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Decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236
(Gazz. Uff., 30 giugno 1988, n. 152, s.o.).
Attuazione della direttiva CEE n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183.
Testo
aggiornato e coordinato con il D.L.vo del 30.12.1999, n. 507.
Preambolo
(Omissis).
Art.
1. Principi generali.
1. Il presente decreto stabilisce i requisiti di qualità delle
acque destinate al consumo umano, per la tutela della salute pubblica e per il
miglioramento delle condizioni di vita ed introduce misure finalizzate a
garantire la difesa delle risorse idriche.
Art.
2. Campo di applicazione.
1. Per acque destinate al consumo umano si intendono tutte le
acque, qualunque ne sia l'origine, allo stato in cui si trovano o dopo
trattamento, che siano: a) fornite
al consumo; b) ovvero utilizzate da
imprese alimentari mediante incorporazione o contatto per la fabbricazione, il
trattamento, la conservazione, l'immissione sul mercato di prodotti e sostanze
destinate al consumo umano e che possano avere conseguenze per la salubrità del
prodotto alimentare finale. 2. Restano
escluse dal campo di applicazione del presente decreto le acque minerali e
termali.
Art.
3. Requisiti di qualità.
1. I requisiti di qualità delle acque sono valutati sulla base
dei valori e delle indicazioni relativi ai parametri di cui all'allegato
I. 2. La concentrazione massima
ammissibile di ciascun parametro non può essere superata. 3. I valori guida costituiscono obiettivi
al cui raggiungimento l'attività amministrativa deve tendere. 4. Per le acque che subiscono un
trattamento di addolcimento sono specificati, all'allegato I, i valori della
concentrazione minima richiesta. 5. I
valori che sono indicati nell'allegato I devono essere interpretati per ciascun
parametro tenendo conto delle osservazioni eventualmente riportate nel medesimo
allegato.
Art.
4. Aree di salvaguardia delle risorse idriche.
1. Su proposta delle autorità d'ambito, le regioni, per mantenere
e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e
sotterranee destinate al consumo umano erogate a terzi mediante impianti di
acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonché per la tutela
dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone
di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché, all'interno dei bacini imbriferi
e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione. 2. Per gli approvvigionamenti diversi da
quelli di cui al comma 1, le autorità competenti impartiscono, caso per caso,
le prescrizioni necessarie per la conservazione, la tutela della risorsa ed il
controllo delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo
umano. 3. Per la gestione delle aree
di salvaguardia si applicano le disposizioni dell'articolo 13 della legge 5
gennaio 1994, n. 36, e le disposizioni dell'articolo 24 della stessa legge,
anche per quanto riguarda eventuali indennizzi per le attività preesistenti
(1). (1) Articolo così sostituito
dall'art. 21, d.lg. 11 maggio 1999, n. 152.
Art.
5. Zona di tutela assoluta.
1. La zona di tutela assoluta è costituita dall'area
immediatamente circostante le captazioni o derivazioni; essa deve avere una
estensione in caso di acque sotterranee e, ove possibile per le acque
superficiali, di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve
essere adeguatamente protetta e adibita esclusivamente ad opere di captazione o
presa e ad infrastrutture di servizio (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 21, d.lg. 11 maggio 1999, n. 152.
Art.
6. Zona di rispetto.
1. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio
circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni
d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica
captata e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto
allargata in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla
situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare
nella zona di rispetto sono vietati l'insediamento dei seguenti centri di
pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività: a) dispersione di fanghi ed acque reflue, anche se
depurati; b) accumulo di concimi
chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che
l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno
specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle
colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità
delle risorse idriche; d)
dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche provenienti da piazzali e
strade; e) aree cimiteriali; f) apertura di cave che possono essere in
connessione con la falda; g)
apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinaste al
consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione della estrazione ed alla
protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica; h) gestione dei rifiuti; i) stoccaggio di prodotti ovvero di
sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive; l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di
autoveicoli; m) pozzi perdenti; n) pascolo e stabulazione di bestiame che
ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto
delle perdite di stoccaggio e distribuzione. é comunque vietata la stabulazione
di bestiame nella zona di rispetto ristretta.
2. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 1, preesistenti,
ove possibile e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le
misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la loro
messa in sicurezza. Le regioni e le province autonome disciplinano, all'interno
delle zone di rispetto, le seguenti strutture od attività: a) fognature; b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione; c) opere varie, ferroviarie ed in genere
infrastrutture di servizio; d)
distribuzione di concimi chimici e fertilizzanti in agricoltura nei casi in cui
esista un piano regionale o provinciale di fertilizzazione; e) le pratiche agronomiche e i contenuti
dei piani di fertilizzazione di cui alla lettera c) del comma 1. 3. In assenza dell'individuazione da parte
della regione della zona di rispetto ai sensi dell'articolo 4, comma 1, la
medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di
captazione o di derivazione (1). (1)
Articolo così sostituito dall'art. 21, d.lg. 11 maggio 1999, n. 152.
Art.
7. Zone di protezione.
1. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le
indicazioni delle regioni per assicurare la protezione del patrimonio idrico.
In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio
interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili,
produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti
urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore. 2.
Le regioni, al fine della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle
non ancora utilizzate per l'uso umano, individuano e disciplinano, all'interno
delle zone di protezione, le seguenti aree:
a) aree di ricarica della falda;
b) emergenze naturali ed artificiali della falda; c) zona di riserva (1). (1) Articolo così sostituito dall'art. 21,
d.lg. 11 maggio 1999, n. 152.
Art.
8. Competenze statali.
1. Sono di competenza statale le funzioni concernenti: a) promozione, consulenza, indirizzo e
coordinamento delle attività connesse con l'applicazione del presente
decreto; b) le modifiche, le
variazioni e le integrazioni degli allegati I, II e III; c) la predisposizione e l'aggiornamento
dei criteri generali e delle metodologie per il rilevamento delle
caratteristiche delle acque dolci sotterranee, salmastre e marine da destinare
al consumo umano, nonché dei criteri per la formazione e l'aggiornamento dei
relativi catasti; d) le norme
tecniche per la tutela preventiva e per il risanamento della qualità delle
acque destinate al consumo umano, nonché i criteri generali per la
individuazione delle aree di salvaguardia delle risorse idriche; e) le norme tecniche per l'installazione
degli impianti di acquedotto; f) le
norme tecniche per la potabilizzazione delle acque; g) le norme tecniche per lo scavo, perforazione,
trivellazione, manutenzione, chiusura e riapertura di pozzi d'acqua; h) acquisizione ed elaborazione di
informazioni sulla qualità delle acque destinate al consumo umano. 2. Le competenze statali di cui alle
lettere a), b), c) e d), sono esercitate dal Ministro della sanità, di concerto
con il Ministro dell'ambiente; la competenza di cui alla lettera f) è esercitata
dal Ministro della sanità; le competenze di cui alle lettere e) e g), sono
esercitate dal Ministro dei lavori pubblici, di concerto con i Ministri della
sanità e dell'ambiente.
Art.
9. Competenze regionali.
1. Alle regioni competono le seguenti funzioni: a) previsione di misure atte a rendere
possibile un approvvigionamento idrico di emergenza per fornire acqua potabile
rispondente ai requisiti previsti dall'allegato I, per la quantità ed il
periodo minimi necessari a far fronte a contingenti esigenze locali; b) esercizio dei poteri sostitutivi, in
caso di inerzia degli enti locali, per la salvaguardia delle risorse idriche da
destinare al consumo umano; c)
esercizio del potere di deroga; d)
adozione dei piani di intervento per il risanamento ed il miglioramento della
qualità delle acque; e)
coordinamento del flusso informativo sulle caratteristiche delle acque
destinate al consumo umano, anche ai fini di cui all'art. 8, comma 1, lettera
h); f) individuazione delle aree di
salvaguardia e disciplina delle attività e destinazioni ammissibili, salvo il
disposto degli articoli 4, 5, 6 e 7.
Art.
10. Frequenze di campionamento e metodi di analisi.
1. Negli allegati II e III sono indicati, rispettivamente, i
modelli e le frequenze minime di campionamento, nonché i metodi analitici di
riferimento da adottarsi per il controllo qualitativo delle acque destinate al
consumo umano, nei punti significativi della rete.
Art.
11. Controlli.
1. Per verificare la buona qualità delle acque destinate al
consumo umano, sono esercitati inoltre controlli periodici: a) alla sorgente, ai pozzi ed al punto di
presa delle acque; b) agli impianti
di adduzione, di accumulo e di potabilizzazione; c) alla rete di distribuzione. 2. I controlli sono interni al servizio acquedottistico o
esterni se effettuati da uffici del Servizio sanitario nazionale. 3. Le acque destinate al consumo umano
distribuite mediante autoveicoli o natanti devono essere sottoposte a controlli
igienico-sanitari estesi anche all'idoneità del mezzo di trasporto.
Art.
12. Controlli sanitari.
1. I prelievi ed i controlli analitici sulle acque destinate al
consumo umano sono eseguiti dai servizi e presidi delle unità sanitarie
locali. 2. I controlli ispettivi e i giudizi
di qualità sulle acque destinate al consumo umano spettano all'unità sanitaria
locale. 3. Qualora i risultati
analitici o dell'esame ispettivo evidenzino la possibilità di un pregiudizio
per la salute umana, l'organo di controllo, effettuata la valutazione del
pregiudizio, richiede alla regione, al comune ed al gestore dell'acquedotto, i
provvedimenti e le misure di competenza.
4. Copia dei dati di cui ai commi 1 e 2 sono, con scadenza almeno
bimestrale, trasmessi ai Ministeri della sanità e dell'ambiente (1).
(1) La Corte cost., con
sent. 6 aprile 1993, n. 139, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del
presente articolo, nella parte in cui non prevede che, in caso di analisi di
acque destinate al consumo umano, per le quali non sia possibile la revisione,
a cura dell'organo procedente sia dato, anche oralmente, avviso all'interessato
del giorno, dell'ora e del luogo dove le analisi verranno effettuate, affinché
lo stesso interessato o persona di sua fiducia possano presenziare a tali analisi,
eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico.
Art.
13. Controlli interni.
1. I soggetti gestori di impianti acquedottistici devono dotarsi
di laboratori gestionali interni, anche in forma consortile, per il controllo
dei servizi essenziali del ciclo dell'acqua.
Art.
14. Controllo degli acquedotti.
1. Per uniformare le attività di controllo su impianti di
acquedotto ricadenti nell'area di competenza territoriale di più unità
sanitarie locali o di più servizi e presidi multizonali, di cui all'art. 22
della legge 23 dicembre 1978, n. 833, la regione può individuare l'unità
sanitaria locale, il presidio o il servizio al quale attribuire la competenza
in materia di controlli. 2. Per gli
acquedotti interregionali l'individuazione dell'organo sanitario di controllo è
disposta d'intesa tra le regioni interessate.
Art.
15. Impiego degli antiparassitari.
1. Ai soli fini dell'elaborazione dei programmi di prevenzione
mirata alla tutela della salute dell'uomo, degli animali e dell'ambiente
naturale le ditte intestatarie delle registrazioni di presidi sanitari, i
distributori, i venditori, gli speditori e gli utilizzatori di tali prodotti
sono tenuti ad annotare su apposite schede i dati relativi alla vendita o
all'utilizzazione dei prodotti stessi.
2. Il Ministro della sanità, con decreto da adottarsi di concerto con i
Ministri dell'agricoltura e delle foreste, dell'ambiente e dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, fissa le caratteristiche delle schede per la
rilevazione dei dati relativi alla vendita, all'acquisto ed alla utilizzazione
dei presidi sanitari, nonché le relative modalità di compilazione, tempi e
procedure di rilevamento e di trasmissione dei dati (1). 3. I soggetti di cui al comma 1 sono tenuti
a conservare una copia delle schede da esibire a richiesta della autorità
sanitaria locale o dei servizi repressione frodi del Ministero dell'agricoltura
e delle foreste. (1) Vedi d.m. 25
gennaio 1991, n. 217 e d.m. 12 novembre 1991.
Art.
16. Valore massimo ammissibile.
1. Il valore massimo ammissibile di superamento delle
concentrazioni massime ammissibili stabilite per i parametri indicati
nell'allegato I può essere determinato per singoli parametri o gruppi di
parametri, su motivata richiesta della regione. 2. Il valore massimo ammissibile unitamente all'indicazione
delle misure di risanamento da adottare, è determinato, in relazione alle
specifiche situazioni suscettibili di deroga, dal Ministro della sanità, di
concerto con il Ministro dell'ambiente, sentito il Consiglio superiore di
sanità. 3. Per le acque di cui alla
lettera b), comma 1, dell'art. 2, si applicano esclusivamente i valori per i
parametri tossici e microbiologici previsti, rispettivamente, nelle tabelle D
ed E dell'allegato I, nonché degli altri parametri il cui mancato rispetto
possa pregiudicare la salubrità del prodotto alimentare finale.
Art.
17. Deroghe.
1. Deroghe al presente decreto possono essere disposte dalla
regione competente nelle seguenti circostanze: a) situazioni relative alla natura ed alla struttura dei
terreni dell'area della quale è tributaria la risorsa idrica; b) situazioni relative a circostanze
meteorologiche eccezionali. 2. In
nessun caso le deroghe di cui al comma 1 possono riguardare i fattori tossici e
microbiologici, né comportare un rischio per la salute pubblica. 3. In caso di grave emergenza idrica, ove
l'approvvigionamento di acqua non possa essere assicurato in nessun altro modo,
può essere disposta la deroga alle concentrazioni massime stabilite dal
presente decreto nell'allegato I, fino al raggiungimento del valore massimo
ammissibile, che è determinato dall'autorità sanitaria ai sensi dell'art. 16,
in modo che tale superamento non presenti assolutamente un rischio
inaccettabile per la salute pubblica.
4. Fermo restando quanto disposto dal D.P.R. 3 luglio 1982, n. 515,
qualora per l'approvvigionamento di acqua potabile si debba fare uso di acque
superficiali che non raggiungono le concentrazioni imposte per le acque della
categoria A3 dall'allegato al D.P.R. 3 luglio 1982, n. 515, può essere
autorizzata, per un periodo di tempo limitato, la deroga alle concentrazioni
massime ammissibili stabilite dal presente decreto nell'allegato I, fino al
raggiungimento di un valore massimo ammissibile, che è determinato
dall'autorità sanitaria ai sensi dell'art. 16, in modo che tale superamento non
presenti un rischio inaccettabile per la salute pubblica (1). (1) Vedi d.m. 14 luglio 1988.
Art.
18. Esercizio della deroga.
1. Le deroghe sono disposte dall'autorità regionale per un
limitato periodo di tempo, anche su segnalazione dei comuni interessati. 2. L'esercizio dei poteri di deroga
comporta che, contestualmente alle misure indicate dall'amministrazione
statale, la regione adotti il piano di intervento di cui al comma 3. 3. Il piano di intervento deve almeno
contenere: a) l'individuazione della
causa del fenomeno di degrado delle risorse idriche; b) la delimitazione geografica dell'area interessata dal
fenomeno; c) l'indicazione della
popolazione ricadente in tale area;
d) la fissazione di controlli e divieti per l'uso delle sostanze
chimiche o di altra natura che hanno determinato o accresciuto l'inquinamento
delle acque nell'area di cui al punto b); e) la definizione degli interventi e delle opere necessarie per
garantire l'approvvigionamento, nonché i tempi di realizzazione del piano e le
risorse finanziarie impiegate; f) le
sanzioni amministrative a carico dei trasgressori. 4. Nel caso in cui l'inquinamento interessi un bacino
interregionale, il piano di risanamento è adottato di intesa tra le regioni
interessate; in mancanza dell'intesa ogni regione provvede per il territorio di
propria competenza. 5. I provvedimenti
di deroga devono essere comunicati immediatamente ai Ministeri della sanità e
dell'ambiente.
Art.
19. Proroga.
1. Il termine stabilito per l'osservanza dell'allegato I può
essere prorogato in presenza di situazioni eccezionali relative a gruppi di
abitati geograficamente delimitati. 2.
La proroga è disposta con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il
Ministro dell'ambiente, su richiesta dalla regione interessata. 3. La regione richiede la proroga
indicandone l'oggetto, le modalità ed i tempi e presentando: a) una relazione sulle difficoltà
incontrate che identifica in particolare le cause che impediscono l'osservanza
dei requisiti di qualità per le acque necessarie a soddisfare i bisogni di
consumo umano degli abitati interessati;
b) il piano per il miglioramento delle acque finalizzato a garantire
l'osservanza, alla scadenza della proroga, dell'allegato I. 4. Il decreto di cui al comma 2 è adottato,
previo espletamento della procedura comunitaria prevista dall'art. 20 della
direttiva. 5. In caso di ritenuta
insufficienza del piano presentato dalla regione ai sensi della lettera b) del
comma 3, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro
della sanità, sono disposte le misure integrative la cui adozione da parte
della regione è condizione di efficacia della proroga stessa. 6. Le misure da adottare per l'attuazione
del piano di miglioramento delle acque possono disporre, in relazione alle
individuate cause della situazione eccezionale che giustifica la proroga,
controlli e restrizioni per lo svolgimento di attività e l'uso di prodotti,
anche in deroga alle leggi vigenti. 7.
Le misure di cui al comma 6, se relative a materie di competenza statale, sono
adottate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri dell'ambiente e della sanità.
Art.
20. Competenza delle regioni speciali e province autonome.
1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto
speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
Art.
21. Sanzioni.
1. Salvo che il fatto
costituisca più grave reato, chiunque in violazione delle disposizioni del
presente decreto fornisce al consumo umano acque che non presentano i requisiti
di qualità previsti dall'allegato I è punito con l'ammenda da lire
duecentocinquantamila a lire duemilioni o con l'arresto fino a tre anni. 2. La stessa pena si applica a chi utilizza
acque che non presentano i requisiti di qualità previsti dall'allegato I in
imprese alimentari, mediante incorporazione o contatto per la fabbricazione, il
trattamento, la conservazione, l'immissione sul mercato di prodotti e sostanze
destinate al consumo umano, se le acque hanno conseguenze per la salubrità del
prodotto alimentare finale. 3.
L'inosservanza delle disposizioni relative alle attività e destinazioni vietate
nelle aree di salvaguardia e nei piani di intervento di cui all'art. 18 è
punita con la sanzione amministrativa pecuniaria di lire un milione a lire
dieci milioni (1). 4. I contravventori
alle disposizioni di cui all'articolo 15 sono puniti con la sanzione
amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni (2). (1) Comma così sostituito dall'art. 55,
d.lg. 11 maggio 1999, n. 152. Non si applica il pagamento in misura ridotta di
cui all'art. 16, l. 24 novembre 1981, n. 689.
(2) Comma così modificato dall'art. 55, d.lg. 11 maggio 1999, n.
152. Non si applica il pagamento in
misura ridotta di cui all'art. 16, l. 24 novembre 1981, n. 689. L'applicazione delle sanzioni di cui al presente
comma decorre dal 30 aprile 2000, eccetto che per le zone territoriali di cui
all'art. 6 del d.m. 25 gennaio 1991, n. 217, come sostituito dall'art. 2 del
d.m. 2 luglio 1992, n. 436 (art. 1, l. 14 ottobre 1999, n. 362).
Art.
22. Disposizioni finali.
1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessa
l'applicazione delle disposizioni di cui al decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri in data 8 febbraio 1985, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 108 del 9 maggio 1985, relativo alle
caratteristiche di qualità delle acque destinate al consumo umano. 2. Le disposizioni del decreto del
Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n. 515, continuano ad applicarsi se
non incompatibili con il presente decreto.
3. Le norme tecniche di prima attuazione sono emanate entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
ALLEGATI
(Omissis).