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Decreto Legislativo 3 Agosto 2007, n. 152
Attuazione della direttiva 2004/107/CE concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nichel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria ambiente.
(GU n. 213 del 13-9-2007 - Suppl. Ordinario n.194)
(testo aggiornato al d.lgs. n. 120 del 26 giugno 2008 - pubblicato nella G.U. n. 162 del 12-7-2008)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 25 gennaio 2006, n. 29, ed in particolare l'articolo 1 e
l'allegato A;
Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la direttiva 2004/107/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 15 dicembre 2004, concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il
nichel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria ambiente;
Vista la decisione 97/101/CE della Commissione, del 27 gennaio 1997, che
instaura uno scambio reciproco di informazioni e di dati provenienti
dalle reti e dalle singole stazioni di misurazione dell'inquinamento
atmosferico negli Stati membri, cosi' come modificata dalla decisione
2001/752/CE della Commissione, del 17 ottobre 2001;
Visto il decreto del Ministro dell'ambiente in data 25 novembre 1994,
recante "Aggiornamento delle norme tecniche in materia di limiti di
concentrazione e di livelli di attenzione e di allarme per gli
inquinanti atmosferici nelle aree urbane e disposizioni per la misura di
alcuni inquinanti di cui al decreto ministeriale 15 aprile 1994",
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 290 del
13 dicembre 1994;
Visto il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, recante attuazione
della direttiva 96/62/CE, in materia di valutazione e di gestione della
qualita' dell'aria ambiente;
Visto il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio in data 20 settembre 2002, recante "Modalita' per la garanzia
della qualita' del sistema delle misure di inquinamento atmosferico ai
sensi del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351", pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 231 del 2 ottobre 2002;
Visto il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio 1° ottobre 2002, n. 261, concernente "Regolamento recante le
direttive tecniche per la valutazione preliminare della qualita'
dell'aria ambiente, e i criteri per l'elaborazione del piano e dei
programmi di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto
1999, n. 351";
Considerato che il benzo(a)pirene e' stato scelto come marker per il
rischio cancerogeno degli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria
ambiente alla luce dei rapporti quantitativi tra tale sostanza e gli
altri idrocarburi policiclici aromatici a maggiore rilevanza cancerogena
generalmente rilevati e che, per mantenere la correttezza della scelta,
e' necessario verificare la costanza di tali rapporti nel tempo e nello
spazio monitorando, presso stazioni di misurazione opportunamente
selezionate, anche gli idrocarburi policiclici aromatici diversi dal
benzo(a)pirene;
Considerato che i valori obiettivo di cui al presente decreto non sono
da considerarsi norme di qualita' ambientale quali quelle definite
all'articolo 2, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 18 febbraio
2005, n. 59, le quali, conformemente all'articolo 8, comma 1, di tale
decreto, richiedono condizioni piu' rigorose di quelle ottenibili con
l'applicazione delle migliori tecniche disponibili;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata
nella riunione del 15 giugno 2007;
Preso atto che la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, non ha espresso il prescritto
parere;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 3 agosto 2007;
Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con
i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle
finanze, della salute e per gli affari regionali e le autonomie locali;
E m a n a
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Campo di applicazione e finalita'
1. Il presente decreto si propone l'obiettivo di migliorare, in
relazione all'arsenico, al cadmio, al nichel ed agli idrocarburi
policiclici aromatici, lo stato di qualita' dell'aria ambiente e di
mantenerlo tale laddove buono. Assicura inoltre la raccolta e la
diffusione di informazioni esaurienti in merito alle concentrazioni
nell'aria ambiente ed alla deposizione dell'arsenico, del cadmio, del
nichel, degli idrocarburi policiclici aromatici e del mercurio.
2. Ai fini previsti dal comma 1 sono stabiliti:
a) i valori obiettivo per la concentrazione nell'aria ambiente
dell'arsenico, del cadmio, del nichel e del benzo(a)pirene;
b) i metodi e criteri per la valutazione delle concentrazioni nell'aria
ambiente dell'arsenico, del cadmio, del mercurio, del nichel e degli
idrocarburi policiclici aromatici;
c) i metodi e criteri per la valutazione della deposizione
dell'arsenico, del cadmio, del mercurio, del nichel e degli idrocarburi
policiclici aromatici.
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione
competente per materia, ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo
unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle
pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R.
28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle
disposizioni di legge modificate o alle quali e' operato il rinvio.
Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui
trascritti.
Per regolamenti e direttive CE vengono forniti gli estremi di
pubblicazioni nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea (GUUE).
Note alle premesse:
- L'art. 76 della Costituzione stabilisce che l'esercizio della funzione
legislativa non puo' essere delegato al Governo se non e soltanto per
tempo limitato e per oggetti definiti con determinazione di principi e
criteri direttivi.
- L'art. 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro, al Presidente
della Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti
aventi valore di legge ed i regolamenti.
- Il testo dell'art. 1 e dell'allegato A della legge 25 gennaio 2006, n.
29, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee (legge comunitaria
2005), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 8 febbraio 2006, n. 32, 2005,
n. 9, e' il seguente:
"Art. 1 (Delega al Governo per l'attuazione di direttive comunitarie). -
1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro il termine di diciotto mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, i decreti
legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle
direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B.
2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'art. 14 della
legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio
dei Ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro
con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con
i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle
finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto
della direttiva.
3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive
comprese nell'elenco di cui all'allegato B, nonche', qualora sia
previsto il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi all'attuazione
delle direttive elencate nell'allegato A, sono trasmessi, dopo
l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei
deputati e al Senato della Repubblica perche' su di essi sia espresso il
parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla
data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del
parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di
cui al presente comma, ovvero i diversi termini previsti dai commi 4 e
9, scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini
previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati
di novanta giorni.
4. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione della direttiva
2003/123/CE, della direttiva 2004/9/CE, della direttiva 2004/36/CE,
della direttiva 2004/49/CE, della direttiva 2004/50/CE, della direttiva
2004/54/CE, della direttiva 2004/80/CE, della direttiva 2004/81/CE,
della direttiva 2004/83/CE, della direttiva 2004/113/CE della direttiva
2005/14/CE, della direttiva 2005/19/CE, della direttiva 2005/28/CE,
della direttiva 2005/36/CE e della direttiva 2005/60/CE sono corredati
dalla relazione tecnica di cui all'art. 11-ter, comma 2, della legge 5
agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Su di essi e' richiesto
anche il parere delle commissioni parlamentari competenti per i profili
finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni
formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto
dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere
i testi, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione,
per i pareri definitivi delle commissioni competenti per i profili
finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni.
5. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei
decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e
criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo puo' emanare,
con la procedura indicata nei commi 2, 3 e 4, disposizioni integrative e
correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1, fatto
salvo quanto previsto dal comma 6.
6. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto
legislativo di cui al comma 1 adottato per l'attuazione della direttiva
2004/109/CE, di cui all'allegato B, il Governo, nel rispetto dei
principi e criteri direttivi di cui all'art. 3 e con la procedura
prevista dal presente articolo, puo' emanare disposizioni integrative e
correttive al fine di tenere conto delle eventuali disposizioni di
attuazione adottate dalla Commissione europea secondo la procedura di
cui all'art. 27, paragrafo 2, della medesima direttiva.
7. In relazione a quanto disposto dall'art. 117, quinto comma, della
Costituzione e dall'art. 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n.
11, si applicano le disposizioni di cui all'art. 11, comma 8, della
medesima legge n. 11 del 2005.
8. Il Ministro per le politiche comunitarie, nel caso in cui una o piu'
deleghe di cui al comma 1 non risulti ancora esercitata trascorsi
quattro mesi dal termine previsto dalla direttiva per la sua attuazione,
trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una
relazione che dia conto dei motivi addotti dai Ministri con competenza
istituzionale prevalente per la materia a giustificazione del ritardo.
Il Ministro per le politiche comunitarie ogni quattro mesi informa
altresi' la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo stato
di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province
autonome nelle materie di loro competenza.
9. Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di
cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di
decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese negli
allegati A e B, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali
modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato della
Repubblica. Decorsi trenta giorni dalla data di ritrasmissione, i
decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.".
"Allegato A
2004/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'1l febbraio
2004, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative,
regolamentari ed amministrative relative all'applicazione dei principi
di buona pratica di laboratorio e al controllo della loro applicazione
per le prove sulle sostanze chimiche.
2004/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004,
sulla definizione di norme di qualita' e di sicurezza per la donazione,
l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo
stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani.
2004/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004,
che abroga alcune direttive recanti norme sull'igiene dei prodotti
alimentari e le disposizioni sanitarie per la produzione e la
commercializzazione di determinati prodotti di origine animale destinati
al consumo umano e che modifica la direttiva 89/662/CEE e la direttiva
92/118/CEE del Consiglio e la decisione 95/408/CE del Consiglio.
2004/68/CE del Consiglio, del 26 aprile 2004, che stabilisce norme di
polizia sanitaria per le importazioni e il transito nella Comunita' di
determinati ungulati vivi, che modifica la direttiva 90/426/CEE e la
direttiva 92/65/CEE e che abroga la direttiva 72/462/CEE.
2004/107/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre
2004, concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nickel e gli
idrocarburi policiclici aromatici nell'aria ambiente.
2004/114/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativa alle
condizioni di ammissione dei cittadini di Paesi terzi per motivi di
studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato.
2004/117/CE del Consiglio, del 22 dicembre 2004, che modifica la
direttiva 66/401/CEE, la direttiva 66/402/CEE, la direttiva 2002/54/CE,
la direttiva 2002/55/CE e la direttiva 2002/57/CE per quanto riguarda
gli esami eseguiti sotto sorveglianza ufficiale e l'equivalenza delle
sementi prodotte in Paesi terzi.
2005/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2005, che
modifica la direttiva 73/239/CEE, la direttiva 85/611/CEE, la direttiva
91/675/CEE, la direttiva 92/49/CEE e la direttiva 93/6/CEE del Consiglio
e la direttiva 94/19/CE, la direttiva 98/78/CE, la direttiva 2000/12/CE,
la direttiva 2001/34/CE, la direttiva 2002/83/CE e la direttiva
2002/87/CE al fine di istituire una nuova struttura organizzativa per i
comitati del settore dei servizi finanziari.
2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005,
relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel
mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e
le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e
del Consiglio ("direttiva sulle pratiche commerciali sleali").
2005/50/CE della Commissione, dell'11 agosto 2005, relativa alla
riclassificazione delle protesi articolari dell'anca, del ginocchio e
della spalla nel quadro della direttiva 93/42/CEE concernente i
dispositivi medici.".
- Il testo dell'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante:
"Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del
Consiglio dei Ministri", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 12
settembre 1988, n. 214, supplemento ordinario, cosi' recita:
"Art. 14 (Decreti legislativi). - 1. I decreti legislativi adottati dal
Governo ai sensi dell'art. 76 della Costituzione sono emanati dal
Presidente della Repubblica con la denominazione di "decreto
legislativo" e con l'indicazione, nel preambolo, della legge di
delegazione, della deliberazione del Consiglio dei Ministri e degli
altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di
delegazione.
2. L'emanazione del decreto legislativo deve avvenire entro il termine
fissato dalla legge di delegazione; il testo del decreto legislativo
adottato dal Governo e' trasmesso al Presidente della Repubblica, per la
emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza.
3. Se la delega legislativa si riferisce ad una pluralita' di oggetti
distinti suscettibili di separata disciplina, il Governo puo'
esercitarla mediante piu' atti successivi per uno o piu' degli oggetti
predetti. In relazione al termine finale stabilito dalla legge di
delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere sui criteri che
segue nell'organizzazione dell'esercizio della delega.
4. In ogni caso, qualora il termine previsto per l'esercizio della
delega ecceda i due anni, il Governo e' tenuto a richiedere il parere
delle Camere sugli schemi dei decreti delegati. Il parere e' espresso
dalle commissioni permanenti delle due Camere competenti per materia
entro sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali
disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive della legge di
delegazione. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il
parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali
modificazioni, i testi alle commissioni per il parere definitivo che
deve essere espresso entro trenta giorni.".
- La direttiva 15 dicembre 2004, n. 2004/107/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio "Concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nickel
e gli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria ambiente" e'
pubblicata nella G.U.U.E. 26 gennaio 2005, n. L 23 ed entrata in vigore
il 15 febbraio 2005.
- La decisione 97/101/CE della Commissione che "instaura uno scambio
reciproco di informazioni e di dati provenienti dalle reti e dalle
singole stazioni di misurazione dell'inquinamento atmosferico negli
Stati membri" e' pubblicata nella G.U.C.E. 5 febbraio 1997, n. L35 ed e'
entrata in vigore il 6 febbraio 1997.
- La decisione 2001/752/CE della commissione che modifica gli allegati
della decisione 97/101/CE del Consiglio e' pubblicata nella G.U.C.E. 26
ottobre 2001, n. L 282.
- Il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351 "Attuazione della
direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della
qualita' dell'aria ambiente" e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13
ottobre 1999, n. 241.
- Il decreto ministeriale 1" ottobre 2002, n. 261 "Regolamento recante
le direttive tecniche per la valutazione preliminare della qualita'
dell'aria ambiente, i criteri per l'elaborazione del piano e dei
programmi di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto
1999, n. 351" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 novembre 2002, n.
272.
- Il testo dell'art. 2, comma 1, lettera h) e dell'art. 8, comma 1, del
decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 "Attuazione integrale della
direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate
dell'inquinamento", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 aprile 2005,
n. 93, supplemento ordinario, e' il seguente:
"Art. 2 (Definizioni). - 1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) - g) (omissis);
h) norma di qualita' ambientale: la serie di requisiti, inclusi gli
obiettivi di qualita', che sussistono in un dato momento in un
determinato ambiente o in una specifica parte di esso, come stabilito
nella normativa vigente in materia ambientale;".
"Art. 8 (Migliori tecniche disponibili e norme di qualita' ambientale).
- 1. Se, a seguito di una valutazione dell'autorita' competente, che
tenga conto di tutte le emissioni coinvolte, risulta necessario
applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure piu'
rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al
fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualita'
ambientale, l'autorita' competente puo' prescrivere nelle autorizzazioni
integrate ambientali misure supplementari particolari piu' rigorose,
fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare
le norme di qualita' ambientale.".
- Il testo dell'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281
"Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza
permanente per i rapporto tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano ed unificazione, per le materie ed i
compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni,
con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali", pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 30 agosto 1997, n. 202, e' il seguente:
"Art. 8 (Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e Conferenza
unificata). - 1. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e'
unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni,
delle province, dei comuni e delle comunita' montane, con la Conferenza
Stato-regioni.
2. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e' presieduta dal
Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro
dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali nella materia di
rispettiva competenza; ne fanno parte altresi' il Ministro del tesoro e
del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle
finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanita', il
presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il
presidente dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente
dell'Unione nazionale comuni, comunita' ed enti montani - UNCEM. Ne
fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei
presidenti di provincia designati dall'UPI. Dei quattordici sindaci
designati dall'ANCI cinque rappresentano le citta' individuate dall'art.
17 della legge 8 giugno 1990, n. 142, Alle riunioni possono essere
invitati altri membri del Governo, nonche' rappresentanti di
amministrazioni statali, locali o di enti pubblici.
3. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e' convocata almeno
ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la
necessita' o qualora ne faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI
o dell'UNCEM.
4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 e' convocata dal Presidente
del Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del
Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari
regionali o, se tale incarico non e' conferito, dal Ministro
dell'interno.".
Art. 2.
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si applicano le seguenti
definizioni:
a) aria ambiente: l'aria esterna presente nella troposfera, ad
esclusione di quella presente nei luoghi di lavoro;
b) inquinante: qualsiasi sostanza immessa direttamente o indirettamente
dall'uomo nell'aria ambiente che puo' avere effetti dannosi sulla salute
umana o sull'ambiente nel suo complesso;
c) livello: concentrazione nell'aria ambiente di un inquinante o
deposito di questo su una superficie in un dato periodo di tempo;
d) valore obiettivo: concentrazione nell'aria ambiente stabilita al fine
di evitare, prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana e per
l'ambiente, il cui raggiungimento, entro un dato termine, deve essere
perseguito mediante tutte le misure a tale fine necessarie che non
comportano costi sproporzionati;
e) deposizione totale: massa totale di sostanze inquinanti che, in una
data area e in un dato periodo, e' trasferita dall'atmosfera al suolo,
alla vegetazione, all'acqua, agli edifici e a qualsiasi altro tipo di
superficie;
f) zona: parte del territorio nazionale delimitata ai sensi e ai fini
del presente decreto;
g) agglomerato: zona con una popolazione superiore a 250.000 abitanti o,
se la popolazione e' pari o inferiore a 250.000 abitanti, con una
densita' di popolazione per km2 tale da richiedere, secondo la regione
competente per territorio, l'applicazione delle disposizioni del
presente decreto riferite agli agglomerati;
h) area di superamento: area, ricadente all'interno di una zona o di un
agglomerato, nella quale e' stato rilevato il superamento del valore
obiettivo; tale area e' individuata sulla base della rappresentativita'
[spaziale](*) delle misurazioni fisse o indicative o sulla
base(**) dei modelli di
diffusione degli inquinanti;
i) misurazioni fisse: misurazioni dei livelli degli inquinanti
effettuate in stazioni ubicate presso siti fissi di campionamento
continuo o discontinuo, eccettuate le misurazioni indicative;
l) misurazioni indicative: misurazioni dei livelli degli inquinanti
effettuate con una regolarita' ridotta, alle condizioni stabilite
nell'allegato IV, sezione I, in stazioni ubicate presso siti fissi di
campionamento o mediante laboratori mobili o, in relazione al mercurio,
metodi di misura manuali come le tecniche di campionamento diffusivo;
m) idrocarburi policiclici aromatici: composti organici con due o piu'
anelli aromatici fusi, formati interamente da carbonio e idrogeno;
n) mercurio gassoso totale: vapore di mercurio elementare (Hg^0) e
mercurio gassoso reattivo.
(*) N.d.R.: Termine soppresso dal d.lgs. n. 120 del 26 giugno 2008 (pubblicato nella G.U. n. 162 del 12-7-2008)
(**) N.d.R.:
Comma così modificato dal d.lgs. n. 120 del 26 giugno 2008 (pubblicato
nella G.U. n. 162 del 12-7-2008)
Art. 3.
Perseguimento del valore obiettivo
1. L'allegato I stabilisce i valori obiettivo relativi all'arsenico,
al cadmio, al nichel ed al benzo(a)pirene.
2. Le regioni e le province autonome individuano, sulla base delle
valutazioni effettuate ai sensi dell'articolo 4, le zone e gli
agglomerati in cui i livelli degli inquinanti di cui al comma 1 sono
inferiori al rispettivo valore obiettivo. In tali zone e agglomerati le
regioni e le province autonome assicurano che i livelli di detti
inquinanti si mantengano inferiori al rispettivo valore obiettivo e si
adoperano per mantenere il migliore stato di qualita' dell'aria
compatibilmente con le esigenze dello sviluppo sostenibile.(*)
3. Le regioni e le province autonome individuano, sulla base
delle valutazioni effettuate ai sensi delle(**)
disposizioni dell'articolo 4, le zone e gli agglomerati in cui i livelli
degli inquinanti di cui al comma 1 superano il rispettivo valore
obiettivo, evidenziando le aree di superamento e le fonti che
contribuiscono al superamento.
4. Nelle zone e negli agglomerati di cui al comma 3 le regioni e le
province autonome adottano, nei limiti delle risorse disponibili a
legislazione vigente, le misure che non comportano costi sproporzionati
necessarie a perseguire il raggiungimento del valore obiettivo entro il
31 dicembre 2012, con priorita' per le misure che intervengono sulle
principali fonti di emissione. Il perseguimento del valore obiettivo non
comporta, per gli impianti soggetti al decreto legislativo 18 febbraio
2005, n. 59, condizioni piu' rigorose di quelle connesse
all'applicazione delle migliori tecniche disponibili.
5. Per i livelli del benzo(a)pirene nelle aree urbane elencate nel
decreto del Ministro dell'ambiente in data 25 novembre 1994, i commi 2 e
3 si applicano con riferimento all'obiettivo di qualita' definito e
individuato dagli allegati II e IV di tale decreto. In tali aree urbane,
le regioni e le province autonome adottano, in caso di superamento
dell'obiettivo di qualita', un piano di risanamento, al quale si
applicano le disposizioni contenute nel decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio 1° ottobre 2002, n. 261, e,
in caso di rischio di superamento dell'obiettivo di qualita', un piano
di azione ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 4 agosto
1999, n. 351. Se tali aree urbane coincidono anche in parte con le zone
e gli agglomerati individuati ai sensi degli articoli 7, 8 e 9 del
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le regioni e le province
autonome possono adottare piani integrati.
(*) N.d.R.:
Comma così sostituito dal d.lgs. n. 120 del 26 giugno 2008 (pubblicato
nella G.U. n. 162 del 12-7-2008)
(**) N.d.R.: Comma così modificato dal d.lgs. n. 120 del 26 giugno 2008
(pubblicato nella G.U. n. 162 del 12-7-2008)
Note all'art. 3:
- Per i riferimenti al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, si
vedano le note alle premesse.
- Il decreto del Ministro dell'ambiente 25 novembre 1994 (aggiornamento
delle norme tecniche in materia di limiti di concentrazione e di livelli
di attenzione e di allarme per gli inquinanti atmosferici nelle aree
urbane e disposizioni per la misura di alcuni inquinanti di cui al
decreto ministeriale 15 aprile 1994), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 13 dicembre 1994, n. 290, supplemento ordinario.
- Per i riferimenti al decreto del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio 1" ottobre 2002, n. 261, si vedano le note alle
premesse.
- Il testo delle articoli 7, 8 e 9 del citato decreto legislativo 4
agosto 1999, n. 351, e' il seguente:
"Art. 7 (Piani d'azione). - 1. Le regioni provvedono, sulla base della
valutazione preliminare di cui all'art. 5, in prima applicazione, e,
successivamente, sulla base della valutazione di cui all'art. 6, ad
individuare le zone del proprio territorio nelle quali i livelli di uno
o piu' inquinanti comportano il rischio di superamento dei valori limite
e delle soglie di allarme e individuano l'autorita' competente alla
gestione di tali situazioni di rischio.
2. Nelle zone di cui al comma 1, le regioni definiscono i piani d'azione
contenenti le misure da attuare nel breve periodo, affinche' sia ridotto
il rischio di superamento dei valori limite e delle soglie di allarme.
3. I piani devono, a seconda dei casi, prevedere misure di controllo e,
se necessario, di sospensione delle attivita', ivi compreso il traffico
veicolare, che contribuiscono al superamento dei valori limite e delle
soglie di allarme.".
"Art. 8 (Misure da applicare nelle zone in cui i livelli sono piu' alti
dei valori limite). - 1. Le regioni provvedono, sulla base della
valutazione preliminare di cui all'art. 5, in prima applicazione, e,
successivamente, sulla base della valutazione di cui all'art. 6, alla
definizione di una lista di zone e di agglomerati nei quali:
a) i livelli di uno o piu' inquinanti eccedono il valore limite
aumentato del margine di tolleranza;
b) i livelli di uno o piu' inquinanti sono compresi tra il valore limite
ed il valore limite aumentato del margine di tolleranza.
2. Nel caso che nessun margine di tolleranza sia stato fissato per uno
specifico inquinante, le zone e gli agglomerati nei quali il livello di
tale inquinante supera il valore limite, sono equiparate alle zone ed
agglomerati di cui al comma 1, lettera a).
3. Nelle zone e negli agglomerati di cui al comma 1, le regioni adottano
un piano o un programma per il raggiungimento dei valori limite entro i
termini stabiliti ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettera c). Nelle zone
e negli agglomerati in cui il livello di piu' inquinanti supera i valori
limite, le regioni predispongono un piano integrato per tutti gli
inquinanti in questione.
4. I piani e programmi, devono essere resi disponibili al pubblico e
agli organismi di cui all'art. 11, comma 1, e riportare almeno le
informazioni di cui all'allegato V.
5. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro
della sanita', sentita la Conferenza unificata, entro dodici mesi dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti i criteri
per l'elaborazione dei piani e dei programmi di cui al comma 3.
6. Allorche' il livello di un inquinante e' superiore o rischia di
essere superiore al valore limite aumentato del margine di tolleranza o,
se del caso, alla soglia di allarme, in seguito ad un inquinamento
significativo avente origine da uno Stato dell'Unione europea, il
Ministero dell'ambiente, sentite le regioni e gli enti locali
interessati, provvede alla consultazione con le autorita' degli Stati
dell'Unione europea coinvolti allo scopo di risolvere la situazione.
7. Qualora le zone di cui ai commi 1 e 2 interessino piu' regioni, la
loro estensione viene individuata d'intesa fra le regioni interessate
che coordinano i rispettivi piani.".
"Art. 9 (Requisiti applicabili alle zone con i livelli inferiori ai
valori limite). - 1. Le regioni provvedono, sulla base della valutazione
preliminare di cui all'art. 5, in prima applicazione, e,
successivamente, sulla base dell'art. 6, alla definizione delle zone e
degli agglomerati in cui i livelli degli inquinanti sono inferiori ai
valori limite e tali da non comportare il rischio di superamento degli
stessi.
2. Nelle zone e negli agglomerati di cui al comma 1, le regioni adottano
un piano di mantenimento della qualita' dell'aria al fine di conservare
i livelli degli inquinanti al di sotto dei valori limite e si adoperano
al fine di preservare la migliore qualita' dell'aria ambiente
compatibile con lo sviluppo sostenibile secondo le direttive emanate con
decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della
sanita', sentita la Conferenza unificata.".
Art. 4.
Valutazione della qualita' dell'aria ambiente
1. L'allegato II stabilisce, nella sezione I, le soglie di
valutazione superiori e inferiori degli inquinanti e, nella sezione II,
i criteri per valutarne il superamento.
2. Nel caso in cui i dati previsti dall'allegato II, sezione II,
paragrafo 1, relativi ai livelli degli inquinanti di cui all'articolo 1,
non siano disponibili per tutto il territorio, le regioni e province
autonome effettuano, entro quattro mesi della data di entrata in vigore
del presente decreto, una valutazione preliminare della qualita'
dell'aria ambiente sulla base delle tecniche previste da tale sezione
II, paragrafo 2, e, per quanto pertinente, dall'allegato I del decreto
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 1° ottobre
2002, n. 261.
3. Successivamente al termine di cui al comma 2 le regioni e province
autonome effettuano la valutazione della qualita' dell'aria ambiente nei
modi previsti dai commi successivi.
4. Nelle zone e negli agglomerati in cui i livelli degli inquinanti di
cui all'articolo 1 superano la rispettiva soglia di valutazione
superiore, le misurazioni fisse sono obbligatorie e possono essere
completate da tecniche di modellizzazione per fornire un adeguato
livello di informazione circa la qualita' dell'aria ambiente.
5. Nelle zone e negli agglomerati in cui i livelli degli inquinanti di
cui all'articolo 1 sono compresi tra la rispettiva soglia di valutazione
inferiore e la rispettiva soglia di valutazione superiore o uguali a
tali soglie, le misurazioni fisse sono obbligatorie e possono essere
combinate con misurazioni indicative e tecniche di modellizzazione.
6. Il solo utilizzo di tecniche di modellizzazione o di stima obiettiva
e' ammesso nelle zone e negli agglomerati in cui i livelli degli
inquinanti di cui all'articolo 1 sono inferiori alla rispettiva soglia
di valutazione inferiore.
7. Le regioni e le province autonome provvedono, in conformita' alle
disposizioni dell'allegato II, sezione II, al riesame della
classificazione delle zone di cui ai commi 4, 5 e 6 almeno ogni cinque
anni e, comunque, in caso di significative modifiche di attivita' che
incidono in modo rilevante sulle concentrazioni degli inquinati di cui
all'articolo 1.
Nota all'art. 4:
- Il testo dell'allegato I del citato decreto ministeriale 1" ottobre
2002, n. 261, e' il seguente:
"Allegato I
(Direttive tecniche concernenti la valutazione preliminare)
Introduzione.
Obiettivo della valutazione preliminare della qualita' dell'aria e'
individuare in prima approssimazione le zone di cui agli articoli 7, 8 e
9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, al fine di stabilire il
regime di monitoraggio e la modalita' di gestione della qualita'
dell'aria.
Se sono disponibili misure rappresentative dei livelli degli
inquinamenti di cui all'art. 4 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
351, si passa alla fase di determinazione della distribuzione spaziale
delle concentrazioni, piu' avanti descritta, seguita dalla fase di
interpretazione dei dati pervenendo cosi' all'individuazione delle zone.
Nel caso in cui non siano disponibili misure rappresentative dei livelli
degli inquinanti di cui all'art. 4 del decreto legislativo 4 agosto
1999, n. 351, e' necessario effettuarle e integrare misure in siti fissi
con altre tecniche come metodi di misura indicativi, tecniche di stima
obiettiva [1] e modelli di diffusione e trasformazione degli inquinanti
in atmosfera. Le fasi successive della valutazione preliminare
riguardano, anche in questo caso, la determinazione della distribuzione
spaziale delle concentrazioni, piu' avanti descritta, seguita dalla fase
di interpretazione dei dati pervenendo cosi' all'individuazione delle
zone.
[1] Le tecniche di stima obiettiva (o misure obiettive) sono metodi
matematici per calcolare le concentrazioni da valori misurati in altre
locazioni e/o tempi, basati su conoscenze scientifiche della
distribuzione delle concentrazioni: un esempio e' l'interpolazione
lineare basata sull'ipotesi che l'andamento delle concentrazioni e'
sufficientemente uniforme. Un altro esempio e' un modello di dispersione
adattato per riprodurre concentrazioni misurate nel suo dominio.
1. Tecniche di valutazione che integrano le misure in siti fissi.
1.1. Metodi di misura indicativi.
I metodi di misura indicativi prevedono misure che sono generalmente
meno accurate di quelle fatte con il metodo di riferimento. Tecniche di
misure indicative basate sull'uso di un laboratorio mobile (o ogni altro
supporto alla misura mobile o trasportabile) e metodi di misura manuale,
come le tecniche di campionamento diffusivo in particolare, sono di
particolare interesse, a causa dei costi relativamente bassi e della
semplicita' delle operazioni in confronto con quanto necessario per il
funzionamento di stazioni di misure fisse.
1.1.1. Uso della tecnica di campionamento diffusivo. Il basso costo e la
facilita' di realizzazione di campagne di monitoraggio dell'aria
ambiente con la tecnica del campionamento diffusivo consentono
l'effettuazione d'indagini con un'elevata risoluzione spaziale (alta
densita' di campionamento).
La tecnica e' particolarmente adatta alla determinazione della
distribuzione di inquinanti su un'area estesa e per valutare livelli di
concentrazione integrati su periodi temporali abbastanza lunghi (valori
limite di lungo termine).
Valore limite di un breve periodo (medie orarie espresse in percentili)
possono essere derivati statisticamente, comparando le misure su lungo
periodo - ottenute dal campionamento diffusivo - con misure, effettuate
in luoghi simili e/o vicini, realizzate con strumentazione ad alta
risoluzione temporale. La metodologia del campionamento diffusivo puo'
essere usata per ottenere mappe di concentrazioni in aree estese, per
determinare aree di concentrazione massima ed eventualmente puo' essere
combinata con l'uso di laboratori mobili. Inoltre, puo' essere
utilizzata come metodo per l'ottimizzazione di reti di monitoraggio
fisse. Quando la metodologia del campionamento diffusivo e' utilizzata
per la valutazione preliminare devono essere compiute le seguenti
azioni:
1) individuazione delle principali sorgenti d'emissione;
2) costruzione di una griglia dell'area investigata, prendendo in
considerazione la densita' dei siti di campionamento;
3) selezione per ogni cella della griglia di un sito rappresentativo
della concentrazione di fondo, non direttamente influenzato da sorgenti
locali;
4) se importante, selezione di ulteriori siti di campionamento in
prossimita' di sorgenti d'inquinamento rilevanti;
5) installazione dei campionatori ed esposizione per un periodo
rappresentativo, considerando il tempo minimo di copertura temporale;
6) a supporto di controllo e assicurazione di qualita' delle misure
(QA/QC), si' raccomanda l'installazione di alcuni campionatori in
duplicato/triplicato per valutare la riproducibilita' delle
determinazioni. Campionatori non esposti ("bianco di campo") dovrebbero
essere maneggiati con le stesse modalita' dei campionatori esposti al
fine di stabilire l'effetto dello stoccaggio e del trasporto sul valore
di concentrazione misurato;
7) realizzazione delle analisi dei campionatori diffusivi in laboratorio
secondo le modalita' indicate dal produttore e calcolo dei livelli di
concentrazione;
8) calcolo della distribuzione dei livelli d'inquinamento per
interpolazione delle misure fatte in ciascuna cella della griglia di
campionamento. Le misurazioni effettuate in prossimita' di sorgenti
rilevanti (hot spot) non sono rappresentative di superfici estese,
quindi, non dovrebbero essere incluse nei calcoli per l'interpolazione;
9) rappresentazione grafica nella forma di carta topografica. Gli hot
spot sono indicati come un punto;
10) stime dei percentili comparando i dati con serie di dati ottenuti in
luoghi simili e/o vicini con strumentazione automatica;
11) confronto dei risultati con i valori limite.
Va assicurata una elevata qualita' dei dati, se possibile corrispondente
a quanto indicato nei decreti di cui all'art. 4 del decreto legislativo
4 agosto 1999, n. 351.
Ulteriori indicazioni sull'uso della tecnica di campionamento diffusivo
possono essere trovate nella documentazione di supporto al presente
allegato.
1.1.2. Uso di un laboratorio mobile per la valutazione di aree di
massima concentrazione.
I laboratori mobili o le stazioni di misura trasferibili usualmente
combinano i vantaggi dei metodi di misura automatici con la mobilita' e
flessibilita' d'utilizzo.
Per gli inquinanti per cui i sistemi automatici di misura non esistono o
non sono metodi ufficiali i laboratori mobili possono essere
equipaggiati con strumentazione non automatica in grado di eseguire il
prelievo del campione.
La durata, i periodi e la frequenza delle campagne di misura o dei
periodi di rilevamento dovranno essere fissati in modo da essere
rappresentativi del periodo di riferimento del valore limite (un ora,
ventiquattro ore, un anno).
L'area di massima concentrazione in una zona viene determinata
considerando la distribuzione delle sorgenti, le condizioni
meteoclimatiche locali e l'orografia.
Le tipologie delle sorgenti presenti in un'area sono molto importanti
quando si deve individuare il sito di misurazione.
L'impatto di sorgenti collocate in punti elevati (camini) e' spesso
difficile da misurare al livello del suolo perche' la direzione e la
velocita' del vento e la loro variazione con l'altezza modificano la
localizzazione dei massimi di concentrazione al livello del suolo.
Per il monitoraggio dell'inquinamento da vie di comunicazione, l'impatto
diminuisce con la distanza dalla strada ed il livello d'inquinamento
sara' in media proporzionale al volume di traffico.
Serie temporali di concentrazione orarie dovrebbero riflettere le
variazioni nell'intensita' del traffico. Le piu' alte concentrazioni per
periodi di ventiquattro ore dovrebbero verificarsi in aree dove la
strada corre parallela alla direzione piu' frequente del vento o dove la
curvatura della strada permette il rimescolamento di masse d'aria
provenienti da piu' direzioni.
Per il monitoraggio dell'inquinamento da sorgenti di uno specifico
territorio (un'area) il sito di misura dovrebbe essere scelto al centro
dell'area indagata e comunque dovrebbero essere evitati gli impatti da
sorgenti specifiche (es.: rifornimenti di carburante, piccoli
inceneritori, ecc.).
In situazioni complesse risultanti in un'alta variabilita' della
distribuzione spaziale dell'inquinante e' opportuno eseguire le
misurazioni in piu' punti.
Quando si applica la tecnica sopraddetta dovrebbero essere espletate le
seguenti azioni:
1) individuazione dell'area in cui s'ipotizza la massima concentrazione,
utilizzando misure pregresse o informazioni derivate da similitudine con
aree comparabili o inventari d'emissione o studi di modellistica. La
tecnica di campionamento diffusivo usata come un mezzo per determinare
la distribuzione spaziale degli inquinati, puo' essere una possibile
alternativa per la determinazione dell'area di massima concentrazione;
2) dalle serie temporali di misurazioni pregresse o da informazione
derivata da similitudine con aree comparabili, determinare il lasso di
tempo in cui e' probabile misurare il massimo livello d'inquinamento;
3) realizzazione delle misurazioni;
4) confronto dei risultati ottenuti con i valori e selezione del regime
di monitoraggio.
Va assicurata una elevata qualita' dei dati, se possibile corrispondente
a quanto indicato nei decreti di cui all'art. 4 del decreto legislativo
4 agosto 1999, n. 351.
Informazioni specifiche per gli inquinanti.
Il laboratorio mobile dovrebbe essere equipaggiato con un analizzatore
per ognuno degli inquinanti considerati.
Un laboratorio mobile puo' facilmente realizzare la misurazione
contemporanea di vari inquinanti, puo' costituire un mezzo di screening
per quegli inquinanti per cui tecniche d'analisi di basso costo non sono
disponibili (PM10, metalli pesanti ed I.P.A.).
1.1.3. Uso di un laboratorio mobile per il monitoraggio a griglia.
Un laboratorio mobile puo' essere utilizzato anche per valutare la
distribuzione spaziale di inquinanti su grandi aree.
Il monitoraggio su una griglia e' realizzato dividendo l'area
d'interesse in una griglia a maglia quadrata e misurando l'inquinamento
in ciascuna cella. Le misure sono realizzate per brevi periodi di tempo
a ciascuna intersezione delle linee della griglia e ripetute durante il
corso dell'anno.
Le date e le ore delle misure sono scelte in modo casuale ma comunque
tenendo in considerazione che devono essere equamente distribuite sui
mesi, giorni della settimana ed ore del giorno. E' opportuno fissare uno
schema di misura per cui le intersezioni adiacenti sulla griglia non
siano monitorate nello stesso giorno.
I valori singoli misurati ai quattro angoli di ciascuna cella sono usati
per calcolare il valore medio della concentrazione nella cella e per le
isoplete sull'area. I percentili possono essere stimati dalla
distribuzione di frequenza.
Il metodo non e' applicabile per la caratterizzazione di hot spot.
Quando la metodologia e' utilizzata per la valutazione preliminare
devono essere compiute le seguenti azioni:
1) costruzione della griglia sull'area d'indagine prendendo in esame la
densita' della griglia;
2) preparazione di uno schema di misurazione, scegliendo in modo casuale
nell'anno le date e le ore per le misurazioni, ma comunque tenendo in
considerazione che debbono essere equamente distribuite sui mesi, giorni
della settimana ed ore del giorno, inoltre, particolare attenzione deve
essere posta nel non far coincidere nello stesso giorno le misurazioni
sulle intersezioni adiacenti della griglia;
3) realizzazione delle misurazioni all'intersezione di ciascuna cella
della griglia;
4) calcolo delle medie annuali per ciascuna cella della griglia dai
singoli valori misurati alle intersezioni di cella;
5) costruzione di una mappa riportante le isoplete sull'area studiata;
6) stima dei percentili comparando i dati con serie estese di dati
ottenuti in siti simili con strumentazione automatica.
Va assicurata una elevata qualita' dei dati, se possibile corrispondente
a quanto indicato nei decreti di cui all'art. 4 del decreto legislativo
4 agosto 1999, n. 351.
1.2. Modelli.
In generale, i modelli di dispersione sono un utile strumento per:
ottenere campi di concentrazione anche in porzioni di territorio ove non
esistano punti di misura, o estendere la rappresentativita' spaziale
delle misure stesse;
ottenere informazioni sulle relazioni tra emissioni e immissioni
(matrici sorgenti-recettori) discriminando quindi fra i contributi delle
diverse sorgenti;
valutare l'impatto di inquinanti non misurati dalla rete di
monitoraggio;
studiare scenari ipotetici di emissioni alternativi rispetto al quadro
attuale o passato.
Il risultato della simulazione modellistica e' connotato da un certo
grado di incertezza che risulta dalla composizione dell'incertezza
intrinseca al modello (dovuta alla incapacita' di descrivere
perfettamente i fenomeni fisici) e di quella associata ai dati di
ingresso, in particolare alle emissioni e ai parametri meteoclimatici.
Una corretta applicazione modellistica necessita di una procedura
rigorosa di confronto con le misure, che consenta la verifica e la
taratura del modello. Questo punto presuppone un disegno ottimale della
rete di monitoraggio, sufficiente affidabilita', accuratezza e
rappresentativita' delle misure, e una buona conoscenza delle emissioni
delle sostanze inquinanti che influenzano la qualita' dell'aria, sia in
termini quantitativi che di distribuzione spaziale e temporale.
1.2.1. Caratteristiche generali dei modelli.
La scelta del modello o dei modelli da applicare deve essere effettuata
rispondendo, in successione, ad alcune domande di carattere generale.
Dapprima, deve essere correttamente definito lo scenario di
applicazione, cioe' l'insieme degli elementi caratteristici del problema
che consentono di individuare la categoria di modelli appropriata: scala
spaziale e temporale, complessita' territoriale, orografica e
meteoclimatica dell'area, tipologia delle sorgenti di emissione,
sostanze inquinati da considerare (in particolare, se soggette a
reazioni chimiche o no). In seconda battuta, si devono verificare, in
dettaglio, i requisiti delle uscite che si desiderano dal modello e la
disponibilita' di tutti i dati di ingresso necessari e delle risorse
hardware e software, e procedere quindi alla selezione del modello piu'
opportuno.
Per quanto riguarda la scala spaziale, si dovranno considerare anzitutto
i modelli in grado di riprodurre efficacemente i fenomeni che, alla
scala locale o alla microscala (per esempio, in un canyon urbano)
determinano i valori di inquinamento piu' alti, da confrontare con gli
standard di qualita'. D'altra parte, gli stessi fenomeni hanno, in molti
casi, origini e caratteristiche a scala piu' grande, per cui puo' essere
opportuno l'uso di un modello a mesoscala a elevata risoluzione o l'uso
di piu' modelli in cascata (nested) con estensione decrescente e
risoluzione crescente.
Per quanto riguarda la scala temporale, partendo dai tempi di
riferimento e dal tipo di indicatore contemplato dalla normativa,
occorre fare ricorso sia a modelli di "breve periodo", in grado cioe' di
simulare episodi di inquinamento atmosferico intenso, sia a modelli di
"lungo periodo", in grado di stimare gli indicatori da confrontare con
gli standard di qualita' che hanno periodo di riferimento di un anno.
Per contemperare le due esigenze e' auspicabile disporre di serie
temporali significative di dati meteorologici, e di modelli in grado di
calcolare la serie temporale dei campi di concentrazione in aria. Da
quest'ultima e' poi possibile ricavare la distribuzione spaziale degli
indicatori da confrontare con gli standard di qualita' della sostanza
inquinante considerata. Un indicatore e' definito, in generale, dal
parametro statistico (media, percentile, ecc.), dal tempo di media (o di
campionamento) e dal periodo di riferimento. La valutazione della
complessita' dell'area su cui si effettua la valutazione deve tenere
conto delle caratteristiche orografiche del territorio, di
disomogeneita' superficiali (discontinuita' terra-mare, citta-campagna,
acque interne) e condizioni meteo-diffusive non omogenee (calma di vento
negli strati bassi della troposfera, inversioni termiche eventualmente
associate a regimi di brezza); l'uso di modelli analitici (gaussiani e
non) si considera generalmente appropriato nel caso di siti non
complessi, mentre qualora le disomogeneita' spaziali e temporali siano
rilevanti per la dispersione, e' opportuno ricorrere all'uso di modelli
numerici tridimensionali, articolati in un preprocessore meteorologico
(dedicato principalmente alla ricostruzione del campo di vento) e in un
modello di diffusione.
I modelli devono ovviamente includere un modulo di trasformazione
chimica qualora si debba simulare il comportamento di inquinanti
reattivi in atmosfera e la formazione di inquinanti secondari.
Anche la tipologia delle principali sorgenti di emissione determina la
categoria di modelli da prendere in considerazione. Per sorgenti
puntuali, lineari e areali in un numero limitato e riconducibili a
geometrie standard, possono essere impiegati modelli analitici e
lagrangiani a particelle. Nel caso piu' generale di un insieme di
sorgenti puntuali e diffuse sul territorio, occorre partire da un
inventario delle emissioni su grigliato regolare alla risoluzione
opportuna, che viene normalmente accoppiato a un modello di dispersione
euleriano.
In via preliminare puo' essere vantaggioso valutare l'esistenza di
condizioni critiche per la qualita' dell'aria attraverso modelli basati
su ipotesi conservative, che cioe' per loro natura generalmente
sovrastimano le concentrazioni in aria. In questo contesto i modelli
sono applicati per valutazioni di breve periodo calcolate su una
casistica di possibili condizioni meteorologiche, senza tenere conto
delle reali frequenze di occorrenza sul territorio di interesse. I
valori di picco cosi' ottenuti vengono sommati al livello del fondo,
misurato o stimato, e la somma risultante confrontata con il valore
limite della qualita' dell'aria per l'inquinante in esame. Se i valori
cosi' calcolati sono al di sotto del valore limite il territorio in
esame puo' essere ritenuto non critico e non e' necessaria
l'applicazione di modelli piu' complessi o l'utilizzo di dati di
ingresso piu' raffinati. Nei casi in cui si disponga dei dati
meteorologici appropriati, questi modelli possono rappresentare l'unico
approccio possibile. Ulteriori indicazioni relative alle caratteristiche
generali dei modelli possono essere trovate nella documentazione di
supporto al presente allegato.
1.2.2. Procedura di applicazione dei modelli.
Una procedura di applicazione dei modelli per la valutazione della
qualita' dell'aria puo' essere schematizzata nei seguenti passi.
1. Definizione chiara dell'obiettivo, cioe' dell'informazione che ci si
attende dall'applicazione dei modelli, a integrazione dell'informazione
che proviene dalle misure. Cio' implica la definizione dei seguenti
elementi dello scenario: le dimensioni dell'area su cui sono attesi i
risultati del modello; la risoluzione spaziale (cioe' la distanza minima
per la quale il modello e' in grado di calcolare variazioni spaziali
significative del campo di concentrazione); le sostanze inquinanti da
prendere in considerazione; l'indicatore di qualita' dell'aria che si
vuole stimare (il tempo di media determina anche la risoluzione
temporale del modello, cioe' l'intervallo di tempo che intercorre tra
due campi di concentrazione consecutivi calcolati dal modello); la
tipologia e la quantita' delle sorgenti di emissione da considerare.
2. Ricerca e raccolta di tutti i dati necessari o utili alla simulazione
modellistica: dati territoriali (cartografia, orografia, uso del
territorio); dati meteorologici (osservazioni da stazioni meteorologiche
standard, parametri micrometeorologici, dati telerilevati, campi di
variabili meteorologiche calcolati con modelli a elevata risoluzione);
dati di emissione (localizzazione e quantificazione delle emissioni nel
caso di sorgenti specifiche, inventario delle emissioni nel caso di
sorgenti numerose e diffuse); concentrazioni in aria degli inquinanti
(da reti di monitoraggio o da campagne sperimentali), anche al fine di
determinare le condizioni al contorno degli inquinanti che vengono
trasportati all'interno del dominio di calcolo.
3. Identificazione della categoria di modelli appropriata per
raggiungere l'obiettivo di cui al punto 1, e in grado di utilizzare al
meglio i dati di cui al punto 2. Essa puo' variare dai modelli analitici
"a pennacchio" per una sorgente puntiforme che emette una sostanza
chimicamente inerte a scala locale su terreno piatto, ai modelli
euleriani di trasporto, diffusione e trasformazione chimica accoppiati a
un inventario delle emissioni a elevata risoluzione, per il caso piu'
generale. Valutazione delle risorse necessarie e disponibili rispetto
alla categoria di modelli identificata, in termini di risorse hardware,
di tempo e umane, esperienza nell'uso dei modelli, tipo e quantita' di
dati necessari. Se la valutazione da' complessivamente esito negativo e
non e' possibile intraprendere ulteriori azioni per rendere possibile
l'applicazione modellistica, rivedere l'obiettivo al punto 1 e
conseguentemente il punto 2.
4. Predisposizione di tutti i dati di ingresso nel formato necessario ed
esecuzione del modello. Calcolo degli indicatori da confrontare con gli
standard di qualita' e con le misure disponibili.
5. Valutazione critica dei risultati del modello, verificandone anche la
congruenza con eventuali misure disponibili; valutazione
dell'accuratezza e dell'incertezza dei risultati, anche attraverso il
calcolo di indicatori statistici standard di performance dei modelli. Se
l'esito e' insoddisfacente, passare al punto 7.
6. Utilizzo dei risultati. Tracciatura di mappe relative al territorio
in esame per ogni indicatore e per ogni inquinante anche non monitorato
dalla rete; valutazione dell'influenza dei diversi comparti emissivi sui
livelli di inquinamento e valutazione percentuale delle interferenze e
sovrapposizioni tra diverse sorgenti; rilievo della necessita' di misure
su aree di ricaduta segnalate dal modello e non monitorate; eventuale
ottimizzazione della rete di monitoraggio; predisposizione di
simulazioni con scenari emissivi generati da ipotesi di risanamento e
confronto quantitativo della loro efficacia.
7. Nuova definizione delle modalita' di esecuzione del modello,
attraverso una o piu' delle seguenti azioni. Modifica di
parametrizzazioni del modello rivelatesi inadeguate; sostituzione o
integrazione di dati di ingresso risultati insufficienti o inadeguati,
con particolare riguardo all'inventario delle emissioni; svolgimento di
campagne sperimentali ad hoc finalizzate alla raccolta di misure in aree
segnalate come critiche dal modello, e non monitorate; scelta di un
modello alternativo e ripetizione dei passi 3-6.
1.2.6. Incertezza delle stime effettuate con i modelli. Si possono
elencare almeno quattro elementi di difficolta' nel confronto tra misure
di concentrazione in aria e stime ottenute con i modelli:
le stime dei modelli rappresentano generalmente valori medi su un volume
definito in relazione alla risoluzione spaziale del modello, e su un
intervallo di tempo definito dalla frequenza delle osservazioni
meteorologiche e dei dati di emissione, mentre le misure sono puntuali e
relative a intervalli di tempo non necessariamente uguali a quelli del
modello;
le misure sono affette a loro volta da errori ed incertezze;
il modello rappresenta comunque la realta' dei fenomeni fisici con un
certo grado di approssimazione e di inaccuratezza;
errori e incertezze nei dati e nei parametri di ingresso ai modelli
influenzano i risultati dei modelli.
L'incertezza da associare alle stime prodotte dai modelli andrebbe
determinata caso per caso sulla base della natura della grandezza da
stimare (l'incertezza sui valori massimi o sul 98" percentile di una
distribuzione puo' essere molto diverso da quello sul valore medio
annuo), della complessita' territoriale e meteoclimatica dello scenario,
delle dimensioni del dominio di calcolo, e delle caratteristiche delle
emissioni. Sulla base delle esperienze piu' frequenti di applicazioni e
di validazione dei modelli, e tenendo anche presente alcune peculiarita'
geografiche e meteoclimatiche del territorio italiano, che ne accrescono
l'incertezza, si puo' stimare orientativamente in un fattore due
l'incertezza tipica dei valori medi annui su un punto recettore, e
un'incertezza inferiore, di alcune decine di punti percentuali, se si
considera l'integrale delle concentrazione sulla superficie.
Vanno in linea generale raggiunti livelli di qualita' dei dati, se
possibile, analoghi a quelli indicati nei decreti di cui all'art. 4 del
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351.
Per quanto riguarda i metodi statistici per valutare l'accuratezza di un
modello attraverso il confronto dei suoi risultati con un set di misure
di riferimento, si puo' fare riferimento all'annesso 2 del rapporto
europeo "Guidance report on preliminary assessment under EC air quality
directives".
1.2.3. Fonti di informazione.
Informazioni sui modelli e codici disponibili possono essere trovati
nella biblioteca dell'EPA (U.S. Environment Protection Agency - sito:
htpp://www.epa.gov/scram001), che contiene in maggioranza modelli
gaussiani, o al CARB (California Air Research Board - sito:
http://www.arb.ca.gov/homepage.htm) che presenta un'ottima scelta di
modelli per il trattamento delle reazioni chimiche degli inquinanti in
atmosfera. Inoltre in ambito europeo si puo' fare riferimento allo
European Topic Centre on Air Quality dell'Agenzia europea dell'ambiente
(sito: http://www.etcaq.rivm.nl), che tra l'altro predispone, organizza
e aggiorna una "banca modelli" (MDS - Model Documentation System)
accessibile all'indirizzo http://aix.meng.auth.gr/lhtee/database.html,
attraverso la quale si ha una descrizione delle caratteristiche di piu'
di ottanta modelli, e informazioni sulla loro disponibilita'.
Da alcuni anni si tiene una serie di conferenze (International
Conference on Harmonisation within Atmospheric Dispersion Modelling for
Regualatory Purposes, giunta quest'anno alla stessa edizione)
originariamente dedicate alla definizione e applicazione di criteri
standard di validazione, al fine di pervenire a una armonizzazione dei
modelli regolatori. In questo ambito, e' stato messo a punto un model
evaluation kit (Olesen, 1997) che contiene alcuni set di dati
sperimentali e alcune routines per la validazione mediante indicatori
statistici standard di perfomance dei modelli.
L'ANPA, attraverso il Centro tematico nazionale atmosfera clima
emissioni (CTN-ACE) ha realizzato sul sito web www.sinanet. anpa.it
(percorso: aree tematiche &62; qualita' dell'aria &62; modellistica),
alcune pagine in cui sono presentati criteri di guida alla scelta di
modelli di dispersione degli inquinanti atmosferici; il sito contiene
anche la documentazione disponibile per alcuni modelli selezionati,
sulla base di una rassegna delle principali esperienze di utilizzo dei
modelli effettuate in Italia. Ulteriori indicazioni sui modelli possono
essere trovate nella documentazione di supporto al presente allegato.
2. Determinazione della distribuzione spaziale delle concentrazioni.
Nel seguito si descrivono alcune possibili modalita' di generalizzazione
spaziale dei livelli misurati.
2.1. Misure + interpretazione.
Si usa quando le misure fisse sono la sola sorgente di informazione e si
assume che la rete copra e sia rappresentativa dell'intero territorio.
In questi casi i metodi di misura della concentrazione devono essere
combinati con una accurata strategia di macro-siting, in cui la
rappresentativita' spaziale delle stazioni e' ben documentata e la
copertura spaziale della rete e' assicurata. Le misure indicative
possono essere usate per supplementare l'informazione fornita dalle
misure fisse per la determinazione della distribuzione spaziale delle
concentrazioni. Il loro costo relativamente basso permette il loro
utilizzo per misurare la qualita' dell'aria in numerosi siti e valutare
la distribuzione degli inquinanti in una data area. Mappe delle
concentrazioni degli inquinanti possono essere ottenute interpolando le
misure. La combinazione misure + interpretazione puo' essere usata per
la mappatura di inquinanti dell'aria in un'area in particolare per le
seguenti applicazioni: valutare i superamenti dei valori limite
dell'area e popolazione esposta; dare supporto per la definizione di
zone; classificazione di un territorio in aree di omogenea qualita'
dell'aria; progettazione e ottimizzazione della rete di rilevamento;
aiutare nella validazione di modelli matematici e nel controllo
dell'efficacia di misure di abbattimento.
2.2. Misure + tecniche di stima obiettiva.
Per stima obiettiva si intende la valutazione della qualita' dell'aria
tramite metodi matematici per calcolare le concentrazioni da valori
misurati in altre locazioni e/o tempi, basati su conoscenze scientifiche
della distribuzione delle concentrazioni. Anche questo approccio fa
riferimento ai risultati del monitoraggio ma il processo di
generalizzazione e' piu' elaborato.
Un metodo comune per generalizzare i dati misurati in un punto e'
l'interpolazione spaziale. Questa tecnica e' utile per aree uniformi con
gradienti di concentrazione uniformi tra le stazioni, ma variazioni a
piccola scala tra stazioni non possono essere identificate. E' usata per
la distribuzione a larga scala (livello continentale, rurale) e talvolta
anche per urban background. Dalle mappe prodotte, possono essere desunte
statistiche spaziali. L'interpolazione e' migliorata usando relazioni
tra i livelli di inquinamento dell'aria e le caratteristiche
geografiche. L'approccio di usare le caratteristiche locali per traslare
le concentrazioni misurate in altre locazioni puo' anche essere usato
per la descrizione di insiemi di situazioni simili a piccola scala come
strade o dintorni di certi tipi di piccole imprese per i quali non e'
utile dare mappe individuali dettagliate. Per parametri chiave
selezionati (riguardo alla dimensione delle sorgenti, condizioni
meteorologiche, configurazione) e' possibile stabilire relazioni
empiriche con i livelli di qualita' dell'aria il che permette di
valutare i livelli di inquinamento in locazioni simili. Queste tecniche
usano i parametri chiave per le interpolazioni invece delle distanze
fisiche in caso di interpolazione spaziale. Quando le relazioni tra i
livelli di qualita' dell'aria e le caratteristiche locali hanno una
grande quantita' di dettagli possono essere considerate insieme come
costituenti un modello. I modelli costruiti da relazioni empiriche
tendono ad essere semplici, mentre i modelli basati su processi di
informazioni fisiche, chimiche e tecnologiche possono variare da
semplici a complessi. Ma anche nei modelli complessi, alcuni parametri
dei modelli di cui non si conosce a priori il valore esatto possono
essere scelti per adattare i risultati del modello alle misure. Queste
procedure di adattamento dei modelli possono dare una mappa dettagliata
o rassegne statistiche dei livelli di concentrazione. Questa procedura
non tiene in conto l'incertezza dei risultati misurati. In alcune
variazioni il modello puo' essere aggiustato per riprodurre esattamente
i dati chiave misurati (interpolazione intelligente) ma in generale i
risultati dei modelli adattati non sono identici ai dati misurati.
2.3. Modellistica.
Quando i livelli di concentrazione sono calcolati da un modello validato
si ha un'idea dell'accuratezza dei risultati. Questa idea tende a essere
migliore per modelli che sono stati validati nelle stesse aree dove si
applicano. Spesso i modelli usati sono stati validati in altre aree, con
condizioni a volte considerevolmente differenti (emissioni, topografia,
clima) da quelle prevalenti nell'area considerata. Poiche' non solo
l'affidabilita' del modello di dispersione, ma anche la qualita' delle
emissioni e i parametri di input di dispersione possono essere
differenti, una valutazione dell'incertezza dei risultati del modello
puo' includere la validazione locale. Una validazione completa dovrebbe
in principio anche includere una delineazione dei limiti di
applicabilita' del modello.
3. Interpretazione dei dati ai fini della definizione delle zone.
Allorche' si utilizzano modelli ai fini della valutazione preliminare
della qualita' dell'aria e' necessario considerare la possibilita' che
le eccedenze dei valori limite siano valutate attraverso l'uso di
modelli. E' importante considerare che le misure hanno un valore diverso
dai risultati ottenuti con modelli o altre tecniche matematiche. La
possibilita' che un modello calcoli un massimo che la misura non coglie
non e' del tutto improbabile e questo rende piu' complessa
l'interpretazione degli andamenti delle concentrazioni. Per questi casi
si danno le seguenti raccomandazioni:
1) se misure di alta qualita' mostrano eccedenze, e non i modelli,
l'area di riferimento viene considerata in superamento;
2) nel caso in cui il monitoraggio non evidenzi eccedenze mentre i
modelli le evidenzino deve essere tenuto in considerazione quanto segue:
a) in prima approssimazione, i modelli sono meno accurati, almeno nella
maggior parte dei casi, delle misure. Il superamento calcolato dal
modello dovrebbe essere confermato da misure fisse di alta qualita';
b) d'altra parte non e' possibile misurare ovunque mentre i limiti si
applicano anche dove non ci sono siti di misura fissi;
c) e' importante che l'affidabilita' dei modelli utilizzati sia elevata
al fine di considerare un massimo individuato dai modelli e non dal
monitoraggio per valutare il superamento o meno dei livelli di
concentrazione.
4. Zonizzazione.
Il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, stabilisce che le regioni
devono suddividere il loro territorio in zone ai fini della gestione
della qualita' dell'aria (dove il termine zona include gli agglomerati
intesi come un particolare tipo di zona). Nel definire un sistema di
zone si deve perseguire il piu' possibile il soddisfacimento
contemporaneo dei criteri di idoneita' per la gestione della qualita'
dell'aria e di quelli per la valutazione della qualita' dell'aria.
Quando si considera la possibilita' di combinare delle aree territoriali
in zona, deve essere dato debito riguardo alle similarita' nella
qualita' dell'aria. E' pero' importante notare che le zone devono
primariamente essere guardate come territori amministrativi per i quali
il decreto legislativo n. 351 del 1999 definisce obblighi (per la
valutazione, il reporting e la gestione). Quando si designano le zone
l'obiettivo principale e' assicurare un buon collegamento con le azioni
da intraprendere; questo viene generalmente soddisfatto nel modo
migliore quando si associano le zone alle aree amministrative e quando
vengono fornite al pubblico in modo efficace le informazioni sulle
azioni intraprese.
Per arrivare ad un sistema di zone soddisfacente e' utile seguire il
seguente processo di designazione delle zone. Tutti i parametri
rilevanti della qualita' dell'aria (medie annuali, superamenti di valori
orari o giornalieri, ecc.) devono essere presi in considerazione.
Successivamente viene fatto un tentativo per identificare aree con
caratteristiche simili di qualita' dell'aria, in termini di superamenti,
tipi di sorgenti emissive, caratteristiche climatologiche o
topografiche. Il quadro della qualita' dell'aria che ne deriva viene
quindi proiettato su una mappa del territorio delle amministrazioni
locali con competenze relative al controllo delle sorgenti emissive.
Prendendo i confini delle amministrazioni locali come possibili limiti
delle zone, vengono ricercate le combinazioni dei territori
amministrativi che hanno caratteristiche simili di qualita' dell'aria.
Nel seguito vengono indicati alcuni principi di riferimento:
le zone sono in definitiva aree che in termini pratici consistono di uno
o piu' comuni o province o loro combinazioni;
i confini delle zone devono essere costanti nel tempo ed eventuali
variazioni devono essere formalizzate a seguito di comprovate modifiche
della qualita' dell'aria;
il territorio deve essere suddiviso in zone specificando le aree
amministrative o suddiviso in base a confini individuati sulla base di
precisi punti di riferimento geografici.
Le condizioni da tenere presente nel processo di individuazione delle
zone sono le seguenti:
definire le zone quanto piu' possibile come aree amministrative
omogenee;
raggruppare aree amministrative con caratteristiche di qualita'
dell'aria omogenee in un'unica zona;
aree non adiacenti, ad esempio due citta' di medie dimensioni, possono
essere raggruppate in una singola zona;
non e' raccomandato raggruppare un agglomerato isolato di piu' di
250.000 abitanti con altre aree;
le esigenze di valutazione per gli agglomerati e per le zone non
agglomerati sono un po' diverse: per inquinanti per i quali e' stata
posta una soglia di allarme, come SO2 e NO2 le misure sono obbligatorie
negli agglomerati, non in molte zone;
un'area estesa senza problemi di qualita' dell'aria potrebbe essere
designata come una unica zona;
non e' raccomandato includere in agglomerati significative aree che non
sono costruite;
e' raccomandato considerare un'ampia conurbazione di, ad esempio, un
milione di abitanti come un agglomerato e non dividerlo in diversi
agglomerati piu' piccoli;
se viene ritenuto piu' opportuno definire uno specifico insieme di zone
per un particolare inquinante, e' raccomandato di farlo suddividendo o
aggregando zone usate per altri inquinanti, mantenendo gli stessi
confini delle zone per quanto e' possibile;
la zonizzazione riferita ai valori limite per la protezione degli
ecosistemi o della vegetazione non necessariamente coincide con quella
riferita ai valori limite per la protezione della salute.".
Art. 5.
Stazioni di misurazione in siti fissi di campionamento
1. Alle stazioni di misurazione in siti fissi di campionamento si
applicano i criteri di ubicazione su macroscala, i criteri di ubicazione
su microscala e le procedure stabiliti dall'allegato III, sezioni II,
III e IV. I criteri previsti dall'allegato III, sezioni II e III, si
estendono a tutte le misurazioni indicative.
2. Nelle zone e negli agglomerati di cui all'articolo 4, commi 4 e 5,
nei quali le misurazioni fisse costituiscono l'unica fonte di
informazioni sulla qualita' dell'aria ambiente, deve essere assicurato
un numero minimo di stazioni di misurazione di ciascun inquinante di cui
all'articolo 1, comma 1, pari a quello previsto dall'allegato III,
sezione V.
3. Nelle zone e negli agglomerati diversi da quelli previsti al comma
2 il numero delle stazioni di misurazione e la risoluzione spaziale
delle tecniche di modellizzazione e di stima obiettiva devono risultare
sufficienti a rilevare la concentrazione degli inquinanti di cui
all'articolo 1, comma 1, conformemente alle previsioni dell'allegato III,
paragrafo II, e dell'allegato IV, paragrafo I.(*)
4. Al fine di verificare la costanza dei rapporti, nel tempo e nello
spazio, tra il benzo(a)pirene e gli altri idrocarburi policiclici
aromatici di rilevanza tossicologica, le regioni e le province autonome
assicurano, presso almeno sette stazioni di misurazione del
benzo(a)pirene presenti sul territorio nazionale, la misurazione di
benzo(a)antracene, benzo(b)fluorantene, benzo(j)fluorantene,
benzo(k)fluorantene, indeno(1,2,3-cd)pirene e dibenzo(a,h)antracene.
Tali stazioni sono scelte, con decreto del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministero della
salute e con la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, in modo da individuare le variazioni geografiche e
l'andamento a lungo termine delle concentrazioni. A tali stazioni di
misurazione si applicano i criteri e le procedure stabiliti
dall'allegato III, sezioni II, III e IV.
5. E' assicurata, presso almeno tre stazioni di misurazione di fondo
presenti sul territorio nazionale, la misurazione indicativa delle
concentrazioni nell'aria ambiente dell'arsenico, del cadmio, del nichel,
del benzo(a)pirene e degli altri idrocarburi policiclici aromatici di
cui al comma 4, nonche' della deposizione totale di tali inquinanti.
Tale misurazione indicativa ha altresi' ad oggetto le concentrazioni del
mercurio gassoso totale nell'aria ambiente e la deposizione totale del
mercurio. Sulla base di appositi accordi con altri Stati, nel rispetto
degli indirizzi forniti dalla Commissione europea, tali stazioni di
misurazione possono essere comuni a piu' Stati con riferimento a zone
confinanti.
6. Le stazioni di misurazione di cui al comma 5 sono scelte con decreto
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
d'intesa con il Ministero della salute e con la Conferenza unificata di
cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra le stazioni di
fondo presenti sul territorio nazionale, incluse quelle appartenenti
alla rete realizzata in sede di attuazione del programma denominato
"European monitoring and evaluation of pollutants" (EMEP). Tali stazioni
sono scelte in modo da individuare le variazioni geografiche e
l'andamento a lungo termine delle concentrazioni in aria ambiente e
delle deposizioni. A tali stazioni di misurazione si applica quanto
previsto dall'allegato III, sezioni II, III e IV. Con lo stesso decreto
ministeriale si individuano, tra le stazioni prescelte, quelle in cui si
effettua anche la misurazione indicativa del mercurio bivalente
particolato e gassoso.
7. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, di concerto con il Ministero della salute, sentita la
Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, sono disciplinate le modalita' di utilizzo dei bioindicatori per la
valutazione degli effetti degli inquinanti di cui all'articolo 1, comma
1, sugli ecosistemi.
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dal d.lgs. n. 120 del 26 giugno
2008 (pubblicato nella G.U. n. 162 del 12-7-2008)
Nota all'art. 5:
- Per i riferimenti al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, si
vedano le note alle premesse.
Art. 6.
Obiettivi di qualita' dei dati
1. Gli obiettivi di qualita' dei dati ottenuti dalle misurazioni
fisse, dalle misurazioni indicative, dalle tecniche di modellizzazione e
dalle tecniche di stima obiettiva sono stabiliti dall'allegato IV.
Art. 7.
Metodi di riferimento per la valutazione delle concentrazioni nell'aria
ambiente e dei tassi di deposizione
1. I metodi di riferimento per la valutazione delle concentrazioni
nell'aria ambiente e dei tassi di deposizione sono stabiliti
dall'allegato V.
Art. 8.
Comunicazione di informazioni
1. Per le zone e gli agglomerati individuati ai sensi dell'articolo
3, comma 3, le regioni e le province autonome trasmettono al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Agenzia
nazionale per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, di
seguito denominata APAT:
a) l'elenco di tali zone e agglomerati, con individuazione delle aree di
superamento;
b) i livelli di concentrazione degli inquinanti oggetto di valutazione;
c) le informazioni circa i motivi dei superamenti, con particolare
riferimento alle fonti;
d) le informazioni circa la popolazione esposta ai superamenti.
2. Le informazioni di cui al comma 1 sono trasmesse con cadenza annuale
entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello a cui si riferiscono e,
per la prima volta, con riferimento all'anno 2008(*).
3. Ai fini della trasmissione delle informazioni di cui al comma 1 si
osservano, ove gia' definite, le modalita' stabilite dalla Commissione
europea.
4. Le regioni e le province autonome comunicano tempestivamente al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare:
a) la documentazione relativa all'istruttoria effettuata al fine di
individuare le misure necessarie a perseguire il raggiungimento dei
valori obiettivo e di individuare, tra le stesse, quelle che non
comportano costi sproporzionati;
b) nei casi in cui l'istruttoria ha esito positivo, le misure adottate
ai sensi dell'articolo 3, comma 4;
c) piani di risanamento adottati ai sensi dell'articolo 3, comma 5.
5. La trasmissione delle informazioni di cui ai commi 1 e 4 e'
effettuata tramite supporto informatico non riscrivibile.
6. Le regioni e le province autonome trasmettono al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro quattro
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, informazioni
circa i metodi utilizzati per la valutazione preliminare di cui
all'articolo 4, comma 2. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare trasmette tempestivamente tali informazioni alla
Commissione europea.
7. L'APAT verifica la completezza e la correttezza dei dati pervenuti e
la conformita' del formato e trasmette gli esiti di tale verifica al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nei due
mesi successivi alla data di cui al comma 2.
8. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
trasmette alla Commissione europea e al Ministero della salute, nei tre
mesi successivi alla data prevista nel comma 2, le informazioni di cui
al comma 1 e l'elenco delle misure e dei piani di cui al comma 4
adottati nell'anno precedente.
8-bis. I dati
relativi ai livelli di concentrazione ed alle deposizioni di cui
all'articolo 5, commi 4 e 5, sono trasmessi dalle regioni e dalle
province autonome al Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare e all'APAT, secondo quanto previsto ai commi 2, 3,
5 e 7. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare provvede alla trasmissione di tali dati alla Commissione europea
secondo quanto previsto al comma 8(**)
(*) N.d.R.: Termine così prorogato dal d.lgs. n. 120 del 26 giugno 2008 (pubblicato nella G.U. n. 162 del 12-7-2008)
(**) N.d.R.:
Comma aggiunto dal d.lgs. n. 120 del 26 giugno 2008 (pubblicato nella
G.U. n. 162 del 12-7-2008)
Art. 9.
Informazione del pubblico
1. Le amministrazioni che esercitano, [anche in via delegata](*), le
funzioni previste dal presente decreto assicurano, nel rispetto del
decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, l'accesso del pubblico e la
diffusione al pubblico delle informazioni disponibili circa le
concentrazioni nell'aria ambiente e i tassi di deposizione di arsenico,
cadmio, mercurio, nichel, benzo(a)pirene, benzo(a)antracene,
benzo(b)fluorantene, benzo(j)fluorantene, benzo(k)fluorantene,
indeno(1,2,3-cd)pirene e dibenzo(a,h)antracene e circa le misure e i
piani di cui all'articolo 3, commi 4 e 5. Ai fini della diffusione al
pubblico si utilizzano strumenti di adeguata potenzialita' e di facile
accesso, quali radiotelevisione, stampa, pubblicazioni, pannelli
informativi e reti informatiche.
2. Le informazioni di cui al comma 1 indicano anche i superamenti
annuali dei valori obiettivo di cui all'articolo 3, comma 1, segnalando
i motivi del superamento e l'area interessata. In tal caso le
informazioni devono essere corredate da una breve relazione circa lo
stato della qualita' dell'aria rispetto al valore obiettivo e circa gli
eventuali effetti del superamento sulla salute e sull'ambiente.
3. Le informazioni di cui ai commi 1 e 2 devono essere aggiornate,
precise e confrontabili ed essere rese in forma chiara e comprensibile.
(*) N.d.R.: Soppresso dal d.lgs. n. 120 del 26 giugno 2008 (pubblicato nella G.U. n. 162 del 12-7-2008)
Nota all'art. 9:
- Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 (attuazione della
direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione
ambientale), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 23 settembre 2005,
n. 222.
Art. 10.
Abrogazioni e disposizioni finali
1. Fatto salvo quanto disposto nel comma 2, sono abrogate le
disposizioni inerenti agli idrocarburi policiclici aromatici previste
dal decreto del Ministro dell'ambiente in data 25 novembre 1994, ad
eccezione di quelle contenute nell'allegato VII, come modificato
dall'allegato V, punto 2.2 del presente decreto.
2. Per i livelli di benzo(a)pirene nelle aree urbane elencate nel
decreto del Ministro dell'ambiente in data 25 novembre 1994, gli
articoli 4, 5, 6, 7, 8 e 9 si applicano con riferimento all'obiettivo di
qualita' definito e individuato dagli allegati II e IV di tale decreto.
Fino all'attuazione dell'articolo 3, comma 5, continuano ad applicarsi i
piani e i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 4, comma 1,
lettere b) e c), del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio
1988, n. 203, e degli articoli 12 e 13 del decreto del Ministro
dell'ambiente in data 25 novembre 1994.
3. Sono abrogate le disposizioni relative agli inquinanti di cui
all'articolo 1 contenute nel decreto del Ministro dell'ambiente in data
20 maggio 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 31 maggio
1991, recante criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualita'
dell'aria, e nel decreto del Ministro dell'ambiente in data 15 aprile
1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1994.
4. Al decreto del Ministro dell'ambiente 21 aprile 1999, n. 163, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 3 e' sostituito dal seguente:
"3. Nelle aree urbane elencate nel decreto del Ministro dell'ambiente 25
novembre 1994 il comma 2 si applica anche in riferimento all'obiettivo
di qualita' ivi previsto per il benzo(a)pirene.";
b) i commi 4 e 5 sono abrogati.
5. All'esercizio delle funzioni tecniche previste dal presente decreto
provvedono gli organismi individuati dal decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio in data 20 settembre 2002.
Le modalita' e le norme tecniche per l'approvazione dei dispositivi di
misurazione, quali metodi, apparecchi, reti e laboratori, sono stabilite
dal decreto previsto dall'articolo 6, comma 9, del decreto legislativo 4
agosto 1999, n. 351.
6. Alla modifica degli allegati del presente decreto si provvede
mediante regolamenti da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3,
della legge 17 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con
il Ministro della salute, sentita la Conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. In caso
di attuazione di successive direttive comunitarie che modificano le
modalita' esecutive e le caratteristiche di ordine tecnico previste in
tali allegati, alla modifica si provvede mediante appositi decreti da
adottare ai sensi dell'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11,
su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare, di concerto con il Ministro della salute.
7. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o
maggiori oneri, ne' minori entrate per la finanza pubblica.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi' 3 agosto 2007
NAPOLITANO
Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Bonino, Ministro per le politiche europee
Pecoraro Scanio, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare
D'Alema, Ministro degli affari esteri
Mastella, Ministro della giustizia
Padoa Schioppa, Ministro dell'economia e delle finanze
Turco, Ministro della salute
Lanzillotta, Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali
Visto, il Guardasigilli: Mastella
Note all'art. 10:
- Per i riferimenti al decreto ministeriale 25 novembre 1994, si vedano
le note all'art. 3.
- Il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203
(attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203
concernenti norme in materia di qualita' dell'aria, relativamente a
specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti
industriali, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183),
e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16 giugno 1988, n. 140,
supplemento ordinario.
- Il decreto ministeriale 21 aprile 1999, n. 163 (regolamento recante
norme per l'individuazione dei criteri ambientali e sanitari in base ai
quali i sindaci adottano le misure di limitazione della circolazione),
e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 11 giugno 1999, n. 135.
- Il decreto ministeriale 20 settembre 2002 (modalita' per la garanzia
della qualita' del sistema delle misure di inquinamento atmosferico, ai
sensi del decreto legislativo n. 351 del 1999), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 2 ottobre 2002, n. 231.
- Il testo dell'art. 6, comma 9, del citato decreto legislativo 4 agosto
1999, n. 351, e' il seguente: "Art. 6 (Valutazione della qualita'
dell'aria ambiente). 1.-8.(Omissis).
9. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro
della sanita', sentita la Conferenza unificata istituita ai sensi del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabilite le modalita'
e le norme tecniche per l'approvazione dei dispositivi di misurazione
quali metodi, apparecchi, reti e laboratori.".
- Il testo dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400
"Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del
Consiglio dei Ministri", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 12
settembre 1988, n. 214, supplemento ordinario, e' il seguente:
"3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle
materie di competenza del Ministro o di autorita' sottordinate al
Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali
regolamenti, per materie di competenza di piu' Ministri, possono essere
adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessita' di
apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali
ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei
regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al
Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.".
- Per il testo dell'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, si vedano le note alle premesse.
- Per il testo dell'art. 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 (norme
generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo
dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli
obblighicomunitari), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 15 febbraio
2005, n. 37, e' il seguente:
"Art. 13 (Adeguamenti tecnici). - 1. Alle norme comunitarie non
autonomamente applicabili, che modificano modalita' esecutive e
caratteristiche di ordine tecnico di direttive gia' recepite
nell'ordinamento nazionale, e' data attuazione, nelle materie di cui
all'art. 117, secondo comma, della Costituzione, con decreto del
Ministro competente per materia, che ne da' tempestiva comunicazione
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le
politiche comunitarie.
2. In relazione a quanto disposto dall'art. 117, quinto comma, della
Costituzione, i provvedimenti di cui al presente articolo possono essere
adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle
province autonome al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei
suddetti enti nel dare attuazione a norme comunitarie. In tale caso, i
provvedimenti statali adottati si applicano, per le regioni e le
province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria
normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine
stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa comunitaria e
perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della
normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma. I
provvedimenti recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva
del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in
essi contenute.".
Allegati omessi