conoscitiva delle pressioni e degli impatti di cui rispettivamente all'allegato
1 e all'allegato 3 - sezione C, alla parte terza.
2. L'Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, di seguito:
ISPRA, rende disponibili attraverso il sistema SINTAI i formati standard,
aggiornandoli sulla base delle linee guida adottate a livello comunitario,
nonche' i servizi per la messa a disposizione delle informazioni da parte delle
regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
3. L'ISPRA elabora l'inventario, su scala di distretto, dei rilasci derivanti da
fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite, di seguito "l'inventario",
distinto in due sezioni: sezione A per le sostanze appartenenti all'elenco di
priorita' e sezione B per le sostanze non appartenenti a detto elenco di
priorita'. L'ISPRA effettua ulteriori elaborazioni sulla base di specifiche
esigenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
4. L'inventario e'
redatto sulla base della elaborazione delle informazioni di cui al comma 1, dei
dati raccolti in attuazione del regolamento (CE) n. 166/2006, nonche' sulla base
di altri dati ufficiali. Nell'inventario sono altresi' riportate, ove
disponibili, le carte topografiche e, ove rilevate, le concentrazioni di tali
sostanze ed inquinanti nei sedimenti e nel biota.
5. L'inventario e' finalizzato a verificare il raggiungimento dell'obiettivo di
cui ai commi 1 e 7 dell'articolo 78, ed e' sottoposto a riesami sulla base degli
aggiornamenti effettuati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di
Bolzano in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 118, comma 2.
6. L' ISPRA, previa verifica e validazione da parte delle regioni e delle
province autonome di Trento e di Bolzano, mette a disposizione di ciascuna
autorita' di distretto, tramite il sistema SINTAI, gli inventari aggiornati su
scala distrettuale ai fini dell'inserimento della sezione A dell'inventario nei
piani di gestione riesaminati da pubblicare.
(*) N.d.R.: Articolo inserito dall'art. 1 del Decreto Legislativo 10 dicembre 2010, n. 219, recante "Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualita' ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonche' modifica della direttiva 2000/60/CE e recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque", pubblicato nella GU n. 296 del 20-12-2010.
Art. 78-quater.
Inquinamento transfrontaliero(*)
1. Qualora si verifichi un superamento di un SQA nei bacini idrografici
transfrontalieri, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
interessate non si ritengono inadempienti se possono dimostrare che:
a) il superamento dell'SQA e' dovuto ad una fonte di inquinamento al di fuori
della giurisdizione nazionale;
b) a causa di tale inquinamento transfrontaliero si e' verificata
l'impossibilita' di adottare misure efficaci per rispettare l'SQA in questione;
c) sia stato applicato, per i corpi idrici colpiti da inquinamento
transfrontaliero, il meccanismo di coordinamento ai sensi dei commi 7 e 8
dell'articolo 75 e, se del caso, sia stato fatto ricorso alle disposizioni di
cui ai commi 6, 7 e 10 dell'articolo 77.
2. Qualora si verifichino le circostanze di cui al comma 1, le regioni, le
province autonome di Trento e di Bolzano e le autorita' di distretto competenti
forniscono le informazioni necessarie al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare per il successivo inoltro alla Commissione europea e
predispongono una relazione sintetica delle misure adottate riguardo
all'inquinamento transfrontaliero da inserire rispettivamente nel piano di
tutela e nel piano di gestione.
(*) N.d.R.: Articolo inserito dall'art. 1 del Decreto Legislativo 10 dicembre 2010, n. 219, recante "Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualita' ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonche' modifica della direttiva 2000/60/CE e recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque", pubblicato nella GU n. 296 del 20-12-2010.
Art. 78-quinquies.
Metodi di analisi per le acque superficiali e sotterranee(*)
1. L'ISPRA assicura che i metodi di analisi, compresi i metodi di
laboratorio, sul campo e on line, utilizzati dalle agenzie regionali per la
protezione dell'ambiente , di seguito: "ARPA", e dalle agenzie provinciali per
la protezione dell'ambiente, di seguito: "APPA", ai fini del programma di
monitoraggio chimico svolto ai sensi dell'allegato 1 alla parte terza, siano
convalidati e documentati ai sensi della norma UNI-EN ISO/CEI - 17025:2005 o di
altre norme equivalenti internazionalmente accettate.
2. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 78, commi 1 e 2, e 78-bis, il monitoraggio e' effettuato applicando le metodiche di campionamento e di analisi riportati alle lettere A.2.8, punti 16, 17 e 18, e A.3.10 dell'allegato 1 alla parte terza.
3. Le disposizioni di cui
al presente articolo, agli articoli 78-sexies, 78-septies e 78-octies ed alla
lettera A.2.8.-bis della sezione A "Stato delle acque superficiali" della parte
2 "Modalita' per la classificazione dello stato di qualita' dei corpi
idrici"dell'allegato 1 alla parte terza si applicano per l'analisi chimica e il
monitoraggio dello stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei.
(*) N.d.R.: Articolo inserito dall'art. 1 del Decreto Legislativo 10 dicembre 2010, n. 219, recante "Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualita' ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonche' modifica della direttiva 2000/60/CE e recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque", pubblicato nella GU n. 296 del 20-12-2010.
Art. 78-sexies.
Requisiti minimi di prestazione per i metodi di analisi(*)
1. L'ISPRA verifica che i requisiti minimi di prestazione per tutti i metodi
di analisi siano basati su una incertezza di misura definita conformemente ai
criteri tecnici riportati alla lettera A.2.8.-bis, sezione A "Stato delle acque
superficiali", parte 2 "Modalita' per la classificazione dello stato di qualita'
dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza.
2. In mancanza di standard di qualita' ambientali per un dato parametro o di un
metodo di analisi che rispetti i requisiti minimi di prestazione di cui al comma
1, le ARPA e le APPA assicurano che il monitoraggio sia svolto applicando le
migliori tecniche disponibili a costi sostenibili.
(*) N.d.R.: Articolo inserito dall'art. 1 del Decreto Legislativo 10 dicembre 2010, n. 219, recante "Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualita' ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonche' modifica della direttiva 2000/60/CE e recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque", pubblicato nella GU n. 296 del 20-12-2010.
Art. 78-septies.
Calcolo dei valori medi(*)
1. Ai fini del calcolo dei valori medi si applicano i criteri tecnici
riportati alla lettera A.2.8.-bis, sezione A "Stato delle acque superficiali",
parte 2 "Modalita' per la classificazione dello stato di qualita' dei corpi
idrici" dell'allegato 1 alla parte terza.
(*) N.d.R.: Articolo inserito dall'art. 1 del Decreto Legislativo 10 dicembre 2010, n. 219, recante "Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualita' ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonche' modifica della direttiva 2000/60/CE e recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque", pubblicato nella GU n. 296 del 20-12-2010.
Art. 78-octies.
Garanzia e controllo di qualita' (*)
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano che i
laboratori delle Agenzie regionali per l'ambiente (ARPA), e delle agenzie
provinciali per l'ambiente (APPA), o degli enti appaltati da queste ultime
applichino pratiche di gestione della qualita' conformi a quanto previsto dalla
norma UNI-EN ISO/CEI-17025:2005 e successive modificazioni o da altre norme
equivalenti internazionalmente riconosciute.
2. L'ISPRA assicura la comparabilita' dei risultati analitici dei laboratori
ARPA, APPA o degli enti appaltati da queste ultime, sulla base:
a) della promozione di programmi di prove valutative delle competenze che
comprendono i metodi di analisi di cui all'articolo 78-quinquies per i misurandi
a livelli di concentrazione rappresentativi dei programmi di monitoraggio delle
sostanze chimiche svolti ai sensi del presente decreto;
b) dell'analisi di materiali di riferimento rappresentativi di campioni
prelevati nelle attivita' di monitoraggio e che contengono livelli di
concentrazioni adeguati rispetto agli standard di qualita' ambientali di cui
all'articolo 78-sexies, comma 1.
3. I programmi di prove valutative di cui al comma 2, lettera a), vengono
organizzati dall'ISPRA o da altri organismi accreditati a livello nazionale o
internazionale, che rispettano i criteri stabiliti dalla norma UNI EN ISO/CEI
17043:2010 o da altre norme equivalenti accettate a livello internazionale.
L'esito della partecipazione a tali programmi viene valutato sulla base dei
sistemi di punteggio definiti dalla norma UNI EN ISO/CEI 17043:2010, dalla norma
ISO-13528:2006 o da altre norme equivalenti internazionalmente accettate.
(*) N.d.R.: Articolo inserito dall'art. 1 del Decreto Legislativo 10 dicembre 2010, n. 219, recante "Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualita' ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonche' modifica della direttiva 2000/60/CE e recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque", pubblicato nella GU n. 296 del 20-12-2010.
Art. 79
Obiettivo di qualità per specifica destinazione
1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:
a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b) le acque destinate alla balneazione;
c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee
alla vita dei pesci;
d) le acque destinate alla vita dei molluschi.
2. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 76, commi 4 e 5, per le acque
indicate al comma 1, è perseguito, per ciascun uso, l'obiettivo di qualità per
specifica destinazione stabilito nell'Allegato 2 alla parte terza del presente
decreto, fatta eccezione per le acque di balneazione.
3. Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente idrico,
stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel Piano di tutela, per mantenere
o adeguare la qualità delle acque di cui al comma 1 all'obiettivo di qualità per
specifica destinazione. Le regioni predispongono apposito elenco aggiornato
periodicamente delle acque di cui al comma 1.
CAPO II - ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE
Art. 80
Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile
1. Le acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate alla
produzione di acqua potabile, sono classificate dalle regioni nelle categorie
A1, A2 e A3, secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di
cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.
2. A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui
al comma 1 sono sottoposte ai trattamenti seguenti:
a) Categoria A1: trattamento fisico semplice e disinfezione;
b) Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;
c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento e
disinfezione.
3. Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e alla classificazione
delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della salute, che provvede al
successivo inoltro alla Commissione europea.
4. Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche fisiche, chimiche
e microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori limite imperativi della
categoria A3 possono essere utilizzate, in via eccezionale, solo qualora non sia
possibile ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le
acque siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le
norme di qualità delle acque destinate al consumo umano.
Art. 81
Deroghe
1. Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le
regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui alla Tabella 1/A
dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto:
a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;
b) limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2 alla parte terza
del presente decreto Tabella 1/A dal simbolo (o), qualora ricorrano circostanze
meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;
c) quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze
con superamento dei valori fissati per le categorie A1, A2 e A3;
d) nel caso di laghi che abbiano una profondità non superiore ai 20 metri, che
per rinnovare le loro acque impieghino più di un anno e nel cui specchio non
defluiscano acque di scarico, limitatamente ai parametri contraddistinti
nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A da un
asterisco (*).
2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto pericolo
per la salute pubblica.
Art. 82
Acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile
1. Fatte salve le disposizioni per le acque dolci superficiali destinate
alla produzione di acqua potabile, le regioni, all'interno del distretto
idrografico di appartenenza, individuano:
a) tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei che forniscono in media oltre
10 m3 al giorno o servono più di 50 persone, e
b) i corpi idrici destinati a tale uso futuro.
2. L'autorità competente provvede al monitoraggio, a norma dell'Allegato 1 alla
parte terza del presente decreto, dei corpi idrici che forniscono in media oltre
100 m3 al giorno.
3. Per i corpi idrici di cui al comma 1 deve essere conseguito l'obiettivo
ambientale di cui agli articoli 76 e seguenti.
Art. 83
Acque di balneazione
1. Le acque destinate alla balneazione devono soddisfare i requisiti di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470.
2. Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai sensi del
decreto di cui al comma 1, le regioni comunicano al Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, entro l'inizio della stagione balneare successiva
alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e,
successivamente, con periodicità annuale prima dell'inizio della stagione
balneare, tutte le informazioni relative alle cause della non balneabilità ed
alle misure che intendono adottare, secondo le modalità indicate dal decreto di
cui all'articolo 75, comma 6.
Art. 84
Acque dolci idonee alla vita dei pesci
1. Le regioni effettuano la designazione delle acque dolci che richiedono
protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci. Ai fini di tale
designazione sono privilegiati:
a) i corsi d'acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e riserve
naturali dello Stato nonché di parchi e riserve naturali regionali;
b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati
nei predetti ambiti territoriali;
c) le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate "di
importanza internazionale" ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio
1971, resa esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo
1976, n. 448, sulla protezione delle zone umide, nonché quelle comprese nelle
"oasi di protezione della fauna", istituite dalle regioni e province autonome ai
sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157;
d) le acque dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle precedenti
categorie, presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico,
ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o
vegetali rare o in via di estinzione, oppure in quanto sede di complessi
ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o, altresì, sede di antiche e
tradizionali forme di produzione ittica che presentino un elevato grado di
sostenibilità ecologica ed economica.
2. Le regioni, entro quindici mesi dalla designazione, classificano le acque
dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualità conformi con
quelli imperativi previsti dalla Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza
del presente decreto come acque dolci "salmonicole" o "ciprinicole".
3. La designazione e la classificazione di cui ai commi 1 e 2 devono essere
gradualmente estese sino a coprire l'intero corpo idrico, ferma restando la
possibilità di designare e classificare, nell'ambito del medesimo, alcuni tratti
come "acqua salmonicola" e alcuni tratti come "acqua ciprinicola". La
designazione e la classificazione sono sottoposte a revisione in relazione ad
elementi imprevisti o sopravvenuti.
4. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della
qualità delle acque dolci idonee alla vita dei pesci, il Presidente della Giunta
regionale o il Presidente della Giunta provinciale, nell'ambito delle rispettive
competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o
restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
5. Sono escluse dall'applicazione del presente articolo e degli articoli 85 e 86
le acque dolci superficiali dei bacini naturali o artificiali utilizzati per
l'allevamento intensivo delle specie ittiche nonché i canali artificiali adibiti
a uso plurimo, di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per
l'allontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.
Art. 85
Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci
1. Le acque designate e classificate ai sensi dell'articolo 84 si
considerano idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti riportati
nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.
2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o più valori dei
parametri riportati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del
presente decreto, le autorità competenti al controllo accertano se
l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad apporti
inquinanti o a eccessivi prelievi, e propongono all'autorità competente le
misure appropriate.
3. Ai fini di una più completa valutazione delle qualità delle acque, le regioni
promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi biologica delle acque
designate e classificate.
Art. 86
Deroghe
1. Per le acque dolci superficiali designate o classificate per essere
idonee alla vita dei pesci, le regioni possono derogare al rispetto dei
parametri indicati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del
presente decreto con il simbolo (o) in caso di circostanze meteorologiche
eccezionali o speciali condizioni geografiche e, quanto al rispetto dei
parametri riportati nella medesima Tabella, in caso di arricchimento naturale
del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto
dell'uomo.
Art. 87
Acque destinate alla vita dei molluschi
1. Le regioni, d'intesa con il Ministero della politiche agricole e
forestali, designano, nell'ambito delle acque marine costiere e salmastre che
sono sede di banchi e di popolazioni naturali di molluschi bivalvi e
gasteropodi, quelle richiedenti protezione e miglioramento per consentire la
vita e lo sviluppo degli stessi e per contribuire alla buona qualità dei
prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l'uomo.
2. Le regioni possono procedere a designazioni complementari, oppure alla
revisione delle designazioni già effettuate, in funzione dell'esistenza di
elementi imprevisti al momento della designazione.
3. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della
qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi, il Presidente della
Giunta regionale, il Presidente della Giunta provinciale e il Sindaco,
nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e
motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
Art. 88
Accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei
molluschi
1. Le acque designate ai sensi dell'articolo 87 devono rispondere ai requisiti
di qualità di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente
decreto. In caso contrario, le regioni stabiliscono programmi per ridurne
l'inquinamento.
2. Se da un campionamento risulta che uno o più valori dei parametri di cui alla
Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto non sono
rispettati, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia
dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita o ad altri fattori di inquinamento
e le regioni adottano misure appropriate.
Art. 89
Deroghe
1. Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le regioni possono derogare
ai requisiti di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del
presente decreto in caso di condizioni meteorologiche o geomorfologiche
eccezionali.
Art. 90
Norme sanitarie
1. Le attività di cui agli articoli 87, 88 e 89 lasciano impregiudicata
l'attuazione delle norme sanitarie relative alla classificazione delle zone di
produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai sensi del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.
TITOLO III - TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI
CAPO I - AREE RICHIEDENTI SPECIFICHE MISURE DI PREVENZIONE DALL'INQUINAMENTO
E DI RISANAMENTO
Art. 91
Aree sensibili
1. Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri dell'Allegato 6 alla
parte terza del presente decreto. Sono comunque aree sensibili:
a) i laghi di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto, nonché i
corsi d'acqua a esse afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di
costa;
b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di
Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;
c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio
1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976,
n. 448;
d) le aree costiere dell'Adriatico-Nord Occidentale dalla foce dell'Adige al
confine meridionale del comune di Pesaro e i corsi d'acqua ad essi afferenti per
un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
e) il lago di Garda e il lago d'Idro;
f) i fiumi Sarca-Mincio, Oglio, Adda, Lambro-Olona meridionale e Ticino;
g) il fiume Arno a valle di Firenze e i relativi affluenti;
h) il golfo di Castellammare in Sicilia;
i) le acque costiere dell'Adriatico settentrionale.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la
Conferenza Stato-regioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in
vigore della parte terza del presente decreto individua con proprio decreto
ulteriori aree sensibili identificate secondo i criteri di cui all'Allegato 6
alla parte terza del presente decreto.
3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla
tutela di Venezia.
4. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di
bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto, e successivamente ogni due anni, possono designare ulteriori
aree sensibili ovvero individuare all'interno delle aree indicate nel comma 2 i
corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.
5. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di
bacino, delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono
all'inquinamento di tali aree.
6. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede con proprio
decreto, da emanare ogni quattro anni dalla data di entrata in vigore della
parte terza del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, alla
reidentificazione delle aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti che
contribuiscono all'inquinamento delle aree sensibili.
7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 2, 4, e 6 devono
soddisfare i requisiti dell'articolo 106 entro sette anni dall'identificazione.
8. Gli scarichi recapitanti nei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili di
cui ai commi 2 e 6 sono assoggettate alle disposizioni di cui all'articolo 106.
Art. 92
Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola
1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all'Allegato
7/A-I alla parte terza del presente decreto.
2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree
elencate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto.
3. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti alla data di entrata
in vigore della parte terza del presente decreto, dopo quattro anni da tale data
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto,
sentita la Conferenza Stato-regioni, può modificare i criteri di cui al comma 1.
4. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza
del presente decreto, sulla base dei dati disponibili e tenendo conto delle
indicazioni stabilite nell'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto,
le regioni, sentite le Autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone
vulnerabili oppure, all'interno delle zone indicate nell'Allegato 7/A-III alla
parte terza del presente decreto, le parti che non costituiscono zone
vulnerabili.
5. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti al momento della
precedente designazione, almeno ogni quattro anni le regioni, sentite le
Autorità di bacino, possono rivedere o completare le designazioni delle zone
vulnerabili. A tal fine le regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni,
un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle
acque dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui
all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, nonché riesaminano lo
stato eutrofico causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di
transizione e delle acque marine costiere.
6. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 4 e 5 devono essere attuati i
programmi di azione di cui al comma 7, nonché le prescrizioni contenute nel
codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche
agricole e forestali 19 aprile 1999, pubblicato nel Supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999.
7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 4, ed entro un anno dalla
data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 5, le regioni, sulla
base delle indicazioni e delle misure di cui all'Allegato 7/A-IV alla parte
terza del presente decreto, definiscono, o rivedono se già posti in essere, i
programmi d'azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque
dall'inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro
attuazione nell'anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 4 e
nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 5.
8. Le regioni provvedono, inoltre, a:
a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona
pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione;
b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli
agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;
c) elaborare ed applicare, entro quattro anni a decorrere dalla definizione o
revisione dei programmi di cui al comma 7, i necessari strumenti di controllo e
verifica dell'efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti;
ove necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le
ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi
di attuazione delle misure stesse.
9. Le variazioni apportate alle designazioni, i programmi di azione, i risultati
delle verifiche dell'efficacia degli stessi e le revisioni effettuate sono
comunicati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo le
modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 6. Al Ministero per
le politiche agricole e forestali è data tempestiva notizia delle integrazioni
apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma 8, lettera a),
nonché degli interventi di formazione e informazione.
10. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque è
raccomandata l'applicazione del codice di buona pratica agricola anche al di
fuori delle zone vulnerabili.
Art. 93
Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone vulnerabili alla
desertificazione
1. Con le modalità previste dall'articolo 92, e sulla base delle indicazioni
contenute nell'Allegato 7/B alla parte terza del presente decreto, le regioni
identificano le aree vulnerabili da prodotti fitosanitari secondo i criteri di
cui all' art. 5, comma 21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo
scopo di proteggere le risorse idriche o altri comparti ambientali
dall'inquinamento derivante dall'uso di prodotti fitosanitari.
2. Le regioni e le Autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di
competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità, degrado del
suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla
desertificazione.
3. Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito della pianificazione di distretto
e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i
criteri previsti nel Piano d'azione nazionale di cui alla delibera CIPE del 22
dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.
Art. 94
Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e
sotterranee destinate al consumo umano
1. Su proposta delle Autorità d'ambito, le regioni, per mantenere e
migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee
destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che
riveste carattere di pubblico interesse, nonché per la tutela dello stato delle
risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta
e zone di rispetto, nonché, all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di
ricarica della falda, le zone di protezione.
2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le Autorità
competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la
conservazione e la tutela della risorsa e per il controllo delle caratteristiche
qualitative delle acque destinate al consumo umano.
3. La zona di tutela assoluta è costituita dall'area immediatamente circostante
le captazioni o derivazioni: essa, in caso di acque sotterranee e, ove
possibile, per le acque superficiali, deve avere un'estensione di almeno dieci
metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e
dev'essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad
infrastrutture di servizio.
4. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la
zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da
tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può
essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in
relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione
locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare, nella zona di
rispetto sono vietati l'insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo
svolgimento delle seguenti attività:
a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;
b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che
l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno
specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle
colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità
delle risorse idriche;
d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e
strade;
e) aree cimiteriali;
f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al
consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione dell'estrazione ed alla
protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;
h) gestione di rifiuti;
i) stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze
radioattive;
l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
m) pozzi perdenti;
n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di
azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e
distribuzione. È comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di
rispetto ristretta.
5. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 4, preesistenti, ove
possibile, e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le
misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la loro
messa in sicurezza. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore
della parte terza del presente decreto le regioni e le province autonome
disciplinano, all'interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture o
attività:
a) fognature;
b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;
d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla
lettera c) del comma 4.
6. In assenza dell'individuazione da parte delle regioni o delle province
autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha
un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di
derivazione.
7. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle
regioni o delle province autonome per assicurare la protezione del patrimonio
idrico. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del
territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili,
produttivi, turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti
urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.
8. Ai fini della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora
utilizzate per l'uso umano, le regioni e le province autonome individuano e
disciplinano, all'interno delle zone di protezione, le seguenti aree:
a) aree di ricarica della falda;
b) emergenze naturali ed artificiali della falda;
c) zone di riserva.
CAPO II - TUTELA QUANTITATIVA DELLA RISORSA E RISPARMIO IDRICO
Art. 95
Pianificazione del bilancio idrico
1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli
obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle
acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire
un consumo idrico sostenibile.
2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l'equilibrio
del bilancio idrico come definito dalle Autorità di bacino, nel rispetto delle
priorità stabilite dalla normativa vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle
disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della
falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative
caratteristiche qualitative e quantitative.
3. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza
del presente decreto, le regioni definiscono, sulla base delle linee guida
adottate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio
decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché sulla base dei
criteri già adottati dalle Autorità di bacino, gli obblighi di installazione e
manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi per la
misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica derivati, in
corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di restituzione, nonché
gli obblighi e le modalità di trasmissione dei risultati delle misurazioni
dell'Autorità concedente per il loro successivo inoltro alla regione ed alle
Autorità di bacino competenti. Le Autorità di bacino provvedono a trasmettere i
dati in proprio possesso al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa
del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA)
secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 6.
4. Salvo quanto previsto al comma 5, tutte le derivazioni di acqua comunque in
atto alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono
regolate dall'Autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a
garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i
criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare con
apposito decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, senza che ciò
possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica
amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di
concessione.
5. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2, le Autorità concedenti effettuano il
censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico sulla
base dei criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
le medesime Autorità provvedono successivamente, ove necessario, alla revisione
di tale censimento, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o
quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da
parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del
canone demaniale di concessione.
6. Nel provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai sensi dell'
art. 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono contenute le
prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei
corpi idrici nonché le prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del
bilancio idrico.
Art. 96
Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775
1. Il secondo comma dell' art. 7 del testo unico delle disposizioni sulle
acque e impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775, è sostituito dal seguente: [....].
2. I commi 1 e 1-bis dell' art. 9 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,
sono sostituiti dai seguenti: [....].
3. L' art. 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal
seguente: [....].
4. L' art. 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal
seguente: [....].
5. Il secondo comma dell' art. 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,
già abrogato dall'articolo 23 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152,
resta abrogato.
6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o utilizzazioni
di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto è ammessa la
presentazione di domanda di concessione in sanatoria entro il 30 giugno 2006
previo pagamento della sanzione di cui all' art. 17 del regio decreto 11
dicembre 1933, n. 1775, aumentata di un quinto. Successivamente a tale data,
alle derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte
abusivamente in atto si applica l'articolo 17, comma 3, del regio decreto 11
dicembre 1933 n. 1775. La concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto
della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza
del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione può
proseguire fermo restando l'obbligo del pagamento del canone per l'uso
effettuato e il potere dell'autorità concedente di sospendere in qualsiasi
momento l'utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il
raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità e dell'equilibrio
del bilancio idrico. Restano comunque ferme le disposizioni di cui all'articolo
95, comma 5.
7. I termini entro i quali far valere, a pena di decadenza, ai sensi degli
articoli 3 e 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il diritto al
riconoscimento o alla concessione di acque che hanno assunto natura pubblica a
norma dell' art. 1, comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché per la
presentazione delle denunce dei pozzi a norma dell' art. 10 del decreto
legislativo 12 luglio 1993, n. 275, sono prorogati al 31 dicembre 2007*. In tali
casi i canoni demaniali decorrono dal 10 agosto 1999. Nel provvedimento di
concessione preferenziale sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci
volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e quelle
prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.
8. Il primo comma dell' art. 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è
sostituito dal seguente: [....].
9. Dopo il terzo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775 è inserito il seguente: [....].
10. Fatta salva l'efficacia delle norme più restrittive, tutto il territorio
nazionale è assoggettato a tutela ai sensi dell' art. 94 del regio decreto 11
dicembre 1933, n. 1775.
11. Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle concessioni di
derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del
demanio idrico nelle quali sono indicate anche le possibilità di libero utilizzo
di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi di canali di proprietà
privata. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, disciplinano forme di
regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per gli usi domestici, come
definiti dall' art. 93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia
necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico.
*Nota: l'originario termine del 30 giugno 2006 è stato così prorogato per
effetto dell'art. 2, c. 1 del D.L. 28 dicembre 2006 n. 300 - cd. "Decreto
milleproroghe" (G.U. n. 300 del28/12/2006), come modificato in sede di
conversione in L. n. 17/2007
(G.U. n. 47 del 26.2.2007, S.O.
n. 48).
Art. 97
Acque minerali naturali e di sorgenti
1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle
acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di
approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del
Piano di tutela di cui all'articolo 121.
Art. 98
Risparmio idrico
1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure
necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad
incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l'utilizzazione delle
migliori tecniche disponibili.
2. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, approvano specifiche norme sul
risparmio idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione degli usi, sulla
corretta individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli
effettivi emungimenti.
Art. 99
Riutilizzo dell'acqua
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto,
sentiti i Ministri delle politiche agricole e forestali, della salute e delle
attività produttive, detta le norme tecniche per il riutilizzo delle acque
reflue.
2. Le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale, e sentita la
Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche(*), adottano norme e
misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue
depurate.
(*) Nota: si riporta di seguito il testo dell'art. 1, c. 5 del D.Lgs. 284/2006:
"5. Gli articoli 159, 160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono soppressi."
L'art. 9 bis, comma 6,
del d.l. n. 39/2009 ha successivamente previsto che: La denominazione
"Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche" sostituisce, ad
ogni effetto, la denominazione "Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse
idriche", ovunque presente.
CAPO III - TUTELA QUALITATIVA DELLA RISORSA: DISCIPLINA DEGLI SCARICHI
Art. 100
Reti fognarie
1. Gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 2.000
devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane.
2. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si
effettuano adottando le migliori tecniche disponibili e che comportino costi
economicamente ammissibili, tenendo conto, in particolare:
a) della portata media, del volume annuo e delle caratteristiche delle acque
reflue urbane;
b) della prevenzione di eventuali fenomeni di rigurgito che comportino la
fuoriuscita delle acque reflue dalle sezioni fognarie;
c) della limitazione dell'inquinamento dei ricettori, causato da tracimazioni
originate da particolari eventi meteorici.
3. Per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono acque reflue
domestiche, le regioni individuano sistemi individuali o altri sistemi pubblici
o privati adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale,
indicando i tempi di adeguamento degli scarichi a detti sistemi.
Art. 101
Criteri generali della disciplina degli scarichi
1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi
di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite
previsti nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. L'autorizzazione
può in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee
prescrizioni per i periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di
guasti nonché per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno alle
condizioni di regime.
2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia,
tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche
disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui
all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione
massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni
sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non
possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'Allegato
5 alla parte terza del presente decreto:
a) nella Tabella 1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi
idrici superficiali;
b) nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi
idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;
c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;
d) nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del
medesimo Allegato.
3. Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi
assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono essere resi accessibili per
il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo nel punto
assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto
dall'articolo 108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della
immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e
sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
4. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare tutte le
ispezioni che ritenga necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno
luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali
contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15,
16, 17 e 18 della tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente
decreto subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello
scarico generale.
5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti
mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è
comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate
esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del
trattamento degli stessi per adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza dal
presente decreto. L'autorita' competente, in sede di autorizzazione prescrive
che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per
la produzione di energia, sia separato dagli scarichi terminali contenenti le
sostanze di cui al comma 4.(*)
6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino
parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina
dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi
di qualità del corpo idrico ricettore. In ogni caso le acque devono essere
restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e
senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state
prelevate.
7. Salvo quanto previsto dall'articolo 112, ai fini della disciplina degli
scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le
acque reflue:
a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno
e/o alla silvicoltura;
b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame [che, per quanto
riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l'utilizzazione agronomica in
conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base dei criteri e delle
norme tecniche generali di cui all'articolo 112, comma 2, e che dispongono di
almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna delle quantità indicate nella
Tabella 6 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;](**)
c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che
esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione
agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel
ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura
prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque
titolo la disponibilità;
d) provenienti da impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a
scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore
a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua o in cui venga utilizzata una
portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;
e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate
dalla normativa regionale;
f) provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di
settore.
8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Servizio geologico d'Italia
-Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (ISPRA) e alla Commissione nazionale per la vigilanza
sulle risorse idriche (***) le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonché
allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità di cui all'articolo
75, comma 5.
9. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo
stato dell'ambiente le regioni pubblicano ogni due anni, sui propri Bollettini
Ufficiali e siti internet istituzionali, una relazione sulle attività di
smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le
modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 5.
10. Le Autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di
programma con soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio
idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero come materia prima
dei fanghi di depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti
economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e
di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla
disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle
misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.
(*) N.d.R.: Periodo così sostituito dall'art. 2, c. 8, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"L'autorità competente, in sede di autorizzazione, può prescrivere che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia sia separato dallo scarico terminale di ciascuno stabilimento."
(**) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2, c. 9, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(***) N.d.R.: si riporta di seguito il testo dell'art. 1, c. 5 del D.Lgs. 284/2006:
"5. Gli articoli 159,
160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il
Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio
nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni.
Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono
soppressi." L'art. 9 bis, comma 6, del d.l. n. 39/2009 ha successivamente
previsto che: La denominazione "Commissione nazionale per la vigilanza sulle
risorse idriche" sostituisce, ad ogni effetto, la denominazione "Comitato per la
vigilanza sull'uso delle risorse idriche", ovunque presente.
Art. 102
Scarichi di acque termali
1. Per le acque termali che presentano all'origine parametri chimici con
valori superiori a quelli limite di emissione, è ammessa la deroga ai valori
stessi a condizione che le acque siano restituite con caratteristiche
qualitative non superiori rispetto a quelle prelevate ovvero che le stesse,
nell'ambito massimo del 10 per cento, rispettino i parametri batteriologici e
non siano presenti le sostanze pericolose di cui alle Tabelle 3/A e 5
dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
2. Gli scarichi termali sono ammessi, fatta salva la disciplina delle
autorizzazioni adottata dalle regioni ai sensi dell'articolo 124, comma 5:
a) in corpi idrici superficiali, purché la loro immissione nel corpo ricettore
non comprometta gli usi delle risorse idriche e non causi danni alla salute ed
all'ambiente;
b) sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, previa verifica delle
situazioni geologiche;
c) in reti fognarie, purché vengano osservati i regolamenti emanati dal gestore
del servizio idrico integrato e vengano autorizzati dalle Autorità di ambito;
d) in reti fognarie di tipo separato previste per le acque meteoriche.
Art. 103
Scarichi sul suolo
1. È vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del
sottosuolo, fatta eccezione:
a) per i casi previsti dall'articolo 100, comma 3;
b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;
c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia
accertata l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità, a fronte dei benefici
ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli
stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal
fine dalle regioni ai sensi dell'articolo 101, comma 2. Sino all'emanazione di
nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della Tabella 4
dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali
nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi
fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non
comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli;
e) per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separate;
f) per le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici, dalle operazioni di
manutenzione delle reti idropotabili e dalla manutenzione dei pozzi di
acquedotto.
2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo
esistenti devono essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti
fognarie ovvero destinati al riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate
con il decreto di cui all'articolo 99, comma 1. In caso di mancata ottemperanza
agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli
effetti revocata.
3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1 devono essere conformi ai
limiti della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al
punto 2.1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
Art. 104
Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee
1. È vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.
2. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità competente, dopo indagine
preventiva, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque
utilizzate per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave
o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi
comprese quelle degli impianti di scambio termico.
3. In deroga a quanto previsto al comma 1, per i giacimenti a mare, il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con
il Ministero dello sviluppo economico e, per i giacimenti a terra, ferme
restando le competenze del Ministero dello sviluppo economico in materia di
ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, le regioni possono
autorizzare lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle
unita' geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti
ovvero in unita' dotate delle stesse caratteristiche che contengano, o abbiano
contenuto, idrocarburi, indicando le modalita' dello scarico. Lo scarico non
deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per
qualita' e quantita', da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi.
Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni
tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere
altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.(*)
4. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità competente, dopo indagine
preventiva anche finalizzata alla verifica dell'assenza di sostanze estranee,
può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per il
lavaggio e la lavorazione degli inerti, purché i relativi fanghi siano
costituiti esclusivamente da acqua ed inerti naturali ed il loro scarico non
comporti danneggiamento alla falda acquifera. A tal fine, l'Agenzia regionale
per la protezione dell'ambiente (ARPA) competente per territorio, a spese del
soggetto richiedente l'autorizzazione, accerta le caratteristiche quantitative e
qualitative dei fanghi e l'assenza di possibili danni per la falda, esprimendosi
con parere vincolante sulla richiesta di autorizzazione allo scarico.
5. Per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi
o gassosi in mare, lo scarico delle acque diretto in mare avviene secondo le
modalità previste dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare con
proprio decreto, purché la concentrazione di olii minerali sia inferiore a 40
mg/l. Lo scarico diretto a mare è progressivamente sostituito dalla iniezione o
reiniezione in unità geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non più
produttivi ed idonei all'iniezione o reiniezione, e deve avvenire comunque nel
rispetto di quanto previsto dai commi 2 e 3.
6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in sede di
autorizzazione allo scarico in unità geologiche profonde di cui al comma 3,
autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le modalità previste dai
commi 5 e 7, per i seguenti casi:
a) per la frazione di acqua eccedente, qualora la capacità del pozzo iniettore o
reiniettore non sia sufficiente a garantire la ricezione di tutta l'acqua
risultante dall'estrazione di idrocarburi;
b) per il tempo necessario allo svolgimento della manutenzione, ordinaria e
straordinaria, volta a garantire la corretta funzionalità e sicurezza del
sistema costituito dal pozzo e dall'impianto di iniezione o di reiniezione.
7. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6 è autorizzato
previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l'assenza di
pericoli per le acque e per gli ecosistemi acquatici.
8. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 5 e 7, gli scarichi nel
sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati,
devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove
possibile, al riciclo, al riutilizzo o all'utilizzazione agronomica. In caso di
mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico è
revocata.
(*) N.d.R.: Comma
sostituito dall'art. 7, c. 6 del D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30, recante:
"Attuazione della direttiva 2006/118/CE, relativa alla protezione delle acque
sotterranee dall'inquinamento e dal deterioramento" (in G.U. 04/04/2009, n.79)
Art. 105
Scarichi in acque superficiali
1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono
rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101,
commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità.
2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie,
provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti
in acque dolci ed in acque di transizione, e gli scarichi provenienti da
agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque
marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità
con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un
trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le
indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite
di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.
5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie
provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti,
tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento
degli obiettivi di qualità.
6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone d'alta montagna,
ossia al di sopra dei 1500 metri sul livello del mare, dove, a causa delle basse
temperature, è difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono
essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3,
purché appositi studi comprovino che i suddetti scarichi non avranno
ripercussioni negative sull'ambiente.
Art. 106
Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree
sensibili
1. Ferme restando le disposizioni dell'articolo 101, commi 1 e 2, le acque
reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti,
che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono
essere sottoposte ad un trattamento più spinto di quello previsto dall'articolo
105, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell'Allegato 5 alla parte
terza del presente decreto.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in
cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico
complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue
urbane è pari almeno al settantacinque per cento per il fosforo totale oppure
per almeno il settantacinque per cento per l'azoto totale.
3. Le regioni individuano, tra gli scarichi provenienti dagli impianti di
trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno dei bacini drenanti
afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo all'inquinamento di tali
aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del
raggiungimento dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori.
Art. 107
Scarichi in reti fognarie
1. Ferma restando l'inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla
tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e,
limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del medesimo
Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che
recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle
prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati dall'Autorità d'ambito
competente in base alle caratteristiche dell'impianto, e in modo che sia
assicurata la tutela del corpo idrico ricettore nonché il rispetto della
disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell'articolo
101, commi 1 e 2.
2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono
sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del
servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità d'ambito competente.
3. Non e' ammesso lo
smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di
quelli organici provenienti dagli scarti dell'alimentazione trattati con
apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in
particelle sottili, previo accertamento dell'esistenza di un sistema di
depurazione da parte dell'ente gestore del servizio idrico integrato, che
assicura adeguata informazione al pubblico anche in merito alla planimetria
delle zone servite da tali sistemi. L'installazione delle apparecchiature e'
comunicata da parte del rivenditore al gestore del servizio idrico, che ne
controlla la diffusione sul territorio.(*)
4. Le regioni, sentite le province, possono stabilire norme integrative per il
controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle
pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per
il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative
autorizzazioni.
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 9 quater del d.l. n. 172/2008, introdotto in sede di
conversione in legge (L. 30 dicembre 2008, n. 210, pubblicata nella G.U. n. 2
del 3-1-2009). Lo stesso articolo ha abrogato la norma di cui all'art. 2, cc.
8-bis e 19, del d.lgs. n. 4/2008, la quale modificava il comma 3 nei seguenti
termini: "3. Non e' ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in
fognatura".
Art. 108
Scarichi di sostanze pericolose
1. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano
agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione,
la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5
dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi sia
accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai
limiti di rilevabilità consentiti dalle metodiche di rilevamento in essere alla
data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, o,
successivamente, superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dagli
aggiornamenti a tali metodiche messi a punto ai sensi del punto 4 dell'Allegato
5 alla parte terza del presente decreto.
2. Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione
della sostanza considerata nell'ambiente in cui è effettuato lo scarico,
l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione fissa(*), nei
casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi
dell'articolo 101, commi 1 e 2, impediscano o pregiudichino il conseguimento
degli obiettivi di qualità previsti nel Piano di tutela di cui all'articolo 121,
anche per la compresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite
di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'articolo 101, commi
1 e 2.
3. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo
107 e del comma 2 del presente articolo, entro il 30 ottobre 2007 devono essere
attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi delle imprese assoggettate alle
disposizioni del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto. Dette
prescrizioni, concernenti valori limite di emissione, parametri e misure
tecniche, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza obbligo di
utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle
caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione
geografica e delle condizioni locali dell'ambiente.
4. Per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del
presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima
tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima della
sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico
dell'attività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in
conformità con quanto indicato nella stessa Tabella. Gli scarichi contenenti le
sostanze pericolose di cui al comma 1 sono assoggettati alle prescrizioni di cui
al punto 1.2.3. dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
5. Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della Tabella 5
dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il punto di misurazione
dello scarico è fissato secondo quanto previsto dall'autorizzazione integrata
ambientale di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di
attività non rientranti nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito
dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo
stabilimento medesimo. L'autorità competente può richiedere che gli scarichi
parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano
tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora,
come nel caso dell'articolo 124, comma 2, secondo periodo, l'impianto di
trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di
cui alla tabella 5 del medesimo allegato 5, riceva, tramite condotta, acque
reflue provenienti da altri stabilimenti industriali o acque reflue urbane,
contenenti sostanze diverse non utili ad un modifica o ad una riduzione delle
sostanze pericolose,(**) in
sede di autorizzazione l'autorità competente ridurrà opportunamente i valori
limite di emissione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per
ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto
della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue.
6. L'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione per le sostanze di cui
alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,
derivanti dai cicli produttivi indicati nella tabella medesima, redige un elenco
delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi esistenti e dei controlli
effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.
(*) N.d.R.: Le parole
"può fissare" sono state così modificate dall'art. 2, c. 9, del d.lgs. n. 4 del
16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario
n.24
(**) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2, c. 10, del d.lgs. n. 4 del 16
gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24.
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"Qualora l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo Allegato 5, riceva acque reflue contenenti sostanze pericolose non sensibili al tipo di trattamento adottato,"
CAPO IV - ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA DEI CORPI IDRICI
Art. 109
Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e
attività di posa in mare di cavi e condotte
1. Al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformità alle disposizioni
delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è consentita l'immersione
deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque
del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri
e terrapieni costieri, dei materiali seguenti:
a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei
emersi;
b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo,
ove ne sia dimostrata la compatibilità e l'innocuità ambientale;
c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto
durante l'attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.
2. L'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1,
lettera a), è rilasciata dall'autorità competente solo quando è dimostrata,
nell'ambito della relativa istruttoria, l'impossibilità tecnica o economica del
loro utilizzo ai fini di ripascimento o di recupero oppure del loro smaltimento
alternativo in conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle
infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole e forestali, delle
attività produttive previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da
emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte
terza del presente decreto.
3. L'immersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), è soggetta
ad autorizzazione, con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione
di impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non comportino aumento
della cubatura delle opere preesistenti, è dovuta la sola comunicazione
all'autorità competente.
4. L'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera c), non è
soggetta ad autorizzazione.
5. La movimentazione dei fondali marini derivante dall'attività di posa in mare
di cavi e condotte è soggetta ad autorizzazione regionale rilasciata, in
conformità alle modalità tecniche stabilite con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle
attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche
agricole e forestali, per quanto di competenza, da emanarsi entro centoventi
giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.
Nel caso di condotte o cavi facenti parte di reti energetiche di interesse
nazionale, o di connessione con reti energetiche di altri stati,
l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, sentite le regioni interessate, nell'ambito del procedimento unico
di autorizzazione delle stesse reti.
Art. 110
Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque
reflue urbane
1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3, è vietato l'utilizzo degli impianti
di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.
2. In deroga al comma 1, l'autorità competente, d'intesa con l'Autorità
d'ambito, in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità
residua di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a
smaltire nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi,
limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.
3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità
competente ai sensi dell'articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in
impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i
valori limite di cui all'articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e
materiali, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da
altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati:
a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti
per lo scarico in fognatura;
b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di
sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi
dell'articolo 100, comma 3;
c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché
quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei
quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente
e/o economicamente.
4. L'attività di cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purché non sia
compromesso il possibile riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi.
5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico
integrato deve indicare la capacità residua dell'impianto e le caratteristiche e
quantità dei rifiuti che intende trattare. L'autorità competente può indicare
quantità diverse o vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti.
L'autorità competente provvede altresì all'iscrizione in appositi elenchi dei
gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui
al comma 3.
6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui ai commi 2 e 3 si applica l'apposita
tariffa determinata dall'Autorità d'ambito.
7. Il produttore ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della
normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti
di cui al comma 3, lettera b), che è tenuto al rispetto dei soli obblighi
previsti per i produttori dalla vigente normativa in materia di rifiuti. Il
gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei commi 3 e 5, tratta
rifiuti è soggetto all'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico
secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia di rifiuti.
Art. 111
Impianti di acquacoltura e piscicoltura
1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di
concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali, delle
infrastrutture e dei trasporti e delle attività produttive, e previa intesa con
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al
contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attività di acquacoltura
e di piscicoltura.
Art. 112
Utilizzazione agronomica
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 92 per le zone vulnerabili e
dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per gli impianti di allevamento
intensivo di cui al punto 6.6 dell'ALLEGATO 1 al predetto decreto,
l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di
vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11
novembre 1996, n. 574, nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di
cui all'articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende
agroalimentari, così come individuate in base al decreto del Ministro delle
politiche agricole e forestali di cui al comma 2, è soggetta a comunicazione
all'autorità competente ai sensi all'articolo 75 del presente decreto.
2. Le regioni disciplinano le attività di utilizzazione agronomica di cui al
comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con
decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i
Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle attività produttive,
della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore
del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi
idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il
mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente
decreto.
3. Nell'ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinati in
particolare:
a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre
1996, n. 574;
b) i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione, prevedendo
procedure semplificate nonché specifici casi di esonero dall'obbligo di
comunicazione per le attività di minor impatto ambientale;
c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo agronomico;
d) i criteri e le procedure di controllo, ivi comprese quelle inerenti
l'imposizione di prescrizioni da parte dell'autorità competente, il divieto di
esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell'attività di cui al
comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme
tecniche e delle prescrizioni impartite;
e) le sanzioni amministrative pecuniarie fermo restando quanto disposto
dall'articolo 137, comma 15.
Art. 113
Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia
1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni,
previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare,
disciplinano e attuano:
a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento
provenienti da reti fognarie separate;
b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche
di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a
particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione.
2. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a
vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto.
3. Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le
acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e
opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni
nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento
da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che
creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi
idrici.
4. È comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque meteoriche
nelle acque sotterranee.
Art. 114
Dighe
1. Le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque
utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di
potabilizzazione, nonché delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni
diversi da quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di
garantire il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui
al titolo II della parte terza del presente decreto.
2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la
salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata sia del corpo ricettore, le
operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate
sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il progetto di gestione
è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse
con le attività di manutenzione da eseguire sull'impianto, sia le misure di
prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle
attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle
dell'invaso durante le operazioni stesse.
3. Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli
organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore.
Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate dal decreto del Presidente
della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di
persone e cose.
4. Il progetto di gestione è predisposto dal gestore sulla base dei criteri
fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e
dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle
attività produttive e con quello delle politiche agricole e forestali, previa
intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni
dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.
5. Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali
prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, previo parere
dell'amministrazione competente alla vigilanza sulla sicurezza dell'invaso e
dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89 e 91 del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112, e sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree
protette direttamente interessate; per le dighe di cui al citato articolo 91 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il progetto approvato è trasmesso al
Registro italiano dighe (RID) per l'inserimento, anche in forma sintetica, come
parte integrante del foglio condizioni per l'esercizio e la manutenzione di cui
all' art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n.
1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende
approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione
senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente,
fermo restando il potere di tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche
trascorso tale termine.
6. Con l'approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le
operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai limiti indicati
nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.
7. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti le amministrazioni
determinano specifiche modalità ed importi per favorire lo sghiaiamento e
sfangamento degli invasi per asporto meccanico.
8. I gestori degli invasi esistenti, che ancora non abbiano ottemperato agli
obblighi previsti dal decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del
territorio 30 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 16
novembre 2004, sono tenuti a presentare il progetto di cui al comma 2 entro sei
mesi dall'emanazione del decreto di cui al comma 4. Fino all'approvazione o alla
operatività del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla
data di entrata in vigore del predetto decreto, le operazioni periodiche di
manovre prescritte ai sensi dell' art. 17 del decreto del Presidente della
Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a controllare la funzionalità degli
organi di scarico, sono svolte in conformità ai fogli di condizione per
l'esercizio e la manutenzione.
9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono
pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, né il rispetto degli obiettivi
di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione.
Art. 115
Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici
1. Al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione
spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di
filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di
stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità da
contemperarsi con le esigenze di funzionalità dell'alveo, entro un anno dalla
data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni
disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del
soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi,
laghi, stagni e lagune, comunque vietando la copertura dei corsi d'acqua che non
sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di
impianti di smaltimento dei rifiuti.
2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti all'autorizzazione
prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli
interventi a salvaguardia della pubblica incolumità.
3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei
torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo
scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a
interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano
già comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell'elenco
ufficiale previsto dalla vigente normativa, la concessione è gratuita.
4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5
gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.
Art. 116
Programmi di misure
1. Le regioni, nell'ambito delle risorse disponibili, integrano i Piani di
tutela di cui all'articolo 121 con i programmi di misure costituiti dalle misure
di base di cui all'Allegato 11 alla parte terza del presente decreto e, ove
necessarie, dalle misure supplementari di cui al medesimo Allegato; tali
programmi di misure sono sottoposti per l'approvazione all'Autorità di bacino.
Qualora le misure non risultino sufficienti a garantire il raggiungimento degli
obiettivi previsti, l'Autorità di bacino ne individua le cause e indica alle
regioni le modalità per il riesame dei programmi, invitandole ad apportare le
necessarie modifiche, fermo restando il limite costituito dalle risorse
disponibili. Le misure di base e supplementari devono essere comunque tali da
evitare qualsiasi aumento di inquinamento delle acque marine e di quelle
superficiali. I programmi sono approvati entro il 2009 ed attuati dalle regioni
entro il 2012; il successivo riesame deve avvenire entro il 2015 e dev'essere
aggiornato ogni sei anni.
TITOLO IV - STRUMENTI DI TUTELA
CAPO I - PIANI DI GESTIONE E PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE
Art. 117
Piani di gestione e registro delle aree protette
1. Per ciascun distretto idrografico è adottato un Piano di gestione, che
rappresenta articolazione interna del Piano di bacino distrettuale di cui
all'articolo 65. Il Piano di gestione costituisce pertanto piano stralcio del
Piano di bacino e viene adottato e approvato secondo le procedure stabilite per
quest'ultimo dall'articolo 66. Le Autorità di bacino, ai fini della
predisposizione dei Piani di gestione, devono garantire la partecipazione di
tutti i soggetti istituzionali competenti nello specifico settore.
2. Il Piano di gestione è composto dagli elementi indicati nella parte A
dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.
3. L'Autorità di bacino, sentite le Autorità d'ambito del servizio idrico
integrato, istituisce entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente
norma, sulla base delle informazioni trasmesse dalle regioni, un registro delle
aree protette di cui all'Allegato 9 alla parte terza del presente decreto,
designate dalle autorità competenti ai sensi della normativa vigente.
Art. 118
Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed
analisi dell'impatto esercitato dall'attività antropica
1. Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano
di tutela di cui all'articolo 121, le regioni attuano appositi programmi di
rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino
idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo, nonché
alla raccolta dei dati necessari all'analisi economica dell'utilizzo delle
acque, secondo quanto previsto dall'Allegato 10 alla parte terza del presente
decreto. Le risultanze delle attività di cui sopra sono trasmesse al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Dipartimento tutela delle
acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale (ISPRA).
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di
cui all'Allegato 3 alla parte terza del presente decreto e di cui alle
disposizioni adottate con apposito decreto dal Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare e sono aggiornati entro il 22 dicembre 2013
e successivamente ogni sei anni.(*)
3. Nell'espletamento dell'attività conoscitiva di cui al comma 1, le regioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni già acquisite.
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 1 del Decreto Legislativo 10 dicembre 2010, n. 219, recante
"Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualita'
ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva
abrogazione delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE,
86/280/CEE, nonche' modifica della direttiva 2000/60/CE e recepimento della
direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE,
specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle
acque", pubblicato nella GU n. 296 del 20-12-2010.
Art. 119
Principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici
1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al Capo I del
titolo II della parte terza del presente decreto, le Autorità competenti tengono
conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli
ambientali e relativi alla risorsa, prendendo in considerazione l'analisi
economica effettuata in base all'Allegato 10 alla parte terza del presente
decreto e, in particolare, secondo il principio "chi inquina paga".
2. Entro il 2010 le Autorità competenti provvedono ad attuare politiche dei
prezzi dell'acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli utenti a usare le
risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al raggiungimento ed al
mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali di cui alla direttiva
2000/60/CE nonché di cui agli articoli 76 e seguenti del presente decreto, anche
mediante un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a
carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria,
famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute in conto le
ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei suddetti costi,
nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni
in questione. In particolare:
a) i canoni di concessione per le derivazioni delle acque pubbliche tengono
conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa connessi all'utilizzo
dell'acqua;
b) le tariffe dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego
dell'acqua, quali quelli civile, industriale e agricolo, contribuiscono
adeguatamente al recupero dei costi sulla base dell'analisi economica effettuata
secondo l'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto.
3. Nei Piani di tutela di cui all'articolo 121 sono riportate le fasi previste
per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 necessarie al
raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente
decreto.
Art. 120
Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici
1. Le regioni elaborano ed attuano programmi per la conoscenza e la verifica
dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee
all'interno di ciascun bacino idrografico.
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di
cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto. Tali programmi devono
essere integrati con quelli già esistenti per gli obiettivi a specifica
destinazione stabiliti in conformità all'Allegato 2 alla parte terza del
presente decreto, nonché con quelli delle acque inserite nel registro delle aree
protette. Le risultanze delle attività di cui al comma 1 sono trasmesse al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Dipartimento tutela
delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (ISPRA).
3. Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle
informazioni raccolte e la loro compatibilità con il Sistema informativo
nazionale dell'ambiente (SINA), le regioni possono promuovere, nell'esercizio
delle rispettive competenze, accordi di programma con l'Istituto superiore per
la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), le Agenzie regionali
per la protezione dell'ambiente di cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496,
convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, le province,
le Autorità d'ambito, i consorzi di bonifica e di irrigazione e gli altri enti
pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresì le modalità
di standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni.
Art. 121
Piani di tutela delle acque
1. Il Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di settore ed
è articolato secondo i contenuti elencati nel presente articolo, nonché secondo
le specifiche indicate nella parte B dell'Allegato 4 alla parte terza del
presente decreto.
2. Entro il 31 dicembre 2006 le Autorità di bacino, nel contesto delle attività
di pianificazione o mediante appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentite
le province e le Autorità d'ambito, definiscono gli obiettivi su scala di
distretto cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonché le priorità
degli interventi. Entro il 31 dicembre 2007, le regioni, sentite le province e
previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il Piano di
tutela delle acque e lo trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare nonché alle competenti Autorità di bacino, per le verifiche di
competenza.
3. Il Piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il
raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui alla parte terza del
presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa
del sistema idrico.
4. Per le finalità di cui al comma 1 il Piano di tutela contiene in particolare:
a) i risultati dell'attività conoscitiva;
b) l'individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica
destinazione;
c) l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti
specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento;
d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e
coordinate per bacino idrografico;
e) l'indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative
priorità;
f) il programma di verifica dell'efficacia degli interventi previsti;
g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;
g-bis) i dati in possesso delle autorita' e agenzie competenti rispetto al
monitoraggio delle acque di falda delle aree interessate e delle acque potabili
dei comuni interessati, rilevati e periodicamente aggiornati presso la rete di
monitoraggio esistente, da pubblicare in modo da renderli disponibili per i
cittadini(*)
h) l'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente
decreto e le misure previste al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui
all'articolo 119 concernenti il recupero dei costi dei servizi idrici;
i) le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
5. Entro centoventi giorni dalla trasmissione del Piano di tutela le Autorità di bacino verificano la conformità del piano agli atti di pianificazione o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al comma 2, esprimendo parere vincolante. Il Piano di tutela è approvato dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2008. Le successive revisioni e gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni.
(*) N.d.R.: Lettera
aggiunta dall'art. 2, c. 2-ter del D.L. 172/2008, introdotto in sede di
conversione in legge (L. n. 210/2008)
Art. 122
Informazione e consultazione pubblica
1. Le regioni promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate
all'attuazione della parte terza del presente decreto, in particolare
all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei Piani di tutela. Su
richiesta motivata, le regioni autorizzano l'accesso ai documenti di riferimento
e alle informazioni in base ai quali è stato elaborato il progetto del Piano di
tutela. Le regioni provvedono affinché, per il territorio di competenza
ricadente nel distretto idrografico di appartenenza, siano pubblicati e resi
disponibili per eventuali osservazioni da parte del pubblico:
a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del Piano,
inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno
tre anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;
b) una valutazione globale provvisoria dei problemi prioritari per la gestione
delle acque nell'ambito del bacino idrografico di appartenenza, almeno due anni
prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;
c) copia del progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima dell'inizio del
periodo cui il piano si riferisce.
2. Per garantire l'attiva partecipazione e la consultazione, le regioni
concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni
scritte sui documenti di cui al comma 1.
3. I commi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei Piani di tutela.
Art. 123
Trasmissione delle informazioni e delle relazioni
1. Contestualmente alla pubblicazione dei Piani di tutela le regioni
trasmettono copia di detti piani e di tutti gli aggiornamenti successivi al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine del successivo
inoltro alla Commissione europea.
2. Le regioni trasmettono al medesimo Ministero per il successivo inoltro alla
Commissione europea, anche sulla base delle informazioni dettate, in materia di
modalità di trasmissione delle informazioni sullo stato di qualità dei corpi
idrici e sulla classificazione delle acque, dal Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare con apposito decreto, relazioni sintetiche concernenti:
a) l'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 entro dodici mesi dalla data
di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. I successivi
aggiornamenti sono trasmessi ogni sei anni a partire dal febbraio 2010;
b) i programmi di monitoraggio secondo quanto previsto all'articolo 120 entro
dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto e successivamente con cadenza annuale.
3. Entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun Piano di tutela o
dall'aggiornamento di cui all'articolo 121, le regioni trasmettono al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione sui progressi
realizzati nell'attuazione delle misure di base o supplementari di cui
all'articolo 116.
CAPO II - AUTORIZZAZIONE AGLI SCARICHI
Art. 124
Criteri generali
1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.
2. L'autorizzazione e' rilasciata al titolare dell'attivita' da cui origina
lo scarico. Ove uno o piu' stabilimenti conferiscano, tramite condotta, ad un
terzo soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue provenienti dalle
loro attivita', oppure qualora tra piu' stabilimenti sia costituito un consorzio
per l'effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle
attivita' dei consorziati, l'autorizzazione e' rilasciata in capo al titolare
dello scarico finale o al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilita'
dei singoli titolari delle attivita' suddette e del gestore del relativo
impianto di depurazione in caso di violazione delle disposizioni della parte
terza del presente decreto.(*)
3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti
fognarie, servite o meno da impianti di depurazione delle acque reflue urbane, è
definito dalle regioni nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 101,
commi 1 e 2.
4. In deroga al comma 1, gli scarichi di acque reflue domestiche in reti
fognarie sono sempre ammessi nell'osservanza dei regolamenti fissati dal gestore
del servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità d'ambito.
5. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue termali è definito
dalle regioni; tali scarichi sono ammessi in reti fognarie nell'osservanza dei
regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato ed in conformità
all'autorizzazione rilasciata dall'Autorità di ambito.
6. Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi
degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro
avvio.
7. Salvo diversa
disciplina regionale, la domanda di autorizzazione e' presentata alla provincia
ovvero all'Autorita' d'ambito se lo scarico e' in pubblica fognatura. L'autorita'
competente provvede entro novanta giorni dalla ricezione della domanda.(**)
8. Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59,
l'autorizzazione è valida per quattro anni dal momento del rilascio. Un anno
prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo. Lo scarico può essere
provvisoriamente mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute
nella precedente autorizzazione, fino all'adozione di un nuovo provvedimento, se
la domanda di rinnovo è stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi
contenenti sostanze pericolose di cui all'articolo 108, il rinnovo deve essere
concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data di scadenza;
trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovrà cessare immediatamente. La
disciplina regionale di cui al comma 3 può prevedere per specifiche tipologie di
scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di
rinnovo tacito della medesima.
9. Per gli scarichi in un corso d'acqua nel quale sia accertata una portata
naturale nulla per oltre centoventi giorni annui, oppure in un corpo idrico non
significativo, l'autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della
capacità di diluizione del corpo idrico negli altri periodi, e stabilisce
prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo
ricettore e la difesa delle acque sotterranee.
10. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua
localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente interessato,
l'autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire
che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse,
avvenga in conformità alle disposizioni della parte terza del presente decreto e
senza che consegua alcun pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute
pubblica e l'ambiente.
11. Le spese occorrenti per l'effettuazione di rilievi, accertamenti, controlli
e sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione allo
scarico previste dalla parte terza del presente decreto sono a carico del
richiedente. L'autorità competente determina, preliminarmente all'istruttoria e
in via provvisoria, la somma che il richiedente è tenuto a versare, a titolo di
deposito, quale condizione di procedibilità della domanda. La medesima Autorità,
completata l'istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese
sostenute sulla base di un tariffario dalla stessa approntato.
12. Per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attività sia trasferita in
altro luogo, ovvero per quelli soggetti a diversa destinazione d'uso, ad
ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente
caratteristiche qualitativamente e/o quantitativamente diverse da quelle dello
scarico preesistente, deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo
scarico, ove quest'ultimo ne risulti soggetto. Nelle ipotesi in cui lo scarico
non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data
comunicazione all'autorità competente, la quale, verificata la compatibilità
dello scarico con il corpo recettore, adotta i provvedimenti che si rendano
eventualmente necessari.
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2, c. 11, del d.lgs. n. 4 del 16
gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
2. L'autorizzazione è rilasciata al titolare dell'attività da cui origina lo scarico. Ove uno o più stabilimenti conferiscano ad un terzo soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue provenienti dalle loro attività, oppure qualora tra più stabilimenti sia costituito un consorzio per l'effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati, l'autorizzazione è rilasciata in capo al titolare dello scarico finale o al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei singoli titolari delle attività suddette e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione delle disposizioni della parte terza del presente decreto. Ove uno o più stabilimenti effettuino scarichi in comune senza essersi costituiti in consorzio, l'autorizzazione allo scarico è rilasciata al titolare dello scarico finale, fermo restando che il rilascio del provvedimento di autorizzazione o il relativo rinnovo sono subordinati all'approvazione di idoneo progetto comprovante la possibilità tecnica di parzializzazione dei singoli scarichi.
(**) N.d.R.: Comma
così sostituito dall'art. 2, c. 12, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"7. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata
alla provincia ovvero all'Autorità d'ambito se lo scarico è in pubblica
fognatura. L'autorità competente provvede entro sessanta giorni dalla ricezione
della domanda. Qualora detta autorità risulti inadempiente nei termini sopra
indicati, l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa per i successivi
sessanta giorni, salvo revoca."
Art. 125
Domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue
industriali
1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve
essere corredata dall'indicazione delle caratteristiche quantitative e
qualitative dello scarico e del volume annuo di acqua da scaricare, dalla
tipologia del ricettore, dalla individuazione del punto previsto per effettuare
i prelievi di controllo, dalla descrizione del sistema complessivo dello scarico
ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall'eventuale
sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, e dalla
indicazione delle apparecchiature impiegate nel processo produttivo e nei
sistemi di scarico nonché dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire
il rispetto dei valori limite di emissione.
2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla
parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella
medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresì indicare:
a) la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta
la produzione o la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alla
medesima tabella, oppure la presenza di tali sostanze nello scarico. La capacità
di produzione dev'essere indicata con riferimento alla massima capacità oraria
moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero
massimo di giorni lavorativi;
b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo.
Art. 126
Approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle
acque reflue urbane
1. Le regioni disciplinano le modalità di approvazione dei progetti degli
impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Tale disciplina deve tenere
conto dei criteri di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e
della corrispondenza tra la capacità di trattamento dell'impianto e le esigenze
delle aree asservite, nonché delle modalità della gestione che deve assicurare
il rispetto dei valori limite degli scarichi. Le regioni disciplinano altresì le
modalità di autorizzazione provvisoria necessaria all'avvio dell'impianto anche
in caso di realizzazione per lotti funzionali.
Art. 127
Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue
1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992,
n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti
alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complessivo
processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione(*). I fanghi devono essere
riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato.
2. É vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e
salmastre.
(*) N.d.R.: Periodo aggiunto dall'art. 2, c. 12-bis, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
CAPO III - CONTROLLO DEGLI SCARICHI
Art. 128
Soggetti tenuti al controllo
5. L'autorità competente effettua il controllo degli scarichi sulla base di un
programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di
controlli.
6. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in pubblica
fognatura il gestore del servizio idrico integrato organizza un adeguato
servizio di controllo secondo le modalità previste nella convenzione di
gestione.
Art. 129
Accessi ed ispezioni
1. L'autorità competente al controllo è autorizzata a effettuare le ispezioni, i
controlli e i prelievi necessari all'accertamento del rispetto dei valori limite
di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o
regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi.
Il titolare dello scarico è tenuto a fornire le informazioni richieste e a
consentire l'accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.
Art. 130
Inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico
1. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo V
della parte terza del presente decreto, in caso di inosservanza delle
prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico l'autorità competente procede,
secondo la gravità dell'infrazione:
a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le
inosservanze;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo
determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e
per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle
prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che
determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.
Art. 131
Controllo degli scarichi di sostanze pericolose
1. Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla Tabella 5
dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, l'autorità competente al
rilascio dell'autorizzazione può prescrivere, a carico del titolare dello
scarico, l'installazione di strumenti di controllo in automatico, nonché le
modalità di gestione degli stessi e di conservazione dei relativi risultati, che
devono rimanere a disposizione dell'autorità competente al controllo per un
periodo non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli
controlli.
Art. 132
Interventi sostitutivi
1. Nel caso di mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza
del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare diffida la regione a provvedere entro il termine massimo di centoottanta giorni
ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale. In
caso di persistente inadempienza provvede, in via sostitutiva, il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa delibera del Consiglio dei
Ministri, con oneri a carico dell'Ente inadempiente.
2. Nell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui al comma 1, il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nomina un commissario "ad acta" che
pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa
vigente a carico delle regioni al fine dell'organizzazione del sistema dei
controlli.
TITOLO V - SANZIONI
CAPO I - SANZIONI AMMINISTRATIVE
Art. 133
Sanzioni amministrative
1. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell'effettuazione di uno
scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui
all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i diversi valori
limite stabiliti dalle regioni a norma dell'articolo 101, comma 2, o quelli
fissati dall'autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, o
dell'articolo 108, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da tremila
euro a trentamila euro. Se l'inosservanza dei valori limite riguarda scarichi
recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al
consumo umano di cui all'articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree
protette di cui alla vigente normativa, si applica la sanzione amministrativa
non inferiore a ventimila euro.
2. Chiunque apra o comunque effettui scarichi di acque reflue domestiche o di
reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza
l'autorizzazione di cui all'articolo 124, oppure continui ad effettuare o
mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata,
è punito con la sanzione amministrativa da seimila euro a sessantamila euro.
Nell'ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la
sanzione è da seicento euro a tremila euro.
3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, al di fuori delle ipotesi di
cui al comma 1, effettui o mantenga uno scarico senza osservare le prescrizioni
indicate nel provvedimento di autorizzazione o fissate ai sensi dell'articolo
107, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
millecinquecento euro a quindicimila euro.
4. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettui l'immersione in mare
dei materiali indicati all'articolo 109, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolga
l'attività di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza
autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
millecinquecento euro a quindicimila euro.
5. Salvo che il fatto costituisca reato, fino all'emanazione della disciplina
regionale di cui all'articolo 112, comma 2, chiunque non osservi le disposizioni
di cui all'articolo 170, comma 7, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da seicento euro a seimila euro.
6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, non osservi il divieto di
smaltimento dei fanghi previsto dall'articolo 127, comma 2, è punito con la
sanzione amministrativa pecuniaria da seimila euro a sessantamila euro.
7. Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da tremila euro a trentamila euro chiunque:
a) nell'effettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento o sfangamento
delle dighe, superi i limiti o non osservi le altre prescrizioni contenute nello
specifico progetto di gestione dell'impianto di cui all'articolo 114, comma 2;
b) effettui le medesime operazioni prima dell'approvazione del progetto di
gestione.
8. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la manutenzione
dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi, oppure l'obbligo
di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui all'articolo 95, comma 3,
è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a
seimila euro. Nei casi di particolare tenuità la sanzione è ridotta ad un
quinto.
9. Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi
dell'articolo 113, comma 1, lettera b), è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.
Art. 134
Sanzioni in materia di aree di salvaguardia
1. L'inosservanza delle disposizioni relative alle attività e destinazioni
vietate nelle aree di salvaguardia di cui all'articolo 94 è punita con la
sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.
Art. 135
Competenza e giurisdizione
1. In materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione
delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione ai
sensi degli articoli 18 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la
regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la
violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 133, comma 8, per
le quali è competente il comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla
legge ad altre pubbliche autorità.
2. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai
fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione delle
norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento provvede il Comando
carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.); può altresì intervenire il Corpo
forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di
Stato. Il Corpo delle capitanerie di porto, Guardia costiera, provvede alla
sorveglianza e all'accertamento delle violazioni di cui alla parte terza del
presente decreto quando dalle stesse possano derivare danni o situazioni di
pericolo per l'ambiente marino e costiero.
3. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata di entrata in vigore della
parte terza del presente decreto, l'autorità giudiziaria, se non deve
pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la
trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione
delle sanzioni amministrative.
4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte terza del
presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all' art.
16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Art. 136
Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie
1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste
dalla parte terza del presente decreto sono versate all'entrata del bilancio
regionale per essere riassegnate alle unità previsionali di base destinate alle
opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici. Le
regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di
prevenzione e di risanamento.
CAPO II - SANZIONI PENALI
Art. 137
Sanzioni penali
1. Chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali,
senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi
dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l'arresto
da due mesi a due anni o con l'ammenda da millecinquecento euro a diecimila
euro.
2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di acque
reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e
nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte
terza del presente decreto, la pena è dell'arresto da tre mesi a tre anni.
3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettui uno scarico
di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle
famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5
alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni
dell'autorizzazione, o le altre prescrizioni dell'autorità competente a norma
degli articoli 107, comma 1, e 108, comma 4, è punito con l'arresto fino a due
anni.
4. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei
controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati degli stessi
di cui all'articolo 131 è punito con la pena di cui al comma 3.
5. Chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5
dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nell'effettuazione di uno
scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella
tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'Allegato 5 alla
parte terza del presente decreto, oppure i limiti piu' restrittivi fissati dalle
regioni o dalle province autonome o dall'Autorita' competente a norma
dell'articolo 107, comma 1, e' punito con l'arresto fino a due anni e con
l'ammenda da tremila euro a trentamila euro(*). Se sono superati anche i
valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo
Allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda da seimila
euro a centoventimila euro.
6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di
trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello scarico
supera i valori-limite previsti dallo stesso comma.
7. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di
comunicazione di cui all'articolo 110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o
i divieti di cui all'articolo 110, comma 5, si applica la pena dell'arresto da
tre mesi ad un anno o con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si
tratta di rifiuti non pericolosi e con la pena dell'arresto da sei mesi a due
anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti
pericolosi.
8. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli insediamenti da
parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all'articolo 101,
commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la
pena dell'arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi
dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell' art. 13 della legge
n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale.
9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi
dell'articolo 113, comma 3, è punito con le sanzioni di cui all'articolo 137,
comma 1.
10. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall'autorità competente ai
sensi dell'articolo 84, comma 4, ovvero dell'articolo 85, comma 2, è punito con
l'ammenda da millecinquecento euro a quindicimila euro.
11. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 e 104
è punito con l'arresto sino a tre anni.
12. Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a norma dell'articolo
88, commi 1 e 2, dirette ad assicurare il raggiungimento o il ripristino degli
obiettivi di qualità delle acque designate ai sensi dell'articolo 87, oppure non
ottemperi ai provvedimenti adottati dall'autorità competente ai sensi
dell'articolo 87, comma 3, è punito con l'arresto sino a due anni o con
l'ammenda da quattromila euro a quarantamila euro.
13. Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni se lo scarico
nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o
materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi
delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia
e ratificate dall'Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi
rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano
naturalmente in mare e purchè in presenza di preventiva autorizzazione da parte
dell'autorità competente.
14. Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di
acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da
aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'articolo 112, al di
fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o
all'ordine di sospensione dell'attività impartito a norma di detto articolo, è
punito con l'ammenda da euro millecinquecento a euro diecimila o con l'arresto
fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui l'utilizzazione
agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 1 della Legge 25 febbraio 2010, n. 36, recante: " Disciplina sanzionatoria dello scarico di acque reflue", pubblicata nella G.U. n. 59 del 12-3-2010. Il testo anteriore alla modifica era il seguente: "Chiunque, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro."
Art. 138
Ulteriori provvedimenti sanzionatori per l'attività di
molluschicoltura
1. Nei casi previsti dal comma 12 dell'articolo 137, il Ministro della salute,
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché la regione e la
provincia autonoma competente, ai quali è inviata copia delle notizie di reato,
possono disporre, per quanto di competenza e indipendentemente dall'esito del
giudizio penale, la sospensione in via cautelare dell'attività di
molluschicoltura; a seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai
sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale divenute definitive,
possono inoltre disporre, valutata la gravità dei fatti, la chiusura degli
impianti.
Art. 139
Obblighi del condannato
1. Con la sentenza di condanna per i reati previsti nella parte terza del
presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del
codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della
pena può essere subordinato al risarcimento del danno e all'esecuzione degli
interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino.
Art. 140
Circostanza attenuante
1. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o dell'ordinanza-ingiunzione,
ha riparato interamente il danno, le sanzioni penali e amministrative previste
nel presente titolo sono diminuite dalla metà a due terzi.
SEZIONE III - GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE
TITOLO I - PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE
Art. 141
Ambito di applicazione
1. Oggetto delle disposizioni contenute nella presente sezione è la
disciplina della gestione delle risorse idriche e del servizio idrico integrato
per i profili che concernono la tutela dell'ambiente e della concorrenza e la
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni del servizio idrico
integrato e delle relative funzioni fondamentali di comuni, province e città
metropolitane.
2. Il servizio idrico integrato è costituito dall'insieme dei servizi pubblici
di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e
di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di
efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e
comunitarie. Le presenti disposizioni si applicano anche agli usi industriali
delle acque gestite nell'ambito del servizio idrico integrato.
Art. 142
Competenze
1. Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali, e fatte
salve le competenze dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti(*), il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare esercita le
funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla
presente sezione.
2. Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro
delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle
attribuzioni statali di cui al comma 1, ed in particolare provvedono a
disciplinare il governo del rispettivo territorio.
3. Gli enti locali, attraverso l'Autorità d'ambito di cui all'articolo 148,
comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato,
di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe
all'utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, secondo le
disposizioni della parte terza del presente decreto.
(*) Nota: si riporta di seguito il testo dell'art. 1, c. 5 del D.Lgs. 284/2006:
"5. Gli articoli 159, 160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono soppressi."
Art. 143
Proprietà delle infrastrutture
1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre
infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o
misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del
codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla
legge.
2. Spetta anche all'Autorità d'ambito la tutela dei beni di cui al comma 1, ai
sensi dell'articolo 823, secondo comma, del codice civile.
Art. 144
Tutela e uso delle risorse idriche
1. Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal
sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.
2. Le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo
criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le
aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro
patrimonio ambientale.
3. La disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro
razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo
delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità
dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i
processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.
4. Gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le
risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la
qualità.
5. Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono disciplinate da norme
specifiche, nel rispetto del riparto delle competenze costituzionalmente
determinato.
Art. 145
Equilibrio del bilancio idrico
1. L'Autorità di bacino competente definisce ed aggiorna periodicamente il
bilancio idrico diretto ad assicurare l'equilibrio fra le disponibilità di
risorse reperibili o attivabili nell'area di riferimento ed i fabbisogni per i
diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi di cui all'articolo 144.
2. Per assicurare l'equilibrio tra risorse e fabbisogni, l'Autorità di bacino
competente adotta, per quanto di competenza, le misure per la pianificazione
dell'economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse.
3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da
trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono
regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli
alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi
interessati.
Art. 146
Risparmio idrico
1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto, le regioni, sentita la Commissione nazionale per la vigilanza sulle
risorse idriche(*), nel rispetto dei principi della legislazione statale, adottano norme e
misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in
particolare a:
a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di
acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;
b) prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di trasporto e
distribuzione dell'acqua sia interni che esterni, l'obbligo di utilizzo di
sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte di materiale metallico;
c) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e
produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine
dell'utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili;
d) promuovere l'informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio
idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;
e) adottare sistemi di irrigazione ad alta efficienza accompagnati da una loro
corretta gestione e dalla sostituzione, ove opportuno, delle reti di canali a
pelo libero con reti in pressione;
f) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità
abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del
settore terziario esercitate nel contesto urbano;
g) realizzare nei nuovi insediamenti, quando economicamente e tecnicamente
conveniente anche in relazione ai recapiti finali, sistemi di collettamento
differenziati per le acque piovane e per le acque reflue e di prima pioggia;
h) individuare aree di ricarica delle falde ed adottare misure di protezione e
gestione atte a garantire un processo di ricarica quantitativamente e
qualitativamente idoneo.
2. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con l'assetto urbanistico e
territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, devono prevedere reti
duali al fine di rendere possibili appropriate utilizzazioni di acque anche non
potabili. Il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla previsione,
nel progetto, dell'installazione di contatori per ogni singola unità abitativa,
nonché del collegamento a reti duali, ove già disponibili.
3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita
la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche(*) e il Dipartimento
tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e
la ricerca ambientale (ISPRA), adotta un regolamento per la definizione dei
criteri e dei metodi in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e
delle fognature. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti gestori
dei servizi idrici trasmettono alla Commissione nazionale per la vigilanza
sulle risorse idriche(*) ed all'Autorità d'ambito competente i risultati delle rilevazioni
eseguite con i predetti metodi.
(*) Nota: si riporta di seguito il testo dell'art. 1, c. 5 del D.Lgs. 284/2006:
"5. Gli articoli 159, 160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono soppressi." L'art. 9 bis, comma 6, del d.l. n. 39/2009 ha successivamente previsto che: La denominazione "Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche" sostituisce, ad ogni effetto, la denominazione "Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche", ovunque presente.
TITOLO II - SERVIZIO IDRICO INTEGRATO
Art. 147
Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato
1. I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali
ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
2. Le regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali
ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone
comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità,
nel rispetto, in particolare, dei seguenti principi:
a) unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici
contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonché della localizzazione delle
risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in
favore dei centri abitati interessati;
b) unitarietà(*) della gestione e, comunque, superamento della frammentazione
verticale delle gestioni;
c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri
fisici, demografici, tecnici.
3. Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative per il
controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle
pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per
il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative
autorizzazioni.
(*) N.d.R.: la parola
"unicità" è stata così sostituita dall'art. 2, c. 13, del d.lgs. n. 4 del 16
gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
[Art. 148
Autorità d'ambito territoriale ottimale(°)
1. L'Autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica
costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente
regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale
è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di
gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle
infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma 1.
2. Le regioni e le province autonome possono disciplinare le forme ed i modi
della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale,
prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 1,
cui è demandata l'organizzazione, l'affidamento e il controllo della gestione
del servizio idrico integrato.
3. I bilanci preventivi e consuntivi dell'Autorità d'ambito e loro variazioni
sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito presso la sede
dell'ente, e sono trasmessi alla Commissione nazionale per la vigilanza sulle
risorse idriche(*) e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare entro
quindici giorni dall'adozione delle relative delibere.
4. I costi di funzionamento della struttura operativa dell'Autorità d'ambito,
determinati annualmente, fanno carico agli enti locali ricadenti nell'ambito
territoriale ottimale, in base alle quote di partecipazione di ciascuno di essi
all'Autorità d'ambito.
5. Ferma restando la partecipazione obbligatoria all'Autorita' d'ambito di
tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l'adesione alla gestione unica del
servizio idrico integrato e' facoltativa per i comuni con popolazione fino a
1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunita' montane, a condizione che
gestiscano l'intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorita'
d'ambito competente.(**)]
(°)
N.d.R.: Articolo abrogato a decorrere dal 31 marzo 2011, per
effetto dell'art. 186-bis della L. n. 191/2009, introdotto dal D.L. n. 2 del
25/01/2010, nel testo modificato in sede di conversione in legge (L. n.
42/2010), come modificato dall'art. 1, c. 1 del D.L. n. 225/2010, conv. in L. n.
10/2011
(*) Nota: si riporta
di seguito il testo dell'art. 1, c. 5 del D.Lgs. 284/2006:
"5. Gli articoli 159, 160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono soppressi." L'art. 9 bis, comma 6, del d.l. n. 39/2009 ha successivamente previsto che: La denominazione "Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche" sostituisce, ad ogni effetto, la denominazione "Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche", ovunque presente.
(**) N.d.R.: Comma
così sostituito dall'art. 2, c. 14, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"5. Ferma restando la partecipazione obbligatoria all'Autorità d'ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che la gestione del servizio idrico sia operata direttamente dall'amministrazione comunale ovvero tramite una società a capitale interamente pubblico e controllata dallo stesso comune. Sulle gestioni di cui al presente comma l'Autorità d'ambito esercita funzioni di regolazione generale e di controllo. Con apposito contratto di servizio stipulato con l'Autorità d'ambito, previo accordo di programma, sono definiti criteri e modalità per l'eventuale partecipazione ad iniziative promosse dall'Autorità d'ambito medesima."
Art. 149
Piano d'ambito
1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto, l'Autorità d'ambito provvede alla predisposizione e/o
aggiornamento del piano d'ambito. Il piano d'ambito è costituito dai seguenti
atti:
a) ricognizione delle infrastrutture;
b) programma degli interventi;
c) modello gestionale ed organizzativo;
d) piano economico finanziario.
2. La ricognizione, anche sulla base di informazioni asseverate dagli enti
locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, individua lo stato di
consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio idrico
integrato, precisandone lo stato di funzionamento.
3. Il programma degli interventi individua le opere di manutenzione
straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di
adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al raggiungimento almeno
dei livelli minimi di servizio, nonché al soddisfacimento della complessiva
domanda dell'utenza. Il programma degli interventi, commisurato all'intera
gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a
tal fine programmate e i tempi di realizzazione.
4. Il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel
conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede, con cadenza annuale,
l'andamento dei costi di gestione e di investimento al netto di eventuali
finanziamenti pubblici a fondo perduto. Esso è integrato dalla previsione
annuale dei proventi da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento. Il
piano, così come redatto, dovrà garantire il raggiungimento dell'equilibrio
economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia,
efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti
programmati.
5. Il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura operativa
mediante la quale il gestore assicura il servizio all'utenza e la realizzazione
del programma degli interventi.
6. Il piano d'ambito è trasmesso entro dieci giorni dalla delibera di
approvazione alla regione competente, alla Commissione nazionale per la
vigilanza sulle risorse idriche(*) e al Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare. La Commissione nazionale per la vigilanza sulle
risorse idriche(*) può
notificare all'Autorità d'ambito, entro novanta giorni decorrenti dal
ricevimento del piano, i propri rilievi od osservazioni, dettando, ove
necessario, prescrizioni concernenti: il programma degli interventi, con
particolare riferimento all'adeguatezza degli investimenti programmati in
relazione ai livelli minimi di servizio individuati quali obiettivi della
gestione; il piano finanziario, con particolare riferimento alla capacità
dell'evoluzione tariffaria di garantire l'equilibrio economico finanziario della
gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.
(*) Nota: si riporta di seguito il testo dell'art. 1, c. 5 del D.Lgs. 284/2006:
"5. Gli articoli 159, 160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono soppressi." L'art. 9 bis, comma 6, del d.l. n. 39/2009 ha successivamente previsto che: La denominazione "Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche" sostituisce, ad ogni effetto, la denominazione "Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche", ovunque presente.
Art. 150
Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento
[1. L'Autorità d'ambito, nel rispetto del piano d'ambito e del principio di
unicità della gestione per ciascun ambito, delibera la forma di gestione fra
quelle di cui all'art. 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267.](*)
2. L'Autorità d'ambito aggiudica la gestione del servizio idrico integrato
mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, in
conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo
18 agosto 2000, n. 267, secondo modalità e termini stabiliti con decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel rispetto delle
competenze regionali in materia.
3. La gestione può essere altresì affidata a società partecipate esclusivamente
e direttamente da comuni o altri enti locali compresi nell'ambito territoriale
ottimale, qualora ricorrano obiettive ragioni tecniche od economiche, secondo la
previsione del comma 5, lettera c), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267, o a società solo parzialmente partecipate da tali enti,
secondo la previsione del comma 5, lettera b), dell'articolo 113 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, purché il socio privato sia stato scelto,
prima dell'affidamento, con gara da espletarsi con le modalità di cui al comma
2.
4. I soggetti di cui al presente articolo gestiscono il servizio idrico
integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito
territoriale ottimale, salvo quanto previsto dall'articolo 148, comma 5.
(** N.d.R.: Comma
abrogato - ad eccezione della parte in cui individua la competenza dell'Autorita'
d'ambito per l'affidamento e l'aggiudicazione - dall'art. 12, c. 1, lett. b) del
d.P.R. 7 settembre 2010, n. 168, recante: "Regolamento in materia di servizi
pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell'articolo 23-bis, comma 10,
del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n.133", pubblicato in GU n.239 del 12-10-2010.
Art. 151
Rapporti tra autorità d'ambito e soggetti gestori del servizio
idrico integrato
1. I rapporti fra Autorità d'ambito e gestori del servizio idrico integrato sono
regolati da convenzioni predisposte dall'Autorità d'ambito.
2. A tal fine, le regioni e le province autonome adottano convenzioni tipo, con
relativi disciplinari, che devono prevedere in particolare:
a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
b) la durata dell'affidamento, non superiore comunque a trenta anni;
c) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della
gestione;
d) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare
all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;
e) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate
dall'Autorità d'ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento
alle diverse categorie di utenze;
f) l'obbligo di adottare la carta di servizio sulla base degli atti d'indirizzo
vigenti;
g) l'obbligo di provvedere alla realizzazione del Programma degli interventi;
h) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio e l'obbligo di
predispone un sistema tecnico adeguato a tal fine, come previsto dall'articolo
165;
i) il dovere di prestare ogni collaborazione per l'organizzazione e
l'attivazione dei sistemi di controllo integrativi che l'Autorità d'ambito ha
facoltà di disporre durante tutto il periodo di affidamento;
l) l'obbligo di dare tempestiva comunicazione all'Autorità d'ambito del
verificarsi di eventi che comportino o che facciano prevedere irregolarità
nell'erogazione del servizio, nonché l'obbligo di assumere ogni iniziativa per
l'eliminazione delle irregolarità, in conformità con le prescrizioni
dell'Autorità medesima;
m) l'obbligo di restituzione, alla scadenza dell'affidamento, delle opere, degli
impianti e delle canalizzazioni del servizio idrico integrato in condizioni di
efficienza ed in buono stato di conservazione;
n) l'obbligo di prestare idonee garanzie finanziarie e assicurative;
o) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di
risoluzione secondo i principi del codice civile;
p) le modalità di rendicontazione delle attività del gestore.
3. Sulla base della convenzione di cui al comma 2, l'Autorità d'ambito
predispone uno schema di convenzione con relativo disciplinare, da allegare ai
capitolati di gara. Ove la regione o la provincia autonoma non abbiano
provveduto all'adozione delle convenzioni e dei disciplinari tipo di cui al
comma 2, l'Autorità predispone lo schema sulla base della normativa vigente. Le
convenzioni esistenti devono essere integrate in conformità alle previsioni di
cui al comma 2.
4. Nel Disciplinare allegato alla Convenzione di gestione devono essere anche
definiti, sulla base del programma degli interventi, le opere e le manutenzioni
straordinarie, nonché il programma temporale e finanziario di esecuzione.
5. L'affidamento del servizio è subordinato alla prestazione da parte del
gestore di idonea garanzia fideiussoria. Tale garanzia deve coprire gli
interventi da realizzare nei primi cinque anni di gestione e deve essere
annualmente aggiornata in modo da coprire gli interventi da realizzare nel
successivo quinquennio.
6. Il gestore cura l'aggiornamento dell'atto di Ricognizione entro i termini
stabiliti dalla convenzione.
7. L'affidatario del servizio idrico integrato, previo consenso dell'Autorità
d'ambito, può gestire altri servizi pubblici, oltre a quello idrico, ma con
questo compatibili, anche se non estesi all'intero ambito territoriale ottimale.
8. Le società concessionarie del servizio idrico integrato, nonché le società
miste costituite a seguito dell'individuazione del socio privato mediante gara
europea affidatarie del servizio medesimo, possono emettere prestiti
obbligazionari sottoscrivibili esclusivamente dagli utenti con facoltà di
conversione in azioni semplici o di risparmio. Nel caso di aumento del capitale
sociale, una quota non inferiore al dieci per cento è offerta in sottoscrizione
agli utenti del servizio.
Art. 152
Poteri di controllo e sostitutivi
1. L'Autorità d'ambito ha facoltà di accesso e verifica alle infrastrutture
idriche, anche nelle fase di costruzione.
2. Nell'ipotesi di inadempienze del gestore agli obblighi che derivano dalla
legge o dalla convenzione, e che compromettano la risorsa o l'ambiente ovvero
che non consentano il raggiungimento dei livelli minimi di servizio, l'Autorità
d'ambito interviene tempestivamente per garantire l'adempimento da parte del
gestore, esercitando tutti i poteri ad essa conferiti dalle disposizioni di
legge e dalla convenzione. Perdurando l'inadempienza del gestore, e ferme
restando le conseguenti penalità a suo carico, nonché il potere di risoluzione e
di revoca, l'Autorità d'ambito, previa diffida, può sostituirsi ad esso
provvedendo a far eseguire a terzi le opere, nel rispetto delle vigenti
disposizioni in materia di appalti pubblici.
3. Qualora l'Autorità d'ambito non intervenga, o comunque ritardi il proprio
intervento, la regione, previa diffida e sentita la Commissione nazionale per
la vigilanza sulle risorse idriche(*), esercita i necessari poteri sostitutivi, mediante
nomina di un commissario "ad acta". Qualora la regione non adempia entro
quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati, previa
diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, mediante nomina di un commissario "ad acta".
4. L'Autorità d'ambito con cadenza annuale comunica al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare ed alla Commissione nazionale per la
vigilanza sulle risorse idriche(*) i risultati dei controlli della gestione.
(*) Nota: si riporta di seguito il testo dell'art. 1, c. 5 del D.Lgs. 284/2006:
"5. Gli articoli 159, 160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono soppressi." L'art. 9 bis, comma 6, del d.l. n. 39/2009 ha successivamente previsto che: La denominazione "Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche" sostituisce, ad ogni effetto, la denominazione "Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche", ovunque presente.
Art. 153
Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato
1. Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi
dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la
durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne
assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo
disciplinare.
2. Le immobilizzazioni, le attività e le passività relative al servizio idrico
integrato, ivi compresi gli oneri connessi all'ammortamento dei mutui oppure i
mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo perduto in conto
capitale e/o in conto interessi, sono trasferite al soggetto gestore, che
subentra nei relativi obblighi. Di tale trasferimento si tiene conto nella
determinazione della tariffa, al fine di garantire l'invarianza degli oneri per
la finanza pubblica.
Art. 154
Tariffa del servizio idrico integrato
1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è
determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio
fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di
gestione delle opere, [dell'adeguatezza della remunerazione del capitale
investito](*) e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una
quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia
assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio
secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina
paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura
di corrispettivo.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su
proposta della Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche(*), tenuto conto
della necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio "chi
inquina paga", definisce con decreto le componenti di costo per la
determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di
impiego dell'acqua.
3. Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabiliti i criteri generali
per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per
l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della
risorsa e prevedendo altresì riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il
concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a
valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca
le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle
prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale.
4. L'Autorità d'ambito, al fine della predisposizione del Piano finanziario di
cui all'articolo 149, comma 1, lettera c), determina la tariffa di base,
nell'osservanza delle disposizioni contenute nel decreto di cui al comma 2,
comunicandola alla Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse
idriche(**) ed
al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
5. La tariffa è applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della Convenzione e
del relativo disciplinare.
6. Nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni
per altri tipi di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonché
per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito.
Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse
maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi
stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e industriali.
7. L'eventuale modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli
investimenti pro capite per residente effettuati dai comuni medesimi che
risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio idrico integrato.
(*) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 1, c. 1 del Decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011, n. 116 (in G.U. 20/07/2011, n.167), in esito a referendum popolare
(**) Nota: si riporta di seguito il testo dell'art. 1, c. 5 del D.Lgs. 284/2006:
"5. Gli articoli 159,
160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il
Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio
nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni.
Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono
soppressi." L'art. 9 bis, comma 6, del d.l. n. 39/2009 ha successivamente
previsto che: La denominazione "Commissione nazionale per la vigilanza sulle
risorse idriche" sostituisce, ad ogni effetto, la denominazione "Comitato per la
vigilanza sull'uso delle risorse idriche", ovunque presente.
Art. 155
Tariffa del servizio di fognatura e depurazione
1. Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di
depurazione sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di
depurazione o questi siano temporaneamente inattivi.(*) Il gestore è tenuto a
versare i relativi proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita
ai sensi dell'articolo 154, a un fondo vincolato intestato all'Autorità
d'ambito, che lo mette a disposizione del gestore per l'attuazione degli
interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione
previsti dal piano d'ambito. La tariffa non è dovuta se l'utente è dotato di
sistemi di collettamento e di depurazione propri, sempre che tali sistemi
abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'Autorità d'ambito.
2. In pendenza dell'affidamento della gestione dei servizi idrici locali al
gestore del servizio idrico integrato, i comuni già provvisti di impianti di
depurazione funzionanti, che non si trovino in condizione di dissesto, destinano
i proventi derivanti dal canone di depurazione e fognatura prioritariamente alla
manutenzione degli impianti medesimi.
3. Gli utenti tenuti al versamento della tariffa riferita al servizio di
pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal pagamento di
qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad altri enti
pubblici.
4. Al fine della determinazione della quota tariffaria di cui al presente
articolo, il volume dell'acqua scaricata è determinato in misura pari al cento
per cento del volume di acqua fornita.
5. Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al presente articolo è
determinata sulla base della qualità e della quantità delle acque reflue
scaricate e sulla base del principio "chi inquina paga". E' fatta salva la
possibilità di determinare una quota tariffaria ridotta per le utenze che
provvedono direttamente alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura,
sempre che i relativi sistemi di depurazione abbiano ricevuto specifica
approvazione da parte dell'Autorità d'ambito.
6. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo
produttivo, la tariffa per le utenze industriali è ridotta in funzione
dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La riduzione
si determina applicando alla tariffa un correttivo, che tiene conto della
quantità di acqua riutilizzata e della quantità delle acque primarie impiegate.
(*) N.d.R.: Con
sentenza n. 335 del 10 ottobre 2008, la Corte Costituzionale ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale dell’art. 155, comma 1, primo periodo, del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nella
parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione
è dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o
questi siano temporaneamente inattivi».
Art. 156
Riscossione della tariffa
1. La tariffa è riscossa dal gestore del servizio idrico integrato. Qualora
il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di particolari
convenzioni e concessioni, la relativa tariffa è riscossa dal gestore del
servizio di acquedotto, il quale provvede al successivo riparto tra i diversi
gestori interessati entro trenta giorni dalla riscossione.
2. Con apposita convenzione, sottoposta al controllo della regione, sono
definiti i rapporti tra i diversi gestori per il riparto delle spese di
riscossione.
3. La riscossione volontaria della tariffa può essere effettuata con le
modalità di cui al capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241,
previa convenzione con l’Agenzia delle entrate. La riscossione, sia volontaria
sia coattiva, della tariffa può altresì essere affidata ai soggetti iscritti
all’albo previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.
446, a seguito di procedimento ad evidenza pubblica.(*)
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2 c. 10 del D.L. 262/2006 (in G.U. 03/10/2006, n.230), convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2006, n. 286 (in G. U. 28/11/2006, n. 277, S.O. n. 223)
Art. 157
Opere di adeguamento del servizio idrico
1. Gli enti locali hanno facoltà di realizzare le opere necessarie per
provvedere all'adeguamento del servizio idrico in relazione ai piani urbanistici
ed a concessioni per nuovi edifici in zone già urbanizzate, previo parere di
compatibilità con il piano d'ambito reso dall'Autorità d'ambito e a seguito di
convenzione con il soggetto gestore del servizio medesimo, al quale le opere,
una volta realizzate, sono affidate in concessione.
Art. 158
Opere e interventi per il trasferimento di acqua
1. Ai fini di pianificare l'utilizzo delle risorse idriche, laddove il
fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni
diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei distretti idrografici,
le Autorità di bacino, sentite le regioni interessate, promuovono accordi di
programma tra le regioni medesime, ai sensi dell'articolo 34 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, salvaguardando in ogni caso le finalità di
cui all'articolo 144 del presente decreto. A tal fine il Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, ciascuno per la parte di propria competenza, assumono di concerto le
opportune iniziative anche su richiesta di una Autorità di bacino o di una
regione interessata od anche in presenza di istanza presentata da altri soggetti
pubblici o da soggetti privati interessati, fissando un termine per definire gli
accordi.
2. In caso di inerzia, di mancato accordo in ordine all'utilizzo delle risorse
idriche, o di mancata attuazione dell'accordo stesso, provvede in via
sostitutiva, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine, il Presidente
del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare.
3. Le opere e gli impianti necessari per le finalità di cui al presente articolo
sono dichiarati di interesse nazionale. La loro realizzazione e gestione, se di
iniziativa pubblica, possono essere poste anche a totale carico dello Stato
mediante quantificazione dell'onere e relativa copertura finanziaria, previa
deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE),
su proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e delle
infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di rispettiva competenza.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esperisce le procedure
per la concessione d'uso delle acque ai soggetti utilizzatori e definisce la
relativa convenzione tipo; al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
compete la determinazione dei criteri e delle modalità per l'esecuzione e la
gestione degli interventi, nonché l'affidamento per la realizzazione e la
gestione degli impianti.
TITOLO III - VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE
Art. 159
*[ Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti
1. Alla data di
entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Comitato per la
vigilanza sull'uso delle risorse idriche istituito dalla legge 5 gennaio 1994,
n. 36, assume la denominazione di Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e
sui rifiuti, di seguito denominata "Autorità", con il compito di assicurare
l'osservanza, da parte di qualsiasi soggetto pubblico e privato, dei principi e
delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto.
2. Sono organi dell'Autorità il presidente, il comitato esecutivo ed il
consiglio, che si articola in due sezioni denominate "Sezione per la vigilanza
sulle risorse idriche" e "Sezione per la vigilanza sui rifiuti"; ciascuna
sezione è composta dal presidente dell'Autorità, dal coordinatore di sezione e
da cinque componenti per la "Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche" e
da sei componenti per la "Sezione per la vigilanza sui rifiuti". Il comitato
esecutivo è composto dal presidente dell'Autorità e dai coordinatori di sezione.
Il consiglio dell'Autorità è composto da tredici membri e dal presidente,
nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del
Consiglio dei Ministri. Il presidente dell'Autorità e quattro componenti del
consiglio, dei quali due con funzioni di coordinatore di sezione, sono nominati
su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, due su
proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, due su proposta del
Ministro per la funzione pubblica, uno su proposta del Ministro delle attività
produttive relativamente alla "Sezione per la vigilanza sui rifiuti", quattro su
designazione della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province
autonome. Le proposte sono previamente sottoposte al parere delle competenti
Commissioni parlamentari.
3. Il Presidente dell'Autorità è il legale rappresentante, presiede il comitato
esecutivo, il consiglio e le sezioni nelle quali esso si articola. Il comitato
esecutivo è l'organo deliberante dell'Autorità e provvede ad assumere le
relative decisioni sulla base dell'istruttoria e delle proposte formulate dal
consiglio o dalle sue sezioni.
4. L'organizzazione e il funzionamento, anche contabile, dell'Autorità sono
disciplinali, in conformità alle disposizioni di cui alla parte terza e quarta
del presente decreto, da un regolamento deliberato dal Consiglio dell'Autorità
ed emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri secondo il
procedimento di cui al comma 3 dell' art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
5. I componenti dell'Autorità sono scelti fra persone dotate di alta e
riconosciuta competenza nel settore, durano in carica sette anni e non possono
essere confermati. A pena di decadenza essi non possono esercitare, direttamente
o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza attinente al
settore di competenza dell'Autorità; essi non possono essere dipendenti di
soggetti privati, né ricoprire incarichi elettivi o di rappresentanza nei
partiti politici, né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti
nel settore di competenza della Autorità. I dipendenti delle amministrazioni
pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico o, se
professori universitari, in aspettativa, senza assegni, per l'intera durata del
mandato. Per almeno due anni dalla cessazione dell'incarico i componenti
dell'Autorità non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti
di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel
settore di competenza.
6. In fase di prima attuazione, e nel rispetto del principio dell'invarianza
degli oneri a carico della finanza pubblica di cui all' art. 1, comma 8, lettera
c), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, il Presidente ed i componenti del
Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche rimangono in carica
fino al compimento del primo mandato settennale dell'Autorità ed assumono
rispettivamente le funzioni di Presidente dell'Autorità di vigilanza sulle
risorse idriche e sui rifiuti e di componenti della "Sezione per la vigilanza
sulle risorse idriche", tra i quali il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare nomina il coordinatore. Analogamente, il Presidente ed i componenti
dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti istituito dal decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22, rimangono in carica fino al compimento del primo mandato
settennale dell'Autorità ed assumono rispettivamente le funzioni di coordinatore
e di componenti della "Sezione per la vigilanza sui rifiuti".
7. L'Autorità si avvale di una segreteria tecnica, composta da esperti di
elevata qualificazione, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri su proposta dell'Autorità. Per essi valgono le incompatibilità di cui
al comma 5 con le relative conseguenze previste. L'Autorità può richiedere ad
altre amministrazioni pubbliche di avvalersi di loro prestazioni per funzioni di
ispezione e di verifica. La dotazione organica della segreteria tecnica, cui è
preposto un dirigente, e le spese di funzionamento sono determinate con decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze e con il Ministro per la funzione pubblica.
8. I componenti dell'Autorità e della segreteria tecnica, nell'esercizio delle
funzioni, sono pubblici ufficiali e sono tenuti al segreto d'ufficio. Si
applicano le norme in materia di pubblicità, partecipazione e accesso.
9. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato il trattamento economico
spettante ai membri dell'Autorità e ai componenti della segreteria tecnica.
10. Il bilancio preventivo e il rendiconto della gestione sono soggetti al
controllo della Corte dei conti ed alle forme di pubblicità indicate nel
regolamento di cui al comma 6; della loro pubblicazione è dato avviso nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
11. L'Autorità definisce annualmente e con proiezione triennale i programmi di
attività e le iniziative che intende porre in essere per il perseguimento delle
finalità di cui al comma 1, ed a garanzia degli interessi degli utenti, dandone
comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
12. L'Autorità è rappresentata in giudizio dall'Avvocatura dello Stato.]
*NOTA: articolo abrogato dall'art. 1, c. 5 del Decreto Legislativo 284/2006 (G.U. n. 274 del 24/11/2006). Se ne riporta di seguito il testo:
"5. Gli articoli 159,
160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il
Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio
nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni.
Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono
soppressi."
Art. 160 * [ Compiti e funzioni dell'Autorità di vigilanza
1. Nell'esercizio delle funzioni e dei compiti indicati al comma 1 dell'articolo
159, l'Autorità vigila sulle risorse idriche e sui rifiuti e controlla il
rispetto della disciplina vigente a tutela delle risorse e della salvaguardia
ambientale esercitando i relativi poteri ad essa attribuiti dalla legge.
2. L'Autorità in particolare:
a) assicura l'osservanza dei principi e delle regole della concorrenza e della
trasparenza nelle procedure di affidamento dei servizi;
b) tutela e garantisce i diritti degli utenti e vigila sull'integrità delle reti
e degli impianti;
c) esercita i poteri ordinatori ed inibitori di cui al comma 3;
d) promuove e svolge studi e ricerche sull'evoluzione dei settori e dei
rispettivi servizi, avvalendosi dell'Osservatorio di cui all'articolo 161;
e) propone gli adeguamenti degli atti tipo, delle concessioni e delle
convenzioni in base all'andamento del mercato e laddove siano resi necessari
dalle esigenze degli utenti o dalle finalità di tutela e salvaguardia
dell'ambiente;
f) specifica i livelli generali di qualità riferiti ai servizi da prestare nel
rispetto dei regolamenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare che disciplinano la materia;
g) controlla che i gestori adottino una carta di servizio pubblico con
indicazione di standard dei singoli servizi e ne verifica il rispetto;
h) propone davanti al giudice amministrativo i ricorsi contro gli atti e
provvedimenti ed eventualmente i comportamenti posti in essere in violazione
delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; esercita
l'azione in sede civile avverso gli stessi comportamenti, richiedendo anche il
risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente; denuncia
all'autorità giudiziaria le violazioni perseguibili in sede penale delle norme
di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; sollecita l'esercizio
dell'azione di responsabilità per i danni erariali derivanti dalla violazione
delle norme medesime;
i) formula al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare proposte di
revisione della disciplina vigente, segnalandone i casi di grave inosservanza e
di non corretta applicazione;
l) predispone ed invia al Governo e al Parlamento una relazione annuale
sull'attività svolta, con particolare riferimento allo stato e all'uso delle
risorse idriche, all'andamento dei servizi di raccolta e smaltimento dei
rifiuti, nonché all'utilizzo dei medesimi nella produzione di energia;
m) definisce, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare e con la Conferenza delle regioni e delle province autonome, i
programmi di attività e le iniziative da porre in essere a garanzia degli
interessi degli utenti, anche mediante la cooperazione con analoghi organi di
garanzia eventualmente istituiti dalle regioni e dalle province autonome
competenti;
n) esercita le funzioni già di competenza dell'Osservatorio nazionale sui
rifiuti istituito dall' art. 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
o) può svolgere attività di consultazione nelle materie di propria competenza a
favore delle Autorità d'ambito e delle pubbliche amministrazioni, previa
adozione di apposito decreto da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per
la disciplina delle modalità, anche contabili, e delle tariffe relative a tali
attività.
3. Nell'esercizio delle proprie competenze, l'Autorità:
a) richiede informazioni e documentazioni ai gestori operanti nei settori idrico
e dei rifiuti e a tutti i soggetti pubblici e privati tenuti all'applicazione
delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto;
esercita poteri di acquisizione, accesso ed ispezione alle documentazioni in
conformità ad apposito regolamento emanato con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri ai sensi del comma 3 dell' art. 17 della legge 23 agosto
1988, n. 400;
b) irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a
trentamila euro, ai soggetti che, senza giustificato motivo, rifiutano od
omettono di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti ai sensi
della lettera a) o intralciano l'accesso o le ispezioni; irroga la sanzione
amministrativa del pagamento di una somma fino a sessantamila euro ai soggetti
che forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri; le stesse
sanzioni sono irrogate nel caso di violazione degli obblighi di informazione
all'Osservatorio di cui all'articolo 161;
c) comunica, alle autorità competenti ad adottare i relativi provvedimenti, le
violazioni, da parte dei gestori, delle Autorità d'ambito e dei consorzi di
bonifica e di irrigazione, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti
terza e quarta del presente decreto, in particolare quelle lesive della
concorrenza, della tutela dell'ambiente, dei diritti degli utenti e dei
legittimi usi delle acque; adotta i necessari provvedimenti temporanei ed
urgenti, ordinatori ed inibitori, assicurando tuttavia la continuità dei
servizi;
d) può intervenire, su istanza dei gestori, in caso di omissioni o inadempimenti
delle Autorità d'ambito.
4. Il ricorso contro gli atti e i provvedimenti dell'Autorità spetta alla
giurisdizione amministrativa esclusiva e alla competenza del TAR del Lazio.]
*NOTA: articolo abrogato dall'art. 1, c. 5 del Decreto Legislativo 284/2006 (G.U. n. 274 del 24/11/2006). Se ne riporta di seguito il testo:
"5. Gli articoli 159,
160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il
Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio
nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni.
Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono
soppressi."
Art. 161.
Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche(*)(*****)
1. La Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse
idriche(*) di cui al
decreto legislativo 7 novembre 2006, n. 284, articolo 1, comma 5, e'
istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, al fine di garantire l'osservanza dei principi di
cui all'articolo 141, comma 2 del presente decreto legislativo, con
particolare riferimento alla regolare determinazione ed al regolare
adeguamento delle tariffe, nonche' alla tutela dell'interesse degli
utenti.
2. La Commissione e' composta da cinque membri nominati con decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che durano in
carica tre anni, due dei quali designati dalla Conferenza dei presidenti delle
regioni e delle province autonome e tre, di cui uno con funzioni di presidente
individuato con il medesimo decreto, scelti tra persone di elevata
qualificazione giuridico-amministrativa o tecnico-scientifica, nel settore
pubblico e privato, nel rispetto del principio dell'equilibrio di genere. Il
presidente e' scelto nell'ambito degli esperti con elevata qualificazione
tecnico-scientifica. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare procede, con proprio decreto, alla nomina dei cinque componenti della
Commissione, in modo da adeguare la composizione dell'organo alle prescrizioni
di cui al presente comma. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di
nomina dei nuovi componenti, lo svolgimento delle attivita' e' garantito dai
componenti in carica alla data di entrata in vigore della presente
disposizione.(**)
3. [I membri del Comitato durano in carica tre anni e non possono essere
confermati](***). I componenti non possono essere dipendenti di soggetti di
diritto privato operanti nel settore, ne' possono avere interessi
diretti e indiretti nei medesimi; qualora siano dipendenti pubblici,
essi sono collocati fuori ruolo o, se professori universitari, sono
collocati in aspettativa per l'intera durata del mandato. Con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con
il Ministro dell'economia e delle finanze, e' determinato il trattamento
economico spettante ai membri del Comitato.
4. Il Comitato, nell'ambito delle attivita' previste all'articolo 6,
comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n.
90, in particolare:
a) predispone con delibera il metodo tariffario per la determinazione
della tariffa di cui all'articolo 154 e le modalita' di revisione
periodica, e lo trasmette al Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, che lo adotta con proprio decreto sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano;
b) verifica la corretta redazione del piano d'ambito, esprimendo
osservazioni, rilievi e prescrizioni sugli elementi tecnici ed economici
e sulla necessita' di modificare le clausole contrattuali e gli atti che
regolano il rapporto tra le Autorita' d'ambito e i gestori in
particolare quando cio' sia richiesto dalle ragionevoli esigenze degli
utenti;
c) predispone con delibera una o piu' convenzioni tipo di cui
all'articolo 151, e la trasmette al Ministro per l'ambiente e per la
tutela del territorio e del mare, che la adotta con proprio decreto
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano;
d) emana direttive per la trasparenza della contabilita' delle gestioni
e valuta i costi delle singole prestazioni;
e) definisce i livelli minimi di qualita' dei servizi da prestare,
sentite le regioni, i gestori e le associazioni dei consumatori;
f) controlla le modalita' di erogazione dei servizi richiedendo
informazioni e documentazioni ai gestori operanti nel settore idrico,
anche al fine di individuare situazioni di criticita' e di irregolarita'
funzionali dei servizi idrici;
g) tutela e garantisce i diritti degli utenti emanando linee guida che
indichino le misure idonee al fine di assicurare la parita' di
trattamento degli utenti, garantire la continuita' della prestazione dei
servizi e verificare periodicamente la qualita' e l'efficacia delle
prestazioni;
h) predispone periodicamente rapporti relativi allo stato di
organizzazione dei servizi al fine di consentire il confronto delle
prestazioni dei gestori;
i) esprime pareri in ordine a problemi specifici attinenti la qualita'
dei servizi e la tutela dei consumatori, su richiesta del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle regioni,
degli enti locali, delle Autorita' d'ambito, delle associazioni dei
consumatori e di singoli utenti del servizio idrico integrato; per lo
svolgimento delle funzioni di cui al presente comma il Comitato promuove
studi e ricerche di settore;
l) predispone annualmente una relazione al parlamento sullo stato dei
servizi idrici e sull'attivita' svolta.
5. Per l'espletamento dei propri compiti e per lo svolgimento di
funzioni ispettive, il Comitato si avvale della segreteria tecnica di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 giugno 2003, n. 261,
articolo 3, comma 1, lettera o). Esso puo' richiedere di avvalersi,
altresi', dell'attivita' ispettiva e di verifica dell'Osservatorio di
cui al comma 6 e di altre amministrazioni.
6. [Per l'espletamento dei propri compiti il Comitato si avvale, altresi', dell'Osservatorio dei servizi idrici, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 17 giugno 2003, n. 261, articolo 3, comma 1,
lettera o).](***) La Commissione(****) svolge funzioni di raccolta, elaborazione e
restituzione di dati statistici e conoscitivi, in particolare, in
materia di:
a) censimento dei soggetti gestori dei servizi idrici e relativi dati
dimensionali, tecnici e finanziari di esercizio;
b) convenzioni e condizioni generali di contratto per l'esercizio dei
servizi idrici;
c) modelli adottati di organizzazione, di gestione, di controllo e di
programmazione dei servizi e degli impianti;
d) livelli di qualita' dei servizi erogati;
e) tariffe applicate;
f) piani di investimento per l'ammodernamento degli impianti e lo
sviluppo dei servizi.
6-bis Le attivita' della Segreteria tecnica [e dell'Osservatorio dei
servizi idrici](***) sono svolte nell'ambito delle risorse umane, strumentali
e finanziarie gia' operanti presso il Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare.
7. I soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono entro il 31
dicembre di ogni anno all'Osservatorio, alle regioni e alle province
autonome di Trento e di Bolzano i dati e le informazioni di cui al comma
6. L'Osservatorio ha, altresi', facolta' di acquisire direttamente le
notizie relative ai servizi idrici ai fini della proposizione innanzi
agli organi giurisdizionali competenti, da parte del Comitato,
dell'azione avverso gli atti posti in essere in violazione del presente
decreto legislativo, nonche' dell'azione di responsabilita' nei
confronti degli amministratori e di risarcimento dei danni a tutela dei
diritti dell'utente.
8. L'Osservatorio assicura l'accesso generalizzato, anche per via
informatica, ai dati raccolti e alle elaborazioni effettuate per la tutela degli
interessi degli utenti.
(*) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 2, c. 15, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24. L'art. 9 bis, comma 6, del d.l. n. 39/2009 ha successivamente previsto che: "La denominazione "Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche" sostituisce, ad ogni effetto, la denominazione "Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche", ovunque presente."
(**) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 9 bis, c. 6 del d.l. n. 39/2009
(***) N.d.R.: Periodo
soppresso dall'art. 9 bis, c. 6 del d.l. n. 39/2009
(****) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 9
bis, c. 6 del d.l. n. 39/2009
(*****) N.d.R.: Si riporta di seguito il comma 26 dell'art. 10 del D.L. n. 70/2011 (cd. "decreto sviluppo"), convertito in legge dalla L. 12 luglio 2011, n. 106:
"26. A decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, e' soppressa la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche di cui all'articolo 161 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, e il predetto articolo 161 e' abrogato nelle parti incompatibili con le disposizioni di cui al presente articolo. Alla nomina dell'Agenzia di cui al comma 11 si provvede entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, e sino a quel momento, in deroga a quanto stabilito dal comma 15, le funzioni gia' attribuite dalla legge alla Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche dall'articolo 161 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 continuano ad essere esercitate da quest'ultima. Entro lo stesso termine si provvede alla nomina del direttore generale e del Collegio dei revisori dei conti."
Art. 162
Partecipazione, garanzia e informazione degli utenti
1. Il gestore del servizio idrico integrato assicura l'informazione agli
utenti, promuove iniziative per la diffusione della cultura dell'acqua e
garantisce l'accesso dei cittadini alle informazioni inerenti ai servizi gestiti
nell'ambito territoriale ottimale di propria competenza, alle tecnologie
impiegate, al funzionamento degli impianti, alla quantità e qualità delle acque
fornite e trattate.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni e le
province autonome, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano la
pubblicità dei progetti concernenti opere idrauliche che comportano o
presuppongono grandi e piccole derivazioni, opere di sbarramento o di
canalizzazione, nonché la perforazione di pozzi. A tal fine, le amministrazioni
competenti curano la pubblicazione delle domande di concessione, contestualmente
all'avvio del procedimento, oltre che nelle forme previste dall' art. 7 del
testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici,
approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, su almeno un quotidiano a
diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione locale per le grandi
derivazioni di acqua da fiumi transnazionali e di confine.
3. Chiunque può prendere visione presso i competenti uffici del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio, delle regioni e delle province
autonome di tutti i documenti, atti, studi e progetti inerenti alle domande di
concessione di cui al comma 2 del presente articolo, ai sensi delle vigenti
disposizioni in materia di pubblicità degli atti delle amministrazioni
pubbliche.
Art. 163
Gestione delle aree di salvaguardia
1. Per assicurare la tutela delle aree di salvaguardia delle risorse idriche
destinate al consumo umano, il gestore del servizio idrico integrato può
stipulare convenzioni con lo Stato, le regioni, gli enti locali, le associazioni
e le università agrarie titolari di demani collettivi, per la gestione diretta
dei demani pubblici o collettivi ricadenti nel perimetro delle predette aree,
nel rispetto della protezione della natura e tenuto conto dei diritti di uso
civico esercitati.
2. La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione delle aree di
salvaguardia, in caso di trasferimenti di acqua da un ambito territoriale
ottimale all'altro, è versata alla comunità montana, ove costituita, o agli enti
locali nel cui territorio ricadono le derivazioni; i relativi proventi sono
utilizzati ai fini della tutela e del recupero delle risorse ambientali.
Art. 164
Disciplina delle acque nelle aree protette
1. Nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali, l'ente
gestore dell'area protetta, sentita l'Autorità di bacino, definisce le acque
sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi,
che non possono essere captate.
2. Il riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque superficiali o
sorgentizie che hanno assunto natura pubblica per effetto dell' art. 1 della
legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché le concessioni in sanatoria, sono rilasciati
su parere dell'ente gestore dell'area naturale protetta. Gli enti gestori di
aree protette verificano le captazioni e le derivazioni già assentite
all'interno delle aree medesime e richiedono all'autorità competente la modifica
delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri
biologici dei corsi d'acqua oggetto di captazione, senza che ciò possa dare
luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione,
fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.
Art. 165
Controlli
1. Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualità e per il controllo
degli scarichi nei corpi ricettori, ciascun gestore di servizio idrico si dota
di un adeguato servizio di controllo territoriale e di un laboratorio di analisi
per i controlli di qualità delle acque alla presa, nelle reti di adduzione e di
distribuzione, nei potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita
convenzione con altri soggetti gestori di servizi idrici. Restano ferme le
competenze amministrative e le funzioni di controllo sulla qualità delle acque e
sugli scarichi nei corpi idrici stabilite dalla normativa vigente e quelle degli
organismi tecnici preposti a tali funzioni.
2. Coloro che si approvvigionano in tutto o in parte di acqua da fonti diverse
dal pubblico acquedotto sono tenuti a denunciare annualmente al soggetto gestore
del servizio idrico il quantitativo prelevato nei termini e secondo le modalità
previste dalla normativa per la tutela delle acque dall'inquinamento.
3. Le sanzioni previste dall' art. 19 del decreto legislativo 2 febbraio 2001,
n. 31, si applicano al responsabile della gestione dell'acquedotto soltanto nel
caso in cui, dopo la comunicazione dell'esito delle analisi, egli non abbia
tempestivamente adottato le misure idonee ad adeguare la qualità dell'acqua o a
prevenire il consumo o l'erogazione di acqua non idonea.
TITOLO IV - USI PRODUTTIVI DELLE RISORSE IDRICHE
Art. 166
Usi delle acque irrigue e di bonifica
1. I consorzi di bonifica ed irrigazione, nell'ambito delle loro competenze,
hanno facoltà di realizzare e gestire le reti a prevalente scopo irriguo, gli
impianti per l'utilizzazione in agricoltura di acque reflue, gli acquedotti
rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica e,
previa domanda alle competenti autorità corredata dal progetto delle opere da
realizzare, hanno facoltà di utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi
consortili per usi che comportino la restituzione delle acque e siano
compatibili con le successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione di
energia idroelettrica e l'approvvigionamento di imprese produttive. L'Autorità
di bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione. Trascorso
tale termine, la domanda si intende accettata. Per tali usi i consorzi sono
obbligati al pagamento dei relativi canoni per le quantità di acqua
corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di cui al
secondo comma dell' art. 36 del testo unico delle disposizioni di legge sulle
acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933,
n. 1775.
2. I rapporti tra i consorzi di bonifica ed irrigazione ed i soggetti che
praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle disposizioni di cui al
capo I del titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368.
3. Fermo restando il rispetto della disciplina sulla qualità delle acque e degli
scarichi stabilita dalla parte terza del presente decreto, chiunque, non
associato ai consorzi di bonifica ed irrigazione, utilizza canali consortili o
acque irrigue come recapito di scarichi, anche se depurati e compatibili con
l'uso irriguo, provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, deve contribuire
alle spese sostenute dal consorzio tenendo conto della portata di acqua
scaricata.
4. Il contributo di cui al comma 3 è determinato dal consorzio interessato e
comunicato al soggetto utilizzatore, unitamente alle modalità di versamento.
Art. 167
Usi agricoli delle acque
1. Nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse
idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto,
deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso agricolo ivi
compresa l'attività di acquacoltura di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 102.
2. Nell'ipotesi in cui, ai sensi dell'articolo 145, comma 3, si proceda alla
regolazione delle derivazioni, l'amministrazione competente, sentiti i soggetti
titolari delle concessioni di derivazione, assume i relativi provvedimenti.
3. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi
agricoli o di singoli edifici è libera.
4. La raccolta di cui al comma 3 non richiede licenza o concessione di
derivazione di acque; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle
leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e
sbarramenti e dalle altre leggi speciali.
1. L'utilizzazione delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti
dall' art. 93, secondo comma, del testo unico delle disposizioni di legge sulle
acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933,
n. 1775, resta disciplinata dalla medesima disposizione, purché non comprometta
l'equilibrio del bilancio idrico di cui all'articolo 145 del presente decreto.
Art. 168
Utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico
1. Tenuto conto dei principi di cui alla parte terza del presente decreto e
del piano energetico nazionale, nonché degli indirizzi per gli usi plurimi delle
risorse idriche, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di
concerto con il Ministro delle attività produttive, sentite le Autorità di
bacino, nonché le regioni e le province autonome, disciplina, senza che ciò
possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica
amministrazione, fatta salva la corrispondente riduzione del canone di
concessione:
a) la produzione al fine della cessione di acqua dissalata conseguita nei cicli
di produzione delle centrali elettriche costiere;
b) l'utilizzazione dell'acqua invasata a scopi idroelettrici per fronteggiare
situazioni di emergenza idrica;
c) la difesa e la bonifica per la salvaguardia della quantità e della qualità
delle acque dei serbatoi ad uso idroelettrico.
Art. 169
Piani, studi e ricerche
1. I piani, gli studi e le ricerche realizzati dalle Amministrazioni dello Stato
e da enti pubblici aventi competenza nelle materie disciplinate dalla parte
terza del presente decreto sono comunicati alle Autorità di bacino competenti
per territorio ai fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.
SEZIONE IV - DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 170
Norme transitorie
1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 65, limitatamente alle procedure di
adozione ed approvazione dei piani di bacino, fino alla data di entrata in
vigore della parte seconda del presente decreto, continuano ad applicarsi le
procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino previste dalla legge
18 maggio 1989, n. 183.
2. Ai fini dell'applicazione dell' art. 1 del decreto-legge 12 ottobre 2000, n.
279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365, i
riferimenti in esso contenuti all' art. 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n.
180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, devono
intendersi riferiti all'articolo 66 del presente decreto; i riferimenti alla
legge 18 maggio 1989, n. 183, devono intendersi riferiti alla sezione prima
della parte terza del presente decreto, ove compatibili.
2-bis. Nelle more
della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo II della Parte
terza del presente decreto e della eventuale revisione della relativa disciplina
legislativa, le Autorita' di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183,
sono prorogate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri di cui al comma 2, dell'articolo 63 del presente
decreto..*
3. Ai fini dell'applicazione della parte terza del presente decreto:
a) fino all'emanazione dei decreti di cui all'articolo 95, commi 4 e 5, continua
ad applicarsi il decreto ministeriale 28 luglio 2004;
b) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 99, comma 1, continua ad
applicarsi il decreto ministeriale 12 giugno 2003, n. 185;
c) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 104, comma 4, si applica
il decreto ministeriale 28 luglio 1994;
d) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 112, comma 2, si applica
il decreto ministeriale 6 luglio 2005;
e) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 114, comma 4, continua ad
applicarsi il decreto ministeriale 30 giugno 2004;
f) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 118, comma 2, continuano
ad applicarsi il decreto ministeriale 18 settembre 2002 e il decreto
ministeriale 19 agosto 2003;
g) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 123, comma 2, continua ad
applicarsi il decreto ministeriale 19 agosto 2003;
h) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 146, comma 3, continua ad
applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n. 99;
i) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 150, comma 2,
all'affidamento della concessione di gestione del servizio idrico integrato
nonché all'affidamento a società miste continuano ad applicarsi il decreto
ministeriale 22 novembre 2001, nonché le circolari del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio del 6 dicembre 2004;
l) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma 2, continua ad
applicarsi il decreto ministeriale 1° agosto 1996.
4. La parte terza del presente decreto contiene le norme di recepimento delle
seguenti direttive comunitarie:
a) direttiva 75/440/CEE relativa alla qualità delle acque superficiali destinate
alla produzione di acqua potabile;
b) direttiva 76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze
pericolose scaricate nell'ambiente idrico;
c) direttiva 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci che richiedono
protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei
campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione
di acqua potabile;
e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate
alla molluschicoltura;
f) direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee
dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;
g) direttiva 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per
gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;
h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per
gli scarichi di cadmio;
i) direttiva 84/156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per
gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello
dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;
l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualità per gli
scarichi di esaclorocicloesano;
m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell'Allegato 11 della direttiva
86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli
scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 dell'Allegato
della direttiva 76/464/CEE;
n) direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE
concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di
talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 della direttiva
76/464/CEE;
o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;
p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento
provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;
q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto
riguarda alcuni requisiti dell'Allegato 1;
r) direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in
materia di acque.
5. Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di
adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai sensi
dell'articolo 101, comma 2, contenute nella legislazione regionale attuativa
della parte terza del presente decreto e nei piani di tutela di cui all'articolo
121.
6. Resta fermo quanto disposto dall' art. 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128,
e dai decreti legislativi di attuazione della direttiva 96/92/CE.
7. Fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, le
attività di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni
regionali vigenti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto.
8. Dall'attuazione della parte terza del presente decreto non devono derivare
nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico della finanza pubblica.
9. Una quota non inferiore al dieci per cento e non superiore al quindici per
cento degli stanziamenti previsti da disposizioni statali di finanziamento è
riservata alle attività di monitoraggio e studio destinati all'attuazione della
parte terza del presente decreto.
10. Restano ferme le disposizioni in materia di difesa del mare.
11. Fino all'emanazione di corrispondenti atti adottati in attuazione della
parte terza del presente decreto, restano validi ed efficaci i provvedimenti e
gli atti emanati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate
dall'articolo 175.
12. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della
Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche(**) si provvede mediante utilizzo delle risorse
di cui all' art. 22, comma 6, della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
13. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione per
la vigilanza sui rifiuti, pari ad unmilioneduecentoquarantamila euro, aggiornato
annualmente in relazione al tasso d'inflazione, provvede il Consorzio nazionale
imballaggi di cui all'articolo 224 con un contributo di pari importo a carico
dei consorziati. Dette somme sono versate dal Consorzio nazionale imballaggi
all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo dello stato di
previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
14. In sede di prima applicazione, il termine di centottanta giorni di cui
all'articolo 112, comma 2, decorre dalla data di entrata in vigore della parte
terza del presente decreto.
*NOTA: "il comma 2-bis",
inserito dal Decreto Legislativo n. 284/2006 del 8 novembre (G.U. n. 274 del
24/11/2006), è stato così sostituto dall'art.1 del D.L. n. 208/2008 (GU n. 304
del 31-12-2008), convertito con L. n. 13/2009 (pubblicata nella GU n. 49 del
28.2.2009) Quest'ultima norma, ai commi 2 e 3, così dispone: "2. Fino
alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri di cui all'articolo 170, comma 2-bis, del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, come sostituito dal comma 1, sono fatti salvi gli atti posti in
essere dalle Autorita' di bacino di cui al presente articolo dal 30 aprile 2006.
3. Fino alla data di cui al comma 2, le Autorita' di bacino di rilievo nazionale
restano escluse dall'applicazione dell'articolo 74 del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,
fermi restando gli obiettivi fissati ai sensi del medesimo articolo 74 da
considerare ai fini dell'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri di cui al comma 2."
(**) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 9 bis, c. 6 del d.l. n. 39/2009
Art. 171
Canoni per le utenze di acqua pubblica
1. Nelle more del trasferimento alla regione Sicilia del demanio idrico, per le
grandi derivazioni in corso di sanatoria di cui all'articolo 96, comma 6,
ricadenti nel territorio di tale regione, si applicano retroattivamente, a
decorrere dal 1 gennaio 2002, i seguenti canoni annui:
a) per ogni modulo di acqua assentito ad uso irrigazione, 40,00 euro, ridotte
alla metà se le colature ed i residui di acqua sono restituiti anche in falda;
b) per ogni ettaro del comprensorio irriguo assentito, con derivazione non
suscettibile di essere fatta a bocca tassata, 0,40 euro;
c) per ogni modulo di acqua assentito per il consumo umano, 1.750,00 euro,
minimo 300,00 euro;
d) per ogni modulo di acqua assentito ad uso industriale, 12.600,00 euro, minimo
1.750,00 euro. Il canone è ridotto del cinquanta per cento se il concessionario
attua un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo
produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, se restituisce le acque di
scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Le
disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 12 del decreto-legge 27 aprile
1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 1651,
non si applicano per l'uso industriale;
e) per ogni modulo di acqua assentito per la piscicoltura, l'irrigazione di
attrezzature sportive e di aree destinate a verde pubblico, 300,00 euro, minimo
100,00 euro;
f) per ogni kilowatt di potenza nominale assentita, per le concessioni di
derivazione ad uso idroelettrico 12,00 euro, minimo 100,00 euro;
g) per ogni modulo dì acqua assentita ad uso igienico ed assimilati, concernente
l'utilizzo dell'acqua per servizi igienici e servizi antincendio, ivi compreso
quello relativo ad impianti sportivi, industrie e strutture varie qualora la
concessione riguardi solo tale utilizzo, per impianti di autolavaggio e lavaggio
strade e comunque per tutti gli usi non previsti dalle lettere da a) ad f),
900,00 euro.
2. Gli importi dei canoni di cui al comma 1 non possono essere inferiori a
250,00 euro per derivazioni per il consumo umano e a 1.500,00 euro per
derivazioni per uso industriale.
Art. 172
Gestioni esistenti
1. Le Autorità d'ambito che alla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto abbiano già provveduto alla redazione del piano d'ambito, senza
aver scelto la forma di gestione ed avviato le procedure di affidamento, sono
tenute, nei sei mesi decorrenti da tale data, a deliberare i predetti
provvedimenti.
2. In relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis dell'articolo
113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l'Autorità d'ambito dispone
i nuovi affidamenti, nel rispetto della parte terza del presente decreto, entro
i sessanta giorni antecedenti tale scadenza.
3. Qualora l'Autorità d'ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e
2 nei termini ivi stabiliti, la regione, entro trenta giorni, esercita, dandone
comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
e alla Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche(*), i poteri
sostitutivi, nominando un commissario "ad acta", le cui spese sono a carico
dell'ente inadempiente, che avvia entro trenta giorni le procedure di
affidamento, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali.
Qualora il commissario regionale non provveda nei termini così stabiliti,
spettano al Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i poteri sostitutivi preordinati al
completamento della procedura di affidamento.
4. Qualora gli enti locali non aderiscano alle Autorità d'ambito ai sensi
dell'articolo 148 entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
parte terza del presente decreto, la regione esercita, previa diffida all'ente
locale ad adempiere entro il termine di trenta giorni e dandone comunicazione
alla Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche(*), i poteri
sostitutivi, nominando un commissario "ad acta", le cui spese sono a carico
dell'ente inadempiente.
5. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle gestioni in essere
ai sensi del comma 2, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie
sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le
modalità previsti dalla convenzione.
6. Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per
le aree ed i nuclei di sviluppo industriale di cui all'articolo 50 del testo
unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, da altri consorzi o enti
pubblici, nel rispetto dell'unità di gestione, entro il 31 dicembre 2006 sono
trasferiti in concessione d'uso al gestore del servizio idrico integrato
dell'Ambito territoriale ottimale nel quale ricadono in tutto o per la maggior
parte i territori serviti, secondo un piano adottato con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, sentite le regioni, le province e gli enti interessati.
(*) Nota: si riporta di seguito il testo dell'art. 1, c. 5 del D.Lgs. 284/2006:
"5. Gli articoli 159, 160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono soppressi." L'art. 9 bis, comma 6, del d.l. n. 39/2009 ha successivamente previsto che: La denominazione "Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche" sostituisce, ad ogni effetto, la denominazione "Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche", ovunque presente.
Art. 173
Personale
1. Fatta salva la legislazione regionale adottata ai sensi dell' art. 12, comma
3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale che, alla data del 31
dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio,
appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o
consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore
dei servizi idrici sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di
lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico
integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e
individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di
ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative,
al gestore del servizio idrico integrato, si applica, ai sensi dell'articolo 31
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento
del ramo di azienda di cui all' art. 2112 del codice civile.
Art. 174
Disposizioni di attuazione e di esecuzione
1. Sino all'adozione da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare di nuove disposizioni attuative della sezione terza della parte terza
del presente decreto, si applica il decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 4 marzo 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo
1994.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la
Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche(*) e la Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto, nell'ambito di apposite intese istituzionali, predispone uno
specifico programma per il raggiungimento, senza ulteriori oneri a carico del
Ministero, dei livelli di depurazione, così come definiti dalla direttiva
91/271/CEE, attivando i poteri sostitutivi di cui all'articolo 152 negli ambiti
territoriali ottimali in cui vi siano agglomerati a carico dei quali pendono
procedure di infrazione per violazione della citata direttiva.
(*) Nota: si riporta di seguito il testo dell'art. 1, c. 5 del D.Lgs. 284/2006:
"5. Gli articoli 159, 160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono soppressi." L'art. 9 bis, comma 6, del d.l. n. 39/2009 ha successivamente previsto che: La denominazione "Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche" sostituisce, ad ogni effetto, la denominazione "Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche", ovunque presente.
Art. 175
Abrogazione di norme
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto sono o restano abrogate le norme contrarie o incompatibili con il
medesimo, ed in particolare:
a) l' art. 42, comma terzo, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come
modificato dall'articolo 8 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;
b) la legge 10 maggio 1976, n. 319;
c) la legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione, con modificazioni, del
decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;
d) la legge 24 dicembre 1979, n. 650;
e) la legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione, con modificazioni, del
decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;
f) il decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n. 515;
g) la legge 25 luglio 1984, n. 381, di conversione, con modificazioni, del
decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;
h) gli articoli 5, 6 e 7 della legge 24 gennaio 1986, n. 7, di conversione, con
modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667;
i) gli articoli 4, 5, 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 24
maggio 1988, n. 236;
l) la legge 18 maggio 1989, n. 183;
m) gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71, di conversione, con
modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 1990, n. 16;
n) l' art. 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;
o) il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 130;
p) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131;
q) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132;
r) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133;
s) l' art. 12 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;
t) l'articolo 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di conversione,
con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 408;
u) la legge 5 gennaio 1994, n. 36, ad esclusione dell'articolo 22, comma 6;
v) l'articolo 9-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione, con
modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;
z) la legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione, con modificazioni, del
decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79;
aa) l' art. 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;
bb) il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, così come modificato dal
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258;
cc) l' art. 1-bis del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con
modificazioni, dalla legge 11 ottobre 2000, n. 365.
Art. 176
Norma finale
1. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto che
concernono materie di legislazione concorrente costituiscono principi
fondamentali ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione.
2. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto sono applicabili
nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di
Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.
3. Per le acque appartenenti al demanio idrico delle province autonome di Trento
e di Bolzano restano ferme le competenze in materia di utilizzazione delle acque
pubbliche ed in materia di opere idrauliche previste dallo statuto speciale
della regione Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione.
PARTE QUARTA - NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI
SITI INQUINATI
Nota: Si riporta di seguito il comma 184 dell'art. 1 della Finanziaria
2007, come modificato, da ultimo, dal d.l. n. 208/2008:
"184. Nelle more della
completa attuazione delle disposizioni recate dal decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, e successive modificazioni:
a) il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei
rifiuti adottato in ciascun comune per l’anno 2006 resta invariato anche per
l’anno 2007 e per gli anni 2008 e 2009;
b) in materia di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, continuano ad applicarsi le disposizioni degli articoli 18, comma 2, lettera d), e 57, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (...)"
TITOLO I - GESTIONE DEI RIFIUTI
CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 177
Campo di applicazione e finalita'(*)
1. La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e
la bonifica dei siti inquinati, anche in attuazione delle direttive comunitarie,
in particolare della direttiva
2008/98/CE, prevedendo misure volte a proteggere l'ambiente e la salute umana,
prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione
dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell'uso delle risorse e
migliorandone l'efficacia.
2. La gestione dei
rifiuti costituisce attivita' di pubblico interesse.
3. Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari,
conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto adottate in
attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate
categorie di rifiuti.
4. I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare
procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in
particolare:
a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonche' per la fauna
e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in
base alla normativa vigente.
5. Per conseguire le finalita' e gli obiettivi di cui ai commi da 1 a 4, lo
Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali esercitano i poteri e
le funzioni di rispettiva competenza in materia di gestione dei rifiuti in
conformita' alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto,
adottando ogni opportuna azione ed avvalendosi, ove opportuno, mediante accordi,
contratti di programma o protocolli d'intesa anche sperimentali, di soggetti
pubblici o privati.
6. I soggetti di cui al comma 5 costituiscono, altresi', un sistema compiuto e
sinergico che armonizza, in un contesto unitario, relativamente agli obiettivi
da perseguire, la redazione delle norme tecniche, i sistemi di accreditamento e
i sistemi di certificazione attinenti direttamente o indirettamente le materie
ambientali, con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti, secondo i
criteri e con le modalita' di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), e nel
rispetto delle procedure di informazione nel settore delle norme e delle
regolazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della societa'
dell'informazione, previste dalle direttive comunitarie e relative norme di
attuazione, con particolare riferimento alla legge 21 giugno 1986, n. 317.
7. Le regioni e le province autonome adeguano i rispettivi ordinamenti alle
disposizioni di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema contenute nella parte
quarta del presente decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione.
8. Ai fini dell'attuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle
disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare puo' avvalersi del
supporto tecnico dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale (ISPRA), senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
(*) N.d.R.: Articolo
così sostituito dall'art. 1 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205,
recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga
alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario
n.269.
Articolo 178
Principi(*)
1. La gestione dei rifiuti e' effettuata conformemente ai principi di
precauzione, di prevenzione, di sostenibilita', di proporzionalita', di
responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella
produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui
originano i rifiuti, nonche' del principio chi inquina paga. A tale fine la
gestione dei rifiuti e' effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza,
economicita', trasparenza, fattibilita' tecnica ed economica, nonche' nel
rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle
informazioni ambientali.
(*) N.d.R.: Articolo
così sostituito dall'art. 2 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205,
recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga
alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario
n.269.
Articolo 178-bis
Responsabilita' estesa del produttore (*)
1. Al fine di rafforzare la prevenzione e facilitare l'utilizzo efficiente
delle risorse durante l'intero ciclo di vita, comprese le fasi di riutilizzo,
riciclaggio e recupero dei rifiuti, evitando di compromettere la libera
circolazione delle merci sul mercato, possono essere adottati, previa
consultazione delle parti interessate, con uno o piu' decreti del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aventi natura
regolamentare, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le modalita' e i criteri di introduzione
della responsabilita' estesa del produttore del prodotto, inteso come qualsiasi
persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi,
tratti, venda o importi prodotti, nell'organizzazione del sistema di gestione
dei rifiuti, e nell'accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che
restano dopo il loro utilizzo. Ai medesimi fini possono essere adottati con uno
o piu' decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, le modalita' e i
criteri:
a) di gestione dei rifiuti e della relativa responsabilita' finanziaria dei
produttori del prodotto. I decreti della presente lettera sono adottati di
concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze;
b) di pubblicizzazione delle informazioni relative alla misura in cui il
prodotto e' riutilizzabile e riciclabile;
c) della progettazione dei prodotti volta a ridurre i loro impatti ambientali;
d) di progettazione dei prodotti volta a diminuire o eliminare i rifiuti durante
la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti, assicurando che il recupero
e lo smaltimento dei prodotti che sono diventati rifiuti avvengano in
conformita' ai criteri di cui agli articoli 177 e 179;
e) volti a favorire e incoraggiare lo sviluppo, la produzione e la
commercializzazione di prodotti adatti all'uso multiplo, tecnicamente durevoli,
e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti ad un recupero adeguato e
sicuro e a uno smaltimento compatibile con l'ambiente.
2. La responsabilita' estesa del produttore del prodotto e' applicabile fatta
salva la responsabilita' della gestione dei rifiuti di cui all'articolo 188,
comma 1, e fatta salva la legislazione esistente concernente flussi di rifiuti e
prodotti specifici.
3. I decreti di cui al
comma 1 possono prevedere altresi' che i costi della gestione dei rifiuti siano
sostenuti parzialmente o interamente dal produttore del prodotto causa dei
rifiuti. Nel caso il produttore del prodotto partecipi parzialmente, il
distributore del prodotto concorre per la differenza fino all'intera copertura
di tali costi.
4. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica.
(*) N.d.R.: Articolo
introdotto dall'art. 3 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Articolo 179
Criteri di priorita' nella gestione dei rifiuti(*)
1. La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia:
a) prevenzione;
b) preparazione per il riutilizzo;
c) riciclaggio;
d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;
e) smaltimento.
2. La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorita' di cio' che
costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia di cui
al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che
garantiscono, nel rispetto degli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior
risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed
economici, ivi compresa la fattibilita' tecnica e la praticabilita' economica.
3. Con riferimento a singoli flussi di rifiuti e' consentito discostarsi, in via
eccezionale, dall'ordine di priorita' di cui al comma 1 qualora cio' sia
giustificato, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilita', in
base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della
gestione di tali rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini
di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la
fattibilita' tecnica e la protezione delle risorse.
4. Con uno o piu' decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, possono essere
individuate, con riferimento a singoli flussi di rifiuti specifici, le opzioni
che garantiscono, in conformita' a quanto stabilito dai commi da 1 a 3, il
miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell'ambiente.
5. Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell'esercizio delle rispettive
competenze, iniziative dirette a favorire il rispetto della gerarchia del
trattamento dei rifiuti di cui al comma 1 in particolare mediante:
a) la promozione dello sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso piu'
razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali;
b) la promozione della messa a punto tecnica e dell'immissione sul mercato di
prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno
possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad
incrementare la quantita' o la nocivita' dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
c) la promozione dello sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di
sostanze pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero;
d) la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei
materiali recuperati dai rifiuti e di sostanze e oggetti prodotti, anche solo in
parte, con materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei
materiali medesimi;
e) l'impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il successivo
utilizzo e, piu' in generale, l'impiego dei rifiuti come altro mezzo per
produrre energia.
6. Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti le misure dirette al
recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio
o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con priorita'
rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia.
7. Le pubbliche amministrazioni promuovono l'analisi del ciclo di vita dei
prodotti sulla base di metodologie uniformi per tutte le tipologie di prodotti
stabilite mediante linee guida dall'ISPRA, eco-bilanci, la divulgazione di
informazioni anche ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195,
l'uso di strumenti economici, di criteri in materia di procedure di evidenza
pubblica, e di altre misure necessarie.
8. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente
articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica.
(*) N.d.R.: Articolo
così sostituito dall'art. 4 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205,
recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga
alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario
n.269.
Art. 180
Prevenzione della produzione di rifiuti
1. Al fine di promuovere in via prioritaria la prevenzione e la riduzione della
produzione e della nocività dei rifiuti, le iniziative di cui all'articolo 179
riguardano in particolare:
a) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di certificazione
ambientale, utilizzo delle migliori tecniche disponibili(*), analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di
sensibilizzazione dei consumatori, l'uso di sistemi di qualità, nonché lo
sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della corretta valutazione
dell'impatto di uno specifico prodotto sull'ambiente durante l'intero ciclo di
vita del prodotto medesimo;
b) la previsione di clausole di bandi di gara o lettere d'invito(*) che valorizzino le capacità e le
competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti;
c) la promozione di accordi e contratti di programma o protocolli d'intesa anche
sperimentali finalizzati, [con effetti migliorativi](**), alla prevenzione ed alla
riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti;
[d) l'attuazione del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, e degli altri
decreti di recepimento della direttiva 96/61/CE in materia di prevenzione e
riduzione integrate dell'inquinamento.](**)
1-bis. Il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta entro il 12
dicembre 2013, a norma degli articoli 177, 178, 178-bis e 179, un programma
nazionale di prevenzione dei rifiuti ed elabora indicazioni affinche' tale
programma sia integrato nei piani di gestione dei rifiuti di cui all'articolo
199. In caso di integrazione nel piano di gestione, sono chiaramente
identificate le misure di prevenzione dei rifiuti.(***)
1-ter. I programmi di cui al comma 1-bis fissano gli obiettivi di prevenzione.
Il Ministero descrive le misure di prevenzione esistenti e valuta l'utilita'
degli esempi di misure di cui all'allegato L o di altre misure adeguate. (***)
1-quater. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
individua gli appropriati specifici parametri qualitativi o quantitativi per le
misure di prevenzione dei rifiuti, adottate per monitorare e valutare i
progressi realizzati nell'attuazione delle misure di prevenzione e puo'
stabilire specifici traguardi e indicatori qualitativi o quantitativi.
1-quinquies. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
assicura la disponibilita' di informazioni sulle migliori pratiche in materia di
prevenzione dei rifiuti e, se del caso, elabora linee guida per assistere le
regioni nella preparazione dei programmi di cui all'articolo 199, comma 3, lett.
r). (***)
1-sexies. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al
presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica. (***)
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 5 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(**) N.d.R.: Soppresso dall'art. 5 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010,
n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e
che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl.
Ordinario n.269.
(*) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 5 del Decreto Legislativo 3 dicembre
2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e
che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl.
Ordinario n.269.
Articolo 180-bis
Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti(*)
1. Le pubbliche amministrazioni promuovono, nell'esercizio delle rispettive
competenze, iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei prodotti e la
preparazione per il riutilizzo dei rifiuti. Tali iniziative possono consistere
anche in: a) uso di strumenti economici;
b) misure logistiche, come la costituzione ed il sostegno di centri e reti
accreditati di riparazione/riutilizzo;
c) adozione, nell'ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici,
di idonei criteri, ai sensi dell'articolo 83, comma 1, lettera e), del decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e previsione delle condizioni di cui agli
articoli 68, comma 3, lettera b), e 69 del medesimo decreto; a tale fine il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta entro sei
mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione i decreti
attuativi di cui all'articolo 2 del Ministro dell'ambiente e della trutela del
territorio e del mare in data 11 aprile 2008, pubblicato nella G.U. n. 107
dell'8 maggio 2008;
d) definizione di obiettivi quantitativi;
e) misure educative;
f) promozione di accordi di programma.
2. Con uno o piu' decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico,
sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, sono adottate le ulteriori misure necessarie per promuovere
il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo,
anche attraverso l'introduzione della responsabilita' estesa del produttore del
prodotto. Con uno o piu' decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adottarsi entro sei mesi dalla data
di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalita'
operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati di cui
al comma 1, lett. b), ivi compresa la definizione di procedure autorizzative
semplificate e di un catalogo esemplificativo di prodotti e rifiuti di prodotti
che possono essere sottoposti, rispettivamente, a riutilizzo o a preparazione
per il riutilizzo.
3. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al
presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica.
(*) N.d.R.: Articolo
introdotto dall'art. 6 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Art. 181.
Riciclaggio e recupero dei rifiuti(*)
1. Al fine di promuovere il riciclaggio di alta qualita' e di soddisfare i
necessari criteri qualitativi per i diversi settori del riciclaggio, sulla base
delle indicazioni fornite dal Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, le regioni stabiliscono i criteri con i quali i comuni
provvedono a realizzare la raccolta differenziata in conformita' a quanto
previsto dall'articolo 205. Le autorita' competenti realizzano, altresi', entro
il 2015 la raccolta differenziata almeno per la carta, metalli, plastica e
vetro, e ove possibile, per il legno, nonche' adottano le misure necessarie per
conseguire i seguenti obiettivi:
a) entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti
quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei
domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di
rifiuti sono simili a quelli domestici, sara' aumentata complessivamente almeno
al 50% in termini di peso;
b) entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi
di recupero di materiale, incluse operazioni di colmatazione che utilizzano i
rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e
demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito
alla voce 17 05 04 dell'elenco dei rifiuti, sara' aumentata almeno al 70 per
cento in termini di peso.
2. Fino alla definizione, da parte della Commissione europea, delle modalita' di
attuazione e calcolo degli obiettivi di cui al comma 1, il Ministero
dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare puo' adottare decreti che
determinino tali modalita'.
3. Con uno o piu' decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico,
sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, sono adottate misure per promuovere il recupero dei rifiuti
in conformita' ai criteri di priorita' di cui all'articolo 179 e alle modalita'
di cui all'articolo 177, comma 4. nonche' misure intese a promuovere il
riciclaggio di alta qualita', privilegiando la raccolta differenziata,
eventualmente anche monomateriale, dei rifiuti.
4. Per facilitare o migliorare il recupero, i rifiuti sono raccolti
separatamente, laddove cio' sia realizzabile dal punto di vista tecnico,
economico e ambientale, e non sono miscelati con altri rifiuti o altri materiali
aventi proprieta' diverse.
5. Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati
al riciclaggio ed al recupero e' sempre ammessa la libera circolazione sul
territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie
dell'Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell'articolo 212, comma 5, al
fine di favorire il piu' possibile il loro recupero privilegiando il principio
di prossimita' agli impianti di recupero.
6. Al fine di favorire l'educazione ambientale e contribuire alla raccolta
differenziata dei rifiuti, i sistemi di raccolta differenziata di carta e
plastica negli istituti scolastici sono
esentati dall'obbligo di autorizzazione in quanto presentano rischi non elevati
e non sono gestiti su base professionale.
7. Le amministrazioni
interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente,
senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
(*) N.d.R.: Articolo
così sostituito dall'art. 7 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205,
recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga
alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario
n.269.
[Art. 181-bis
Materie, sostanze e prodotti secondari(+)(°)
1. Non rientrano nella definizione di cui all'articolo 183, comma 1, lettera
a), le materie, le sostanze e i prodotti secondari definiti dal decreto
ministeriale di cui al comma 2, nel rispetto dei seguenti criteri, requisiti e
condizioni:
a) siano prodotti da un'operazione di riutilizzo, di riciclo o di recupero di
rifiuti;
b) siano individuate la provenienza, la tipologia e le caratteristiche dei
rifiuti dai quali si possono produrre;
c) siano individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclo o di recupero che
le producono, con particolare riferimento alle modalita' ed alle condizioni di
esercizio delle stesse;
d) siano precisati i criteri di qualita' ambientale, i requisiti merceologici e
le altre condizioni necessarie per l'immissione in commercio, quali norme e
standard tecnici richiesti per l'utilizzo, tenendo conto del possibile rischio
di danni all'ambiente e alla salute derivanti dall'utilizzo o dal trasporto del
materiale, della sostanza o del prodotto secondario;
e) abbiano un effettivo valore economico di scambio sul mercato.
2. I metodi di recupero dei rifiuti utilizzati per ottenere materie, sostanze e
prodotti secondari devono garantire l'ottenimento di materiali con
caratteristiche fissate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro
dello sviluppo economico, da emanarsi entro il 31 dicembre 2008.
3. Sino all'emanazione del decreto di cui al comma 2 continuano ad applicarsi le
disposizioni di cui ai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n.
161, e 17 novembre 2005, n. 269.
4. Nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 181-bis del decreto
legislativo n. 152 del 2006, comma 2, continua ad applicarsi la circolare del
Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN.
5. In caso di mancata adozione del decreto di cui al comma 2 nel termine
previsto, il Consiglio dei Ministri provvede in sostituzione nei successivi
novanta giorni, ferma restando l'applicazione del regime transitorio di cui al
comma 4 del presente articolo.(*) (**)](°)
(°) N.d.R.: Articolo abrogato dall'art. 39, c. 3 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante: "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n.288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n. 269.
(+) (*) N.d.R.: Si riporta di seguito il testo dell'art. 6, c. 1bis del D.L. n. 208/2008 (GU n. 304 del 31-12-2008), introdotto in sede di conversione in legge (L. n. 13/2009 pubblicata nella GU n. 49 del 28.2.2009): "1-bis. Fatto salvo il disposto di cui all'articolo 181-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e a condizione che siano rispettate le disposizioni in materia di tutela della sicurezza dei lavoratori, di prevenzione incendi e le norme in tema di protezione dell'ambiente e della salute, per il periodo di dodici mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, si considerano destinati in modo effettivo ed oggettivo all'utilizzo nei cicli di consumo e di produzione, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, le materie, le sostanze ed i prodotti secondari stoccati presso gli impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti in base alle vigenti norme ambientali, che effettuano una o piu' delle operazioni di recupero dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata urbana o da raccolte dedicate di rifiuti speciali recuperabili in carta e cartone, vetro, plastica e legno. I quantitativi stoccati di dette materie, sostanze e prodotti secondari non possono comunque superare la capacita' annua autorizzata dell'impianto o, in mancanza della stessa, la potenzialita' dell'impianto."
(*) N.d.R.: Articolo inserito dall'art. 2, c. 18 bis, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(**) N.d.R.: Si riporta di seguito l'art. 9-bis del D.L. 172/2008, introdotto in sede di conversione in legge (L. n. 210/2008):
"Art. 9-bis
Altre misure urgenti di tutela ambientale
1. Allo scopo di fronteggiare il fenomeno dell'illecito abbandono di rifiuti e
di evitare l'espandersi dello stato di emergenza nel settore dello smaltimento
dei rifiuti sul territorio nazionale, si applicano le seguenti disposizioni
dirette a superare, nell'immediato, le difficolta' riscontrate dagli operatori
del settore del recupero dei rifiuti nell'applicazione del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, come modificato dal decreto legislativo 16 gennaio 2008, n.
4:
a) fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 181-bis,
comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le caratteristiche dei
materiali di cui al citato comma 2 si considerano altresi' conformi alle
autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209 e 210 del medesimo
decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni, e del Titolo
III-bis della parte seconda del presente decreto;
b) fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'art. 195, comma 2,
lettera s-bis), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, gli accordi e i
contratti di programma in materia di rifiuti stipulati tra le amministrazioni
pubbliche e i soggetti economici interessati o le associazioni di categoria
rappresentative dei settori interessati prima della soppressione del comma 4
dell'articolo 181 del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, operata dal
decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, continuano ad avere efficacia, con le
semplificazioni ivi previste, anche in deroga alle disposizioni della parte IV
del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni,
purche' nel rispetto delle norme comunitarie."
Art. 182
Smaltimento dei rifiuti
1. Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e
costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da
parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di
esperire le operazioni di recupero di cui all'articolo 181. A tal fine, la
predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala
che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente
valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in
considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o
meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a
condizioni ragionevoli.
2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile
ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di
riutilizzo, di riciclaggio e di recupero e prevedendo, ove possibile, la
priorita' per quei rifiuti non recuperabili generati nell'ambito di attivita' di
riciclaggio o di recupero.(*)
3. E' vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da
quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o
internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunita' tecnico
economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano(*)(*****).
4. Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 11 maggio
2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere
autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato
livello di recupero energetico. (*)
5. Le attivita' di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate
secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di
attuazione della direttiva 1999/31/CE.(*)
6. Lo smaltimento dei rifiuti in fognatura è disciplinato dall'articolo 107,
comma 3.(**)
[7. Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo
le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione
della direttiva 1999/31/CE.](***)
[8. È ammesso lo smaltimento della frazione biodegradabile ottenuta da
trattamento di separazione fisica della frazione residua dei rifiuti solidi
urbani nell'ambito degli impianti di depurazione delle acque reflue previa
verifica tecnica degli impianti da parte dell'ente gestore.](****)
(*) N.d.R.: Comma così
modificato/sostituito dall'art. 8 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n.
205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e
che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl.
Ordinario n.269.
(**) N.d.R.: Il comma 6
era stato abrogato dall'art. 2, c. 19 del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24.
L'9 quater del d.l. 172/2008, introdotto in sede di
conversione in legge (L. 30 dicembre 2008, n.210, pubblicata nella G.U. n. 2 del
3-1-2008), ha successivamente modificato l'art.2, c. 19 citato, riportando in
vigore il comma precedentemente abrogato.
(***) N.d.R.: Comma abrogato dall'art. 8 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(****) N.d.R.: Comma abrogato dall'art. 2, c. 19, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(*****) N.d.R.: Si
riporta di seguito l'art. 1, c. 1 del D.L. n. 94/2011, recante "Disposizioni
urgenti in tema di rifiuti solidi urbani prodotti nella regione Campania" (in GU
n.151 del 1-7-2011 ):
"In considerazione dello stato di criticita' derivante dalla non autosufficienza
del sistema di gestione dei rifiuti urbani non pericolosi prodotti nella regione
Campania, fino al 31 dicembre 2011 i rifiuti derivanti dalle attivita' di
tritovagliatura praticate negli impianti STIR della regione Campania possono
essere smaltiti in deroga al divieto disposto dall'articolo 182, comma 3, del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, ed alle
procedure di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 26 novembre 2010, n.
196, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n.1. E'comunque
sempre richiesto il nulla osta della regione di destinazione".
Articolo 182-bis
Principi di autosufficienza e prossimita' (*)
1. Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non
differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di
impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i
costi e i benefici complessivi, al fine di:
a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non
pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;
b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani
indifferenziati in uno degli impianti idonei piu' vicini ai luoghi di produzione
o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del
contesto geografico o della necessita' di impianti specializzati per determinati
tipi di rifiuti;
c) utilizzare i metodi e le tecnologie piu' idonei a garantire un alto grado di
protezione dell'ambiente e della salute pubblica.
2. Sulla base di una motivata richiesta delle regioni e delle province autonome
di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare puo' essere limitato l'ingresso nel territorio
nazionale di rifiuti destinati ad inceneritori classificati come impianti di
recupero, qualora sia accertato che l'ingresso di tali rifiuti avrebbe come
conseguenza la necessita' di smaltire i rifiuti nazionali o di trattare i
rifiuti in modo non coerente con i piani di gestione dei rifiuti. Puo' essere
altresi' limitato, con le modalita' di cui al periodo precedente, l'invio di
rifiuti negli altri Stati membri per motivi ambientali, come stabilito nel
regolamento (CE) n. 1013/2006.
3. I provvedimenti di cui al comma 2 sono notificati alla Commissione europea.
(*) N.d.R.: Articolo
introdotto dall'art. 9 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Articolo 182-ter
Rifiuti organici (*)
1. La raccolta separata dei rifiuti organici deve essere effettuata con
contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili
certificati a norma UNI EN 13432-2002.
2. Ai fini di quanto previsto dal comma 1, le regioni e le province autonome, i
comuni e gli ATO, ciascuno per le proprie competenze e nell'ambito delle risorse
disponibili allo scopo a legislazione vigente, adottano entro centottanta giorni
dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto misure
volte a incoraggiare:
a) la raccolta separata dei rifiuti organici;
b) il trattamento dei rifiuti organici in modo da realizzare un livello elevato
di protezione ambientale;
c) l'utilizzo di materiali sicuri per l'ambiente ottenuti dai rifiuti organici,
cio' al fine di proteggere la salute umana e l'ambiente.
(*) N.d.R.: Articolo
introdotto dall'art. 9 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Articolo 183
Definizioni (*)
1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le
ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:
a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia
l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi;
b) “rifiuto pericoloso”:
rifiuto che presenta una o piu' caratteristiche di cui all'allegato I della
parte quarta del presente decreto;
c) “oli usati”: qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico,
divenuto improprio all'uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati
dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonche' gli oli usati
per turbine e comandi idraulici;
d) "rifiuto organico" rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti
alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di
ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti
dall'industria alimentare raccolti in modo differenziato;
e) “autocompostaggio”: compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti
urbani, effettuato da utenze domestiche, ai fini dell'utilizzo in sito del
materiale prodotto;
f) “produttore di rifiuti”: il soggetto la cui attivita' produce rifiuti
(produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di
miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione
di detti rifiuti;
g): “produttore del prodotto“: qualsiasi persona fisica o giuridica che
professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi
prodotti;
h) “detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne
e' in possesso;
i) "commerciante": qualsiasi impresa che agisce in qualita' di committente, al
fine di acquistare e successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti
che non prendono materialmente possesso dei rifiuti;
l) "intermediario" qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento
dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono
la materiale disponibilita' dei rifiuti;
m) “prevenzione”: misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un
prodotto diventi rifiuto che riducono:
1) la quantita' dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o
l'estensione del loro ciclo di vita;
2) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull'ambiente e la salute umana;
3) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti;
n) “gestione”: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei
rifiuti, compresi il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi
alla chiusura dei siti di smaltimento,
nonche' le operazioni effettuate in qualita' di commerciante o intermediario;
o) “raccolta”: il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il
deposito, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla
lettera “mm”, ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento;
p) “raccolta differenziata”: la raccolta in cui un flusso di rifiuti e' tenuto
separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il
trattamento specifico;
q) “preparazione per il riutilizzo": le operazioni di controllo, pulizia,
smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti
diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro
pretrattamento;
r) “riutilizzo”: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti
che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalita' per la quale erano
stati concepiti;
s) "trattamento": operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione
prima del recupero o dello smaltimento;
t) “recupero”: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di
permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali
che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione
o di prepararli ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o
nell'economia in generale. L'allegato C della parte IV del presente decreto
riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero.;
u) “riciclaggio”: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono
trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro
funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale
organico ma non il recupero di energia ne' il ritrattamento per ottenere
materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento;
v) “rigenerazione degli oli usati” qualsiasi operazione di riciclaggio che
permetta di produrre oli di base mediante una raffinazione degli oli usati, che
comporti in particolare la separazione dei contaminanti, dei prodotti di
ossidazione e degli additivi contenuti in tali oli;
z) “smaltimento”: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando
l'operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di
energia. L'Allegato B alla parte IV del presente decreto riporta un elenco non
esaustivo delle operazioni di smaltimento;
aa) “stoccaggio”: le attivita' di smaltimento consistenti nelle operazioni di
deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte
quarta del presente decreto, nonche' le attivita' di recupero consistenti nelle
operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell'allegato C
alla medesima parte quarta;
bb) “deposito temporaneo”: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della
raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni:
1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al
regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati
nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l'imballaggio dei
rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto
regolamento;
2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di
smaltimento secondo una delle seguenti modalita' alternative, a scelta del
produttore dei rifiuti:con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle
quantita' in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga
complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti
pericolosi. In ogni caso, allorche' il quantitativo di rifiuti non superi il
predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non puo' avere durata superiore
ad un anno;
3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di
rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonche', per i rifiuti
pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze
pericolose in essi contenute;
4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e
l'etichettatura delle sostanze pericolose;
5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalita' di gestione del
deposito temporaneo;
cc) “combustibile solido secondario (CSS)”: il combustibile solido prodotto da
rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione
individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed
integrazioni; fatta salva l'applicazione dell'articolo 184-ter, il combustibile
solido secondario, e' classificato come rifiuto speciale;
dd) “rifiuto biostabilizzato”: rifiuto ottenuto dal trattamento biologico
aerobico o anaerobico dei rifiuti indifferenziati, nel rispetto di apposite
norme tecniche, da adottarsi a cura dello Stato, finalizzate a definirne
contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in
particolare, a definirne i gradi di qualita';
ee) “compost di qualita”: prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti
organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche
stabilite dall'allegato 2 del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e
successive modificazioni;
ff) “digestato di qualita”: prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di
rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in
norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle politiche
agricole alimentari e forestali;
gg) “emissioni”: le emissioni in atmosfera di cui all'articolo 268, comma 1,
lettera b);
hh) “scarichi idrici”: le immissioni di acque reflue di cui all'articolo 74,
comma 1, lettera ff);
ii) “inquinamento atmosferico”: ogni modifica atmosferica di cui all'articolo
268, comma 1, lettera a);
ll) “gestione integrata dei rifiuti”: il complesso delle attivita', ivi compresa
quella di spazzamento delle strade come definita alla lettera oo), volte ad
ottimizzare la gestione dei rifiuti;
mm) “centro di raccolta”: area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica, per l'attivita' di raccolta mediante
raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti
dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La
disciplina dei centri di raccolta e' data con decreto del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata , di
cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
nn) "migliori tecniche
disponibili": le migliori tecniche disponibili quali definite all'articolo 5,
comma 1, lett. l-ter) del presente decreto;
oo) spazzamento delle strade: modalita' di raccolta dei rifiuti mediante
operazione di pulizia delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso
pubblico escluse le operazioni di sgombero della neve dalla sede stradale e sue
pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro fruibilita' e la
sicurezza del transito ;
pp) “circuito organizzato di raccolta”: sistema di raccolta di specifiche
tipologie di rifiuti organizzato dai Consorzi di cui ai titoli II e III della
parte quarta del presente decreto e alla normativa settoriale, o organizzato
sulla base di un accordo di programma stipulato tra la pubblica amministrazione
ed associazioniimprenditoriali rappresentative sul piano nazionale, o loro
articolazioni territoriali, oppure sulla base di una convenzione-quadro
stipulata tra le medesime associazioni ed i responsabili della piattaforma di
conferimento, o dell'impresa di trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la
destinazione definitiva dei rifiuti. All'accordo di programma o alla
convenzione-quadro deve seguire la stipula di un contratto di servizio tra il
singolo produttore ed il gestore della piattaforma di conferimento, o
dell'impresa di trasporto dei rifiuti, in attuazione del predetto accordo o
della predetta convenzione;
qq) “sottoprodotto”:
qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all'articolo
184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all'articolo
184-bis, comma 2.
(*) N.d.R.: Articolo
così sostituito dall'art. 10 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205,
recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga
alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario
n.269.
Art. 184
Classificazione
1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti
sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e,
secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non
pericolosi.
2. Sono rifiuti urbani:
a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi
adibiti ad uso di civile abitazione;
b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi
diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per
qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 198, comma 2, lettera g);
c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree
pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o
sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;
e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree
cimiteriali;
f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri
rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle
lettere b), c) ed e)
3. Sono rifiuti speciali:
a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli
effetti dell'art. 2135 c.c.;(*)
b) i rifiuti derivanti dalle attivita' di demolizione, costruzione, nonche' i
rifiuti che derivano dalle attivita' di scavo, fermo restando quanto disposto
dall'articolo 184-bis(*)
c) i rifiuti da lavorazioni industriali, [fatto salvo quanto previsto
dall'articolo 185, comma 1, lettera i);](**)
d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;
e) i rifiuti da attività commerciali;
f) i rifiuti da attività di servizio;
g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i
fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e
dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;
h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;
[i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;
l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;
m) il combustibile derivato da rifiuti;](***)
[n) i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi
urbani.](**)
4. Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui
all'allegato I della parte quarta del presente decreto(*)
5. L'elenco dei
rifiuti di cui all'allegato D alla parte quarta del presente decreto include i
rifiuti pericolosi e tiene conto dell'origine e della composizione dei rifiuti
e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze
pericolose. Esso e' vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti
da considerare pericolosi. L'inclusione di una sostanza o di un oggetto
nell'elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma
restando la definizione di cui all'articolo 183. Con decreto del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dalla presente disposizione,
possono essere emanate specifiche linee guida per agevolare l'applicazione della
classificazione dei rifiuti introdotta agli allegati D e I.(*)
5-bis. I sistemi
d'arma, i mezzi, i materiali e le infrastrutture direttamente destinati alla
difesa militare ed alla sicurezza nazionale individuati con decreto del Ministro
della difesa, nonche' la gestione dei materiali e dei rifiuti e la bonifica dei
siti ove vengono immagazzinati i citati materiali, sono disciplinati dalla parte
quarta del presente decreto con procedure speciali da definirsi con decreto del
Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare ed il Ministro della salute, da adottarsi entro il 31
dicembre 2008. I magazzini, i depositi e i siti di stoccaggio nei quali vengono
custoditi i medesimi materiali e rifiuti sono soggetti alle autorizzazioni ed ai
nulla osta previsti dal medesimo decreto interministeriale.(****)
5-ter. La
declassificazione da rifiuto pericoloso a rifiuto non pericoloso non puo' essere
ottenuta attraverso una diluizione o una miscelazione del rifiuto che comporti
una riduzione delle concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto le
soglie che definiscono il carattere pericoloso del rifiuto.(*****)
5-quater. L'obbligo di etichettatura dei rifiuti pericolosi di cui all'articolo
193 e l'obbligo di tenuta dei registri di cui all'art. 190 non si applicano alle
frazioni separate di rifiuti pericolosi prodotti da nuclei domestici fino a che
siano accettate per la raccolta, lo smaltimento o il recupero da un ente o
un'impresa che abbiano ottenuto l'autorizzazione o siano registrate in
conformita' agli articoli 208, 212, 214 e 216.(*****)
(*) N.d.R.: Comma così
modificato/sostituito dall'art. 11 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n.
205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e
che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl.
Ordinario n.269.
(**) N.d.R.: Soppresso
dall'art. 2, c. 21 bis, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella
G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(***) N.d.R.: Lettere
soppresse dall'art. 11 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(****) N.d.R.: Comma
aggiunto dall'art. 2, c. 21, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato
nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(*****) N.d.R.: Comma
aggiunto dall'art. 11 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Articolo 184-bis
Sottoprodotto (*)
1. E' un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell'articolo 183, comma 1,
lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti
condizioni:
a) la sostanza o l'oggetto e' originato da un processo di produzione, di cui
costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non e' la produzione di
tale sostanza od oggetto;
b) e' certo che la sostanza o l'oggetto sara' utilizzato, nel corso dello stesso
o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del
produttore o di terzi;
c) la sostanza o l'oggetto puo' essere utilizzato direttamente senza alcun
ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l'ulteriore utilizzo e' legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per
l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la
protezione della salute e dell'ambiente e non portera' a impatti complessivi
negativi sull'ambiente o la salute umana.
2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate
misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinche'
specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non
rifiuti. All'adozione di tali criteri si provvede con uno o piu' decreti del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi
dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformita' a
quanto previsto dalla disciplina comunitaria.
(*) N.d.R.: Articolo
introdotto dall'art. 12 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Articolo 184-ter
Cessazione della qualifica di rifiuto (*)
1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando e' stato sottoposto a
un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il
riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle
seguenti condizioni:
a) la sostanza o l'oggetto e' comunemente utilizzato per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici
e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non portera' a impatti complessivi
negativi sull'ambiente o sulla salute umana.
2. L'operazione di recupero puo' consistere semplicemente nel controllare i
rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle
predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformita' a
quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri
comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o
piu' decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I
criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e
tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza
o dell'oggetto.
3. Nelle more dell'adozione di uno o piu' decreti di cui al comma 2, continuano
ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e
17 novembre 2005, n. 269 e l'art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6
novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre
2008, n. 210. La circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n
3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall'entrata in vigore della presente
disposizione.
4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente
articolo e' da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi
di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto
legislativo 24 giugno 2003, n 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n.
151, e dal decreto legislativo 120 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di
recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano
soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti.
5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla
cessazione della qualifica di rifiuto.
(*) N.d.R.: Articolo
introdotto dall'art. 12 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Articolo 185
Esclusioni dall'ambito di applicazione (*)
1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente
decreto:
a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera;
b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici
collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt.
239 e ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati;
c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel
corso di attivita' di costruzione, ove sia certo che esso verra' riutilizzato a
fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui e' stato
escavato;
d) i rifiuti radioattivi;
e) i materiali esplosivi in disuso;
f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci
e potature, nonche' altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso
utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da
tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente ne'
mettono in pericolo la salute umana.
2. Sono esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente
decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi
incluse le rispettive norme nazionali di recepimento:
a) le acque di scarico;
b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati,
contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati
all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto
di produzione di biogas o di compostaggio;
c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi
gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformita' del
regolamento (CE) n. 1774/2002;
d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento,
dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al
decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117;
3. Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche,
sono esclusi dall'ambito di applicazione della Parte Quarta del presente decreto
i sedimenti spostati all'interno di acque superficiali ai fini della gestione
delle acque e dei corsi d'acqua o della prevenzione di inondazioni o della
riduzione degli effetti di inondazioni o siccita' o ripristino dei suoli se e'
provato che i sedimenti non sono pericolosi ai sensi della decisione 2000/532/CE
della Commissione del 3 maggio 2000, e successive modificazioni.
4. Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale,
utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere
valutati ai sensi, nell'ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis
e 184-ter.
(*) N.d.R.: Articolo
così sostituito dall'art. 13 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205,
recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga
alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario
n.269.
Art. 186.
Terre e rocce da scavo(+)
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185(°),
le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali
sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti,
rimodellazioni e rilevati purche': a) siano impiegate direttamente nell'ambito
di opere o interventi preventivamente individuati e definiti; b) sin dalla fase
della produzione vi sia certezza dell'integrale utilizzo; c) l'utilizzo
integrale della parte destinata a riutilizzo sia tecnicamente possibile senza
necessita' di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari per
soddisfare i requisiti merceologici e di qualita' ambientale idonei a garantire
che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e, piu' in generale, ad impatti
ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente
consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate ad essere utilizzate;
d) sia garantito un elevato livello di tutela ambientale; e) sia accertato che
non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai
sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto; f) le loro
caratteristiche chimiche e chimico-fisiche siano tali che il loro impiego nel
sito prescelto non determini rischi per la salute e per la qualita' delle
matrici ambientali interessate ed avvenga nel rispetto delle norme di tutela
delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat
e delle aree naturali protette. In particolare deve essere dimostrato che il
materiale da utilizzare non e' contaminato con riferimento alla destinazione
d'uso del medesimo, nonche' la compatibilita' di detto materiale con il sito di
destinazione; g) la certezza del loro integrale utilizzo sia dimostrata.
L'impiego di terre da scavo nei processi industriali come sottoprodotti, in
sostituzione dei materiali di cava, e' consentito nel rispetto delle condizioni
fissate all'articolo 183, comma 1, lettera p).
2. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della
realizzazione di opere o attivita' sottoposte a valutazione di impatto
ambientale o ad autorizzazione ambientale integrata, la sussistenza dei
requisiti di cui al comma 1, nonche' i tempi dell'eventuale deposito in attesa
di utilizzo, che non possono superare di norma un anno, devono risultare da un
apposito progetto che e' approvato dall'autorita' titolare del relativo
procedimento. Nel caso in cui progetti prevedano il riutilizzo delle terre e
rocce da scavo nel medesimo progetto, i tempi dell'eventuale deposito possono
essere quelli della realizzazione del progetto purche' in ogni caso non superino
i tre anni.
3. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della
realizzazione di opere o attivita' diverse da quelle di cui al comma 2 e
soggette a permesso di costruire o a denuncia di inizio attivita', la
sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonche' i tempi dell'eventuale
deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono essere
dimostrati e verificati nell'ambito della procedura per il permesso di
costruire, se dovuto, o secondo le modalita' della dichiarazione di inizio di
attivita' (DIA).
4. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, ove la produzione
di terre e rocce da scavo avvenga nel corso di lavori pubblici non soggetti ne'
a VIA ne' a permesso di costruire o denuncia di inizio di attivita', la
sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonche' i tempi dell'eventuale
deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono
risultare da idoneo allegato al progetto dell'opera, sottoscritto dal
progettista.
5. Le terre e rocce da scavo, qualora non utilizzate nel rispetto delle
condizioni di cui al presente articolo, sono sottoposte alle disposizioni in
materia di rifiuti di cui alla parte quarta del presente decreto.
6. La caratterizzazione dei siti contaminati e di quelli sottoposti ad
interventi di bonifica viene effettuata secondo le modalita' previste dal Titolo
V, Parte quarta del presente decreto. L'accertamento che le terre e rocce da
scavo di cui al presente decreto non provengano da tali siti e' svolto a cura e
spese del produttore e accertato dalle autorita' competenti nell'ambito delle
procedure previste dai commi 2, 3 e 4.
7. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, per i progetti di
utilizzo gia' autorizzati e in corso di realizzazione prima dell'entrata in
vigore della presente disposizione, gli interessati possono procedere al loro
completamento, comunicando, entro novanta giorni, alle autorita' competenti, il
rispetto dei requisiti prescritti, nonche' le necessarie informazioni sul sito
di destinazione, sulle condizioni e sulle modalita' di utilizzo, nonche' sugli
eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo che non possono essere
superiori ad un anno. L'autorita' competente puo' disporre indicazioni o
prescrizioni entro i successivi sessanta giorni senza che cio' comporti
necessita' di ripetere procedure di VIA, o di AIA o di permesso di costruire o
di DIA.
7-bis. Le terre e le
rocce da scavo, qualora ne siano accertate le caratteristiche ambientali,
possono essere utilizzate per interventi di miglioramento ambientale e di siti
anche non degradati. Tali interventi devono garantire, nella loro realizzazione
finale, una delle seguenti condizioni:
a) un miglioramento della qualita' della copertura arborea o della funzionalita'
per attivita' agro-silvo-pastorali;
b) un miglioramento delle condizioni idrologiche rispetto alla tenuta dei
versanti e alla raccolta e regimentazione delle acque piovane;
c) un miglioramento della percezione paesaggistica.(**)
7-ter.Ai fini dell'applicazione del presente articolo, i residui provenienti
dall'estrazione di marmi e pietre sono equiparati alla disciplina dettata per le
terre e rocce da scavo. Sono altresi' equiparati i residui delle attivita' di
lavorazione di pietre e marmi derivanti da attivita' che presentano le
caratteristiche di cui all'articolo 184-bis. Tali residui, quando siano sottoposti a
un'operazione di recupero ambientale, devono soddisfare i requisiti tecnici per
gli scopi specifici e rispettare i valori limite, per eventuali sostanze
inquinanti presenti, previsti nell'Allegato 5 alla parte IV del presente
decreto, tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente
derivanti dall'utilizzo della sostanza o dell'oggetto.(**)
(+) N.d.R.: Si riporta di seguito l'art. 39, c. 4 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante: "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n.288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n. 269:
"4. Dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all'articolo 184-bis, comma 2, e' abrogato l'articolo 186."
(*) N.d.R.: Articolo
così sostituito dall'art. 2, c. 23, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"Art. 186
Terre e rocce da scavo
1. Le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ed i residui della lavorazione
della pietra destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti,
rilevati e macinati non costituiscono rifiuti e sono, perciò, esclusi
dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto solo nel
caso in cui, anche quando contaminati, durante il ciclo produttivo, da sostanze
inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione
siano utilizzati, senza trasformazioni preliminari, secondo le modalità previste
nel progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale ovvero, qualora il
progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, secondo le
modalità previste nel progetto approvato dall'autorità amministrativa
competente, ove ciò sia espressamente previsto, previo parere delle Agenzie
regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, sempre ché
la composizione media dell'intera massa non presenti una concentrazione di
inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti e dal
decreto di cui al comma 3.
2. Ai fini del presente articolo, le opere il cui progetto è sottoposto a
valutazione di impatto ambientale costituiscono unico ciclo produttivo, anche
qualora i materiali di cui al comma 1 siano destinati a differenti utilizzi, a
condizione che tali utilizzi siano tutti progettualmente previsti.
3. Il rispetto dei limiti di cui al comma 1 può essere verificato, in
alternativa agli accertamenti sul sito di produzione, anche mediante
accertamenti sui siti di deposito, in caso di impossibilità di immediato
utilizzo. I limiti massimi accettabili nonché le modalità di analisi dei
materiali ai fini della loro caratterizzazione, da eseguire secondo i criteri di
cui all'Allegato 2 del titolo V della parte quarta del presente decreto, sono
determinati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della parte quarta del
presente decreto, salvo limiti inferiori previsti da disposizioni speciali. Sino
all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi i valori di
concentrazione limite accettabili di cui all'Allegato 1, tabella 1, colonna B,
del decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n. 471.
4. Il rispetto dei limiti massimi di concentrazione di inquinanti di cui al
comma 3 deve essere verificato mediante attività di caratterizzazione dei
materiali di cui al comma 1, da ripetersi ogni qual volta si verifichino
variazioni del processo di produzione che origina tali materiali.
5. Per i materiali di cui al comma 1 si intende per effettivo utilizzo per
reinterri, riempimenti, rilevati e macinati anche la destinazione
progettualmente prevista a differenti cicli di produzione industriale, nonché il
riempimento delle cave coltivate, oppure la ricollocazione in altro sito, a
qualsiasi titolo autorizzata dall'autorità amministrativa competente, qualora
ciò sia espressamente previsto, previo, ove il relativo progetto non sia
sottoposto a valutazione di impatto ambientale, parere delle Agenzie regionali e
delle province autonome per la protezione dell'ambiente, a condizione che siano
rispettati i limiti di cui al comma 3 e la ricollocazione sia effettuata secondo
modalità progettuali di rimodellazione ambientale del territorio interessato.
6. Qualora i materiali di cui al comma 1 siano destinati a differenti cicli di
produzione industriale, le autorità amministrative competenti ad esercitare le
funzioni di vigilanza e controllo sui medesimi cicli provvedono a verificare,
senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, anche mediante l'effettuazione
di controlli periodici, l'effettiva destinazione all'uso autorizzato dei
materiali; a tal fine l'utilizzatore è tenuto a documentarne provenienza,
quantità e specifica destinazione.
7. Ai fini del parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la
protezione dell'ambiente, di cui ai commi 1 e 5, per i progetti non sottoposti a
valutazione di impatto ambientale, alla richiesta di riutilizzo ai sensi dei
commi da 1 a 6 è allegata una dichiarazione del soggetto che esegue i lavori
ovvero del committente, resa ai sensi dell'articolo 47 del decreto del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nella quale si attesta che
nell'esecuzione dei lavori non sono state utilizzate sostanze inquinanti, che il
riutilizzo avviene senza trasformazioni preliminari, che il riutilizzo avviene
per una delle opere di cui ai commi 1 e 5 del presente articolo, come
autorizzata dall'autorità competente, ove ciò sia espressamente previsto, e che
nel materiale da scavo la concentrazione di inquinanti non è superiore ai limiti
vigenti con riferimento anche al sito di destinazione.
8. Nel caso in cui non sia possibile l'immediato riutilizzo del materiale di
scavo, dovrà anche essere indicato il sito di deposito del materiale, il
quantitativo, la tipologia del materiale ed all'atto del riutilizzo la richiesta
dovrà essere integrata con quanto previsto ai commi 6 e 7. Il riutilizzo dovrà
avvenire entro sei mesi dall'avvenuto deposito, salvo proroga su istanza
motivata dell'interessato.
9. Il parere di cui al comma 5 deve essere reso nel termine perentorio di trenta
giorni, decorsi i quali provvede in via sostitutiva la regione su istanza
dell'interessato.
10. Non sono in ogni caso assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti derivanti
dalle lavorazioni di minerali e di materiali da cava."
(**) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 8 ter del D.L. n. 208/2008 (GU n. 304 del 31-12-2008), introdotto in sede di conversione in legge (L. n. 13/2009 pubblicata nella GU n. 49 del 28.2.2009) e successivamente modificato dall'art. 14 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269
(°) N.d.R.: Articolo
così modificato dall'art. 20, c. 10-sexies del D.L. 185/2008, introdotto in sede
di conversione in L. 28 gennaio 2009, n. 2, pubblicata nella G.U. n. 22 del
28-1-2009, S.O. n. 14
Articolo 187
Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi (*)
1. E' vietato miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche
di pericolosita' ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. La
miscelazione comprende la diluizione di
sostanze pericolose.
2. In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non
presentino la stessa caratteristica di pericolosita', tra loro o con altri
rifiuti, sostanze o materiali, puo' essere autorizzata ai sensi degli articoli
208, 209 e 211 a condizione che:
a) siano rispettate le
condizioni di cui all'articolo 177, comma 4, e l'impatto negativo della gestione
dei rifiuti sulla salute umana e sull'ambiente non risulti accresciuto;
b) l'operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un'impresa che ha
ottenuto un'autorizzazione ai sensi degli articoli 208, 209 e 211;
c) l'operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili
di cui all'articoli 183, comma 1, lettera nn).
3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni specifiche ed in particolare di
quelle di cui all'articolo 256, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al
comma 1 e' tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti
miscelati, qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e nel rispetto
di quanto previsto dall'articolo 177, comma 4.
(*) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 15 del Decreto Legislativo 3
dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva
2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa
ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del
10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Articolo 188
Responsabilita' della gestione dei rifiuti(*)
1. Il produttore iniziale o altro detentore di rifiuti provvedono
direttamente al loro trattamento, oppure li consegnano ad un intermediario, ad
un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento
dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei
rifiuti, in conformita' agli articoli 177 e 179. Fatto salvo quanto previsto ai
successivi commi del presente articolo, il produttore iniziale o altro detentore
conserva la responsabilita' per l'intera catena di trattamento, restando inteso
che qualora il produttore iniziale o il detentore trasferisca i rifiuti per il
trattamento preliminare a uno dei soggetti consegnatari di cui al presente
comma, tale responsabilita', di regola, comunque sussiste.
2. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto
previsto dal golamento (CE) n.1013/2006, qualora il produttore iniziale, il
produttore e il detentore siano iscritti ed abbiano adempiuto agli obblighi del
sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui
all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), la responsabilita' di ciascuno di tali
soggetti e' limitata alla rispettiva sfera di competenza stabilita dal predetto
sistema.
3. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di
quanto previsto dal regolamento (CE) n.1013/2006, la responsabilita' dei
soggetti non iscritti al sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti
(SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), che, ai sensi dell'art.
212, comma 8, raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi e'
esclusa:
a) a seguito del conferimento di rifiuti al servizio pubblico di raccolta previa
convenzione;
b) a seguito del conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attivita'
di recupero o di smaltimento, a condizione che il produttore sia in possesso del
formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal
destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al
trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare
comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le
spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine e' elevato a sei mesi e la
comunicazione e' effettuata alla regione.
4. Gli enti o le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto dei rifiuti
a titolo professionale, conferiscono i rifiuti raccolti e trasportati agli
impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti ai sensi degli articoli 208, 209,
211, 213, 214 e 216 e nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 177,
comma 4.
5. I costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale dei
rifiuti, dai detentori del momento o dai detentori precedenti dei rifiuti.
(*) N.d.R.: Articolo
così sostituito dall'art. 16 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205,
recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga
alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario
n.269.
Articolo 188-bis
Controllo della tracciabilita' dei rifiuti(*)
1. In attuazione di quanto stabilito all'articolo 177, comma 4, la
tracciabilita' dei rifiuti deve essere garantita dalla loro produzione sino alla
loro destinazione finale.
2. A tale fine, la gestione dei rifiuti deve avvenire:
a) nel rispetto degli
obblighi istituiti attraverso il sistema di controllo della tracciabilita' dei
rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009,
n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e al
decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in
data 17 dicembre 2009; oppure
b) nel rispetto degli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e
scarico nonche' del formulario di identificazione di cui agli articoli 190 e
193.
3. Il soggetto che aderisce al sistema di controllo della tracciabilita' dei
rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a), non e' tenuto ad adempiere agli
obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui
all'articolo 190, nonche' dei formulari di identificazione dei rifiuti di cui
all'articolo 193. Durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti
sono accompagnati dalla copia cartacea della scheda di movimentazione del
sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma
2, lett. a). Il registro cronologico e le schede di movimentazione del predetto
sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) sono resi
disponibili all'autorita' di controllo in qualsiasi momento ne faccia richiesta
e sono conservate in formato elettronico da parte del soggetto obbligato per
almeno tre anni dalla rispettiva data di registrazione o di movimentazione dei
rifiuti, ad eccezione dei quelli relativi alle operazioni di smaltimento dei
rifiuti in discarica, che devono essere conservati a tempo indeterminato ed al
termine dell'attivita' devono essere consegnati all'autorita' che ha rilasciato
l'autorizzazione. Per gli impianti di discarica, fermo restando quanto disposto
dal decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, il registro cronologico deve
essere conservato ino al termine della fase di gestione post operativa della
discarica.
4. Il soggetto che non aderisce al sistema di controllo della tracciabilita' dei
rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a), deve adempiere agli obblighi
relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all'articolo 190,
nonche' dei formulari di identificazione dei rifiuti nella misura stabilita
dall'articolo 193.
(*) N.d.R.: Articolo
introdotto dall'art. 16 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Si riporta di seguito la disposizione transitoria di cui all'art. 39, c.1 del
medesimo decreto legislativo:
"1. Le sanzioni del
presente decreto relative al sistema di controllo della tracciabilita' dei
rifiuti (SISTRI) di cui all'art. 188-bis, comma 2, lett. a), si applicano a
partire dal giorno
successivo alla scadenza del termine di cui all'articolo 12, comma 2, del
decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in
data 17 dicembre 2009 e successive modificazioni."
Articolo 188-ter
Sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI)(*)
1. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilita' dei
rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a):
a) gli enti e le imprese produttori di rifiuti speciali pericolosi - ivi
compresi quelli di cui all'articolo 212, comma 8;
b) le imprese e gli
enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all'articolo 184,
comma 3, lettere c), d) e g) con piu' di dieci dipendenti, nonche' le imprese e
gli enti che effettuano operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti e che
producano per effetto di tale attivita' rifiuti non pericolosi,
indipendentemente dal numero di dipendenti;
c) i commercianti e gli intermediari di rifiuti;
d) i consorzi istituiti per il recupero o il riciclaggio di particolari
tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei
consorziati;
e) le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero o smaltimento di
rifiuti;
f) gli enti e le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali a titolo
professionale. Nel caso di trasporto navale, l'armatore o il noleggiatore che
effettuano il trasporto o il raccomandatario marittimo di cui alla legge 4
aprile 1977, n. 135, delegato per gli adempimenti relativi al SISTRI
dall'armatore o noleggiatore medesimi;
g) in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti
speciali in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell'impresa
navale o ferroviaria o dell'impresa che effettua il successivo trasporto.
2. Possono aderire al sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti
(SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), su base volontaria:
a) le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi di cui
all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) che non hanno piu' di dieci
dipendenti;
b) gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali
non pericolosi di cui all'articolo 212, comma 8;
c) gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile che
producono rifiuti speciali non pericolosi;
d) le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi derivanti
da attivita' diverse da quelle di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d)
e g);
e) i comuni, i centri di raccolta e le imprese di raccolta e trasporto dei
rifiuti urbani nel territorio di regioni diverse dalla regione Campania.
3. Ai fini del presente articolo il numero dei dipendenti e' calcolato con
riferimento al numero delle persone occupate nell'unita' locale dell'ente o
dell'impresa con una posizione di lavoro indipendente o dipendente (a tempo
pieno, a tempo parziale, con contratto di apprendistato o contratto di
inserimento), anche se temporaneamente assenti (per servizio, ferie, malattia,
sospensione dal lavoro, cassa integrazione guadagni, eccetera). I lavoratori
stagionali sono considerati come frazioni di unita' lavorative annue con
riferimento alle giornate effettivamente retribuite.
4. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilita' dei
rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), i comuni e le
imprese di trasporto dei rifiuti urbani del territorio della regione Campania.
5. Con uno o piu' decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, puo' essere esteso l'obbligo di iscrizione al sistema di controllo
della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2,
lett. a), alle categorie di soggetti di cui al comma 2 ai produttori di rifiuti
speciali pericolosi che non sono inquadrati in un'organizzazione di ente o di
impresa, nonche' ai soggetti di cui al decreto previsto dall'articolo 6, comma
1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, recante modalita'
semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed
elettroniche (RAEE) da parte dei distributori e degli installatori di
apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), nonche' dei gestori dei centri
di assistenza tecnica di tali apparecchiature.
6. Con uno o piu' decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente
disposizione, sono stabiliti, nel rispetto delle norme comunitarie, i criteri e
le condizioni per l'applicazione del sistema di controllo della tracciabilita'
dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle
procedure relative alle spedizioni di rifiuti di cui al regolamento 8CE) n.
1013/2006, e successive modificazioni, ivi compresa l'adozione di un sistema di
interscambio di dati previsto dall'articolo 26, parafrafo 4, del predetto
regolamento. Nelle more dell'adozione dei predetti decreti, sono fatti salvi gli
obblighi stabiliti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, relativi alla tratta del
territorio nazionale interessata dal trasporto transfrontaliero.
7. Con uno o piu' regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge
23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e' effettuata la
ricognizione delle disposizioni, ivi incluse quelle del presente decreto, le
quali, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei predetti decreti
ministeriali, sono abrogate.
8. In relazione alle esigenze organizzative e operative delle Forze armate,
delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, connesse,
rispettivamente, alla difesa e alla sicurezza militare dello Stato, alla tutela
dell'ordine e della sicurezza pubblica, al soccorso pubblico e alla difesa
civile, le procedure e le modalita' con le quali il sistema di controllo della
tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) si applica alle corrispondenti
Amministrazioni centrali sono individuate con decreto del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dell'economia e delle
finanze e, per quanto di rispettiva competenza, del Ministro della difesa e del
Ministro dell'interno, da adottare entro 120 giorni dalla data di entrata in
vigore della presente disposizione.
9. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare potranno essere individuate modalita' semplificate per l'iscrizione dei
produttori di rifiuti pericolosi al sistema di controllo della tracciabilita'
dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a).
10. Nel caso di produzione accidentale di rifiuti pericolosi il produttore e'
tenuto a procedere alla richiesta di adesione al SISTRI entro tre giorni
lavorativi dall'accertamento della pericolosita' dei rifiuti.
(*) N.d.R.: Articolo
introdotto dall'art. 16 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Articolo 189
Catasto dei rifiuti (*)
1. Il catasto dei rifiuti, istituito dall'articolo 3 del decreto-legge 9
settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre
1988, n. 475, e' articolato in
una Sezione nazionale, che ha sede in Roma presso l'Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), e in Sezioni regionali o delle
province autonome di Trento e di Bolzano presso le corrispondenti Agenzie
regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente.
2. Il Catasto assicura un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato
dei dati acquisiti tramite il sistema di controllo della tracciabilita' dei
rifiuti (SISTRI) di cui
all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e delle informazioni di cui al comma 3,
anche ai fini della pianificazione delle attivita' di gestione dei rifiuti.
3. I comuni o loro consorzi e le comunita' montane comunicano annualmente alle
Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, secondo le modalita'
previste dalla legge 25 gennaio 1994 n. 70, le seguenti informazioni relative
all'anno precedente:
a) la quantita' dei
rifiuti urbani raccolti nel proprio territorio;
b) la quantita' dei rifiuti speciali raccolti nel proprio territorio a seguito
di apposita convenzione con soggetti pubblici o privati;
c) i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando le
operazioni svolte, le tipologie e la quantita' dei rifiuti gestiti da ciascuno;
d) i costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli
investimenti per le attivita' di gestione dei rifiuti, nonche' i proventi della
tariffa di cui all'articolo 238 ed i proventi provenienti dai consorzi
finalizzati al recupero dei rifiuti; e) i dati relativi alla raccolta
differenziata;
f) le quantita' raccolte, suddivise per materiali, in attuazione degli accordi
con i consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti.
4. Le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano ai comuni della regione
Campania, tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilita' dei
rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a). Le informazioni
di cui al comma 3, lettera d), sono trasmesse all'ISPRA, tramite
interconnessione diretta tra il Catasto dei rifiuti e il sistema di
tracciabilita' dei rifiuti nella regione Campania di cui all'articolo 2, comma
2-bis, del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni,
dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210 (SITRA). Le attivita' di cui al presente
comma sono svolte nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie
disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica.
5. Le disposizioni di cui al comma 3, fatta eccezione per le informazioni di cui
alla lettera d), non si applicano altresi' ai comuni di cui all´articolo
188-ter, comma 2, lett. e) che aderiscono al sistema di controllo della
tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett.
a).
6. Le sezioni regionali e provinciali del Catasto provvedono all'elaborazione
dei dati di cui al comma 188-ter, commi 1 e 2, ed alla successiva trasmissione,
entro trenta giorni dal ricevimento degli stessi, alla Sezione nazionale che
provvede, a sua volta, all'invio alle amministrazioni regionali e provinciali
competenti in materia rifiuti. L'Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (ISPRA) elabora annualmente i dati e ne assicura la
pubblicita'. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui
al presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica.
7. Per le comunicazioni relative ai rifiuti di imballaggio si applica quanto
previsto dall'articolo 220, comma 2.
(*) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 16 del Decreto Legislativo 3
dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva
2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa
ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del
10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Articolo 190
Registri di carico e scarico(*)
1. Fatto salvo quanto stabilito al comma 1-bis(**), i soggetti di cui all'articolo 188-ter, comma 2, lett. a) e b), che non hanno
aderito su base volontaria al sistema di tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di
cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), hanno l'obbligo di tenere un
registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle
caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono
essere effettuate almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del
rifiuto e dallo scarico del medesimo.
1-bis. Sono esclusi dall'obbligo di tenuta di un registro di carico e scarico
gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile che
raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui
all'art. 212, comma 8, nonche' le imprese e gli enti che, ai sensi dell'art.
212, comma 8, raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi
di cui all'articolo 184, comma 3, lettera b).(***)
2. I registri di carico e scarico sono tenuti presso ogni impianto di produzione
o, nel caso in cui cio' risulti eccessivamente oneroso, nel sito di produzione,
e integrati con i formulari di identificazione di cui all'articolo 193, comma 1,
relativi al trasporto dei rifiuti, o con la copia della scheda del sistema di
controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis,
comma 2, lett. a), trasmessa dall'impianto di destinazione dei rifiuti stessi,
sono conservati per cinque anni dalla data dell'ultima registrazione.
3. I soggetti di cui al comma 1, la cui produzione annua di rifiuti non eccede
le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi, possono adempiere all'obbligo
della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le
associazioni imprenditoriali interessate o societa' di servizi di diretta
emanazione delle stesse, che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza
mensile, mantenendo presso la sede dell'impresa copia dei dati trasmessi.
4. Le informazioni
contenute nel registro di carico e scarico sono rese disponibili in qualunque
momento all'autorita' di controllo qualora ne faccia richiesta.
5. I registri di carico e scarico sono numerati, vidimati e gestiti con le
procedure e le modalita' fissate dalla normativa sui registri IVA. Gli obblighi
connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente
adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata.
I registri sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente
competenti.
6. La disciplina di carattere nazionale relativa ai registri di carico e scarico
e' quella di cui al decreto del Ministro
dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 7.
7. Nell'Allegato C1,
sezione III, lettera c), del decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998,
n. 148, dopo le parole: “in litri” la congiunzione: “e” e' sostituita dalla
disgiunzione: “o”.
8. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in
un'organizzazione di ente o impresa, sono soggetti all'obbligo della tenuta del
registro di carico e scarico e vi adempiono attraverso la conservazione, in
ordine cronologico, delle copie delle schede del sistema di controllo della
tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett.
a), relative ai rifiuti prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti
stessi.
9. Le operazioni di gestione dei centri di raccolta di cui all'articolo 183,
comma 1, lettera mm), sono escluse dagli obblighi del presente articolo
limitatamente ai rifiuti non pericolosi. Per i rifiuti pericolosi la
registrazione del carico e dello scarico puo' essere effettuata contestualmente
al momento dell'uscita dei rifiuti stessi dal centro di raccolta e in maniera
cumulativa per ciascun codice dell'elenco dei rifiuti.
(*) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 16 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(**) N.d.R.: Periodo
inserito dall'art. 4, c. 1, lett. a) del Decreto Legislativo 07 luglio 2011, n.
121 (in G.U. 01/08/2011, n.177)
(***) N.d.R.: Comma introdotto dall'art. 4, c. 1, lett. b) del Decreto
Legislativo 07 luglio 2011, n. 121 (in G.U. 01/08/2011, n.177)
Art. 191
Ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi
1. Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale,
sanitaria e di pubblica sicurezza, con particolare riferimento alle disposizioni
sul potere di ordinanza di cui all'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225,
istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, qualora si
verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della
salute pubblica e dell'ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il
Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il
Sindaco possono emettere, nell'ambito delle rispettive competenze, ordinanze
contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di
gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un
elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente. Dette ordinanze sono
comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle
attività produttive, al Presidente della regione e all'autorità d'ambito di cui
all'articolo 201 entro tre giorni dall'emissione ed hanno efficacia per un
periodo non superiore a sei mesi.
2. Entro centoventi giorni dall'adozione delle ordinanze di cui al comma 1, il
Presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie
per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo
smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile decorso del termine e di accertata
inattività, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare diffida il
Presidente della Giunta regionale a provvedere entro un congruo termine e, in
caso di protrazione dell'inerzia, può adottare in via sostitutiva tutte le
iniziative necessarie ai predetti fini.
3. Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si intende derogare e
sono adottate su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si
esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali.
4. Le ordinanze di cui al comma 1 possono essere reiterate per un periodo non
superiore a 18 mesi per ogni speciale forma di gestione dei rifiuti(*). Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della regione
d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può
adottare, dettando specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al comma 1 anche
oltre i predetti termini.
5. Le ordinanze di cui al comma 1 che consentono il ricorso temporaneo a
speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi sono comunicate dal Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla Commissione dell'Unione
europea.
(*) N.d.R.:Periodo così sostituito dall'art. 9, c. 8 del D.L. n. 90/2008, pubblicato nella G.U. n. 120 del 23-5-2008.
Il testo previgente recava:
"Le ordinanze di cui
al comma 1 non possono essere reiterate per più di due volte"
Art. 192
Divieto di abbandono
1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono
vietati.
2. É altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato
solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.
3. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256,
chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla
rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino
dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti
reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia
imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in
contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo.
Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il
termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno
dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.
4. Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori
o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3,
sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati
nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo
8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone
giuridiche, delle società e delle associazioni.
Articolo 193
Trasporto dei rifiuti(*)
1. Per gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti
non pericolosi di cui all'articolo 212, comma 8, e che non aderiscono su base
volontaria al sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di
cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a) i rifiuti devono essere accompagnati
da un formulario di identificazione dal quale devono risultare almeno i seguenti
dati:
a) nome ed indirizzo del produttore dei rifiuti e del detentore;
b) origine, tipologia e
quantita' del rifiuto;
c) impianto di destinazione;
d) data e percorso dell'istradamento;
e) nome ed indirizzo del destinatario.
2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto in
quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore dei rifiuti e
controfirmate dal trasportatore che in tal modo da' atto di aver ricevuto i
rifiuti. Una copia del formulario deve rimanere presso il produttore e le altre
tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal
destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al
predetto produttore dei rifiuti. Le copie del formulario devono essere
conservate per cinque anni.
3. Il trasportatore non e' responsabile per quanto indicato nella Scheda SISTRI
- Area movimentazione o nel formulario di identificazione di cui al comma 1 dal
produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformita' tra la
descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta
eccezione per le difformita' riscontrabili con la diligenza richiesta dalla
natura dell'incarico .
4. Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere
imballati ed etichettati in conformita' alle norme vigenti in materia di
imballaggio e etichettatura delle sostanze pericolose.
5. Fatto salvo quanto previsto per i comuni e le imprese di trasporto dei
rifiuti urbani nel territorio della regione Campania, tenuti ad aderire al
sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui
all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nonche' per i comuni e le imprese di
trasporto di rifiuti urbani in regioni diverse dalla regione Campania di cui
all´articolo 188-ter, comma 2, lett. e), che aderiscono al sistema di controllo
della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI), le disposizioni di cui al comma 1 non
si applicano al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce
il servizio pubblico, ne' ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal
produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano
la quantita' di trenta chilogrammi o di trenta litri, ne' al trasporto di
rifiuti urbani effettuato dal produttore degli stessi ai centri di raccolta di
cui all'articolo 183, comma 1, lett. mm). Sono considerati occasionali e
saltuari i trasporti di rifiuti, effettuati complessivamente per non piu' di
quattro volte l'anno non eccedenti i trenta chilogrammi o trenta litri al giorno
e, comunque, i cento chilogrammi o cento litri l'anno.
6. In ordine alla definizione del modello e dei contenuti del formulario di
identificazione, si applica il decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile
1998, n. 145.
7. I formulari di identificazione devono essere numerati e vidimati dagli uffici
dell'Agenzia delle entrate o dalle Camere di commercio, industria, artigianato e
agricoltura o dagli uffici regionali e provinciali competenti in materia di
rifiuti e devono essere annotati sul registro Iva acquisti. La vidimazione dei
predetti formulari di identificazione e' gratuita e non e' soggetta ad alcun
diritto o imposizione tributaria.
8. Per le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi
che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della
tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett.
a), il formulario di identificazione e' validamente sostituito, per i rifiuti
oggetto di spedizioni transfrontaliere, dai documenti previsti dalla normativa
comunitaria di cui all'articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa su
territorio nazionale.
9. La scheda di accompagnamento di cui all'articolo 13 del decreto legislativo
27 gennaio 1992, n. 99, relativa all'utilizzazione dei fanghi di depurazione in
agricoltura, e' sostituita dalla Scheda SISTRI - Area movimentazione di cui al
decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in
data 17 dicembre 2009 o, per le imprese che non aderiscono su base volontaria al
sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui
all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), dal formulario di identificazione di
cui al comma 1. Le specifiche informazioni di cui all'allegato IIIA del decreto
legislativo n. 99 del 1992 devono essere indicate nello spazio relativo alle
annotazioni della medesima Scheda SISTRI - Area movimentazione o nel formulario
di identificazione. La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all'interno di
aree private non e' considerata trasporto ai fini della parte quarta del
presente decreto.
10. La microraccolta dei rifiuti, intesa come la raccolta di rifiuti da parte di
un unico raccoglitore o trasportatore presso piu' produttori o detentori svolta
con lo stesso automezzo, deve essere effettuata nel piu' breve tempo
tecnicamente possibile. Nelle schede del sistema di controllo della
tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett.
a), relative alla movimentazione dei rifiuti, e nei formulari di identificazione
dei rifiuti devono essere indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le
tappe intermedie previste. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle
variazioni, nello spazio relativo alle annotazioni deve essere indicato a cura
del trasportatore il percorso realmente effettuato.
11. Gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonche' le
soste tecniche per le operazioni di trasbordo, ivi compreso quelle effettuate
con cassoni e dispositivi scarrabili non rientrano nelle attivita' di stoccaggio
di cui all'articolo 183, comma 1, lettera v), purche' le stesse siano dettate da
esigenze di trasporto e non superino le quarantotto ore, escludendo dal computo
i giorni interdetti alla circolazione.
12. Nel caso di trasporto intermodale di rifiuti, le attivita' di carico e
scarico, di trasbordo, nonche' le soste tecniche all'interno dei porti e degli
scali ferroviari, degli interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci
non rientrano nelle attivita' di stoccaggio di cui all'articolo 183, comma 1,
lettera aa) purche' siano effettuate nel piu' breve tempo possibile e non
superino comunque, salvo impossibilita' per caso fortuito o per forza maggiore,
il termine massimo di sei giorni a decorrere dalla data in cui hanno avuto
inizio predette attivita'. Ove si prospetti l'impossibilita' del rispetto del
predetto termine per caso fortuito o per forza maggiore, il detentore del
rifiuto ha l'obbligo di darne indicazione nello spazio relativo alle annotazioni
della medesima Scheda SISTRI - Area movimentazione e informare, senza indugio e
comunque prima della scadenza del predetto termine, il comune e la provincia
territorialmente competente indicando tutti gli aspetti pertinenti alla
situazione. Ferme restando le competenze degli organi di controllo, il detentore
del rifiuto dovra' adottare, senza indugio e a propri costi e spese, tutte le
iniziative opportune per prevenire eventuali pregiudizi ambientali e effetti
nocivi per la salute umana. La decorrenza del termine massimo di sei giorni
resta sospesa durante il periodo in cui perduri l'impossibilita' per caso
fortuito o per forza maggiore. In caso di persistente impossibilita' per caso
fortuito o per forza maggiore per un periodo superiore a 30 giorni a decorrere
dalla data in cui ha avuto inizio l'attivita' di cui al primo periodo del
presente comma, il detentore del rifiuto sara' obbligato a conferire, a propri
costi e spese, i rifiuti ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o
impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto
pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformita' agli
articoli 177 e 179.
13. La copia cartacea della scheda del sistema di controllo della tracciabilita'
dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relativa
alla movimentazione dei rifiuti e il formulario di identificazione di cui al
comma 1 costituisce documentazione equipollente alla scheda di trasporto di cui
all'articolo 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 e al decreto
del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 30 giugno 2009
(*) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 16 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Articolo 194
Spedizioni transfrontaliere(*)
1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dai
regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui
agli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 e dal decreto di cui al
comma 4.
2. Sono fatti salvi, ai
sensi degli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 gli accordi in
vigore tra lo Stato della Citta' del Vaticano, la Repubblica di San Marino e la
Repubblica italiana. Alle importazioni di rifiuti urbani e assimilati
provenienti dallo Stato della Citta' del Vaticano e dalla Repubblica di San
Marino non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 42 del predetto
regolamento.
3. Fatte salve le norme che disciplinano il trasporto internazionale di merci,
le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero nel territorio italiano
sono iscritte all'Albo nazionale gestori ambientali di cui all'articolo 212.
L'iscrizione all'Albo, qualora effettuata per il solo esercizio dei trasporti
transfrontalieri, non e' subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie
di cui al comma 10 del medesimo articolo 212.
4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute,
dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, nel
rispetto delle norme del regolamento (CE) n. 1013/2006 sono disciplinati:
a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie da
prestare per le spedizioni dei rifiuti, di cui all'articolo 6 del predetto
regolamento; tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese
registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 19 marzo 2001, e del quaranta per cento nel caso di imprese
in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso
14001;
b) le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai sensi
dell'articolo 29, del regolamento;
c) le specifiche modalita' per il trasporto dei rifiuti negli Stati di cui al
comma 2.
5. Sino all'adozione del decreto di cui al comma 4, continuano ad applicarsi le
disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 3 settembre 1998, n.
370.
6. Ai sensi e per gli effetti del regolamento (CE) n. 1013/2006:
a) le autorita' competenti di spedizione e di destinazione sono le regioni e le
province autonome;
b) l'autorita' di transito e' il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare;
c) corrispondente e' il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare.
7. Le regioni e le province autonome comunicano le informazioni di cui
all'articolo 56 del regolamento (CE) 1013/2006 al Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla
Commissione dell'Unione europea, nonche', entro il 30 settembre di ogni anno, i
dati, riferiti all'anno precedente, previsti dall'articolo 13, comma 3, della
Convenzione di Basilea, ratificata con legge 18 agosto 1993, n. 340.
(*) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 17 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
CAPO II - COMPETENZE
Art. 195
Competenze dello stato
1. Ferme restando le ulteriori competenze statali previste da speciali
disposizioni, anche contenute nella parte quarta del presente decreto, spettano
allo Stato:
a) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all'attuazione della
parte quarta del presente decreto, da esercitare ai sensi dell'art. 8 della
legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti di quanto stabilito dall'articolo 8,
comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131;
b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione
integrata dei rifiuti, [nonché l'individuazione dei fabbisogni per lo smaltimento
dei rifiuti sanitari, anche al fine di ridurne la movimentazione](1);
b-bis): la definizione di linee guida, sentita la Conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sui contenuti
minimi delle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli artt. 208, 215 e 216;(2)
b-ter) la definizione di linee guida, sentita la Conferenza Unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per le attivita'
di recupero energetico dei rifiuti(2)
c) l'individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e limitare,
anche mediante il ricorso a forme di deposito cauzionale sui beni immessi al
consumo, la produzione dei rifiuti, nonché per ridurne la pericolosità;
d) l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più
elevato impatto ambientale, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento
o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti
base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi;
e) l'adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore per la
riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
f) l'individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle
regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse
nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese;
l'individuazione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma,
adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e inserito nel Documento
di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti
necessari per la loro realizzazione. Nell'individuare le infrastrutture e gli
insediamenti strategici di cui al presente comma il Governo procede secondo
finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale.
Il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11,
comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le risorse
necessarie, anche ai fini dell'erogazione dei contributi compensativi a favore
degli enti locali, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati
allo scopo disponibili;
g) la definizione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni,
di un piano nazionale di comunicazione e di conoscenza ambientale. La
definizione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un Programma, formulato
con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, inserito nel Documento di
programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti
necessari per la realizzazione;
h) l'indicazione [delle tipologie](1) delle misure atte ad incoraggiare la
razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti;
i) l'individuazione delle iniziative e delle azioni, anche economiche, per
favorire il riciclaggio e il recupero di [materia prima secondaria](1) dai rifiuti,
nonché per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti ed il loro
impiego da parte delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti economici, anche
ai sensi dell'art. 52, comma 56, lettera a), della legge 28 dicembre 2001, n.
448, e del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 8
maggio 2003, n. 203;
l) l'individuazione di obiettivi di qualità dei servizi di gestione dei rifiuti;
m) la determinazione di criteri generali, differenziati per i rifiuti urbani e
per i rifiuti speciali, ai fini della elaborazione dei piani regionali di cui
all'articolo 199 con particolare riferimento alla determinazione, d'intesa con
la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281(3), delle linee guida per la individuazione degli
Ambiti territoriali ottimali, da costituirsi ai sensi dell'articolo 200, e per
il coordinamento dei piani stessi;
n) la determinazione, relativamente all'assegnazione della concessione del
servizio per la gestione integrata dei rifiuti, d'intesa con la Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281(3), delle linee guida per la definizione delle gare d'appalto, ed in
particolare dei requisiti di ammissione delle imprese, e dei relativi
capitolati, anche con riferimento agli elementi economici relativi agli impianti
esistenti;
o) la determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281(3), delle linee
guida inerenti le forme ed i modi della cooperazione fra gli enti locali, anche
con riferimento alla riscossione della tariffa sui rifiuti urbani ricadenti nel
medesimo ambito territoriale ottimale, secondo criteri di trasparenza,
efficienza, efficacia ed economicità;
p) l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree
non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti;
q) l'indicazione dei criteri generali“, ivi inclusa l'emanazione di
specifiche linee guida(3), per l'organizzazione e l'attuazione della
raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
r) la determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281(3), delle linee
guida, dei criteri generali e degli standard di bonifica dei siti inquinati,
nonché la determinazione dei criteri per individuare gli interventi di bonifica
che, in relazione al rilievo dell'impatto sull'ambiente connesso all'estensione
dell'area interessata, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti,
rivestono interesse nazionale;
s) la determinazione delle metodologie di calcolo e la definizione di materiale
riciclato per l'attuazione dell'articolo 196, comma 1, lettera p);
t) l'adeguamento della parte quarta del presente decreto alle direttive, alle
decisioni ed ai regolamenti dell'Unione europea.
2. Sono inoltre di competenza dello Stato:
a) l'indicazione dei criteri e delle modalità di adozione, secondo principi di
unitarietà, compiutezza e coordinamento, delle norme tecniche per la gestione
dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, con
riferimento anche ai relativi sistemi di accreditamento e di certificazione ai
sensi dell'articolo 178, comma 5;
b) l'adozione delle norme e delle condizioni per l'applicazione delle procedure
semplificate di cui agli articoli 214, 215 e 216, ivi comprese le linee guida
contenenti la specificazione della relazione da allegare alla comunicazione
prevista da tali articoli;
c) la determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche
chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in
relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi;
d) la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di
amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto, mediante decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro della salute e con il Ministro delle attività produttive;
e) La determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per
l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti
speciali e dei rifiuti urbani. Ai rifiuti assimilati, entro due anni(°), si
applica esclusivamente una tariffazione per le quantita' conferite al
servizio di gestione dei rifiuti urbani. La tariffazione per le
quantita' conferite che deve includere, nel rispetto del principio della
copertura integrale dei costi del servizio prestato, una parte fissa ed
una variabile e una quota dei costi dello spazzamento stradale, e'
determinata dall'amministrazione comunale tenendo conto anche della
natura dei rifiuti, del tipo, delle dimensioni economiche e operative
delle attivita' che li producono. A tale tariffazione si applica una
riduzione, fissata dall'amministrazione comunale, in proporzione alle
quantita' dei rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver
avviato al recupero tramite soggetto diverso dal gestore dei rifiuti
urbani. Non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano
nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di
prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense,
negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque
aperti al pubblico; allo stesso modo, non sono assimilabili ai rifiuti
urbani i rifiuti che si formano nelle strutture di vendita con
superficie due volte superiore ai limiti di cui all'articolo 4, comma 1,
lettera d), del decreto legislativo n. 114 del 1998. Per gli imballaggi
secondari e terziari per i quali risulti documentato il non conferimento
al servizio di gestione dei rifiuti urbani e l'avvio a recupero e
riciclo diretto tramite soggetti autorizzati, non si applica la predetta
tariffazione. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, d'intesa con il Ministro dello sviluppo
economico, sono definiti, entro nvanta giorni, i criteri per
l'assimilabilita' ai rifiuti urbani.(**)
f) la definizione dei
metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l'analisi dei
rifiuti;
g) la determinazione dei requisiti e delle capacita' tecniche e finanziarie per
l'esercizio delle attivita' di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri
generali per la determinazione delle garanzie finanziarie in favore delle
regioni, con particolare riferimento a quelle dei soggetti obbligati
all'iscrizione all'Albo di cui all'articolo 212, secondo la modalita' di cui al
comma 9 dello stesso articolo;
h) la definizione del modello e dei contenuti del formulario di cui all'articolo
193 e la regolamentazione del trasporto dei rifiuti;
i) l'individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni
tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti direttamente in
discarica;
l) l'adozione di un modello uniforme del registro di cui all'articolo 190 e la
definizione delle modalita' di tenuta dello stesso, nonche' l'individuazione
degli eventuali documenti sostitutivi del registro stesso;
m) l'individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, di cui all'articolo
227, comma 1, lettera a);
n) l'aggiornamento degli Allegati alla parte quarta del presente decreto;
o) l'adozione delle norme tecniche, delle modalita' e delle condizioni di
utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare
riferimento all'utilizzo agronomico come fertilizzante, ai sensi del decreto
legislativo29 aprile 2010, n. 75, e del prodotto di qualita' ottenuto mediante
compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta
differenziata;
p) l'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque marine, in
conformita' alle disposizioni stabilite dalle norme comunitarie e dalle
convenzioni internazionali vigenti in materia, rilasciata dal Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'autorita'
marittima nella cui zona di competenza si trova il porto piu' vicino al luogo
dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da cui parte
la nave con il carico di rifiuti da smaltire;
q) l'individuazione della misura delle sostanze assorbenti e neutralizzanti,
previamente testate da universita' o istituti specializzati, di cui devono
dotarsi gli impianti destinati allo stoccaggio, ricarica, manutenzione, deposito
e sostituzione di accumulatori, al fine di prevenire l'inquinamento del suolo,
del sottosuolo e di evitare danni alla salute e all'ambiente derivanti dalla
fuoriuscita di acido, tenuto conto della dimensione degli impianti, del numero
degli accumulatori e del rischio di sversamento connesso alla tipologia dell'attivita'
esercitata;
r) l'individuazione e la disciplina, nel rispetto delle norme comunitarie ed
anche in deroga alle disposizioni della parte quarta del presente decreto, di
forme di semplificazione degli adempimenti amministrativi per la raccolta e il
trasporto di specifiche tipologie di rifiuti destinati al recupero e conferiti
direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ai produttori,
ai distributori, a coloro che svolgono attivita' di istallazione e manutenzione
presso le utenze domestiche dei beni stessi o ad impianti autorizzati alle
operazioni di recupero di cui alle voci R2, R3, R4, R5, R6 e R9 dell'Allegato C
alla parte quarta del presente decreto, da adottarsi con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro tre mesi dalla data
di entrata in vigore della presente disciplina;
s) la riorganizzazione del Catasto dei rifiuti;
t) predisposizione di linee guida per l'individuazione di una codifica omogenea
per le operazioni di recupero e smaltimento da inserire nei provvedimenti
autorizzativi da parte delle autorita' competenti, anche in conformita' a quanto
disciplinato in materia dalla direttiva 2008/12/CE, e sue modificazioni;
u) individuazione dei contenuti tecnici minimi da inserire nei provvedimenti
autorizzativi di cui agli articoli 208, 209, 211;
v) predisposizione di linee guida per l'individuazione delle procedure
analitiche, dei criteri e delle metodologie per la classificazione dei rifiuti
pericolosi ai sensi dell'allegato D della parta quarta del presente decreto.(4)
3. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente
decreto, le funzioni di cui al comma 1 sono esercitate ai sensi della legge 23
agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e
dell'interno, sentite la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281(3), le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano.
4. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente
decreto, le norme regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono adottate, ai
sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreti del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri
delle attività produttive, della salute e dell'interno, nonché, quando le
predette norme riguardino i rifiuti agricoli ed il trasporto dei rifiuti, di
concerto, rispettivamente, con i Ministri delle politiche agricole e forestali e
delle infrastrutture e dei trasporti.
5. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai
fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione della
normativa in materia di rifiuti nonché della repressione dei traffici illeciti e
degli smaltimenti illegali dei rifiuti provvedono il Comando carabinieri tutela
ambiente (C.C.T.A.) e il Corpo delle Capitanerie di porto; può altresì
intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di
finanza e la Polizia di Stato.
(1) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 18 del Decreto Legislativo 3 dicembre
2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e
che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl.
Ordinario n.269.
(2) N.d.R.: Lettera aggiunta dall'art. 18 del Decreto Legislativo 3 dicembre
2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e
che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl.
Ordinario n.269.
(3) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 18 del Decreto Legislativo 3
dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva
2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa
ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del
10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(4) N.d.R.: Le lettere f)-v), introdotte dall'art. 18 del Decreto Legislativo 3
dicembre 2010, n. 205 (recante "Disposizioni di attuazione della direttiva
2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa
ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del
10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269), sostituiscono le originarie lettere f)-s-bis)
(*) N.d.R.: Lettera così sostituita dall'art. 2, c. 26, del d.lgs. n. 4 del
16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario
n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"e) la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, derivanti da enti e imprese esercitate su aree con superficie non superiore ai 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie non superiore a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti. Non possono essere di norma assimilati ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico;"
(°) N.d.R.: L'originario termine di un anno è stato prorogato a 18 mesi dall'art. 5 del d.l. n. 208/2008, convertito in L. n. 13/2009 (pubblicata nella GU n. 49 del 28.2.2009), e, successivamente, a due anni dall'art. 15, c. 2-bis del d.l. n. 135/2009, introdotto dalla legge di conversione n. 166/2009
(**) N.d.R.: Lettera aggiunta dall'art. 2, c. 26, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Art. 196
Competenze delle regioni
1. Sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei principi previsti
dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi
quelli di cui all'articolo 195:
a) la predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento, sentiti le province, i
comuni e le Autorità d'ambito, dei piani regionali di gestione dei rifiuti, di
cui all'articolo 199;
b) la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la
raccolta differenziata dei rifiuti urbani, anche pericolosi, secondo un criterio
generale di separazione dei rifiuti di provenienza alimentare e degli scarti di
prodotti vegetali e animali o comunque ad alto tasso di umidità dai restanti
rifiuti;
c) l'elaborazione, l'approvazione e l'aggiornamento dei piani per la bonifica di
aree inquinate di propria competenza;
d) l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti,
anche pericolosi, e l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti,
fatte salve le competenze statali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera f);
e) l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero
dei rifiuti, anche pericolosi;
f) le attività in materia di spedizioni transfrontaliere dei rifiuti che il
regolamento (CEE) n. 259/93 del 1° febbraio 1993 attribuisce alle autorità
competenti di spedizione e di destinazione;
g) la delimitazione, nel rispetto delle linee guida generali di cui all'articolo
195, comma 1, lettera m), degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei
rifiuti urbani e assimilati;
h) la redazione di linee guida ed i criteri per la predisposizione e
l'approvazione dei progetti di bonifica e di messa in sicurezza, nonché
l'individuazione delle tipologie di progetti non soggetti ad autorizzazione, nel
rispetto di quanto previsto all'articolo 195, comma 1, lettera r);
i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti;
l) l'incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero
degli stessi;
m) la specificazione dei contenuti della relazione da allegare alla
comunicazione di cui agli articoli 214, 215, e 216, nel rispetto di linee guida
elaborate ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera b);
n) la definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle province,
delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di
recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell'articolo
195, comma 1, lettera p);
o) la definizione dei criteri per l'individuazione dei luoghi o impianti idonei
allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui
all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di
tipo particolare;
p) l'adozione, sulla base di metodologia di calcolo e di criteri stabiliti da
apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di
concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sentito il
Ministro per gli affari regionali, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data
di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, delle disposizioni
occorrenti affinché gli enti pubblici e le società a prevalente capitale
pubblico, anche di gestione dei servizi, coprano il proprio fabbisogno annuale
di manufatti e beni, indicati nel medesimo decreto, con una quota di prodotti
ottenuti da materiale riciclato non inferiore al 30 per cento del fabbisogno
medesimo. A tal fine i predetti soggetti inseriscono nei bandi di gara o di
selezione per l'aggiudicazione apposite clausole di preferenza, a parità degli
altri requisiti e condizioni. Sino all'emanazione del predetto decreto
continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio 8 maggio 2003, n. 203, e successive
circolari di attuazione. Restano ferme, nel frattempo, le disposizioni regionali
esistenti.
2. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le regioni si avvalgono
anche delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.
3. Le regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e
recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche
delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento. Tale
disposizione non si applica alle discariche.
Art. 197
Competenze delle province
1. In attuazione dell'art. 19 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267, alle province competono in linea generale le funzioni amministrative
concernenti la programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento
dei rifiuti a livello provinciale, da esercitarsi con le risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, ed in
particolare(*):
a) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica ed il monitoraggio ad
essi conseguenti;
b) il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e
di commercio dei rifiuti, ivi compreso l'accertamento delle violazioni delle
disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;
c) la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per l'applicazione delle
procedure semplificate, con le modalità di cui agli articoli 214, 215, e 216;
d) l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di
coordinamento di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267, ove già adottato, e delle previsioni di cui all'articolo 199,
comma 3, lettere d) e h), nonché sentiti l'Autorità d'ambito ed i comuni, delle
zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti,
nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di
smaltimento dei rifiuti.
2. Ai fini dell'esercizio delle proprie funzioni le province possono avvalersi,
mediante apposite convenzioni, di organismi pubblici, ivi incluse le Agenzie
regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA), con specifiche esperienze e
competenze tecniche in materia, fermo restando quanto previsto dagli articoli
214, 215 e 216 in tema di procedure semplificate.
3. Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche
e prelievi di campioni all'interno di stabilimenti, impianti o imprese che
producono o che svolgono attività di gestione dei rifiuti. Il segreto
industriale non può essere opposto agli addetti al controllo, che sono, a loro
volta, tenuti all'obbligo della riservatezza ai sensi della normativa vigente.
4. Il personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) è
autorizzato ad effettuare le ispezioni e le verifiche necessarie ai fini
dell'espletamento delle funzioni di cui all'art. 8 della legge 8 luglio 1986, n.
349, istitutiva del Ministero dell'ambiente.
5. Nell'ambito delle competenze di cui al comma 1, le province sottopongono ad
adeguati controlli periodici gli enti e le imprese che producono rifiuti
pericolosi, le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti a titolo
professionale(**), gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o
recuperano rifiuti, curando, in particolare, che vengano effettuati adeguati
controlli periodici sulle attività sottoposte alle procedure semplificate di cui
agli articoli 214, 215, e 216 e che i controlli concernenti la raccolta ed il
trasporto di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, l'origine e la
destinazione dei rifiuti.
5-bis. Le province,
nella programmazione delle ispezioni e controlli di cui al presente articolo,
possono tenere conto, nella determinazione della frequenza degli stessi, delle
registrazioni ottenute dai destinatari nell'ambito del sistema comunitario di
ecogestione e audit (EMAS).(***)
6. Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di vigilanza e
controllo previste da disposizioni speciali.
(*) N.d.R.: Periodo
aggiunto dall'art. 2, c. 27, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato
nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(**) N.d.R.: Periodo aggiunto dall'art. 19 del Decreto Legislativo 3 dicembre
2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e
che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl.
Ordinario n.269.
(***) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 19 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Art. 198
Competenze dei comuni
1. I comuni concorrono, nell'ambito delle attività svolte a livello degli
ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200 e con le modalità ivi
previste, alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. Sino all'inizio delle
attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta
dall'Autorità d'ambito ai sensi dell'articolo 202, i comuni continuano la
gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in
regime di privativa nelle forme di cui all'articolo 113, comma 5, del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
2. I comuni concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con
appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza,
efficacia ed economicità e in coerenza con i piani d'ambito adottati ai sensi
dell'articolo 201, comma 3, stabiliscono in particolare:
a) le misure per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della
gestione dei rifiuti urbani;
b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;
c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto
dei rifiuti urbani ed assimilati al fine di garantire una distinta gestione
delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi;
d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti
urbani pericolosi e dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui
all'articolo 184, comma 2, lettera f);
e) le misure necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e
trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni
merceologiche, fissando standard minimi da rispettare;
f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli
al recupero e allo smaltimento;
g) l'assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi
ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all'articolo 195, comma 2, lettera
e), ferme restando le definizioni di cui all'articolo 184, comma 2, lettere c) e
d).
3. I comuni sono tenuti a fornire alla regione, alla provincia ed alle Autorità
d'ambito tutte le informazioni sulla gestione dei rifiuti urbani da esse
richieste.
4. I comuni sono altresì tenuti ad esprimere il proprio parere in ordine
all'approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle
regioni.
CAPO III - SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI
Articolo 199
Piani regionali(*)
1. Le regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i
rifiuti urbani, le Autorita' d'ambito di cui all'articolo 201, nel rispetto dei
principi e delle finalita' di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e
182-bis ed in conformita' ai criteri generali stabiliti dall'articolo 195, comma
1, lettera m), ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono e
adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. Per l'approvazione dei piani
regionali si applica la procedura di cui alla Parte II del presente decreto in
materia di VAS. Presso i medesimi uffici sono inoltre rese disponibili
informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle
motivazioni sulle quali si e' fondata la decisione, anche in relazione alle
osservazioni scritte presentate.
2. I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 comprendono l'analisi della
gestione dei rifiuti esistente nell'ambito geografico interessato, le misure da
adottare per migliorare l'efficacia ambientale delle diverse operazioni di
gestione dei rifiuti, nonche' una valutazione del modo in cui i piani
contribuiscono all'attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte
quarta del presente decreto.
3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:
a) tipo, quantita' e fonte dei rifiuti prodotti all'interno del territorio, suddivisi per ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani, rifiuti che saranno prevedibilmente spediti da o verso il territorio nazionale e valutazione dell'evoluzione futura dei flussi di rifiuti, nonche' la fissazione degli obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere a livello regionale, fermo restando quanto disposto dall'articolo 205;
b) i sistemi di raccolta
dei rifiuti e impianti di smaltimento e recupero esistenti, inclusi eventuali
sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi o flussi di rifiuti
disciplinati da una normativa comunitaria specifica;
c) una valutazione della necessita' di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura
degli impianti esistenti per i rifiuti, di ulteriori infrastrutture per gli
impianti per i rifiuti in conformita' del principio di autosufficienza e
prossimita' di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e se necessario degli
investimenti correlati;
d) informazioni sui
criteri di riferimento per l'individuazione dei siti e la capacita' dei futuri
impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario;
e) politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecnologie e metodi di
gestione pianificata dei rifiuti, o altre politiche per i rifiuti che pongono
problemi particolari di gestione;
f) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio
regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1,
lettera m);
g) il complesso delle attivita' e dei fabbisogni degli impianti necessari a
garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza,
efficacia, efficienza, economicita' e autosufficienza della gestione dei rifiuti
urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali
di cui all'articolo 200, nonche' ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei
rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire
la riduzione della movimentazione di rifiuti;
h) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali,
attraverso strumenti quali una adeguata disciplina delle incentivazioni,
prevedendo per gli ambiti piu' meritevoli, tenuto conto delle risorse
disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a tal fine
le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo;
i) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti
urbani;
l) i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non
idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti
nonche' per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei
rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 1,
lettera p);
m) le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero
dai rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento
dei rifiuti che ne derivino;
n) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della
cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani:
o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195,
comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per specifiche tipologie di
rifiuto;
p) le prescrizioni in materia di prevenzione e gestione degli imballaggi e
rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225, comma 6;
q) il programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in
discarica di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
r) un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla
base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all'art. 180, che
descriva le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori misure adeguate.
Il programma fissa anche gli obiettivi di prevenzione. Le misure e gli obiettivi
sono finalizzati a dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali
connessi alla produzione dei rifiuti. Il programma deve contenere specifici
parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione al fine di
monitorare e valutare i progressi realizzati, anche mediante la fissazione di
indicatori.
4. Il piano di gestione dei rifiuti puo' contenere, tenuto conto del livello e
della copertura geografica dell'area oggetto di pianificazione, i seguenti
elementi:
a) aspetti organizzativi connessi alla gestione dei rifiuti;
b) valutazione dell'utilita' e dell'idoneita' del ricorso a strumenti economici
e di altro tipo per la soluzione di problematiche riguardanti i rifiuti, tenuto
conto della necessita' di continuare ad assicurare il buon funzionamento del
mercato interno;
c) campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al
pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori.
5. Il piano regionale di gestione dei rifiuti e' coordinato con gli altri
strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa
vigente.
6. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica
delle aree inquinate che devono prevedere: a) l'ordine di priorita' degli
interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato
dall'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);
b) l'individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali
degli inquinamenti presenti;
c) le modalita' degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che
privilegino prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da attivita' di
recupero di rifiuti urbani;
d) la stima degli oneri finanziari;
e) le modalita' di smaltimento dei materiali da asportare.
7. L'approvazione del piano regionale o il suo adeguamento e' requisito
necessario per accedere ai finanziamenti nazionali.
8. La regione approva o
adegua il piano entro il 12 dicembre 2013. Fino a tale momento, restano in
vigore i piani regionali vigenti.
9. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 8 e di accertata
inattivita' nell'approvare o adeguare il piano, il Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e tutela del territorio e del
mare, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 112, diffida gli organi regionali competenti a provvedere entro un congruo
termine e, in caso di ulteriore inerzia, adotta, in via sostitutiva, i
provvedimenti necessari alla elaborazione e approvazione o adeguamento del piano
regionale.
10. Le regioni, sentite le province interessate, d'intesa tra loro o
singolarmente, per le finalita' di cui alla parte quarta del presente decreto
provvedono alla valutazione della necessita' dell' aggiornamento del piano
almeno ogni sei anni, nonche' alla programmazione degli interventi attuativi
occorrenti in conformita' alle procedure e nei limiti delle risorse previste
dalla normativa vigente.
11. Le regioni e le province autonome comunicano tempestivamente al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione o la revisione
dei piani di gestione e dei programmi di prevenzione dei rifiuti di cui al
presente articolo, al fine del successivo invio degli stessi alla Commissione
europea.
12. Le regioni e le province autonome assicurano la pubblicazione dei piani e
dei programmi di cui al presente articolo, anche attraverso l'inserimento degli
stessi sul sito WEB della regione o della provincia autonoma.
13. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica.
(*) N.d.R.: Articolo
così sostituito dall'art. 20 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205,
recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga
alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario
n.269.
Art. 200
Organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei
rifiuti urbani
1. La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti
territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano
regionale di cui all'articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui
all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:
a) superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di
gestione integrata dei rifiuti;
b) conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di
parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni
politico-amministrative;
c) adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al
fine di ottimizzare i trasporti all'interno dell'ATO;
d) valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei
rifiuti;
e) ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;
f) considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si
discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia,
efficienza ed economicità.
2. Le regioni, sentite le province ed i comuni interessati, nell'ambito delle
attività di programmazione e di pianificazione di loro competenza, entro il
termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del
presente decreto, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali
ottimali, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1,
lettera m). Il provvedimento è comunicato alle province ed ai comuni
interessati.
3. Le regioni interessate, d'intesa tra loro, delimitano gli ATO qualora essi
siano ricompresi nel territorio di due o più regioni.
4. Le regioni disciplinano il controllo, anche in forma sostitutiva, delle
operazioni di gestione dei rifiuti, della funzionalità dei relativi impianti e
del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative
autorizzazioni.
5. Le città o gli agglomerati di comuni, di dimensioni maggiori di quelle medie
di un singolo ambito, possono essere suddivisi tenendo conto dei criteri di cui
al comma 1.
6. I singoli comuni entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 2
possono presentare motivate e documentate richieste di modifica all'assegnazione
ad uno specifico ambito territoriale e di spostamento in un ambito territoriale
diverso, limitrofo a quello di assegnazione.
7. Le regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli
Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un piano regionale dei
rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici
previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri
generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi
dell'articolo 195.
[Art. 201
Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani(*)
1. Al fine dell'organizzazione del servizio di gestione integrata dei
rifiuti urbani, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro
il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del
presente decreto, disciplinano le forme e i modi della cooperazione tra gli enti
locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi
costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 2, alle quali è demandata,
nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre
amministrazioni pubbliche, l'organizzazione, l'affidamento e il controllo del
servizio di gestione integrata dei rifiuti.
2. L'Autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica
costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente
regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale
è trasferito l'esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata
dei rifiuti.
3. L'Autorità d'ambito organizza il servizio e determina gli obiettivi da
perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di
efficacia, di economicità e di trasparenza; a tal fine adotta un apposito piano
d'ambito in conformità a quanto previsto dall'articolo 203, comma 3.
4. Per la gestione ed erogazione del servizio di gestione integrata e per il
perseguimento degli obiettivi determinati dall'Autorità d'ambito, sono affidate,
ai sensi dell'articolo 202 e nel rispetto della normativa comunitaria e
nazionale sull'evidenza pubblica, le seguenti attività:
a) la realizzazione, gestione ed erogazione dell'intero servizio, comprensivo
delle attività di gestione e realizzazione degli impianti;
b) la raccolta, raccolta differenziata, commercializzazione e smaltimento
completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all'interno dell'ATO.
5. In ogni ambito:
a) è raggiunta, nell'arco di cinque anni dalla sua costituzione,
l'autosufficienza di smaltimento anche, ove opportuno, attraverso forme di
cooperazione e collegamento con altri soggetti pubblici e privati;
b) è garantita la presenza di almeno un impianto di trattamento a tecnologia
complessa, compresa una discarica di servizio.
6. La durata della gestione da parte dei soggetti affidatari, non inferiore a
quindici anni, è disciplinata dalle regioni in modo da consentire il
raggiungimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità.]
(*) N.d.R.: Articolo
abrogato con decorrenza dal 31 marzo 2011, per effetto dell'art. 186-bis della
L. n. 191/2009, introdotto dal D.L. n. 2 del 25/01/2010, nel testo modificato in
sede di conversione in legge (L. n. 42/2010), come modificato dall'art. 1, c. 1
del D.L. n. 225/2010, conv. in L. n. 10/2011
Art. 202
Affidamento del servizio
[1. L'Autorità d'ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti
urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie,
secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici
locali(*), in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché con riferimento all'ammontare del
corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto delle garanzie di carattere
tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo
modalità e termini definiti con decreto dal Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare nel rispetto delle competenze regionali in materia.](**)
2. I soggetti partecipanti alla gara devono formulare, con apposita relazione
tecnico-illustrativa allegata all'offerta, proposte di miglioramento della
gestione, di riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire e di miglioramento
dei fattori ambientali, proponendo un proprio piano di riduzione dei
corrispettivi per la gestione al raggiungimento di obiettivi autonomamente
definiti.
3. Nella valutazione delle proposte si terrà conto, in particolare, del peso che
graverà sull'utente sia in termini economici, sia di complessità delle
operazioni a suo carico.
4. Gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali
già esistenti al momento dell'assegnazione del servizio sono conferiti in
comodato ai soggetti affidatari del medesimo servizio.
5. I nuovi impianti vengono realizzati dal soggetto affidatario del servizio o
direttamente, ai sensi dell'articolo 113, comma 5-ter, del decreto legislativo
18 agosto 2000, n. 267, ove sia in possesso dei requisiti prescritti dalla
normativa vigente, o mediante il ricorso alle procedure di cui alla legge 11
febbraio 1994, n. 109, ovvero secondo lo schema della finanza di progetto di cui
agli articoli 37 bis e seguenti della predetta legge n. 109 del 1994.
6. Il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima
dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle
aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche
cooperative, che operano nel settore dei servizi comunali per la gestione dei
rifiuti sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al
passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei
rifiuti, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e
individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di
ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative,
al gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani, si applica, ai sensi
dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina
del trasferimento del ramo di azienda di cui all'art. 2112 del codice civile.
(*) N.d.R.: Periodo aggiunto dall'art. 2, c. 28, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(**) N.d.R.: Comma
abrogato - ad eccezione della parte in cui individua la competenza dell'Autorita'
d'ambito per l'affidamento e l'aggiudicazione - dall'art. 12, c. 1, lett. c) del
d.P.R. 7 settembre 2010, n. 168, recante: "Regolamento in materia di servizi
pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell'articolo 23-bis, comma 10,
del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n.133", pubblicato in GU n.239 del 12-10-2010.
Art. 203
Schema tipo di contratto di servizio
1. I rapporti tra le Autorità d'ambito e i soggetti affidatari del servizio
integrato sono regolati da contratti di servizio, da allegare ai capitolati di
gara, conformi ad uno schema tipo adottato dalle regioni in conformità ai
criteri ed agli indirizzi di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed
o).
2. Lo schema tipo prevede:
a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
b) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della
gestione;
c) la durata dell'affidamento, comunque non inferiore a quindici anni;
d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione
integrata del servizio;
e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio;
f) i principi e le regole generali relativi alle attività ed alle tipologie di
controllo, in relazione ai livelli del servizio ed al corrispettivo, le
modalità, i termini e le procedure per lo svolgimento del controllo e le
caratteristiche delle strutture organizzative all'uopo preposte;
g) gli obblighi di comunicazione e trasmissione di dati, informazioni e
documenti del gestore e le relative sanzioni;
h) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di
risoluzione secondo i principi del codice civile, diversificate a seconda della
tipologia di controllo;
i) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare
all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;
l) la facoltà di riscatto secondo i principi di cui al titolo I, capo II, del
regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre
1986, n. 902;
m) l'obbligo di riconsegna delle opere, degli impianti e delle altre dotazioni
patrimoniali strumentali all'erogazione del servizio in condizioni di efficienza
ed in buono stato di conservazione;
n) idonee garanzie finanziarie e assicurative;
o) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli enti
locali e del loro aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di
utenze.
p) l'obbligo di
applicazione al personale, non dipendente da amministrazioni pubbliche, da parte
del gestore del servizio integrato dei rifiuti, del contratto collettivo
nazionale di lavoro del settore dell'igiene ambientale, stipulato dalle
Organizzazioni Sindacali comparativamente piu' rappresentative, anche in
conformita' a quanto previsto dalla normativa in materia attualmente
vigente.(*)
3. Ai fini della definizione dei contenuti dello schema tipo di cui al comma 2,
le Autorità d'ambito operano la ricognizione delle opere ed impianti esistenti,
trasmettendo alla regione i relativi dati. Le Autorità d'ambito inoltre, ai
medesimi fini, definiscono le procedure e le modalità, anche su base
pluriennale, per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla parte quarta
del presente decreto ed elaborano, sulla base dei criteri e degli indirizzi
fissati dalle regioni, un piano d'ambito comprensivo di un programma degli
interventi necessari, accompagnato da un piano finanziario e dal connesso
modello gestionale ed organizzativo. Il piano finanziario indica, in
particolare, le risorse disponibili, quelle da reperire, nonchè i proventi
derivanti dall'applicazione della tariffa sui rifiuti per il periodo
considerato.
(*) N.d.R.: Lettera
aggiunta dall'art. 2, c. 28 bis, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato
nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Art. 204
Gestioni esistenti
1. I soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data di
entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, continuano a gestirlo
fino alla istituzione e organizzazione del servizio di gestione integrata dei
rifiuti da parte delle Autorità d'ambito.
2. In relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis dell'articolo
113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l'Autorità d'ambito dispone
i nuovi affidamenti, nel rispetto delle disposizioni di cui alla parte quarta
del presente decreto, entro nove mesi dall'entrata in vigore della medesima
parte quarta.
3. Qualora l'Autorità d'ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e
2 nei termini ivi stabiliti, il Presidente della Giunta regionale esercita,
dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare e
all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti(*), i poteri
sostitutivi, nominando un commissario "ad acta" che avvia entro quarantacinque
giorni le procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli
adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non provveda nei
termini così stabiliti, spettano al Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare i poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di
affidamento.(**)
4. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle gestioni di cui al
comma 1, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie sono trasferiti
direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità
previste dalle rispettive convenzioni di affidamento.
(*) Nota: si riporta di seguito il testo dell'art. 1, c. 5 del D.Lgs. 284/2006:
"5. Gli articoli 159, 160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono soppressi."
(**) N.d.R.: La Corte Costituzionale, con sentenza n. 249 del 24/07/2009, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del comma 3 "nella parte in cui disciplina l'esercizio del potere sostitutivo del Presidente della Giunta regionale in tema di gestioni esistenti del servizio di gestione dei rifiuti".
Art. 205
Misure per incrementare la raccolta differenziata
1. Fatto salvo quanto previsto al comma 1-bis, in ogni ambito(*) territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta
differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di
rifiuti prodotti:
a) almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006;
b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008;
c) almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012.
1-bis. Nel caso in
cui, dal punto di vista tecnico, ambientale ed economico, non sia realizzabile
raggiungere gli obiettivi di cui al comma 1, il comune puo' richiedere al
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una deroga al
rispetto degli obblighi di cui al medesimo comma 1. Verificata la sussistenza
dei requisiti stabiliti al primo periodo, il Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare puo' autorizzare la predetta deroga, previa
stipula senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica di un accordo di
programma tra Ministero, regione ed enti locali interessati, che stabilisca:
a) le modalita' attraverso le quali il comune richiedente intende conseguire gli
obiettivi di cui all'articolo 181, comma 1. Le predette modalita' possono
consistere in compensazioni con gli obiettivi raggiunti in altri comuni;
b) la destinazione a recupero di energia della quota di rifiuti indifferenziati
che residua dalla raccolta differenziata e dei rifiuti derivanti da impianti di
trattamento dei rifiuti indifferenziati, qualora non destinati al recupero di
materia;
c) la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, da destinare al
riciclo, che il comune richiedente si obbliga ad effettuare.(**)
1-ter. L'accordo di programma di cui al comma precedente puo' stabilire
obblighi, in linea con le disposizioni vigenti, per il comune richiedente
finalizzati al perseguimento delle finalita' di cui alla parte quarta, titolo I,
del presente decreto nonche' stabilire modalita' di accertamento
dell'adempimento degli obblighi assunti nell'ambito dell'accordo di programma e
prevedere una disciplina per l'eventuale inadempimento. I piani regionali si
conformano a quanto previsto dagli accordi di programma di cui al presente
articolo.(**)
[2. La frazione organica umida separata fisicamente dopo la raccolta e
finalizzata al recupero complessivo tra materia ed energia, secondo i criteri
dell'economicità, dell'efficacia, dell'efficienza e della trasparenza del
sistema, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1.](***)
3. Nel caso in cui a livello di ambito territoriale ottimale non siano
conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata
un'addizionale del venti per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in
discarica a carico dell'Autorità d'ambito, istituito dall'art. 3, comma 24,
della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che ne ripartisce l'onere tra quei comuni
del proprio territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal
comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli
comuni.
4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare di
concerto con il Ministro delle attività produttive d'intesa con la Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
vengono stabilite la metodologia e i criteri di calcolo delle percentuali di cui
ai commi 1 e 2, nonché la nuova determinazione del coefficiente di correzione di
cui all'articolo 3, comma 29, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, in relazione
al conseguimento degli obiettivi di cui ai commi 1 e 2.
5. Sino all'emanazione del decreto di cui al comma 4 continua ad applicarsi la
disciplina attuativa di cui all'articolo 3, commi da 24 a 40, della legge 28
dicembre 1995, n. 549.
6. Le regioni tramite apposita legge, e previa intesa con il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, possono indicare maggiori obiettivi
di riciclo e recupero.(****)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 21 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(**) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 21 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(***) N.d.R.: Comma
soppresso dall'art. 2, c. 28 ter, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(****) N.d.R.: La Corte Costituzionale, con sentenza n. 249 del 24/07/2009
ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del comma 6 "nella parte in cui
assoggetta ad una previa intesa con il Ministro dell'ambiente l'adozione delle
leggi con cui le Regioni possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e di
recupero dei rifiuti"
Art. 206.
Accordi, contratti di programma, incentivi
1. Nel rispetto dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle
disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto al fine di
perseguire la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure,
con particolare riferimento alle piccole imprese, il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le altre
autorita' competenti possono stipulare appositi accordi e contratti di
programma con enti pubblici, con imprese di settore, soggetti pubblici o
privati ed associazioni di categoria. Gli accordi ed i contratti di
programma hanno ad oggetto: a) l'attuazione di specifici piani di
settore di riduzione, recupero e ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
b) la sperimentazione, la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di
processi produttivi e distributivi e di tecnologie pulite idonei a
prevenire o ridurre la produzione dei rifiuti e la loro pericolosita' e
ad ottimizzare il recupero dei rifiuti; c) lo sviluppo di innovazioni
nei sistemi produttivi per favorire metodi di produzione di beni con
impiego di materiali meno inquinanti e comunque riciclabili; d) le
modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti,
macchine e strumenti di controllo; e) la sperimentazione, la promozione
e la produzione di beni progettati, confezionati e messi in commercio in
modo da ridurre la quantita' e la pericolosita' dei rifiuti e i rischi
di inquinamento; f) la sperimentazione, la promozione e l'attuazione di
attivita' di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti; g)
l'adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti
nell'impianto di produzione; h) lo sviluppo di tecniche appropriate e di
sistemi di controllo per l'eliminazione dei rifiuti e delle sostanze
pericolose contenute nei rifiuti; i) l'impiego da parte dei soggetti
economici e dei soggetti pubblici dei materiali recuperati dalla
raccolta differenziata dei rifiuti urbani; l) l'impiego di sistemi di
controllo del recupero e della riduzione di rifiuti.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
puo' altresi' stipulare appositi accordi e contratti di programma con
soggetti pubblici e privati o con le associazioni di categoria per: a)
promuovere e favorire l'utilizzo dei sistemi di certificazione
ambientale di cui al regolamento (Cee) n. 761/2001 del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001; b) attuare programmi di
ritiro dei beni di consumo al termine del loro ciclo di utilita' ai fini
del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero.
3. Gli accordi e i contratti di programma di cui al presente
articolo non possono stabilire deroghe alla normativa comunitaria e possono
prevedere semplificazioni amministrative(**)
4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e
dell'economia e delle finanze, sono individuate le risorse finanziarie
da destinarsi, sulla base di apposite disposizioni legislative di
finanziamento, agli accordi ed ai contratti di programma di cui ai commi
1 e 2 e sono fissate le modalita' di stipula dei medesimi.
5. Ai sensi della comunicazione 2002/412 del 17 luglio 2002 della
Commissione delle Comunita' europee e' inoltre possibile concludere
accordi ambientali che la Commissione puo' utilizzare nell'ambito della
autoregolamentazione, intesa come incoraggiamento o riconoscimento dei
medesimi accordi, oppure della coregolamentazione, intesa come
proposizione al legislatore di utilizzare gli accordi, quando opportuno.(*)
(*) N.d.R.: Articolo
così sostituito dall'art. 2, c. 29, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"Art. 206
Accordi, contratti di programma, incentivi
1. Ai fini dell'attuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle
disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto al fine di perseguire
la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure, con particolare
riferimento alle piccole imprese, il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, e d'intesa
con le regioni, le province autonome e gli enti locali può stipulare appositi
accordi e contratti di programma con enti pubblici, con imprese di settore,
soggetti pubblici o privati ed associazioni di categoria. Gli accordi ed i
contratti di programma hanno ad oggetto:
a) l'attuazione di specifici piani di settore di riduzione, recupero e
ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
b) la sperimentazione, la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di processi
produttivi e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre la produzione dei
rifiuti e la loro pericolosità e ad ottimizzare il recupero dei rifiuti;
c) lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di
produzione di beni con impiego di materiali meno inquinanti e comunque
riciclabili;
d) le modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti,
macchine e strumenti di controllo;
e) la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati,
confezionati e messi in commercio in modo da ridurre la quantità e la
pericolosità dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
f) la sperimentazione, la promozione e l'attuazione di attività di riutilizzo,
riciclaggio e recupero di rifiuti;
g) l'adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti
nell'impianto di produzione;
h) lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per
l'eliminazione dei rifiuti e delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti;
i) l'impiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici dei
materiali recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
l) l'impiego di sistemi di controllo del recupero e della riduzione di rifiuti.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il
Ministro delle attività produttive, può altresì stipulare appositi accordi e
contratti di programma con soggetti pubblici e privati o con le associazioni di
categoria per:
a) promuovere e favorire l'utilizzo dei sistemi di certificazione ambientale di
cui al regolamento (CEE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio del
19 marzo 2001;
b) attuare programmi di ritiro dei beni di consumo al termine del loro ciclo di
utilità ai fini del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero di materia prima
secondaria, anche mediante procedure semplificate per la raccolta ed il
trasporto dei rifiuti, le quali devono comunque garantire un elevato livello di
protezione dell'ambiente.
3. I predetti accordi sono stipulati di concerto con il Ministro delle politiche
agricole e forestali qualora riguardino attività collegate alla produzione
agricola.
4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di
concerto con il Ministro delle attività produttive, sono individuate le risorse
finanziarie da destinarsi, sulla base di apposite disposizioni legislative di
finanziamento, agli accordi ed ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2 e
sono fissate le modalità di stipula dei medesimi.
5. Ai sensi della comunicazione 2002/412 del 17 luglio 2002 della Commissione
delle Comunità europee è inoltre possibile concludere accordi ambientali che la
Commissione può utilizzare nell'ambito della autoregolamentazione, intesa come
incoraggiamento o riconoscimento dei medesimi accordi, oppure della
coregolamentazione, intesa come proposizione al legislatore di utilizzare gli
accordi, quando opportuno."
(**) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 8 quater del D.L. n. 208/2008 (GU n. 304 del 31-12-2008), introdotto in sede di conversione in legge (L. n. 13/2009 pubblicata nella GU n. 49 del 28.2.2009)
206-bis
Osservatorio nazionale sui rifiuti
1. Al fine di garantire l'attuazione delle norme di cui alla parte quarta
del presente decreto con particolare riferimento alla prevenzione della
produzione della quantita' e della pericolosita' dei rifiuti ed all'efficacia,
all'efficienza ed all'economicita' della gestione dei rifiuti, degli imballaggi
e dei rifiuti di imballaggio, nonche' alla tutela della salute pubblica e
dell'ambiente, e' istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, l'Osservatorio nazionale sui rifiuti, in appresso
denominato Osservatorio. L'Osservatorio svolge, in particolare, le seguenti
funzioni: a) vigila sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti
di imballaggio; b) provvede all'elaborazione ed all'aggiornamento permanente di
criteri e specifici obiettivi d'azione, nonche' alla definizione ed
all'aggiornamento permanente di un quadro di riferimento sulla prevenzione e
sulla gestione dei rifiuti, anche attraverso l'elaborazione di linee guida sulle
modalita' di gestione dei rifiuti per migliorarne efficacia, efficienza e
qualita', per promuovere la diffusione delle buone pratiche e delle migliori
tecniche disponibili per la prevenzione, le raccolte differenziate, il riciclo e
lo smaltimento dei rifiuti; c) predispone il Programma generale di prevenzione
di cui all'articolo 225 qualora il Consorzio nazionale imballaggi non provveda
nei termini previsti; d) verifica l'attuazione del Programma generale di cui
all'articolo 225 ed il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di
riciclaggio; e) verifica i costi di gestione dei rifiuti, delle diverse
componenti dei costi medesimi e delle modalita' di gestione ed effettua analisi
comparative tra i diversi ambiti di gestione, evidenziando eventuali anomalie;
f) verifica livelli di qualita' dei servizi erogati; g) predispone, un rapporto
annuale sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di
imballaggio e ne cura la trasmissione al Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare.
2. L'Osservatorio nazionale sui rifiuti e' composto da nove membri, scelti tra
persone, esperte in materia di rifiuti, di elevata qualificazione
giuridico/amministrativa e tecnico/scientifica nel settore pubblico e privato,
nominati, nel rispetto del principio dell'equilibrio di genere, con decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con
il Ministro dello sviluppo economico, di cui: a) tre designati dal Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui uno con funzione
di Presidente; b) due designati dal Ministro dello sviluppo economico, di cui
uno con funzioni di vice-presidente; c) uno designato dal Ministro della salute;
d) uno designato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali;
e) uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze; f) uno designato
dalla Conferenza Stato-regioni.
3. La durata in carica dei componenti dell'Osservatorio e' disciplinata dal
decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90. Il trattamento
economico dei componenti dell'Osservatorio e' determinato con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
4. Per l'espletamento dei propri compiti e funzioni, l'Osservatorio si avvale di
una segreteria tecnica, costituita con decreto del Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, utilizzando allo scopo le risorse umane
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, sono definite le modalita' organizzative e di funzionamento
dell'Osservatorio, nonche' gli enti e le agenzie di cui esso puo' avvalersi.
6. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento dell'Osservatorio
nazionale sui rifiuti e della Segreteria tecnica, pari a due milioni di euro,
aggiornato annualmente al tasso di inflazione, provvedono, tramite contributi di
pari importo complessivo, il Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all'articolo
224, i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e i Consorzi
di cui agli articoli 233, 234, 235, 236 nonche' quelli istituiti ai sensi degli
articoli 227 e 228. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare con decreto da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore del
presente provvedimento e successivamente entro il 31 gennaio di ogni anno,
determina l'entita' del predetto onere da porre in capo ai Consorzi e soggetti
predetti. Dette somme sono versate dal Consorzio Nazionale Imballaggi e dagli
altri soggetti e Consorzi all'entrata del bilancio dello Stato per essere
riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e della finanze, ad apposito
capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare» e conseguentemente all'articolo 170, il comma 13 e'
soppresso.(*)
(*) N.d.R.: Articolo
aggiunto dall'art. 2, c. 29 bis, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato
nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Art. 207 * [ Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e
sui rifiuti
1. L'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti di cui
all'articolo 159, di seguito denominata "Autorità", garantisce e vigila in
merito all'osservanza dei principi ed al perseguimento delle finalità di cui
alla parte quarta del presente decreto, con particolare riferimento
all'efficienza, all'efficacia, all'economicità ed alla trasparenza del servizio.
2. L'Autorità, oltre alle attribuzioni individuate dal presente articolo,
subentra in tutte le altre competenze già assegnate dall'art. 26 del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, all'Osservatorio nazionale sui rifiuti, il
quale continua ad operare sino all'entrata in vigore del regolamento di cui al
comma 4 dell'articolo 159 del presente decreto.
3. La struttura e la composizione dell'Autorità sono disciplinate dall'articolo
159.
4. L'autorità svolge le funzioni previste dall'articolo 160.
5. Per l'espletamento dei propri compiti ed al fine di migliorare, incrementare
ed adeguare agli standard europei, alle migliori tecnologie disponibili ed alle
migliori pratiche ambientali gli interventi in materia di tutela delle acque
interne, di rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, nonché di aumentare
l'efficienza di detti interventi anche sotto il profilo della capacità di
utilizzare le risorse derivanti da cofinanziamenti, l'Autorità si avvale della
Segreteria tecnica di cui all'art. 1, comma 42, della legge 15 dicembre 2004, n.
308, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a
legislazione vigente. Essa può avvalersi, altresì, di organi ed uffici ispettivi
e di verifica di altre amministrazioni pubbliche.]
*NOTA: articolo abrogato dall'art. 1, c. 5 del Decreto Legislativo 284/2006 (G.U. n. 274 del 24/11/2006). Se ne riporta di seguito il testo:
"5. Gli articoli 159,
160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il
Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio
nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni.
Tutti i riferimenti all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono
soppressi."
CAPO IV - AUTORIZZAZIONI E ISCRIZIONI
Art. 208
Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di
recupero dei rifiuti
1. I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di
smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare
apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto
definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la
realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia
urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene
pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione
di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì
allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini;
i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all'acquisizione della
pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del
presente decreto.
2. Resta ferma l'applicazione della normativa nazionale di attuazione della
direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate
dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della
medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005,
n. 59.
3. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la
regione individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza
di servizi. Alla conferenza dei servizi partecipano, con un preavviso di almeno
20 giorni, i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti
delle autorita' d'ambito e degli enti locali sul cui territorio e' realizzato
l'impianto, nonche' il richiedente l'autorizzazione o un suo rappresentante al
fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti. Nel medesimo termine di
20 giorni, la documentazione di cui al comma 1 e' inviata ai componenti della
conferenza di servizi. La decisione della conferenza dei servizi e' assunta a
maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una adeguata motivazione
rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
4. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi:
a) procede alla valutazione dei progetti;
b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del
progetto con quanto previsto dall'articolo 177, comma 4(**);
c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di
compatibilità ambientale;
d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla regione.
5. Per l'istruttoria tecnica della domanda le regioni possono avvalersi delle
Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.
6. Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei
servizi, valutando le risultanze della stessa, la regione, in caso di
valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione
dell'impianto.(**) L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti,
pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e
comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e
comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei
lavori.
7. Nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si applicano le disposizioni dell'articolo
146 di tale decreto in materia di autorizzazione.
8. L'istruttoria si conclude entro centocinquanta giorni dalla presentazione
della domanda di cui al comma 1 con il rilascio dell'autorizzazione unica o con
il diniego motivato della stessa.
9. I termini di cui al comma 8 sono interrotti, per una sola volta, da eventuali
richieste istruttorie fatte dal responsabile del procedimento al soggetto
interessato e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi forniti
dall'interessato.
10. Ferma restando la valutazione delle eventuali responsabilita' ai sensi
della normativa vigente, ove l'autorita'(**) competente non provveda a concludere il procedimento di
rilascio dell'autorizzazione unica entro i termini previsti al comma 8, si
applica il potere sostitutivo di cui all'art. 5 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112.
11. L'autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per
garantire l'attuazione dei principi di cui all'articolo 178 e contiene almeno i
seguenti elementi:
a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti che possono essere trattati(**);
b) Per ciascun tipo di operazione autorizzata, i requisiti tecnici(**) con particolare riferimento alla compatibilità del sito,
alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti e
alla modalita' di verifica, monitoraggio e controllo della(**) conformità dell'impianto al progetto approvato;
c) le misure precauzionali e di sicurezza da adottare(**);
d) la localizzazione dell'impianto autorizzato(**);
e) il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione(**);
f) le disposizioni relative alla chiusura e agli interventi ad essa
successivi che si rivelino necessarie(**);
g) le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo al momento
dell'avvio effettivo dell'esercizio dell'impianto; [a tal fine](**), le garanzie
finanziarie per la gestione della discarica, anche per la fase successiva alla
sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a quanto disposto dall'art.
14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;(+)
h) la data di scadenza dell'autorizzazione, in conformità con quanto previsto al
comma 12;
i) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei
rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico.
11-bis. Le autorizzazioni concernenti l'incenerimento o il coincenerimento con
recupero di energia sono subordinate alla condizione che il recupero avvenga con
un livello elevato di efficienza energetica, tenendo conto delle migliori
tecniche disponibili.(***)
12 L'autorizzazione di cui al comma 1 è concessa per un periodo di dieci anni ed
è rinnovabile. A tale fine, almeno centottanta giorni prima della scadenza
dell'autorizzazione, deve essere presentata apposita domanda alla regione che
decide prima della scadenza dell'autorizzazione stessa. In ogni caso l'attività
può essere proseguita fino alla decisione espressa, previa estensione delle
garanzie finanziarie prestate. Le prescrizioni dell'autorizzazione possono
essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal
rilascio, nel caso di condizioni di criticita' ambientale, tenendo conto
dell'evoluzione delle migliori tecnologie disponibili(****) e nel rispetto delle
garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990(*****).
13. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte
quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni
dell'autorizzazione l'autorita' competente procede, secondo la gravita'
dell'infrazione:
a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere
eliminate le inosservanze;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un
tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la
salute pubblica e per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle
prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che
determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.(******)
14. Il controllo e l'autorizzazione delle operazioni di carico, scarico,
trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati
dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 e di cui
al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 di attuazione della direttiva
2000/59/CE sui rifiuti prodotti sulle navi e dalle altre disposizioni previste
in materia dalla normativa vigente. Nel caso di trasporto transfrontaliero di
rifiuti, l'autorizzazione delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere
rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti
di cui all'articolo 193,comma 1(**), del presente decreto.
15. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti
mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di
depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo presso il
quale operano, ed esclusi i casi in cui si provveda alla(**) sola riduzione volumetrica e separazione
delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove
l'interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria
dell'impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole
campagne di attività sul territorio nazionale, l'interessato, almeno sessanta
giorni prima dell'installazione dell'impianto, deve comunicare alla regione nel
cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative
alla campagna di attività, allegando l'autorizzazione di cui al comma 1 e
l'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, nonché l'ulteriore
documentazione richiesta. La regione può adottare prescrizioni integrative
oppure può vietare l'attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento
della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela
dell'ambiente o della salute pubblica. 16. Le disposizioni di cui al presente
articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in
vigore della parte quarta del presente decreto, eccetto quelli per i quali sia
completata la procedura di valutazione di impatto ambientale.
17. Fatti salvi l'obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico da parte
dei soggetti di cui all'articolo 190 ed il divieto di miscelazione di cui
all'articolo 187, le disposizioni del presente articolo non si applicano al
deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite
dall'articolo 183, comma 1, lettera m). [La medesima esclusione opera anche
quando l'attività di deposito temporaneo nel luogo di produzione sia affidata
dal produttore ad altro soggetto autorizzato alla gestione di rifiuti. Il
conferimento di rifiuti da parte del produttore all'affidatario del deposito
temporaneo costituisce adempimento agli obblighi di cui all'articolo 188, comma
3. In tal caso le annotazioni sia da parte del produttore che dell'affidatario
del deposito temporaneo debbono essere effettuate entro ventiquattro ore.](*******)
17-bis. L'autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata,
a cura dell'amministrazione competente al rilascio della stessa, al Catasto dei
rifiuti di cui all'articolo 189 attraverso il Catasto telematico e secondo gli
standard concordati con ISPRA che cura l'inserimento in un elenco nazionale,
accessibile al pubblico, dei seguenti elementi identificativi, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica:
a) ragione sociale;
b) sede legale dell'impresa autorizzata;
c) sede dell'impianto autorizzato;
d) attivita' di gestione autorizzata;
e) i rifiuti oggetto dell'attivita' di gestione;
f) quantita' autorizzate;
g) scadenza dell'autorizzazione. (***)
17-ter. La comunicazione dei dati di cui al comma 17-bis deve avvenire senza
nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi
regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi.(***)
18. In caso di eventi incidenti sull'autorizzazione, questi sono comunicati,
previo avviso all'interessato, al Catasto dei rifiuti di cui all'articolo
189.(*)
19. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la
realizzazione di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che
comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono piu' conformi
all'autorizzazione rilasciata.(*)
[20. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la
realizzazione di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che
comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi
all'autorizzazione rilasciata.]
(********)
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 22 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(**) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 22 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(***) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 22 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(****) N.d.R.: Periodo
aggiunto dall'art. 2, c. 29 ter, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato
nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(*****) N.d.R.: Periodo aggiunto dall'art. 22 del Decreto Legislativo 3 dicembre
2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e
che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl.
Ordinario n.269.
(******) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2, c. 29 ter, del d.lgs. n. 4 del
16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario
n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"13. Quando, a seguito di controlli successivi all'avviamento degli impianti,
questi non risultino conformi all'autorizzazione di cui al presente articolo,
ovvero non siano soddisfatte le condizioni e le prescrizioni contenute nella
stessa autorizzazione, quest'ultima è sospesa, previa diffida, per un periodo
massimo di dodici mesi. Decorso tale termine senza che il titolare abbia
adempiuto a quanto disposto nell'atto di diffida, l'autorizzazione è revocata."
(*******) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2, c. 25, del d.lgs. n. 4 del 16
gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(********) N.d.R.: Comma abrogato dall'art. 22 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(+) N.d.R.: Si riporta di seguito il testo dell'art. 3, c. 2 bis del Decreto-Legge 26 novembre 2010, n. 196 (in G.U. 26/11/2010, n.277) , introdotto in sede di conversione in legge (L. 24 gennaio 2011, n. 1, pubblicata nella G.U. 24/01/2011, n. 18):
"2.bis. A decorrere dalla data di entrata in vigere della legge di conversione del presente decreto, e' ridotto del cinquanta per cento, per le imprese registrate ai sensi del regolamento (Ce) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 (Emas) e del quaranta per cento, per quelle in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma UNI EN ISO 14001, l'importo delle garanzie finanziarie di cui all'articolo 208, comma 11, lettera g), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni."
Art. 209
Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di
certificazione ambientale
1. Nel rispetto delle normative comunitarie, in sede di espletamento
delle procedure previste per il rinnovo delle autorizzazioni all'esercizio di un
impianto ovvero per il rinnovo dell'iscrizione all'Albo di cui all'articolo 212,
le imprese che risultino registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, sull'adesione
volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit
, che abroga il regolamento (CE) n. 761/2001 e le decisioni della Commissione
2001/681/CE e 2006/193/CE o certificati Uni En Iso 14001, possono sostituire
tali autorizzazioni con autocertificazione resa alle autorita' competenti, ai
sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.(*)
2. L'autocertificazione di cui al comma 1 deve essere accompagnata da una copia
conforme del certificato di registrazione ottenuto ai sensi dei regolamenti e
degli standard parametrici di cui al medesimo comma 1, nonché da una denuncia di
prosecuzione delle attività, attestante la conformità dell'impresa, dei mezzi e
degli impianti alle prescrizioni legislative e regolamentari, con allegata una
certificazione dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste.
3. L'autocertificazione e i relativi documenti, di cui ai commi 1 e 2,
sostituiscono a tutti gli effetti l'autorizzazione alla prosecuzione, ovvero
all'esercizio delle attività previste dalle norme di cui al comma 1 e ad essi si
applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300. Si applicano, altresì, le
disposizioni sanzionatorie di cui all'art. 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
4. L'autocertificazione e i relativi documenti mantengono l'efficacia
sostitutiva di cui al comma 3 fino ad un periodo massimo di centottanta giorni
successivi alla data di comunicazione all'interessato della decadenza, a
qualsiasi titolo avvenuta, della registrazione ottenuta ai sensi dei regolamenti
e degli standard parametrici di cui al comma 1.
5. Salva l'applicazione delle sanzioni specifiche e salvo che il fatto
costituisca più grave reato, in caso di accertata falsità delle attestazioni
contenute nell'autocertificazione e dei relativi documenti, si applica l'art.
483 del codice penale nei confronti di chiunque abbia sottoscritto la
documentazione di cui ai commi 1 e 2.
6. Resta ferma l'applicazione del titolo II-bis della parte seconda del
presente decreto, relativo alla prevenzione e riduzione integrate
dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del
medesimo.(*)
7. I titoli abilitativi di cui al presente articolo devono essere comunicati, a
cura dell'amministrazione che li rilascia, all'ISPRA(**), di cui all'articolo
208,
comma 17(**), che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico,
degli elementi identificativi di cui all'articolo 212, comma 23, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica.
7-bis. La
comunicazione dei dati di cui al comma 7 deve avvenire senza nuovi e maggiori
oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali
esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi.(***)
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 23 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(**) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 23 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(***) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 23 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
[Art. 210
Autorizzazioni in ipotesi particolari(°)
1. Coloro che alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente
decreto non abbiano ancora ottenuto l'autorizzazione alla gestione
dell'impianto, ovvero intendano, comunque, richiedere una modifica
dell'autorizzazione alla gestione di cui sono in possesso, ovvero ne richiedano
il rinnovo presentano domanda alla regione competente per territorio, che si
pronuncia entro novanta giorni dall'istanza. La procedura di cui al presente
comma si applica anche a chi intende avviare una attività di recupero o di
smaltimento di rifiuti in un impianto già esistente, precedentemente utilizzato
o adibito ad altre attività. Ove la nuova attività di recupero o di smaltimento
sia sottoposta a valutazione di impatto ambientale, si applicano le disposizioni
previste dalla parte seconda del presente decreto per le modifiche sostanziali.
2. Resta ferma l'applicazione della normativa nazionale di attuazione della
direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate
dell'inquinamento per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della
medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005,
n. 59.
3. L'autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per
garantire l'attuazione dei principi di cui all'articolo 178 e contiene almeno i
seguenti elementi:
a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare;
b) i requisiti tecnici, con particolare riferimento alla compatibilità del sito,
alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed
alla conformità dell'impianto alla nuova forma di gestione richiesta;
c) le precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale;
d) la localizzazione dell'impianto da autorizzare;
e) il metodo di trattamento e di recupero;
f) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei
rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico;
g) le prescrizioni per le operazioni di messa in sicurezza, chiusura
dell'impianto e ripristino del sito;
h) le garanzie finanziarie, ove previste dalla normativa vigente, o altre
equivalenti; tali garanzie sono in ogni caso ridotte del cinquanta per cento per
le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel
caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma
Uni En Iso 14001;
i) la data di scadenza dell'autorizzazione, in conformità a quanto previsto
dall'articolo 208, comma 12.
4. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte
quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni
dell'autorizzazione l'autorita' competente procede, secondo la gravita'
dell'infrazione:
a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere
eliminate le inosservanze;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un
tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la
salute pubblica e per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle
prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che
determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.(*)
5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo
effettuato nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 183, comma 1,
lettera m), che è soggetto unicamente agli adempimenti relativi al registro di
carico e scarico di cui all'articolo 190 ed al divieto di miscelazione di cui
all'articolo 187. [La medesima esclusione opera anche quando l'attività di
deposito temporaneo nel luogo di produzione sia affidata dal produttore ad altro
soggetto autorizzato alla gestione di rifiuti. Il conferimento di rifiuti da
parte del produttore all'affidatario del deposito temporaneo costituisce
adempimento agli obblighi di cui all'articolo 188, comma 3. In tal caso le
annotazioni sia da parte del produttore che dell'affidatario del deposito
temporaneo debbono essere effettuate entro ventiquattro ore.](**)
6. Per i rifiuti in aree portuali e per le operazioni di imbarco e sbarco in
caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti si applica quanto previsto
dall'articolo 208, comma 14.
7. Per gli impianti mobili, di cui all'articolo 208, comma 15, si applicano le
disposizioni ivi previste.
8. Ove l'autorità competente non provveda a concludere il procedimento relativo
al rilascio dell'autorizzazione entro i termini previsti dal comma 1, si applica
il potere sostitutivo di cui all'art. 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 112.
9. Le autorizzazioni di cui al presente articolo devono essere comunicate, a
cura dell'amministrazione che li rilascia, all'Albo di cui all'articolo 212,
comma 1, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico,
degli elementi identificativi di cui all'articolo 212, comma 23, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica.](°)
(°) N.d.R.: Articolo abrogato dall'art. 39, c. 3 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante: "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n.288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n. 269.
(*) N.d.R.: Comma così
sostituito dall'art. 2, c. 29 quater, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"4. Quando a seguito di controlli successivi all'avviamento degli impianti, la cui costruzione è stata autorizzata, questi non risultino conformi all'autorizzazione predetta, ovvero non siano soddisfatte le condizioni e le prescrizioni contenute nell'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di cui al comma 1, quest'ultima è sospesa, previa diffida, per un periodo massimo di dodici mesi. Decorso tale temine senza che il titolare abbia adempiuto a quanto disposto nell'atto di diffida, l'autorizzazione stessa è revocata."
(**) N.d.R.: Periodo
soppresso dall'art. 2, c. 29 quater, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Art. 211
Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione
1. I termini di cui agli articoli 208 e 210 sono ridotti alla metà per
l'autorizzazione alla realizzazione ed all'esercizio di impianti di ricerca e di
sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni:
a) le attività di gestione degli impianti non comportino utile economico;
b) gli impianti abbiano una potenzialità non superiore a 5 tonnellate al giorno,
salvo deroghe giustificate dall'esigenza di effettuare prove di impianti
caratterizzati da innovazioni, che devono però essere limitate alla durata di
tali prove.
2. La durata dell'autorizzazione di cui al comma 1 è di due anni, salvo proroga
che può essere concessa previa verifica annuale dei risultati raggiunti e non
può comunque superare altri due anni.
3. Qualora il progetto o la realizzazione dell'impianto non siano stati
approvati e autorizzati entro il termine di cui al comma 1, l'interessato può
presentare istanza al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, che
si esprime nei successivi sessanta giorni di concerto con i Ministri delle
attività produttive e dell'istruzione, dell'università e della ricerca. La
garanzia finanziaria in tal caso è prestata a favore dello Stato.
4. In caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute e pericolose
dal punto di vista sanitario, l'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata
dal Ministero(*) dell'ambiente e della tutela del territorio, che si esprime nei
successivi sessanta giorni, di concerto con i Ministri delle attività
produttive, della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
5. L'autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura
dell'amministrazione che la rilascia, all'ISPRA(*) di cui all'articolo 208, comma 16(*),
che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli
elementi identificativi di cui all'articolo 212, comma 23, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica.
5-bis. La
comunicazione dei dati di cui al comma 5 deve avvenire senza nuovi e maggiori
oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali
esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi(**)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 24 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(**) N.d.R.: Comma
aggiunto dall'art. 24 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Art. 212
Albo nazionale gestori ambientali
(°)
1. É costituito, presso il Ministero dell'ambiente e tutela del territorio,
l'Albo nazionale gestori ambientali, di seguito denominato Albo, articolato in
un Comitato nazionale, con sede presso il medesimo Ministero, ed in Sezioni
regionali e provinciali, istituite presso le Camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione e delle province autonome di
Trento e di Bolzano. I componenti del Comitato nazionale e delle Sezioni
regionali e provinciali durano in carica cinque anni.
2. Con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare sono istituite sezioni speciali del Comitato nazionale per ogni singola
attivita' soggetta ad iscrizione all'Albo, senza nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica, e ne vengono fissati composizione e competenze. Il
Comitato nazionale dell'Albo ha potere deliberante ed e' composto da diciannove
membri effettivi di comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o
giuridica nelle materie ambientali nominati con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e designati rispettivamente:
a) due dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di
cui uno con funzioni di Presidente;
b) uno dal Ministro dello sviluppo economico, con funzioni di vice-Presidente;
c) uno dal Ministro
della salute;
d) uno dal Ministro dell'economia e delle finanze
e) uno dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
f) uno dal Ministro dell'interno;
g) tre dalle regioni;
h) uno dall'Unione italiana delle Camere di commercio industria, artigianato e
agricoltura;
i) otto dalle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative delle
categorie economiche interessate, di cui due dalle organizzazioni
rappresentative della categoria degli autotrasportatori e due dalle
organizzazioni che rappresentano i gestori dei rifiuti e uno delle
organizzazioni rappresentative delle imprese che effettuano attivita' di
bonifica dei siti e di bonifica di beni contenenti amianto. Per ogni membro
effettivo e' nominato un supplente.(*)
3. Le Sezioni regionali e provinciali dell'Albo sono istituite con decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono composte:
a) dal Presidente della Camera di commercio, industria, artigianato e
agricoltura o da un membro del Consiglio camerale all'uopo designato dallo
stesso, con funzioni di Presidente;
b) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia
ambientale designato dalla regione o dalla provincia autonoma, con funzioni di
vice-Presidente;
c) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia
ambientale, designato dall'Unione regionale delle province o dalla provincia
autonoma;
d) da un esperto di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato
dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
e) da due esperti designati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative
delle categorie economiche;
f) da due esperti designati dalle organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative.
[4. Le funzioni del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali dell'Albo sono
svolte, sino alla scadenza del loro mandato, rispettivamente dal Comitato
nazionale e dalle Sezioni regionali dell'Albo nazionale delle imprese che
effettuano la gestione dei rifiuti già previsti all'art. 30 del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, integrati, senza nuovi o maggiori oneri per
la finanza pubblica, dai nuovi componenti individuati ai sensi, rispettivamente,
del comma 2, lettera l), e del comma 3, lettere e) ed f), nel rispetto di quanto
previsto dal comma 16.](**)
5. L'iscrizione all'Albo e' requisito per lo svolgimento delle attivita' di
raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni
contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione
dei rifiuti stessi. Sono esonerati dall'obbligo di cui al presente comma le
organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224,
228, 233, 234, 235 e 236, al decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, e al
decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, limitatamente all'attivita' di
intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti oggetto previste nei
citati articoli. Per le aziende speciali,i consorzi di comuni e le societa' di
gestione dei servizi pubblici ci cui al decreto legislativo 18 agosto 2000,
n.267, l'iscrizione all'Albo e' effettuata con apposita comunicazione del comune
o del consorzio di comuni alla sezione regionale territorialmente competente ed
e' valida per i servizi di gestione dei rifiuti urbani prodotti nei medesimi
comuni. Le iscrizioni di cui al presente comma, gia' effettuate alla data di
entrata in vigore della presente disposizione, rimangono efficaci fino alla loro
naturale scadenza(*).
6. L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per
l'esercizio delle attivita' di raccolta, di trasporto, di commercio e di
intermediazione dei rifiuti; per le altre attivita' l'iscrizione abilita allo
svolgimento delle attivita' medesime(*).
7. Gli enti e le imprese iscritte all'Albo per le attivita' di raccolta e
trasporto dei rifiuti pericolosi sono esonerate dall'obbligo di iscrizione per
le attivita' di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi a condizione che
tale ultima attivita' non comporti variazione della classe per la quale le
imprese sono iscritte(*).
8. I produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di
raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonche' i produttori iniziali di
rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri
rifiuti pericolosi in quantita' non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri
al giorno, non sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a
condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria
dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Detti
soggetti non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono
iscritti in un'apposita sezione dell'Albo in base alla presentazione di una
comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell'Albo territorialmente
competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta
giorni. Con la comunicazione l'interessato attesta sotto la sua responsabilita',
ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 241 del 1990:
a) la sede dell'impresa, l'attivita' o le attivita' dai quali sono prodotti i rifiuti;
b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;
c) gli estremi identificativi e l'idoneita' tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalita' di effettuazione del trasporto medesimo;
d) l'avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406.
L'iscrizione deve essere rinnovata ogni 10
anni e l'impresa e' tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta
successivamente all'iscrizione. Le iscrizioni di cui al presente comma,
effettuate entro il 14 aprile 2008 ai sensi e per gli effetti della normativa
vigente a quella data, dovranno essere aggiornate entro un anno dalla data di
entrata in vigore della presente disposizione(*).
9. Le imprese di cui ai commi 5 e 8 tenute ad aderire sistema di controllo della
tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett.
a), procedono, in relazione a ciascun autoveicolo utilizzato per la raccolta e
il trasporto dei rifiuti, all'adempimento degli obblighi stabiliti dall'articolo
3, comma 6, lettera c), del decreto del Ministro dell'ambiente e dellatutela del
territorio e del mare in data in data 17 dicembre 2009. La Sezione regionale
dell'Albo procede, in sede di prima applicazione entro due mesi dalla data di
entrata in vigore della presente disposizione, alla sospensione d'ufficio
dall'Albo degli autoveicoli per i quali non e' stato adempiuto l'obbligo di cui
al precedente periodo. Trascorsi tre mesi dalla sospensione senza che l'obbligo
di cui sopra sia stato adempiuto, l'autoveicolo e' di diritto e con effetto
immediato cancellato dall'Albo(*).
10. L'iscrizione all'Albo per le attivita' di raccolta e trasporto dei rifiuti
pericolosi, per l'attivita' di intermediazione e di commercio dei rifiuti senza
detenzione dei medesimi, e' subordinata alla prestazione di idonee garanzie
finanziarie a favore dello Stato i cui importi e modalita' sono stabiliti con
uno o piu' decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Tali
garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi
del regolamento (CE) n. 1221/2009, e del quaranta per cento nel caso di imprese
in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso
14001. Fino alla data dientrata in vigore dei predetti decreti si applicano la
modalita' e gli importi previsti dal decreto del Ministro dell'ambiente in data
8 ottobre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 1997,
come modificato dal decreto del Ministro dell'ambiente in data 23 aprile 1999,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 26 giugno 1999(*).
11. Le imprese che effettuano le attivita' di bonifica dei siti e di bonifica
dei beni contenenti amianto devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore
della regione territorialmente competente per ogni intervento di bonifica nel
rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 2, lettera g). Tali
garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi
del regolamento (CE) n. 761/2001, e del quaranta per cento nel caso di imprese
in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso
14001(*).
12. Sono iscritti all'Albo le imprese e gli operatori logistici presso le
stazioni ferroviarie, gli interporti, gli impianti di terminalizzazione, gli
scali merci e i porti ai quali, nell'ambito del trasporto intermodale, sono
affidati rifiuti in attesa della presa in carico degli stessi da parte
dell'impresa ferroviaria o navale o dell'impresa che effettua il successivo
trasporto, nel caso di trasporto navale, il raccomandatario marittimo di cui
alla legge 4 aprile 1977, n. 135, e' delegato dall'armatore o noleggiatore, che
effettuano il trasporto, per gli adempimenti relativi al sistema di controllo
della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2,
lett. a). L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e non e'
subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie.
13. L'iscrizione all'Albo ed i provvedimenti di sospensione, di revoca, di
decadenza e di annullamento dell'iscrizione, nonche' l'accettazione, la revoca e
lo svincolo delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello
Stato sono deliberati dalla Sezione regionale dell'Albo della regione ove ha
sede legale l'impresa interessata, in base alla normativa vigente ed alle
direttive emesse dal Comitato nazionale.
14. Avverso i provvedimenti delle Sezioni regionali dell'Albo gli interessati
possono proporre, nel termine di decadenza di trenta giorni dalla notifica dei
provvedimenti stessi, ricorso al Comitato nazionale dell'Albo
15. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e delle infrastrutture
e dei trasporti, sentito il parere del Comitato nazionale, da adottare entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente
decreto, sono definite le attribuzioni e le modalita' organizzative dell'Albo, i
requisiti tecnici e finanziari delle imprese, i requisiti dei responsabili
tecnici delle medesime, i termini e le modalita' di iscrizione, i diritti
annuali d'iscrizione. Fino all'adozione dei predetto decreto, continuano ad
applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Ministro
dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406, e delle deliberazioni del Comitato
nazionale dell'Albo. Il decreto di cui al presente comma si informa ai seguenti
principi:
a) individuazione di
requisiti per l'iscrizione, validi per tutte le sezioni, al fine di uniformare
le procedure;
b) coordinamento con la vigente normativa sull'autotrasporto, sul trasporto
ferroviario, sul trasporto via mare e per via navigabile interna, in coerenza
con la finalita' di cui alla lettera a);
c) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i
diritti annuali di iscrizione;
d) ridefinizione dei diritti annuali d'iscrizione relativi alle imprese di
trasporto dei rifiuti iscritte all'Albo nazionale gestori ambientali;
e) interconnessione e interoperabilita' con le pubbliche amministrazioni
competenti alla tenuta di pubblici registri;
f) riformulazione del sistema disciplinare-sanzionatorio dell'Albo e delle cause
di cancellazione dell'iscrizione;
g) definizione delle competenze e delle responsabilita' del responsabile
tecnico(*).
16. Nelle more dell'emanazione dei decreti di cui al presente articolo,
continuano ad applicarsi le disposizioni disciplinanti l'Albo nazionale delle
imprese che effettuano la gestione dei rifiuti vigenti alla data di entrata in
vigore della parte quarta del presente decreto, la cui abrogazione e' differita
al momento della pubblicazione dei suddetti decreti.
17. Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni
regionali e provinciali si provvede con le entrate derivanti dai diritti di
segreteria e dai diritti annuali d'iscrizione, secondo le previsioni, anche
relative alle modalita' di versamento e di utilizzo, che saranno determinate con
decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Fino all'adozione del
citato decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro
dell'ambiente in data 29 dicembre 1993, e successive modificazioni, e le
disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente in data 13 dicembre
1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 1° marzo 1995. Le somme di
cui all'articolo 7 comma 7, del decreto del Ministro dell'ambiente 29 in data
dicembre 1993 sono versate al Capo XXXII, capitolo 2592, articolo 04,
dell'entrata del Bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze, al Capitolo 7082 dello stato di
previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare(*).
18. I compensi da
corrispondere ai componenti del Comitato nazionale dell'Albo e delle Sezioni
regionali dell'Albo sono determinati ai sensi dell'articolo 7, comma 5, del
decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, 406(*).
19. La disciplina regolamentare dei casi in cui, ai sensi degli articoli 19 e 20
della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'esercizio di un'attivita' privata puo'
essere intrapreso sulla base della denuncia di inizio dell'attivita' non si
applica alle domande di iscrizione e agli atti di competenza dell'Albo(*).
[20. Le imprese iscritte all'Albo con procedura ordinaria ai sensi del comma 5
sono esentate dall'obbligo della comunicazione di cui al comma 18 se lo
svolgimento dell'attività di raccolta e trasporto dei rifiuti sottoposti a
procedure semplificate ai sensi dell'articolo 216 ed effettivamente avviati al
riciclaggio e al recupero non comporta variazioni della categoria, della classe
e della tipologia di rifiuti per le quali tali imprese sono iscritte.](**)
[21. Alla comunicazione di cui al comma 18 si applicano le disposizioni di cui
all'art. 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Alle imprese che svolgono le
attività di cui al comma 18 a seguito di comunicazione corredata da
documentazione incompleta o inidonea, si applica il disposto di cui all'articolo
256, comma 1].(**)
[22. I soggetti firmatari degli accordi e contratti di programma previsti
dall'articolo 181 e dall'articolo 206 sono iscritti presso un'apposita sezione
dell'Albo, a seguito di semplice richiesta scritta e senza essere sottoposti
alle garanzie finanziarie di cui ai commi 8 e 9.](***)
[23. Sono istituiti presso il Comitato nazionale i registri delle imprese
autorizzate alla gestione di rifiuti, aggiornati ogni trenta giorni, nei quali
sono inseriti, a domanda, gli elementi identificativi dell'impresa consultabili
dagli operatori secondo le procedure fissate con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel rispetto dei principi di cui al
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. I registri sono pubblici e, entro
dodici mesi dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono
resi disponibili al pubblico, senza oneri, anche per via telematica, secondo i
criteri fissati dal predetto decreto. Le Amministrazioni autorizzanti comunicano
al Comitato nazionale, subito dopo il rilascio dell'autorizzazione, la ragione
sociale dell'impresa autorizzata, l'attività per la quale viene rilasciata
l'autorizzazione, i rifiuti oggetto dell'attività di gestione, la scadenza
dell'autorizzazione e successivamente segnalano ogni variazione delle predette
informazioni che intervenga nel corso della validità dell'autorizzazione stessa.
Nel caso di ritardo dell'Amministrazione superiore a trenta giorni dal rilascio
dell'autorizzazione, l'impresa interessata può inoltrare copia autentica del
provvedimento, anche per via telematica, al Comitato nazionale, che ne dispone
l'inserimento nei registri.](**)
[24. Le imprese che effettuano attività di smaltimento dei rifiuti non
pericolosi nel luogo di produzione dei rifiuti stessi ai sensi dell'articolo 215
sono iscritte in un apposito registro con le modalità previste dal medesimo
articolo.](***)
[25. Le imprese che svolgono operazioni di recupero dei rifiuti ai sensi
dell'articolo 216 sono iscritte in un apposito registro con le modalità previste
dal medesimo articolo.](***)
[26. Per la tenuta dei registri di cui ai commi 22, 23, 24 e 25 gli interessati
sono tenuti alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione, per ogni
tipologia di registro, pari a 50 euro, rideterminabile ai sensi dell'art. 21 del
decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406. I diritti di cui al
commi 8, 24 e 25 sono versati, secondo le modalità di cui al comma 16, alla
competente Sezione regionale dell'Albo, che procede a contabilizzarli
separatamente e ad utilizzarli integralmente per l'attuazione dei medesimi
commi.](**)
[27. La tenuta dei registri di cui ai commi 22 e 23 decorre dall'entrata in
vigore del decreto di cui al comma 16.](**)
[28. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica.](**)
(°) N.d.R.: Si riporta di seguito l'art. 25, c. 2 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205:
"2. Le funzioni del
Comitato nazionale e delle Sezioni regionali dell'Albo sono svolte, sino alla
scadenza del mandato in corso alla data di entrata in vigore del presente
articolo, rispettivamente dal Comitato nazionale integrato da due membri in
rappresentanza delle organizzazioni imprenditoriali e dalle Sezioni regionali
dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, senza
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica".
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 25 del Decreto Legislativo 3
dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva
2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa
ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del
10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(**) N.d.R.: Comma abrogato dall'art. 25 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(***) N.d.R.: Comma abrogato dall'art. 2, c. 30, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Art. 213
Autorizzazioni integrate ambientali
1. Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del Titolo III-bis
della parte seconda del presente decreto, sostituiscono ad ogni effetto, secondo le
modalità ivi previste:
a) le autorizzazioni di cui al presente capo;
b) la comunicazione di cui all'articolo 216, limitatamente alle attività non
ricadenti nella categoria 5 dell'Allegato I del Titolo III-bis della parte
seconda del presente decreto, che, se svolte in procedura semplificata, sono escluse
dall'autorizzazione ambientale integrata, ferma restando la possibilità di
utilizzare successivamente le procedure semplificate previste dal capo V.
[2. Al trasporto dei rifiuti di cui alla lista verde del regolamento (CEE) 1°
febbraio 1993, n. 259, destinati agli impianti di cui al comma 1 del presente
articolo si applicano le disposizioni di cui agli articoli 214 e 216 del
presente decreto.](*)
(*) N.d.R.: Comma abrogato dall'art. 26 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
CAPO V - PROCEDURE SEMPLIFICATE
Articolo 214
Determinazione delle attivita' e delle caratteristiche dei rifiuti per
l'ammissione alle procedure semplificate(*)
1. Le procedure semplificate di cui al presente capo devono garantire in
ogni caso un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci ai
sensi e nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 177, comma 4.
2. Con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute e, per i
rifiuti agricoli e le attivita' che generano i fertilizzanti, con il Ministro
delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di
attivita' le norme, che fissano i tipi e le quantita' di rifiuti e le condizioni
in base alle quali le attivita' di smaltimento di rifiuti non pericolosi
effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attivita'
di recupero di cui all'Allegato C alla parte quarta del presente decreto sono
sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 215 e 216. Con la
medesima procedura si provvede all'aggiornamento delle predette norme tecniche e
condizioni.
3. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono
garantire che i tipi o le quantita' di rifiuti ed i procedimenti e metodi di
smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute
dell'uomo e da non recare pregiudizio all'ambiente. In particolare, ferma
restando la disciplina del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 , per
accedere alle procedure semplificate, le attivita' di trattamento termico e di
recupero energetico devono, inoltre, rispettare le seguenti condizioni:
a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali
individuati per frazioni omogenee;
b) i limiti di emissione non siano superiori a quelli stabiliti per gli impianti
di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con
particolare riferimento al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;
c) sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del potere
calorifico dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale;
d) siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni
specifiche di cui agli articoli 215, commi 1 e 2, e 216, commi 1, 2 e 3.
4. Sino all'adozione dei decreti di cui al comma 2 relativamente alle attivita'
di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del
Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta
Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998 e 12 giugno 2002, n. 161.
5. L'adozione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare,
in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di cui all'Allegato III del
regolamento (CE), n. 1013/2006.
6. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3,
e per l'effettuazione dei controlli periodici, l'interessato e' tenuto a versare
alla provincia territorialmente competente un diritto di iscrizione annuale
determinato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia
e delle finanze. Nelle more dell'emanazione del predetto decreto, si applicano
le disposizioni di cui al decreto del Ministro
dell'ambiente 21 luglio 1998, n. 350.All'attuazione dei compiti indicati dal
presente comma le Province provvedono con le risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica.
7. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle
condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 e'
disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di qualita'
dell'aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali e dalle altre
disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali.
L'autorizzazione all'esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero
di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque
sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209 e 211.
8. Alle denunce, alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal presente
capo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle
attivita' private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge
7 agosto 1990, n. 241. Si applicano, altresi', le disposizioni di cui
all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione che siano
rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche
adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 216, l'esercizio delle
operazioni di recupero dei rifiuti puo' essere intrapresa decorsi novanta giorni
dalla comunicazione di inizio di attivita' alla provincia.
9. Le province comunicano al catasto dei rifiuti di cui all'articolo 189,
attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA,
che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, dei
seguenti elementi identificativi delle imprese iscritte nei registri di cui agli
articoli 215, comma 3, e 216, comma 3:
a) ragione sociale;
b) sede legale dell'impresa;
c) sede dell'impianto;
d) tipologia di rifiuti oggetto dell'attivita' di gestione;
e) relative quantita';
f) attivita' di gestione;
g) data di iscrizione nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216,
comma 3.
10. La comunicazione dei dati di cui al comma 9 deve avvenire senza nuovi e
maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi
regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi.
11. Con uno o piu' decreti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il
Ministro dello sviluppo economico, sono individuate le condizioni alle quali
l'utilizzo di un combustibile alternativo, in parziale sostituzione dei
combustibili fossili tradizionali, in impianti soggetti al regime di cui al
Titolo III-bis della Parte II, dotati di certificazione di qualita' ambientale,
sia da qualificarsi, ad ogni effetto, come modifica non sostanziale. I predetti
decreti possono stabilire, nel rispetto dell'articolo 177, comma 4, le opportune
modalita' di integrazione ed unificazione delle procedure, anche presupposte,
per l'aggiornamento dell'autorizzazione integrata ambientale, con effetto di
assorbimento e sostituzione di ogni altro prescritto atto di assenso. Alle
strutture eventualmente necessarie, ivi incluse quelle per lo stoccaggio e
l'alimentazione del combustibile alternativo, realizzate nell'ambito del sito
dello stabilimento qualora non gia' autorizzate ai sensi del precedente periodo,
si applica il regime di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive
modificazioni.
(*) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 27 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Articolo 214-bis
Sgombero della neve(*)
1. Le attivita' di sgombero della neve effettuate dalle pubbliche
amministrazioni o da loro delegati, dai concessionari di reti infrastrutturali o
infrastrutture non costituisce detenzione ai fini della lettera a) comma 1
dell'articolo 183.
(*) N.d.R.: Articolo introdotto dall'art. 28 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Art. 215
Autosmaltimento
1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni
specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, e siano tenute in
considerazione le migliori tecniche disponibili(*), le attività di smaltimento
di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi
possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio
di attività alla provincia territorialmente competente(**) [entro dieci
giorni dal ricevimento della comunicazione stessa](***).
2. Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare:
a) il tipo, la quantità e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire;
b) il ciclo di provenienza dei rifiuti;
c) le condizioni per la realizzazione e l'esercizio degli impianti;
d) le caratteristiche dell'impianto di smaltimento;
e) la qualità delle emissioni e degli scarichi idrici nell'ambiente.
3. La provincia(****) iscrive in un apposito registro le imprese che
effettuano la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui al
comma 1 verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti
richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del
legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale deve
risultare:
a) il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche di cui al
comma 1;
b) il rispetto delle norme tecniche di sicurezza e delle procedure autorizzative
previste dalla normativa vigente.
4. La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e
delle condizioni di cui al comma 1, dispone con provvedimento motivato il
divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato
non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi
effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti
dall'amministrazione.(*****)
con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione
dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa
vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le
prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.
5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e,
comunque, in caso di modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento.
6. Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211
le attività di autosmaltimento di rifiuti pericolosi e la discarica di rifiuti.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 29 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(**) N.d.R.: Le originarie parole "alla competente Sezione regionale dell'Albo, di cui all'articolo 212, che ne dà notizia alla provincia territorialmente competente" sono state così sostituite dall'art. 2, c. 33, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(***) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 29 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(****) N.d.R.: Le originarie parole "La Sezione regionale dell'Albo" sono state così sostituite dall'art. 2, c. 34, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(*****) N.d.R.: Comma
così sostituito dall'art. 2, c. 35, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"4. Qualora la Sezione
regionale dell'Albo accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle
condizioni di cui al comma 1, la medesima Sezione propone alla provincia di
disporre con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione
dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa
vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le
prescrizioni stabiliti dall'amministrazione."
Art. 216
Operazioni di recupero
1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni
specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, l'esercizio delle operazioni
di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla
comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente
competente(*) [entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione stessa](1). Nelle
ipotesi di rifiuti elettrici ed elettronici di cui all'articolo 227, comma 1,
lettera a), di veicoli fuori uso di cui all'articolo 227, comma 1, lettera c), e
di impianti di coincenerimento, l'avvio delle attività è subordinato
all'effettuazione di una visita preventiva, da parte della provincia competente
per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della
predetta comunicazione.
2. Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun
tipo di attività, prevedono in particolare:
a) per i rifiuti non pericolosi:
1) le quantità massime impiegabili;
2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché
le condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla
disciplina prevista dal presente articolo;
3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle
quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati
senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che
potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;
b) per i rifiuti pericolosi:
1) le quantità massime impiegabili;
2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti;
3) le condizioni specifiche riferite ai valori limite di sostanze pericolose
contenute nei rifiuti, ai valori limite di emissione per ogni tipo di rifiuto ed
al tipo di attività e di impianto utilizzato, anche in relazione alle altre
emissioni presenti in sito;
4) gli altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero;
5) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al tipo ed alle
quantità di sostanze pericolose contenute nei rifiuti ed ai metodi di recupero,
i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza
usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente.
3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che
effettuano la comunicazione di inizio di attività e, entro il termine di cui al
comma 1, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti
richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del
legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale
risulti:
a) il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui al
comma 1;
b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;
c) le attività di recupero che si intendono svolgere;
d) lo stabilimento, la capacità di recupero e il ciclo di trattamento o di
combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati,
nonché l'utilizzo di eventuali impianti mobili;
e) le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di
recupero.
4. La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e
delle condizioni di cui al comma 1, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di
inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non
provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti
entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.
5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e
comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero.
6. La procedura semplificata di cui al presente articolo sostituisce,
limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative delle emissioni
determinate dai rifiuti individuati dalle norme tecniche di cui al comma 1 che
già fissano i limiti di emissione in relazione alle attività di recupero degli
stessi, l'autorizzazione di cui all'articolo 269 in caso di modifica sostanziale
dell'impianto.
7. Alle attivita' di cui al presente articolo si applicano integralmente le
norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano
destinati in modo effettivo al recupero(2)
8. Fermo restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera di cui
all'articolo 214, comma 4, lettera b), e dei limiti delle altre emissioni
inquinanti stabilite da disposizioni vigenti e fatta salva l'osservanza degli
altri vincoli a tutela dei profili sanitari e ambientali, entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro delle attività produttive, determina modalità, condizioni e misure
relative alla concessione di incentivi finanziari previsti da disposizioni
legislative vigenti a favore dell'utilizzazione dei rifiuti in via
prioritaria in operazioni di riciclaggio e di recupero per ottenere materie,
sostanze, oggetti, nonchè(**) come combustibile per produrre energia
elettrica, tenuto anche conto del prevalente interesse pubblico al recupero
energetico nelle centrali elettriche di rifiuti urbani sottoposti a preventive
operazioni di trattamento finalizzate alla produzione di combustibile da rifiuti
e di quanto previsto dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e
successive modificazioni, nonche' dalla direttiva 2009/28/CE e dalle relative
disposizioni di recepimento(3)
8-bis. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati
ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di
comunicazione di inizio di attivita' solo se effettuate presso l'impianto dove
avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a
R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto.(4)
8-ter. Fatto salvo quanto previsto dal comma 8, le norme tecniche di cui ai
commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di
messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti
dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai
punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonche'
le modalita' di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono
essere avviati alle predette operazioni.(4)
9. Con apposite norme tecniche adottate ai sensi del comma 1, da pubblicare
entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del
presente decreto, è individuata una lista di rifiuti non pericolosi maggiormente
utilizzati nei processi dei settori produttivi nell'osservanza dei seguenti
criteri:
a) diffusione dell'impiego nel settore manifatturiero sulla base di dati di
contabilità nazionale o di studi di settore o di programmi specifici di gestione
dei rifiuti approvati ai sensi delle disposizioni di cui alla parte quarta del
presente decreto;
b) utilizzazione coerente con le migliori tecniche disponibili senza pericolo
per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero
recare pregiudizio all'ambiente;
c) impiego in impianti autorizzati.
10. I rifiuti individuati ai sensi del comma 9 sono sottoposti unicamente alle
disposizioni di cui agli articoli 188, comma 3, 189, 190 e 193 nonché alle
relative norme sanzionatorie contenute nella parte quarta del presente decreto.
Sulla base delle informazioni di cui all'articolo 189 il Catasto redige per
ciascuna provincia un elenco degli impianti di cui al comma 9.
[11. Alle attività di cui al presente articolo si applicano integralmente le
norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano
destinati in modo effettivo ed oggettivo al recupero.](5)
[12. Le condizioni e le norme tecniche relative ai rifiuti pericolosi di cui al
comma 1 sono comunicate alla Commissione dell'Unione europea tre mesi prima
della loro entrata in vigore.](5)
[13. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai
sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di
comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso l'impianto dove
avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a
R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto.](5)
[14. Fatto salvo quanto previsto dal comma 13, le norme tecniche di cui ai commi
1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in
riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono
effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1
a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonché le modalità
di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati
alle predette operazioni.](5)
[15. Le comunicazioni effettuate alla data di entrata in vigore del presente
decreto alle sezioni regionali dell'Albo sono trasmesse, a cura delle Sezioni
medesime, alla provincia territorialmente competente.] (5)
(*) N.d.R.: Le originarie parole "alla competente Sezione regionale dell'Albo, di cui all'articolo 212, che ne dà notizia alla provincia territorialmente competente" sono state così sostituite dall'art. 2, c. 36, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(**) N.d.R.: Periodo aggiunto dall'art. 2, c. 36, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(***) N.d.R.: Le originarie parole "La sezione regionale dell'Albo" sono state così sostituite dall'art. 2, c. 37, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(****) N.d.R.: Le originarie parole "Qualora la competente Sezione regionale dell'Albo accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, la medesima sezione propone alla provincia di disporre" sono state così sostituite dall'art. 2, c. 38, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(1) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 30 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(2) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 30 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(3) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 30 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269
(4) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 30 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269
(5) N.d.R.: Comma abrogato dall'art. 30 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269
Articolo 216-bis
Oli usati(*)
1. Fatti salvi gli obblighi riguardanti la gestione dei rifiuti pericolosi,
gli oli usati sono gestiti in base alla classificazione attribuita ad essi ai
sensi e per gli effetti dell´articolo 184, nel rispetto delle disposizioni della
parte IV del presente decreto e, in particolare, secondo l´ordine di priorita'
di cui all'articolo 179, comma 1.
2. Fermo quanto previsto dall'articolo 187, il deposito temporaneo, la raccolta
e il trasporto degli oli usati sono realizzati in modo da tenere costantemente
separate, per quanto tecnicamente possibile, tipologie di oli usati da
destinare, secondo l´ordine di priorita' di cui all'articolo 179, comma 1, a
processi di trattamento diversi fra loro. E' fatto comunque divieto di
miscellare gli oli minerali usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze.
3. Gli oli usati devono essere gestiti:
a) in via prioritaria, tramite rigenerazione tesa alla produzione di basi
lubrificanti;
b) in via sussidiaria e, comunque, nel rispetto dell´ordine di priorita' di cui
all'articolo 179, comma 1, qualora la rigenerazione sia tecnicamente non
fattibile ed economicamente impraticabile, tramite combustione, nel rispetto
delle disposizioni di cui al titolo III-bis della parte II del presente decreto
e al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;
c) in via residuale, qualora le modalita' di trattamento di cui alle precedenti
lettere a) e b) non siano tecnicamente praticabili a causa della composizione
degli oli usati, tramite operazioni di smaltimento di cui all'Allegato B della
parte IV del presente decreto.
4. Al fine di dare priorita' alla rigenerazione degli oli usati, le spedizioni
transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso impianti di
incenerimento e coincenerimento collocati al di fuori del territorio nazionale,
sono escluse nella misura in cui ricorrano le condizioni di cui agli articoli 11
e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006. Si applicano i principi di cui agli
articoli 177 e 178, nonche' il principio di prossimita'.
5. Le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso
impianti di rigenerazione collocati al di fuori del territorio nazionale sono
valutate ai sensi del regolamento (CE) n. 1013/2006 e, in particolare,
dell'articolo 12 del predetto regolamento.
6. Ai fini di cui al comma 5, il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare puo' individuare con uno o piu' decreti gli elementi da
valutare secondo le facolta' concesse alle autorita' di spedizione o di transito
nell'esercizio delle competenze di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento
(CE) n. 1013/2006.
7. Con uno o piu' regolamenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare da adottarsi, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, sono definite le norme tecniche per la gestione di oli
usati in conformita' a quanto disposto dal presente articolo.
8. I composti usati fluidi o liquidi solo parzialmente formati di olio minerale
o sintetico, compresi i residui oleosi di cisterna, i miscugli di acqua e olio,
le emulsioni ed altre miscele oleose sono soggette alla disciplina sugli oli
usati.
(*) N.d.R.: Articolo inserito dall'art. 31 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Articolo 216-ter
Comunicazioni alla Commissione europea(*)
1. I piani di gestione ed i programmi di prevenzione di cui all'articolo
199, commi 1 e 3, lettera r) e le loro eventuali revisioni sostanziali, sono
comunicati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
utilizzando il formato adottato in sede comunitaria, per la successiva
trasmissione alla Commissione europea.
2. Con cadenza triennale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare comunica alla Commissione europea le informazioni
sull'applicazione della direttiva 2008/98/CE, inviando una relazione settoriale
in formato elettronico sulla base di un questionario o di uno schema inviato
dalla Commissione europea stessa sei mesi prima del periodo contemplato dalla
citata relazione settoriale.
3. La relazione di cui al comma 2, trasmessa la prima volta alla Commissione
europea entro nove mesi dalla fine del triennio che decorre dal 12 dicembre
2010, prevede, tra l'altro, le informazioni sulla gestione degli oli usati, sui
progressi compiuti nell'attuazione dei programmi di prevenzione dei rifiuti, di
cui all'articolo 199, comma 3, lettera r), e sulla misure previste
dall'eventuale attuazione del principio della responsabilita' estesa del
produttore, di cui all'articolo 178-bis, comma 1, lettera a).
4. Gli obiettivi di cui all'articolo 181 relativi alla preparazione per il
riutilizzo e al riciclaggio di rifiuti, sono comunicati alla Commissione europea
con i tempi e le modalita'
descritte nei commi 2 e 3.
5. La parte quarta del presente decreto nonche' i provvedimenti inerenti la
gestione dei rifiuti, sono comunicati alla Commissione europea.
(*) N.d.R.: Articolo inserito dall'art. 31 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
TITOLO II - GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI
Art. 217
Ambito di applicazione
1. Il presente titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti
di imballaggio sia per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente ed
assicurare un elevato livello di tutela dell'ambiente, sia per garantire il
funzionamento del mercato, nonché per evitare discriminazioni nei confronti dei
prodotti importati, prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi e distorsioni
della concorrenza e garantire il massimo rendimento possibile degli imballaggi e
dei rifiuti di imballaggio, in conformità alla direttiva 94/62/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, come integrata e modificata dalla
direttiva 2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, di cui la parte
quarta del presente decreto costituisce recepimento nell'ordinamento interno. I
sistemi di gestione devono essere aperti alla partecipazione degli operatori
economici interessati.
2. La disciplina di cui al comma 1 riguarda la gestione di tutti gli imballaggi
immessi sul mercato nazionale e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti dal
loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici,
negozi, servizi, nuclei domestici, a qualsiasi titolo, qualunque siano i
materiali che li compongono. Gli operatori delle rispettive filiere degli
imballaggi nel loro complesso garantiscono, secondo i principi della
"responsabilità condivisa", che l'impatto ambientale degli imballaggi e dei
rifiuti di imballaggio sia ridotto al minimo possibile per tutto il ciclo di
vita.
3. Restano fermi i vigenti requisiti in materia di qualità degli imballaggi,
come quelli relativi alla sicurezza, alla protezione della salute e all'igiene
dei prodotti imballati, nonché le vigenti disposizioni in materia di trasporto e
sui rifiuti pericolosi.
Art. 218
Definizioni
1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo si intende per:
a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito
a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a
proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal
produttore al consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro
presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo;
b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in
modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente
finale o per il consumatore;
c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo
da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di
unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale
all'utente finale o al consumatore, o che serva soltanto a facilitare il
rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può essere rimosso dal
prodotto senza alterarne le caratteristiche;
d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito
in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie
prime ai prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di
imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al
trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed
aerei;
e) imballaggio riutilizzabile: imballaggio o componente di imballaggio che è
stato concepito e progettato per sopportare nel corso del suo ciclo di vita un
numero minimo di viaggi o rotazioni all'interno di un circuito di riutilizzo.
f) rifiuto di imballaggio: ogni imballaggio o materiale di imballaggio,
rientrante nella definizione di rifiuto di cui all'articolo 183, comma 1,
lettera a), esclusi i residui della produzione;
g) gestione dei rifiuti di imballaggio: le attività di gestione di cui
all'articolo 183, comma 1, lettera d);
h) prevenzione: riduzione, in particolare attraverso lo sviluppo di prodotti e
di tecnologie non inquinanti, della quantità e della nocività per l'ambiente sia
delle materie e delle sostanze utilizzate negli imballaggi e nei rifiuti di
imballaggio, sia degli imballaggi e rifiuti di imballaggio nella fase del
processo di produzione, nonché in quella della commercializzazione, della
distribuzione, dell'utilizzazione e della gestione post-consumo;
i) riutilizzo: qualsiasi operazione nella quale l'imballaggio concepito e
progettato per poter compiere, durante il suo ciclo di vita, un numero minimo di
spostamenti o rotazioni è riempito di nuovo o reimpiegato per un uso identico a
quello per il quale è stato concepito, con o senza il supporto di prodotti
ausiliari presenti sul mercato che consentano il riempimento dell'imballaggio
stesso; tale imballaggio riutilizzato diventa rifiuto di imballaggio quando
cessa di essere reimpiegato;
l) riciclaggio: ritrattamento in un processo di produzione dei rifiuti di
imballaggio per la loro funzione originaria o per altri fini, incluso il
riciclaggio organico e ad esclusione del recupero di energia;
m) recupero dei rifiuti generati da imballaggi: le operazioni che utilizzano
rifiuti di imballaggio per generare materie prime secondarie, prodotti o
combustibili, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici,
inclusa la cernita, e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato C
alla parte quarta del presente decreto;
n) recupero di energia: l'utilizzazione di rifiuti di imballaggio combustibili
quale mezzo per produrre energia mediante termovalorizzazione con o senza altri
rifiuti ma con recupero di calore;
o) riciclaggio organico: il trattamento aerobico (compostaggio) o anaerobico (biometanazione),
ad opera di microrganismi e in condizioni controllate, delle parti
biodegradabili dei rifiuti di imballaggio, con produzione di residui organici
stabilizzanti o di biogas con recupero energetico, ad esclusione
dell'interramento in discarica, che non può essere considerato una forma di
riciclaggio organico;
p) smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente un
imballaggio o un rifiuto di imballaggio dal circuito economico e/o di raccolta
e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato B alla parte quarta del
presente decreto;
q) operatori economici: i produttori, gli utilizzatori, i recuperatori, i
riciclatori, gli utenti finali, le pubbliche amministrazioni e i gestori;
r) produttori: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i
trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di
imballaggio;
s) utilizzatori: i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli
utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni;
t) pubbliche amministrazioni e gestori: i soggetti e gli enti che provvedono
alla organizzazione, controllo e gestione del servizio di raccolta, trasporto,
recupero e smaltimento di rifiuti urbani nelle forme di cui alla parte quarta
del presente decreto o loro concessionari;
u) utente finale: il soggetto che nell'esercizio della sua attività
professionale acquista, come beni strumentali, articoli o merci imballate;
v) consumatore: il soggetto che fuori dall'esercizio di una attività
professionale acquista o importa per proprio uso imballaggi, articoli o merci
imballate;
z) accordo volontario: accordo formalmente concluso tra le pubbliche
amministrazioni competenti e i settori economici interessati, aperto a tutti i
soggetti interessati, che disciplina i mezzi, gli strumenti e le azioni per
raggiungere gli obiettivi di cui all'articolo 220;
aa) filiera: organizzazione economica e produttiva che svolge la propria
attività, dall'inizio del ciclo di lavorazione al prodotto finito di
imballaggio, nonché svolge attività di recupero e riciclo a fine vita
dell'imballaggio stesso;
bb) ritiro: l'operazione di ripresa dei rifiuti di imballaggio primari o
comunque conferiti al servizio pubblico, nonché dei rifiuti speciali assimilati,
gestita dagli operatori dei servizi di igiene urbana o simili;
cc) ripresa: l'operazione di restituzione degli imballaggi usati secondari e
terziari dall'utilizzatore o utente finale, escluso il consumatore, al fornitore
della merce o distributore e, a ritroso, lungo la catena logistica di fornitura
fino al produttore dell' imballaggio stesso;
dd) imballaggio usato: imballaggio secondario o terziario già utilizzato e
destinato ad essere ritirato o ripreso.
2. La definizione di imballaggio di cui alle lettere da a) ad e) del comma 1 è
inoltre basata sui criteri interpretativi indicati nell'art. 3 della direttiva
94/62/ CEE, così come modificata dalla direttiva 2004/12/CE e sugli esempi
illustrativi riportati nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.
Art. 219
Criteri informatori dell'attività di gestione dei rifiuti di
imballaggio
1. L'attività di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio si
informa ai seguenti principi generali:
a) incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantità e
della pericolosità nella fabbricazione degli imballaggi e dei rifiuti di
imballaggio, soprattutto attraverso iniziative, anche di natura economica in
conformità ai principi del diritto comunitario, volte a promuovere lo sviluppo
di tecnologie pulite ed a ridurre a monte la produzione e l'utilizzazione degli
imballaggi, nonché a favorire la produzione di imballaggi riutilizzabili ed il
loro concreto riutilizzo;
b) incentivazione del riciclaggio e del recupero di materia prima, sviluppo
della raccolta differenziata di rifiuti di imballaggio e promozione di
opportunità di mercato per incoraggiare l'utilizzazione dei materiali ottenuti
da imballaggi riciclati e recuperati;
c) riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggio destinati allo smaltimento
finale attraverso le altre forme di recupero;
d) applicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi nazionali o
azioni analoghe da adottarsi previa consultazione degli operatori economici
interessati.
2. Al fine di assicurare la responsabilizzazione degli operatori economici
conformemente al principio "chi inquina paga" nonché la cooperazione degli
stessi secondo i principi della "responsabilità condivisa", l'attività di
gestione dei rifiuti di imballaggio si ispira, inoltre, ai seguenti principi:
a) individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo che
il costo della raccolta differenziata, della valorizzazione e dell'eliminazione
dei rifiuti di imballaggio sia sostenuto dai produttori e dagli utilizzatori in
proporzione alle quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale e che la
pubblica amministrazione organizzi la raccolta differenziata;
b) promozione di forme di cooperazione tra i soggetti pubblici e privati;
c) informazione agli utenti degli imballaggi ed in particolare ai consumatori
secondo le disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di
attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione
ambientale;
d) incentivazione della restituzione degli imballaggi usati e del conferimento
dei rifiuti di imballaggio in raccolta differenziata da parte del consumatore.
3. Le informazioni di cui alla lettera c) del comma 2 riguardano in particolare:
a) i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;
b) il ruolo degli utenti di imballaggi e dei consumatori nel processo di
riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di
imballaggio;
c) il significato dei marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano sul
mercato;
d) gli elementi significativi dei programmi di gestione per gli imballaggi ed i
rifiuti di imballaggio, di cui all'articolo 225, comma 1, e gli elementi
significativi delle specifiche previsioni contenute nei piani regionali ai sensi
dell'articolo 225, comma 6.
4. In conformità alle determinazioni assunte dalla Commissione dell'Unione
europea, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare di
concerto con il Ministro delle attività produttive, sono adottate le misure
tecniche necessarie per l'applicazione delle disposizioni del presente titolo,
con particolare riferimento agli imballaggi pericolosi, anche domestici, nonché
agli imballaggi primari di apparecchiature mediche e prodotti farmaceutici, ai
piccoli imballaggi ed agli imballaggi di lusso. Qualora siano coinvolti aspetti
sanitari, il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro della
salute.
5. Tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le
modalità stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive in conformità
alle determinazioni adottate dalla Commissione dell'Unione europea, per
facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli
imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle
destinazioni finali degli imballaggi. Il predetto decreto dovrà altresì
prescrivere l'obbligo di indicare, ai fini della identificazione e
classificazione dell'imballaggio da parte dell'industria interessata, la natura
dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 97/129/CE
della Commissione.
Art. 220
Obiettivi di recupero e di riciclaggio
1. Per conformarsi ai principi di cui all'articolo 219, i produttori e gli
utilizzatori devono conseguire gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero
dei rifiuti di imballaggio in conformità alla disciplina comunitaria indicati
nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.
2. Per garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio
e di recupero, il Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all'articolo 224
acquisisce da tutti i soggetti che operano nel settore degli imballaggi e dei
rifiuti di imballaggi i dati relativi al riciclaggio e al recupero degli stessi
e(°) comunica annualmente alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti, utilizzando
il modello unico di dichiarazione di cui all'art. 1 della legge 25 gennaio 1994,
n. 70, i dati, riferiti all'anno solare precedente, relativi al quantitativo
degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imballaggio immesso sul
mercato, nonché, per ciascun materiale, la quantità degli imballaggi
riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati provenienti dal
mercato nazionale. Le predette comunicazioni possono essere presentate dai
soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), per coloro i quali
hanno aderito ai sistemi gestionali ivi previsti ed inviate contestualmente al
Consorzio nazionale imballaggi. I rifiuti di imballaggio esportati dalla
Comunità [ai sensi del regolamento (CEE) del 1° febbraio 1993, n. 259, del
Consiglio, del regolamento (CE) 29 aprile 1999, n. 1420, del Consiglio e del
regolamento (CE) 12 luglio 1999, n. 1547, della Commissione](*) sono presi in
considerazione, ai fini dell'adempimento degli obblighi e del conseguimento
degli obiettivi di cui al comma 1, solo se sussiste idonea documentazione
comprovante che l'operazione di recupero e/o di riciclaggio è stata effettuata
con modalità equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione
comunitaria. L'Autorità di cui all'articolo 207, entro centoventi giorni dalla
sua istituzione, redige un elenco dei Paesi extracomunitari in cui le operazioni
di recupero e/o di riciclaggio sono considerate equivalenti a quelle previste al
riguardo dalla legislazione comunitaria, tenendo conto anche di eventuali
decisioni e orientamenti dell'Unione europea in materia.
[3. Le pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano, per motivi ambientali
o in considerazione del rapporto costi-benefici, il recupero energetico ove esso
sia preferibile al riciclaggio, purché non si determini uno scostamento
rilevante rispetto agli obiettivi nazionali di recupero e di riciclaggio.](**)
4. Le pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano, ove opportuno, l'uso
di materiali ottenuti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione
di imballaggi e altri prodotti mediante:
a) il miglioramento delle condizioni di mercato per tali materiali;
b) la revisione delle norme esistenti che impediscono l'uso di tali materiali.
5. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 224, comma 3, lettera e),
qualora gli obiettivi complessivi di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di
imballaggio come fissati al comma 1 non siano raggiunti alla scadenza prevista,
con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare e del Ministro delle attività produttive, alle diverse tipologie
di materiali di imballaggi sono applicate misure di carattere economico,
proporzionate al mancato raggiungimento di singoli obiettivi, il cui introito è
versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato con decreto
del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Dette somme saranno utilizzate per
promuovere la prevenzione, la raccolta differenziata, il riciclaggio e il
recupero dei rifiuti di imballaggio.
6. Gli obiettivi di cui al comma 1 sono riferiti ai rifiuti di imballaggio
generati sul territorio nazionale, nonché a tutti i sistemi di riciclaggio e di
recupero al netto degli scarti e sono adottati ed aggiornati in conformità alla
normativa comunitaria con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive.
7. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle
attività produttive notificano alla Commissione dell'Unione europea, ai sensi e
secondo le modalità di cui agli articoli 12, 16 e 17 della direttiva 94/62/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, la relazione
sull'attuazione delle disposizioni del presente titolo accompagnata dai dati
acquisiti ai sensi del comma 2 e i progetti delle misure che si intendono
adottare nell'ambito del titolo medesimo.
8. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle
attività produttive forniscono periodicamente all'Unione europea e agli altri
Paesi membri i dati sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio secondo le
tabelle e gli schemi adottati dalla Commissione dell'Unione europea con la
decisione 2005/270/CE del 22 marzo 2005.
(°) N.d.R.: Periodo aggiunto dall'art. 5 del D.L. n. 208/2008 (GU n. 304 del 31-12-2008), come modificato in sede di conversione in legge (L. n. 13/2009 pubblicata nella GU n. 49 del 28.2.2009)
(*) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2, c. 30 bis, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(**) N.d.R.: Comma
soppresso dall'art. 2, c. 30 bis, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Art. 221
Obblighi dei produttori e degli utilizzatori
1. I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed
efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio
generati dal consumo dei propri prodotti.
2. Nell'ambito degli obiettivi di cui agli articoli 205 e 220 e del Programma di
cui all'articolo 225, i produttori e gli utilizzatori, su richiesta del gestore
del servizio e secondo quanto previsto dall'accordo di programma di cui
all'articolo 224, comma 5, adempiono all'obbligo del ritiro dei rifiuti di
imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico della stessa
natura e raccolti in modo differenziato. A tal fine, per garantire il necessario
raccordo con l'attività di raccolta differenziata organizzata dalle pubbliche
amministrazioni e per le altre finalità indicate nell'articolo 224, i produttori
e gli utilizzatori partecipano al Consorzio nazionale imballaggi, salvo il caso
in cui venga adottato uno dei sistemi di cui al comma 3, lettere a) e c) del
presente articolo.
3. Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi
della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggio
secondari e terziari su superfici private, e con riferimento all'obbligo del
ritiro, su indicazione del Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo
224, dei rifiuti di imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori
possono alternativamente:
a) organizzare autonomamente, [anche in forma associata,](*) la gestione dei propri
rifiuti di imballaggio su tutto il territorio nazionale;
b) aderire ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223;
c) attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un
sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione
che dimostri l'autosufficienza del sistema, nel rispetto dei criteri e delle
modalità di cui ai commi 5 e 6.
4. Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli
imballaggi usati secondari e terziari e i rifiuti di imballaggio secondari e
terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi
concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i
suddetti imballaggi e rifiuti di imballaggio nei limiti derivanti dai criteri
determinati ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera e). [Fino all'adozione
dei criteri di cui all'articolo 195, comma 2, lettera e), il conferimento degli
imballaggi usati secondari e terziari e dei rifiuti di imballaggio secondari e
terziari al servizio pubblico è ammesso per superfici private non superiori a
150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a diecimila
abitanti, ovvero a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente
superiore a diecimila abitanti.](**)
5. I produttori che non intendono aderire al Consorzio Nazionale Imballaggi e
a un Consorzio di cui all'articolo 223, devono presentare all'Osservatorio
nazionale sui rifiuti il progetto del sistema di cui al comma 3, lettere a) o c)
richiedendone il riconoscimento sulla base di idonea documentazione. Il progetto
va presentato entro novanta giorni dall'assunzione della qualifica di produttore
ai sensi dell'articolo 218, comma 1, lettera r) o prima del recesso da uno dei
suddetti Consorzi. Il recesso e', in ogni caso, efficace solo dal momento in
cui, intervenuto il riconoscimento, l'Osservatorio accerti il funzionamento del
sistema e ne dia comunicazione al Consorzio, permanendo fino a tale momento
l'obbligo di corrispondere il contributo ambientale di cui all'articolo 224,
comma 3, lettera h). Per ottenere il riconoscimento i produttori(***) devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di
efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema sarà effettivamente ed
autonomamente funzionante e che sarà in grado di conseguire, nell'ambito delle
attività svolte, gli obiettivi di recupero e di riciclaggio di cui all'articolo
220. I produttori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti
finali degli imballaggi siano informati sulle modalità del sistema adottato.
L'Osservatorio(****), sulla base dei necessari elementi di valutazione
forniti dal(°)
Consorzio nazionale imballaggi, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta.
In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi
provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Osservatorio(****)
è tenuto a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le
istruttorie esperite. Sono fatti salvi i riconoscimenti già operati ai sensi
della previgente normativa.
6. I produttori di cui al comma 5 elaborano e trasmettono al Consorzio nazionale
imballaggi di cui all'articolo 224 un proprio Programma specifico di prevenzione
che costituisce la base per l'elaborazione del programma generale di cui
all'articolo 225.
7. Entro il 30 settembre di ogni anno i produttori di cui al comma 5 presentano
all'Autorità prevista dall'articolo 207 e al Consorzio nazionale imballaggi un
piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo,
che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione di cui
all'articolo 225.
8. Entro il 31 maggio di ogni anno, i produttori di cui al comma 5 sono inoltre
tenuti a presentare all'Autorità prevista dall'articolo 207 ed al Consorzio
nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all'anno solare
precedente, comprensiva dell'indicazione nominativa degli utilizzatori che, fino
al consumo, partecipano al sistema di cui al comma 3, lettere a) o c), del
programma specifico e dei risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei
rifiuti di imballaggio; nella stessa relazione possono essere evidenziati i
problemi inerenti il raggiungimento degli scopi istituzionali e le eventuali
proposte di adeguamento della normativa.
9. Il mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 5, o la revoca
disposta dall'Autorità, previo avviso all'interessato, qualora i risultati
ottenuti siano insufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all'articolo
220 ovvero siano stati violati gli obblighi previsti dai commi 6 e 7, comportano
per i produttori l'obbligo di partecipare ad uno dei consorzi di cui
all'articolo 223 e, assieme ai propri utilizzatori di ogni livello fino al
consumo, al consorzio previsto dall'articolo 224. I provvedimenti dell'Autorità
sono comunicati ai produttori interessati e al Consorzio nazionale imballaggi.
L'adesione obbligatoria ai consorzi disposta in applicazione del presente comma
ha effetto retroattivo ai soli fini della corresponsione del contributo
ambientale previsto dall'articolo 224, comma 3, lettera h), e dei relativi
interessi di mora. Ai produttori e agli utilizzatori che, entro novanta giorni
dal ricevimento della comunicazione dell'Autorità, non provvedano ad aderire ai
consorzi e a versare le somme a essi dovute si applicano inoltre le sanzioni
previste dall'articolo 261.
10(*****). Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori [i costi per]:
a) i costi per il ritiro degli imballaggi usati e la raccolta dei rifiuti di imballaggio
secondari e terziari;
b) il corrispettivo per i maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti di
imballaggio conferiti al servizio pubblico per i quali l'Autorità d'ambito
richiede al Consorzio nazionale imballaggi o per esso ai soggetti di cui al
comma 3 di procedere al ritiro;
c) i costi per il riutilizzo degli imballaggi usati;
d) i costi per il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio;
e) i costi per lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari.
11. La restituzione di imballaggi usati o di rifiuti di imballaggio, ivi
compreso il conferimento di rifiuti in raccolta differenziata, non deve
comportare oneri economici per il consumatore.
(*) N.d.R.: Parole soppresse dall'art. 2, c. 30 ter, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(**) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2, c. 30 ter, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(***) N.d.R.: Periodo
così sostituito dall'art. 2, c. 25, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"I produttori che non aderiscono al Consorzio nazionale imballaggi e a un consorzio di cui all'articolo 223 devono richiedere all'Autorità di cui all'articolo 207, previa idonea ed esaustiva documentazione, il riconoscimento del sistema adottato ai sensi del comma 3, lettere a) o c), entro novanta giorni dall'assunzione della qualifica di produttore ai sensi dell'articolo 218, comma 1, lettera r) o dal recesso anche solo da uno dei suddetti consorzi; il recesso è efficace decorsi dodici mesi dalla relativa comunicazione. A tal fine i produttori"
(****) N.d.R.: Le parole "L'Autorità" sono state così sostituite dall'art. 2, c. 30 ter, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(*****) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2, c. 30 ter, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(°) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 5 del D.L. n. 208/2008 (GU n. 304 del 31-12-2008), come
modificato in sede di conversione in legge (L. n. 13/2009 pubblicata nella GU n.
49 del 28.2.2009)
Art. 222
Raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione
1. La pubblica amministrazione deve organizzare sistemi adeguati di raccolta
differenziata in modo da permettere al consumatore di conferire al servizio
pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai rifiuti domestici e da altri
tipi di rifiuti di imballaggio. In particolare:
a) deve essere garantita la copertura omogenea del territorio in ciascun ambito
territoriale ottimale, tenuto conto del contesto geografico;
b) la gestione della raccolta differenziata deve essere effettuata secondo
criteri che privilegino l'efficacia, l'efficienza e l'economicità del servizio,
nonché il coordinamento con la gestione di altri rifiuti.
2. Nel caso in cui l'osservatorio nazionale sui rifiuti(*) accerti che le pubbliche
amministrazioni non abbiano attivato sistemi adeguati di raccolta differenziata
dei rifiuti di imballaggio, anche per il raggiungimento degli obiettivi di cui
all'articolo 205, ed in particolare di quelli di recupero e riciclaggio di cui
all'articolo 220, può richiedere al Consorzio nazionale imballaggi di
sostituirsi ai gestori dei servizi di raccolta differenziata, anche avvalendosi
di soggetti pubblici o privati individuati dal Consorzio nazionale imballaggi
medesimo mediante procedure trasparenti e selettive, in via temporanea e
d'urgenza, comunque per un periodo non superiore a ventiquattro mesi, sempre che
ciò avvenga all'interno di ambiti ottimali opportunamente identificati, per
l'organizzazione e/o integrazione del servizio ritenuto insufficiente. Qualora
il Consorzio nazionale imballaggi, per raggiungere gli obiettivi di recupero e
riciclaggio previsti dall'articolo 220, decida di aderire alla richiesta, verrà
al medesimo corrisposto il valore della tariffa applicata per la raccolta dei
rifiuti urbani corrispondente, al netto dei ricavi conseguiti dalla vendita dei
materiali e del corrispettivo dovuto sul ritiro dei rifiuti di imballaggio e
delle frazioni merceologiche omogenee. Ove il Consorzio nazionale imballaggi non
dichiari di accettare entro quindici giorni dalla richiesta, l'Autorità, nei
successivi quindici giorni, individua, mediante procedure trasparenti e
selettive, un soggetto di comprovata e documentata affidabilità e capacità a cui
affidare la raccolta differenziata e conferire i rifiuti di imballaggio in via
temporanea e d'urgenza, fino all'espletamento delle procedure ordinarie di
aggiudicazione del servizio e comunque per un periodo non superiore a dodici
mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi in caso di impossibilità oggettiva e
documentata di aggiudicazione.
3. Le pubbliche amministrazioni incoraggiano, ove opportuno, l'utilizzazione di
materiali provenienti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione
di imballaggi e altri prodotti.
4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle
attività produttive curano la pubblicazione delle misure e degli obiettivi
oggetto delle campagne di informazione di cui all'articolo 224, comma 3, lettera
g).
5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il
Ministro delle attività produttive cura la pubblicazione delle norme nazionali
che recepiscono le norme armonizzate di cui all'articolo 226, comma 3, e ne dà
comunicazione alla Commissione dell'Unione europea.
(*) N.d.R.: Le parole
"Autorità di cui all'articolo 207" sono state così sostituite dall'art. 2, c. 30
terbis, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del
29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Art. 223
Consorzi
1. I produttori che non provvedono ai sensi dell'articolo 221, comma 3,
lettere a) e c), costituiscono un Consorzio per ciascun materiale di imballaggio
di cui all'allegato E della parte quarta del presente decreto, operante su tutto
il territorio nazionale. Ai Consorzi possono partecipare i recuperatori, ed i
riciclatori che non corrispondono alla categoria dei produttori, previo accordo
con gli altri consorziati ed unitamente agli stessi(*)
2. I consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato
senza fine di lucro e sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno
schema tipo, redatto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare di
concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta
Ufficiale entro il 31 dicembre 2008(**), conformemente ai principi del presente decreto e,
in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza,
nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato da
ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare che lo approva nei successivi novanta giorni, con
suo provvedimento adottato di concerto con il Ministro delle attività
produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per
motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con
le relative osservazioni. Entro il 31 dicembre 2008 i Consorzi gia' riconosciuti dalla previgente
normativa adeguano il proprio statuto in conformita' al nuovo schema
tipo e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a
quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicita', nonche' di
libera Concorrenza nelle attivita' di settore, ai sensi dell'articolo
221, comma 2. Nei consigli di amministrazione dei consorzi il numero dei
consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei riciclatori e dei
recuperatori deve essere uguale a quello dei consiglieri di
amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime di
imballaggio. Lo statuto adottato da ciascun Consorzio e' trasmesso entro
quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, salvo
motivate osservazioni cui i Consorzi sono tenuti ad adeguarsi nei
successivi sessanta giorni. Qualora i Consorzi non ottemperino nei termini
prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro dello sviluppo economico.(***) Il decreto ministeriale di
approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
3. I consorzi di cui al comma 1 e 2(****) sono tenuti a garantire l'equilibrio della
propria gestione finanziaria. A tal fine i mezzi finanziari per il funzionamento
dei predetti consorzi derivano dai contributi dei consorziati e dai versamenti
effettuati dal Consorzio nazionale imballaggi ai sensi dell'articolo 224, comma
3, lettera h), secondo le modalità indicate dall'articolo 224, comma 8, dai
proventi della cessione, nel rispetto dei principi della concorrenza e della
corretta gestione ambientale, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio
ripresi, raccolti o ritirati, nonché da altri eventuali proventi e contributi di
consorziati o di terzi.
4. Ciascun Consorzio mette a punto e trasmette al CONAI e all'Osservatorio
nazionale sui rifiuti un proprio programma pluriennale di prevenzione della
produzione di rifiuti d'imballaggio entro il 30 settembre di ogni anno. (*****)
5. Entro il 30 settembre di ogni anno i consorzi di cui al presente articolo
presentano all'Osservatorio nazionale sui rifiuti(******) e al Consorzio nazionale
imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare
successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione.
6. Entro il 31 maggio di ogni anno, i consorzi di cui al presente articolo sono
inoltre tenuti a presentare all'Osservatorio nazionale sui rifiuti(******) di cui all'articolo 207 ed al Consorzio
nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all'anno precedente,
con l'indicazione nominativa dei consorziati, il programma specifico ed i
risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio.
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2, c. 30 quater, del d.lgs. n. 4
del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario
n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la ripresa degli imballaggi usati, la raccolta dei rifiuti di imballaggi secondari e terziari su superfici private e il ritiro, su indicazione del Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224, dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico, nonché il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggio secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità e trasparenza, i produttori che non provvedono ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), costituiscono uno o più consorzi per ciascun materiale di imballaggio operanti su tutto il territorio nazionale. Ai consorzi di cui al presente comma possono partecipare i recuperatori e i riciclatori che non corrispondono alla categoria dei produttori, previo accordo con gli altri consorziati ed unitamente agli stessi."
(**) N.d.R.: Il termine di "centottatta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto" è stato così prorogato dall'art. 2, c. 30 quater, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(***) N.d.R.: Periodo
così sostituito dall'art. 2, c. 30 quater, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"I consorzi già riconosciuti ai sensi della previgente normativa sono tenuti ad adeguare il loro statuto in conformità al nuovo schema tipo entro centoventi giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale."
(****) N.d.R.: Le parole " e 2" sono state aggiunte dall'art. 2, c. 30 quater, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(*****) N.d.R.: Comma
così sostituito dall'art. 2, c. 30 quater, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"4. Ciascun consorzio mette a punto e trasmette al Consorzio nazionale imballaggi ed all'Autorità di cui all'articolo 207 un proprio Programma specifico di prevenzione che costituisce la base per l'elaborazione del programma generale di cui all'articolo 225."
(******) N.d.R.: Le
parole "Autorità di cui all'articolo 207" sono state così sostituite dall'art.
2, c. 30 quater, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n.
24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Art. 224
Consorzio nazionale imballaggi
1. Per il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio e
per garantire il necessario coordinamento dell'attività di raccolta
differenziata, i produttori e gli utilizzatori, nel rispetto di quanto previsto
dall'articolo 221, comma 2, partecipano in forma paritaria al Consorzio
nazionale imballaggi, in seguito denominato CONAI, che ha personalità giuridica
di diritto privato senza fine di lucro ed è retto da uno statuto approvato con
decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con
il Ministro delle attività produttive.
2. Entro il 30 giugno 2008(*), il CONAI adegua il proprio statuto ai principi contenuti
nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia,
efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di
settore, ai sensi dell'articolo 221, comma 2. Lo statuto adottato è trasmesso
entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare che lo approva di concerto con il Ministro delle attività produttive, salvo
motivate osservazioni cui il CONAI è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta
giorni. Qualora il CONAI non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo
statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive.
3. Il CONAI svolge le seguenti funzioni:
a) definisce, in accordo con le regioni e con le pubbliche amministrazioni
interessate, gli ambiti territoriali in cui rendere operante un sistema
integrato che comprenda la raccolta, la selezione e il trasporto dei materiali
selezionati a centri di raccolta o di smistamento;
b) definisce, con le pubbliche amministrazioni appartenenti ai singoli sistemi
integrati di cui alla lettera a), le condizioni generali di ritiro da parte dei
produttori dei rifiuti selezionati provenienti dalla raccolta differenziata;
c) elabora ed aggiorna, valutati i(**) programmi specifici di prevenzione di cui
agli articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il Programma generale per la
prevenzione e la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio di cui
all'articolo 225;
d) promuove accordi di programma con gli operatori economici per favorire il
riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio e ne garantisce
l'attuazione;
e) assicura la necessaria cooperazione tra i consorzi di cui all'articolo 223, i
soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e gli altri operatori
economici, anche eventualmente destinando una quota del contributo ambientale
CONAI, di cui alla lettera h), ai consorzi che realizzano percentuali di
recupero o di riciclo superiori a quelle minime indicate nel Programma generale,
al fine del conseguimento degli obiettivi globali di cui all'Allegato E alla
parte quarta del presente decreto. Ai consorzi che non raggiungono i singoli
obiettivi di recupero e' in ogni caso ridotta la quota del contributo ambientale
ad essi riconosciuto dal Conai(***).
f) indirizza e(****) garantisce il necessario raccordo tra le amministrazioni pubbliche, i
consorzi e gli altri operatori economici;
g) organizza, in accordo con le pubbliche amministrazioni, le campagne di
informazione ritenute utili ai fini dell'attuazione del Programma generale;
h) ripartisce tra i produttori e gli utilizzatori il corrispettivo per i
maggiori oneri(*****) della
raccolta differenziata di cui all'articolo 221, comma 10, lettera b), nonché gli
oneri per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggio conferiti
al servizio di raccolta differenziata, in proporzione alla quantità totale, al
peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato
nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell'anno
precedente per ciascuna tipologia di materiale. A tal fine determina e pone a
carico dei consorziati, con le modalità individuate dallo statuto, anche in base
alle utilizzazioni e ai criteri di cui al comma 8, il contributo denominato
contributo ambientale CONAI;
i) promuove il coordinamento con la gestione di altri rifiuti previsto
dall'articolo 222, comma 1, lettera b), anche definendone gli ambiti di
applicazione;
l) promuove la conclusione, su base volontaria, di accordi tra i consorzi di cui
all'articolo 223 e i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c),
con soggetti pubblici e privati. Tali accordi sono relativi alla gestione
ambientale della medesima tipologia di materiale oggetto dell'intervento dei
consorzi con riguardo agli imballaggi, esclusa in ogni caso l'utilizzazione del
contributo ambientale CONAI;
m) fornisce i dati e le informazioni richieste dall'Autorità di cui all'articolo
207 e assicura l'osservanza degli indirizzi da questa tracciati.
n) acquisisce da enti
pubblici o privati, nazionali o esteri, i dati relativi ai flussi degli
imballaggi in entrata e in uscita dal territorio nazionale e i dati degli
operatori economici coinvolti. Il conferimento di tali dati al CONAI e la
raccolta, l'elaborazione e l'utilizzo degli stessi da parte di questo si
considerano, ai fini di quanto previsto dall'articolo 178, comma 1, di rilevante
interesse pubblico ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196.(******)
4. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio,
gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal CONAI e dai consorzi di cui
all'articolo 223 nelle riserve costituenti il loro patrimonio netto non
concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il
divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati ed agli aderenti
di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei predetti sistemi
gestionali, dei consorzi e del CONAI.
5. Il CONAI può stipulare un accordo di programma quadro su base nazionale con
l'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI), con l'Unione delle province
italiane (UPI) o con le Autorità d'ambito al fine di garantire l'attuazione del
principio di corresponsabilità gestionale tra produttori, utilizzatori e
pubbliche amministrazioni. In particolare, tale accordo stabilisce:
a) l'entità dei maggiori oneri per la raccolta differenziata dei rifiuti di
imballaggio, di cui all'articolo 221, comma 10, lettera b), da versare alle
competenti pubbliche amministrazioni, determinati secondo criteri di efficienza,
efficacia, economicità e trasparenza di gestione del servizio medesimo, nonché
sulla base della tariffa di cui all'articolo 238, dalla data di entrata in
vigore della stessa;
b) gli obblighi e le sanzioni posti a carico delle parti contraenti;
c) le modalità di raccolta dei rifiuti da imballaggio in relazione alle esigenze
delle attività di riciclaggio e di recupero.
6. L'accordo di programma di cui al comma 5 è trasmesso all'Autorità di cui
all'articolo 207, che può richiedere eventuali modifiche ed integrazioni entro i
successivi sessanta giorni.
7. Ai fini della ripartizione dei costi di cui al comma 3, lettera h), sono
esclusi dal calcolo gli imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato previa
cauzione.
8. Il contributo ambientale del Conai e' utilizzato in
via prioritaria per il ritiro degli imballaggi primari o comunque
conferiti al servizio pubblico e, in via accessoria, per
l'organizzazione dei sistemi di raccolta, recupero e riciclaggio dei
rifiuti di imballaggio secondari e terziari. A tali fini, tale
contributo e' attribuito dal Conai, sulla base di apposite convenzioni,
ai soggetti di cui all'articolo 223, in proporzione alla quantita'
totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi
sul mercato nazionale, al netto delle quantita' di imballaggi usati
riutilizzati nell'anno precedente per ciascuna tipologia di materiale.
(*******) Il CONAI provvede ai mezzi finanziari necessari per lo svolgimento delle proprie
funzioni con i proventi dell'attività, con i contributi dei consorziati e con
una quota del contributo ambientale CONAI, determinata nella misura necessaria a
far fronte alle spese derivanti dall'espletamento, nel rispetto dei criteri di
contenimento dei costi e di efficienza della gestione, delle funzioni
conferitegli dal presente titolo nonche' con
altri contributi e proventi di consorziati e di terzi, compresi quelli
dei soggetti di cui all'articolo 221, lettere a) e c), per le attivita'
svolte in loro favore in adempimento alle prescrizioni di legge.(********)
9. L'applicazione del contributo ambientale CONAI esclude l'assoggettamento del
medesimo bene e delle materie prime che lo costituiscono ad altri contributi con
finalità ambientali previsti dalla parte quarta del presente decreto o comunque
istituiti in applicazione del presente decreto.
10. Al Consiglio di amministrazione del CONAI partecipa con diritto di voto un
rappresentante dei consumatori indicato dal Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare e dal Ministro delle attività produttive.
[11. Al Consiglio di amministrazione del CONAI non possono partecipare gli
amministratori ai quali siano attribuite deleghe operative ed i titolari di
cariche direttive degli organismi di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a)
e c), e 223.](*********)
12. In caso di mancata stipula dell'accordo di cui al comma 5, entro novanta
giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare invita le parti a trovare un'intesa entro
sessanta giorni, decorsi i quali senza esito positivo, provvede direttamente,
d'intesa con Ministro dello sviluppo economico, a definire il corrispettivo di
cui alla lettera a) del comma 5. L'accordo di cui al comma 5 e' sottoscritto,
per le specifiche condizioni tecniche ed economiche relative al ritiro dei
rifiuti di ciascun materiale d'imballaggio, anche dal competente Consorzio di
cui all'articolo 223. Nel caso in cui uno di questi Consorzi non lo sottoscriva
e/o non raggiunga le intese necessarie con gli enti locali per il ritiro dei
rifiuti d'imballaggio, il Conai subentra nella conclusione delle convenzioni
locali al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di
riciclaggio previsti dall'articolo 220 (**********)
13. Nel caso siano superati, a livello nazionale, gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio indicati nel programma generale di prevenzione e gestione degli imballaggi di cui all'articolo 225, il CONAI adotta, nell'ambito delle proprie disponibilità finanziarie, forme particolari di incentivo per il ritiro dei rifiuti di imballaggi nelle aree geografiche che non abbiano ancora raggiunto gli obiettivi di raccolta differenziata di cui all'articolo 205, comma 1, entro i limiti massimi di riciclaggio previsti dall'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.
(*) N.d.R.: l'originario termine di centottanta giorni è stato una prima volta prorogato a 12 mesi dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo dall'art. 1, c. 6 del Decreto Legislativo 8 novembre 2006 n. 284 (G.U. n. 274 del 24/11/2006); è stato quindi ulteriormente prorogato a 24 mesi dalla medesima data di entrata in vigore, per effetto dell'art. 5 del D.L. 28 dicembre 2006 n. 300 - cd. "Decreto milleproroghe" (G.U. n. 300 del28/12/2006), come modificato in sede di conversione in L. n. 17/2007 (G.U. n. 47 del 26.2.2007, S.O. n. 48). L'attuale termine del 30 giugno 2008 è stato previsto dall'2, c. 30 quinquies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(**) N.d.R.: Le parola "sulla base dei" sono state così modificate dall'art. 2, c. 30 quinquies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(***) N.d.R.: Periodo
così sostituito dall'art. 2, c. 30 quinquies del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio
2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"Nella medesima misura è ridotta la quota del
contributo spettante ai consorzi che non raggiungono i singoli obiettivi di
recupero;"
(****) N.d.R.: Le parole "indirizza e" sono state aggiunte dall'art. 2, c. 30 quinquies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(*****) N.d.R.: Le parole "i maggiori oneri per la" sono state così modificate dall'art. 2, c. 30 quinquies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(******) N.d.R.: Lettera aggiunta dall'art. 2, c. 30 quinquies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(*******) N.d.R.:
Periodo così sostituiti dall'art. 2, c. 30 quinquies, del d.lgs. n. 4 del 16
gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"Il contributo ambientale CONAI è utilizzato in via prioritaria per il ritiro degli imballaggi primari o comunque conferiti al servizio pubblico ed è attribuito dal CONAI, sulla base di apposite convenzioni, ai soggetti di cui all'articolo 223 in proporzione diretta alla quantità e qualità dei rifiuti da imballaggio recuperati oppure riciclati e tenendo conto della quantità e tipologia degli imballaggi immessi sul territorio nazionale. Al fine della ulteriore utilizzazione del contributo, il CONAI stipula, con i soggetti di cui all'articolo 223, accordi per l'organizzazione dei sistemi di raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari. E' fatto obbligo al CONAI ed ai soggetti di cui all'articolo 223 di adottare uno specifico sistema contabile che distingua la quota del contributo ambientale CONAI utilizzata per il ritiro, il riciclo ed il recupero degli imballaggi primari, o comunque conferiti al servizio pubblico, da quella utilizzata per imballaggi secondari e terziari ritirati, riciclati o recuperati da superficie privata."
(********) N.d.R.: Periodo aggiunto dall'art. 2, c. 30 quinquies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(*********) N.d.R.: Lettera soppressa dall'art. 2, c. 30 quinquies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(**********) N.d.R.:
Comma così sostituito dall'art. 2, c. 30 quinquies, del d.lgs. n. 4 del 16
gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"12. In caso di
mancata stipula degli accordi di cui ai commi 3 e 5, il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività
produttive può determinare con proprio decreto l'entità dei maggiori oneri per
la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, di cui all'articolo 221,
comma 10, lettera b), a carico dei produttori e degli utilizzatori, nonché le
condizioni e le modalità di ritiro dei rifiuti stessi da parte dei produttori.
Qualora tali accordi siano conclusi dal CONAI e uno o più dei soggetti di cui
all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), o uno o più consorzi di cui
all'articolo 223 non vi aderiscano o non concludano con le competenti
amministrazioni pubbliche, che lo richiedano, le convenzioni locali per il
ritiro dei rifiuti di imballaggio alle condizioni stabilite dall'accordo
concluso con il CONAI, il CONAI medesimo può subentrare a tali soggetti nella
conclusione delle convenzioni locali, se necessario per raggiungere gli
obiettivi di recupero e di riciclaggio previsti dall'articolo 220."
Art. 225
Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e
dei rifiuti di imballaggio
1. Sulla base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221,
comma 6, e 223, comma 4, il CONAI elabora annualmente un Programma generale di
prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio che
individua, con riferimento alle singole tipologie di materiale di imballaggio,
le misure per conseguire i seguenti obiettivi:
a) prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio;
b) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio
riciclabili rispetto alla quantità di imballaggi non riciclabili;
c) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio
riutilizzabili rispetto alla quantità di imballaggi non riutilizzabili;
d) miglioramento delle caratteristiche dell'imballaggio allo scopo di permettere
ad esso di sopportare più tragitti o rotazioni nelle condizioni di utilizzo
normalmente prevedibili;
e) realizzazione degli obiettivi di recupero e riciclaggio.
2. Il Programma generale di prevenzione determina, inoltre:
a) la percentuale in peso di ciascuna tipologia di rifiuti di imballaggio da
recuperare ogni cinque anni e, nell'ambito di questo obiettivo globale, sulla
base della stessa scadenza, la percentuale in peso da riciclare delle singole
tipologie di materiali di imballaggio, con un minimo percentuale in peso per
ciascun materiale;
b) gli obiettivi intermedi di recupero e riciclaggio rispetto agli obiettivi di
cui alla lettera a).
3. Entro il 30 novembre di ogni anno il CONAI trasmette all'Osservatorio
nazionale sui rifiuti(*) di cui
all'articolo 207 un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno
solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e
gestione.
4. La relazione generale consuntiva relativa all'anno solare precedente è
trasmessa per il parere all'Autorità di cui all'articolo 207, entro il 30 giugno
di ogni anno. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare e del Ministro delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano e l'ANCI si provvede alla approvazione ed alle eventuali
modificazioni e integrazioni del Programma generale di prevenzione e di gestione
degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio.
5. Nel caso in cui il Programma generale non sia predisposto, lo stesso è
elaborato in via sostitutiva dall'Osservatorio nazionale sui rifiuti(*) di cui all'articolo 207. In tal caso
gli obiettivi di recupero e riciclaggio sono quelli massimi previsti
dall'allegato E alla parte quarta del presente decreto.
6. I piani regionali di cui all'articolo 199 sono integrati con specifiche
previsioni per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sulla
base del programma di cui al presente articolo.
(*) N.d.R.: Le parole
"Autorità di cui all'articolo 207" sono state così sostituite dall'art. 2, c. 30
quinquiesbis, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24
del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Art. 226
Divieti
1. É vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori
recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione,
riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio.
2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 221, comma 4, è vietato
immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi
terziari di qualsiasi natura. Eventuali imballaggi secondari non restituiti
all'utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al
servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata
attivata nei limiti previsti dall'articolo 221, comma 4.
3. Possono essere commercializzati solo imballaggi rispondenti agli standard
europei fissati dal Comitato europeo normalizzazione in conformità ai requisiti
essenziali stabiliti dall'art. 9 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio del 20 dicembre 1994. Con decreto del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività
produttive sono aggiornati i predetti standard, tenuto conto della comunicazione
della Commissione europea 2005/C44/13. Sino all'emanazione del predetto decreto
si applica l'Allegato F alla parte quarta del presente decreto.
4. È vietato immettere sul mercato imballaggi o componenti di imballaggio, ad
eccezione degli imballaggi interamente costituiti di cristallo, con livelli
totali di concentrazione di piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente
superiore a 100 parti per milione (ppm) in peso. Per gli imballaggi in vetro si
applica la decisione 2001/171/CE del 19 febbraio 2001 e per gli imballaggi in
plastica si applica la decisione 1999/177/CE del 8 febbraio 1999.
5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di
concerto con il Ministro delle attività produttive sono determinate, in
conformità alle decisioni dell'Unione europea:
a) le condizioni alle quali i livelli di concentrazione di cui al comma 4 non si
applicano ai materiali riciclati e ai circuiti di produzione localizzati in una
catena chiusa e controllata;
b) le tipologie di imballaggio esonerate dal requisito di cui al comma 4.
TITOLO III - GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI
Art. 227
Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti sanitari, veicoli fuori
uso e prodotti contenenti amianto
1. Restano ferme le disposizioni speciali, nazionali e comunitarie relative
alle altre tipologie di rifiuti, ed in particolare quelle riguardanti:
a) rifiuti elettrici ed elettronici: direttiva 2000/53/CE, direttiva 2002/95/CE
e direttiva 2003/108/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 25 luglio
2005, n. 151. Relativamente alla data di entrata in vigore delle singole
disposizioni del citato provvedimento, nelle more dell'entrata in vigore di tali
disposizioni, continua ad applicarsi la disciplina di cui all'art. 44 del
decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
b) rifiuti sanitari: decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n.
254;
c) veicoli fuori uso: direttiva 2000/53/CE e decreto legislativo 24 giugno 2003,
n. 209, ferma restando la ripartizione degli oneri, a carico degli operatori
economici, per il ritiro e trattamento dei veicoli fuori uso in conformità a
quanto previsto dall'art. 5, comma 4, della citata direttiva 2000/53/CE;
Art. 228
Pneumatici fuori uso
1. Fermo restando il disposto di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003,
n. 209, nonché il disposto di cui agli articoli 179 e 180 del presente
decreto, al fine di garantire il
perseguimento di finalita' di tutela ambientale secondo le migliori tecniche
disponibili, ottimizzando, anche tramite attivita' di(*) ricerca, sviluppo e
formazione,
il recupero dei pneumatici fuori uso e per ridurne la
formazione anche attraverso la ricostruzione è fatto obbligo ai produttori e
importatori di pneumatici di provvedere, singolarmente o in forma associata e
con periodicità almeno annuale, alla gestione di quantitativi di pneumatici
fuori uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla
vendita sul territorio nazionale, provvedendo anche ad attivita' di ricerca,
sviluppo e formazione finalizzata ad ottimizzare la gestione dei pneumatici
fuori uso nel rispetto dell'articolo 177, comma 1(*).
2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare,
d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi nel termine di giorni
centoventi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente
decreto, sono disciplinati i tempi e le modalità attuative dell'obbligo di cui
al comma 1. In tutte le fasi della commercializzazione dei pneumatici è indicato
in fattura il contributo a carico degli utenti finali necessario, anche in
relazione alle diverse tipologie di pneumatici, per far fronte agli oneri
derivanti dall'obbligo di cui al comma 1.
3. Il trasferimento all'eventuale struttura operativa associata, da parte dei
produttori e importatori di pneumatici che ne fanno parte, delle somme
corrispondenti al contributo per la gestione(*), calcolato sul quantitativo di
pneumatici immessi sul mercato nell'anno precedente costituisce adempimento
dell'obbligo di cui al comma 1 con esenzione del produttore o importatore da
ogni relativa responsabilità.
4. I produttori e gli importatori di pneumatici inadempienti agli obblighi di
cui al comma 1 sono assoggettati ad una sanzione amministrativa pecuniaria
proporzionata alla gravità dell'inadempimento, comunque non superiore al doppio
del contributo incassato per il periodo considerato.
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 32 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
[Art. 229
Combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità
elevata - cdr e cdr-q(°)
1. Ai sensi e per gli effetti della parte quarta del presente decreto, il
combustibile da rifiuti (Cdr), di seguito Cdr, e il combustibile da
rifiuti di qualita' elevata (CDR-Q) di seguito CDR-Q, come definito
dall'articolo 183, comma 1, lettera s), sono classificati come rifiuto
speciale.(*)
[2. Ferma restando l'applicazione della disciplina di cui al presente articolo, è
escluso dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto il
combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q), di seguito CDR-Q, come
definito dall'articolo 183, comma 1, lettera s), prodotto nell'ambito di un
processo produttivo che adotta un sistema di gestione per la qualità basato
sullo standard UNI-EN ISO 9001 e destinato all'effettivo utilizzo in
co-combustione, come definita dall'articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto
del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 11 novembre 1999,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 14 dicembre 1999, in impianti di
produzione di energia elettrica e in cementifici, come specificato nel decreto
del presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 60 del 12 marzo 2002. Il Governo è autorizzato ad
apportare le conseguenti modifiche al citato decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002.](****)
3. La produzione del CDR e del CDR-Q deve avvenire nel rispetto della gerarchia
del trattamento dei rifiuti e rimane comunque subordinata al rilascio delle
autorizzazioni alla costruzione e all'esercizio dell'impianto previste dalla
parte quarta del presente decreto. Nella produzione del CDR e del CDR-Q è
ammesso per una percentuale massima del cinquanta per cento in peso l'impiego di
rifiuti speciali non pericolosi. Per la produzione e l'impiego del CDR è ammesso
il ricorso alle procedure semplificate di cui agli articoli 214 e 216.
4. Ai fini della costruzione e dell'esercizio degli impianti di incenerimento o
coincenerimento che utilizzano il CDR si applicano le specifiche disposizioni,
comunitarie e nazionali, in materia di autorizzazione integrata ambientale e di
incenerimento dei rifiuti. Per la costruzione e per l'esercizio degli impianti
di produzione di energia elettrica e per i cementifici che utilizzano CDR-Q si
applica la specifica normativa di settore. [Le modalità per l'utilizzo del CDR-Q
sono definite dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8
marzo 2002.](***)
[5. Il CDR-Q è fonte rinnovabile, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera a), del
decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in misura proporzionale alla
frazione biodegradabile in esso contenuta.](****)
[6. Il CDR e il CDR-Q beneficiano del regime di incentivazione di cui all'art.
17, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387].(**)](°)
(°) N.d.R.: Articolo abrogato dall'art. 39, c. 3 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante: "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n.288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n. 269.
(*) N.d.R.: Comma così
sostituito dall'art. 2, c. 40, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato
nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"1. Ai sensi e per gli effetti della parte quarta del presente decreto, il
combustibile da rifiuti (CDR), di seguito CDR, come definito dall'articolo 183,
comma 1, lettera r), è classificato come rifiuto speciale."
(**) Nota: Comma
abrogato dall'art. 1, comma 1120 della Finanziaria 2007 (Legge 27 dicembre 2006,
n. 296 pubblicata nella GU n. 299 del 27.12.2006 - S. O. n.244). L'abrogazione è
stata ribadita dall'art. 2, c. 41, del del d.lgs.
n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl.
Ordinario n.24
(***)
N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2, c. 41, del d.lgs. n. 4 del
16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario
n.24
(****) N.d.R.: Comma soppresso dall'art. 2, c.
41, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del
29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Art. 230
Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture
1. Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle
infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell'infrastruttura a rete e
degli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o
tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l'attività
manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui
competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di
manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto
d'opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata
all'individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente
riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento.
1-bis. I rifiuti
derivanti dalla attivita' di raccolta e pulizia delle infrastrutture
autostradali, con esclusione di quelli prodotti dagli impianti per l'erogazione
di forniture e servizi di interesse pubblico o da altre attivita' economiche,
sono raccolti direttamente dal gestore della infrastruttura a rete che provvede
alla consegna a gestori del servizio dei rifiuti solidi urbani.(*)
2. La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 è
eseguita non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori. La
documentazione relativa alla valutazione tecnica è conservata, unitamente ai
registri di carico e scarico, per cinque anni.
3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti derivanti da
attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico
servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle
infrastrutture di cui al comma 1.
4. Fermo restando quanto previsto nell'articolo 190, comma 3, i registri di
carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dai soggetti e dalle attività di
cui al presente articolo possono essere tenuti nel luogo di produzione dei
rifiuti così come definito dal comma 1.
5. I rifiuti provenienti dalle attivita' di pulizia manutentiva delle reti
fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati,
si considerano prodotti dal soggetto che svolge l'attivita' di pulizia
manutentiva. Tali rifiuti potranno essere conferiti direttamente ad impianti di
smaltimento o recupero o, in alternativa, raggruppati temporaneamente presso la
sede o unita' locale del soggetto che svolge l'attivita' di pulizia manutentiva.
I soggetti che svolgono attivita' di pulizia manutentiva delle reti fognarie
aderiscono al sistema SISTRI ai sensi dell'articolo dell'art. 188-ter, comma 1,
lettera f). Il soggetto che svolge l'attivita' di pulizia manutentiva e'
comunque tenuto all'iscrizione all'Albo dei gestori ambientali, prevista
dall'articolo 212, comma 5, per lo svolgimento delle attivita' di raccolta e
trasporto di rifiuti(**)
(*) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 2, c. 30 quinquiester, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(**) N.d.R.: Comma
così sostituito dall'art. 33 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205,
recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga
alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario
n.269.
Art. 231
Veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno
2003, n. 209
1. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio, con esclusione di
quelli disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2002, n. 209, che intenda
procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo ad un centro di
raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e
la rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 208, 209 e 210. Tali centri
di raccolta possono ricevere anche rifiuti costituiti da parti di veicoli a
motore.
2. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio di cui al comma 1
destinato alla demolizione può altresì consegnarlo ai concessionari o alle
succursali delle case costruttrici per la consegna successiva ai centri di cui
al comma 1, qualora intenda cedere il predetto veicolo o rimorchio per
acquistarne un altro.
3. I veicoli a motore o i rimorchi di cui al comma 1 rinvenuti da organi
pubblici o non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai
sensi degli articoli 927, 928, 929 e 923 del codice civile sono conferiti ai
centri di raccolta di cui al comma 1 nei casi e con le procedure determinate con
decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri dell'economia e
delle finanze, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle
infrastrutture e dei trasporti. Fino all'adozione di tale decreto, trova
applicazione il decreto 22 ottobre 1999, n. 460.
4. I centri di raccolta ovvero i concessionari o le succursali delle case
costruttrici rilasciano al proprietario del veicolo o del rimorchio consegnato
per la demolizione un certificato dal quale deve risultare la data della
consegna, gli estremi dell'autorizzazione del centro, le generalità del
proprietario e gli estremi di identificazione del veicolo, nonché l'assunzione,
da parte del gestore del centro stesso ovvero del concessionario o del titolare
della succursale, dell'impegno a provvedere direttamente alle pratiche di
cancellazione dal Pubblico registro automobilistico (PRA).
5. La cancellazione dal PRA dei veicoli e dei rimorchi avviati a demolizione
avviene esclusivamente a cura del titolare del centro di raccolta o del
concessionario o del titolare della succursale senza oneri di agenzia a carico
del proprietario del veicolo o del rimorchio. A tal fine, entro novanta giorni
dalla consegna del veicolo o del rimorchio da parte del proprietario, il gestore
del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale deve
comunicare l'avvenuta consegna per la demolizione del veicolo e consegnare il
certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe al competente
Ufficio del PRA che provvede ai sensi e per gli effetti dell'art. 103, comma 1,
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
6. Il possesso del certificato di cui al comma 4 libera il proprietario del
veicolo dalla responsabilità civile, penale e amministrativa connessa con la
proprietà dello stesso.
7. I gestori dei centri di raccolta, i concessionari e i titolari delle
succursali delle case costruttrici di cui ai commi 1 e 2 non possono alienare,
smontare o distruggere i veicoli a motore e i rimorchi da avviare allo
smontaggio ed alla successiva riduzione in rottami senza aver prima adempiuto ai
compiti di cui al comma 5.
8. Gli estremi della ricevuta dell'avvenuta denuncia e consegna delle targhe e
dei documenti agli uffici competenti devono essere annotati sull'apposito
registro di entrata e di uscita dei veicoli da tenersi secondo le norme del
regolamento di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
9. Agli stessi obblighi di cui ai commi 7 e 8 sono soggetti i responsabili dei
centri di raccolta o altri luoghi di custodia di veicoli rimossi ai sensi
dell'art. 159 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nel caso di
demolizione del veicolo ai sensi dell'art. 215, comma 4 del predetto decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
10. È consentito il commercio delle parti di ricambio recuperate dalla
demolizione dei veicoli a motore o dei rimorchi ad esclusione di quelle che
abbiano attinenza con la sicurezza dei veicoli. L'origine delle parti di
ricambio immesse alla vendita deve risultare dalle fatture e dalle ricevute
rilasciate al cliente.
11. Le parti di ricambio attinenti alla sicurezza dei veicoli sono cedute solo
agli esercenti l'attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992,
n. 122, e, per poter essere utilizzate, ciascuna impresa di autoriparazione è
tenuta a certificarne l'idoneità e la funzionalità.
12. L'utilizzazione delle parti di ricambio di cui ai commi 10 e 11 da parte
delle imprese esercenti attività di autoriparazione deve risultare dalle fatture
rilasciate al cliente.
13. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del
presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di
concerto con i Ministri delle attività produttive e delle infrastrutture e dei
trasporti, emana le norme tecniche relative alle caratteristiche degli impianti
di demolizione, alle operazioni di messa in sicurezza e all'individuazione delle
parti di ricambio attinenti la sicurezza di cui al comma 11. Fino all'adozione
di tale decreto, si applicano i requisiti relativi ai centri di raccolta e le
modalità di trattamento dei veicoli di cui all'Allegato I del decreto
legislativo 24 giugno 2003, n. 209.
Art. 232
Rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico
1. La disciplina di carattere nazionale relativa ai rifiuti prodotti dalle
navi ed ai residui di carico è contenuta nel decreto legislativo 24 giugno 2003
n. 182.
2. Gli impianti che ricevono acque di sentina già sottoposte a un trattamento
preliminare in impianti autorizzati ai sensi della legislazione vigente possono
accedere alle procedure semplificate di cui al decreto 17 novembre 2005, n. 269,
fermo restando che le materie prime e i prodotti ottenuti devono possedere le
caratteristiche indicate al punto 6.6.4 dell'Allegato 3 del predetto decreto,
come modificato dal comma 3 del presente articolo.
3. Ai punti 2.4 dell'Allegato 1 e 6.6.4 dell'Allegato 3 del decreto 17 novembre
2005, n. 269 la congiunzione: "e" è sostituita dalla disgiunzione: "o".
Art. 233
Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei
grassi vegetali ed animali esausti(*)
1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione degli oli e dei grassi
vegetali e animali esausti, tutti gli operatori della filiera costituiscono un
Consorzio. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di
cui all'articolo 237.
2. il Consorzio di cui al comma 1, gia' riconosciuto dalla previgente
normativa, ha personalita' giuridica di diritto privato senza scopo di
lucro e adegua il proprio statuto in conformita' allo schema tipo
approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro
centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai
principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di
trasparenza, efficacia, efficienza ed economicita', nonche' di libera
concorrenza nelle attivita' di settore. Nel consiglio di amministrazione
del Consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei
raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei
consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie
prime. Lo statuto adottato dal consorzio e' trasmesso entro quindici giorni al
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva
di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate
osservazioni cui il Consorzio e' tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta
giorni. Qualora il Consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche
allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico; il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del Consorzio
e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.(**)
3. Il consorzio svolge per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
a) assicura la raccolta presso i soggetti di cui al comma 12, il trasporto, lo
stoccaggio, il trattamento e il recupero degli oli e dei grassi vegetali e
animali esausti;
b) assicura, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di
inquinamento, lo smaltimento di oli e grassi vegetali e animali esausti raccolti
dei quali non sia possibile o conveniente la rigenerazione;
c) promuove lo svolgimento di indagini di mercato e di studi di settore al
fine di migliorare, economicamente e tecnicamente, il ciclo di raccolta,
trasporto, stoccaggio, trattamento e recupero degli oli e grassi vegetali e
animali esausti.
4. Le deliberazioni degli organi del consorzio, adottate in relazione alle
finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono
vincolanti per tutte le imprese partecipanti.
5. Partecipano al consorzio:
a) le imprese che producono, importano o detengono oli e grassi vegetali ed
animali esausti;
b) le imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e animali
esausti;
c) le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio di oli e
grassi vegetali e animali esausti;
d) eventualmente, le imprese che abbiano versato contributi di riciclaggio ai
sensi del comma 10, lettera d).
6. Le quote di partecipazione al consorzio sono determinate in base al rapporto
tra la capacità produttiva di ciascun consorziato e la capacità produttiva
complessivamente sviluppata da tutti i consorziati appartenenti alla medesima
categoria.
7. La determinazione e l'assegnazione delle quote compete al consiglio di
amministrazione del consorzio che vi provvede annualmente secondo quanto
stabilito dallo statuto.
8. Nel caso di incapacità o di impossibilità di adempiere, per mezzo delle
stesse imprese consorziate, agli obblighi di raccolta, trasporto, stoccaggio,
trattamento e riutilizzo degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti
stabiliti dalla parte quarta del presente decreto, il consorzio può, nei limiti
e nei modi determinati dallo statuto, stipulare con le imprese pubbliche e
private contratti per l'assolvimento degli obblighi medesimi.
9. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono, entro
centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto
tipo ai sensi del comma 2, organizzare autonomamente, [anche in forma associata,](***)
la gestione degli oli e grassi vegetali e animali esausti su tutto il territorio
nazionale. In tale ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all'Autorità
di cui all'articolo 207, previa trasmissione di idonea documentazione, il
riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono
dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza,
efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente
funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte,
gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre
garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle
modalità del sistema adottato. L'Autorità, dopo aver acquisito i necessari
elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In
caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi
provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Autorità
è tenuta a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le
istruttorie esperite.
10. Il consorzio sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione
finanziaria. Le risorse finanziarie del consorzio sono costituite:
a) dai proventi delle attività svolte dal consorzio;
b) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
c) dalle quote consortili;
d) dal contributo ambientale(****) a carico dei produttori e degli
importatori di oli e grassi vegetali e animali per uso alimentare destinati al
mercato interno e ricadenti nelle finalità consortili di cui al comma 1,
determinati annualmente con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, al fine
di garantire l'equilibrio di gestione del consorzio.
11. Il consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 9 trasmettono
annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al
Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro
sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni
anno, tali soggetti presentano agli stessi Ministri una relazione tecnica
sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti
nell'anno solare precedente.
12. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
del decreto di approvazione dello Statuto di cui al comma 2, chiunque, in
ragione della propria attività professionale, detiene oli e grassi vegetali e
animali esausti è obbligato a conferirli al consorzio direttamente o mediante
consegna a soggetti incaricati dal consorzio, fermo restando quanto previsto al
comma 9. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di
cedere oli e grassi vegetali e animali esausti ad imprese di altro Stato membro
della Comunità europea.
13. Chiunque, in ragione della propria attività professionale ed in attesa del
conferimento al consorzio, detenga oli e grassi animali e vegetali esausti è
obbligato a stoccare gli stessi in apposito contenitore conforme alle
disposizioni vigenti in materia di smaltimento.
14. Restano ferme le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti in materia di
prodotti, sottoprodotti e rifiuti di origine animale.
15. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 5 che
vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie
medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente
decreto aderiscono al consorzio di cui al comma 1 o adottano il sistema
di cui al comma 9, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio
della propria attività. [Resta altresì consentita per i soggetti di cui al comma
5, aderenti al consorzio di cui al comma 1, la costituzione, successiva
al termine di cui al comma 9, di nuovi consorzi o l'adozione del sistema di cui
al medesimo comma 9, decorso almeno un biennio dalla data di adesione al
precedente consorzio e fatto salvo l'obbligo di corrispondere i contributi
maturati nel periodo.](*****)
(*) N.d.R.: Rubrica
così modificata dall'art. 2, c. 30 sexies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"Consorzi nazionali di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti".
Nel corpo dell'articolo, la stessa norma ha sostituito la parola "i consorzi" con "il consorzio".
(**) N.d.R.: Comma
così sostituito dall'art. 2, c. 30 sexies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"2. I Consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo redatto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, conformemente ai principi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che lo approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento adottato di concerto con il Ministro delle attività produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le relative osservazioni. I consorzi già riconosciuti ai sensi della previgente normativa sono tenuti ad adeguare il loro statuto in conformità al nuovo schema tipo entro centoventi giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale."
(***) N.d.R.: Parole soppresse dall'art. 2, c. 30 sexies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(****) N.d.R.: Le parole "da eventuali contributi di riciclaggio" sono state così sostituite dall'art. 2, c. 30 sexies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(*****)
N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2, c. 30 sexies, del d.lgs.
n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl.
Ordinario n.24
Art. 234
Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in
polietilene(*)
1. Al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il
trattamento dei rifiuti di beni in polietilene destinati allo smaltimento, è
istituito il Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in
polietilene, esclusi gli imballaggi di cui all'articolo 218, comma 1, lettere
a), b), c), d), e) e dd), i beni, ed i relativi rifiuti, di cui agli articoli
227, comma 1, lettere a), b) e c), e 231, [nonché, in quanto considerati beni
durevoli, i materiali e le tubazioni in polietilene destinati all'edilizia, alle
fognature e al trasporto di gas e acque.](**) I sistemi di gestione adottati devono
conformarsi ai principi di cui all'articolo 237.
2. Con decreto del Ministro dell'ambiente delle tutela del territorio e del
mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sono definiti,
entro novanta giorni, i beni in polietilene, che per caratteristiche ed usi,
possono essere considerati beni di lunga durata per i quali deve essere versato
un contributo per il riciclo in misura ridotta in ragione del lungo periodo di
impiego o per i quali non deve essere versato tale contributo in ragione di una
situazione di fatto di non riciclabilita' a fine vita. In attesa di tale decreto
tali beni di lunga durata restano esclusi dal versamento di tale contributo(***)
3. Il consorzio di cui al comma 1, gia' riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalita' giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformita' allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicita', nonche' di libera concorrenza nelle attivita' di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di' amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori con materie prime. Lo statuto adottato dal consorzio e' trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio e' tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.(****)
4. Al consorzio partecipano:
a) i produttori e gli importatori di beni in polietilene;
b) gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene;
c) i riciclatori e i recuperatori di rifiuti di beni in polietilene.
5. Al consorzio possono partecipare in qualità di soci aggiunti i produttori ed
importatori di materie prime in polietilene per la produzione di beni in
polietilene e le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo
stoccaggio dei beni in polietilene. Le modalità di partecipazione vengono
definite nell'ambito dello statuto di cui al comma 3.
6. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che
vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie
medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente
decreto aderiscono al consorzio di cui al comma 1 o adottano il sistema
di cui al comma 7, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio
della propria attività. [Resta altresì consentita per i soggetti di cui ai commi
4 e 5, aderenti ai consorzi di cui al comma 1, la costituzione,
successiva al termine di cui al comma 7, di nuovi consorzi o l'adozione del
sistema di cui al medesimo comma 7, decorso almeno un biennio dalla data di
adesione al precedente consorzio e fatto salvo l'obbligo di corrispondere i
contributi maturati nel periodo.](*****)
7. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono entro
centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto
tipo ai sensi del comma 2:
a) organizzare autonomamente,[anche in forma associata,](******) la gestione dei rifiuti
di beni in polietilene su tutto il territorio nazionale;
b) mettere in atto un sistema di raccolta e restituzione dei beni in
polietilene al termine del loro utilizzo, con avvio al riciclo o al recupero,
previo accordi con aziende che svolgono tali attivita', con quantita' definite e
documentate;(*******)
Nelle predette ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all'osservatorio
nazionale sui rifiuti(********), previa trasmissione di idonea documentazione, il
riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono
dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza,
efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente
funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte,
gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre
garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle
modalità del sistema adottato. L'osservatorio nazionale sui rifiuti(********), dopo aver acquisito i necessari
elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In
caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi
provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'osservatorio
nazionale sui rifiuti(********)
presenta una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie
esperite.
8. Il consorzio di cui al comma 1 si propongono come obiettivo primario di
favorire il ritiro dei beni a base di polietilene al termine del ciclo di
utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero. A tal fine il
consorzio svolge per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
a) promuove la gestione del flusso dei beni a base di polietilene;
b) assicura la raccolta, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei
rifiuti di beni in polietilene;
c) promuove la valorizzazione delle frazioni di polietilene non
riutilizzabili;
d) promuove l'informazione degli utenti, intesa a ridurre il consumo dei
materiali ed a favorire forme corrette di raccolta e di smaltimento;
e) assicura l'eliminazione dei rifiuti di beni in polietilene nel caso in cui
non sia possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto
delle disposizioni contro l'inquinamento.
9. Nella distribuzione dei prodotti dei consorziati, il consorzio può
ricorrere a forme di deposito cauzionale.
10. Il consorzio è tenuto a garantire l'equilibrio della propria gestione
finanziaria. I mezzi finanziari per il funzionamento del consorzio sono
costituiti:
a) dai proventi delle attività svolte dal consorzio;
b) dai contributi dei soggetti partecipanti;
c) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
d) dall'eventuale contributo percentuale di riciclaggio di cui al comma 13.
11. Le deliberazioni degli organi del consorzio, adottate in relazione alle
finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono
vincolanti per tutti i soggetti partecipanti.
12. Il consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7 trasmettono
annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al
Ministro delle attività produttive il bilancio preventivo e consuntivo entro
sessanta giorni dalla loro approvazione. Il consorzio di cui al comma 1 ed i
soggetti di cui al comma 7, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano una
relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro
singoli aderenti nell'anno solare precedente.
13. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il
Ministro delle attività produttive determina ogni due anni con proprio decreto
gli obiettivi minimi di riciclaggio e, in caso di mancato raggiungimento dei
predetti obiettivi, può stabilire un contributo percentuale di riciclaggio da
applicarsi sull'importo netto delle fatture emesse dalle imprese produttrici ed
importatrici di beni di polietilene per il mercato interno. Il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle
attività produttive determina gli obiettivi di riciclaggio a valere per il primo
biennio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta
del presente decreto.
14. Decorsi novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del
decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 3, chiunque, in ragione
della propria attività, detiene rifiuti di beni in polietilene è obbligato a
conferirli a uno dei consorzi riconosciuti o direttamente o mediante consegna a
soggetti incaricati dai consorzi stessi, fatto comunque salvo quanto previsto
dal comma 7. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore
di cedere i rifiuti di bene in polietilene ad imprese di altro Stato membro
della Comunità europea.
(*) N.d.R.: Rubrica
così modificata dall'art. 2, c. 30 septies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"Consorzi nazionali per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene".
Nel corpo dell'articolo, la stessa norma ha sostituito la parola "i consorzi" con "il consorzio".
(**) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2, c. 30 septies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(***) N.d.R.: Comma
così sostituito dall'art. 2, c. 30 septies,
del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008-
Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di
concerto con il Ministro delle attività produttive, da emanarsi entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto,
sono individuate le tipologie di beni in polietilene di cui al comma 1."
(****) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2,
c. 30 septies, del
d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008-
Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"3. I consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo redatto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, conformemente ai principi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che lo approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento adottato di concerto con il Ministro delle attività produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le relative osservazioni. I consorzi già riconosciuti ai sensi della previgente normativa sono tenuti ad adeguare il loro statuto in conformità al nuovo schema tipo entro centoventi giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale."
(*****) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2, c. 30 septies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(******) N.d.R.: Parole soppresse dall'art. 2, c. 30 septies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(*******) N.d.R.:
Lettera così sostituita dall'art. 2, c. 30 septies, del d.lgs. n. 4 del 16
gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"b) mettere in atto un sistema di restituzione dei beni in polietilene al termine
del ciclo di utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero."
(********) N.d.R.: Le parole "Autorità di cui all'articolo 207" sono state così
sostituite dall'art. 2, c. 30 septies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
[Art. 235
Consorzio nazionale per la raccolta e trattamento delle batterie al
piombo esauste e dei rifiuti piombosi(*) (°)
1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione delle batterie al
piombo esauste e dei rifiuti piombosi, tutte le imprese di cui all'art.
9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal comma 15
del presente articolo, [che non] aderiscono al consorzio di cui al
medesimo articolo 9-quinquies che adotta
sistemi di gestione conformi ai principi di cui all'articolo 237.(**)
2. Il consorzio di cui al comma 1, gia' riconosciuto dalla previgente
normativa, ha personalita' giuridica di diritto privato senza scopo di
lucro e adegua il proprio statuto in conformita' allo schema tipo
approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro
centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e ai
principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di
trasparenza, efficacia, efficienza ed economicita', nonche' di libera
concorrenza nelle attivita' di settore. Nei consigli di amministrazione
del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in
rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve
essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in
rappresentanza dei produttori.Lo statuto adottato dal consorzio e'
trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio e' tenuto ad adeguarsi
nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini
prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro dello sviluppo economico; Il decreto ministeriale di approvazione dello
statuto del consorzio e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.(***)
3. All'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988 n. 397 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, il comma 6-bis, e' sostituito dal presente: «Tutti i soggetti che effettuano attivita' di gestione del rifiuto di batterie al piombo esauste e di rifiuti piombosi, devono trasmettere contestualmente al Consorzio copia della comunicazione di cui all'articolo 189, per la sola parte inerente i rifiuti di batterie esauste e di rifiuti piombosi. Alla violazione dell'obbligo si applicano le medesime sanzioni previste per la mancata comunicazione di cui al citato articolo 189 comma 3.(****)
[4. I consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
a) assicurare la gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti
piombosi;
b) cedere le batterie al piombo esauste e i rifiuti piombosi alle imprese che ne
effettuano il recupero;
c) assicurare il loro smaltimento, nel caso non sia possibile o economicamente
conveniente il recupero, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento;
d) promuovere lo svolgimento di indagini di mercato e azioni di ricerca
tecnico-scientifica per il miglioramento tecnologico del ciclo di produzione,
recupero e smaltimento;
e) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e dei consumatori
sulle tematiche della raccolta e dell'eliminazione delle batterie al piombo
esauste e dei rifiuti piombosi.] (*****)
[5. Ai consorzi di cui al comma 1 partecipano:
a) le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei
rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in
lega;
b) le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di
batterie al piombo;
c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei
rifiuti piombosi;
d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al
piombo.](*****)
[6. Le quote di partecipazione dei consorziati sono determinate di anno in anno
con i criteri di cui al comma 3-bis dell'art. 9-quinquies, del decreto-legge 9
settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre
1988, n. 475, come modificato dal comma 16 del presente articolo.](*****)
[7. Le deliberazioni degli organi dei consorzi di cui al presente articolo,
adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a
norma dello statuto, sono obbligatorie per tutte le imprese partecipanti.](*****)
8. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 15(******) che
vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie
medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente
decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 entro sessanta giorni
dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. [Resta altresì
consentita per gli stessi soggetti, aderenti ad uno dei consorzi di cui al comma
1, la costituzione di nuovi consorzi, decorso almeno un biennio dalla data di
adesione al precedente consorzio e fatto salvo l'obbligo di corrispondere i
contributi maturati nel periodo.](*******)
9. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
del decreto ministeriale di approvazione dello statuto di cui al comma 2,
chiunque detiene batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi è obbligato al
loro conferimento ai consorzi, direttamente o mediante consegna a soggetti
incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a
esercitare le attività di gestione di tali rifiuti, fermo restando quanto
previsto al comma 3. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il
detentore di cedere le batterie esauste ed i rifiuti piombosi ad imprese di
altro Stato membro della Comunità europea.
10. All'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, il comma 7
e' sostituito dal seguente: «Al fine di assicurare al consorzio i mezzi
finanziari per lo svolgimento dei propri compiti e' istituito un contributo
ambientale sulla vendita delle batterie in relazione al contenuto a peso di
piombo da applicarsi da parte di tutti i produttori e gli importatori che
immettono le batterie al piombo nel mercato italiano, con diritto di rivalsa
sugli acquirenti in tutte le successive fasi della commercializzazione. I
produttori e gli importatori versano direttamente al consorzio i proventi del
contributo ambientale.
11. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, di
concerto con il Ministro delle attività produttive, sono determinati: il
contributo ambientale(*********) di cui al comma 10, la percentuale dei costi da coprirsi con
l'applicazione di tale sovrapprezzo.
12. Chiunque, in ragione della propria attività ed in attesa del conferimento ai
sensi del comma 9, detenga batterie esauste è obbligato a stoccare le batterie
stesse in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di
smaltimento dei rifiuti.
13. Il consorzio di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività
produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro
approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano
agli stessi Ministri una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata
dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.
14. Al comma 2 dell'art. 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e' aggiunta
la seguente lettera: "d-bis) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione
pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e dell'eliminazione
delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi".
15. Il comma 3 dell'art. 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n.
397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e'
sostituito dal seguente:
"Al Consorzio, che e' dotato di personalita' giuridica di diritto privato senza
scopo di lucro, partecipano:
a) le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei
rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in
lega;
b) le imprese che svolgono attivita' di fabbricazione oppure di importazione di
batterie al piombo;
c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei
rifiuti piombosi;
d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al
piombo.".
16. Dopo il comma 3, dell'art. 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988,
n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e'
inserito il seguente:
"3-bis. Nell'ambito di ciascuna categoria, le quote di partecipazione da
attribuire ai singoli soci sono determinate come segue:
a) per le imprese di riciclo di cui alla lettera a) del comma 3 sono determinate
in base al rapporto fra la capacita' produttiva di piombo secondario del singolo
soggetto consorziato e quella complessiva di tutti i consorziati appartenenti
alla stessa categoria;
b) per le imprese che svolgono attivita' di fabbricazione, oppure d'importazione
delle batterie al piombo di cui alla lettera b) del comma 3, sono determinate
sulla base del contributo ambientale (*********) versato al netto
dei rimborsi;
c) le quote di partecipazione delle imprese e loro associazioni di cui alle
lettere c) e d) del comma 3 del presente art. sono attribuite alle associazioni
nazionali dei raccoglitori di batterie al piombo esauste, in proporzione ai
quantitativi conferiti al Consorzio dai rispettivi associati, e alle
associazioni dell'artigianato che installano le batterie di avviamento al
piombo.".
[17. Entro ventiquattro mesi° dalla data di entrata in vigore della parte quarta
del presente decreto, il Consorzio di cui dell'articolo 9-quinquies del
decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla
legge 9 novembre 1988, n. 475, adegua il proprio statuto ai principi contenuti
nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia,
efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di
settore. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che lo approva, di concerto con il
Ministro delle attività produttive, nei successivi novanta giorni, salvo
motivate osservazioni cui il citato Consorzio è tenuto ad adeguarsi nei
successivi sessanta giorni. Qualora il citato Consorzio non ottemperi nei
termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro delle attività produttive].(**********)
18. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio,
gli eventuali avanzi di gestione accantonati dai consorzi nelle riserve
costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a
condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi
forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento
dei consorzi medesimi.]
(°)N.d.R.: Articolo abrogato dall'art. 29 del d.lgs. n. 188 del 20 novembre 2008, pubblicato nella G.U. n. 283 del 3-12-2008 - Suppl. Ordinario n.268.
(*) N.d.R.: Rubrica
così modificata dall'art. 2, c. 30 octies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"Consorzi nazionali per la raccolta e trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi.".
Nel corpo dell'articolo, la stessa norma ha sostituito la parola "i consorzi" con "il consorzio".
(**) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 2, c. 30 octies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(***) N.d.R.: Comma
così sostituito dall'art. 2, c. 30 octies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"2. Il consorzio di
cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza scopo di
lucro e, salvo quanto previsto dal comma 17, sono retti da uno statuto adottato
in conformità ad uno schema tipo redatto dal Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, da
pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro centottanta giorni dalla data di
entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, conformemente ai
principi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza,
efficacia, economicità e trasparenza nonché di libera concorrenza nelle attività
di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici
giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che lo approva
nei successivi novanta giorni. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo
statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al
consorzio richiedente con le relative osservazioni. Il decreto ministeriale di
approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale."
(****) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 2, c. 30 octies, del d.lgs. n. 4
del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario
n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"3. Il consorzio di cui al comma 1, contestualmente alla comunicazione di cui
all'articolo 189, comma 3, deve trasmettere copia della comunicazione stessa al
consorzio di cui all'art. 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n.
397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come
modificato dal presente decreto. Alla violazione dell'obbligo si applicano le
medesime sanzioni previste per la mancata comunicazione di cui al citato
articolo 189, comma 3."
(*****) N.d.R.: Comma soppresso dall'art. 2, c. 30 octies, del d.lgs. n. 4 del
16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario
n.24
(******) N.d.R.: L'originario numero "5" è stato così modificato dall'art. 2, c. 30 octies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(*******) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2, c. 30 octies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(********) N.d.R.:
Comma così sostituito dall'art. 2, c. 30 octies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio
2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"10. Al fine di assicurare, al consorzio, i mezzi finanziari per lo svolgimento
dei propri compiti è istituito un sovrapprezzo di vendita delle batterie in
relazione al contenuto a peso di piombo da applicarsi da parte dei produttori e
degli importatori delle batterie stesse, con diritto di rivalsa sugli acquirenti
in tutte le successive fasi della commercializzazione. I produttori e gli
importatori verseranno direttamente ai consorzi i proventi del sovrapprezzo."
(*********) N.d.R.: La parola "sovraprezzo" è stata così modificata dall'art. 2,
c. 30 octies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24
del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(**********) N.d.R.: Comma soppresso dall'art. 2, c. 30 octies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
°Nota: l'originario termine di centottanta giorni è stato così prorogato per effetto dell'art. 5 del D.L. 28 dicembre 2006 n. 300 - cd. "Decreto milleproroghe" (G.U. n. 300 del28/12/2006), come modificato in sede di conversione in L. n. 17/2007 (G.U. n. 47 del 26.2.2007, S.O. n. 48).
Art. 236
Consorzio nazionale
per la gestione, raccolta e trattamento degli
oli minerali usati(*)
1. Al fine di razionalizzare e organizzare la gestione degli oli minerali usati,
da avviare obbligatoriamente alla rigenerazione tesa alla produzione di oli
base, le imprese di cui al comma 4, sono tenute a partecipare all'assolvimento
dei compiti previsti al comma 12 tramite adesione al consorzio di cui all'art.
11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, [o ad uno dei consorzi da
costituirsi ai sensi del comma 2.](**) Il consorzio adotta sistemi di gestione
conformi ai principi di cui all'articolo 237.
2. Il consorzio di cui al comma 1, gia' riconosciuto dalla previgente
normativa, ha personalita' giuridica di diritto privato senza scopo di
lucro e adegua il proprio statuto in conformita' allo schema tipo
approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro
centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e ai
principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di
trasparenza, efficacia, efficienza ed economicita', nonche' di libera
concorrenza nelle attivita' di settore. Nei consigli di amministrazione
del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei
raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei
consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori. Lo statuto
adottato dal consorzio e' trasmesso entro quindici giorni al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di
concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni
cui il consorzio e' tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora
il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto
sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il
decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale.(***)
3. [I Consorzi di cui al comma 2 devono trasmettere al Consorzio di cui all'art.
11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, contestualmente alla
comunicazione di cui all'articolo 189, comma 3, copia della comunicazione
stessa.](****) Le imprese che eliminano gli oli minerali usati tramite co-combustione e
all'uopo debitamente autorizzate e gli altri consorzi di cui al presente
articolo sono tenute a fornire al Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, i dati tecnici di cui al comma 12, lettera
h), affinché tale consorzio comunichi annualmente tutti i dati raccolti su base
nazionale ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione
illustrativa.Alla violazione dell'obbligo si applicano le sanzioni di cui
all'articolo 258 per la mancata comunicazione di cui all'articolo 189, comma
3.(*****)
4. Al Consorzio partecipano in forma paritetica(*******) tutte le imprese che:
a) le imprese che producono, importano o mettono in commercio oli base
vergini;
b) le imprese che producono oli base mediante un processo di rigenerazione;
c) le imprese che effettuano il recupero e la raccolta degli oli usati;
d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita degli oli lubrificanti.(********)
5. Le quote di partecipazione al consorzio sono ripartite fra le categorie di imprese di cui al comma 4 e nell'ambito di ciascuna di esse sono attribuite in proporzione delle quantita' di lubrificanti prodotti, commercializzati rigenerati o recuperati.(*********)
6. Le deliberazioni degli organi
del Consorzio, adottate in relazione alle
finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono
vincolanti per tutti i consorziati. [La rappresentanza negli organi elettivi del
Consorzio è attribuita in misura pari all'ottanta per cento alle imprese che
producono oli base vergini e immettono sul mercato oli lubrificanti finiti e in
misura pari al venti per cento alle imprese che producono e immettono al consumo
oli lubrificanti rigenerati.](**********)
7. Il consorzio determinano annualmente, con riferimento ai costi sopportati
nell'anno al netto dei ricavi per l'assolvimento degli obblighi di cui al
presente articolo, il contributo per chilogrammo dell'olio lubrificante che sarà
messo a consumo nell'anno successivo. Ai fini della parte quarta del presente
decreto si considerano immessi al consumo gli oli lubrificanti di base e finiti
all'atto del pagamento dell'imposta di consumo.
8. Le imprese partecipanti sono tenute a versare al consorzio i contributi
dovuti da ciascuna di esse secondo le modalità ed i termini fissati ai sensi del
comma 9.
9. Le modalità e i termini di accertamento, riscossione e versamento dei
contributi di cui al comma 8, sono stabiliti con decreto del Ministro della
economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della
tutela del territorio e delle attività produttive, da pubblicarsi nella Gazzetta
Ufficiale entro un mese dall'approvazione dello statuto del consorzio.
10. Il consorzio di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività
produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro
approvazione. Il Consorzio di cui al comma 1, entro il 31 maggio di ogni anno,
presentano al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al
Ministro delle attività produttive una relazione tecnica sull'attività
complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare
precedente.
11. Lo statuto di cui al comma 2, prevede, in particolare, gli organi dei
consorzi e le relative modalità di nomina.
12. Il consorzio svolge per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
a) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle tematiche della
raccolta;
b) assicurare ed incentivare la raccolta degli oli usati ritirandoli dai
detentori e dalle imprese autorizzate;
c) espletare direttamente la attività di raccolta degli oli usati dai detentori
che ne facciano richiesta nelle aree in cui la raccolta risulti difficoltosa o
economicamente svantaggiosa;
d) selezionare gli oli usati raccolti ai fini della loro corretta eliminazione
tramite rigenerazione, combustione o smaltimento;
e) cedere gli oli usati raccolti:
1) in via prioritaria, alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base;
2) in caso ostino effettivi vincoli di carattere tecnico economico e
organizzativo, alla combustione o coincenerimento;
3) in difetto dei requisiti per l'avvio agli usi di cui ai numeri precedenti,
allo smaltimento tramite incenerimento o deposito permanente;
f) perseguire ed incentivare lo studio, la sperimentazione e la realizzazione di
nuovi processi di trattamento e di impiego alternativi;
g) operare nel rispetto dei principi di concorrenza, di libera circolazione dei
beni, di economicità della gestione, nonché della tutela della salute e
dell'ambiente da ogni inquinamento dell'aria, delle acque e del suolo;
h) annotare ed elaborare tutti i dati tecnici relativi alla raccolta ed
eliminazione degli oli usati e comunicarli annualmente al Consorzio di cui
all'art. 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, affinché tale
Consorzio li trasmetta ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da
una relazione illustrativa;
i) concordare con le imprese che svolgono attivita' di rigenerazione i
parametri tecnici per la selezione degli oli usati idonei per l'avvio alla
rigenerazione;
l) incentivare la raccolta di oli usati rigenerabili
l-bis) cedere gli oli
usati rigenerabili raccolti alle imprese di rigenerazione che ne facciano
richiesta in ragione del rapporto fra quantita' raccolte e richieste, delle
capacita' produttive degli impianti previste dalle relative autorizzazioni e,
per gli impianti gia' in funzione, della pregressa produzione di basi
lubrificanti rigenerate di qualita' idonea per il consumo;
l-ter) corrispondere alle imprese di rigenerazione un corrispettivo a fronte del
trattamento determinato in funzione della situazione corrente del mercato delle
basi lubrificanti rigenerate, dei costi di raffinazione e del prezzo ricavabile
dall'avvio degli oli usati al riutilizzo tramite combustione; tale corrispettivo
sara' erogato con riferimento alla quantita' di base lubrificante ottenuta per
tonnellata di olio usato, di qualita' idonea per il consumo ed effettivamente
ricavata dal processo di rigenerazione degli oli usati ceduti dal consorzio
all'impresa stessa;
l-quater) assicurare l'avvio alla combustione dell'olio usato non rigenerabile
ma riutilizzabile ovvero dell'olio rigenerabile non ritirato dalle imprese di
rigenerazione e lo smaltimento dell'olio usato non riutilizzabile nel rispetto
delle disposizioni contro l'inquinamento.
13. Il consorzio può svolgere le proprie funzioni sia direttamente che tramite
mandati conferiti ad imprese per determinati e limitati settori di attività o
determinate aree territoriali. L'attività dei mandatari è svolta sotto la
direzione e la responsabilità dei consorzi stessi.
14. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che
vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie
medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente
decreto aderiscono al Consorzio di cui al comma 1, entro sessanta giorni
dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. [Resta altresì
consentita per i predetti soggetti, aderenti ai Consorzi di cui al comma
1, la costituzione di nuovi Consorzi, decorso almeno un biennio dalla data di
adesione al precedente Consorzio e fatto salvo l'obbligo di corrispondere i
contributi maturati nel periodo.](******)
15. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
del decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene
oli minerali esausti è obbligato al loro conferimento al Consorzio di cui al
comma 1, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o
autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di
gestione di tali rifiuti. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per
il detentore di cedere gli oli minerali esausti ad imprese di altro Stato membro
della Comunità europea.
16. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio,
gli eventuali avanzi di gestione accantonati dai consorzi di cui al comma 1
nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del
reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto
qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di
scioglimento dei consorzi medesimi.
(*) N.d.R.: Rubrica
così modificata dall'art. 2, c. 30 nonies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"Consorzi nazionali per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati".
Nel corpo dell'articolo, la stessa norma ha sostituito la parola "i consorzi" con "il consorzio".
(**) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2, c. 30 nonies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(***) N.d.R.: Comma
così sostituito dall'art. 2, c. 30 nonies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"2. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, adegua il proprio statuto ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che lo approva di concerto con il Ministro delle attività produttive nei successivi novanta giorni, salvo motivate osservazioni cui il Consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il Consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive. Il Consorzio di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e quelli diversi dal Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo redatto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, conformemente ai principi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che lo approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento adottato di concerto con il Ministro delle attività produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al Consorzio richiedente con le relative osservazioni. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei Consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale."
(****) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2, c. 30 nonies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(*****) N.d.R.: Comma
così modificato dall'art. 2, c. 30 nonies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(******) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2, c. 30 nonies, del d.lgs. n. 4
del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario
n.24
(*******) N.d.R.: Periodo aggiunto dall'art. 2, c. 30 nonies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(********) N.d.R.:
Comma così modificato dall'art. 2, c. 30 nonies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio
2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"a) producono oli base vergini;
b) producono oli base provenienti dal processo di rigenerazione;
c) immettono al consumo oli lubrificanti."
(*********) N.d.R.:
Comma così sostituito dall'art. 2, c. 30 nonies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio
2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"5. Le quote di partecipazione al Consorzio sono determinate di anno in anno in proporzione alle quantità di oli lubrificanti finiti che ciascun consorziato immette al consumo nell'anno precedente, rispetto al totale dei lubrificanti immessi al consumo, nel medesimo anno, da tutti i partecipanti al Consorzio stesso."
(**********) N.d.R.:
Periodo soppresso dall'art. 2, c. 30 nonies, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio
2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
°Nota: l'originario
termine di centottanta giorni è stato così prorogato per effetto dell'art. 5 del
D.L. 28 dicembre 2006 n. 300 - cd. "Decreto milleproroghe" (G.U. n. 300 del28/12/2006),
come modificato in sede di conversione in L. n. 17/2007
(G.U. n. 47 del 26.2.2007, S.O.
n. 48).
Art. 237
Criteri direttivi dei sistemi di gestione
1. I sistemi di gestione adottati devono, in ogni caso, essere aperti alla
partecipazione di tutti gli operatori e concepiti in modo da assicurare il
principio di trasparenza, di non discriminazione, di non distorsione della
concorrenza, di libera circolazione nonché il massimo rendimento possibile.
TITOLO IV - TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI
Art. 238
Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani
1. Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad
uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali
medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale,
che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa
costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta,
recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi
indicati dall'art. 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. La tariffa
di cui all'art. 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è soppressa a
decorrere dall'entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto
dal comma 11.
2. La tariffa per la gestione dei rifiuti è commisurata alle quantità e qualità
medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli
usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri, determinati
con il regolamento di cui al comma 6, che tengano anche conto di indici
reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.
3. La tariffa è determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del
decreto di cui al comma 6, dalle Autorità d'ambito ed è applicata e riscossa dai
soggetti affidatari del servizio di gestione integrata sulla base dei criteri
fissati dal regolamento di cui al comma 6. Nella determinazione della tariffa è
prevista la copertura anche di costi accessori relativi alla gestione dei
rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade. Qualora
detti costi vengano coperti con la tariffa ciò deve essere evidenziato nei piani
finanziari e nei bilanci dei soggetti affidatari del servizio.
4. La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti
essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per
le opere ed ai relativi ammortamenti, nonché da una quota rapportata alle
quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di
gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di
investimento e di esercizio.
5. Le Autorità d'ambito approvano e presentano all'Autorità di cui all'articolo
207 il piano finanziario e la relativa relazione redatta dal soggetto
affidatario del servizio di gestione integrata. Entro quattro anni dalla data di
entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6, dovrà essere gradualmente
assicurata l'integrale copertura dei costi.
6. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro delle attività produttive, sentiti la Conferenza Stato regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, le rappresentanze qualificate degli
interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le
politiche ambientali (CESPA) e i soggetti interessati, disciplina, con apposito
regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle disposizioni di cui al
presente articolo, i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le
componenti dei costi e viene determinata la tariffa, anche con riferimento alle
agevolazioni di cui al comma 7, garantendo comunque l'assenza di oneri per le
autorità interessate.(*)
7. Nella determinazione della tariffa possono essere previste agevolazioni per
le utenze domestiche e per quelle adibite ad uso stagionale o non continuativo,
debitamente documentato ed accertato, che tengano anche conto di indici
reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. In questo caso, nel
piano finanziario devono essere indicate le risorse necessarie per garantire
l'integrale copertura dei minori introiti derivanti dalle agevolazioni, secondo
i criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6.
8. Il regolamento di cui al comma 6 tiene conto anche degli obiettivi di
miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del
tasso di inflazione programmato.
9. L'eventuale modulazione della tariffa tiene conto degli investimenti
effettuati dai comuni o dai gestori che risultino utili ai fini
dell'organizzazione del servizio.
10. Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle
quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al
recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività
di recupero dei rifiuti stessi.
11. Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento
degli adempimenti per l'applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le
discipline regolamentari vigenti.
12. La riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere effettuata
secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 602, mediante convenzione con l'Agenzia delle entrate.
(*) N.d.R.: Si riporta di seguito il testo dell'art. 5, c. 2 quater del D.L. n. 208/2008 (GU n. 304 del 31-12-2008), introdotto in sede di conversione in legge (L. n. 13/2009 pubblicata nella GU n. 49 del 28.2.2009): "2-quater. Ove il regolamento di cui al comma 6 dell'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non sia adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 30 giugno 2009, i comuni che intendano adottare la tariffa integrata ambientale (TIA) possono farlo ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti."
(**) N.d.R.: Si riporta di seguito l'art. 14, c. 33 del Decreto-Legge 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. 31/05/2010, n.125, S.O. n. 114) , convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122 (in G.U. 30/07/2010, n.176, n. 174/L):
33. Le disposizioni di cui all'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non e' tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell'autorita' giudiziaria ordinaria.
TITOLO V - BONIFICA DI SITI CONTAMINATI
Art. 239
Principi e campo di applicazione
1. Il presente titolo disciplina gli interventi di bonifica e ripristino
ambientale dei siti contaminati e definisce le procedure, i criteri e le
modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l'eliminazione delle
sorgenti dell'inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di
sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari, con
particolare riferimento al principio "chi inquina paga".
2. Ferma restando la disciplina dettata dal titolo 1 della parte quarta del
presente decreto, le disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) all'abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente
decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero,
smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si
accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla
caratterizzazione dell'area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e
ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo;
b) agli interventi di bonifica disciplinati da leggi speciali, se non nei limiti
di quanto espressamente richiamato dalle medesime o di quanto dalle stesse non
disciplinato.
3. Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate
da inquinamento diffuso sono disciplinati dalle regioni con appositi piani,
fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica
di interesse nazionale e comunque nel rispetto dei criteri generali di cui al
presente titolo.
Art. 240
Definizioni
1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo, si definiscono:
a) sito: l'area o porzione di territorio, geograficamente definita e
determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, sottosuolo ed acque
sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche
presenti;
b) concentrazioni so glia di contaminazione (CSC): i livelli di contaminazione
delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è
necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica,
come individuati nell'Allegato 5 alla parte quarta del presente decreto. Nel
caso in cui il sito potenzialmente contaminato sia ubicato in un'area
interessata da fenomeni antropici o naturali che abbiano determinato il
superamento di una o più concentrazioni soglia di contaminazione, queste ultime
si assumono pari al valore di fondo esistente per tutti i parametri superati;
c) concentrazioni soglia di rischio (CSR): i livelli di contaminazione delle
matrici ambientali, da determinare caso per caso con l'applicazione della
procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati
nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto e sulla base dei
risultati del piano di caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa
in sicurezza e la bonifica. I livelli di concentrazione così definiti
costituiscono i livelli di accettabilità per il sito;
d) sito potenzialmente contaminato: un sito nel quale uno o più valori di
concentrazione delle sostanze inquinanti rilevati nelle matrici ambientali
risultino superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC),
in attesa di espletare le operazioni di caratterizzazione e di analisi di
rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne permettano di determinare
lo stato o meno di contaminazione sulla base delle concentrazioni soglia di
rischio (CSR);
e) sito contaminato: un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di
rischio (CSR), determinati con l'applicazione della procedura di analisi di
rischio di cui all'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base
dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati;
f) sito non contaminato: un sito nel quale la contaminazione rilevata nelle
matrice ambientali risulti inferiore ai valori di concentrazione soglia di
contaminazione (CSC) oppure, se superiore, risulti comunque inferiore ai valori
di concentrazione soglia di rischio (CSR) determinate a seguito dell'analisi di
rischio sanitario e ambientale sito specifica;
g) sito con attività in esercizio: un sito nel quale risultano in esercizio
attività produttive sia industriali che commerciali nonché le aree pertinenziali
e quelle adibite ad attività accessorie economiche, ivi comprese le attività di
mantenimento e tutela del patrimonio ai fini della successiva ripresa delle
attività;
h) sito dismesso: un sito in cui sono cessate le attività produttive;
i) misure di prevenzione: le iniziative per contrastare un evento, un atto o
un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per
l'ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un
danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di
impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia;
l) misure di riparazione: qualsiasi azione o combinazione di azioni, tra cui
misure di attenuazione o provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire
risorse naturali e/o servizi naturali danneggiati, oppure a fornire
un'alternativa equivalente a tali risorse o servizi;
m) messa in sicurezza d'emergenza: ogni intervento immediato o a breve termine,
da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso
di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la
diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con
altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori
interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente;
n) messa in sicurezza operativa: l'insieme degli interventi eseguiti in un sito
con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per
le persone e per l'ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in
sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione dell'attività.
Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento della contaminazione da
mettere in atto in via transitoria fino all'esecuzione della bonifica o della
messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione della
contaminazione all'interno della stessa matrice o tra matrici differenti. In
tali casi devono essere predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che
consentano di verificare l'efficacia delle soluzioni adottate;
o) messa in sicurezza permanente: l'insieme degli interventi atti a isolare in
modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti
e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per
l'ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e
controllo e limitazioni d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti
urbanistici;
p) bonifica: l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di
inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse
presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello
uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);
q) ripristino e ripristino ambientale: gli interventi di riqualificazione
ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di
bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito
alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli
strumenti urbanistici;
r) inquinamento diffuso: la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o
biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non
imputabili ad una singola origine;
s) analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica: analisi sito
specifica degli effetti sulla salute umana derivanti dall'esposizione prolungata
all'azione delle sostanze presenti nelle matrici ambientali contaminate,
condotta con i criteri indicati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente
decreto;
t) condizioni di emergenza: gli eventi al verificarsi dei quali è necessaria
l'esecuzione di interventi di emergenza, quali ad esempio:
1) concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai
livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute;
2) presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o
in corsi di acqua superficiali o nella falda;
3) contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli;
4) pericolo di incendi ed esplosioni.
Art. 241
Regolamento aree agricole
1. Il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino
ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle
aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento è adottato con decreto
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i
Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole e
forestali.(*)
(*) N.d.R.: La
Corte Costituzionale, con sentenza n. 247 del 24 luglio 2009, n. 247, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo "nella parte in
cui non prevede
che, prima dell'adozione del regolamento da esso disciplinato, sia sentita la
Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997."
Art. 242
Procedure operative ed amministrative
1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il
sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le
misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con
le modalità di cui all'articolo 304, comma 2. La medesima procedura si applica
all'atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora
comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione.
2. Il responsabile dell'inquinamento, attuate le necessarie misure di
prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un'indagine
preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento e, ove accerti che il
livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato
superato, provvede al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con
apposita autocertificazione, al comune ed alla provincia competenti per
territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione. L'autocertificazione
conclude il procedimento di notifica di cui al presente articolo, ferme restando
le attività di verifica e di controllo da parte dell'autorità competente da
effettuarsi nei successivi quindici giorni. Nel caso in cui l'inquinamento non
sia riconducibile ad un singolo evento, i parametri da valutare devono essere
individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e delle attività
ivi svolte nel tempo.
3. Qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto
superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile
dell'inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province competenti
per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in
sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle
predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il
piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all'Allegato 2 alla parte
quarta del presente decreto. Entro i trenta giorni successivi la regione,
convocata la conferenza di servizi, autorizza il piano di caratterizzazione con
eventuali prescrizioni integrative. L'autorizzazione regionale costituisce
assenso per tutte le opere connesse alla caratterizzazione, sostituendosi ad
ogni altra autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta da parte
della pubblica amministrazione.
4. Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la
procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle
concentrazioni soglia di rischio (CSR). I criteri per l'applicazione della
procedura di analisi di rischio sono stabiliti con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i
Ministri dello sviluppo economico e della salute entro il 30 giugno 2008. Nelle
more dell'emanazione del predetto decreto, i criteri per l'applicazione della
procedura di analisi di rischio sono riportati nell'Allegato 1 alla parte quarta
del presente decreto.(*) Entro sei mesi dall'approvazione del piano di
caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla regione i risultati
dell'analisi di rischio. La conferenza di servizi convocata dalla regione, a
seguito dell'istruttoria svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile,
cui è dato un preavviso di almeno venti giorni, approva il documento di analisi
di rischio entro i sessanta giorni dalla ricezione dello stesso. Tale documento
è inviato ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima
della data fissata per la conferenza e, in caso di decisione a maggioranza, la
delibera di adozione fornisce una adeguata ed analitica motivazione rispetto
alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
5. Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la
concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è inferiore alle
concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi, con l'approvazione
del documento dell'analisi del rischio, dichiara concluso positivamente il
procedimento. In tal caso la conferenza di servizi può prescrivere lo
svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la stabilizzazione
della situazione riscontrata in relazione agli esiti dell'analisi di rischio e
all'attuale destinazione d'uso del sito. A tal fine, il soggetto responsabile,
entro sessanta giorni dall'approvazione di cui sopra, invia alla provincia ed
alla regione competenti per territorio un piano di monitoraggio nel quale sono
individuati:
a) i parametri da sottoporre a controllo;
b) la frequenza e la durata del monitoraggio.
6. La regione, sentita la provincia, approva il piano di monitoraggio entro
trenta giorni dal ricevimento dello stesso. L'anzidetto termine può essere
sospeso una sola volta, qualora l'autorità competente ravvisi la necessità di
richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o
approfondimenti del progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento.
In questo caso il termine per l'approvazione decorre dalla ricezione del
progetto integrato. Alla scadenza del periodo di monitoraggio il soggetto
responsabile ne dà comunicazione alla regione ed alla provincia, inviando una
relazione tecnica riassuntiva degli esiti del monitoraggio svolto. Nel caso in
cui le attività di monitoraggio rilevino il superamento di uno o più delle
concentrazioni soglia di rischio, il soggetto responsabile dovrà avviare la
procedura di bonifica di cui al comma 7.
7. Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la
concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di
concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla
regione, nei successivi sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di
rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in
sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di
riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad
accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel
sito. La regione, acquisito il parere del comune e della provincia interessati
mediante apposita conferenza di servizi e sentito il soggetto responsabile,
approva il progetto, con eventuali prescrizioni ed integrazioni entro sessanta
giorni dal suo ricevimento. Tale termine può essere sospeso una sola volta,
qualora la regione ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto
adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti al progetto,
assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questa ipotesi il termine
per l'approvazione del progetto decorre dalla presentazione del progetto
integrato. Ai soli fini della realizzazione e dell'esercizio degli impianti e
delle attrezzature necessarie all'attuazione del progetto operativo e per il
tempo strettamente necessario all'attuazione medesima, l'autorizzazione
regionale di cui al presente comma sostituisce a tutti gli effetti le
autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e
gli assensi previsti dalla legislazione vigente compresi, in particolare, quelli
relativi alla valutazione di impatto ambientale, ove necessaria, alla gestione
delle terre e rocce da scavo all'interno dell'area oggetto dell'intervento ed
allo scarico delle acque emunte dalle falde. L'autorizzazione costituisce,
altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di
urgenza ed indifferibilità dei lavori. Con il provvedimento di approvazione del
progetto sono stabiliti anche i tempi di esecuzione, indicando altresì le
eventuali prescrizioni necessarie per l'esecuzione dei lavori ed è fissata
l'entità delle garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per
cento del costo stimato dell'intervento, che devono essere prestate in favore
della regione per la corretta esecuzione ed il completamento degli interventi
medesimi.
8. I criteri per la selezione e l'esecuzione degli interventi di bonifica e
ripristino ambientale, di messa in sicurezza operativa o permanente, nonché per
l'individuazione delle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili (B.A.T.N.E.E.C.
- Best Available Technology Not Entailing Excessive Costs) ai sensi delle
normative comunitarie sono riportati nell'Allegato 3 alla parte quarta del
presente decreto.
9. La messa in sicurezza operativa, riguardante i siti contaminati con attività
in esercizio, garantisce una adeguata sicurezza sanitaria ed ambientale ed
impedisce un'ulteriore propagazione dei contaminanti. I progetti di messa in
sicurezza operativa sono accompagnati da accurati piani di monitoraggio
dell'efficacia delle misure adottate ed indicano se all'atto della cessazione
dell'attività si renderà necessario un intervento di bonifica o un intervento di
messa in sicurezza permanente.
10. Nel caso di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza e ripristino
ambientale di siti con attività in esercizio, la regione, fatto salvo l'obbligo
di garantire la tutela della salute pubblica e dell'ambiente, in sede di
approvazione del progetto assicura che i suddetti interventi siano articolati in
modo tale da risultare compatibili con la prosecuzione della attività.
11. Nel caso di eventi avvenuti anteriormente all'entrata in vigore della parte
quarta del presente decreto che si manifestino successivamente a tale data in
assenza di rischio immediato per l'ambiente e per la salute pubblica, il
soggetto interessato comunica alla regione, alla provincia e al comune
competenti l'esistenza di una potenziale contaminazione unitamente al piano di
caratterizzazione del sito, al fine di determinarne l'entità e l'estensione con
riferimento ai parametri indicati nelle CSC ed applica le procedure di cui ai
commi 4 e seguenti.
12. Le indagini ed attività istruttorie sono svolte dalla provincia, che si
avvale della competenza tecnica dell'Agenzia regionale per la protezione
dell'ambiente e si coordina con le altre amministrazioni.
13. La procedura di approvazione della caratterizzazione e del progetto di
bonifica si svolge in Conferenza di servizi convocata dalla regione e costituita
dalle amministrazioni ordinariamente competenti a rilasciare i permessi,
autorizzazioni e concessioni per la realizzazione degli interventi compresi nel
piano e nel progetto. La relativa documentazione è inviata ai componenti della
conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la
discussione e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve
fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni
dissenzienti espresse nel corso della conferenza. Compete alla provincia
rilasciare la certificazione di avvenuta bonifica. Qualora la provincia non
provveda a rilasciare tale certificazione entro trenta giorni dal ricevimento
della delibera di adozione, al rilascio provvede la regione.
(*) N.d.R.: Periodo
così sostituito dall'art. 2, c. 43 bis, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008,
pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Il testo anteriore alla modifica era il seguente:
"I criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono
riportati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto."
Art. 243
Acque di falda
1. Le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito degli
interventi di bonifica o messa in sicurezza(*) di un sito, possono essere scaricate, direttamente o dopo
essere state utilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso, nel
rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali in acque
superficiali di cui al presente decreto.
2. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104, ai soli fini della
bonifica dell'acquifero, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle
acque sotterranee nella stessa unità geologica da cui le stesse sono state
estratte, indicando la tipologia di trattamento, le caratteristiche
quali-quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le
misure di messa in sicurezza della porzione di acquifero interessato dal sistema
di estrazione/reimmissione. Le acque reimmesse devono essere state sottoposte ad
un trattamento finalizzato alla bonifica dell'acquifero e non devono contenere
altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e
quantità, da quelle presenti nelle acque prelevate.
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 8 quinquies del D.L. n. 208/2008 (GU n. 304 del
31-12-2008), introdotto in sede di conversione in legge (L. n. 13/2009
pubblicata nella GU n. 49 del 28.2.2009)
Art. 244
Ordinanze
1. Le pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni
individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono
superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno
comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti.
2. La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto
le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di
superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile
della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.
3. L'ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del
sito ai sensi e per gli effetti dell'articolo 253.
4. Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il
proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che
risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo
sono adottati dall'amministrazione competente in conformità a quanto disposto
dall'articolo 250.
Art. 245
Obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non
responsabili della potenziale contaminazione
1. Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di
ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono essere comunque
attivate su iniziativa degli interessati non responsabili.
2. Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di
cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il
superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento delle
concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla
regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le
misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242. La
provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito
il comune, per l'identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso
agli interventi di bonifica. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro
soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento
volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica necessari
nell'ambito del sito in proprietà o disponibilità.
3. Qualora i soggetti interessati procedano ai sensi dei commi 1 e 2 entro sei
mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto,
ovvero abbiano già provveduto in tal senso in precedenza, la decorrenza
dell'obbligo di bonifica di siti per eventi anteriori all'entrata in vigore
della parte quarta del presente decreto verrà definita dalla regione
territorialmente competente in base alla pericolosità del sito, determinata in
generale dal piano regionale delle bonifiche o da suoi eventuali stralci, salva
in ogni caso la facoltà degli interessati di procedere agli interventi prima del
suddetto termine.
Art. 246
Accordi di programma
1. I soggetti obbligati agli interventi di cui al presente titolo ed i
soggetti altrimenti interessati hanno diritto di definire modalità e tempi di
esecuzione degli interventi mediante appositi accordi di programma stipulati,
entro sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui
all'articolo 242, con le amministrazioni competenti ai sensi delle disposizioni
di cui al presente titolo.
2. Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere
alla contestuale bonifica di una pluralità di siti che interessano il territorio
di più regioni, i tempi e le modalità di intervento possono essere definiti con
appositi accordi di programma stipulati, entro dodici mesi dall'approvazione del
documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con le regioni
interessate.
3. Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere
alla contestuale bonifica di una pluralità di siti dislocati su tutto il
territorio nazionale o vi siano più soggetti interessati alla bonifica di un
medesimo sito di interesse nazionale, i tempi e le modalità di intervento
possono essere definiti con accordo di programma da stipularsi, entro diciotto
mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo
242, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con
i Ministri della salute e delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.
Art. 247
Siti soggetti a sequestro
1. Nel caso in cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro, l'autorità
giudiziaria che lo ha disposto può autorizzare l'accesso al sito per
l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino
ambientale delle aree, anche al fine di impedire l'ulteriore propagazione degli
inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale.
Art. 248
Controlli
1. La documentazione relativa al piano della caratterizzazione del sito e al
progetto operativo, comprensiva delle misure di riparazione, dei monitoraggi da
effettuare, delle limitazioni d'uso e delle prescrizioni eventualmente dettate
ai sensi dell'articolo 242, comma 4, è trasmessa alla provincia e all'Agenzia
regionale per la protezione dell'ambiente competenti ai fini dell'effettuazione
dei controlli sulla conformità degli interventi ai progetti approvati.
2. Il completamento degli interventi di bonifica, di messa in sicurezza
permanente e di messa in sicurezza operativa, nonché la conformità degli stessi
al progetto approvato sono accertati dalla provincia mediante apposita
certificazione sulla base di una relazione tecnica predisposta dall'Agenzia
regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente.
3. La certificazione di cui al comma 2 costituisce titolo per lo svincolo delle
garanzie finanziarie di cui all'articolo 242, comma 7.
Art. 249
Aree contaminate di ridotte dimensioni
1. Per le aree contaminate di ridotte dimensioni si applicano le procedure
semplificate di intervento riportate nell'Allegato 4 alla parte quarta del
presente decreto.
Art. 250
Bonifica da parte dell'amministrazione
1. Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano
direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano
individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti
interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono
realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non
provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissati dal piano
regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri
soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad
evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le
regioni possono istituire appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilità
di bilancio.
Art. 251
Censimento ed anagrafe dei siti da bonificare
1. Le regioni, sulla base dei criteri definiti dall'Istituto superiore per
la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), predispongono
l'anagrafe dei siti oggetto di procedimento di bonifica, la quale deve
contenere:
a) l'elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino
ambientale nonché degli interventi realizzati nei siti medesimi;
b) l'individuazione dei soggetti cui compete la bonifica;
c) gli enti pubblici di cui la regione intende avvalersi, in caso di
inadempienza dei soggetti obbligati, ai fini dell'esecuzione d'ufficio, fermo
restando l'affidamento delle opere necessarie mediante gara pubblica ovvero il
ricorso alle procedure dell'articolo 242.
2. Qualora, all'esito dell'analisi di rischio sito specifica venga accertato il
superamento delle concentrazioni di rischio, tale situazione viene riportata dal
certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme
tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del comune e viene
comunicata all'Ufficio tecnico erariale competente.
3. Per garantire l'efficacia della raccolta e del trasferimento dei dati e delle
informazioni, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale
(ISPRA) definisce, in collaborazione con le regioni e le agenzie regionali per la
protezione dell'ambiente, i contenuti e la struttura dei dati essenziali
dell'anagrafe, nonché le modalità della loro trasposizione in sistemi
informativi collegati alla rete del Sistema informativo nazionale dell'ambiente
(SINA).
Art. 252
Siti di interesse nazionale
1. I siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in
relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli
inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in
termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni
culturali ed ambientali.
2. All'individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede con decreto
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le
regioni interessate, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
a) gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i
corpi idrici, di particolare pregio ambientale;
b) la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati ai sensi del decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
c) il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle
concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato in
ragione della densità della popolazione o dell'estensione dell'area interessata;
d) l'impatto socio economico causato dall'inquinamento dell'area deve essere
rilevante;
e) la contaminazione deve costituire un rischio per i beni di interesse storico
e culturale di rilevanza nazionale;
f) gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di
più regioni.
3. Ai fini della perimetrazione del sito sono sentiti i comuni, le province, le
regioni e gli altri enti locali, assicurando la partecipazione dei responsabili
nonché dei proprietari delle aree da bonificare, se diversi dai soggetti
responsabili.
4. La procedura di bonifica di cui all'articolo 242 dei siti di interesse
nazionale è attribuita alla competenza del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero delle attività produttive. Il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può avvalersi anche
dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA),
delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente delle regioni
interessate e dell'Istituto superiore di sanità nonché di altri soggetti
qualificati pubblici o privati.
5. Nel caso in cui il responsabile non provveda o non sia individuabile oppure
non provveda il proprietario del sito contaminato né altro soggetto interessato,
gli interventi sono predisposti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, avvalendosi dell'Istituto superiore per la protezione e
la ricerca ambientale (ISPRA), dell'Istituto superiore di sanità e dell'E.N.E.A. nonché
di altri soggetti qualificati pubblici o privati.
6. L'autorizzazione del progetto e dei relativi interventi sostituisce a tutti
gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla
osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente, ivi compresi,
tra l'altro, quelli relativi alla realizzazione e all'esercizio degli impianti e
delle attrezzature necessarie alla loro attuazione. L'autorizzazione
costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica
utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.
7. Se il progetto prevede la realizzazione di opere sottoposte a procedura di
valutazione di impatto ambientale, l'approvazione del progetto di bonifica
comprende anche tale valutazione.
8. In attesa del perfezionamento del provvedimento di autorizzazione di cui ai
commi precedenti, completata l'istruttoria tecnica, il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare può autorizzare in via provvisoria, su richiesta
dell'interessato, ove ricorrano motivi d'urgenza e fatta salva l'acquisizione
della pronuncia positiva del giudizio di compatibilità ambientale, ove prevista,
l'avvio dei lavori per la realizzazione dei relativi interventi di bonifica,
secondo il progetto valutato positivamente, con eventuali prescrizioni, dalla
conferenza di servizi convocata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare. L'autorizzazione provvisoria produce gli effetti di cui all'articolo
242, comma 7.
9. È qualificato sito di interesse nazionale ai sensi della normativa vigente
l'area interessata dalla bonifica della ex discarica delle Strillale (Grosseto).
Con successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare si provvederà alla perimetrazione della predetta area.
Art. 252-bis
Siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale
1. Con uno o piu' decreti del Ministro per lo sviluppo economico, di
concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono
individuati i siti di interesse pubblico ai fini dell'attuazione di
programmi ed interventi di riconversione industriale e di sviluppo
economico produttivo, contaminati da eventi antecedenti al 30 aprile
2006, anche non compresi nel Programma Nazionale di bonifica di cui al
decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468 e successive modifiche ed
integrazioni, nonche' il termine, compreso fra novanta e
trecentosessanta giorni, per la conclusione delle conferenze di servizi
di cui al comma 5. In tali siti sono attuati progetti di riparazione dei
terreni e delle acque contaminate assieme ad interventi mirati allo
sviluppo economico produttivo. Nei siti con aree demaniali e acque di
falda contaminate tali progetti sono elaborati ed approvati, entro
dodici mesi dall'adozione del decreto di cui al presente comma, con
appositi accordi di programma stipulati tra i soggetti interessati, i
Ministri per lo sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare e della salute e il Presidente della Regione
territorialmente competente, sentiti il Presidente della Provincia e il
Sindaco del Comune territorialmente competenti. Gli interventi di
riparazione sono approvati in deroga alle procedure di bonifica di cui
alla parte IV del titolo V del presente decreto.
2. Gli oneri connessi alla messa in sicurezza e alla bonifica nonche'
quelli conseguenti all'accertamento di ulteriori danni ambientali sono a
carico del soggetto responsabile della contaminazione, qualora sia
individuato, esistente e solvibile. Il proprietario del sito contaminato
e' obbligato in via sussidiaria previa escussione del soggetto
responsabile dell'inquinamento.
3. Gli accordi di programma assicurano il coordinamento delle azioni per
determinarne i tempi, le modalita', il finanziamento ed ogni altro
connesso e funzio-nale adempimento per l'attuazione dei programmi di cui
al comma 1 e disciplinano in particolare:
a) gli obiettivi di reindustrializzazione e di sviluppo economico
produttivo e il piano economico finanziario degli investimenti da parte
di ciascuno dei proprietari delle aree comprese nel sito contaminato al
fine di conseguire detti obiettivi;
b) il coordinamento delle risultanze delle caratterizzazioni eseguite e
di quelle che si intendono svolgere;
c) gli obiettivi degli interventi di bonifica e riparazione, i relativi
obblighi dei responsabili della contaminazione e del proprietario del
sito, l'eventuale costituzione di consorzi pubblici o a partecipazione
mista per l'attuazione di tali obblighi nonche' le iniziative e le
azioni che le pubbliche amministrazioni si impegnano ad assumere ed a
finanziare;
d) la quantificazione degli effetti temporanei in termini di perdita di
risorse e servizi causati dall'inquinamento delle acque;
e) le azioni idonee a compensare le perdite temporanee di risorse e
servizi, sulla base dell'Allegato II della direttiva 2004/35/CE; a tal
fine sono preferite le misure di miglioramento della sostenibilita'
ambientale degli impianti esistenti, sotto il profilo del miglioramento
tecnologico produttivo e dell'implementazione dell'efficacia dei sistemi
di depurazione e abbattimento delle emissioni.
f) la prestazione di idonee garanzie finanziarie da parte dei privati
per assicurare l'adempimento degli impegni assunti;
g) l'eventuale finanziamento di attivita' di ricerca e di
sperimentazione di tecniche e metodologie finalizzate al trattamento
delle matrici ambientali contaminate e all'abbattimento delle
concentrazioni di contaminazione, nonche' ai sistemi di misurazione e
analisi delle sostanze contaminanti e di monitoraggio della qualita'
ecologica del sito;
h) le modalita' di monitoraggio per il controllo dell'adempimento degli
impegni assunti e della realizzazione dei progetti.
4. La stipula dell'accordo di programma costituisce riconoscimento
dell'interesse pubblico generale alla realizzazione degli impianti,
delle opere e di ogni altro intervento connesso e funzionale agli
obiettivi di risanamento e di sviluppo economico e produttivo.
5. I provvedimenti relativi agli interventi di cui al comma 3 sono
approvati ai sensi del comma 6 previo svolgimento di due conferenze di
servizi, aventi ad oggetto rispettivamente l'intervento di bonifica e
l'intervento di reindustrializzazione. La conferenza di servizi relativa
all'intervento di bonifica e' indetta dal Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, che costituisce
l'amministrazione procedente. La conferenza di servizi relativa
all'intervento di reindustrializzazione e' indetta dal Ministero dello
sviluppo economico, che costituisce l'amministrazione procedente. Le due
conferenze di servizi sono indette ai sensi dell'articolo 14 e seguenti
della legge 7 agosto 1990, n. 241 e ad esse partecipano i soggetti
pubblici coinvolti nell'accordo di programma di cui al comma 1 e i
soggetti privati proponenti le opere e gli interventi nei siti di cui al
medesimo comma 1. L'assenso espresso dai rappresentanti degli enti
locali, sulla base delle determinazioni a provvedere degli organi
competenti, sostituisce ogni atto di pertinenza degli enti medesimi.
Alle conferenze dei servizi sono ammessi gli enti, le associazioni e le
organizzazioni sindacali interessati alla realizzazione del programma.
6. Fatta salva l'applicazione delle norme in materia di valutazione di
impatto ambientale e di autorizzazione ambientale integrata, all'esito
delle due conferenze di servizi, con decreto del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo
economico, d'intesa con la regione interessata, si autorizzano la
bonifica e la eventuale messa in sicurezza nonche' la costruzione e
l'esercizio degli impianti e delle opere annesse.
7. In considerazione delle finalita' di tutela e ripristino ambientale
perseguite dal presente articolo, l'attuazione da parte dei privati
degli impegni assunti con l'accordo di programma costituisce anche
attuazione degli obblighi di cui alla direttiva 2004/35/CE e delle
relative disposizioni di attuazione di cui alla parte VI del presente
decreto.
8. Gli obiettivi di bonifica dei suoli e delle acque sono stabiliti
dalla Tabella I dell'Allegato 5 al titolo V del presente decreto.
Qualora il progetto preliminare dimostri che tali limiti non possono
essere raggiunti nonostante l'applicazione, secondo i principi della
normativa comunitaria, delle migliori tecnologie disponibili a costi
sopportabili, la Conferenza di Servizi indetta dal Ministero
dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare puo' autorizzare
interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza
che garantiscano, comunque, la tutela ambientale e sanitaria anche se i
valori di concentrazione residui previsti nel sito risultano superiori a
quelli stabiliti dalla Tabella I dell'Allegato 5 al titolo V del
presente decreto. Tali valori di concentrazione residui sono determinati
in base ad una metodologia di analisi di rischio riconosciuta a livello
internazionale.
9. In caso di mancata partecipazione all'accordo di programma di cui al
comma 1 di uno o piu' responsabili della contaminazione, gli interventi
sono progettati ed effettuati d'ufficio dalle amministrazioni che hanno
diritto di rivalsa nei confronti dei soggetti che hanno determinato
l'inquinamento, ciascuno per la parte di competenza. La presente
disposizione si applica anche qualora il responsabile della
contaminazione non adempia a tutte le obbligazioni assunte in base
all'accordo di programma.
10. Restano ferme la titolarita' del procedimento di bonifica e le altre
competenze attribuite alle Regioni per i siti contaminati che non rientrano fra
quelli di interesse nazionale di cui all'articolo 252. (*)
(*) N.d.R.: Articolo
aggiunto dall'art. 2, c. 43, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato
nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Art. 253
Oneri reali e privilegi speciali
1. Gli interventi di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui
siti contaminati qualora effettuati d'ufficio dall'autorità competente ai sensi
dell'articolo 250. L'onere reale viene iscritto a seguito della approvazione del
progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione
urbanistica.
2. Le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assistite da
privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti
dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può
esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile.
3. Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei
confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo
di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorità
competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità
del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare
azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro
infruttuosità.
4. In ogni caso, il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere
tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato e con l'osservanza
delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, le spese degli
interventi adottati dall'autorità competente soltanto nei limiti del valore di
mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli interventi
medesimi. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell'inquinamento
abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di
rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese
sostenute e per l'eventuale maggior danno subito.
5. Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla
base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributi
pubblici entro il limite massimo del cinquanta per cento delle relative spese
qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela
igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici
non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.
TITOLO VI - SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
CAPO I - SANZIONI
Art. 254
Norme speciali
1. Restano ferme le sanzioni previste da norme speciali vigenti in materia.
Art. 255
Abbandono di rifiuti
1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 256, comma 2, chiunque, in
violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma
2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle
acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da trecento euro a tremila euro. Se l'abbandono riguarda
rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa e' aumentata fino al doppio.(*)
2. Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della
succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all'articolo
231, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro
duecentosessanta a euro millecinquecentocinquanta.
3. Chiunque non ottempera all'ordinanza del Sindaco, di cui all'articolo 192,
comma 3, o non adempie all'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3, è punito
con la pena dell'arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella
sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il
beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla
esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all'articolo 192, comma 3,
ovvero all'adempimento dell'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3.
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 34 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Art. 256
Attività di gestione di rifiuti non autorizzata
1. Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero,
smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della
prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208,
209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:
a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da
duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da
duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai
responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i
rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione
del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2.
3. Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la
pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro
a ventiseimila euro. Si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e
dell'ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica
è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla
sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del
codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale è
realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe
al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei
luoghi.
4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di
inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni,
nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per
le iscrizioni o comunicazioni.
5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all'articolo 187, effettua
attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui
al comma 1, lettera b).
6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di
rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui
all'articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell'arresto da tre
mesi ad un anno o con la pena dell'ammenda da duemilaseicento euro a
ventiseimila euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da
duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro per i quantitativi non
superiori a duecento litri o quantità equivalenti.
7. Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7, 8 e 9, 233,
commi 12 e 13, e 234, comma 14, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro.
8. I soggetti di cui agli articoli 233, 234, 235 e 236 che non adempiono agli
obblighi di partecipazione ivi previsti sono puniti con una sanzione
amministrativa pecuniaria da ottomila euro a quarantacinquemila euro, fatto
comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi. Sino
all'adozione del decreto di cui all'articolo 234, comma 2, le sanzioni di cui al
presente comma non sono applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo 234.
9. Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della metà nel caso di adesione
effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere
agli obblighi di partecipazione previsti dagli articoli 233, 234, 235 e 236.
Art. 257
Bonifica dei siti
1. Chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque
superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni
soglia di rischio è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno o con
l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, se non provvede alla
bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente
nell'ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di
mancata effettuazione della comunicazione di cui all'articolo 242, il
trasgressore è punito con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con
l'ammenda da mille euro a ventiseimila euro.
2. Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena dell'ammenda
da cinquemiladuecento euro a cinquantaduemila euro se l'inquinamento è provocato
da sostanze pericolose.
3. Nella sentenza di condanna per la contravvenzione di cui ai commi 1 e 2, o
nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale,
il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato
alla esecuzione degli interventi di emergenza, bonifica e ripristino ambientale.
4. L'osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 e seguenti
costituisce condizione di non punibilità per i reati ambientali contemplati da
altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di
cui al comma 1.
Art. 258
Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri
obbligatori e dei formulari
1. I soggetti di cui all'articolo 190, comma 1, che non abbiano aderito
al sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui
all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e che omettano di tenere ovvero tengano
in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui al medesimo articolo,
sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a
quindicimilacinquecento euro.(*)
2. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un'
organizzazione di ente o di impresa che non adempiano all'obbligo della tenuta
del registro di carico e scarico con le modalita' di cui all'articolo 1, comma
1, della legge 25 gennaio 2006, n. 29, e all'articolo 6, comma 1 del decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17
dicembre 2009, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio
2010, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da
quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.(*)
3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15
dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 1(**) sono ridotte
rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento euro [per i rifiuti non
pericolosi e da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti
pericolosi](***). Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero
di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i
lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità
lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello
dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento
dell'infrazione.
4. Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di
cui all'articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al
sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui
all'articolo 188-bis, comma 2, lettera a), ed effettuano il trasporto di rifiuti
senza il formulario di cui all'articolo 193 ovvero indicano nel formulario
stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa
pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di
cui all'articolo 483 del codice penale a chi, nella predisposizione di un
certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura,
sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi
fa uso di un certificato falso durante il trasporto.(*)
5. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o
inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di
carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e
nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le
informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da
duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si
applica se le indicazioni di cui al comma 4(****) sono formalmente incomplete o
inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute
per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di
mancata conservazione dei registri di cui all'articolo 190, comma 1, o del
formulario di cui all'articolo 193 da parte dei soggetti obbligati(**).
5-bis. I soggetti di
cui all'articolo 220, comma 2, che non effettuino la comunicazione ivi
prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la
sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a
quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione e' effettuata entro il
sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25
gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da
ventisei euro a centosessanta euro(*****).
5-ter. Il sindaco del comune che non effettui la comunicazione di cui
all'articolo 189, comma 3, ovvero la effettui in modo incompleto o inesatto, e'
punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a
quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione e' effettuata entro il
sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25
gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da
ventisei euro a centosessanta euro(*****). .
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 35 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(**) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 35 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(***) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 35 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(****) N.d.R.: Le originarie parole "comma 43" sono state così modificate dall'art. 2, c. 42, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(*****) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 35 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Art. 259
Traffico illecito di rifiuti
1. Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito
ai sensi dell'art. 26 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, o effettua
una spedizione di rifiuti elencati nell'Allegato II del citato regolamento in
violazione dell'articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento
stesso è punito con la pena dell'ammenda da millecinquecentocinquanta euro a
ventiseimila euro e con l'arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso
di spedizione di rifiuti pericolosi.
2. Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del
codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al
comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4,
consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.
Art. 260
Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti
1. Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni
e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede,
riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti
quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni.
2. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della
reclusione da tre a otto anni.
3. Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30,
32-bis e 32-ter del codice penale, con la limitazione di cui all'art. 33 del
medesimo codice.
4. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi
dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello
stato dell'ambiente e può subordinare la concessione della sospensione
condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per
l'ambiente.
Articolo 260-bis
Sistema informatico di controllo della tracciabilita' dei rifiuti(*)
1. I soggetti obbligati che omettono l'iscrizione al sistema di controllo
della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2,
lett. a), nei termini previsti, sono puniti con una sanzione amministrativa
pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di
rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da
quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.
2. I soggetti obbligati che omettono, nei termini previsti, il pagamento del
contributo per l'iscrizione al sistema di controllo della tracciabilita' dei
rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), sono puniti con
una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a
quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una
sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a
novantatremila euro. All'accertamento dell'omissione del pagamento consegue
obbligatoriamente, la sospensione immediata dal servizio fornito dal predetto
sistema di controllo della tracciabilita' nei confronti del trasgressore. In
sede di rideterminazione del contributo annuale di iscrizione al predetto
sistema di tracciabilita' occorre tenere conto dei casi di mancato pagamento
disciplinati dal presente comma.
3. Chiunque omette di compilare il registro cronologico o la scheda SISTRI -
AREA MOVIMENTAZIONE, secondo i tempi, le procedure e le modalita' stabilite dal
sistema informatico di controllo di cui al comma 1, ovvero fornisce al suddetto
sistema informazioni incomplete, o inesatte, altera fraudolentemente uno
qualunque dei dispositivi tecnologici accessori al predetto sistema informatico
di controllo, o comunque ne impedisce in qualsiasi modo il corretto
funzionamento, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Nel caso di imprese che
occupino un numero di unita' lavorative inferiore a quindici dipendenti,si
applica la sanzione amministrativa pecuniaria da millequaranta euro a
seimiladuecento. Il numero di unita' lavorative e' calcolato con riferimento al
numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i
lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unita'
lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione e'
quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di
accertamento dell'infrazione. Se le indicazioni riportate pur incomplete o
inesatte non pregiudicano la tracciabilita' dei rifiuti, si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro
millecinquecentocinquanta.
4. Qualora le condotte di cui al comma 3 siano riferibili a rifiuti pericolosi
si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento
ad euro novantatremila, nonche' la sanzione amministrativa accessoria della
sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto cui
l'infrazione e' imputabile ivi compresa la sospensione dalla carica di
amministratore. Nel caso di imprese che occupino un numero di unita' lavorative
inferiore a quindici dipendenti, le misure minime e
massime di cui al periodo precedente sono ridotte rispettivamente da
duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. Le
modalita' di calcolo dei numeri di dipendenti avviene nelle modalita' di cui al
comma 3. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano
la tracciabilita' dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria
da euro cinquecentoventi ad euro tremilacento.
5. Al di fuori di quanto previsto nei commi da 1 a 4, i soggetti che si rendono
inadempienti agli ulteriori obblighi su di loro incombenti ai sensi del predetto
sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) sono puniti, per
ciascuna delle suddette violazioni, con la sanzione amministrativa pecuniaria da
euro duemilaseicento ad euro quindicimilacinquecento. In caso di rifiuti
pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro
quindicimilacinquecento ad euro novantatremila.
6. Si applica la pena di cui all'articolo 483 c.p. a colui che, nella
predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, utilizzato nell'ambito
del sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti fornisce false
indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche
chimico-fisiche dei rifiuti e a chi inserisce un certificato falso nei dati da
fornire ai fini della tracciabilita' dei rifiuti.
7. Il trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con la
copia cartacea della scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla
base della normativa vigente, con la copia del certificato analitico che
identifica le caratteristiche dei rifiuti e' punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.300 euro. Si applica la pena di cui
all'art. 483 del codice penale in caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale
ultima pena si applica anche a colui che, durante il trasporto fa uso di un
certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura,
sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti
trasportati.
8. Il trasportatore che accompagna il trasporto di rifiuti con una copia
cartacea della scheda SISTRI - AREA Movimentazione fraudolentemente alterata e'
punito con la pena prevista dal combinato disposto degli articoli 477 e 482 del
codice penale. La pena e' aumentata fino ad un terzo nel caso di rifiuti
pericolosi.
9. Se le condotte di cui al comma 7 non pregiudicano la tracciabilita' dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.
9-bis. Chi con un'azione od omissione viola diverse disposizioni di cui al presente articolo ovvero commette piu' violazioni della stessa disposizione soggiace alla sanzione amministrativa prevista per la violazione piu' grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si applica a chi con piu' azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno, commette anche in tempi diversi piu' violazioni della stessa o di diverse disposizioni di cui al presente articolo.
9-ter. Non risponde delle violazioni amministrative di cui al presente articolo chi, entro trenta giorni dalla commissione del fatto, adempie agli obblighi previsti dalla normativa relativa al sistema informatico di controllo di cui al comma 1. Nel termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o dalla notificazione della violazione, il trasgressore puo' definire la controversia, previo adempimento degli obblighi di cui sopra, con il pagamento di un quarto della sanzione prevista. La definizione agevolata impedisce l'irrogazione delle sanzioni accessorie.(**)
(*) N.d.R.: Articolo inserito dall'art. 36 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(**) N.d.R.: Commi
9-bis e 9-ter introdotti dall'art. 3, c. 2 del Decreto Legislativo 07 luglio
2011, n. 121 (in G.U. 01/08/2011, n.177)
Articolo 260-ter
Sanzioni amministrative accessorie. Confisca(*)
1. All'accertamento delle violazioni di cui ai commi 7 e 8(**) dell'articolo
260-bis, consegue obbligatoriamente la sanzione accessoria del fermo
amministrativo del veicolo utilizzato per l'attivita' di trasporto dei rifiuti
di mesi 12, nel caso in cui il responsabile si trovi nelle situazioni di cui
all'art. 99 c.p. o all'articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, o
abbia commesso in precedenza illeciti amministrativi con violazioni della stessa
indole o comunque abbia violato norme in materia di rifiuti.
2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli
213, 214, 214 bis e 224-ter del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e
relative norme di attuazione.
3. All'accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell'articolo 260-bis,
consegue la sanzione accessoria del fermo amministrativo di mesi 12 del veicolo
utilizzato dal trasportatore. In ogni caso restituzione del veicolo sottoposto
al fermo amministrativo non puo' essere disposta in mancanza dell' iscrizione e
del correlativo versamento del contributo.
4. In caso di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, e' sempre
disposta la confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il
trasporto del rifiuto, ai sensi dell'articolo 240, secondo comma, del codice
penale, salvo che gli stessi che appartengano, non fittiziamente a persona
estranea al reato.
5. Il fermo di cui al comma 1 e la confisca di cui al comma 4 conseguono
obbligatoriamente anche all'accertamento delle violazioni di cui al comma 1
dell'articolo 256.
(*) N.d.R.: Articolo inserito dall'art. 36 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(**) N.d.R.: Comma
così modificato dall'art. 3, c. 3 del Decreto Legislativo 07 luglio 2011, n. 121
(in G.U. 01/08/2011, n.177)
Art. 261
Imballaggi
1. I produttori e gli utilizzatori che non adempiano all'obbligo di raccolta
di cui all'articolo 221, comma 2, o non adottino, in alternativa, sistemi
gestionali ai sensi del medesimo articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono
puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a sei volte le somme
dovute al CONAI, fatto comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi
pregressi.
2. I produttori di imballaggi che non provvedono ad organizzare un sistema per
l'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 221, comma 3, e non aderiscono
ai consorzi di cui all'articolo 223, né adottano un sistema di restituzione dei
propri imballaggi ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono
puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro
a quarantaseimilacinquecento euro. La stessa pena si applica agli utilizzatori
che non adempiono all'obbligo di cui all' all'articolo 221, comma 4.
3. La violazione dei divieti di cui all'articolo 226, commi 1 e 4, è punita con
la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemiladuecento euro a quarantamila
euro. La stessa pena si applica a chiunque immette nel mercato interno
imballaggi privi dei requisiti di cui all'articolo 219, comma 5.
4. La violazione del disposto di cui all'articolo 226, comma 3, è punita con la
sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a
quindicimilacinquecento euro.
Art. 262
Competenza e giurisdizione
1. Fatte salve le altre disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 in
materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle
sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte quarta del presente
decreto provvede la provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione,
ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 261, comma 3, in relazione al
divieto di cui all'articolo 226, comma 1, per le quali è competente il comune.
2. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui
al comma 1 è esperibile il giudizio di opposizione di cui all'art. 23 della
legge 24 novembre 1981, n. 689.
3. Per i procedimenti penali pendenti alla data di entrata in vigore della parte
quarta del presente decreto l'autorità giudiziaria, se non deve pronunziare
decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione
degli atti agli Enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione delle
sanzioni amministrative.
Art. 263
Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie
1. I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni di
cui alle disposizioni della parte quarta del presente decreto sono devoluti alle
province e sono destinati all'esercizio delle funzioni di controllo in materia
ambientale, fatti salvi i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di
cui all'articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all'articolo 226,
comma 1, che sono devoluti ai comuni.
CAPO II - DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 264
Abrogazione di norme
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente
decreto restano o sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente
decreto prevede l'ulteriore vigenza:
a) la legge 20 marzo 1941, n. 366;
b) il decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915;
c) il decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni,
dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, ad eccezione dell'articolo 9 e
dell'articolo 9-quinquies come riformulato dal presente decreto. Al fine di
assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla
preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente
decreto, i provvedimenti attuativi dell'art. 9-quinquies, del decreto-legge 9
settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre
1988, n. 475, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei
corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente
decreto;
d) il decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla
legge 29 ottobre 1987, n. 441, ad eccezione degli articoli 1, 1-bis, 1-ter,
1-quater e 1-quinquies;
e) il decreto-legge 14 dicembre 1988, n. 527, convertito, con modificazioni,
dalla legge 10 febbraio 1988, n. 45;
f) l'art. 29-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
g) i commi 3, 4 e 5, secondo periodo, dell'art. 103 del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285;
h) l'art. 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994,
pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 251 del 26 ottobre 1994;
i) il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non
vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa
a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti
attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad
applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti
attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
l) l'art. 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con
modificazioni, dall'articolo 14 della legge 8 agosto 2002, n. 178;
m) l'articolo 9, comma 2-bis, della legge 21 novembre 2000, n. 342, ultimo
periodo, dalle parole: "i soggetti di cui all'artico 38, comma 3, lettera a)"
sino alla parola: "CONAI";
[n) l'articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504;](*)
o) gli articoli 4, 5, 8, 12, 14 e 15 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.
95. Restano valide ai fini della gestione degli oli usati, fino al conseguimento
o diniego di quelle richieste ai sensi del presente decreto e per un periodo
comunque non superiore ad un triennio dalla data della sua entrata in vigore,
tutte le autorizzazioni concesse, alla data di entrata in vigore della parte
quarta del presente decreto, ai sensi della normativa vigente, ivi compresi il
decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il decreto legislativo 27 gennaio
1992, n. 95, e il decreto 16 maggio 1996, n. 392, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 173 del 25 luglio 1996. Al fine di assicurare che non vi sia
soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella
prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi
dell'art. 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, continuano ad
applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti
attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
p) l'art. 19 della legge 23 marzo 2001, n. 93.
2. Il Governo, ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.
400, adotta, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte
quarta del presente decreto, su proposta del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive,
previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro
trenta giorni dalla trasmissione del relativo schema alle Camere, apposito
regolamento con il quale sono individuati gli ulteriori atti normativi
incompatibili con le disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto,
che sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento
medesimo.
(*) N.d.R.: Lettera soppressa dall'art. 2, c. 44, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
Articolo 264-bis
Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri in data 27 aprile 2010(*)
1. All'Allegato “Articolazione del MUD” del decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri in data 27 aprile 2010, pubblicato nel Supplemento
Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile 2010, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) al capitolo 1 - Rifiuti, al punto “4. Istruzione per la compilazione delle singole sezioni” la “Sezione comunicazione semplificata” e' abrogata e sono abrogati il punto 6 “ Sezione rifiuti” e il punto 8 “ Sezione intermediari e commercio”;
b) i capitoli 2 e 3 sono abrogati a decorrere dalla dichiarazione relativa al 2011.
(*) N.d.R.: Articolo
inserito dall'art. 37 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Articolo 264-ter
Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 24 giugno 2003,
n. 209(*)
1. All'articolo 11 del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, il comma
3 e' sostituito dal seguente: “3. A decorrere dal giorno successivo alla
scadenza del termine di cui all'articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009,
e successive modificazioni, i dati relativi ai veicoli fuori uso ed ai
pertinenti materiali e componenti sottoposti a trattamento, nonche' i dati
relativi ai materiali, ai prodotti ed ai componenti ottenuti ed avviati al
reimpiego, al riciclaggio e al recupero, sono forniti attraverso il sistema di
controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis,
comma 2, lett. a), e all'articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n.
78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.”.
(*) N.d.R.: Articolo
inserito dall'art. 37 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Articolo 264-quater
Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 25 luglio 2005,
n. 151(*)
1. All'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, il comma 4
e' sostituito dal seguente: “4. Al fine di verificare il raggiungimento degli
obiettivi di cui al comma 2, a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del
termine di cui all'articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, e successive
modificazioni, i dati relativi ai RAEE esportati, trattati ed ai materiali
derivanti da essi ed avviati al recupero ed al reimpiego sono forniti attraverso
il sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui
all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a e all'articolo 14-bis del decreto-legge
n.78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009. Le
informazioni specificano la categoria di appartenenza secondo l'allegato 1A, il
peso o, se non rilevabile, il numero di pezzi degli stessi RAEE.
(*) N.d.R.: Articolo
inserito dall'art. 37 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante
"Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
Art. 265
Disposizioni transitorie
1. Le vigenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta,
il trasporto, il recupero(*) e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all'adozione
delle corrispondenti specifiche norme adottate in attuazione della parte quarta
del presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di
continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla
parte quarta del presente decreto, le pubbliche amministrazioni, nell'esercizio
delle rispettive competenze, adeguano la previgente normativa di attuazione alla
disciplina contenuta nella parte quarta del presente decreto, nel rispetto di
quanto stabilito dall'articolo 264, comma 1, lettera i). Ogni riferimento ai
rifiuti tossici e nocivi continua ad intendersi riferito ai rifiuti pericolosi.
2. In attesa delle specifiche norme regolamentari e tecniche in materia di
trasporto dei rifiuti, di cui all'articolo 195, comma 2, lettera l), e fermo
restando quanto previsto dall'art. 188-ter(**) e dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 in
materia di rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico, i rifiuti sono
assimilati alle merci per quanto concerne il regime normativo in materia di
trasporti via mare e la disciplina delle operazioni di carico, scarico,
trasbordo, deposito e maneggio in aree portuali. In particolare i rifiuti
pericolosi sono assimilati alle merci pericolose.
3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro
delle attività produttive, individua con apposito decreto le forme di promozione
e di incentivazione per la ricerca e per lo sviluppo di nuove tecnologie di
bonifica presso le università, nonché presso le imprese e i loro consorzi.(****)
4. Fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore della
parte quarta del presente decreto, entro centottanta giorni da tale data, può
essere presentata all'autorità competente adeguata relazione tecnica al fine di
rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri
definiti dalla parte quarta del presente decreto. L'autorità competente esamina
la documentazione e dispone le varianti al progetto necessarie.
5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare di
concerto con il Ministro delle attività produttive sono disciplinati modalità,
presupposti ed effetti economici per l'ipotesi in cui i soggetti aderenti ai
vigenti consorzi pongano in essere o aderiscano a nuovi consorzi o a forme ad
essi alternative, in conformità agli schemi tipo di statuto approvati dai
medesimi Ministri, senza che da ciò derivino nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
6. Le aziende siderurgiche e metallurgiche operanti alla data di entrata in
vigore della parte quarta del presente decreto e sottoposte alla disciplina di
cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono autorizzate in via
transitoria, previa presentazione della relativa domanda, e fino al rilascio o
al definitivo diniego dell'autorizzazione medesima, ad utilizzare, impiegandoli
nel proprio ciclo produttivo, i rottami ferrosi individuati dal codice GA 430
dell'Allegato II (lista verde dei rifiuti) del regolamento (CE) 1° febbraio
1993, n. 259 e i rottami non ferrosi individuati da codici equivalenti del
medesimo Allegato.
6-bis. I soggetti che alla data di entrata in vigore del presente decreto svolgono attivita' di recupero di rottami ferrosi e non ferrosi che erano da considerarsi escluse dal campo di applicazione della parte quarta del medesimo decreto n. 152 del 2006 possono proseguire le attivita' di gestione in essere alle condizioni di cui alle disposizioni previgenti fino al rilascio o al diniego delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento di dette attivita' nel nuovo regime. Le relative istanze di autorizzazione o iscrizione sono presentate entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.(***)
(*) N.d.R.: Parole aggiunte dall'art. 2, c. 45, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(**) N.d.R.: Comma così modificato dall'art.38 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10-12-2010 - Suppl. Ordinario n.269.
(***) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 2, c. 46, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
(****) N.d.R.:
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 247 del 24/07/2009, ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale del comma 3, nella parte in cui "non prevede
che, prima dell'adozione del decreto ministeriale da esso disciplinato, sia
sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997."
Art. 266
Disposizioni finali
1. Nelle attrezzature sanitarie di cui all'art. 4, comma 2, lettera g),
della legge 29 settembre 1964, n. 847, sono ricomprese le opere, le costruzioni
e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei
rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree
inquinate.
2. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente
decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico
dello Stato.
3. Le spese per l'indennità e per il trattamento economico del personale di cui
all'art. 9 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, restano a carico del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, salvo quanto previsto dal
periodo seguente. Il trattamento economico resta a carico delle istituzioni di
appartenenza, previa intesa con le medesime, nel caso in cui il personale svolga
attività di comune interesse.
4. I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si
considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali
attività.
5. Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano
alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti
abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante,
limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio.
6. Fatti salvi gli effetti dei provvedimenti sanzionatori adottati con atti
definitivi, dalla data di pubblicazione del presente decreto non trovano
applicazione le disposizioni recanti gli obblighi di cui agli articoli 48, comma
2, e 51, comma 6-ter, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché le
disposizioni sanzionatorie previste dal medesimo articolo 51, commi 6-bis, 6-ter
e 6-quinquies, anche con riferimento a fattispecie verificatesi dopo il 31 marzo
2004.
7. Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti,
delle attività produttive e della salute, è dettata la disciplina per la
semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi
incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole
dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale nel
rispetto delle disposizioni comunitarie in materia.(*)
(*) N.d.R.: Parole
aggiunte dall'art. 2, c. 45 bis, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, pubblicato
nella G.U. n. 24 del 29-1-2008- Suppl. Ordinario n.24
PARTE QUINTA - NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL'ARIA E DI RIDUZIONE DELLE
EMISSIONI IN ATMOSFERA
N.d.R.: Si riporta di seguito l'art. 2-bis del D.L. 171/2008, introdotto in sede di conversione in legge (L. n. 205/2008)
"Art. 2-bis.
Disposizioni in materia di biomasse combustibili relative alla vinaccia esausta
ed al biogas nei processi di distillazione
1. Le vinacce vergini nonche' le vinacce esauste ed i loro componenti, bucce,
vinaccioli e raspi, derivanti dai processi di vinificazione e di distillazione,
che subiscono esclusivamente trattamenti di tipo meccanico fisico, compreso il
lavaggio con acqua o l'essiccazione, destinati alla combustione nel medesimo
ciclo produttivo sono da considerare sottoprodotti soggetti alla disciplina di
cui alla sezione 4 della parte II dell'allegato X alla parte quinta del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
2. E' sottoprodotto della distillazione anche il biogas derivante da processi
anaerobici di depurazione delle borlande della distillazione destinato alla
combustione nel medesimo ciclo produttivo, ai sensi della sezione 6 della parte
II dell'allegato X alla parte quinta del citato decreto legislativo n. 152 del
2006».
TITOLO I - PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI
E ATTIVITÀ
Art. 267
Campo di applicazione
1. Il presente titolo, ai fini della prevenzione e della limitazione
dell'inquinamento atmosferico, si applica agli impianti, inclusi gli impianti
termici civili non disciplinati dal titolo II, ed alle attività che producono
emissioni in atmosfera e stabilisce i valori di emissione, le prescrizioni, i
metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la
valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite.
2. Per gli impianti di incenerimento e coincenerimento e gli altri impianti
di trattamento termico dei rifiuti i valori limite di emissione e altre
prescrizioni sono stabiliti nell'autorizzazione di cui all'articolo 208. I
valori limite e le prescrizioni sono stabiliti, per gli impianti di
incenerimento e coincenerimento, sulla base del decreto legislativo 11 maggio
2005, n. 133, e dei piani regionali di qualità dell'aria e, per gli altri
impianti di trattamento termico dei rifiuti, sulla base degli articoli 270 e 271
del presente titolo. Resta ferma l'applicazione del presente titolo per gli
altri impianti e le altre attività presenti nello stesso stabilimento, nonche'
nei casi previsti dall'articolo 214, comma 8.(*)
3. Resta fermo, per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, quanto previsto dal Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto; per tali impianti l'autorizzazione integrata ambientale sostituisce l'autorizzazione alle emissioni prevista dal presente titolo ai fini sia della costruzione che dell'esercizio.(*)
4. Al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi derivanti dal
Protocollo di Kyoto e di favorire comunque la riduzione delle emissioni in
atmosfera di sostanze inquinanti, la normativa di cui alla parte quinta del
presente decreto intende determinare l'attuazione di tutte le più opportune
azioni volte a promuovere l'impiego dell'energia elettrica prodotta da impianti
di produzione alimentati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa
comunitaria e nazionale vigente e, in particolare, della direttiva 2001/77/CE e
del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, determinandone il
dispacciamento prioritario. In particolare:
a) potranno essere promosse dal Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare di concerto con i Ministri delle attività produttive e per lo
sviluppo e la coesione territoriale misure atte a favorire la produzione di
energia elettrica tramite fonti rinnovabili ed al contempo sviluppare la base
produttiva di tecnologie pulite, con particolare riferimento al Mezzogiorno;
b) con decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con i Ministri
dell'ambiente e della tutela del territorio e dell'economia e delle finanze, da
emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quinta
del presente decreto, sono determinati i compensi dei componenti
dell'Osservatorio di cui all'art. 16 del decreto legislativo 29 dicembre 2003,
n. 387, da applicarsi a decorrere dalla data di nomina, nel limite delle risorse
di cui all'articolo 16, comma 6, del medesimo decreto legislativo e senza che ne
derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
c) i certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi dell'art.
1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, possono essere utilizzati per
assolvere all'obbligo di cui all'art. 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999,
n. 79, solo dopo che siano stati annullati tutti i certificati verdi maturati
dai produttori di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili così come
definite dall'art. 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 387 del
2003;
d) al fine di prolungare il periodo di validità dei certificati verdi, all'art.
20, comma 5, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, le parole «otto
anni» sono sostituite dalle parole «dodici anni».(**)
(*) N.d.R.: Comma così
sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Si riporta
di seguito l'art. 2, c. 151 della L. 24 dicembre 2007, n. 244, recante
"Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2008)", pubblicata nella GU n. 300 del 28-12-2007 - Suppl.
Ordinario n.285:
"151. Il prolungamento del periodo di diritto ai certificati verdi, di cui all’articolo 267, comma 4, lettera d), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applica ai soli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 1º aprile 1999 fino al 31 dicembre 2007."
Art. 268
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo si applicano le seguenti definizioni:
a) inquinamento atmosferico: ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta
all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con
caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o
per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o
compromettere gli usi legittimi dell'ambiente;
b) emissione: qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta
nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attività di
cui all'articolo 275, qualsiasi scarico di COV nell'ambiente;(*)
c) emissione convogliata: emissione di un effluente gassoso effettuata
attraverso uno o più appositi punti;
d) emissione diffusa: emissione diversa da quella ricadente nella lettera c);
per le lavorazioni di cui all'articolo 275 le emissioni diffuse includono anche
i COV contenuti negli scarichi idrici, nei rifiuti e nei prodotti, fatte salve
le diverse indicazioni contenute nella parte III dell'Allegato III alla parte
quinta del presente decreto;(*)
e) emissione tecnicamente convogliabile: emissione diffusa che deve essere
convogliata sulla base delle migliori tecniche disponibili o in presenza di
situazioni o di zone che richiedono una particolare tutela;
f) emissioni totali: la somma delle emissioni diffuse e delle emissioni
convogliate;
g) effluente gassoso: lo scarico gassoso, contenente emissioni solide, liquide o
gassose; la relativa portata volumetrica è espressa in metri cubi all'ora
riportate in condizioni normali (Nm3/ora), previa detrazione del tenore di
vapore acqueo, se non diversamente stabilito dalla parte quinta del presente
decreto;
h) stabilimento: il complesso unitario e stabile, che si configura come un
complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico
gestore, in cui sono presenti uno o più impianti o sono effettuate una o più
attività che producono emissioni attraverso, per esempio, dispositivi mobili,
operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni. Si considera stabilimento
anche il luogo adibito in modo stabile all'esercizio di una o più attività;(*)
i) stabilimento anteriore al 1988: uno stabilimento che, alla data del 1° luglio 1988, era in esercizio o costruito in tutte le sue parti o autorizzato ai sensi della normativa previgente, e che e' stato autorizzato ai sensi degli articoli 12 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203;(*)
i-bis) stabilimento
anteriore al 2006: uno stabilimento che e' stato autorizzato ai sensi
dell'articolo 6 o dell'articolo 11 o dell'articolo 15, comma 1, lettera b), del
decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, purche' in
funzione o messo in funzione entro il 29 aprile 2008;(**)
i-ter) stabilimento nuovo: uno stabilimento che non ricade nelle definizioni di
cui alle lettere i) e i-bis);(**)
l) impianto: il dispositivo o il sistema o l'insieme di dispositivi o sistemi fisso e destinato a svolgere in modo autonomo una specifica attività, anche nell'ambito di un ciclo più ampio;(*)
m) modifica dello stabilimento: installazione di un impianto o avvio di una attività presso uno stabilimento o modifica di un impianto o di una attività presso uno stabilimento, la quale comporti una variazione di quanto indicato nel progetto o nella relazione tecnica di cui all'articolo 269, comma 2, o nell'autorizzazione di cui all'articolo 269, comma 3, o nella domanda di adesione all'autorizzazione generale di cui all'articolo 272, o nell'autorizzazione rilasciata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, o nei documenti previsti dall'articolo 12 di tale decreto; ricadono nella definizione anche le modifiche relative alle modalità di esercizio o ai combustibili utilizzati;(*)
m-bis) modifica sostanziale: modifica che comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse; per le attività di cui all'articolo 275 valgono le definizioni di cui ai commi 21 e 22 del medesimo;(**)
n) gestore: la persona fisica o giuridica che ha potere decisionale circa l'installazione o l'esercizio dello stabilimento e che e' responsabile dell'applicazione dei limiti e delle prescrizioni disciplinate nel presente decreto;(*)
o) autorità competente: la regione o la provincia autonoma o la diversa autorità
indicata dalla legge regionale quale autorità competente al rilascio
dell'autorizzazione alle emissioni e all'adozione degli altri provvedimenti
previsti dal presente titolo; per le piattaforme off-shore [e per i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore](***), l'autorità competente è
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; per gli
stabilimenti(****)
sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e per gli adempimenti a questa
connessi, l'autorità competente è quella che rilascia tale autorizzazione;
p) autorità competente per il controllo: l'autorità a cui la legge regionale
attribuisce il compito di eseguire in via ordinaria i controlli circa il
rispetto dell'autorizzazione e delle disposizioni del presente titolo, ferme
restando le competenze degli organi di polizia giudiziaria; in caso di
stabilimenti soggetti ad autorizzazione alle emissioni tale autorità coincide,
salvo diversa indicazione della legge regionale, con quella di cui alla lettera
o);
per stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e per i
controlli a questa connessi, l'autorità competente per il controllo e' quella
prevista dalla normativa che disciplina tale autorizzazione; per le piattaforme
off-shore e per i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto
off-shore l'autorità competente e' il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, che si avvale eventualmente dell'Istituto Superiore per
la Protezione e la Ricerca Ambientale e del sistema delle Agenzie ambientali,
con oneri a carico del gestore. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze da adottarsi entro 90
giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione sono determinate e
aggiornate ogni due anni, sulla base del costo effettivo del servizio, le
tariffe a carico del gestore e le relative modalità di versamento per la
copertura delle spese relative ai controlli finalizzati alla verifica del
rispetto delle condizioni stabilite dalle procedure di cui alla presente Parte V
in relazione alle piattaforme off-shore e ai terminali di rigassificazione di
gas naturale liquefatto off-shore;(*)
q) valore limite di emissione: il fattore di emissione, la concentrazione, la percentuale o il flusso di massa di sostanze inquinanti nelle emissioni che non devono essere superati. I valori di limite di emissione espressi come concentrazione sono stabiliti con riferimento al funzionamento dell'impianto nelle condizioni di esercizio più gravose e, salvo diversamente disposto dal presente titolo o dall'autorizzazione, si intendono stabiliti come media oraria.(*)
r) fattore di emissione: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e
unità di misura specifica di prodotto o di servizio;
s) concentrazione: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e volume
dell'effluente gassoso; per gli impianti di combustione i valori di emissione
espressi come concentrazione (mg/Nm3) sono calcolati considerando, se non
diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto, un tenore
volumetrico di ossigeno di riferimento del 3 per cento in volume dell'effluente
gassoso per i combustibili liquidi e gassosi, del 6 per cento in volume per i
combustibili solidi e del 15 per cento in volume per le turbine a gas;
t) percentuale: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e massa della
stessa sostanza utilizzata nel processo produttivo, moltiplicato per cento;
u) flusso di massa: massa di sostanza inquinante emessa per unità di tempo;
v) soglia di rilevanza dell'emissione: flusso di massa, per singolo inquinante,
o per singola classe di inquinanti, calcolato(****) a monte di eventuali sistemi di abbattimento, e nelle condizioni di
esercizio più gravose dell'impianto, al di sotto del quale non si applicano i
valori limite di emissione;
z) condizioni normali: una temperatura di 273,15 K ed una pressione di 101,3 kPa;
aa) migliori tecniche disponibili: la più efficiente ed avanzata fase di
sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica
di determinate tecniche ad evitare ovvero, se ciò risulti impossibile, a ridurre
le emissioni; a tal fine, si intende per:
1) tecniche: sia le tecniche impiegate, sia le modalità di progettazione,
costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura degli impianti e delle
attività(****);
2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta
l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito
del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i
vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in
ambito nazionale, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni
ragionevoli;
3) migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di
protezione dell'ambiente nel suo complesso;
bb) periodo di avviamento: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in
cui l'impianto, a seguito dell'erogazione di energia, combustibili o materiali,
è portato da una condizione nella quale non esercita l'attività a cui è
destinato, o la esercita in situazione di carico di processo inferiore al minimo
tecnico, ad una condizione nella quale tale attività è esercitata in situazione
di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico;
cc) periodo di arresto: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in
cui l'impianto, a seguito dell'interruzione dell'erogazione di energia,
combustibili o materiali, non dovuta ad un guasto, è portato da una condizione
nella quale esercita l'attività a cui è destinato in situazione di carico di
processo pari o superiore al minimo tecnico ad una condizione nella quale tale
funzione è esercitata in situazione di carico di processo inferiore al minimo
tecnico o non è esercitata;
dd) carico di processo: il livello percentuale di produzione rispetto alla
potenzialità nominale dell'impianto;
ee) minimo tecnico: il carico minimo di processo compatibile con l'esercizio
dell'attività cui l'impianto e' destinato(****);
ft) impianto di combustione: qualsiasi dispositivo tecnico in cui sono ossidati
combustibili al fine di utilizzare il calore così prodotto;
gg) grande impianto di combustione: impianto di combustione di potenza termica
nominale non inferiore a 50MW. L'impianto di combustione si considera
anteriore al 1988, anteriore al 2006 o nuovo sulla base dei criteri previsti
dalle lettere i), i-bis) e i-ter)(****);
hh) potenza termica nominale dell'impianto di combustione: prodotto del potere
calorifico inferiore del combustibile utilizzato e della portata massima di
combustibile bruciato al singolo impianto di combustione, così come dichiarata
dal costruttore, espressa in Watt termici o suoi multipli;
ii) composto organico: qualsiasi composto contenente almeno l'elemento carbonio
e uno o più degli elementi seguenti: idrogeno, alogeni, ossigeno, zolfo,
fosforo, silicio o azoto, ad eccezione degli ossidi di carbonio e dei carbonati
e bicarbonati inorganici;
ll) composto organico volatile (COV): qualsiasi composto organico che abbia a
293,15 K una pressione di vapore di 0,01 kPa o superiore, oppure che abbia una
volatilità corrispondente in condizioni particolari di uso. Ai fini della parte
quinta del presente decreto, è considerata come COV la frazione di creosoto che
alla temperatura di 293,15 K ha una pressione di vapore superiore a 0,01 kPa;
mm) solvente organico: qualsiasi COV usato da solo o in combinazione con altri
agenti al fine di dissolvere materie prime, prodotti o rifiuti, senza subire
trasformazioni chimiche, o usato come agente di pulizia per dissolvere
contaminanti oppure come dissolvente, mezzo di dispersione, correttore di
viscosità, correttore di tensione superficiale, plastificante o conservante;
nn) capacità nominale: la massa giornaliera massima di solventi organici
utilizzati per le attività di cui all'articolo 275, svolte in condizioni di
normale funzionamento ed in funzione della potenzialità di prodotto per cui le
attività sono progettate;
oo) consumo di solventi: il quantitativo totale di solventi organici utilizzato
in uno stabilimento(****) per le attività di cui all'articolo 275 per anno civile ovvero per qualsiasi
altro periodo di dodici mesi, detratto qualsiasi COV recuperato per riutilizzo;
pp) consumo massimo teorico di solventi: il consumo di solventi calcolato sulla
base della capacità nominale riferita, se non diversamente stabilito
dall'autorizzazione, a trecentotrenta giorni all'anno in caso di attività
effettuate su tutto l'arco della settimana(****) ed a duecentoventi giorni all'anno per le altre
attività;
qq) riutilizzo di solventi organici: l'utilizzo di solventi organici prodotti da
una attività e successivamente recuperati al fine di essere alla stessa
destinati per qualsiasi finalità tecnica o commerciale, ivi compreso l'uso come
combustibile;
rr) soglia di consumo: il consumo di solvente espresso in tonnellate/anno
stabilito dalla parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente
decreto, per le attività ivi previste;
[ss) raffinerie: raffinerie di oli minerali sottoposte ad autorizzazione ai sensi
della legge 23 agosto 2004, n. 239;](*****)
tt) impianti di distribuzione di carburante: impianti in cui il carburante viene
erogato ai serbatoi dei veicoli a motore da impianti di deposito;
uu) benzina: ogni derivato del petrolio, con o senza additivi, corrispondente ai
seguenti codici doganali: NC 2710 1131 - 2710 1141 -2710 1145 - 2710 1149 - 2710
1151 - 2710 1159 o che abbia una tensione di vapore Reid pari o superiore a 27,6
kilopascal, pronto all'impiego quale carburante per veicoli a motore, ad
eccezione del gas di petrolio liquefatto (GPL);
vv) terminale: ogni struttura adibita al caricamento e allo scaricamento di
benzina in/da veicolo-cisterna, carro-cisterna o nave-cisterna, ivi compresi gli
impianti di deposito presenti nel sito della struttura;
zz) impianto di deposito: ogni serbatoio fisso adibito allo stoccaggio di
combustibile;
aaa) impianto di caricamento: ogni impianto di un terminale ove la benzina può
essere caricata in cisterne mobili. Gli impianti di caricamento per i
veicoli-cisterna comprendono una o più torri di caricamento;
bbb) torre di caricamento: ogni struttura di un terminale mediante la quale la
benzina può essere, in un dato momento, caricata in un singolo veicolo-cisterna;
ccc) deposito temporaneo di vapori: il deposito temporaneo di vapori in un
impianto di deposito a tetto fisso presso un terminale prima del trasferimento e
del successivo recupero in un altro terminale. Il trasferimento dei vapori da un
impianto di deposito ad un altro nello stesso terminale non è considerato
deposito temporaneo di vapori ai sensi della parte quinta del presente decreto;
ddd) cisterna mobile: una cisterna di capacità superiore ad 1 m3, trasportata su
strada, per ferrovia o per via navigabile e adibita al trasferimento di benzina
da un terminale ad un altro o da un terminale ad un impianto di distribuzione di
carburanti;
eee) veicolo-cisterna: un veicolo adibito al trasporto su strada della benzina
che comprenda una o più cisterne montate stabilmente o facenti parte integrante
del telaio o una o più cisterne rimuovibili.
(*) N.d.R.: Lettera così
sostituita dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Lettera aggiunta dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.:Periodo soppresso dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(****) N.d.R.: Lettera così modificata dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(*****) N.d.R.:
Lettera soppressa dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 269
Autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti(*)
1. Fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 267, commi 2 e 3, dal comma 10 del presente articolo e dall'articolo 272, commi 1 e 5, per tutti gli stabilimenti che producono emissioni deve essere richiesta una autorizzazione ai sensi della parte quinta del presente decreto. L'autorizzazione e' rilasciata con riferimento allo stabilimento. I singoli impianti e le singole attività presenti nello stabilimento non sono oggetto di distinte autorizzazioni.(**)
2. Il gestore che intende installare
uno stabilimento(***) nuovo o trasferire uno stabilimento(***)
da un luogo ad un altro presenta all'autorità competente una domanda di
autorizzazione, accompagnata:
a) dal progetto dello stabilimento in cui sono descritti gli impianti e le
attività, le tecniche adottate per limitare le emissioni e la quantità e la
qualità di tali emissioni, le modalità di esercizio, la quota dei punti di
emissione individuata in modo da garantire l'adeguata dispersione degli
inquinanti, i parametri che caratterizzano l'esercizio e la quantità, il tipo e
le caratteristiche merceologiche dei combustibili di cui si prevede l'utilizzo,
nonche', per gli impianti soggetti a tale condizione, il minimo tecnico definito
tramite i parametri di impianto che lo caratterizzano;
b) da una relazione tecnica che descrive il complessivo ciclo produttivo in cui
si inseriscono gli impianti e le attività ed indica il periodo previsto
intercorrente tra la messa in esercizio e la messa a regime degli impianti.(***)
3. Per il rilascio
dell'autorizzazione all'installazione di stabilimenti nuovi(***), l'autorità competente indice, entro
trenta giorni dalla ricezione della richiesta, una conferenza di servizi ai
sensi dell'articolo 14, comma 3(***), della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel corso
della quale si procede anche, in via istruttoria, ad un contestuale esame degli
interessi coinvolti in altri procedimenti amministrativi e, in particolare, nei
procedimenti svolti dal comune ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.
Per il rinnovo e per l'aggiornamento dell'autorizzazione l'autorità competente,
previa informazione al comune interessato il quale può esprimere un parere nei
trenta giorni successivi, avvia un autonomo procedimento entro trenta giorni
dalla ricezione della richiesta. In sede di conferenza di servizi o di autonomo
procedimento, eventuali integrazioni della domanda devono essere trasmesse
all'autorità competente entro trenta giorni dalla relativa richiesta(***); se l'autorità competente non si
pronuncia in un termine pari a centoventi giorni o, in caso di integrazione
della domanda di autorizzazione, pari a centocinquanta giorni dalla ricezione
della domanda stessa, il gestore può, entro i successivi sessanta giorni,
richiedere al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare di
provvedere, notificando tale richiesta anche all'autorità competente. Il
Ministro si esprime sulla richiesta, di concerto con i Ministri della salute e
delle attività produttive, sentito il comune interessato, entro novanta giorni
o, nei casi previsti dall'articolo 281, comma 1, entro centocinquanta giorni
dalla ricezione della stessa; in caso di richiesta di integrazioni tali
termini sono sospesi fino alla ricezione delle stesse e, comunque, per un
periodo non superiore a trenta giorni;decorsi tali termini(***), si applica l'art. 2,
comma 8(***), della legge 7 agosto 1990, n. 241.
4. L'autorizzazione stabilisce, ai sensi degli articoli 270 e 271:
a) per le emissioni che risultano tecnicamente convogliabili, le modalità di
captazione e di convogliamento;
b) per le emissioni convogliate o di cui é stato disposto il convogliamento, i
valori limite di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di
analisi, i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai
valori limite e la periodicità dei controlli di competenza del gestore, la
quota dei punti di emissione individuata tenuto conto delle relative condizioni
tecnico-economiche, il minimo tecnico per gli impianti soggetti a tale
condizione e le portate di progetto tali da consentire che le emissioni siano
diluite solo nella misura inevitabile dal punto di vista tecnologico e
dell'esercizio; devono essere specificamente indicate le sostanze a cui si
applicano i valori limite di emissione, le prescrizioni ed i relativi
controlli(***).
c) per le emissioni diffuse, apposite prescrizioni finalizzate ad assicurarne il
contenimento.
5. In aggiunta a quanto previsto dal comma 4, l'autorizzazione può stabilire,
per ciascun inquinante, valori limite di emissione espressi come flussi di massa
annuali riferiti al complesso delle emissioni, eventualmente incluse quelle
diffuse, degli impianti e delle attività di uno stabilimento. Per gli impianti
di cui all'allegato XII alla parte seconda del presente decreto, in tutti i casi
in cui sia tecnicamente possibile individuare valori limite di emissione
espressi come concentrazione, l'autorizzazione integrata ambientale, fatto salvo
quanto disposto dall'articolo 275, comma 2, non può stabilire esclusivamente
valori espressi come flusso di massa fattore di emissione o percentuale.(**)
6. L'autorizzazione stabilisce il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio e la messa a regime dell'impianto. La messa in esercizio deve essere comunicata all'autorità competente con un anticipo di almeno quindici giorni. L'autorizzazione stabilisce la data entro cui devono essere comunicati all'autorità competente i dati relativi alle emissioni effettuate in un periodo continuativo di marcia controllata decorrente dalla messa a regime, e la durata di tale periodo, nonche' il numero dei campionamenti da realizzare; tale periodo deve avere una durata non inferiore a dieci giorni, salvi i casi in cui il progetto di cui al comma 2, lettera a) preveda che l'impianto funzioni esclusivamente per periodi di durata inferiore. L'autorità competente per il controllo effettua il primo accertamento circa il rispetto dell'autorizzazione entro sei mesi dalla data di messa a regime di uno o più impianti o dall'avvio di una o più attività dello stabilimento autorizzato.(**)
7. L'autorizzazione
rilasciata ai sensi del presente articolo ha una durata di quindici anni. La
domanda di rinnovo deve essere presentata almeno un anno prima della scadenza.
Nelle more dell'adozione del provvedimento sulla domanda di rinnovo
dell'autorizzazione rilasciata ai sensi del presente articolo, l'esercizio
dell'impianto può continuare anche dopo la scadenza dell'autorizzazione in caso
di mancata pronuncia in termini del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi del comma 3.
L'autorità competente può imporre il rinnovo dell'autorizzazione prima della
scadenza ed il rinnovo delle autorizzazioni di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, prima dei termini previsti
dall'articolo 281, comma 1, se una modifica delle prescrizioni autorizzative
risulti necessaria al rispetto dei valori limite di qualità dell'aria previsti
dalla vigente normativa. Il rinnovo dell'autorizzazione comporta il decorso di
un periodo di quindici anni.(***)
8. Il gestore che intende effettuare una modifica dello stabilimento ne dà
comunicazione all'autorità competente o, se la modifica e' sostanziale,
presenta, ai sensi del presente articolo, una domanda di autorizzazione. Se la
modifica per cui e' stata data comunicazione e' sostanziale, l'autorità
competente ordina al gestore di presentare una domanda di autorizzazione ai
sensi del presente articolo. Se la modifica e' sostanziale l'autorità competente
aggiorna l'autorizzazione dello stabilimento con un'istruttoria limitata agli
impianti e alle attività interessati dalla modifica o, a seguito di eventuale
apposita istruttoria che dimostri tale esigenza in relazione all'evoluzione
della situazione ambientale o delle migliori tecniche disponibili, la rinnova
con un'istruttoria estesa all'intero stabilimento(***). [Se la modifica per cui è stata
data comunicazione è sostanziale, l'autorità competente ordina al gestore di
presentare una domanda di aggiornamento dell'autorizzazione, alla quale si
applicano le disposizioni del presente articolo](****). Se la modifica non è
sostanziale, l'autorità competente provvede, ove necessario, ad aggiornare
l'autorizzazione in atto. Se l'autorità competente non si esprime entro sessanta
giorni, il gestore può procedere all'esecuzione della modifica non sostanziale
comunicata, fatto salvo il potere dell'autorità competente di provvedere
successivamente(***).
Per modifica sostanziale si intende quella che comporta un aumento o una
variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilità
tecnica delle stesse. E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, comma
11. Il rinnovo dell'autorizzazione comporta, a differenza dell'aggiornamento, il
decorso di un nuovo periodo di quindici anni. Con apposito decreto da adottare
ai sensi dell'articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare l'allegato I alla
parte quinta del presente decreto con indicazione degli ulteriori criteri per la
qualificazione delle modifiche sostanziali di cui all'articolo 268, comma 1,
lettera m bis), e con l'indicazione modifiche di cui all'articolo 268, comma 1,
lettera m) per le quali non vi e' l'obbligo di effettuare la comunicazione(***).
9. L'autorità competente per il controllo é autorizzata ad effettuare presso gli
impianti tutte le ispezioni che ritenga necessarie per accertare il rispetto
dell'autorizzazione.
10. Non sono sottoposti ad autorizzazione gli impianti di deposito di oli
minerali, compresi i gas liquefatti. I gestori sono comunque tenuti ad adottare
apposite misure per contenere le emissioni diffuse ed a rispettare le ulteriori
prescrizioni eventualmente disposte, per le medesime finalità, con apposito
provvedimento dall'autorità competente.(**)
11. Il trasferimento di uno stabilimento da un luogo ad un altro equivale
all'installazione di uno stabilimento nuovo.(**)
[12. Le disposizioni dei commi 10 e 11 si applicano altresì a chi intende
effettuare, in modo non occasionale ed in un luogo a ciò adibito, in assenza di
un impianto, attività di lavorazione, trasformazione o conservazione di
materiali agricoli, le quali producano emissioni, o attività di produzione,
manipolazione, trasporto, carico, scarico o stoccaggio di materiali
polverulenti, salvo tali attività ricadano tra quelle previste dall'articolo
272, comma 1. Per le attività aventi ad oggetto i materiali polverulenti si
applicano le norme di cui alla parte I dell'Allegato V alla parte quinta del
presente decreto.
13. Se un luogo é adibito, in assenza di una struttura fissa, all'esercizio non
occasionale delle attività previste dai commi 10 o 12, ivi effettuate in modo
occasionale da più soggetti, l'autorizzazione é richiesta dal gestore del luogo.
Per gestore si intende, ai fini del presente comma, il soggetto che esercita un
potere decisionale circa le modalità e le condizioni di utilizzo di tale area da
parte di chi esercita l'attività.
14. Non sono sottoposti ad autorizzazione i seguenti impianti:
a) impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni a cogenerazione, di
potenza termica nominale inferiore a 1 MW, alimentati a biomasse di cui
all'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, a gasolio, come tale o in
emulsione, o a biodiesel;
b) impianti di combustione alimentati ad olio combustibile, come tale o in
emulsione, di potenza termica nominale inferiore a 0,3 MW;
c) impianti di combustione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica
nominale inferiore a 3 MW;
d) impianti di combustione, ubicati all'interno di impianti di smaltimento dei
rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di
depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se
l'attività di recupero è soggetta alle procedure autorizzative semplificate
previste dalla parte quarta del presente decreto e tali procedure sono state
espletate;
e) impianti di combustione alimentati a biogas di cui all'Allegato X alla parte
quinta del presente decreto, di potenza termica nominale complessiva inferiore o
uguale a 3 MW;
f) gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a metano o a GPL, di potenza
termica nominale inferiore a 3 MW;
g) gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a benzina di potenza termica
nominale inferiore a 1 MW;
h) impianti di combustione connessi alle attività di stoccaggio dei prodotti
petroliferi funzionanti per meno di 2200 ore annue, di potenza termica nominale
inferiore a 5 MW se alimentati a metano o GPL ed inferiore a 2,5 MW se
alimentati a gasolio;
i) impianti di emergenza e di sicurezza, laboratori di analisi e ricerca,
impianti pilota per prove, ricerche, sperimentazioni, individuazione di
prototipi. Tale esenzione non si applica in caso di emissione di sostanze
cancerogene, tossiche per la riproduzione o mutagene o di sostanze di tossicità
e cumulabilità particolarmente elevate, come individuate dalla parte II
dell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto.
15. L'autorità competente può prevedere, con proprio provvedimento generale, che
i gestori degli impianti di cui al comma 14 comunichino alla stessa, in via
preventiva, la data di messa in esercizio dell'impianto o di avvio
dell'attività.
16. Non sono sottoposti ad autorizzazione gli impianti di deposito di oli
minerali, compresi i gas liquefatti. I gestori sono comunque tenuti ad adottare
apposite misure per contenere le emissioni diffuse ed a rispettare le ulteriori
prescrizioni eventualmente disposte, per le medesime finalità, con apposito
provvedimento dall'autorità competente.](*****)
(*) N.d.R.: Rubrica
così modificata dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(****) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(*****) N.d.R.: Commi
soppressi dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 270
Individuazione degli impianti e convogliamento delle emissioni(*)
1. In sede di autorizzazione, l'autorità competente verifica se le emissioni
diffuse di ciascun impianto e di ciascuna attività(**)
sono tecnicamente convogliabili sulla base delle migliori tecniche disponibili e
sulla base delle pertinenti prescrizioni dell'Allegato I alla parte quinta del
presente decreto e, in tal caso, ne dispone la captazione ed il convogliamento.
2. In presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che
richiedono una particolare tutela ambientale, l'autorità competente dispone la
captazione ed il convogliamento delle emissioni diffuse ai sensi del comma 1
anche se la tecnica individuata non soddisfa il requisito della disponibilità di
cui all'articolo 268, comma 1, lettera aa), numero 2).
3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di
concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sono stabiliti
i criteri da utilizzare per la verifica di cui ai commi 1 e 2.
4. Se più impianti con caratteristiche tecniche e costruttive simili, aventi
emissioni con caratteristiche chimico-fisiche omogenee e localizzati nello
stesso stabilimento(**) sono destinati a specifiche attività tra loro identiche, l'autorità
competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può
considerare gli stessi come un unico impianto disponendo il convogliamento ad
un solo punto di emissione. L'autorità competente deve, in qualsiasi caso,
considerare tali impianti come un unico impianto ai fini della determinazione
dei valori limite di emissione. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 282,
comma 2(**).
5. In caso di emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento,
ciascun impianto [o macchinario fisso dotato di autonomia funzionale, anche
individuato ai sensi del comma 4,](***) deve avere un solo punto di emissione, fatto
salvo quanto previsto nei commi 6 e 7. Salvo quanto diversamente previsto da
altre disposizioni del presente titolo, i valori limite di emissione si
applicano a ciascun punto di emissione.
6. Ove non sia tecnicamente possibile, anche per ragioni di sicurezza,
assicurare il rispetto del comma 5, l'autorità competente può consentire un
impianto avente più punti di emissione. In tal caso, i valori limite di
emissione espressi come flusso di massa, fattore di emissione e percentuale sono
riferiti al complesso delle emissioni dell'impianto e quelli espressi come
concentrazione sono riferiti alle emissioni dei singoli punti. L'autorizzazione
può prevedere che i valori limite di emissione si riferiscano alla media
ponderata delle emissioni di sostanze inquinanti uguali o appartenenti alla
stessa classe ed aventi caratteristiche chimiche omogenee, provenienti dai
diversi punti di emissione dell'impianto; in tal caso, il flusso di massa
complessivo dell'impianto non può essere superiore a quello che si avrebbe se i
valori limite di emissione si applicassero ai singoli punti di emissione.(****)
7. Ove opportuno, l'autorità competente, tenuto conto delle condizioni tecniche
ed economiche, può consentire il convogliamento delle emissioni di più impianti
in uno o più punti di emissione comuni, purche' le emissioni di tutti gli
impianti presentino caratteristiche chimico-fisiche omogenee. In tal caso a
ciascun punto di emissione comune si applica il più restrittivo dei valori
limite di emissione espressi come concentrazione previsti per i singoli impianti
e, se del caso, si prevede un tenore di ossigeno di riferimento coerente con i
flussi inviati a tale punto. L'autorizzazione stabilisce apposite prescrizioni
volte a limitare la diluizione delle emissioni ai sensi dell'articolo 269, comma
4, lettera b).(****)
8. L'adeguamento alle disposizioni del comma 5 o, ove ciò non sia tecnicamente possibile, alle disposizioni dei commi 6 e 7 e' realizzato entro i tre anni successivi al primo rinnovo o all'ottenimento dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 281, commi 1, 2, 3 o 4, o dell'articolo 272, comma 3, ovvero nel più breve termine stabilito dall'autorizzazione(**). Ai fini dell'applicazione dei commi 4, 5, 6 e 7 l'autorità competente tiene anche conto della documentazione elaborata dalla commissione di cui all'articolo 281, comma 9.
(*) N.d.R.: Rubrica
così modificata dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(****) N.d.R.: Comma
così sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 271
Valori limite di emissione e prescrizioni per gli impianti e le attività(*)
1. Il presente
articolo disciplina i valori di emissione e le prescrizioni da applicare agli
impianti ed alle attività degli stabilimenti.(**)
2. Con decreto da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 5, sono
individuati, sulla base delle migliori tecniche disponibili, i valori di
emissione e le prescrizioni da applicare alle emissioni convogliate e diffuse
degli impianti ed alle emissioni diffuse delle attività presso gli stabilimenti
anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi, attraverso la modifica e
l'integrazione degli allegati I e V alla parte quinta del presente decreto.(**)
3. La normativa delle regioni e delle province autonome in materia di valori
limite e di prescrizioni per le emissioni in atmosfera degli impianti e delle
attività deve tenere conto, ove esistenti, dei piani e programmi di qualità
dell'aria previsti dalla vigente normativa. Restano comunque in vigore le
normative adottate dalle regioni o dalle province autonome in conformità al
decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ed al decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989, in cui si stabiliscono
appositi valori limite di emissione e prescrizioni. Per tutti gli impianti e le
attività previsti dall'articolo 272, comma 1, la regione o la provincia
autonoma, può stabilire, anche con legge o provvedimento generale, sulla base
delle migliori tecniche disponibili, appositi valori limite di emissione e
prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i
combustibili utilizzati. Con legge o provvedimento generale la regione o la
provincia autonoma può inoltre stabilire, ai fini della valutazione dell'entità
della diluizione delle emissioni, portate caratteristiche di specifiche
tipologie di impianti.(**)
4. I piani e i programmi di qualità dell'aria previsti dalla normativa vigente
possono stabilire appositi valori limite di emissione e prescrizioni più
restrittivi di quelli contenuti negli Allegati I, II e III e V alla parte quinta
del presente decreto, anche inerenti le condizioni di costruzione o di
esercizio, purche' ciò sia necessario al perseguimento ed al rispetto dei valori
e degli obiettivi di qualità dell'aria.(**)
5. Per gli impianti e le attività degli stabilimenti anteriori al 1988,
anteriori al 2006 o nuovi l'autorizzazione stabilisce i valori limite di
emissione e le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di
esercizio ed i combustibili utilizzati, a seguito di un'istruttoria che si basa
sulle migliori tecniche disponibili e sui valori e sulle prescrizioni fissati
nelle normative di cui al comma 3 e nei piani e programmi di cui al comma 4. Si
devono altresì valutare il complesso di tutte le emissioni degli impianti e
delle attività presenti, le emissioni provenienti da altre fonti e lo stato di
qualità dell'aria nella zona interessata. I valori limite di emissione e le
prescrizioni fissati sulla base di tale istruttoria devono essere non meno
restrittivi di quelli previsti dagli Allegati I, II, III e V alla parte quinta
del presente decreto e di quelli applicati per effetto delle autorizzazioni
soggette al rinnovo.(**)
6. Per le sostanze per cui non sono fissati valori di emissione,
l'autorizzazione stabilisce appositi valori limite con riferimento a quelli
previsti per sostanze simili sotto il profilo chimico e aventi effetti analoghi
sulla salute e sull'ambiente.(**)
7. Anche a seguito dell'adozione del decreto di cui al comma 2, l'autorizzazione
degli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi può sempre
stabilire, per effetto dell'istruttoria prevista dal comma 5, valori limite e
prescrizioni più severi di quelli contenuti negli allegati I, II, III e V alla
parte quinta del presente decreto, nelle normative di cui al comma 3 e nei piani
e programmi di cui al comma 4.(**)
[8. Per gli impianti nuovi o per gli impianti anteriori al 2006, fino
all'adozione del decreto di cui al comma 2, l'autorizzazione stabilisce i valori
limite di emissione e le prescrizioni sulla base dei valori e delle prescrizioni
fissati nei piani e programmi di cui al comma 5 e sulla base delle migliori
tecniche disponibili. Nell'autorizzazione non devono comunque essere superati i
valori minimi di emissione che l'Allegato I fissa per gli impianti anteriori al
1988. Le prescrizioni finalizzate ad assicurare il contenimento delle emissioni
diffuse sono stabilite sulla base delle migliori tecniche disponibili e
dell'Allegato V alla parte quinta del presente decreto. Si applica l'ultimo
periodo del comma 6.
9. Fermo restando quanto previsto dal comma 8, l'autorizzazione può stabilire
valori limite di emissione più severi di quelli fissati dall'Allegato I alla
parte quinta del presente decreto, dalla normativa di cui al comma 3 e dai piani
e programmi relativi alla qualità dell'aria:
a) in sede di rinnovo, sulla base delle migliori tecniche disponibili, anche
tenuto conto del rapporto tra i costi e i benefici complessivi;
b) per zone di particolare pregio naturalistico, individuate all'interno dei
piani e dei programmi adottati ai sensi degli articoli 8 e 9 del decreto
legislativo 4 agosto 1999, n. 351, o dell'art. 3 del decreto legislativo 21
maggio 2004, n. 183, o dell'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica
24 maggio 1988, n. 203.
10. Nel caso previsto dall'articolo 270, comma 6, l'autorizzazione può prevedere
che i valori limite di emissione si riferiscano alla media ponderata delle
emissioni di sostanze inquinanti uguali o appartenenti alla stessa classe ed
aventi caratteristiche chimiche omogenee, provenienti dai diversi punti di
emissione dell'impianto. Il flusso di massa complessivo dell'impianto non può
essere superiore a quello che si avrebbe se i valori limite di emissione si
applicassero ai singoli punti di emissione.](***)
11. I valori limite di emissione e il tenore volumetrico dell'ossigeno di
riferimento si riferiscono al volume di effluente gassoso rapportato alle
condizioni normali, previa detrazione, salvo quanto diversamente indicato
nell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, del tenore volumetrico
di vapore acqueo.
12. Salvo quanto diversamente indicato nell'Allegato I alla parte quinta del
presente decreto, il tenore volumetrico dell'ossigeno di riferimento è quello
derivante dal processo. Se nell'emissione il tenore volumetrico di ossigeno è
diverso da quello di riferimento, le concentrazioni misurate devono essere
corrette mediante la seguente formula:
E = | 21 - O2 | * EM |
21 - O2M |
dove:
EM = concentrazione misurata
E = concentrazione
O2 M = tenore di ossigeno misurato
O2 = tenore di ossigeno di riferimento
13. I valori limite di emissione si riferiscono alla quantità di emissione
diluita nella misura che risulta inevitabile dal punto di vista tecnologico e
dell'esercizio. In caso di ulteriore diluizione dell'emissione le concentrazioni
misurate devono essere corrette mediante la seguente formula:
E = | EM * PM |
P |
dove:
PM = portata misurata
EM = concentrazione misurata
P = portata di effluente gassoso diluita nella misura che risulta inevitabile
dal punto di vista tecnologico e dell'esercizio
E = concentrazione riferita alla P
14. Salvo quanto diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto,
i valori limite di emissione si applicano ai periodi di normale funzionamento
dell'impianto, intesi come i periodi in cui l'impianto è in funzione con
esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi in cui si
verificano anomalie e guasti(****) tali da non permettere il rispetto dei valori stessi.
L'autorizzazione può stabilire specifiche prescrizioni per tali periodi di
avviamento e di arresto e per l'eventualità di tali anomalie o guasti(****) ed individuare gli
ulteriori periodi transitori nei quali non si applicano i valori limite di
emissione. In caso di emissione di sostanze di cui all'articolo 272, comma 4,
lettera a), l'autorizzazione, ove tecnicamente possibile, deve stabilire
prescrizioni volte a consentire la stima delle quantità di tali sostanze emesse
durante i periodi in cui si verificano anomalie o guasti o durante gli altri
periodi transitori e fissare appositi valori limite di emissione, riferiti a
tali periodi, espressi come flussi di massa annuali. Se si verifica un'anomalia
o un guasto(****) tale da non permettere il rispetto di valori
limite di emissione, l'autorità competente deve essere informata entro le otto
ore successive e può dispone la riduzione o la cessazione delle attività o altre
prescrizioni, fermo restando l'obbligo del gestore di procedere al ripristino
funzionale dell'impianto nel più breve tempo possibile e di sospendere
l'esercizio dell'impianto se l'anomalia o il guasto può determinare un pericolo
per la salute umana(****). Il gestore è comunque
tenuto ad adottare tutte le precauzioni opportune per ridurre al minimo le
emissioni durante le fasi di avviamento e di arresto. Sono fatte salve le
diverse disposizioni contenute nella parte quinta del presente decreto per
specifiche tipologie di impianti. Non costituiscono in ogni caso periodi di
avviamento o di arresto i periodi di oscillazione che si verificano regolarmente
nello svolgimento della funzione dell'impianto.
15. Il presente articolo si applica anche ai grandi impianti di combustione
di cui all'articolo 273 ed agli impianti e alle attività di cui all'articolo
275(**)
16. Per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale i valori
limite e le prescrizioni di cui al presente articolo si applicano ai fini del
rilascio di tale autorizzazione, fermo restando il potere dell'autorità
competente di stabilire valori limite e prescrizioni più severi.
17. L'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto stabilisce i criteri
per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite di
emissione. Con apposito decreto ai sensi dell'articolo 281, comma 5, si provvede
ad integrare tale Allegato VI, prevedendo i metodi di campionamento e di analisi
delle emissioni, con l'indicazione di quelli di riferimento, i principi di
misura e le modalità atte a garantire la qualità dei sistemi di monitoraggio
delle emissioni. Fino all'adozione di tale decreto si applicano i metodi
precedentemente in uso e, per il rilascio, il rinnovo ed il riesame delle
autorizzazioni integrate ambientali e delle autorizzazioni di cui all'articolo
269, i metodi stabiliti dall'autorità competente sulla base delle pertinenti
norme tecniche CEN o, ove queste non siano disponibili, sulla base delle
pertinenti norme tecniche nazionali, oppure, ove anche queste ultime non siano
disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche ISO o di altre norme
internazionali o delle norme nazionali previgenti. Nel periodo di vigenza delle
autorizzazioni rilasciate prima dell'entrata in vigore di tale decreto, i
controlli, da parte dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma
1, lett. p), e l'accertamento del superamento dei valori limite di emissione
sono effettuati sulla base dei metodi specificamente indicati
nell'autorizzazione o, se l'autorizzazione non indica specificamente i metodi,
sulla base di uno tra i metodi sopra elencati. I successivi commi 18, 19 e 20,
fatta salva l'immediata applicazione degli obblighi di comunicazione relativi ai
controlli di competenza del gestore, si applicano a decorrere dal rilascio o dal
primo rinnovo dell'autorizzazione effettuati successivamente all'entrata in
vigore di tale decreto.(**)
18. Le autorizzazioni
alle emissioni e le autorizzazioni integrate ambientali, rilasciate, anche in
sede di rinnovo, dopo l'entrata in vigore del decreto di cui al comma 17,
indicano, per le emissioni in atmosfera, i metodi di campionamento e di analisi,
individuandoli tra quelli elencati nell'Allegato VI alla parte quinta del
presente decreto, e i sistemi per il monitoraggio delle emissioni. In caso di
modifica delle prescrizioni relative ai metodi ed ai sistemi di monitoraggio
nell'ambito dell'autorizzazione, l'autorità competente provvede a modificare
anche, ove opportuno, i valori limite di emissione autorizzati. I controlli, da
parte dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p),
possono essere effettuati solo sulla base dei metodi elencati nell'Allegato VI
alla parte quinta del presente decreto, anche se diversi da quelli di competenza
del gestore indicati dall'autorizzazione. Nel caso in cui, in sede di
autorizzazione o di controllo, si ricorra a metodi diversi da quelli elencati
nell'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto o a sistemi di
monitoraggio non conformi alle prescrizioni di tale allegato, i risultati della
relativa applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti del presente
titolo. Il gestore effettua i controlli di propria competenza sulla base dei
metodi e dei sistemi di monitoraggio indicati nell'autorizzazione e mette i
risultati a disposizione dell'autorità competente per il controllo nei modi
previsti dall'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto e
dall'autorizzazione; in caso di ricorso a metodi o a sistemi di monitoraggio
diversi o non conformi alle prescrizioni dell'autorizzazione, i risultati della
relativa applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti del presente
titolo e si applica la pena prevista dall'articolo 279, comma 2.(*****)
19. Se i controlli di competenza del gestore e i controlli dell'autorità o degli
organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati,
forniscono risultati diversi, l'accertamento deve essere ripetuto sulla base del
metodo di riferimento. In caso di divergenza tra i risultati ottenuti sulla base
del metodo di riferimento e quelli ottenuti sulla base dei metodi e sistemi di
monitoraggio indicati dall'autorizzazione, l'autorità competente provvede ad
aggiornare tempestivamente l'autorizzazione nelle parti relative ai metodi ed ai
sistemi di monitoraggio ed, ove ne consegua la necessità, ai valori limite di
emissione.(*****)
20. Si verifica un superamento dei valori limite di emissione, ai fini del reato
di cui all'articolo 279, comma 2, soltanto se i controlli effettuati
dall'autorità o dagli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p),
accertano una difformità tra i valori misurati e i valori limite prescritti,
sulla base di metodi di campionamento e di analisi elencati nell'Allegato V alla
parte quinta del presente decreto e di sistemi di monitoraggio conformi alle
prescrizioni di tale allegato. Le difformità accertate nei controlli di
competenza del gestore devono essere da costui specificamente comunicate
all'autorità competente per il controllo entro 24 ore dall'accertamento. Se i
risultati dei controlli di competenza del gestore e i risultati dei controlli
dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p),
simultaneamente effettuati, divergono in merito alla conformità dei valori
misurati ai valori limite prescritti, si procede nei modi previsti dal comma 19;
i risultati di tali controlli, inclusi quelli ottenuti in sede di ripetizione
dell'accertamento, non possono essere utilizzati ai fini della contestazione del
reato previsto dall'articolo 279, comma 2, per il superamento dei valori limite
di emissione. Resta ferma, in tutti i casi, l'applicazione dell'articolo 279,
comma 2, se si verificano le circostanze previste dall'ultimo periodo del comma
18.(*****)
(*) N.d.R.: Rubrica
così modificata dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Commi soppressi dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(****) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(*****) N.d.R.: Comma
aggiunto dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 272
Impianti e attività in deroga
1. Non sono sottoposti ad autorizzazione di cui al presente titolo gli
stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente impianti e attività elencati
nella parte I dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto. L'elenco
si riferisce a impianti e ad attività le cui emissioni sono scarsamente
rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico. Si applicano
esclusivamente i valori limite di emissione e le prescrizioni specificamente
previsti, per tali impianti e attività, dai piani e programmi o dalle normative
di cui all'articolo 271, commi 3 e 4. Al fine di stabilire le soglie di
produzione e di consumo e le potenze termiche nominali indicate nella parte I
dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto si deve considerare
l'insieme degli impianti e delle attività che, nello stabilimento, ricadono in
ciascuna categoria presente nell'elenco. Gli impianti che utilizzano i
combustibili soggetti alle condizioni previste dalla parte II, sezioni 4 e 6,
dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, devono in ogni caso
rispettare almeno i valori limite appositamente previsti per l'uso di tali
combustibili nella parte III II, dell'Allegato I alla parte quinta del presente
decreto. Se in uno stabilimento sono presenti sia impianti o attività inclusi
nell'elenco della parte I dell'allegato IV alla parte quinta del presente
decreto, sia impianti o attività non inclusi nell'elenco, l'autorizzazione di
cui al presente titolo considera solo quelli esclusi. Il presente comma si
applica anche ai dispositivi mobili utilizzati all'interno di uno stabilimento
da un gestore diverso da quello dello stabilimento o non utilizzati all'interno
di uno stabilimento. Il gestore di uno stabilimento in cui i dispositivi mobili
di un altro gestore sono collocati ed utilizzati in modo non occasionale deve
comunque ricomprendere tali dispositivi nella domanda di autorizzazione
dell'articolo 269 salva la possibilità di aderire alle autorizzazioni generali
del comma 2 nei casi ivi previsti. L'autorità competente può altresì prevedere,
con proprio provvedimento generale, che i gestori comunichino alla stessa o ad
altra autorità da questa delegata, in via preventiva, la data di messa in
esercizio dell'impianto o di avvio dell'attività ovvero, in caso di dispositivi
mobili, la data di inizio di ciascuna campagna di utilizzo. Gli elenchi
contenuti nell'allegato IV alla parte quinta del presente decreto possono essere
aggiornati ed integrati, con le modalità di cui all'articolo 281, comma 5, anche
su indicazione delle regioni, delle province autonome e delle associazioni
rappresentative di categorie produttive.(*)
2. Per specifiche categorie di
stabilimenti(**), individuate in relazione al tipo e alle
modalità di produzione, l'autorità competente può adottare apposite
autorizzazioni di carattere generale, relative a ciascuna singola categoria(**), nelle quali sono stabiliti i valori limite di emissione, le
prescrizioni anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i
combustibili utilizzati(**), i tempi di adeguamento, i metodi di campionamento e di analisi e
la periodicità dei controlli. I valori limite di emissione e le prescrizioni
sono stabiliti in conformità all'articolo 271, commi da 5 a 7.
L'autorizzazione generale stabilisce i requisiti della domanda di adesione e può
prevedere appositi modelli semplificati di domanda, nei quali le quantità e le
qualità delle emissioni sono deducibili dalle quantità di materie prime ed
ausiliarie utilizzate(**). All'adozione di tali
autorizzazioni generali l'autorità competente deve in ogni caso procedere
entro cinque anni(**) dalla data di entrata in vigore della parte quinta del
presente decreto, per gli stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente
gli impianti e le attività di cui alla parte II dell'Allegato IV alla parte
quinta del presente decreto. Al fine di stabilire le soglie di produzione e di
consumo e le potenze termiche nominali indicate nella parte II dell'Allegato IV
alla parte quinta del presente decreto si deve considerare l'insieme degli
impianti e delle attività che, nello stabilimento, ricadono in ciascuna
categoria presente nell'elenco(**). In caso di mancata adozione
dell'autorizzazione generale, nel termine prescritto, la stessa è rilasciata con
apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare e i
gestori degli stabilimenti(**) interessati comunicano la propria adesione all'autorità
competente o ad altra autorità da questa delegata(**); è fatto salvo il potere di tale autorità di adottare successivamente
nuove autorizzazioni di carattere generale, l'adesione obbligatoria(**) alle quali comporta, per
il soggetto interessato, la decadenza di quella adottata dal Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per gli stabilimenti in cui sono
presenti anche impianti o attività a cui l'autorizzazione generale non si
riferisce, il gestore deve presentare domanda di autorizzazione ai sensi
dell'articolo 269.(**) I gestori degli impianti per cui è
stata adottata una autorizzazione generale possono comunque presentare domanda
di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269.
3. Almeno quarantacinque giorni prima dell'installazione il gestore degli
stabilimenti di cui al comma 2, presenta all'autorità competente o ad altra
autorità da questa delegata una domanda di adesione all'autorizzazione generale
corredata dai documenti ivi prescritti. L'autorità che riceve la domanda può,
con proprio provvedimento, negare l'adesione nel caso in cui non siano
rispettati i requisiti previsti dall'autorizzazione generale o i requisiti
previsti dai piani e dai programmi o dalle normative di cui all'articolo 271,
commi 3 e 4, o in presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di
zone che richiedono una particolare tutela ambientale. Tale procedura si applica
anche nel caso in cui il gestore intenda effettuare una modifica dello
stabilimento. Resta fermo l'obbligo di sottoporre lo stabilimento
all'autorizzazione di cui all'articolo 269 in caso di modifiche per effetto
delle quali lo stabilimento non sia più conforme alle previsioni
dell'autorizzazione generale. L'autorizzazione generale si applica a chi vi ha
aderito, anche se sostituita da successive autorizzazioni generali, per un
periodo pari ai dieci anni successivi all'adesione. Non hanno effetto su tale
termine le domande di adesione relative alle modifiche dello stabilimento.
Almeno quarantacinque giorni prima della scadenza di tale periodo il gestore
presenta una domanda di adesione all'autorizzazione generale vigente, corredata
dai documenti ivi prescritti. L'autorità competente procede, almeno ogni dieci
anni, al rinnovo delle autorizzazioni generali adottate ai sensi del presente
articolo. Per le autorizzazioni generali rilasciate ai sensi del decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989 e del decreto del
Presidente della Repubblica 25 luglio 1991, il primo rinnovo e' effettuato entro
cinque anni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente
decreto e i soggetti autorizzati presentano una domanda di adesione, corredata
dai documenti ivi prescritti, nei sei mesi che seguono al rinnovo o nei diversi
termini stabiliti dall'autorizzazione stessa, durante i quali l'esercizio può
essere continuato. In caso di mancata presentazione della domanda di adesione
nei termini previsti dal presente comma lo stabilimento si considera in
esercizio senza autorizzazione alle emissioni(*).
4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3(**) non si applicano:
a) in caso di emissione di sostanze cancerogene, tossiche per la riproduzione o
mutagene o di sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate, come
individuate dalla parte II dell'Allegato I alla parte quinta del presente
decreto, o
b) nel caso in cui siano utilizzate, nell'impianto o nell'attività, le sostanze
o i preparati classificati dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, come
cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, a causa del loro tenore di
COV, e ai quali sono state assegnate etichette con le frasi di rischio R45, R46,
R49, R60, R61.
4-bis. Con apposito
decreto, da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 5, si provvede ad
integrare l'allegato IV, parte II, alla parte quinta del presente decreto con
l'indicazione dei casi in cui, in deroga al comma precedente, l'autorità
competente può permettere, nell'autorizzazione generale, l'utilizzo di sostanze
inquinanti classificate con frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R61, R68, in
considerazione degli scarsi quantitativi d'impiego o delle ridotte percentuali
di presenza nelle materie prime o nelle emissioni.(***)
5. Il presente titolo non si applica agli stabilimenti destinati alla
difesa nazionale ed(**) alle emissioni
provenienti da sfiati e ricambi d'aria esclusivamente adibiti alla protezione e
alla sicurezza degli ambienti di lavoro. Agli impianti di distribuzione dei
carburanti si applicano esclusivamente le pertinenti disposizioni degli articoli
276 e 277.
(*) N.d.R.: Comma così
sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 273
Grandi impianti di combustione
1. L'Allegato II alla parte quinta del presente decreto stabilisce, in
relazione ai grandi impianti di combustione, i valori limite di emissione,
inclusi quelli degli impianti multicombustibili, le modalità di monitoraggio e
di controllo delle emissioni, i criteri per la verifica della conformità ai
valori limite e le ipotesi di anomalo funzionamento o di guasto degli impianti.
2. Ai grandi impianti di combustione nuovi si applicano i valori limite di
emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 5, lettera B, e sezione 6
dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto.
3. Ai grandi impianti di combustione anteriori al 2006 i valori limite di
emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 5, lettera A, e sezione 6
dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto si applicano a partire
dal 1° gennaio 2008. Fino a tale data si applicano gli articoli 3, comma 1, 6,
comma 2, e 14, comma 3, nonché gli Allegati 4, 5, 6 e 9 del decreto del Ministro
dell'ambiente 8 maggio 1989. Sono fatti salvi i diversi termini previsti nel
suddetto Allegato II.
4. Ai grandi impianti di combustione anteriori al 1988 i valori limite di
emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 5, lettera A, e sezioni 6 e 7
dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto si applicano a partire
dal 1° gennaio 2008. Fino a tale data si applicano i valori limite di emissione
per il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, le polveri e per i metalli e loro
composti previsti dal decreto del Ministro dell'ambiente 12 luglio 1990, o
contenuti nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi del decreto del Presidente
della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, nonché le prescrizioni relative alle
anomalie degli impianti di abbattimento stabilite all'Allegato II, parte A,
lettera E, dello stesso decreto ministeriale. Fino a tale data si applicano
altresì i massimali e gli obiettivi di riduzione delle emissioni, fissati nella
parte V dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto. Sono fatti
salvi i diversi termini previsti in tale Allegato II.
5. I gestori dei grandi impianti di combustione di cui al comma 4 possono essere
esentati dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione previsti dalla
parte II, sezioni da 1 a 5, lettera A, e sezione 6 dell'Allegato II alla parte
quinta del presente decreto, sulla base della procedura disciplinata dalla parte
I dello stesso Allegato II.
6. Ai fini dell'adeguamento degli impianti di cui ai commi 3 e 4 ai valori
limite di emissione ivi previsti, il gestore, nell'ambito della richiesta di
autorizzazione integrata ambientale, presenta all'autorità competente una
relazione tecnica contenente la descrizione dell'impianto, delle tecnologie
adottate per prevenire l'inquinamento e della qualità e quantità delle
emissioni, dalla quale risulti il rispetto delle prescrizioni di cui al presente
titolo, oppure un progetto di adeguamento finalizzato al rispetto delle
medesime.
7. Per gli impianti di potenza termica nominale pari a 50 MW, la relazione
tecnica o il progetto di adeguamento di cui al comma 6 devono essere presentati
entro il 1° agosto 2007 e, in caso di approvazione, l'autorità competente
provvede, ai sensi dell'articolo 269, a rinnovare(*) le autorizzazioni in atto.
8. In aggiunta a quanto previsto dall'articolo 271, comma 14, i valori limite di
emissione non si applicano ai grandi impianti di combustione nei casi di anomalo
funzionamento previsti dalla parte I dell'Allegato II alla parte quinta del
presente decreto, nel rispetto delle condizioni ivi previste.
9. Se più impianti di combustione, anche di potenza termica nominale
inferiore a 50 MW, sono localizzati nello stesso stabilimento l'autorità
competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti come un unico
impianto ai fini della determinazione della potenza termica nominale in base
alla quale stabilire i valori limite di emissione. L'autorità competente,
tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può altresì disporre il
convogliamento delle emissioni di tali impianti ad un solo punto di emissione ed
applicare i valori limite che, in caso di mancato convogliamento, si
applicherebbero all'impianto più recente.(**)
10. L'adeguamento alle disposizioni del comma 9 e' effettuato nei tempi a tal
fine stabiliti dall'autorizzazione.(**)
11. Nel caso in cui un grande impianto di combustione sia sottoposto alle
modifiche qualificate come sostanziali dalla normativa vigente in materia di
autorizzazione integrata ambientale, si applicano i valori limite di emissione
stabiliti nella parte II, sezioni da 1 a 5, lettera B, e sezione 6 dell'Allegato
II alla parte quinta del presente decreto.
12. Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di
autorizzazione integrata ambientale, per gli impianti nuovi o in caso di
modifiche ai sensi del comma 11, la domanda di autorizzazione deve essere
corredata da un apposito studio concernente la fattibilità tecnica ed economica
della generazione combinata di calore e di elettricità. Nel caso in cui tale
fattibilità sia accertata, anche alla luce di elementi diversi da quelli
contenuti nello studio, l'autorità competente, tenuto conto della situazione del
mercato e della distribuzione, condiziona il rilascio del provvedimento
autorizzativo alla realizzazione immediata o differita di tale soluzione.
13. Dopo il 1° gennaio 2008, agli impianti di combustione di potenza termica
nominale inferiore a 50MW ed agli altri impianti esclusi dal campo di
applicazione della parte quinta del presente decreto, facenti parte di una
raffineria, continuano ad applicarsi, fatto salvo quanto previsto dalla
normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, i valori
limite di emissione calcolati, su un intervallo mensile o inferiore(*), come rapporto ponderato tra la
somma delle masse inquinanti emesse e la somma dei volumi delle emissioni di
tutti gli impianti della raffineria, inclusi quelli ricadenti nel campo di
applicazione del presente articolo.
14. In caso di realizzazione di grandi impianti di combustione che potrebbero
arrecare un significativo pregiudizio all'ambiente di un altro Stato della
Comunità europea, l'autorità competente informa il Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare per l'adempimento degli obblighi di cui alla
convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto
transfrontaliero, stipulata a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata con la legge
3 novembre 1994, n. 640.
15. Le disposizioni del presente articolo si applicano agli impianti di
combustione destinati alla produzione di energia, ad esclusione di quelli che
utilizzano direttamente i prodotti di combustione in procedimenti di
fabbricazione. Sono esclusi in particolare:
a) gli impianti in cui i prodotti della combustione sono utilizzati per il
riscaldamento diretto, l'essiccazione o qualsiasi altro trattamento degli
oggetti o dei materiali, come i forni di riscaldo o i forni di trattamento
termico;
b) gli impianti di postcombustione, cioè qualsiasi dispositivo tecnico per la
depurazione dell'effluente gassoso mediante combustione, che non sia gestito
come impianto indipendente di combustione;
c) i dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di craking catalitico;
d) i dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo;
e) i reattori utilizzati nell'industria chimica;
f) le batterie di forni per il coke;
g) i cowpers degli altiforni;
h) qualsiasi dispositivo tecnico usato per la propulsione di un veicolo, una
nave, o un aeromobile;
i) le turbine a gas usate su piattaforme off-shore e sugli impianti di
rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore;
[l) le turbine a gas autorizzate anteriormente alla data di entrata in vigore
della parte quinta del presente decreto, fatte salve le disposizioni alle stesse
espressamente riferite;](***)
m) gli impianti azionati da motori diesel, a benzina o a gas.
16. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle turbine a gas autorizzate successivamente all'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto. Alle turbine a gas autorizzate precedentemente si applicano esclusivamente le disposizioni alle stesse riferite dall'Allegato II alla parte quinta del presente decreto in materia di monitoraggio e controllo delle emissioni, nonche' di anomalie e guasti degli impianti di abbattimento.(****)
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Lettera soppressa dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(****) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 274
Raccolta e trasmissione dei dati sulle emissioni dei grandi
impianti di combustione
1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette alla
Commissione europea, ogni tre anni, una relazione inerente le emissioni di
biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di tutti i grandi impianti di
combustione di cui alla parte quinta del presente decreto, nella quale siano
separatamente indicate le emissioni delle raffinerie. Tale relazione è trasmessa
per la prima volta entro il 31 dicembre 2007 in relazione al periodo di tre anni
che decorre dal 1° gennaio 2004 e, in seguito, entro dodici mesi dalla fine di
ciascun successivo periodo di tre anni preso in esame. Il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette inoltre alla Commissione
europea, su richiesta, i dati annuali relativi alle emissioni di biossido di
zolfo, ossidi di azoto e polveri dei singoli impianti di combustione.
2. A partire dal 1° gennaio 2008, il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare presenta ogni anno alla Commissione europea una relazione concernente
gli impianti anteriori al 1988 per i quali è stata concessa l'esenzione prevista
dall'articolo 273, comma 5, con l'indicazione dei tempi utilizzati e non
utilizzati che sono stati autorizzati per il restante periodo di funzionamento
degli impianti. A tal fine l'autorità competente, se diversa dal Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, comunica a tale Ministero le
predette esenzioni contestualmente alla concessione delle stesse.
3. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta ogni anno
alla Commissione europea una relazione circa i casi in cui sono applicate le
deroghe di cui alla parte II, sezioni 1 e 4, lettera A, paragrafo 2,
dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto e le deroghe di cui alle
note delle lettere A e B del medesimo Allegato II, parte II, sezione 1. A tal
fine l'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, comunica a tale Ministero le predette deroghe
contestualmente all'applicazione delle stesse.
4. Entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2006, i gestori dei grandi
impianti di combustione comunicano all'Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (ISPRA), con le modalità previste dalla parte III
dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto, le emissioni totali,
relative all'anno precedente, di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri,
determinate conformemente alle prescrizioni della parte IV dell'Allegato II alla
parte quinta del presente decreto, nonché la quantità annua totale di energia
prodotta rispettivamente dalle biomasse, dagli altri combustibili solidi, dai
combustibili liquidi, dal gas naturale e dagli altri gas, riferita al potere
calorifico netto, e la caratterizzazione dei sistemi di abbattimento delle
emissioni. In caso di mancata comunicazione dei dati e delle informazioni di cui
al presente comma, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare,
anche ai fini di quanto previsto dall'art. 650 del codice penale, ordina al
gestore inadempiente di provvedere.
5. L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA),
sulla base delle informazioni di cui al comma 4, elabora una relazione in cui
sono riportate le emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di
tutti i grandi impianti di combustione di cui alla parte quinta del presente
decreto. Tale relazione deve indicare le emissioni totali annue di biossido di
zolfo, ossidi di azoto e polveri e la quantità annua totale di energia prodotta
rispettivamente dalle biomasse, dagli altri combustibili solidi, dai
combustibili liquidi, dal gas naturale e dagli altri gas, riferita al potere
calorifico netto. Almeno due mesi prima della scadenza prevista dal comma 1 per
la trasmissione dei dati alla Commissione europea, l'Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) trasmette al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la suddetta relazione, nonché i dati
disaggregati relativi a ciascun impianto.
6. I dati di cui al comma 4 sono raccolti e inviati in formato elettronico. A
tal fine debbono essere osservate, ove disponibili, le procedure indicate sul
sito internet del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare. La
relazione di cui al comma 5, nonché i dati disaggregati raccolti dall'Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) sono resi
disponibili alle autorità competenti sul sito internet del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
7. Il presente articolo si applica anche alle turbine a gas autorizzate prima dell'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto(*)
(*) N.d.R.: Comma
aggiunto dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 275
Emissioni di cov
1. L'Allegato III alla parte quinta del presente decreto stabilisce,
relativamente alle emissioni di composti organici volatili, i valori limite di
emissione, le modalità di monitoraggio e di controllo delle emissioni, i criteri
per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite e le
modalità di redazione del piano di gestione dei solventi.
2. Se nello stesso stabilimento(*) sono esercitate, mediante uno o più impianti o
macchinari e sistemi non fissi o operazioni manuali, una o più attività
individuate nella parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente
decreto le quali superano singolarmente le soglie di consumo di solvente ivi
stabilite, a ciascuna di tali attività si applicano, secondo le modalità di
cui al comma 7(*), i valori limite per le
emissioni convogliate e per le emissioni diffuse di cui al medesimo Allegato III, parte III, oppure i valori limite di emissione totale di cui a tale
Allegato III, parti III e IV, nonché le prescrizioni ivi previste. Tale
disposizione si applica anche alle attività che, nello stesso stabilimento(*), sono
direttamente collegate e tecnicamente connesse alle attività individuate nel
suddetto Allegato III, parte II, e che possono influire sulle emissioni di COV.
Il superamento delle soglie di consumo di solvente è valutato con riferimento al
consumo massimo teorico di solvente [autorizzato](**). Le attività di cui alla parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto comprendono la
pulizia delle apparecchiature e non comprendono la pulizia dei prodotti, fatte
salve le diverse disposizioni ivi previste.
3. Ai fini di quanto previsto dal comma 2, i valori limite per le emissioni
convogliate si applicano a ciascun impianto che produce tali emissioni ed i
valori limite per le emissioni diffuse si applicano alla somma delle emissioni
non convogliate di tutti gli impianti, di tutti i macchinari e sistemi non fissi
e di tutte le operazioni.
4. Il gestore che intende effettuare le attività di cui al comma 2 presenta
all'autorità competente una domanda di autorizzazione dello stabilimento in
conformità all'articolo 269 e a quanto previsto nel presente articolo e
nell'Allegato III(*) alla parte quinta del presente decreto oppure,
ricorrendone i presupposti, una domanda di adesione all'autorizzazione generale
di cui all'articolo 272, comma 3(*). [Si
applica, a tal fine, l'articolo 269, ad eccezione dei commi 2 e 4](**). In aggiunta
ai casi previsti dall'articolo 269, comma 8, la domanda di autorizzazione deve
essere presentata anche dal gestore dello stabilimento in cui sono esercitate
delle attività(*) che, a seguito di una
modifica del consumo massimo teorico di solvente, rientrano tra quelle di cui al
comma 2.
5. L'autorizzazione stabilisce, sulla base dei commi 2 e 7, i valori limite
di emissione e le prescrizioni che devono essere rispettati. Per la captazione e
il convogliamento si applica l'articolo 270(***).
6. L'autorizzazione indica il consumo massimo teorico di solvente e l'emissione
totale annua conseguente all'applicazione dei valori limite di cui al comma 2,
individuata sulla base di detto consumo, nonché la periodicità
dell'aggiornamento del piano di gestione di cui alla parte V dell'Allegato III
alla parte quinta del presente decreto.
7. Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal comma 2 è assicurato
mediante l'applicazione delle migliori tecniche disponibili e, in particolare,
utilizzando materie prime a ridotto o nullo tenore di solventi organici,
ottimizzando l'esercizio e la gestione delle attività e, ove necessario,
installando idonei dispositivi di abbattimento, in modo da minimizzare le
emissioni di composti organici volatili.
8. Se le attività di cui al comma 2 sono esercitate presso uno stabilimento
autorizzato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988,
n. 203, prima del 13 marzo 2004(*), le emissioni devono essere
adeguate alle pertinenti prescrizioni dell'Allegato III alla parte quinta del
presente decreto e alle altre prescrizioni del presente articolo entro il 31
ottobre 2007, ovvero, in caso di adeguamento a quanto previsto dal medesimo
Allegato III, parte IV, entro le date ivi stabilite. Fermo restando quanto
stabilito dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata
ambientale, l'adeguamento è effettuato sulla base dei progetti presentati
all'autorità competente ai sensi del decreto ministeriale 14 gennaio 2004, n.
44. Tali stabilimenti si considerano anteriori al 2006 o anteriori al 1988
sulla base dei criteri di cui all'articolo 268, comma 1, lettere i) e i-bis)(*).
In
caso di mancata presentazione del progetto o di diniego all'approvazione del
progetto da parte dell'autorità competente, le attività si considerano in
esercizio senza autorizzazione. I termini di adeguamento previsti dal presente
comma si applicano altresì agli stabilimenti di cui al comma 20(*), in esercizio al 12
marzo 2004, i cui gestori aderiscano all'autorizzazione generale ivi prevista
entro sei mesi dall'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto o
abbiano precedentemente aderito alle autorizzazioni generali adottate ai sensi
dell'art. 9 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
16 gennaio 2004, n. 44.
9. Se le attività di cui al comma 2 sono effettuate esclusivamente da macchinari
e sistemi non fissi o da operazioni manuali, in esercizio prima dell'entrata in
vigore della parte quinta del presente decreto, le emissioni devono essere
adeguate alle pertinenti prescrizioni dell'Allegato III alla parte quinta del
presente decreto e alle altre prescrizioni del presente articolo entro il 31
ottobre 2007. A tal fine l'autorizzazione di cui al comma 4 deve essere
richiesta entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quinta del
presente decreto. In caso di mancata presentazione della richiesta entro tale
termine le attività si considerano in esercizio senza autorizzazione.
10. Sono fatte salve le autorizzazioni rilasciate prima del 13 marzo 2004 che
conseguono un maggiore contenimento delle emissioni di composti organici
volatili rispetto a quello ottenibile con l'applicazione delle indicazioni di
cui alle parti III e IV(*) dell'Allegato III alla parte quinta del presente
decreto. In tal caso rimangono validi i metodi di campionamento e di analisi
precedentemente in uso. È fatta salva la facoltà del gestore di chiedere
all'autorità competente di rivedere dette autorizzazioni sulla base delle
disposizioni della parte quinta del presente decreto.
11. La domanda di autorizzazione di cui al comma 4 deve essere presentata anche
dal gestore degli stabilimenti nei quali sono esercitate le attività(*) di cui al comma 2, effettuate ai sensi dei commi 8 e
9, ove le stesse siano sottoposte a modifiche sostanziali. L'autorizzazione
prescrive che le emissioni provenienti dagli stabilimenti in cui si
effettuano le attività(*) oggetto di modifica sostanziale:
a) siano immediatamente adeguate alle prescrizioni del presente articolo o
b) siano adeguate alle prescrizioni del presente articolo entro il 31 ottobre
2007 se le emissioni totali di tutte le attività svolte dal gestore nello stesso
luogo non superano quelle che si producono in caso di applicazione della lettera
a).
12. Se il gestore comprova all'autorità competente che, pur utilizzando la
migliore tecnica disponibile, non è possibile rispettare il valore limite per le
emissioni diffuse, tale autorità può autorizzare deroghe a detto valore limite,
purché ciò non comporti rischi per la salute umana o per l'ambiente.
13. Nei casi previsti nella parte III dell'Allegato III alla parte quinta del
presente decreto, l'autorità competente può esentare il gestore
dall'applicazione delle prescrizioni ivi stabilite se le emissioni non possono
essere convogliate ai sensi dell'articolo 270, commi 1 e 2. In tal caso si
applica quanto previsto dalla parte IV dell'Allegato III alla parte quinta del
presente decreto, salvo il gestore comprovi all'autorità competente che il
rispetto di detto Allegato non è, nel caso di specie, tecnicamente ed
economicamente fattibile e che l'impianto utilizza la migliore tecnica
disponibile.
14. L'autorità competente comunica al Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, nella relazione di cui al comma 18, le deroghe autorizzate ai sensi
dei commi 12 e 13.
15. Se due o più attività effettuate nello stesso luogo superano singolarmente
le soglie di cui al comma 2, l'autorità competente può:
a) applicare i valori limite previsti da tale comma a ciascuna singola attività
o
b) applicare un valore di emissione totale, riferito alla somma delle emissioni
di tali attività, non superiore a quello che si avrebbe applicando quanto
previsto dalla lettera a); la presente opzione non si estende alle emissioni
delle sostanze indicate nel comma 17.
16. Il gestore che, nei casi previsti dal comma 8, utilizza un dispositivo di
abbattimento che consente il rispetto di un valore limite di emissione pari a 50
mgC/Nm3, in caso di combustione, e pari a 150 mgC/Nm3, in tutti gli altri casi,
deve rispettare i valori limite per le emissioni convogliate di cui alla parte
III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto entro il 1° aprile
2013, purche', sin dalle date di adeguamento previste dal comma 8, le
emissioni totali(*) non superino quelle che si sarebbero prodotte
in caso di applicazione delle prescrizioni della parte III dell'Allegato III
alla parte quinta del presente decreto.
17. La parte I dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto
stabilisce appositi valori limite di emissione per le sostanze caratterizzate da
particolari rischi per la salute e l'ambiente.
18. Le autorità competenti trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, ogni tre anni ed entro il 30 aprile, a partire dal 2005, una
relazione relativa all'applicazione del presente articolo, in conformità a
quanto previsto dalla decisione 2007/531/CE del 26 luglio 2007(*) della Commissione
europea. Copia della relazione è inviata dalle autorità competenti alla regione
o alla provincia autonoma. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare invia tali informazioni alla Commissione europea.
[19. Alle emissioni di COV degli impianti anteriori al 1988, disciplinati dal
presente articolo, si applicano, fino alle date previste dai commi 8 e 9 ovvero
fino alla data di effettivo adeguamento degli impianti, se anteriore, i valori
limite e le prescrizioni di cui all'Allegato I alla parte quinta del presente
decreto.](**)
20. I gestori degli stabilimenti costituiti da uno o più impianti a ciclo
chiuso(*) di pulizia a secco di tessuti e di
pellami, escluse le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso, per i
quali l'autorità competente non abbia adottato autorizzazioni di carattere
generale, comunicano a tali autorità di aderire all'autorizzazione di cui alla
parte VII dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. È fatto
salvo il potere delle medesime autorità di adottare successivamente nuove
autorizzazioni di carattere generale, ai sensi dell'articolo 272,
l'obbligatoria adesione alle quali(*)
alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella
prevista dalla parte VII dell'Allegato III alla parte quinta del presente
decreto relativamente al territorio a cui tali nuove autorizzazioni si
riferiscono. A tali attività non si applicano le prescrizioni della parte I,
paragrafo 3, punti 3.2, 3.3. e 3.4 dell'Allegato III alla parte quinta del
presente decreto.
21. Costituisce modifica sostanziale, ai sensi del presente articolo:
a) per le attività di ridotte dimensioni, una modifica del consumo massimo
teorico di solventi che comporta un aumento delle emissioni di composti organici
volatili superiore al venticinque per cento;
b) per tutte le altre attività, una modifica del consumo massimo teorico di
solventi che comporta un aumento delle emissioni di composti organici volatili
superiore al dieci per cento;
c) qualsiasi modifica che, a giudizio dell'autorità competente, potrebbe avere
effetti negativi significativi sulla salute umana o sull'ambiente;
d) qualsiasi modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporti la
variazione dei valori limite applicabili;
22. Per attività di ridotte dimensioni, ai sensi del comma 21, si intendono le
attività di cui alla parte III, punti 1, 3, 4, 5, 8, 10, 13, 16 o 17
dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto aventi un consumo
massimo teorico di solventi inferiore o uguale alla più bassa tra le soglie di
consumo ivi indicate in terza colonna e le altre attività di cui alla parte III
del medesimo Allegato III aventi un consumo massimo teorico di solventi
inferiore a 10 tonnellate l'anno.
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Soppresso dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante:
"Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante
norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno
2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario
n.184.
(***) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 276
Controllo delle emissioni di cov derivanti dal deposito della
benzina e dalla sua distribuzione dai terminali agli impianti di distribuzione
1. L'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto stabilisce le
prescrizioni che devono essere rispettate ai fini del controllo delle emissioni
di COV relativamente:
a) agli impianti di deposito presso i terminali;
b) agli impianti di caricamento di benzina presso i terminali;
c) agli impianti adibiti al deposito temporaneo di vapori presso i terminali;
d) alle cisterne mobili e ai veicoli cisterna;
e) agli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione dei
carburanti;
f) alle attrezzature per le operazioni di trasferimento della benzina presso gli
impianti di distribuzione e presso terminali in cui è consentito il deposito
temporaneo di vapori.
2. Per impianti di deposito ai sensi del presente articolo si intendono i
serbatoi fissi adibiti allo stoccaggio di benzina. Per tali impianti di deposito
situati presso i terminali le pertinenti prescrizioni dell'Allegato VII alla
parte quinta del presente decreto costituiscono le misure che i gestori devono
adottare ai sensi dell'articolo 269, comma 10(*). Con apposito provvedimento
l'autorità competente può disporre deroghe a tali prescrizioni, relativamente
agli obblighi di rivestimento, ove necessario ai fini della tutela di aree di
particolare pregio sotto il profilo paesaggistico.
3. Per impianti di distribuzione, ai sensi del presente articolo, si intendono
gli impianti in cui la benzina viene erogata ai serbatoi di tutti i veicoli a
motore da impianti di deposito.
4. Nei terminali all'interno dei quali è movimentata una quantità di benzina
inferiore a 10.000 tonnellate/anno e la cui costruzione è stata autorizzata
prima del 3 dicembre 1997, ai sensi della normativa vigente al momento
dell'autorizzazione, gli impianti di caricamento si adeguano alle disposizioni
della parte II, paragrafo 2, dell'Allegato VII alla parte quinta del presente
decreto entro il 17 maggio 2010. Fino alla data di adeguamento deve essere
garantita l'agibilità delle operazioni di caricamento anche per i
veicoli-cisterna con caricamento dall'alto. Per quantità movimentata si intende
la quantità totale annua massima di benzina caricata in cisterne mobili dagli
impianti di deposito del terminale nei tre anni precedenti il 17 maggio 2000.
5. Le prescrizioni di cui alla parte II, punto 3.2, dell'Allegato VII alla parte
quinta del presente decreto si applicano ai veicoli cisterna collaudati dopo il
17 novembre 2000 e si estendono agli altri veicoli cisterna a partire dal 17
maggio 2010. Tali prescrizioni non si applicano ai veicoli cisterna a scomparti
tarati, collaudati dopo il 1° gennaio 1990 e attrezzati con un dispositivo che
garantisca la completa tenuta di vapori durante la fase di caricamento. A tali
veicoli cisterna a scomparti tarati deve essere consentita l'agibilità delle
operazioni di caricamento presso gli impianti di deposito dei terminali.
6. Gli stabilimenti in cui sono presenti gli impianti di cui al comma 1, lettera b), sono soggetti, ove producano emissioni in atmosfera, all'autorizzazione di cui all'articolo 269.(**)
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128,
recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge
18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl.
Ordinario n.184.
Art. 277
Recupero di cov prodotti durante le operazioni di rifornimento degli
autoveicoli presso gli impianti di distribuzione carburanti
1. I distributori degli impianti di distribuzione dei carburanti devono essere
attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina che si producono
durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli. Gli impianti di distribuzione,
i distributori(*) e i sistemi di recupero dei vapori devono essere conformi alle
pertinenti prescrizioni dell'Allegato VIII alla parte quinta del presente
decreto, relative ai requisiti di efficienza, ai requisiti costruttivi, ai
requisiti di installazione, ai controlli periodici ed agli obblighi di
documentazione.
2. Ai fini del presente articolo si intende per:
a) impianti di distribuzione: ogni impianto in cui la benzina viene erogata ai
serbatoi degli autoveicoli da impianti di deposito;
b) impianti di deposito: i serbatoi fissi adibiti allo stoccaggio di benzina
presso gli impianti di distribuzione;
c) distributore: ogni apparecchio finalizzato all'erogazione di benzina; il
distributore deve essere dotato di idonea pompa di erogazione in grado di
aspirare dagli impianti di deposito o, in alternativa, essere collegato a un
sistema di pompaggio centralizzato; se inserito in un impianto di distribuzione
di carburanti in rapporto con il pubblico, il distributore deve essere inoltre
dotato di un idoneo dispositivo per l'indicazione ed il calcolo delle quantità
di benzina erogate;
d) sistema di recupero dei vapori: l'insieme dei dispositivi atti a prevenire
l'emissione in atmosfera di COV durante i rifornimenti di benzina di
autoveicoli. Tale insieme di dispositivi comprende pistole di erogazione
predisposte per il recupero dei vapori, tubazioni flessibili coassiali o
gemellate, ripartitori per la separazione della linea dei vapori dalla linea di
erogazione del carburante, collegamenti interni ai distributori, linee interrate
per il passaggio dei vapori verso i serbatoi, e tutte le apparecchiature e i
dispositivi atti a garantire il funzionamento degli impianti in condizioni di
sicurezza ed efficienza.
3. I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori devono essere
omologati dal Ministero dell'interno, a cui il costruttore presenta apposita
istanza corredata della documentazione necessaria ad identificare i dispositivi
e dalla certificazione di cui al paragrafo 2, punto 2.3, dell'Allegato VIII alla
parte quinta del presente decreto. Ai fini del rilascio dell'omologazione, il
Ministero dell'interno verifica la rispondenza dei dispositivi ai requisiti di
efficienza di cui al comma 1 ed ai requisiti di sicurezza antincendio
previsti dalla vigente normativa(*). In caso di mancata pronuncia l'omologazione
si intende negata.
4. I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori che sono stati
omologati delle competenti autorità di altri Paesi appartenenti all'Unione
europea possono essere utilizzati per attrezzare i distributori degli impianti
di distribuzione, previo riconoscimento da parte del Ministero dell'interno, a
cui il costruttore presenta apposita istanza, corredata dalla documentazione
necessaria ad identificare i dispositivi, dalle certificazioni di prova
rilasciate dalle competenti autorità estere e da una traduzione giurata in
lingua italiana di tali documenti e certificazioni. Ai fini del riconoscimento,
il Ministero dell'interno verifica i documenti e le certificazioni trasmessi e
la rispondenza dei dispositivi ai requisiti di sicurezza antincendio previsti
dalla vigente normativa(*). In caso di mancata pronuncia il
riconoscimento si intende negato.
5. Durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli i gestori degli
impianti di distribuzione devono mantenere in funzione i sistemi di recupero dei
vapori di cui al comma 1.
(*) N.d.R.: Comma così
modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 278
Poteri di ordinanza
1. In caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione,
ferma restando l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 279 e delle
misure cautelari disposte dall'autorità giudiziaria, l'autorità competente
procede, secondo la gravità dell'infrazione:
a) alla diffida, con l'assegnazione di un termine entro il quale le irregolarità
devono essere eliminate;
b) alla diffida ed alla contestuale temporanea sospensione
dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi
e' stata violazione delle prescrizioni autorizzative, ove si manifestino
situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente(*);
c) alla revoca dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività
per i quali vi e' stata violazione delle prescrizioni autorizzative, in caso di
mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o qualora la
reiterata inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione
determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l'ambiente(*).
(*) N.d.R.: Lettera
così sostituita dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante:
"Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante
norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno
2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario
n.184.
Art. 279
Sanzioni
1. Chi inizia a installare o esercisce uno stabilimento in assenza della
prescritta autorizzazione ovvero continua l'esercizio con l'autorizzazione
scaduta, decaduta, sospesa o revocata e' punito con la pena dell'arresto da due
mesi a due anni o dell'ammenda da 258 euro a 1.032 euro. Con la stessa pena e'
punito chi sottopone uno stabilimento ad una modifica sostanziale senza
l'autorizzazione prevista dall'articolo 269, comma 8. Chi sottopone uno
stabilimento ad una modifica non sostanziale senza effettuare la comunicazione
prevista dall'articolo 269, comma 8, e' assoggettato ad una sanzione
amministrativa pecuniaria pari a 1.000 euro, alla cui irrogazione provvede
l'autorità competente(*).
2. Chi, nell'esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti dall'autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall'autorità competente ai sensi del presente titolo e' punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a 1.032 euro. Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell'autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione(*).
3. Chi mette in esercizio un impianto o inizia ad esercitare un'attività senza
averne dato la preventiva comunicazione prescritta ai sensi dell'articolo 269,
comma 6(**), o ai sensi dell'articolo 272, comma 1, é punito con
l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a milletrentadue euro.
4. Chi non comunica all'autorità competente i dati relativi alle emissioni ai
sensi dell'articolo 269, comma 6(**), é punito con l'arresto fino a sei mesi o con
l'ammenda fino a milletrentadue euro.
5. Nei casi previsti dal comma 2 si applica sempre la pena dell'arresto fino ad
un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina anche il
superamento dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente
normativa.
6. Chi, nei casi previsti dall'articolo 281, comma 1, non adotta tutte le misure
necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni è punito con
la pena dell'arresto fino ad un anno o dell'ammenda fino a milletrentadue euro.
7. Per la violazione delle prescrizioni dell'articolo 276, nel caso in cui la
stessa non sia soggetta alle sanzioni previste dai commi da 1 a 6, e per la
violazione delle prescrizioni dell'articolo 277 si applica una sanzione
amministrativa pecuniaria da quindicimilaquattrocentonovantatre euro a
centocinquantaquattromilanovecentotrentasette euro. All'irrogazione di tale
sanzione provvede, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre
1981, n. 689, la regione o la diversa autorità indicata dalla legge regionale.
La sospensione delle autorizzazioni in essere è sempre disposta in caso di
recidiva.
(*) N.d.R.: Comma così
sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in
materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69",
pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128,
recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge
18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl.
Ordinario n.184.
Art. 280
Abrogazioni
1. Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto preveda
l'ulteriore vigenza e fermo restando quanto stabilito dall'art. 14 del decreto
legislativo 4 agosto 1999, n. 351:
a) il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203;
b) l'art. 4 della legge 4 novembre 1997, n. 413;
c) l'art. 12, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;
d) il decreto del Ministro dell'ambiente 10 marzo 1987, n. 105;
e) il decreto del Ministro dell'ambiente 8 maggio 1989;
f) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989;
g) il decreto del Ministro dell'ambiente 12 luglio 1990;
h) il decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991;
i) il decreto del Ministro dell'ambiente 21 dicembre 1995;
l) il decreto del Ministro dell'ambiente del 16 maggio 1996;
m) il decreto del Ministro dell'ambiente 20 gennaio 1999, n. 76;
n) il decreto del Ministro dell'ambiente 21 gennaio 2000, n. 107;
o) il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 16
gennaio 2004, n. 44.
Art. 281
Disposizioni transitorie e finali
1. I gestori degli stabilimenti(*) autorizzati, anche in via provvisoria o in forma
tacita, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.
203, ad esclusione di quelli dotati di autorizzazione generale che sono
sottoposti alla disciplina di cui all'articolo 272, comma 3, devono presentare
una domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 entro i termini di
seguito indicati. Le regioni e le province autonome adottano, nel rispetto di
tali termini, appositi calendari per la presentazione delle domande; in caso di
mancata adozione dei calendari, la domanda di autorizzazione deve essere
comunque presentata nei termini stabiliti dal presente comma. La mancata
presentazione della domanda nei termini, inclusi quelli fissati dai calendari,
comporta la decadenza della precedente autorizzazione. L'autorità competente
si pronuncia in un termine pari a otto mesi o, in caso di integrazione della
domanda di autorizzazione, pari a dieci mesi dalla ricezione della domanda
stessa(*). Se la domanda è
presentata nei termini, l'esercizio degli stabilimenti(*) può essere proseguito fino
alla pronuncia dell'autorità competente; in caso di mancata pronuncia entro i
termini previsti [dall'articolo 269, comma 3(**)], l'esercizio può essere proseguito
fino alla scadenza del termine previsto per la pronuncia del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a cui sia stato richiesto
di provvedere ai sensi dell'articolo 269(*). In caso di stabilimenti(*) autorizzati in
via provvisoria o in forma tacita, il gestore deve adottare, fino alla pronuncia
dell'autorità competente, tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche
temporaneo delle emissioni. La domanda di autorizzazione di cui al presente
comma deve essere presentata entro i seguenti termini:
a) tra la data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto ed
il 31 dicembre 2011(*), per stabilimenti(*) anteriori al 1988;
b) tra il 1° gennaio 2012(*) ed il 31 dicembre 2013(*), per
stabilimenti(*) anteriori al 2006
che siano stati autorizzati in data anteriore al 1° gennaio 2000;
c) tra il 1° gennaio 2014(*) ed il 31 dicembre 2015(*), per
stabilimenti(*) anteriori al 2006
che siano stati autorizzati in data successiva al 31 dicembre 1999.
2. Non sono sottoposti alla procedura autorizzativa prevista dal comma 1, gli
stabilimenti per cui l'autorizzazione e' stata rinnovata ai sensi dell'articolo
269, commi 7 o 8. Se uno stabilimento anteriore al 1988 e' sottoposto ad una
modifica sostanziale, ai sensi dell'articolo 269, comma 8, prima del termine
previsto dal comma 1, l'autorità competente procede, in ogni caso, al rinnovo
dell'autorizzazione.(***)
3. I gestori degli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore
della parte quinta del presente decreto che ricadono nel campo di applicazione
del presente titolo e che non ricadevano nel campo di applicazione del decreto
del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, si adeguano alle
disposizioni del presente titolo entro il 1° settembre 2013 o nel più breve
termine stabilito dall'autorizzazione alle emissioni. Se lo stabilimento e'
soggetto a tale autorizzazione la relativa domanda deve essere presentata, ai
sensi dell'articolo 269 o dell'articolo 272, commi 2 e 3, entro il 31 luglio
2012. L'autorità competente si pronuncia in un termine pari a otto mesi o, in
caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a dieci mesi dalla
ricezione della domanda stessa. Dopo la presentazione della domanda, le
condizioni di esercizio ed i combustibili utilizzati non possono essere
modificati fino all'ottenimento dell'autorizzazione. In caso di mancata
presentazione della domanda entro il termine previsto o in caso di realizzazione
di modifiche prima dell'ottenimento dell'autorizzazione, lo stabilimento si
considera in esercizio senza autorizzazione alle emissioni. Se la domanda e'
presentata nel termine previsto, l'esercizio può essere proseguito fino alla
pronuncia dell'autorità competente; in caso di mancata pronuncia entro i termini
previsti, l'esercizio può essere proseguito fino alla scadenza del termine
previsto per la pronuncia del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi
dell'articolo 269. Ai soli fini della determinazione dei valori limite e delle
prescrizioni di cui agli articoli 271 e 272, tali stabilimenti si considerano
nuovi. La procedura prevista dal presente articolo si applica anche in caso di
stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del
presente decreto che ricadevano nel campo di applicazione del decreto del
Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ma erano esentati
dall'autorizzazione ivi disciplinata e che, per effetto di tale parte quinta,
siano soggetti all'autorizzazione alle emissioni in atmosfera.(***)
4. Per gli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte
quinta del presente decreto che ricadono nel campo di applicazione del presente
titolo e che ricadevano nel campo di applicazione della legge 13 luglio 1966, n.
615, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391, o
del titolo II del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo
2002, aventi potenza termica nominale inferiore a 10 MW, l'autorità competente,
ai fini dell'applicazione del comma 3, adotta le autorizzazioni generali di cui
all'articolo 272, comma 2, entro cinque anni da tale data. In caso di mancata
adozione dell'autorizzazione generale, nel termine prescritto, la stessa e'
rilasciata con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e i gestori comunicano la propria adesione all'autorità competente o
all'autorità da questa delegata; e' fatto salvo il potere dell'autorità
competente di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere
generale, ai sensi dell'articolo 272, l'obbligatoria adesione alle quali
comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella adottata dal
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.(***)
5. All'integrazione e alla modifica degli allegati alla parte quinta del
presente decreto provvede il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, [con le modalità di cui all'articolo 3, comma 2](**), di concerto con il
Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico(*), sentita la
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281. All'adozione di tali atti si procede altresì di concerto con il
Ministro delle politiche agricole e forestali, relativamente alle emissioni
provenienti da attività agricole, e di concerto con i Ministri dell'interno,
delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze,
relativamente alla modifica degli allegati VII e VIII alla parte quinta del
presente decreto. I decreti sono adottati sulla base dell'articolo 17, comma
2, della legge 17 agosto 1988, n. 400, e, in caso di attuazione di direttive
comunitarie che modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine
tecnico previste negli allegati, sulla base dell'articolo 13 della legge 4
febbraio 2005, n. 11. L'allegato I e l'allegato VI alla parte quinta del
presente decreto sono aggiornati per la prima volta rispettivamente entro il 30
giugno 2011 ed entro il 31 dicembre 2010.(*)
6. Alla modifica ed integrazione degli Allegati alla parte quinta del presente
decreto, al fine di dare attuazione alle direttive comunitarie per le parti in
cui le stesse comportino modifiche delle modalità esecutive e delle
caratteristiche di ordine tecnico stabilite dalle norme vigenti, si provvede ai
sensi dell'art. 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
7. Le domande di autorizzazione, i provvedimenti adottati dall'autorità
competente e i risultati delle attività di controllo, ai sensi del presente
titolo, nonché gli elenchi delle attività autorizzate in possesso dell'autorità
competente sono messi a disposizione del pubblico ai sensi di quanto previsto
dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.
8. L'adozione, da parte dell'autorità competente o della regione che abbia
delegato la propria competenza, di un atto precedentemente omesso preclude la
conclusione del procedimento con il quale il Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare esercita i poteri sostitutivi previsti dal
presente titolo. A tal fine l'autorità che adotta l'atto ne dà tempestiva
comunicazione al Ministero(***).
9. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è istituita, senza oneri
a carico della finanza pubblica, una commissione per la raccolta, l'elaborazione
e la diffusione, tra le autorità competenti, dei dati e delle informazioni
rilevanti ai fini dell'applicazione della parte quinta del presente decreto e
per la valutazione delle migliori tecniche disponibili di cui all'articolo 268,
comma 1, lettera aa). La commissione è composta da un rappresentante nominato
dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con funzioni di
presidente, un rappresentante nominato dal Ministro delle attività produttive,
un rappresentante nominato dal Ministro della salute e cinque rappresentanti
nominati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Alle riunioni della Commissione possono
partecipare uno o più rappresentanti di ciascuna regione o provincia autonoma.
Il decreto istitutivo disciplina anche le modalità di funzionamento della
commissione, inclusa la periodicità delle riunioni, e le modalità di
partecipazione di soggetti diversi dai componenti. Ai componenti della
commissione e agli altri soggetti che partecipano alle riunioni della stessa non
spetta la corresponsione di compensi, indennità, emolumenti a qualsiasi titolo
riconosciuti o rimborsi spese.
10. A fini di informazione le autorità competenti rendono disponibili al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in formato
digitale, le autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 269 e 272(***).
11. Per l'esercizio dei poteri sostitutivi previsti dal presente titolo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si può avvalere dell'ISPRA ai sensi dell'articolo 2, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 2009, n. 140, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.(****)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(****) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
TITOLO II - IMPIANTI TERMICI CIVILI
Articolo 282
Campo di applicazione(*)
1. Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della limitazione
dell'inquinamento atmosferico, gli impianti termici civili aventi potenza
termica nominale inferiore a 3 MW. Sono sottoposti alle disposizioni del titolo
I gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale uguale o
superiore.
2. Un impianto termico civile avente potenza termica nominale uguale o superiore
a 3 MW si considera in qualsiasi caso come un unico impianto ai fini
dell'applicazione delle disposizioni del titolo I.
(*) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 283
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo si applicano le seguenti definizioni:
a) impianto termico: impianto destinato alla produzione di calore costituito da
uno o più generatori di calore e da un unico sistema di distribuzione e
utilizzazione di tale calore, nonché da appositi dispositivi di regolazione e di
controllo;
b) generatore di calore: qualsiasi dispositivo di combustione alimentato con
combustibili al fine di produrre calore, costituito da un focolare ed
eventualmente uno scambiatore di calore(*);
c) focolare: parte di un generatore di calore nella quale avviene il processo di
combustione;
d) impianto termico civile: impianto termico la cui produzione di calore e'
esclusivamente destinata, anche in edifici ad uso non residenziale, al
riscaldamento o alla climatizzazione invernale o estiva di ambienti o al
riscaldamento di acqua per usi igienici e sanitari; l'impianto termico civile e'
centralizzato se serve tutte le unità dell'edificio o di più edifici ed e'
individuale negli altri casi(*);
e) potenza termica nominale dell'impianto: la somma delle potenze termiche
nominali dei singoli focolari costituenti l'impianto;
f) potenza termica nominale del focolare: il prodotto del potere calorifico
inferiore del combustibile utilizzato e della portata massima di combustibile
bruciato all'interno del focolare, espresso in Watt termici o suoi multipli;
g) valore di soglia: potenza termica nominale dell'impianto pari a 0.035MW;
h) modifica dell'impianto: qualsiasi intervento che sia effettuato su un
impianto già installato e che richieda la dichiarazione di conformità di cui
all'articolo 7 del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37(*);
i) autorità competente: l'autorità responsabile dei controlli, gli accertamenti e le ispezioni previsti dall'articolo 9 e dall'allegato L del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 o la diversa autorità indicata dalla legge regionale(*);
l) installatore: il soggetto indicato dall'articolo 3 del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37(*);
m) responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto: il soggetto
indicato dall'art. 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26
agosto 1993, n. 412;
n) conduzione di un impianto termico: insieme delle operazioni necessarie al
fine di assicurare la corretta combustione nei focolari e l'adeguamento del
regime dell'impianto termico alla richiesta di calore.
(*) N.d.R.: Lettera così sostituita dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Articolo 284
Installazione o modifica(*)
1. Nel corso delle verifiche finalizzate alla dichiarazione di conformità
prevista dal decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37, per gli impianti
termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia,
l'installatore verifica e dichiara anche che l'impianto e' conforme alle
caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 ed e' idoneo a rispettare i
valori limite di cui all'articolo 286. Tali dichiarazioni devono essere
espressamente riportate in un atto allegato alla dichiarazione di conformità,
messo a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione
dell'impianto da parte dell'installatore entro 30 giorni dalla conclusione dei
lavori. L'autorità che riceve la dichiarazione di conformità ai sensi del
decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37, provvede ad inviare tale atto
all'autorità competente. In occasione della dichiarazione di conformità,
l'installatore indica al responsabile dell'esercizio e della manutenzione
dell'impianto l'elenco delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie
ad assicurare il rispetto dei valori limite di cui all'articolo 286, affinche'
tale elenco sia inserito nel libretto di centrale previsto dal decreto del
Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. Se il responsabile
dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto non e' ancora individuato al
momento dell'installazione, l'installatore, entro 30 giorni dall'installazione,
invia l'atto e l'elenco di cui sopra al soggetto committente, il quale li mette
a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione
dell'impianto entro 30 giorni dalla relativa individuazione.
2. Per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al
valore di soglia, in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta
del presente decreto, il libretto di centrale previsto dall'articolo 11 del
decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 deve essere
integrato, a cura del responsabile dell'esercizio e della manutenzione
dell'impianto, entro il 31 dicembre 2012, da un atto in cui si dichiara che
l'impianto e' conforme alle caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 ed
e' idoneo a rispettare i valori limite di cui all'articolo 286. Entro il 31
dicembre 2012, il libretto di centrale deve essere inoltre integrato con
l'indicazione delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad
assicurare il rispetto dei valori limite di cui all'articolo 286. Il
responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto provvede ad
inviare tali atti integrativi all'autorità competente entro 30 giorni dalla
redazione.
(*) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Articolo 285
Caratteristiche tecniche(*)
1. Gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore
di soglia devono rispettare le caratteristiche tecniche previste dalla parte II
dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto pertinenti al tipo di
combustibile utilizzato e le ulteriori caratteristiche tecniche previste dai
piani e dai programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, ove
necessarie al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di
qualità dell'aria.
(*) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 286
Valori limite di emissione
1. Le emissioni in atmosfera degli impianti termici civili di potenza
termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare i valori limite
previsti dalla parte III dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto
e i più restrittivi valori limite previsti dai piani e dai programmi di qualità
dell'aria previsti dalla vigente normativa, ove necessario al conseguimento ed
al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria(*).
2. I valori di emissione degli impianti di cui al comma 1 devono essere controllati almeno annualmente dal responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto nel corso delle normali operazioni di controllo e manutenzione. I valori misurati, con l'indicazione delle relative date, dei metodi di misura utilizzati e del soggetto che ha effettuato la misura, devono essere allegati al libretto di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. Tale controllo annuale dei valori di emissione non è richiesto nei casi previsti dalla parte III, sezione 1 dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto. Al libretto di centrale devono essere allegati altresì i documenti o le dichiarazioni(**) che attestano l'espletamento delle manutenzioni necessarie a garantire il rispetto dei valori limite di emissione previste dal libretto di centrale(**).
3. Ai fini del campionamento, dell'analisi e della valutazione delle emissioni
degli impianti termici di cui al comma 1 si applicano i metodi previsti nella
parte III dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto.
4. A decorrere dal 29 ottobre 2006, l'installatore, contestualmente
all'installazione o alla modifica dell'impianto, verifica il rispetto dei valori
limite di emissione previsti dal presente articolo. La documentazione relativa a
tale verifica e' messa a disposizione del responsabile dell'esercizio e della
manutenzione dell'impianto che la allega al libretto di centrale previsto dal
decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. Tale verifica
non e' richiesta nei casi previsti dalla parte III, sezione 1, dell'Allegato IX
VIII alla parte quinta del presente decreto(*).
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 287
Abilitazione alla conduzione
1. Il personale addetto alla conduzione degli impianti termici civili di
potenza termica nominale superiore a 0.232 MW deve essere munito di un patentino
di abilitazione rilasciato da una autorità individuata dalla legge regionale,
la quale disciplina anche le opportune modalità di formazione nonche' le
modalità di compilazione, tenuta e aggiornamento di un registro degli abilitati
alla conduzione degli impianti termici(*). I patentini possono essere
rilasciati a persone aventi età non inferiore a diciotto anni compiuti. Il
registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici e' tenuto presso
l'autorità che rilascia il patentino o presso la diversa autorità indicata dalla
legge regionale e, in copia, presso l'autorità competente e presso il comando
provinciale dei vigili del fuoco(*).
2. Resta fermo quanto previsto dall'art. 11, comma 3, del decreto del Presidente
della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412.
3. Ai fini del comma 1 sono previsti due gradi di abilitazione. Il patentino di
primo grado abilita alla conduzione degli impianti termici per il cui
mantenimento in funzione è richiesto il certificato di abilitazione alla
condotta dei generatori di vapore a norma del regio decreto 12 maggio 1927, n.
824, e il patentino di secondo grado abilita alla conduzione degli altri
impianti. Il patentino di primo grado abilita anche alla conduzione degli
impianti per cui è richiesto il patentino di secondo grado.
4. Il possesso di un certificato di abilitazione di qualsiasi grado per la
condotta dei generatori di vapore, ai sensi del regio decreto 12 maggio 1927, n.
824, consente, ove previsto dalla legge regionale(*), il rilascio del patentino senza necessità dell'esame di cui al
comma 1.
5. Il patentino può essere in qualsiasi momento revocato [dall'ispettorato
provinciale del lavoro](**) in caso di irregolare conduzione dell'impianto. A tal
fine l'autorità competente comunica all'autorità che ha rilasciato il
patentino(*) i casi di irregolare
conduzione accertati. Il provvedimento di sospensione o di revoca del
certificato di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore ai sensi
degli articoli 31 e 32 del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, non ha effetto
sul patentino di cui al presente articolo.
6. Fino all'entrata in vigore delle disposizioni regionali di cui al comma 1,
la disciplina dei corsi e degli esami resta quella individuata ai sensi del
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 12 agosto
1968(***)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(*) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 288
Controlli e sanzioni
1. E' punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da
cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro l'installatore che non
redige o redige in modo incompleto l'atto di cui all'articolo 284, comma 1, o
non lo mette a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione
dell'impianto o del soggetto committente nei termini prescritti o non lo
trasmette unitamente alla dichiarazione di conformità nei casi in cui questa e'
trasmessa ai sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37. Con la
stessa sanzione e' punito il soggetto committente che non mette a disposizione
del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto l'atto e
l'elenco dovuti nei termini prescritti. Con la stessa sanzione e' punito il
responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che non redige o
redige in modo incompleto l'atto di cui all'articolo 284, comma 2, o non lo
trasmette all'autorità competente nei termini prescritti.(*)
2. In caso di esercizio di un impianto termico civile non conforme alle
caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285, sono puniti con una sanzione
amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a
duemilacinquecentottantadue euro:
a) l'installatore, nei casi disciplinati all'articolo 284, comma 1;(**)
b) il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto, nei casi
soggetti all'articolo 284, comma 2;(**)
3. Nel caso in cui l'impianto non rispetti i valori limite di emissione di cui
all'articolo 286, comma 1, sono puniti con una sanzione amministrativa
pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro:
a) il responsabile dell'esercizio e della manutenzione, in tutti i casi in cui
l'impianto non è soggetto all'obbligo di verifica di cui all'articolo 286, comma
4;
b) l'installatore e il responsabile dell'esercizio e della manutenzione, se il
rispetto dei valori limite non è stato verificato ai sensi dell'articolo 286,
comma 4, o non è stato dichiarato nell'atto(***) di cui all'articolo 284, comma
1;
c) l'installatore, se il rispetto dei valori limite è stato verificato ai sensi
dell'articolo 286, comma 4, e dichiarato nell'atto(***) di cui all'articolo 284,
comma 1, e se dal libretto di centrale risultano regolarmente effettuati i
controlli e le manutenzioni prescritti dalla parte quinta del presente decreto e
dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, purché non
sia superata la durata stabilita per il ciclo di vita dell'impianto;
d) il responsabile dell'esercizio e della manutenzione, se il rispetto dei
valori limite è stato verificato ai sensi dell'articolo 286, comma 4, e
dichiarato nell'atto(***) di cui all'articolo 284, comma 1, e se dal libretto di
centrale non risultano regolarmente effettuati i controlli e le manutenzioni
prescritti o è stata superata la durata stabilita per il ciclo di vita
dell'impianto.
4. Con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a
duemilacinquecentottantadue euro è punito il responsabile dell'esercizio e della
manutenzione dell'impianto che non effettua il controllo annuale delle emissioni
ai sensi dell'articolo 286, comma 2, o non allega al libretto di centrale i dati
ivi previsti.
5. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni previste dai commi precedenti e
delle sanzioni previste per la produzione di dichiarazioni mendaci o di false
attestazioni, l'autorità competente, ove accerti che l'impianto non rispetta le
caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 o i valori limite di emissione
di cui all'articolo 286 o quanto disposto dall'articolo 293(***), impone, con proprio provvedimento, al contravventore di
procedere all'adeguamento entro un determinato termine oltre il quale l'impianto
non può essere utilizzato. In caso di mancato rispetto del provvedimento
adottato dall'autorità competente si applica l'art. 650 del codice penale.
6. All'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo,
ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689,
provvede l'autorità competente di cui all'articolo 283, comma 1, lettera i), o
la diversa autorità indicata dalla legge regionale.
7. Chi effettua la conduzione di un impianto termico civile di potenza termica
nominale superiore a 0.232 MW(***) senza essere munito, ove prescritto, del patentino
di cui all'articolo 287 è punito con l'ammenda da quindici euro a quarantasei
euro.
8. I controlli relativi al rispetto del presente titolo sono effettuati
dall'autorità competente in occasione delle ispezioni effettuate ai sensi
dell'allegato L al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, anche avvalendosi
degli organismi ivi previsti, nei limiti delle risorse disponibili a
legislazione vigente(*).
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Lettera così sostituita dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 289
Abrogazioni
1. Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede
l'ulteriore vigenza, la legge 13 luglio 1966, n. 615, ed il decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391.
Art. 290
Disposizioni transitorie e finali
[1. Alla modifica e all'integrazione dell'Allegato IX alla parte quinta del
presente decreto si provvede con le modalità previste dall'articolo 281, comma
5.](*)
2. L'installazione di impianti termici civili centralizzati può essere imposta
dai regolamenti edilizi comunali relativamente agli interventi di
ristrutturazione edilizia ed agli interventi di nuova costruzione qualora tale
misura sia individuata dai piani e dai programmi previsti di qualità
dell'aria previsti dalla vigente normativa(**), come necessaria al conseguimento
dei valori di qualità dell'aria(**).
3. La legge 13 luglio 1966, n. 615, il decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391, e il titolo II del decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 continuano ad applicarsi agli impianti
termici assoggettati al titolo I della parte quinta al del presente decreto,
fino alla data in cui e' effettuato l'adeguamento disposto dalle autorizzazioni
rilasciate ai sensi dell'articolo 281, comma 3.(***).
4. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico, da adottare entro il 31 dicembre 2010, sono disciplinati i requisiti, le procedure e le competenze per il rilascio di una certificazione dei generatori di calore, con priorità per quelli aventi potenza termica nominale inferiore al valore di soglia di 0,035 MW, alimentati con i combustibili individuati alle lettere f), g) e h) della parte I, sezione 2, dell'allegato X alla parte quinta del presente decreto. Nella certificazione si attesta l'idoneità dell'impianto ad assicurare specifiche prestazioni emissive, con particolare riferimento alle emissioni di polveri e di ossidi di azoto, e si assegna, in relazione ai livelli prestazionali assicurati, una specifica classe di qualità. Tale decreto individua anche le prestazioni emissive di riferimento per le diverse classi, i relativi metodi di prova e le verifiche che il produttore deve effettuare ai fini della certificazione, nonche' indicazioni circa le corrette modalità di installazione e gestione dei generatori di calore. A seguito dell'entrata in vigore del decreto, i piani di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa possono imporre limiti e divieti all'utilizzo dei generatori di calore non aventi la certificazione o certificati con una classe di qualità inferiore, ove tale misura sia necessaria al conseguimento dei valori di qualità dell'aria. I programmi e gli strumenti di finanziamento statali e regionali diretti ad incentivare l'installazione di generatori di calore a ridotto impatto ambientale assicurano priorità a quelli certificati con una classe di qualità superiore(****)
(*) N.d.R.: Comma soppresso dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(***) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(****) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
TITOLO III - COMBUSTIBILI
Art. 291
Campo di applicazione
1. Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della limitazione
dell'inquinamento atmosferico, le caratteristiche merceologiche dei combustibili
che possono essere utilizzati negli impianti di cui ai titoli I e II della parte
quinta del presente decreto, inclusi gli impianti termici civili di potenza
termica inferiore al valore di soglia, e le caratteristiche merceologiche dei
combustibili per uso marittimo(*). Il presente titolo stabilisce inoltre le condizioni di utilizzo
dei combustibili, comprese le prescrizioni finalizzate ad ottimizzare il
rendimento di combustione, e i metodi di misura delle caratteristiche
merceologiche.
(*) N.d.R.: L'espressione "gasolio marino" è stata così sostituita dall'art. 1, c. 1 del d.lgs. n. 205 del 9 novembre 2007, recante: "Attuazione della direttiva 2005/33/CE che modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo", pubblicato nella G.U. n. 261 del 9.11.2007, S.O. n. 228
Art. 292
Definizioni (*)
1. Ai fini del presente titolo si applicano, ove non altrimenti disposto, le
definizioni di cui al titolo I ed al titolo II della parte quinta.
2. In aggiunta alle definizioni del comma 1, si applicano le seguenti
definizioni:
a) olio combustibile pesante:
1) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio che rientra nei codici
da NC 2710 1951 a NC 2710 1969, escluso il combustibile per uso marittimo;
2) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il gasolio di
cui alle lettere b) e f), che, per i suoi limiti di distillazione, rientra nella
categoria degli oli pesanti destinati ad essere usati come combustibile e di cui
meno del 65% in volume, comprese le perdite, distilla a 250 °C secondo il metodo
ASTM D86 o per il quale la percentuale del distillato a 250 °C non puo' essere
determinata con tale metodo;
b) gasolio:
1) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile
per uso marittimo, che rientra nei codici NC 2710 1925, 2710 1929, 2710 1945 o
2710 1949;
2) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile
per uso marittimo, di cui meno del 65% in volume, comprese le perdite, distilla
a 250 °C e di cui almeno l'85% in volume, comprese le perdite, distilla a 350 °C
secondo il metodo ASTM D86;
c) metodo ASTM: i metodi stabiliti dalla "American Society for Testing and
Materials" nell'edizione 1976 delle definizioni e delle specifiche tipo per il
petrolio e i prodotti lubrificanti;
d) combustibile per uso marittimo: qualsiasi combustibile liquido derivato
dal petrolio utilizzato su una nave in mare o destinato ad essere utilizzato su
una nave in mare, inclusi i combustibili definiti nella norma ISO 8217;
e) olio diesel marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo la cui
viscosita' o densita' rientra nei limiti di viscosita' o di densita' stabiliti
per le qualita' 'DMB' e 'DMC' dalla tabella I della norma ISO 8217;
f) gasolio marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo la cui viscosita' o
densita' rientra nei limiti di viscosita' o di densita' stabiliti per le
qualita' 'DMX' e 'DMA' dalla tabella I della norma ISO 8217;(**)
g) immissione sul mercato: qualsiasi operazione di messa a disposizione di
terzi, a titolo oneroso o gratuito, di combustibili per uso marittimo destinati
alla combustione su una nave, eccettuati quelli destinati all'esportazione e
trasportati, a tale fine, all'interno delle cisterne di una nave;
h) acque territoriali: zone di mare previste dall'articolo 2 del codice della
navigazione;
i) zona economica esclusiva: zona di cui all'articolo 55 della Convenzione delle
Nazioni Unite sul diritto del mare, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982,
ratificata con legge 2 dicembre 1994, n. 689;
l) zona di protezione ecologica: zona individuata ai sensi della legge 8
febbraio 2006, n. 61;
m) aree di controllo delle emissioni di SOX: zone a cui tale qualificazione e'
stata assegnata dall'International Maritime Organization (I.M.O.) previa
apposita procedura di designazione, ai sensi dell'allegato VI della Convenzione
internazionale del 1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi,
denominata Convenzione MARPOL;
n) nave passeggeri: nave che trasporta piu' di dodici passeggeri, ad eccezione
del comandante, dei membri dell'equipaggio e di tutti i soggetti adibiti ad
attivita' relative alla gestione della nave, nonche' dei bambini di eta'
inferiore ad un anno;
o) servizio di linea: i viaggi seriali per collegare due o piu' porti o i viaggi
seriali che iniziano e terminano presso lo stesso porto senza scali intermedi,
purche' effettuati sulla base di un orario reso noto al pubblico; l'orario puo'
essere desunto anche dalla regolarita' o dalla frequenza del servizio;
[p) nave adibita alla navigazione interna: nave destinata ad essere utilizzata in
una via navigabile interna di cui al decreto del Ministro per il coordinamento
delle politiche comunitarie 28 novembre 1987, n. 572;](***)
q) nave all'ormeggio: nave assicurata ad un ormeggio o ancorata presso un porto
italiano;
r) stazionamento: l'utilizzo dei motori su una nave all'ormeggio, ad eccezione
dei periodi di carico e scarico;
s) nave da guerra: nave che appartiene alle forze armate di uno Stato e porta i
segni distintivi delle navi militari di tale Stato, il cui equipaggio sia
soggetto alle leggi relative ai militari ed il cui comandante sia un ufficiale
di marina debitamente incaricato e sia inscritto nell'apposito ruolo degli
ufficiali o in un documento equivalente;
t) tecnologia di riduzione delle emissioni: sistema di depurazione
dell'effluente gassoso o qualsiasi altro metodo tecnologico, verificabile ed
applicabile.
(*) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 1, c. 2 del d.lgs. n. 205 del 9 novembre 2007, recante: "Attuazione della direttiva 2005/33/CE che modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo", pubblicato nella G.U. n. 261 del 9.11.2007, S.O. n. 228
(**) N.d.R.: Lettere
d), e) ed f) così sostituite dall'art. 2, c. 2, lett. a) del Decreto Legislativo
31 marzo 2011, n. 55 (in G.U. 28/04/2011, n.97)
(***) N.d.R.: Lettera abrogata dall'art. 2, c. 2, lett. a) del Decreto
Legislativo 31 marzo 2011, n. 55 (in G.U. 28/04/2011, n.97)
Art. 293
Combustibili consentiti
(*)
1. Negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte quinta,
inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di
soglia, possono essere utilizzati esclusivamente i combustibili previsti per
tali categorie di impianti dall'Allegato X alla parte quinta, alle condizioni
ivi previste. I materiali e le sostanze elencati nell'allegato X alla parte
quinta del presente decreto non possono essere utilizzati come combustibili ai
sensi del presente titolo se costituiscono rifiuti ai sensi della parte quarta
del presente decreto. E' soggetta alla normativa vigente in materia di rifiuti
la combustione di materiali e sostanze che non sono conformi all'allegato X alla
parte quinta del presente decreto o che comunque costituiscono rifiuti ai sensi
della parte quarta del presente decreto(**). Agli impianti di cui alla parte I, paragrafo 4, lettere e) ed f),
dell'Allegato IV alla parte quinta si applicano le prescrizioni del successivo
Allegato X relative agli impianti disciplinati dal titolo II. Ai combustibili
per uso marittimo si applicano le disposizioni dell'articolo 295.
2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute, previa
autorizzazione della Commissione europea, possono essere stabiliti valori limite
massimi per il contenuto di zolfo negli oli combustibili pesanti, nei gasoli e
nei combustibili per uso marittimo piu' elevati di quelli fissati nell'Allegato
X alla parte quinta qualora, a causa di un mutamento improvviso
nell'approvvigionamento del petrolio greggio, di prodotti petroliferi o di altri
idrocarburi, non sia possibile rispettare tali valori limite.
3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di concerto con il Ministro dell'universita' e della ricerca, sono
stabiliti i criteri e le modalita' per esentare, anche mediante apposite
procedure autorizzative, i combustibili previsti dal presente titolo III
dall'applicazione delle prescrizioni dell'Allegato X alla parte quinta ove gli
stessi siano utilizzati a fini di ricerca e sperimentazione.".
(*) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 1, c. 3 del d.lgs. n. 205 del 9 novembre 2007, recante: "Attuazione della direttiva 2005/33/CE che modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo", pubblicato nella G.U. n. 261 del 9.11.2007, S.O. n. 228
(**) N.d.R.: Periodo aggiunti dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 294
Prescrizioni per il rendimento di combustione
1. Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti
disciplinati dal titolo I della parte quinta del presente decreto, con potenza
termica nominale pari o superiore a 6 MW, devono essere dotati di rilevatori
della temperatura nell'effluente gassoso nonché di un analizzatore per la
misurazione e la registrazione in continuo dell'ossigeno libero e del monossido
di carbonio. I suddetti parametri devono essere rilevati nell'effluente gassoso
all'uscita dell'impianto. Tali impianti devono essere inoltre dotati, ove
tecnicamente fattibile, di regolazione automatica del rapporto
aria-combustibile. Ai fini dell'applicazione del presente comma si fa
riferimento alla potenza termica nominale di ciascun focolare, anche nei casi in
cui più impianti siano considerati, ai sensi dell'articolo 270, comma 4, o
dell'articolo 273, comma 9, o dell'articolo 282, comma 2, come un unico
impianto.(*)
2. Nel caso di impianti di combustione per i quali l'autorizzazione alle
emissioni in atmosfera o l'autorizzazione integrata ambientale prescriva un
valore limite di emissione in atmosfera per il monossido di carbonio e la
relativa misurazione in continuo, quest'ultima tiene luogo della misurazione del
medesimo prescritta al comma 1. Il comma 1 non si applica agli impianti elencati
nell'articolo 273, comma 15, anche di potenza termica nominale inferiore a
50MW.(**)
3. Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta del presente decreto, di potenza termica nominale per singolo focolare superiore a 1,16 MW(*), devono essere dotati di rilevatori della temperatura negli effluenti gassosi nonché di un analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo dell'ossigeno libero e del monossido di carbonio. I suddetti parametri devono essere rilevati nell'effluente gassoso all'uscita del focolare. Tali impianti devono essere inoltre dotati, ove tecnicamente fattibile, di regolazione automatica del rapporto aria-combustibile.(*)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma così sostituito dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
Art. 295
Combustibili per uso marittimo(*) (**)
1. E' vietato, nelle
acque territoriali e nelle zone di protezione ecologica, l'utilizzo di gasoli
marini con un tenore di zolfo superiore allo 0,20% in massa e, dal 1° gennaio
2008 al 31 dicembre 2009, superiore allo 0,10% in massa.
2. A decorrere dal 1° gennaio 2010 e' vietata l'immissione sul mercato di gasoli
marini con tenore di zolfo superiore allo 0,1% in massa.
3. E' vietata l'immissione sul mercato di oli diesel marini con tenore di zolfo
superiore all'1,5% in massa.
4. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, nelle acque territoriali, nelle
zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, ricadenti
all'interno di aree di controllo delle emissioni di SO "X"^, ovunque ubicate, e'
vietato, a bordo di una nave battente bandiera italiana, l'utilizzo di
combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore all'1,5% in
massa. La violazione del divieto e' fatta valere anche nei confronti delle navi
non battenti bandiera italiana che hanno attraversato una di tali aree inclusa
nel territorio italiano o con esso confinante e che si trovano in un porto
italiano.
5. Il divieto di cui al comma 4 si applica all'area del Mar Baltico e, a
decorrere dall'11 agosto 2007, all'area del Mare del Nord, nonche', entro dodici
mesi dalla data di entrata in vigore della relativa designazione, alle ulteriori
aree designate.
6. Per le navi passeggeri battenti bandiera italiana, le quali effettuano un
servizio di linea proveniente da o diretto ad un porto di un Paese dell'Unione
europea, e' vietato, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e
nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all'Italia, l'utilizzo di
combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore all'1,5% in
massa. La violazione del divieto e' fatta valere anche nei confronti delle navi
non battenti bandiera italiana e che si trovano in un porto italiano.
[7. A decorrere dal 1° gennaio 2010 e' vietato, su navi adibite alla navigazione
interna, l'utilizzo di combustibili per uso marittimo, diversi dal gasolio
marino e dall'olio diesel marino, con tenore di zolfo superiore allo 0,1% massa.]
(***)
8. A decorrere dal 1° gennaio 2010 e' vietato l'utilizzo di combustibili per uso
marittimo con tenore di zolfo superiore allo 0,1% in massa su navi all'ormeggio.
Il divieto si applica anche ai periodi di carico, scarico e stazionamento. La
sostituzione dei combustibili utilizzati con combustibili conformi a tale limite
deve essere completata il prima possibile dopo l'ormeggio. La sostituzione dei
combustibili conformi a tale limite con altri combustibili deve avvenire il piu'
tardi possibile prima della partenza. I tempi delle operazioni di sostituzione
del combustibile sono iscritti nei documenti di cui al comma 10.
9. I commi 7 e 8 non si applicano:
[a) alle navi adibite alla navigazione interna, quando utilizzate in mare, per le
quali sia stato rilasciato un certificato di conformita' alla Convenzione
internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare;](****)
b) alle navi di cui si prevede, secondo orari resi noti al pubblico, un ormeggio
di durata inferiore alle due ore;
c) alle navi all'ormeggio a motori spenti e collegate ad un sistema di
alimentazione di energia elettrica ubicato sulla costa.
10. Tutte le operazioni di cambio dei combustibili utilizzati sulle navi devono
essere indicate nel giornale generale e di contabilita' e nel giornale di
macchina o nell'inventario di cui agli articoli 174, 175 e 176 del codice della
navigazione o in un apposito documento di bordo.
11. Chi mette combustibili per uso marittimo a disposizione dell'armatore o di
un suo delegato, per una nave di stazza non inferiore a 400 tonnellate lorde,
fornisce un bollettino di consegna indicante il quantitativo ed il relativo
tenore di zolfo, del quale conserva una copia per i tre anni successivi, nonche'
un campione sigillato di tale combustibile, firmato da chi riceve la consegna.
Chi riceve il combustibile conserva il bollettino a bordo per lo stesso periodo
e conserva il campione a bordo fino al completo esaurimento del combustibile a
cui si riferisce e, comunque, per almeno dodici mesi successivi alla consegna.
12. E' tenuto, presso ciascuna autorita' marittima e, ove istituita, presso
ciascuna autorita' portuale, un apposito registro che riporta l'elenco dei
fornitori di combustibili per uso marittimo nell'area di competenza, con
l'indicazione dei combustibili forniti e del relativo contenuto massimo di
zolfo. Tali dati sono comunicati dai fornitori alle autorita' marittime e
portuali entro il 31 dicembre 2007. Le variazioni dei dati comunicati sono
comunicate in via preventiva. La presenza di nuovi fornitori e' comunicata in
via preventiva.
13. I limiti relativi al tenore di zolfo previsti dai commi precedenti non si
applicano:
a) ai combustibili utilizzati dalle navi da guerra e da altre navi in servizio
militare se le rotte non prevedono l'accesso a porti in cui sono presenti
fornitori di combustibili conformi a tali limiti o, comunque, se il relativo
rifornimento puo' pregiudicare le operazioni o le capacita' operative; in tale
secondo caso il comandante informa il Ministero della difesa dei motivi della
scelta;
b) ai combustibili il cui utilizzo a bordo di una nave risulta specificamente
necessario per garantire la sicurezza della stessa o di altra nave e per salvare
vite in mare;
c) ai combustibili il cui utilizzo a bordo di una nave e' imposto dal
danneggiamento della stessa o delle relative attrezzature, purche' si dimostri
che, dopo il verificarsi del danno, sono state assunte tutte le misure
ragionevoli per evitare o ridurre al minimo l'incremento delle emissioni e che
sono state adottate quanto prima misure dirette ad eliminare il danno. Tale
deroga non si applica se il danno e' dovuto a dolo o colpa del comandante o
dell'armatore;
d) ai combustibili utilizzati a bordo di navi che utilizzano tecnologie di
riduzione delle emissioni autorizzate ai sensi del comma 14 o del comma 19;
e) ai combustibili destinati alla trasformazione prima dell'utilizzo.
14. Con decreto direttoriale della competente Direzione generale del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con la
competente Direzione generale del Ministero dei trasporti sono autorizzati, su
navi battenti bandiera italiana o nelle acque sotto giurisdizione italiana,
esperimenti relativi a tecnologie di riduzione delle emissioni, nel corso dei
quali e' ammesso l'utilizzo di combustibili non conformi ai limiti previsti dai
commi da 2 a 8. Tale autorizzazione, la cui durata non puo' eccedere i diciotto
mesi, e' rilasciata entro tre mesi dalla presentazione della domanda, la quale
deve essere accompagnata da una relazione contenente i seguenti elementi:
a) la descrizione della tecnologia e, in particolare, del principio di
funzionamento, corredata da riferimenti di letteratura scientifica o dai
risultati di sperimentazioni preliminari, nonche' la stima qualitativa e
quantitativa delle emissioni, degli scarichi e dei rifiuti previsti per effetto
della sperimentazione;
b) la stima che, a parita' di condizioni, le emissioni previste di ossido di
zolfo non superino quelle prodotte dall'utilizzo di combustibili conformi ai
commi da 2 a 8 in assenza della tecnologia di riduzione delle emissioni;
c) la stima che, a parita' di condizioni, le emissioni previste di inquinanti
diversi dagli ossidi di zolfo, quali ossidi di azoto e polveri, non superino i
livelli previsti dalla vigente normativa e, comunque, non superino in modo
significativo quelle prodotte dall'utilizzo di combustibili conformi ai commi da
2 a 8 in assenza della tecnologia di riduzione delle emissioni;
d) uno studio dell'impatto dell'esperimento sull'ambiente marino, con
particolare riferimento agli ecosistemi delle baie, dei porti e degli estuari,
finalizzato a dimostrarne la compatibilita'; lo studio include un piano di
monitoraggio degli effetti prodotti dall'esperimento sull'ambiente marino;
e) la descrizione delle zone interessate dall'esperimento, le caratteristiche
dei combustibili, delle navi e di tutte le strutture da utilizzare per
l'esperimento, gli strumenti a prova di manomissione installati sulle navi per
la misura in continuo delle emissioni degli ossidi di zolfo e di tutti i
parametri necessari a normalizzare le concentrazioni, nonche' i sistemi atti a
gestire in conformita' alle vigenti disposizioni i rifiuti e gli scarichi
prodotti per effetto della sperimentazione.
15. L'autorizzazione di cui al comma 14 e' rilasciata previa verifica della
completezza della relazione allegata alla domanda e dell'idoneita' delle stime e
dello studio ivi contenuti. L'autorizzazione prevede il periodo in cui
l'esperimento puo' essere effettuato e stabilisce i dati e le informazioni che
il soggetto autorizzato deve comunicare al Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare e al Ministero dei trasporti e la periodicita'
di tale comunicazione. Stabilisce inoltre la periodicita' con la quale il
soggetto autorizzato deve comunicare a tali Ministeri gli esiti del monitoraggio
effettuato sulla base del piano di cui al comma 14, lettera d).
16. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 14 e' immediatamente revocata
se, anche sulla base dei controlli effettuati dall'autorita' di cui all'articolo
296, comma 9:
a) gli strumenti di misura e i sistemi di gestione dei rifiuti e degli scarichi
di cui al comma 14 non sono utilizzati nel corso dell'esperimento;
b) la tecnologia, alla luce dei risultati delle misure, non ottiene i risultati
previsti dalle stime contenute nella relazione;
c) il soggetto autorizzato non trasmette nei termini i dati, le informazioni o
gli esiti previsti dal comma 15, conformi ai criteri ivi stabiliti.
17. Nel caso in cui gli esperimenti di cui al comma 14 siano effettuati da navi
battenti bandiera italiana in acque sotto giurisdizione di altri Stati
dell'Unione europea o da navi battenti bandiera di altri Stati dell'Unione
europea in acque sotto giurisdizione italiana, gli Stati interessati individuano
opportune modalita' di cooperazione nel procedimento autorizzativo.
18. Almeno sei mesi prima dell'inizio di ciascun esperimento di cui al comma 14
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ne informa
la Commissione europea e l'eventuale Stato estero avente giurisdizione sulle
acque in cui l'esperimento e' effettuato. I risultati di ciascun esperimento di
cui al comma 14 sono trasmessi dal Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare alla Commissione europea entro sei mesi dalla conclusione
dello stesso e sono messi a disposizione del pubblico secondo quanto previsto
dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.
19. In alternativa all'utilizzo di combustibili conformi ai limiti previsti dai
commi da 2 a 8, e' ammesso, previa autorizzazione, l'utilizzo delle tecnologie
di riduzione delle emissioni approvate dal Comitato istituito dal regolamento
(CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002.
L'autorizzazione e' rilasciata con decreto direttoriale della competente
Direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare, di concerto con la competente Direzione generale del Ministero dei
trasporti entro tre mesi dalla ricezione della relativa domanda, corredata dal
documento di approvazione, purche':
a) le navi siano dotate di strumenti per la misura in continuo delle emissioni
degli ossidi di zolfo e di tutti i parametri necessari a normalizzare le
concentrazioni;
b) le emissioni di ossidi di zolfo risultino costantemente inferiori o uguali a
quelle prodotte dall'utilizzo di combustibili conformi ai commi da 2 a 8 in
assenza della tecnologia di riduzione delle emissioni;
c) nelle baie, nei porti e negli estuari, siano rispettati i pertinenti criteri
di utilizzo previsti con appositi decreti della competente Direzione generale
del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con i
quali si recepiscono le indicazioni a tal fine adottate dalla Commissione
europea;
d) l'impatto dei rifiuti e degli scarichi delle navi sugli ecosistemi nelle
baie, nei porti e negli estuari, secondo uno studio effettuato da parte di chi
intende utilizzare la tecnologia di riduzione delle emissioni, non risulti
superiore rispetto a quello prodotto dall'utilizzo di combustibili conformi ai
commi da 2 a 8 in assenza di tale tecnologia.
20. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 19 e' immediatamente revocata
se, anche sulla base dei controlli effettuati dall'autorita' di cui all'articolo
296, comma 9, non risultano rispettati i requisiti previsti per effetto
dell'autorizzazione.
(*) N.d.R.: Rubrica così sostituita dall'art. 1, c. 4 del d.lgs. n. 205 del 9 novembre 2007, recante: "Attuazione della direttiva 2005/33/CE che modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo", pubblicato nella G.U. n. 261 del 9.11.2007, S.O. n. 228
(**) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 1, c. 4 del d.lgs. n. 205 del 9 novembre 2007, recante: "Attuazione della direttiva 2005/33/CE che modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo", pubblicato nella G.U. n. 261 del 9.11.2007, S.O. n. 228
(***) N.d.R.: Comma
abrogato dall'art. 2, c. 3, lett. a) del Decreto Legislativo 31 marzo 2011, n.
55 (in G.U. 28/04/2011, n.97)
(****) N.d.R.: Lettera abrogata dall'art. 2, c. 3, lett. b) del Decreto
Legislativo 31 marzo 2011, n. 55 (in G.U. 28/04/2011, n.97)
Art. 296
Controlli e sanzioni
(*) (**)
1. Chi effettua la combustione di materiali o sostanze in difformita'
alle prescrizioni del presente titolo, ove gli stessi non costituiscano rifiuti
ai sensi della vigente normativa, e' punito:
a) in caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al titolo I
della parte quinta del presente decreto, con l'arresto fino a due anni o con
l'ammenda da duecentocinquantotto euro a milletrentadue euro;
b) in caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al titolo II
della parte quinta, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica
inferiore al valore di soglia, con una sanzione amministrativa pecuniaria da
duecento euro a mille euro; a tale sanzione, da irrogare ai sensi dell'articolo
288, comma 6, non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo
16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni; la sanzione
non si applica se, dalla documentazione relativa all'acquisto di tali materiali
o sostanze, risultano caratteristiche merceologiche conformi a quelle dei
combustibili consentiti nell'impianto, ferma restando l'applicazione
dell'articolo 515 del codice penale e degli altri reati previsti dalla vigente
normativa [per chi ha effettuato la messa in commercio](***).
2. I controlli sul rispetto delle disposizioni del presente titolo sono
effettuati, per gli impianti di cui al titolo I della parte quinta, dall'autorita'
di cui all'articolo 268, comma 1, lettera p), e per gli impianti di cui al
titolo II della parte quinta, dall'autorita' di cui all'articolo 283, comma 1,
lettera i).
3. In caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 294, il
gestore degli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta e' punito
con l'arresto fino a un anno o con l'ammenda fino a milletrentadue euro. Per gli
impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta si applica la sanzione
prevista dall'articolo 288, comma 2; tale sanzione, in caso di mancato rispetto
delle prescrizioni di cui all'articolo 294, si applica al responsabile per
l'esercizio e la manutenzione se ricorre il caso previsto dall'ultimo periodo
dell'articolo 284, comma 2.
4. In caso di mancata trasmissione dei dati di cui all'articolo 298, comma 3,
nei termini prescritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, anche ai fini di quanto previsto dall'articolo 650 del codice
penale, ordina ai soggetti inadempienti di provvedere.
5. Salvo che il fatto costituisca reato, sono puniti con una sanzione
amministrativa pecuniaria da 15.000 a 150.000 euro coloro che immettono sul
mercato combustibili per uso marittimo aventi un tenore di zolfo superiore ai
limiti previsti nell'articolo 295 e l'armatore o il comandante che, anche in
concorso tra loro, utilizzano combustibili per uso marittimo aventi un tenore di
zolfo superiore a tali limiti. In caso di recidiva e in caso di infrazioni che,
per l'entita' del tenore di zolfo o della quantita' del combustibile o per le
caratteristiche della zona interessata, risultano di maggiore gravita',
all'irrogazione segue, per un periodo da un mese a due anni:
a) la sospensione dei titoli professionali marittimi o la sospensione dagli
uffici direttivi delle persone giuridiche nell'esercizio dei quali l'infrazione
e' commessa, ovvero, se tali sanzioni accessorie non sono applicabili,
b) l'inibizione dell'accesso ai porti italiani per il comandante che ha commesso
l'infrazione o per le navi dell'armatore che ha commesso l'infrazione.
6. In caso di violazione dell'articolo 295, comma 10, il comandante e' punito
con la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 1193 del codice della
navigazione.
7. Salvo che il fatto costituisca reato, chi, senza commettere l'infrazione di
cui al comma 5, non consegna il bollettino o il campione di cui all'articolo
295, comma 11, o consegna un bollettino in cui l'indicazione ivi prevista sia
assente e' punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 15.000
euro. Con la stessa sanzione e' punito chi, senza commettere l'infrazione di cui
al comma 5, non conserva a bordo il bollettino o il campione previsto
dall'articolo 295, comma 11.
8. I fornitori di combustibili che non comunicano in termini i dati previsti
dall'articolo 295, comma 12, sono puniti con una sanzione amministrativa
pecuniaria da 10.000 a 30.000 euro.
9. All'accertamento delle infrazioni previste dai commi da 5 a 8, provvedono,
con adeguata frequenza e programmazione e nell'ambito delle rispettive
competenze, ai sensi degli articoli 13 e seguenti della legge 24 novembre 1981,
n. 689, il Corpo delle capitanerie di porto, la Guardia costiera, gli altri
soggetti di cui all'articolo 1235 del codice della navigazione e gli altri
organi di polizia giudiziaria. All'irrogazione delle sanzioni previste da tali
commi provvedono le autorita' marittime competenti per territorio e, in caso di
infrazioni attinenti alla immissione sul mercato [o alla navigazione interna](****), le
regioni o le diverse autorita' indicate dalla legge regionale. Restano ferme,
per i fatti commessi all'estero, le competenze attribuite alle autorita'
consolari.
10. Gli accertamenti previsti dal comma 9, ove relativi all'utilizzo dei
combustibili, possono essere effettuati anche con le seguenti modalita':
a) mediante il campionamento e l'analisi dei combustibili per uso marittimo al
momento della consegna alla nave; il campionamento deve essere effettuato
secondo le pertinenti linee guida dell'I.M.O., ove disponibili;
b) mediante il campionamento e l'analisi dei combustibili per uso marittimo
contenuti nei serbatoi della nave o, ove cio' non sia tecnicamente possibile,
nei campioni sigillati presenti a bordo,
c) mediante controlli sui documenti di bordo e sui bollettini di consegna dei
combustibili.
11. In caso di accertamento degli illeciti previsti dal comma 5 l'autorita'
competente all'applicazione delle procedure di sequestro dispone, ove
tecnicamente opportuno, ed assicurando il preventivo prelievo di campioni e la
conservazione degli altri elementi necessari a fini di prova, che il
combustibile fuori norma sia reso conforme alle prescrizioni violate mediante
apposito trattamento a spese del responsabile. A tale fine la medesima autorita'
impartisce le opportune prescrizioni circa i tempi e le modalita' del
trattamento.
(*) N.d.R.: Rubrica così sostituita dall'art. 1, c. 5 del d.lgs. n. 205 del 9 novembre 2007, recante: "Attuazione della direttiva 2005/33/CE che modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo", pubblicato nella G.U. n. 261 del 9.11.2007, S.O. n. 228
(**) N.d.R.: Articolo così sostituito dall'art. 1, c. 5 del d.lgs. n. 205 del 9 novembre 2007, recante: "Attuazione della direttiva 2005/33/CE che modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo", pubblicato nella G.U. n. 261 del 9.11.2007, S.O. n. 228
(***) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(****) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 2, c. 4 del Decreto Legislativo 31 marzo 2011, n. 55 (in G.U. 28/04/2011, n.97)
Art. 297
Abrogazioni
1. Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede
l'ulteriore vigenza, l'art. 2, comma 2, della legge 8 luglio 1986, n. 349, il
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 settembre 2001, n. 395, il
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 e l'art. 2 del
decreto-legge 7 marzo 2002, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
maggio 2002, n. 82.
Art. 298
Disposizioni transitorie e finali
1. Le disposizioni del presente titolo relative agli impianti disciplinati dal
titolo I della parte quinta del presente decreto si applicano agli impianti
termici civili di cui all'articolo 290, comma 3(*), a partire dalla data in cui è
effettuato l'adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi
dell'articolo 281, comma 3(*).
2. Alla modifica e all'integrazione dell'Allegato X alla parte quinta del
presente decreto si provvede con le modalità previste dall'articolo 281, commi 5
e 6. All'integrazione di tale Allegato si procede per la prima volta entro un
anno dall'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto.
2-bis. Entro il 30 giugno di ciascun anno il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invia alla Commissione europea, sulla base di una relazione trasmessa dall'ISPRA entro il mese precedente, un rapporto circa il tenore di zolfo dell'olio combustibile pesante, del gasolio e dei combustibili per uso marittimo utilizzati nell'anno civile precedente. I soggetti di cui all'articolo 296, commi 2 e 9, i laboratori chimici delle dogane o, ove istituiti, gli uffici delle dogane nel cui ambito operano i laboratori chimici delle dogane, i gestori dei depositi fiscali, i gestori degli impianti di produzione di combustibili e i gestori dei grandi impianti di combustione trasmettono all'ISPRA ed al Ministero, nei casi, nei tempi e con le modalita' previsti nella parte I, sezione 3, dell'Allegato X alla parte quinta, i dati e le informazioni necessari ad elaborare la relazione.(**)
2-ter. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro della salute ed il Ministro dello sviluppo economico ed il Ministro delle politiche agricole e forestali e' istituita, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, una commissione per l'esame delle proposte di integrazione ed aggiornamento dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, presentate dalle amministrazioni dello Stato e dalle regioni. La commissione e' composta da due rappresentanti di ciascuno di tali Ministeri e da un rappresentante del Dipartimento affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ai componenti della Commissione non sono dovuti compensi, ne' rimborsi spese(***).
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
(**) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 1, c. 6 del d.lgs. n. 205 del 9 novembre 2007, recante: "Attuazione della direttiva 2005/33/CE che modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo", pubblicato nella G.U. n. 261 del 9.11.2007, S.O. n. 228
(***) N.d.R.: Comma aggiunto dall'art. 3 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69", pubblicato nella G.U. n. 186 del 11-8-2010 - Suppl. Ordinario n.184.
PARTE SESTA - NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI
ALL'AMBIENTE
TITOLO I - AMBITO DI APPLICAZIONE
Art. 299
Competenze ministeriali
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni
e i compiti spettanti allo Stato in materia di tutela, prevenzione e riparazione
dei danni all'ambiente, attraverso la Direzione generale per il danno ambientale
istituita presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare
dall'art. 34 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, e gli altri uffici
ministeriali competenti.
2. L'azione ministeriale si svolge normalmente in collaborazione con le regioni,
con gli enti locali e con qualsiasi soggetto di diritto pubblico ritenuto
idoneo.
3. L'azione ministeriale si svolge nel rispetto della normativa comunitaria
vigente in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, delle
competenze delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli
enti locali con applicazione dei principi costituzionali di sussidiarietà e di
leale collaborazione.
4. Per le finalità connesse all'individuazione, all'accertamento ed alla
quantificazione del danno ambientale, il Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare si avvale, in regime convenzionale, di soggetti pubblici e
privati di elevata e comprovata qualificazione tecnico-scientifica operanti sul
territorio, nei limiti delle disponibilità esistenti.
5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, di
concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività
produttive, stabilisce i criteri per le attività istruttorie volte
all'accertamento del danno ambientale e per la riscossione della somma dovuta
per equivalente patrimoniale ai sensi del titolo III della parte sesta del
presente decreto. I relativi oneri sono posti a carico del responsabile del
danno.
6. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo,
il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri
decreti, le necessarie variazioni di bilancio.
Art. 300
Danno ambientale*
1. È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile,
diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima.
2. Ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il
deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato:
a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e
comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la
protezione della fauna selvatica, che recepisce le direttive 79/409/CEE del
Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e
91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua le convenzioni di Parigi
del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento
recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche,
nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e
successive norme di attuazione;
b) alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente
negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo oppure sul potenziale
ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, ad
eccezione degli effetti negativi cui si applica l'art. 4, paragrafo 7, di tale
direttiva;
c) alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le
azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali;
d) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio
significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito
dell'introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati,
organismi o microrganismi nocivi per l'ambiente.
*NOTA: si veda, in
merito, l'art. 2 del d.l. n. 208/2008
Art. 301
Attuazione del principio di precauzione
1. In applicazione del principio di precauzione di cui all'articolo 174,
paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la
salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di
protezione.
2. L'applicazione del principio di cui al comma 1 concerne il rischio che
comunque possa essere individuato a seguito di una preliminare valutazione
scientifica obiettiva.
3. L'operatore interessato, quando emerga il rischio suddetto, deve informarne
senza indugio, indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione, il
comune, la provincia, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio si
prospetta l'evento lesivo, nonché il Prefetto della provincia che, nelle
ventiquattro ore successive, informa il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare.
4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in applicazione del
principio di precauzione, ha facoltà di adottare in qualsiasi momento misure di
prevenzione, ai sensi dell'articolo 304, che risultino:
a) proporzionali rispetto al livello di protezione che s'intende raggiungere;
b) non discriminatorie nella loro applicazione e coerenti con misure analoghe
già adottate;
c) basate sull'esame dei potenziali vantaggi ed oneri;
d) aggiornabili alla luce di nuovi dati scientifici.
5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare promuove
l'informazione del pubblico quanto agli effetti negativi di un prodotto o di un
processo e, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione
vigente, può finanziare programmi di ricerca, disporre il ricorso a sistemi di
certificazione ambientale ed assumere ogni altra iniziativa volta a ridurre i
rischi di danno ambientale.
Art. 302
Definizioni
1. Lo stato di conservazione di una specie è considerato favorevole quando:
a) i dati relativi alla sua popolazione mostrano che essa si sta mantenendo, a
lungo termine, come componente vitale dei suoi habitat naturali;
b) l'area naturale della specie non si sta riducendo né si ridurrà
verosimilmente in un futuro prevedibile;
c) esiste, e verosimilmente continuerà ad esistere, un habitat sufficientemente
ampio per mantenerne la popolazione a lungo termine.
2. Lo stato di conservazione di un habitat naturale è considerato favorevole
quando:
a) la sua area naturale e le zone in essa racchiuse sono stabili o in aumento;
b) le strutture e le funzioni specifiche necessarie per il suo mantenimento a
lungo termine esistono e continueranno verosimilmente a esistere in un futuro
prevedibile; e
c) lo stato di conservazione delle sue specie tipiche è favorevole, ai sensi del
comma 1.
3. Per "acque" si intendono tutte le acque cui si applica la parte terza del
presente decreto.
4. Per "operatore" s'intende qualsiasi persona, fisica o giuridica, pubblica o
privata, che esercita o controlla un'attività professionale avente rilevanza
ambientale oppure chi comunque eserciti potere decisionale sugli aspetti tecnici
e finanziari di tale attività, compresi il titolare del permesso o
dell'autorizzazione a svolgere detta attività.
5. Per "attività professionale" s'intende qualsiasi azione, mediante la quale si
perseguano o meno fini di lucro, svolta nel corso di un'attività economica,
industriale, commerciale, artigianale, agricola e di prestazione di servizi,
pubblica o privata.
6. Per "emissione" s'intende il rilascio nell'ambiente, a seguito dell'attività
umana, di sostanze, preparati, organismi o microrganismi.
7. Per "minaccia imminente" di danno si intende il rischio sufficientemente
probabile che stia per verificarsi uno specifico danno ambientale.
8. Per "misure di prevenzione" si intendono le misure prese per reagire a un
evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente di danno
ambientale, al fine di impedire o minimizzare tale danno.
9. Per "ripristino", anche "naturale", s'intende: nel caso delle acque, delle
specie e degli habitat protetti, il ritorno delle risorse naturali o dei servizi
danneggiati alle condizioni originarie; nel caso di danno al terreno,
l'eliminazione di qualsiasi rischio di effetti nocivi per la salute umana e per
la integrità ambientale. In ogni caso il ripristino deve consistere nella
riqualificazione del sito e del suo ecosistema, mediante qualsiasi azione o
combinazione di azioni, comprese le misure di attenuazione o provvisorie,
dirette a riparare, risanare o, qualora sia ritenuto ammissibile dall'autorità
competente, sostituire risorse naturali o servizi naturali danneggiati.
10. Per "risorse naturali" si intendono specie e habitat naturali protetti,
acqua e terreno.
11. Per "servizi" e "servizi delle risorse naturali" si intendono le funzioni
svolte da una risorsa naturale a favore di altre risorse naturali e/o del
pubblico.
12. Per "condizioni originarie" si intendono le condizioni, al momento del
danno, delle risorse naturali e dei servizi che sarebbero esistite se non si
fosse verificato il danno ambientale, stimate sulla base delle migliori
informazioni disponibili.
13. Per "costi" s'intendono gli oneri economici giustificati dalla necessità di
assicurare un'attuazione corretta ed efficace delle disposizioni di cui alla
parte sesta del presente decreto, compresi i costi per valutare il danno
ambientale o una sua minaccia imminente, per progettare gli interventi
alternativi, per sostenere le spese amministrative, legali e di realizzazione
delle opere, i costi di raccolta dei dati ed altri costi generali, nonché i
costi del controllo e della sorveglianza.
Art. 303
Esclusioni
1. La parte sesta del presente decreto:
a) non riguarda il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno
cagionati da:
1) atti di conflitto armato, sabotaggi, atti di ostilità, guerra civile,
insurrezione;
2) fenomeni naturali di carattere eccezionale, inevitabili e incontrollabili;
b) non si applica al danno ambientale o a minaccia imminente di tale danno
provocati da un incidente per il quale la responsabilità o l'indennizzo
rientrino nell'ambito d'applicazione di una delle convenzioni internazionali
elencate nell'allegato 1 alla parte sesta del presente decreto cui la Repubblica
italiana abbia aderito;
c) non pregiudica il diritto del trasgressore di limitare la propria
responsabilità conformemente alla legislazione nazionale che dà esecuzione alla
convenzione sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi (LLMC)
del 1976, o alla convenzione di Strasburgo sulla limitazione della
responsabilità nella navigazione interna (CLNI) del 1988;
d) non si applica ai rischi nucleari relativi all'ambiente né alla minaccia
imminente di tale danno causati da attività disciplinate dal Trattato istitutivo
della Comunità europea dell'energia atomica o causati da un incidente o
un'attività per i quali la responsabilità o l'indennizzo rientrano nel campo di
applicazione di uno degli strumenti internazionali elencati nell'allegato 2 alla
parte sesta del presente decreto;
e) non si applica alle attività svolte in condizioni di necessità ed aventi come
scopo esclusivo la difesa nazionale, la sicurezza internazionale o la protezione
dalle calamità naturali;
f) non si applica al danno causato da un'emissione, un evento o un incidente
verificatisi prima della data di entrata in vigore della parte sesta del
presente decreto; i criteri di determinazione dell'obbligazione risarcitoria
stabiliti dall'articolo 311, commi 2 e 3, si applicano anche alle domande di
risarcimento proposte o da proporre ai sensi dell'articolo 18 della legge 18
luglio 1986, n. 349, in luogo delle previsioni dei commi 6, 7 e 8 del citato
articolo 18, o ai sensi del titolo IX del libro IV del codice civile o ai sensi
di altre disposizioni non aventi natura speciale, con esclusione delle pronunce
passate in giudicato; ai predetti giudizi trova, inoltre, applicazione la
previsione dell'articolo 315 del presente decreto;(*)
g) non si applica al danno in relazione al quale siano trascorsi più di trent'anni
dall'emissione, dall'evento o dall'incidente che l'hanno causato;
h) non si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno
causati da inquinamento di carattere diffuso, se non sia stato possibile
accertare in alcun modo un nesso causale tra il danno e l'attività di singoli
operatori;
i) non si applica alle situazioni di inquinamento per le quali siano
effettivamente avviate le procedure relative alla bonifica, o sia stata avviata
o sia intervenuta bonifica dei siti nel rispetto delle norme vigenti in materia,
salvo che ad esito di tale bonifica non permanga un danno ambientale.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 5-bis, c. 1, lett. c) del D.L. 25 settembre 2009, n. 135 (in G.U. 25/09/2009, n.223), convertito con modificazioni dalla L. 20 novembre 2009, n. 166 (in G.U. 24/11/2009, n. 274, S.O. n. 215/L)
TITOLO II - PREVENZIONE E RIPRISTINO AMBIENTALE
Art. 304
Azione di prevenzione
1. Quando un danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia
imminente che si verifichi, l'operatore interessato adotta, entro ventiquattro
ore e a proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in
sicurezza.
2. L'operatore deve far precedere gli interventi di cui al comma 1 da apposita
comunicazione al comune, alla provincia, alla regione, o alla provincia autonoma
nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonché al Prefetto della
provincia che nelle ventiquattro ore successive informa il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Tale comunicazione deve avere ad
oggetto tutti gli aspetti pertinenti della situazione, ed in particolare le
generalità dell'operatore, le caratteristiche del sito interessato, le matrici
ambientali presumibilmente coinvolte e la descrizione degli interventi da
eseguire. La comunicazione, non appena pervenuta al comune, abilita
immediatamente l'operatore alla realizzazione degli interventi di cui al comma
1. Se l'operatore non provvede agli interventi di cui al comma 1 e alla
comunicazione di cui al presente comma, l'autorità preposta al controllo o
comunque il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare irroga una
sanzione amministrativa non inferiore a mille euro né superiore a tremila euro
per ogni giorno di ritardo.
3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi
momento, ha facoltà di:
a) chiedere all'operatore di fornire informazioni su qualsiasi minaccia
imminente di danno ambientale o su casi sospetti di tale minaccia imminente;
b) ordinare all'operatore di adottare le specifiche misure di prevenzione
considerate necessarie, precisando le metodologie da seguire;
c) adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie.
4. Se l'operatore non si conforma agli obblighi previsti al comma 1 o al comma
3, lettera b), o se esso non può essere individuato, o se non è tenuto a
sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha facoltà di adottare egli stesso
le misure necessarie per la prevenzione del danno, approvando la nota delle
spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o concorso a
causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni
dall'effettuato pagamento.
Art. 305
Ripristino ambientale
1. Quando si è verificato un danno ambientale, l'operatore deve comunicare senza
indugio tutti gli aspetti pertinenti della situazione alle autorità di cui
all'articolo 304, con gli effetti ivi previsti, e, se del caso, alle altre
autorità dello Stato competenti, comunque interessate. L'operatore ha inoltre
l'obbligo di adottare immediatamente:
a) tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o
gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo
scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali ed effetti nocivi
per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi, anche sulla base
delle specifiche istruzioni formulate dalle autorità competenti relativamente
alle misure di prevenzione necessarie da adottare;
b) le necessarie misure di ripristino di cui all'articolo 306.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi
momento, ha facoltà di:
a) chiedere all'operatore di fornire informazioni su qualsiasi danno
verificatosi e sulle misure da lui adottate immediatamente ai sensi del comma 1;
b) adottare, o ordinare all'operatore di adottare, tutte le iniziative opportune
per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto
immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare
ulteriori pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana o ulteriori
deterioramenti ai servizi;
c) ordinare all'operatore di prendere le misure di ripristino necessarie;
d) adottare egli stesso le suddette misure.
3. Se l'operatore non adempie agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 2,
lettera b) o c), o se esso non può essere individuato o se non è tenuto a
sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha facoltà di adottare egli stesso
tali misure, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile
verso chi abbia causato o comunque concorso a causare le spese stesse, se venga
individuato entro il termine di cinque anni dall'effettuato pagamento.
Art. 306
Determinazione delle misure per il ripristino ambientale
1. Gli operatori individuano le possibili misure per il ripristino ambientale
che risultino conformi all'allegato 3 alla parte sesta del presente decreto e le
presentano per l'approvazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare senza indugio e comunque non oltre trenta giorni dall'evento dannoso,
a meno che questi non abbia già adottato misure urgenti, a norma articolo 305,
commi 2 e 3.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare decide quali misure
di ripristino attuare, in modo da garantire, ove possibile, il conseguimento del
completo ripristino ambientale, e valuta l'opportunità di addivenire ad un
accordo con l'operatore interessato nel rispetto della procedura di cui all'art.
11 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
3. Se si è verificata una pluralità di casi di danno ambientale e l'autorità
competente non è in grado di assicurare l'adozione simultanea delle misure di
ripristino necessarie, essa può decidere quale danno ambientale debba essere
riparato a titolo prioritario. Ai fini di tale decisione, l'autorità competente
tiene conto, fra l'altro, della natura, entità e gravità dei diversi casi di
danno ambientale in questione, nonché della possibilità di un ripristino
naturale.
4. Nelle attività di ripristino ambientale sono prioritariamente presi in
considerazione i rischi per la salute umana.
5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invita i soggetti di
cui agli articoli 12 e 7, comma 4, della direttiva 2004/35/CE, nonché i soggetti
sugli immobili dei quali si devono effettuare le misure di ripristino a
presentare le loro osservazioni nel termine di dieci giorni e le prende in
considerazione in sede di ordinanza. Nei casi di motivata, estrema urgenza
l'invito può essere incluso nell'ordinanza, che in tal caso potrà subire le
opportune riforme o essere revocata tenendo conto dello stato dei lavori in
corso.
Art. 307
Notificazione delle misure preventive e di ripristino
1. Le decisioni che impongono misure di precauzione, di prevenzione o di
ripristino, adottate ai sensi della parte sesta del presente decreto, sono
adeguatamente motivate e comunicate senza indugio all'operatore interessato con
indicazione dei mezzi di ricorso di cui dispone e dei termini relativi.
Art. 308
Costi dell'attività di prevenzione e di ripristino
1. L'operatore sostiene i costi delle iniziative statali di prevenzione e di
ripristino ambientale adottate secondo le disposizioni di cui alla parte sesta
del presente decreto.
2. Fatti salvi i commi 4, 5 e 6, il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare recupera, anche attraverso garanzie reali o fideiussioni bancarie a
prima richiesta e con esclusione del beneficio della preventiva escussione,
dall'operatore che ha causato il danno o l'imminente minaccia, le spese
sostenute dallo Stato in relazione alle azioni di precauzione, prevenzione e
ripristino adottate a norma della parte sesta del presente decreto.
3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare determina di non
recuperare la totalità dei costi qualora la spesa necessaria sia maggiore
dell'importo recuperabile o qualora l'operatore non possa essere individuato.
4. Non sono a carico dell'operatore i costi delle azioni di precauzione,
prevenzione e ripristino adottate conformemente alle disposizioni di cui alla
parte sesta del presente decreto se egli può provare che il danno ambientale o
la minaccia imminente di tale danno:
a) è stato causato da un terzo e si è verificato nonostante l'esistenza di
misure di sicurezza astrattamente idonee;
b) è conseguenza dell'osservanza di un ordine o istruzione obbligatori impartiti
da una autorità pubblica, diversi da quelli impartiti a seguito di un'emissione
o di un incidente imputabili all'operatore; in tal caso il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta le misure necessarie per
consentire all'operatore il recupero dei costi sostenuti.
5. L'operatore non è tenuto a sostenere i costi delle azioni di cui al comma 5
intraprese conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente
decreto qualora dimostri che non gli è attribuibile un comportamento doloso o
colposo e che l'intervento preventivo a tutela dell'ambiente è stato causato da:
a) un'emissione o un evento espressamente consentiti da un'autorizzazione
conferita ai sensi delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari
recanti attuazione delle misure legislative adottate dalla Comunità europea di
cui all'allegato 5 della parte sesta del presente decreto, applicabili alla data
dell'emissione o dell'evento e in piena conformità alle condizioni ivi previste;
b) un'emissione o un'attività o qualsiasi altro modo di utilizzazione di un
prodotto nel corso di un'attività che l'operatore dimostri non essere stati
considerati probabile causa di danno ambientale secondo lo stato delle
conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio dell'emissione o
dell'esecuzione dell'attività.
6. Le misure adottate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare in attuazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto
lasciano impregiudicata la responsabilità e l'obbligo risarcitorio del
trasgressore interessato.
Art. 309
Richiesta di intervento statale
1. Le regioni, le province autonome e gli enti locali, anche associati, nonché
le persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal
danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al
procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o
di ripristino previste dalla parte sesta del presente decreto possono presentare
al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, depositandole presso le
Prefetture - Uffici territoriali del Governo, denunce e osservazioni, corredate
da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o
di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l'intervento statale a
tutela dell'ambiente a norma della parte sesta del presente decreto.
2. Le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente,
di cui all'art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, sono riconosciute titolari
dell'interesse di cui al comma 1.
3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare valuta le richieste
di intervento e le osservazioni ad esse allegate afferenti casi di danno o di
minaccia di danno ambientale e informa senza dilazione i soggetti richiedenti
dei provvedimenti assunti al riguardo.
4. In caso di minaccia imminente di danno, il Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, nell'urgenza estrema, provvede sul danno denunciato anche
prima d'aver risposto ai richiedenti ai sensi del comma 3.
Art. 310
Ricorsi
1. I soggetti di cui all'articolo 309, comma 1, sono legittimati ad agire,
secondo i principi generali, per l'annullamento degli atti e dei provvedimenti
adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente
decreto nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa del
ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di
precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, il ricorso al giudice amministrativo, [in sede
di giurisdizione esclusiva](*), può essere preceduto da una opposizione depositata
presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o inviata presso
la sua sede a mezzo di posta raccomandata con avviso di ricevimento entro trenta
giorni dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto. In caso
di inerzia del Ministro, analoga opposizione può essere proposta entro il
suddetto termine decorrente dalla scadenza del trentesimo giorno successivo
all'effettuato deposito dell'opposizione presso il Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare.
3. Se sia stata presentata l'opposizione e non ancora il ricorso al giudice
amministrativo, quest'ultimo è proponibile entro il termine di sessanta giorni
decorrenti dal ricevimento della decisione di rigetto dell'opposizione oppure
dal trentunesimo giorno successivo alla presentazione dell'opposizione se il
Ministro non si sia pronunciato.
4. Resta ferma la facoltà dell'interessato di ricorrere in via straordinaria al
Presidente della Repubblica nel termine di centoventi giorni dalla
notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto o provvedimento che si
ritenga illegittimo e lesivo.
(*) N.d.R.: Periodo
abrogato dal d.lgs. n. 104/2010 (codice del processo amministrativo)
TITOLO III - RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE
Art. 311
Azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente patrimoniale
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare agisce, anche
esercitando l'azione civile in sede penale, per il risarcimento del danno
ambientale in forma specifica e, se necessario, per equivalente patrimoniale,
oppure procede ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente
decreto.
2. Chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti
doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento
amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme
tecniche, arrechi danno all'ambiente, alterandolo, deteriorandolo o
distruggendolo in tutto o in parte, è obbligato all'effettivo ripristino a
sue spese della precedente situazione e, in mancanza, all'adozione di misure di
riparazione complementare e compensativa di cui alla direttiva 2004/35/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, secondo le modalita'
prescritte dall'Allegato II alla medesima direttiva, da effettuare entro il
termine congruo di cui all'articolo 314, comma 2, del presente decreto. Quando
l'effettivo ripristino o l'adozione di misure di riparazione complementare o
compensativa risultino in tutto o in parte omessi, impossibili o eccessivamente
onerosi ai sensi dell'articolo 2058 del codice civile o comunque attuati in modo
incompleto o difforme rispetto a quelli prescritti, il danneggiante e' obbligato
in via sostitutiva al risarcimento per equivalente patrimoniale nei confronti
dello Stato, determinato conformemente al comma 3 del presente articolo, per
finanziare gli interventi di cui all'articolo 317, comma 5.(*)
3. Alla quantificazione del danno il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare provvede in applicazione dei criteri enunciati negli Allegati 3 e 4
della parte sesta del presente decreto. All'accertamento delle responsabilità
risarcitorie ed alla riscossione delle somme dovute per equivalente patrimoniale
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede con le
procedure di cui al titolo III della parte sesta del presente decreto. Con
decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da
emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n.
400, sono definiti, in conformita' a quanto previsto dal punto 1.2.3
dell'Allegato II alla direttiva 2004/35/CE, i criteri di determinazione del
risarcimento per equivalente e dell'eccessiva onerosita', avendo riguardo anche
al valore monetario stimato delle risorse naturali e dei servizi perduti e ai
parametri utilizzati in casi simili o materie analoghe per la liquidazione del
risarcimento per equivalente del danno ambientale in sentenze passate in
giudicato pronunciate in ambito nazionale e comunitario. Nei casi di concorso
nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria
responsabilita' personale. Il relativo debito si trasmette, secondo le leggi
vigenti, agli eredi nei limiti del loro effettivo arricchimento. Il presente
comma si applica anche nei giudizi di cui ai commi 1 e 2.(**)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 5-bis, c. 1, lett. a) del D.L. 25 settembre 2009, n. 135 (in G.U. 25/09/2009, n.223), convertito con modificazioni dalla L. 20 novembre 2009, n. 166 (in G.U. 24/11/2009, n. 274, S.O. n. 215/L)
(**) N.d.R.: Periodi aggiunti dall'art. 5-bis, c. 1, lett. b) del D.L. 25 settembre 2009, n. 135 (in G.U. 25/09/2009, n.223), convertito con modificazioni dalla L. 20 novembre 2009, n. 166 (in G.U. 24/11/2009, n. 274, S.O. n. 215/L)
Art. 312
Istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale
1. L'istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale di cui
all'articolo 313 si svolge ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'accertamento
dei fatti, per l'individuazione dei trasgressori, per l'attuazione delle misure
a tutela dell'ambiente e per il risarcimento dei danni, può delegare il Prefetto
competente per territorio ed avvalersi, anche mediante apposite convenzioni,
della collaborazione delle Avvocature distrettuali dello Stato, del Corpo
forestale dello Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Polizia di Stato, della
Guardia di finanza e di qualsiasi altro soggetto pubblico dotato di competenza
adeguata.
3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'accertamento
delle cause del danno e per la sua quantificazione, da effettuare in
applicazione delle disposizioni contenute negli Allegati 3 e 4 alla parte sesta
del presente decreto, può disporre, nel rispetto del principio del
contraddittorio con l'operatore interessato, apposita consulenza tecnica svolta
dagli uffici ministeriali, da quelli di cui al comma 2 oppure, tenuto conto
delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente, da liberi
professionisti.
4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di procedere
ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche anche in apparecchiature
informatiche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l'accertamento del
fatto dannoso e per l'individuazione dei trasgressori, può disporre l'accesso di
propri incaricati nel sito interessato dal fatto dannoso. Gli incaricati che
eseguono l'accesso devono essere muniti di apposita autorizzazione che ne indica
lo scopo, rilasciata dal capo dell'ufficio da cui dipendono. Per l'accesso a
locali che siano adibiti ad abitazione o all'esercizio di attività professionali
è necessario che l'Amministrazione si munisca dell'autorizzazione dell'autorità
giudiziaria competente. In ogni caso, dell'accesso nei luoghi di cui al presente
comma dovrà essere informato il titolare dell'attività o un suo delegato, che ha
il diritto di essere presente, anche con l'assistenza di un difensore di
fiducia, e di chiedere che le sue dichiarazioni siano verbalizzate.
5. In caso di gravi indizi che facciano ritenere che libri, registri, documenti,
scritture ed altre prove del fatto dannoso si trovino in locali diversi da
quelli indicati nel comma 4, il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare può chiedere l'autorizzazione per la perquisizione di tali locali
all'autorità giudiziaria competente.
6. E' in ogni caso necessaria l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria
competente per procedere, durante l'accesso, a perquisizioni personali e
all'apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli
e simili e per l'esame dei documenti e la richiesta di notizie relativamente ai
quali sia stato eccepito il segreto professionale.
7. Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le
ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte all'interessato o a chi
lo rappresenta e le risposte ricevute, nonché le sue dichiarazioni. Il verbale
deve essere sottoscritto dall'interessato o da chi lo rappresenta oppure deve
indicare il motivo della mancata sottoscrizione. L'interessato ha diritto di
averne copia.
8. I documenti e le scritture possono essere sequestrati soltanto se non sia
possibile riprodurne o farne constare agevolmente il contenuto rilevante nel
verbale, nonché in caso di mancata sottoscrizione o di contestazione del
contenuto del verbale; tuttavia gli agenti possono sempre acquisire dati con
strumenti propri da sistemi meccanografici, telematici, elettronici e simili.
Art. 313
Ordinanza
1. Qualora all'esito dell'istruttoria di cui all'articolo 312 sia stato
accertato un fatto che abbia causato danno ambientale ed il responsabile non
abbia attivato le procedure di ripristino ai sensi del titolo V della parte
quarta del presente decreto oppure ai sensi degli articoli 304 e seguenti, il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con ordinanza
immediatamente esecutiva, ingiunge a coloro che, in base al suddetto
accertamento, siano risultati responsabili del fatto il ripristino ambientale a
titolo di risarcimento in forma specifica entro un termine fissato.
2. Qualora il responsabile del fatto che ha provocato danno ambientale non
provveda in tutto o in parte al ripristino nel termine ingiunto, o il ripristino
risulti in tutto o in parte impossibile, oppure eccessivamente oneroso ai sensi
dell'articolo 2058 del codice civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, con successiva ordinanza, ingiunge il pagamento, entro il
termine di sessanta giorni dalla notifica, di una somma pari al valore economico
del danno accertato o residuato, a titolo di risarcimento per equivalente
pecuniario.
3. Con riguardo al risarcimento del danno in forma specifica, l'ordinanza è
emessa nei confronti del responsabile del fatto dannoso nonché, in solido, del
soggetto nel cui effettivo interesse il comportamento fonte del danno è stato
tenuto o che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio sottraendosi, secondo
l'accertamento istruttorio intervenuto, all'onere economico necessario per
apprestare, in via preventiva, le opere, le attrezzature, le cautele e tenere i
comportamenti previsti come obbligatori dalle norme applicabili.
4. L'ordinanza è adottata nel termine perentorio di centottanta giorni
decorrenti dalla comunicazione ai soggetti di cui al comma 3 dell'avvio
dell'istruttoria, e comunque entro il termine di decadenza di due anni dalla
notizia del fatto, salvo quando sia in corso il ripristino ambientale a cura e
spese del trasgressore. In tal caso i medesimi termini decorrono dalla
sospensione ingiustificata dei lavori di ripristino oppure dalla loro
conclusione in caso di incompleta riparazione del danno. Alle attestazioni
concernenti la sospensione dei lavori e la loro incompletezza provvede il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito atto di
accertamento.
5. Nei termini previsti dai commi 1 e 3 dell'art. 2947 del codice civile, il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può adottare ulteriori
provvedimenti nei confronti di trasgressori successivamente individuati.
6. Nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della
Corte dei conti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare,
anziché ingiungere il pagamento del risarcimento per equivalente patrimoniale,
invia rapporto all'Ufficio di Procura regionale presso la Sezione
giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio.
7. Nel caso di intervenuto risarcimento del danno, sono esclusi, a seguito di
azione concorrente da parte di autorità diversa dal Ministro dell'ambiente e
della tutela territorio, nuovi interventi comportanti aggravio di costi per
l'operatore interessato. Resta in ogni caso fermo il diritto dei soggetti
danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale, nella loro salute o nei
beni di loro proprietà, di agire in giudizio nei confronti del responsabile a
tutela dei diritti e degli interessi lesi.
Art. 314
Contenuto dell'ordinanza
1. L'ordinanza contiene l'indicazione specifica del fatto, commissivo o
omissivo, contestato, nonché degli elementi di fatto ritenuti rilevanti per
l'individuazione e la quantificazione del danno e delle fonti di prova per
l'identificazione dei trasgressori.
2. L'ordinanza fissa un termine, anche concordato con il trasgressore in
applicazione dell'art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per il ripristino
dello stato dei luoghi a sue spese, comunque non inferiore a due mesi e non
superiore a due anni, salvo ulteriore proroga da definire in considerazione
dell'entità dei lavori necessari.
3. La quantificazione del danno deve comprendere il pregiudizio arrecato alla
situazione ambientale con particolare riferimento al costo necessario per il suo
ripristino. Ove non sia motivatamente possibile l'esatta quantificazione del
danno non risarcibile in forma specifica, o di parte di esso, il danno per
equivalente patrimoniale si presume, fino a prova contraria, di ammontare non
inferiore al triplo della somma corrispondente alla sanzione pecuniaria
amministrativa, oppure alla sanzione penale, in concreto applicata. Se sia stata
erogata una pena detentiva, al fine della quantificazione del danno di cui al
presente articolo, il ragguaglio fra la stessa e la somma da addebitare a titolo
di risarcimento del danno ha luogo calcolando quattrocento euro per ciascun
giorno di pena detentiva.
4. In caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione del
provvedimento di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale, la
cancelleria del giudice che ha emanato la sentenza o il provvedimento trasmette
copia degli stessi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare
entro cinque giorni dalla loro pubblicazione.
5. Le regioni, le province autonome e gli altri enti territoriali, al fine del
risarcimento del danno ambientale, comunicano al Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare le sanzioni amministrative, entro dieci giorni
dall'avvenuta irrogazione.
6. Le ordinanze ministeriali di cui agli articoli 304, comma 3, e 313 indicano i
mezzi di ricorso ed i relativi termini.
Art. 315
Effetti dell'ordinanza sull'azione giudiziaria
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che abbia adottato
l'ordinanza di cui all'articolo 313 non può né proporre né procedere
ulteriormente nel giudizio per il risarcimento del danno ambientale, salva la
possibilità dell'intervento in qualità di persona offesa dal reato nel giudizio
penale.
Art. 316
Ricorso avverso l'ordinanza
1. Il trasgressore, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla
comunicazione dell'ordinanza di cui all'articolo 313, può ricorrere al Tribunale
amministrativo regionale, [in sede di giurisdizione esclusiva](*), competente in
relazione al luogo nel quale si è prodotto il danno ambientale.
2. Il trasgressore può far precedere l'azione giurisdizionale dal ricorso in
opposizione di cui all'articolo 310, commi 2 e 3.
3. Il trasgressore può proporre altresì ricorso al Presidente della Repubblica
nel termine di centoventi giorni dalla ricevuta notificazione o comunicazione
dell'ordinanza o dalla sua piena conoscenza.
(*) N.d.R.: Periodo
abrogato dal d.lgs. n. 104/2010 (codice del processo amministrativo)
Art. 317
Riscossione dei crediti e fondo di rotazione
1. Per la riscossione delle somme costituenti credito dello Stato ai sensi delle
disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, nell'ammontare
determinato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o dal
giudice, si applicano le norme di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n.
112.
2. Nell'ordinanza o nella sentenza può essere disposto, su richiesta
dell'interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che gli
importi dovuti vengano pagati in rate mensili non superiori al numero di venti;
ciascuna rata non può essere inferiore comunque ad euro cinquemila.
3. In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento.
4. Il mancato adempimento anche di una sola rata alla sua scadenza comporta
l'obbligo di pagamento del residuo ammontare in unica soluzione.
5. Le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il
risarcimento del danno ambientale disciplinato dalla parte sesta del presente
decreto, ivi comprese quelle derivanti dall'escussione di fidejussioni a favore
dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento medesimo, affluiscono al
fondo di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio
2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, per
essere destinate alle seguenti finalita':(*)
a) interventi urgenti di perimetrazione, caratterizzazione e messa in sicurezza
dei siti inquinati, con priorità per le aree per le quali ha avuto luogo il
risarcimento del danno ambientale;
b) interventi di disinquinamento, bonifica e ripristino ambientale delle aree
per le quali abbia avuto luogo il risarcimento del danno ambientale;
c) interventi di bonifica e ripristino ambientale previsti nel programma
nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati;
d) attività dei centri di ricerca nel campo delle riduzioni delle emissioni di
gas ad effetto serra e dei cambiamenti climatici globali.
[6. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare,
adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono
disciplinate le modalità di funzionamento e di accesso al predetto fondo di
rotazione, ivi comprese le procedure per il recupero delle somme concesse a
titolo di anticipazione.](**)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dall'art. 5-bis, c. 1, lett. d) del D.L. 25 settembre 2009, n. 135 (in G.U. 25/09/2009, n.223), convertito con modificazioni dalla L. 20 novembre 2009, n. 166 (in G.U. 24/11/2009, n. 274, S.O. n. 215/L)
(**) N.d.R.: Comma abrogato dall'art. 5-bis, c. 1, lett. e) del D.L. 25 settembre 2009, n. 135 (in G.U. 25/09/2009, n.223), convertito con modificazioni dalla L. 20 novembre 2009, n. 166 (in G.U. 24/11/2009, n. 274, S.O. n. 215/L)
Art. 318
Norme transitorie e finali
1. Nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 317, comma 6,
continua ad applicarsi il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio 14 ottobre 2003.
2. Sono abrogati:
a) l'art. 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, ad eccezione del comma 5;
b) l'art. 9, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
c) l'art. 1, commi 439, 440, 441, 442 e 443 della legge 23 dicembre 2005, n.
266.
3. In attuazione dell'art. 14 della direttiva 2004/35/CE, con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri
dell'economia e delle finanze e delle attività produttive, sono adottate misure
per la definizione di idonee forme di garanzia e per lo sviluppo dell'offerta
dei relativi strumenti, in modo da consentirne l'utilizzo da parte degli
operatori interessati ai fini dell'assolvimento delle responsabilità ad essi
incombenti ai sensi della parte sesta del presente decreto.
4. Quando un danno ambientale riguarda o può riguardare una pluralità di Stati
membri dell'Unione europea, il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare coopera, anche attraverso un appropriato scambio di informazioni, per
assicurare che sia posta in essere un'azione di prevenzione e, se necessario, di
riparazione di tale danno ambientale. In tale ipotesi, quando il danno
ambientale ha avuto origine nel territorio italiano, il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare fornisce informazioni sufficienti agli Stati membri
potenzialmente esposti ai suoi effetti. Se il Ministro individua entro i confini
del territorio nazionale un danno la cui causa si è invece verificata al di
fuori di tali confini, esso ne informa la Commissione europea e qualsiasi altro
Stato membro interessato; il Ministro può raccomandare l'adozione di misure di
prevenzione o di riparazione e può cercare, ai sensi della parte sesta del
presente decreto, di recuperare i costi sostenuti in relazione all'adozione
delle misure di prevenzione o riparazione.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella
Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. E' fatto
obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
ALLEGATI
(testo storico - per gli aggiornamenti si vedano il d.lgs. n. 205/2008 e il
d.lgs. n. 4/2008)