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Regione Siciliana
Decreto 17 gennaio 2007
Assessorato del Territorio e dell’Ambiente – Assessorato dell’Agricoltura e delle Foreste – Assessorato della Sanità. Approvazione della disciplina regionale relativa all'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e degli scarichi dei frantoi oleari e della disciplina regionale relativa all'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'art. 101, comma 7, lett. a), b) e c), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e da piccole aziende agroalimentari.
(G.U.R.S. n. 10 del 2 marzo 2007)
I DIRIGENTI GENERALI DEL DIPARTIMENTO REGIONALE TERRITORIO E AMBIENTE,
DEI DIPARTIMENTI REGIONALI INTERVENTI STRUTTURALI ED INTERVENTI
INFRASTRUTTURALI, DELL'ISPETTORATO REGIONALE SANITARIO E
DELL'ISPETTORATO REGIONALE VETERINARIO
Visto lo Statuto della Regione ed, in particolare, l'art. 20;
Vista la legge regionale 18 maggio 1977, n. 39 (Norme per la tutela
dell'ambiente e per la lotta contro l'inquinamento) e successive
modifiche ed integrazioni, che con l'art. 16 istituisce la commissione
provinciale per la tutela dell'ambiente e la lotta contro
l'inquinamento, e con l'art. 17 ne definisce i compiti;
Vista la legge regionale 4 agosto 1980, n. 78 (Modifiche ed integrazioni
alla legge regionale 18 giugno 1977, n. 39, riguardante norme per la
tutela dell'ambiente e per la lotta contro l'inquinamento);
Vista la legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 (Norme sulla dirigenza e
sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione
siciliana. Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali), ed in
particolare gli artt. 2 e 3;
Vista la direttiva comunitaria n. 91/676/CEE;
Vista la legge 11 novembre 1996, n. 574 (Nuove norme in materia di
utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei
frantoi oleari);
Visto il regolamento CE n. 1698/2005 del Consiglio, sul sostegno allo
sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo
rurale (FEASR);
Visto il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio 18 settembre 2002, n. 198 (Modalità di informazione sullo
stato di qualità delle acque, ai sensi dell'art. 3, comma 7, del decreto
legislativo 11 maggio 1999, n. 52);
Visto il regolamento CE n. 1774/2002, recante norme sanitarie relative
ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano, ed
in particolare l'art. 7, comma 6, che per lo stallatico trasportato tra
due punti situati nella stessa azienda agricola o tra aziende agricole e
utenti situati nell'ambito del territorio nazionale, consente di non
applicare le disposizioni concernenti la raccolta, il trasporto ed il
magazzinaggio di cui al medesimo articolo;
Visto il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio 19 agosto 2003, n. 152 (Modalità di trasmissione delle
informazioni sullo stato di qualità dei corpi idrici e sulla
classificazione delle acque);
Visto il regolamento CE n. 1974/2006 della Commissione del 15 dicembre
2006, recante disposizioni di applicazione del regolamento CE n.
1698/2005 del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del
Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);
Visto l'accordo 1 luglio 2004 tra il Ministro della salute, il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, il Ministro per le
politiche agricole e forestali, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 172 del 24
luglio 2004, che fornisce indicazioni applicative sulla gestione
sanitaria dello stallatico;
Visto il decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali 6
luglio 2005 (Criteri e norme tecniche generali per la disciplina
regionale dell'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e
degli scarichi dei frantoi oleari, di cui all'art. 38 del decreto
legislativo 11 maggio 1999, n. 152);
Visto il decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 (Attuazione
integrale della direttiva n. 96/61/CE relativa alla prevenzione e
riduzione integrate dell'inquinamento);
Visto il decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali 7
aprile 2006 (Criteri e norme tecniche generali per la disciplina
regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento,
di cui all'art. 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152);
Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia
ambientale), che ha sostituito ed abrogato il decreto legislativo 11
maggio 1999, n. 152;
Considerato che l'art. 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n.
152, oggi abrogato, è stato sostituito dall'art. 112 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e che occorre dare seguito agli
adempimenti previsti dalla normativa in materia di tutela delle acque,
con particolare riferimento all'art. 112 (Utilizzazione agronomica) del
citato decreto legislativo n. 152 del 2006;
Considerato, inoltre, che, ai sensi del sopra citato art. 112 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le regioni devono
disciplinare le attività di utilizzazione agronomica degli effluenti di
allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base
di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonché dalle
acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'art. 101, comma 7,
lett, a), b) e c) dello stesso decreto legislativo n. 152/2006, e da
piccole aziende agroalimentari di cui all'art. 17 del decreto 7 aprile
2006;
Considerato, infine, che, per quanto riguarda gli adempimenti previsti
dalla normativa vigente in materia di tutela delle acque, più soggetti
istituzionali concorrono, nell'ambito delle rispettive competenze, al
raggiungimento degli obiettivi fissati dalle direttive comunitarie così
come recepite dalle norme in precedenza richiamate;
Vista la direttiva n. 5539 del 15 aprile 2003, con la quale il
Presidente della Regione ha incaricato il dirigente generale del
dipartimento regionale territorio e ambiente di "curare l'attività di
raccordo per l'assunzione di ogni iniziativa utile a garantire il
coordinamento con i vari rami dell'amministrazione e le strutture
commissariali", al fine di evitare che la Regione siciliana incorra, in
materia di tutela delle acque, nelle infrazioni previste per il mancato
adempimento alle direttive comunitarie emanate in materia di tutela
delle acque;
Visto il decreto del dipartimento regionale territorio e ambiente n.
1475 del 12 dicembre 2003, che ha istituito del Tavolo tecnico regionale
sulle acque, che ha il compito di coordinare, nel rispetto delle
competenze proprie dei diversi soggetti istituzionali che operano nel
campo della tutela delle acque, i lavori connessi all'applicazione delle
direttive dell'Unione europea e della normativa statale;
Visto il decreto del dipartimento regionale territorio e ambiente n.
1152 del 10 novembre 2003, con il quale il Tavolo tecnico regionale
sulle acque, istituito con decreto n. 1475 del 12 dicembre 2003, è stato
integrato con un rappresentante dell'ispettorato regionale veterinario;
Visto il decreto del dipartimento regionale territorio e ambiente n. 296
del 17 marzo 2006, che ha aggiornato e rinnovato nella sua articolazione
il Tavolo tecnico regionale sulle acque;
Visto il decreto del dipartimento regionale territorio e ambiente n. 16
del 20 gennaio 2006, che ha istituito, presso il dipartimento regionale
territorio e ambiente, il Centro regionale di documentazione sulle
acque, che ha il compito di raccogliere, catalogare e diffondere le
informazioni relative alle caratteristiche dei bacini idrografici ed
idrogeologici siciliani, con particolare riferimento agli elementi
geografici, geologici, idrogeologici, fisici, chimici e biologici dei
corpi idrici superficiali e sotterranei, e di fornire assistenza tecnica
al Tavolo tecnico regionale sulle acque;
Visti i verbali delle riunioni del tavolo di settore n. 2 "Trattamento
acque reflue (aree sensibili) - Inquinamento provocato da certe sostanze
pericolose scaricate nell'ambiente idrico" istituito all'interno del
Tavolo tecnico regionale sulle acque, che in più sedute (5 luglio 2006,
21 luglio 2006, 11 gennaio 2007) ha sviluppato la prevista azione di
coordinamento dei lavori connessi all'applicazione della normativa sopra
richiamata, e che in data 11 gennaio 2007 ha approvato due allegati
tecnici ("Disciplina regionale relativa all'utilizzazione agronomica
delle acque di vegetazione e degli scarichi dei frantoi oleari" e
"Disciplina regionale relativa all'utilizzazione agronomica degli
effluenti di allevamento e delle acque reflue provenienti dalle aziende
di cui all'art. 101, comma 7, lett. a), b) e c) del decreto legislativo
3 aprile 2006, n. 152, e da piccole aziende agroalimentari") elaborati
con un'azione sinergica fra le amministrazioni competenti in materia;
Considerato che le attività di utilizzazione agronomica di effluenti e
reflui hanno refluenza sulla tutela dei corpi idrici, e concorrono al
raggiungimento e/o al mantenimento degli obiettivi di qualità di cui al
citato decreto legislativo n. 152 del 2006;
Ritenuto, infine, che, ai sensi dell'art. 112 del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, sia necessario disciplinare il ciclo (produzione,
raccolta, stoccaggio, trasporto, spandimento) dell'utilizzazione
agronomica delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e delle sanse
umide, ed il ciclo (produzione, raccolta, stoccaggio, fermentazione/
maturazione, trasporto, spandimento) degli effluenti di allevamento e
delle acque reflue, adottando, in base alle indicazioni metodologiche
fornite dal Tavolo tecnico regionale sulle acque, una specifica
normativa tecnica regionale;
Decretano:
Art. 1
Per le motivazioni e per le finalità esposte in premessa sono
approvati:
- "Disciplina regionale relativa all'utilizzazione agronomica delle
acque di vegetazione e degli scarichi dei frantoi oleari", emanata in
attuazione di quanto previsto dal decreto del Ministero delle politiche
agricole e forestali 6 luglio 2005 (allegato 1);
- "Disciplina regionale relativa all'utilizzazione agronomica degli
effluenti di allevamento e delle acque reflue provenienti dalle aziende
di cui all'art. 101, comma 7, lett. a), b) e c) del decreto legislativo
3 aprile 2006, n. 152, e da piccole aziende agroalimentari", emanata in
attuazione di quanto previsto dal decreto del Ministero delle politiche
agricole e forestali 7 aprile 2006 (allegato 2).
Gli allegati costituiscono parte integrante del presente decreto.
Art. 2
L'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e delle sanse
umide, degli effluenti di allevamento e delle acque reflue contenenti
sostanze naturali non pericolose disciplinata dal presente decreto è
consentita purché siano garantiti:
- la tutela dei corpi idrici e, per gli stessi, il non pregiudizio del
raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui agli artt. 76 e
successivi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
- la produzione, da parte dei reflui e degli effluenti utilizzati, di un
effetto concimante e/o ammendante sul suolo e l'adeguatezza della
quantità di azoto efficiente applicata e dei tempi di distribuzione ai
fabbisogni delle colture;
- il rispetto delle norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed
urbanistiche.
Art. 3
Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto
sarà adottato, dal dipartimento regionale interventi strutturali e dal
dipartimento regionale interventi infrastrutturali, di concerto con il
dipartimento regionale territorio e ambiente, il Piano regionale di
spandimento delle acque di vegetazione previsto dall'art. 7 della legge
n. 574 del 1996.
Art. 4
Entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto sarà adottato, dal dipartimento regionale territorio e ambiente,
di concerto con i dipartimenti interessati, il Piano regionale di
controllo sulle modalità di utilizzazione agronomica nelle aziende
previsto dall'art. 30, comma 3, del decreto del Ministero delle
politiche agricole e forestali 7 aprile 2006.
Art. 5
I controlli sulle attività di utilizzazione agronomica, finalizzati
alla verifica delle condizioni di cui all'art. 2, sono preventivi e
successivi. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto sulla base delle indicazioni contenute nel "Piano regionale di
controllo" di cui all'art. 4, le Province regionali, avvalendosi delle
commissioni provinciali per la tutela dell'ambiente e la lotta contro
l'inquinamento, adotteranno il Piano provinciale di controllo
dell'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e delle sanse
umide, degli effluenti di allevamento e delle acque reflue.
Art. 6
Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto
i dipartimenti interessati, con riferimento agli aspetti di competenza,
elaboreranno un programma di iniziative finalizzate a dare corretta
informazione e supporto agli operatori agricoli in merito agli
adempimenti previsti dalla normativa vigente. Dovrà, inoltre, essere
curata la diffusione dei dati ambientali tramite sistemi geografici
informatizzati disponibili su reti multimediali. All'interno dei siti
web dei dipartimenti interessati sarà attivata una specifica sezione
dedicata all'utilizzazione agronomica degli effluenti e dei reflui
disciplinati dal presente decreto.
Art. 7
L'elaborazione dei piani e dei programmi di cui agli artt. 3, 4, 5 e
6 sarà coordinata dal Tavolo tecnico regionale sulle acque, che si
avvarrà del supporto tecnico dell'Agenzia regionale per la protezione
dell'ambiente e dei servizi che afferiscono ai dipartimenti interessati.
Art. 8
Ai successivi aggiornamenti degli elaborati tecnici sopra citati si
procederà nei modi e nei tempi previsti dalla normativa vigente.
Art. 9
L'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e delle sanse
umide, degli effluenti di allevamento e delle acque reflue contenenti
sostanze naturali non pericolose disciplinata dal presente decreto è
esclusa, ai sensi dell'art. 185, comma 1, del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, dell'art. 1 del decreto 6 luglio 2005, e degli
artt. 3 e 11 del decreto 7 aprile 2006, dal campo di applicazione della
normativa sui rifiuti.
Art. 10
Per quanto non espressamente previsto dal presente decreto si
rimanda alla normativa tecnica nazionale di settore, ed in particolare
a:
- legge 11 novembre 1996, n. 574;
- decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali 6 luglio
2005;
- decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59;
- decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali 7 aprile
2006;
- decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Il presente decreto sarà pubblicato per esteso nella Gazzetta Ufficiale
della Regione siciliana.
Palermo, 17 gennaio 2007.
TOLOMEO
MORALE
CARTABELLOTTA
CIRIMINNA
BAGNATO
Allegato 1
DISCIPLINA REGIONALE RELATIVA ALL'UTILIZZAZIONE AGRONOMICA DELLE ACQUE
DI VEGETAZIONE E DEGLI SCARICHI DEI FRANTOI OLEARI
Art. 1
Campo di applicazione
1) La presente normativa definisce, ai sensi dell'art. 112 (commi 2
e 3) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, i criteri e le norme
tecniche per l'utilizzazione agronomica, nella Regione siciliana, delle
acque di vegetazione e delle sanse umide dei frantoi oleari di cui alla
legge 11 novembre 1996, n. 574, con il recepimento dei principi e delle
norme tecniche generali emanati dallo Stato, in attuazione di quanto
previsto dal decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali
6 luglio 2005, al fine di garantire la tutela dei corpi idrici ed il
raggiungimento o il mantenimento dei relativi obiettivi di qualità.
2) Le acque di vegetazione, residuate dalla lavorazione meccanica delle
olive che non hanno subito alcun trattamento, né ricevuto alcun additivo
ad eccezione delle acque per la diluizione delle paste ovvero per la
lavatura degli impianti, possono essere oggetto di utilizzazione
agronomica attraverso lo spandimento controllato su terreni adibiti ad
uso agricolo.
3) Le sanse umide, provenienti dalla lavorazione delle olive e
costituite dalle acque e dalla parte fibrosa di frutto e dai frammenti
di nocciolo, possono essere utilizzate come ammendanti, in deroga alle
caratteristiche stabilite dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, e
successive modificazioni.
4) Lo spandimento delle acque di vegetazione e delle sanse umide sui
terreni aventi destinazione agricola può avvenire secondo le modalità e
le esclusioni di cui al presente decreto.
5) Lo spandimento delle acque di vegetazione e delle sanse umide deve
essere praticato nel rispetto di criteri generali di utilizzazione delle
sostanze nutritive ed ammendanti in esse contenuti, che tengano conto
delle caratteristiche pedo-geomorfologiche, idrogeologiche ed
agroambientali del sito e che siano rispettosi delle norme
igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed urbanistiche.
Art. 2
Definizioni
1) Si richiamano di seguito le definizioni di cui all'art. 1 della
legge n. 574 del 1996, all'art. 2 del decreto 6 luglio 2005 ed all'art.
54 del decreto legislativo n. 152 del 2006:
a) acque di vegetazione: le acque residuate dalla lavorazione meccanica
delle olive che non hanno subito alcun trattamento né ricevuto alcun
additivo, le acque per la diluizione delle paste e le acque per la
lavatura degli impianti;
b) sanse umide: le sanse provenienti dalla lavorazione delle olive e
costituite dalle acque e dalla parte 1/2brosa di frutto e dai frammenti
di nocciolo;
c) utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento,
acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque
reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende
agro-alimentari, dalla loro produzione fino all'applicazione al terreno
ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo
delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute;
d) lavorazione meccanica delle olive: le operazioni effettuate durante
il procedimento di estrazione dell'olio a partire dal lavaggio delle
olive;
e) applicazione al terreno: l'apporto di materiale al terreno mediante
spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione,
interramento;
f) sito di spandimento: una o più particelle catastali o parti di esse
omogenee per caratteristiche pedogeomorfologiche, idrogeologiche ed
agroambientali, su cui si effettua lo spandimento;
g) primo spandimento: la prima utilizzazione delle acque di vegetazione
e di sanse umide a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto
6 luglio 2005, su uno o più siti di spandimento, ovvero il primo
riutilizzo dopo l'eventuale periodo di riposo temporaneo di cui all'art.
4, comma 2, del decreto 6 luglio 2005;
h) spandimento successivo: l'utilizzazione di acque di vegetazione e di
sanse umide su uno o più siti di spandimento nell'anno successivo ad un
precedente spandimento;
i) anno: il periodo di tempo che intercorre tra il 1° settembre ed il 31
agosto dell'anno successivo;
j) frantoi aziendali: i frantoi che esercitano la propria attività di
trasformazione e valorizzazione agricola con le modalità indicate
all'art. 101, comma 7, lett. c) del decreto legislativo n. 152 del 2006,
ad esclusione dei frantoi di tipo cooperativo e associativo;
k) titolare del sito di spandimento: il proprietario o conduttore del
sito di spandimento;
l) zone vulnerabili: zone di territorio che scaricano direttamente o
indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in
corpi idrici già inquinati, o che potrebbero esserlo in conseguenza di
tali tipi di scarichi.
Art. 3
Competenze
1) La Regione redige il Piano regionale di spandimento delle acque
di vegetazione e disciplina le attività di utilizzazione agronomica
delle sanse e delle acque di vegetazione, sulla base di criteri e norme
tecniche generali adottati dallo Stato, garantendo nel contempo la
tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il
raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità previsti dal
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, con riferimento in
particolare a:
a) modalità di attuazione degli artt. 3, 5, 6 e 9 della legge 11
novembre 1996, n. 574;
b) norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo
agronomico;
c) criteri e procedure di controllo;
d) sanzioni amministrative pecuniarie.
2) La Provincia, avvalendosi della Commissione provinciale per la tutela
dell'ambiente e la lotta contro l'inquinamento, elabora il Piano
provinciale di controllo dell'utilizzazione agronomica delle acque di
vegetazione e delle sanse umide, effettua i controlli di competenza,
procede all'accertamento delle violazioni previste dalla normativa
vigente ed all'irrogazione delle relative sanzioni.
3) La Commissione provinciale per la tutela dell'ambiente e la lotta
contro l'inquinamento verifica la compatibilità con il contesto
ambientale delle attività di utilizzazione agronomica oggetto della
comunicazione, alla luce delle caratteristiche pedo-geomorfologiche,
idrogeologiche ed agroambientali del sito, e con riferimento in
particolare alle norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed
urbanistiche vigenti. Tramite l'ufficio di segreteria la commissione
cura l'archiviazione informatica dei dati delle comunicazioni,
rendendoli disponibili per le autorità competenti. La commissione
elabora inoltre, a scala provinciale, i dati relativi alle attività di
utilizzazione agronomica, fornendo il necessario supporto agli organi di
controllo ed al Centro regionale di documentazione sulle acque, per dare
seguito agli adempimenti previsti dall'art. 7 del decreto 6 luglio 2005.
4) L'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente procede alla
verifica periodica delle operazioni di spandimento a fini di tutela
ambientale secondo un piano concordato con il dipartimento regionale
territorio e ambiente, e fornisce il supporto tecnico previsto dall'art.
7, comma 1, del decreto 6 luglio 2005, al fine di contribuire al
corretto espletamento delle attività di utilizzazione agronomica delle
acque di vegetazione e delle sanse umide.
5) L'Azienda unità sanitaria locale procede al rilascio del giudizio
igienico-sanitario per gli aspetti di competenza.
6) Il sindaco riceve la comunicazione di cui all'art. 3 della legge n.
574 del 1996, ponendo eventuali limitazioni o prescrizioni
all'utilizzazione agronomica di acque vegetazione e sanse. Effettua
inoltre i controlli di competenza e procede all'accertamento delle
violazioni previste dalla normativa vigente.
Art. 4
Comunicazione preventiva
1) Fermo restando quanto previsto dall'art. 92 del decreto
legislativo n. 152 del 2006 per le zone vulnerabili da nitrati di
origine agricola, l'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione
e delle sanse umide è subordinata alla comunicazione prevista dall'art.
3 del decreto 6 luglio 2005, a cura del legale rappresentante
dell'azienda che intende avviare i residui di lavorazione allo
spandimento sul terreno. La comunicazione ha la finalità di rendere
disponibili alle amministrazioni competenti le informazioni per valutare
la coerenza delle pratiche di utilizzazione agronomica proposte con le
norme vigenti, nonché di assolvere a più generali finalità di
monitoraggio ambientale.
2) La comunicazione deve essere presentata ogni anno, e deve
pervenire al sindaco del comune nel cui territorio sono ubicati i
terreni interessati almeno 30 giorni prima dell'inizio dello
spandimento. Qualora i siti di spandimento ricadano nel territorio di
due o più comuni, la comunicazione deve essere effettuata ad ognuno dei
sindaci interessati.(*)
3) Copia della comunicazione deve essere contestualmente inviata,
per le attività di monitoraggio ambientale e gli altri adempimenti di
competenza, anche al dipartimento regionale territorio e ambiente per il
tramite della Commissione provinciale per la tutela dell'ambiente e la
lotta contro l'inquinamento competente per territorio.
4) La comunicazione è articolata nelle sezioni seguenti:
a) sezione con i dati relativi al frantoio ed al suo legale
rappresentante. Deve essere sottoscritta dal legale rappresentante del
frantoio;
b) sezione con i dati relativi al sito di spandimento. Deve essere
sottoscritta dal titolare del sito;
c) sezione con i dati e le caratteristiche dei contenitori di
stoccaggio. Deve essere sottoscritta dal titolare del contenitore di
stoccaggio;
d) relazione tecnica, redatta da un agronomo o perito agrario o
agrotecnico o geologo, iscritti ai rispettivi albi professionali, che
dovrà fornire i necessari elementi conoscitivi sulle pratiche
agronomiche utilizzate, sull'assetto pedologico dei terreni, sui tempi
di spandimento previsti e sui mezzi meccanici utilizzati per garantire
un'idonea distribuzione delle sostanze oggetto della comunicazione,
nonché i necessari elementi conoscitivi (con relativa mappatura)
sull'assetto geomorfologico, sulle condizioni idrogeologiche e sulle
caratteristiche generali dell'ambiente ricevitore, ai fini della tutela
dei corpi idrici e con riferimento al raggiungimento o mantenimento dei
relativi obiettivi di qualità.
Per il primo spandimento la comunicazione dovrà contenere la
documentazione relativa alle quattro sezioni. Per gli spandimenti
successivi al primo la comunicazione dovrà avere le sezioni a) e b). Le
sezioni c) e d) dovranno invece essere presentate in caso di variazione
dei relativi dati, rispetto alla comunicazione precedente.
5) Con apposito provvedimento congiunto del dipartimento regionale
territorio e ambiente e dei dipartimenti regionali interventi
strutturali e infrastrutturali dell'Assessorato dell'agricoltura e delle
foreste, saranno definiti modalità semplificate, soglie minime, formati,
moduli e modalità operative per l'invio delle comunicazioni di cui sopra
e per la compilazione della relativa modulistica, che dovrà comunque
avere gli elementi minimi previsti dall'allegato 1/A (Comunicazione) e
allegato 1/B (Relazione tecnica).
6) L'ufficio di segreteria della Commissione provinciale per la tutela
dell'ambiente cura, al fine di dare attuazione a quanto previsto dal
decreto 6 luglio 2005, l'archiviazione informatica dei dati delle
comunicazioni, rendendoli disponibili per le autorità competenti. Il
Centro regionale di documentazione sulle acque, istituito presso il
dipartimento regionale territorio e ambiente, fornirà il necessario
supporto tecnico, mettendo a punto formati, procedure e protocolli
operativi.
7) La Commissione provinciale per la tutela dell'ambiente e la lotta
contro l'inquinamento valuta la compatibilità con il contesto ambientale
delle attività di utilizzazione agronomica proposte, tenuto conto delle
caratteristiche pedogeomorfologiche, idrogeologiche ed agroambientali
dell'ambiente ricevitore, dei corpi idrici presenti, e dei limiti di
concentrazione delle sostanze organiche, con riferimento in particolare
alle norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed urbanistiche
vigenti, segnalando al sindaco, per gli adempimenti di competenza, i
casi di possibili rischi e danni ambientali.
8) Il sindaco, sulla base delle informazioni contenute nella
comunicazione di cui al comma 1, del parere della Commissione
provinciale per la tutela dell'ambiente, ovvero dei risultati dei
controlli previsti, e tenendo conto del giudizio di idoneità
igienico-sanitaria da parte dell'Azienda unità sanitaria locale
competente per territorio, può impartire con motivato provvedimento
specifiche prescrizioni, ivi inclusa la riduzione dei limiti di
accettabilità ai sensi dell'art. 2, comma 2, della legge n. 574 del
1996.
9) Le comunicazioni dovranno essere conservate per cinque anni dal
legale rappresentante del frantoio ed essere esibite in caso di
controllo.
10) Con l'adozione del Piano regionale di spandimento delle acque di
vegetazione, previsto dall'art. 7 della legge n. 574 del 1996, saranno
introdotte semplificazioni in merito alla compilazione della
comunicazione a carico dei frantoi.
11) Sono in ogni caso esclusi dall'obbligo della comunicazione, ai sensi
dell'art. 112 (comma 3, lett. b) del decreto legislativo n. 152 del
2006, i frantoi aventi una capacità di lavorazione effettiva uguale o
inferiore a 2 tonnellate di olive nelle otto ore. Tale condizione dovrà
risultare da apposita documentazione tenuta presso il frantoio, che
dovrà esser resa disponibile per gli accertamenti svolti dall'autorità
di controllo, in base a quanto previsto dall'art. 7 del decreto 6 luglio
2005.
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dal decreto interassessoriale 2 agosto 2007. Di seguito il testo previgente:
"2) La
comunicazione deve essere presentata ogni anno, e deve pervenire al
sindaco del comune nel cui territorio sono ubicati i terreni interessati
almeno sessanta giorni prima dell'inizio dello spandimento. Qualora i
siti di spandimento ricadano nel territorio di due o più comuni, la
comunicazione deve essere effettuata ad ognuno dei sindaci interessati."
Art. 5
Divieti
1) Secondo quanto previsto della legge n. 574 del 1996 (art. 5), ed
alla luce delle modifiche introdotte dal decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, è vietato, in ogni caso, lo spandimento delle acque di
vegetazione e delle sanse umide sulle seguenti categorie di terreni:
a) i terreni situati a distanza inferiore a trecento metri dalle aree di
salvaguardia delle captazioni di acque destinate al consumo umano ai
sensi dell'art. 94 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
b) i terreni situati a distanza inferiore a duecento metri dai centri
abitati;
c) i terreni investiti da colture orticole in atto;
d) i terreni in cui siano localizzate falde che possono venire a
contatto con le acque di percolazione del suolo e comunque i terreni in
cui siano localizzate falde site ad una profondità inferiore a dieci
metri;
e) terreni gelati, innevati, saturi d'acqua e inondati, fino a quando
perdurano le piogge.
2) In linea con quanto previsto dall'art. 4, comma 1, del decreto 6
luglio 2005, le acque di vegetazione e le sanse umide non si possono
spandere ove ricorrano i seguenti casi:
a) distanza inferiore a 30 metri dai corsi d'acqua misurati a partire
dalle sponde e dagli inghiottitoi e doline, ove non diversamente
specificato dagli strumenti di pianificazione;
b) distanza inferiore ai 150 metri dall'inizio dell'arenile per le acque
marino-costiere e di transizione nonché dai corpi idrici ricadenti nelle
zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2
febbraio 1971;
c) distanza inferiore ai 120 metri dal limite autorizzato (identificato
con la recinzione) degli invasi naturali e artificiali;
d) terreni con pendenza superiore al 15% privi di sistemazione idraulico
agraria;
e) boschi;
f) giardini ed aree di uso pubblico;
g) aree di cava.
3) In base all'art. 4, comma 2, del decreto 6 luglio 2005, è vietato lo
spandimento di acque di vegetazione e sanse umide ove ricorrano i
seguenti casi:
a) siti ubicati a distanza inferiore a trenta metri da strade pubbliche,
a meno di immediato interramento;
b) aree per le quali è previsto il divieto in base a strumenti di
pianificazione territoriale, di bacino, o piani di tutela regionale;
[c) siti soggetti a riposo temporaneo, ove le acque di vegetazione e le
sanse umide siano state distribuite per quattro anni consecutivi;]
Soppresso
d) siti destinati contestualmente all'utilizzazione agronomica di altre
tipologie di reflui (effluenti di allevamento, reflui di piccole
industrie);
e) siti sui quali il sindaco ha espresso motivato diniego, secondo
quanto previsto dall'art. 3, comma 6, in precedenza citato.
4) E' comunque vietato lo spandimento di acque di vegetazione e sanse
umide in terreni per i quali non siano rispettate le condizioni di
sicurezza delle falde soggiacenti in rapporto al carico idraulico
consentito, consistente, ai sensi dell'art. 2, comma 1, della legge n.
574 del 1996, in cinquanta ovvero ottanta metri cubi di acqua per
ettaro, rispettivamente per le provenienze da frantoi a ciclo
tradizionale e da frantoi a ciclo continuo. Al rispetto di tali
condizioni di sicurezza deve essere fatto esplicito riferimento nella
relazione tecnica allegata alla comunicazione di cui all'articolo
precedente.
Art. 6
Stoccaggio e trasporto delle acque di vegetazione
1) Al fine di consentire l'ottimale uso irriguo delle acque di
vegetazione oltre che agronomico, per i frantoi che si dotino di
adeguate strutture di stoccaggio, lo spandimento può essere concluso
entro il 31 marzo di ogni anno, salvo deroga concessa dal comune ove
ricade il sito di spandimento. La deroga può essere concessa su
richiesta motivata dal legale rappresentante del frantoio. Il comune può
concedere la deroga disponendo il periodo massimo per lo spandimento che
non può superare la data del 31 maggio e le eventuali prescrizioni a
tutela dell'ambiente e della salute. Restano ferme le disposizioni in
materia di edificabilità dei suoli.(*)
2) I contenitori di stoccaggio devono avere capacità sufficiente a
contenere le acque di vegetazione nei periodi in cui l'impiego agricolo
è impedito da motivazioni agronomiche, climatiche o da disposizioni
normative.
3) Nel dimensionamento delle strutture di stoccaggio delle acque di
vegetazione si dovrà tenere conto, sulla base delle condizioni
climatiche, pedologiche, agronomiche locali e comunque nel rispetto di
un corretto utilizzo agronomico di:
- volume delle acque di vegetazione e le eventuali acque di lavaggio
delle olive e degli impianti, prodotti in 15 giorni sulla base della
potenzialità effettiva di lavorazione del frantoio nelle 8 ore;
- apporti delle precipitazioni, che possono incrementare il volume delle
acque se non si dispone di coperture adeguate;
- franco di sicurezza, di almeno 10 centimetri. Il franco deve essere
sempre libero dalle acque di vegetazione.(**)
4) Il fondo e le
pareti dei contenitori di stoccaggio delle acque di vegetazione devono
essere impermeabilizzati mediante materiale naturale o artificiale. Nel
caso di contenitori in terra, gli stessi devono essere dotati, attorno
al piede esterno dell'argine, di un fosso di guardia perimetrale
adeguatamente dimensionato e isolato idraulicamente dalla normale rete
scolante e, qualora il suolo che li delimita non garantisca una
sufficiente impermeabilizzazione (K > 1*10-7cm/s), il fondo e le pareti
devono essere impermeabilizzati con manto artificiale posto su un
adeguato strato di argilla di riporto.
5) Nella realizzazione e nella gestione dei contenitori di stoccaggio
devono essere previsti ed adottati i necessari accorgimenti tecnici e
gestionali atti a limitare le emissioni di odori molesti e la produzione
di aerosol.
6) I contenitori di stoccaggio delle acque di vegetazione esistenti alla
data di entrata in vigore del decreto 6 luglio 2005 devono essere
adeguati alle disposizioni di cui alla presente normativa entro il 19
luglio 2007. Per i frantoi collocati in aree urbanizzate il limite
ultimo per l'adeguamento è il 19 luglio 2008. Tale condizione dovrà
risultare nella comunicazione di cui all'articolo precedente.
7) Il trasporto delle acque di vegetazione deve essere effettuato
evitando fenomeni di perdita e di diffusione di esalazioni. Nel
trasferimento dovranno essere adottati i necessari accorgimenti tecnici
e gestionali atti a limitare le emissioni di odori molesti e la
produzione di aerosol.
8) Per garantire un adeguato controllo durante la movimentazione le
acque di vegetazione devono essere accompagnate da apposito documento di
identificazione. La documentazione deve essere conservata per almeno due
anni, al fine di essere resa disponibile per gli accertamenti svolti
dall'autorità di controllo.
9) Con apposito provvedimento del dipartimento regionale territorio e
ambiente, di concerto con gli altri dipartimenti interessati, saranno
definite eventuali, specifiche prescrizioni operative relative allo
stoccaggio ed al trasporto. Saranno inoltre specificati formati, moduli
e modalità operative per la tenuta della documentazione e per la
compilazione della relativa modulistica, nonché le forme semplificate
della documentazione da utilizzarsi nel caso di trasporto effettuato dal
personale dipendente dal frantoio o dal titolare del sito di
spandimento. Saranno altresì stabilite le modalità da seguire in caso di
conferimento delle acque di vegetazione ad un contenitore di stoccaggio
ubicato al di fuori del frantoio.
10) Nelle fasi di stoccaggio e trasporto delle acque di vegetazione è
vietata la miscelazione delle stesse con effluenti zootecnici,
agroindustriali o con i rifiuti di cui al decreto legislativo n. 152 del
2006.
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dal decreto interassessoriale 2 agosto 2007. Di seguito il testo previgente:
"1) In linea
con quanto previsto dall'art. 6 della legge 11 novembre 1996, n. 574, lo
stoccaggio delle acque di vegetazione deve essere effettuato per un
termine non superiore a trenta giorni in silos, cisterne o vasche
interrate o sopraelevate all'interno del frantoio o in altra località,
previa comunicazione al sindaco del luogo ove ricadono. Restano ferme le
disposizioni in materia di edificabilità dei suoli."
(**) N.d.R.: Comma così sostituito dal decreto interassessoriale 2 agosto 2007. Di seguito il testo previgente:
"3) Nel
dimensionamento delle strutture di stoccaggio delle acque di vegetazione
si dovrà tenere conto, sulla base delle condizioni climatiche,
pedologiche, agronomiche locali e comunque nel rispetto di un corretto
utilizzo agronomico, di:
a) volume delle acque di vegetazione comprensivo delle acque di lavaggio
delle olive, prodotte in trenta giorni sulla base della potenzialità
effettiva di lavorazione del frantoio nelle otto ore;
b) apporti delle precipitazioni, che possono incrementare il volume
delle acque se non si dispone di coperture adeguate;
c) franco di sicurezza di almeno dieci centimetri."
Art. 7
Stoccaggio e trasporto delle sanse umide
1) Lo stoccaggio delle sanse umide deve avvenire nel rispetto delle
condizioni di cui all'art. 5, commi 1 e 2, del decreto 6 luglio 2006. I
contenitori devono avere capacità sufficiente a contenere le sanse umide
nei periodi in cui l'impiego agricolo è impedito da motivazioni
agronomiche, climatiche o da disposizioni normative.
2) Al fine di evitare fenomeni di percolazione e infiltrazione i
contenitori per lo stoccaggio delle sanse umide devono essere
adeguatamente impermeabilizzati e coperti. Devono inoltre essere
adottati i necessari accorgimenti tecnici e gestionali atti a limitare
l'emissione di odori molesti.
3) Il trasporto delle sanse umide deve essere effettuato evitando
fenomeni di perdita e di diffusione di esalazioni. Nel trasferimento
dovranno essere adottati i necessari accorgimenti tecnici e gestionali
atti a limitare le emissioni di odori molesti e la produzione di
aerosol.
4) Per garantire un adeguato controllo durante la movimentazione le
sanse umide devono essere accompagnate da apposito documento di
identificazione. La documentazione deve essere conservata per almeno due
anni, al fine di essere resa disponibile per gli accertamenti svolti
dall'autorità di controllo.
5) Con apposito provvedimento del dipartimento regionale territorio e
ambiente, di concerto con gli altri dipartimenti interessati, saranno
definite specifiche prescrizioni operative relative allo stoccaggio ed
al trasporto, nonché formati, moduli e modalità operative per la tenuta
della documentazione e per la compilazione della relativa modulistica.
Saranno altresì definite le modalità da seguire in caso di conferimento
delle sanse ad un contenitore di stoccaggio ubicato al di fuori del
frantoio.
6) Nelle fasi di stoccaggio e trasporto delle sanse umide è vietata la
miscelazione delle stesse con effluenti zootecnici, agroindustriali o
con i rifiuti di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006.
Art. 8
Modalità di spandimento di acque di vegetazione e sanse umide
1) Lo spandimento delle acque di vegetazione e delle sanse umide
deve essere realizzato assicurando una idonea distribuzione ed
assimilazione delle sostanze distribuite sui terreni, in modo da evitare
conseguenze tali da mettere in pericolo l'approvvigionamento idrico,
nuocere alle risorse viventi ed al sistema ecologico.
2) Per le acque di vegetazione lo spandimento si intende realizzato in
modo tecnicamente corretto e compatibile con le condizioni di produzione
nel caso di distribuzione uniforme del carico idraulico sull'intera
superficie dei terreni, in modo da evitare fenomeni di ruscellamento.
3) L'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione mediante
spandimento è consentita nel rispetto dei limiti di accettabilità annui
previsti dall'art. 2 della legge n. 574/96 e dall'art. 4, comma 3, del
decreto legislativo 6 luglio 2005, ovvero:
a) 50 m3/ettaro/anno per le acque di vegetazione provenienti da impianti
a ciclo tradizionale;
b) 80 m3/ettaro/anno per le acque di vegetazione provenienti da impianti
a ciclo continuo;
c) 50 m3/ettaro/anno per le acque di vegetazione provenienti da impianti
di tipo misto (tradizionali e continui), se le acque di vegetazione non
sono gestite separatamente ma sono miscelate.
4) Per le sanse umide si applicano i seguenti limiti di accettabilità:
a) 10 m3/ettaro/anno, se prodotte da impianti a ciclo tradizionale;
b) 15 m3/ettaro/anno, se prodotte da impianti a ciclo continuo.
5) Lo spandimento delle sanse umide deve essere seguito, nell'arco
temporale di 48 ore, da adeguato interramento attraverso lavorazioni
agro-meccaniche.
Art. 9
Inosservanza delle norme tecniche per l'utilizzazione agronomica
1) L'inosservanza delle norme stabilite dalla presente disciplina è
soggetta, a seconda della gravità della violazione, alle sanzioni di cui
all'art. 8 della legge n. 574/96 e all'art. 137, comma 14, del decreto
legislativo n. 152/2006 e successive modifiche ed integrazioni.
2) Per l'accertamento delle violazioni previste dal presente articolo
sono competenti comune, provincia regionale e Arpa. All'irrogazione
delle relative sanzioni provvede la provincia regionale.
3) Ai sensi dell'art. 28, comma 8, della legge regionale 27 aprile 1999,
n. 10, l'autorità competente a ricevere il rapporto di cui all'art. 17
della legge 24 novembre 1981, n. 689, è la Provincia regionale
competente per territorio, cui spetta l'emissione
dell'ordinanza-ingiunzione ovvero di archiviazione, di cui al successivo
art. 18 della stessa legge in attuazione delle disposizioni di cui agli
artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Con apposita
circolare del dipartimento regionale territorio e ambiente, di concerto
con gli altri dipartimenti interessati, saranno definite le necessarie
modalità operative.
4) Il sindaco, in caso di mancato rispetto dei criteri e delle norme
tecniche previste dalla presente disciplina regionale, inclusi gli
obblighi per i quali non sono previste sanzioni ai sensi delle succitate
normative nazionali, e visto l'art. 8, comma 1, del D.M. 6 luglio 2005,
adotta i necessari provvedimenti per sospendere o limitare lo
spandimento delle acque di vegetazione e/o delle sanse umide.
5) Secondo quanto previsto dall'art. 7, comma 1, del decreto 6 luglio
2005, il dipartimento regionale territorio e ambiente adotterà, entro
quattro mesi dalla data di pubblicazione del presente decreto, uno
specifico Piano regionale di controllo, da attuare attraverso le
autorità preposte al controllo (Arpa, province, comuni), finalizzato
alla verifica delle attività di utilizzazione agronomica presso frantoi,
centri di stoccaggio e siti di spandimento, a cui gli interessati sono
chiamati a collaborare, fornendo le informazioni richieste ed agevolando
accesso ai luoghi.
Art. 10
Controlli e relazioni periodiche
1) I controlli sulle attività di utilizzazione agronomica delle
acque di vegetazione e delle sanse umide sono preventivi e successivi.
2) Il legale rappresentante del frantoio, il titolare del sito di
spandimento e l'eventuale responsabile del contenitore di stoccaggio
sono tenuti a fornire le informazioni richieste ed a consentire,
all'autorità di controllo, l'accesso alle strutture ed ai siti
interessati dall'utilizzazione agronomica ed oggetto della
comunicazione.
3) L'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente procede, secondo
quanto previsto dall'art. 9, comma 1, della legge n. 574/99, e secondo
un piano concordato con il dipartimento regionale territorio e ambiente,
alla verifica periodica delle operazioni di spandimento a fini di tutela
ambientale. L'agenzia fornisce inoltre il supporto tecnico previsto
dall'art. 7, comma 1, del decreto 6 luglio 2005, al fine di contribuire
al corretto espletamento delle attività di utilizzazione agronomica
delle acque di vegetazione e delle sanse umide.
4) La Provincia regionale procede alla verifica periodica delle attività
di stoccaggio e movimentazione ed all'accertamento delle violazioni
della normativa vigente, procedendo all'irrogazione delle sanzioni di
competenza. A tal fine, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del
presente decreto, la provincia elabora, avvalendosi della commissione
provinciale tutela ambiente e di concerto con Arpa e comuni, il Piano
provinciale di controllo dell'utilizzazione agronomica delle acque di
vegetazione e delle sanse umide, redatto sulla base delle indicazioni
contenute nel Piano regionale di controllo.
5) Entro il 31 ottobre di ogni anno la Commissione provinciale per la
tutela dell'ambiente e la lotta contro l'inquinamento trasmette al
dipartimento regionale territorio e ambiente ed alla provincia
territorialmente competente un estratto informatizzato di ciascuna
comunicazione relativa ad attività di utilizzazione agronomica delle
acque di vegetazione e delle sanse umide, e una relazione a scala
provinciale contenente i dati di cui all'art. 7, comma 2, del decreto 6
luglio 2005, relativi all'anno precedente. Protocolli, formati e
modalità operative saranno definiti, con apposito provvedimento, dal
dipartimento regionale territorio e ambiente.
6) Secondo quanto previsto dall'art. 7 del decreto 6 luglio 2005, a
partire dal 19 luglio 2008 il dipartimento regionale territorio e
ambiente provvederà ad inviare al Ministero ambiente ed al Ministero
delle politiche agricole e forestali, con cadenza triennale, una
relazione sull'applicazione della legge n. 574 del 1996, conforme alle
specifiche di cui all'allegato 1/C.
Allegato 1/A
COMUNICAZIONE
La comunicazione deve contenere, ai sensi del decreto 6 luglio 2005,
almeno gli elementi di cui all'elenco seguente.
A) Parte generale
La comunicazione ha la finalità di rendere disponibili alle
amministrazioni competenti le informazioni per valutare la coerenza
delle pratiche di utilizzazione agronomica proposte con le norme
vigenti, nonché di assolvere a più generali finalità di monitoraggio
ambientale, e per il primo spandimento, comprende:
a) la dichiarazione, nella quale il legale rappresentante del frantoio
si impegna a rispettare:
1) i contenuti della legge n. 574 del 1996;
2) le disposizioni di cui al presente decreto;
3) le disposizioni igienico-sanitarie, ambientali ed urbanistiche
regionali e comunali e le eventuali prescrizioni impartite dal sindaco;
4) i contenuti della relazione tecnica allegata alla comunicazione;
b) la relazione tecnica di cui all'art. 3 della legge n. 574 del 1996
riportante almeno le notizie e i dati di cui all'allegato 1/B relativi
ad ognuno dei siti di spandimento, sottoscritta da un agronomo o perito
agrario o agrotecnico o geologo. Il professionista incaricato si avvarrà
delle necessarie e specifiche consulenze professionali;
c) la dichiarazione, a firma del titolare del sito di spandimento, che è
a conoscenza e si impegna a rispettare:
1) i contenuti della legge n. 574 del 1996;
2) le disposizioni di cui al presente decreto;
3) le disposizioni igienico-sanitarie, ambientali ed urbanistiche
regionali e comunali e le eventuali prescrizioni impartite dal sindaco;
4) i contenuti della relazione tecnica allegata alla comunicazione.
B) Dati del legale rappresentante e dati e caratteristiche del frantoio
B.1) Nominativo del legale rappresentante.
B.2) Denominazione del frantoio, indirizzo, recapito telefonico e fax.
B.3) Tipologia del ciclo di lavorazione (pressione, continuo a due fasi,
continuo a tre fasi).
B.4) Tonnellate di olive molibili in otto ore (potenzialità produttiva).
B.5) Produzione stimata di acque di vegetazione e di sanse umide in m3.
B.6) Giorni di durata prevedibile della campagna oleicola.
B.7) Produzione annua media di sanse umide non inviate al sansificio,
espressa in m3.
C) Dati relativi ai siti di spandimento
C.1) Periodo entro il quale si prevede di effettuare lo spandimento.
C.2) Quantità totali di acque di vegetazione e di sanse umide espresse
in m3 che si prevede di spandere nel sito.
C.3) Nominativo ed indirizzo del titolare del sito di spandimento.
C.4) Superficie agricola utilizzata per lo spandimento (espressa in
ettari ed are) ubicazione e attestazione del relativo titolo d'uso.
C.5) Numero di anni per i quali è previsto l'utilizzo del sito
richiamato nell'allegato 1/B.
D) Dati e caratteristiche dei contenitori di stoccaggio
D.1) Titolare del contenitore di stoccaggio.
D.2) Volume complessivo dei contenitori di stoccaggio delle acque di
vegetazione recepibili espresso in m3.
D.3) Localizzazione (indirizzo, comune, provincia).
D.4) Tipologia del contenitore (manufatto in cemento o bacino
impermeabilizzato; presenza o assenza di copertura).
D.5) Contenitore di stoccaggio adeguato, dal punto di vista tecnico,
alle prescrizioni del decreto 6 luglio 2005.
Allegato 1/B
NOTIZIE E DATI DA INSERIRE NELLA RELAZIONE TECNICA PREVISTA DALL'ART. 4
A) Sito oggetto dello spandimento
1) Aspetti generali.
1.1) Titolare del sito di spandimento.
1.2) Identificazione catastale (foglio di mappa e particelle).
1.3) Superficie totale e superficie utilizzata per lo spandimento.
2) Pedologia.
2.1) pH.
2.2) Stima della capacità di accettazione delle piogge (fare riferimento
alla "Guida alla descrizione dei suoli in campagna e alla definizione
delle loro qualità" dell'istituto sperimentale per lo studio e la difesa
del suolo di Firenze, escludendo le classi "bassa" e "molto bassa").
2.3) Stima della conducibilità idraulica satura (stesso riferimento e
stesse esclusioni del punto precedente).
3) Geomorfologia.
3.1) Specificare se il terreno è in pendenza o pianeggiante e descrivere
dettagliatamente le relative sistemazioni idraulico-agrarie, riportando,
ove presenti, le dimensioni dei terrazzamenti.
4) Idrogeologia.
4.1) Ove presente falda temporanea specificare la sua profondità.
4.2) Profondità della prima falda permanente.
4.3) Ove presenti corpi idrici lungo i confini dell'appezzamento
indicazione della loro denominazione.
4.4) Bacino idrografico di riferimento.
5) Agroambiente
5.1) Se coltura in atto indicarne la specie. Nel caso di colture
erbacee, specificare se si adottano rotazioni o avvicendamenti
colturali.
5.2) Nel caso di terreno non coltivato specificare le motivazioni.
B) Trasporto e spandimento
1) Denominazione, indirizzo, tel., fax della ditta che eseguirà il
trasporto.
2) Denominazione, indirizzo, tel., fax della ditta che eseguirà lo
spandimento per l'utilizzo agronomico.
3) Capacità e tipologia del contenitore che si prevede di utilizzare per
il trasporto.
4) Modalità di spandimento.
C) Cartografia
1) Corografia scala 1:25.000 o di maggiore dettaglio riportante:
a) l'indicazione dei siti di spandimento cerchiati in rosso;
b) l'ubicazione dei pozzi pubblici e/o privati ad uso potabile e delle
loro aree di rispetto;
c) l'indicazione delle abitazioni non indicate in cartografia e relative
aree di rispetto.
2) Estratto di mappa catastale riportante:
a) l'individuazione delle particelle o loro parti costituenti ciascun
sito circolate in rosso;
b) le caratteristiche pedogeomorfologiche, idrogeologiche ed
agroambientali di ciascun sito come indicate nella relazione.
Allegato 1/C
CONTENUTI DELLA RELAZIONE REGIONALE DI CUI ALL'ART. 10, COMMA 6
Dati generali
Dovranno essere trasmesse le seguenti informazioni:
- numero delle comunicazioni ricevute in totale;
- quantità totale di acque di vegetazione e di sanse umide, espresse in
m3, per le quali è stata effettuata comunicazione;
- superficie complessiva dei terreni di spandimento riportati nelle
comunicazioni nonché dei terreni effettivamente recipienti espressa in
Ha.
Per ogni bacino idrografico di recepimento:
- quantità delle acque di vegetazione e delle sanse umide oggetto di
effettivo spandimento distinta per tipologia di frantoio di provenienza
(ciclo continuo o pressione) ed espressa in m3;
- superficie complessiva dei terreni effettivamente recipienti espressa
in Ha.
Monitoraggio delle acque
Per l'attività di monitoraggio delle acque verso cui drenano i terreni
sui quali si svolgono le attività di utilizzazione agronomica delle
acque di vegetazione e delle sanse umide si fa riferimento al
monitoraggio avviato ai sensi del decreto legislativo n. 152/2006. La
relazione, da redigere in forma sintetica, deve contenere le
informazioni sullo stato di qualità dei corpi idrici superficiali e
sotterranei interessati relativamente almeno ai seguenti parametri:
- BOD5;
- COD;
- azoto totale;
- azoto ammoniacale;
- azoto nitrico;
- ossigeno disciolto;
- fosforo totale;
- ortofosfato;
- escherichia coli.
Qualora i corpi idrici siano classificati come significativi, la
relazione deve contenere i codici di identificazione di cui alle schede
del decreto ministeriale 19 agosto 2003 relativo alle "Modalità di
trasmissione delle informazioni sullo stato di qualità dei corpi idrici
e sulla classificazione delle acque".
Monitoraggio del suolo
Dovranno essere individuati quattro differenti terreni rappresentativi
della natura dei suoli regionali oggetto di spandimento di acque di
vegetazione e di sanse umide. Su di essi lo spandimento viene praticato
ogni anno e viene eseguito un monitoraggio triennale rendendo
disponibili i valori della salinità, pH e carbonio organico rilevati
secondo le modalità previste dal decreto ministeriale 13 settembre 1999,
n. 185, recante "Approvazione dei metodi ufficiali di analisi chimica
del suolo".
Monitoraggio di altre risorse ambientali
Ove siano osservati o rilevati cambiamenti o peggioramenti delle
precedenti condizioni del sito di spandimento imputabili
all'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e delle sanse
umide, dovranno essere descritti tipo, intensità, diffusione e criterio
di attribuzione allo spandimento delle acque e delle sanse predette.
Sanzioni amministrative irrogate
Saranno acquisiti e trasmessi i dati delle ispezioni effettuate dagli
organi preposti, con riferimento al numero ed ai relativi risultati,
nonché informazioni sulle sanzioni amministrative e penali irrogate.
Allegato 2
DISCIPLINA REGIONALE RELATIVA ALL'UTILIZZAZIONE AGRONOMICA DEGLI
EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO E DELLE ACQUE REFLUE PROVENIENTI DALLE AZIENDE
DI CUI ALL'ART. 101, COMMA 7, LETTERE A), B) E C), DEL DECRETO
LEGISLATIVO 3 APRILE 2006, N. 152, E DA PICCOLE AZIENDE AGROALIMENTARI
Titolo I
AMBITO DI APPLICAZIONE
Art. 1
Ambito di applicazione
1) La presente normativa definisce, ai sensi dell'art. 112 (commi 2
e 3) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, i criteri e le norme
tecniche per le attività di utilizzazione agronomica degli effluenti di
allevamento e delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui
all'art. 101, comma 7, lett. a), b) e c) del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, e da piccole aziende agroalimentari, al fine di
garantire la tutela dei corpi idrici ed il raggiungimento o il
mantenimento dei relativi obiettivi di qualità.
2) Resta fermo quanto previsto dagli artt. 91 sulle aree sensibili, 92
sulle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e 94 sulla
disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e
sotterranee destinate al consumo umano del decreto legislativo n.
152/2006, e dal decreto legislativo n. 59 del 18 febbraio 2005 per gli
impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 del relativo
allegato I.
3) La domanda di autorizzazione prevista per gli impianti di allevamento
intensivo di cui al punto 6.6 dell'allegato I del decreto legislativo n.
59/2005 deve tener conto degli obblighi derivanti dal decreto del
Ministero delle politiche agricole e forestali 7 aprile 2006 e dal
presente decreto.
4) Lo spandimento degli effluenti e dei reflui disciplinati dal presente
decreto deve essere praticato nel rispetto di criteri generali di
utilizzazione delle sostanze nutritive ed ammendanti in esse contenuti,
che tengano conto delle caratteristiche pedo-geomorfologiche,
idrogeologiche ed agroambientali del sito e che siano rispettosi delle
norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed urbanistiche.
5. L'utilizzazione agronomica dello stallatico, effettuata ai sensi del
presente decreto, non necessita del documento commerciale,
dell'autorizzazione sanitaria, dell'identificazione specifica, del
riconoscimento degli impianti di immagazzinaggio di cui all'art. 7 del
regolamento CE n. 1774/2002.
6. Resta fermo quanto previsto dal regolamento CE n. 1774/ 2002, art. 5,
comma 1, lett. a).
Art. 2
Definizioni
1) Si richiamano di seguito le definizioni di cui all'art. 2 del
decreto 7 aprile 2006 ed all'art. 54 del decreto legislativo n. 152 del
2006:
a) consistenza dell'allevamento: il numero di capi mediamente presenti
nell'allevamento;
b) stallatico: ai sensi del regolamento CE n. 1774/2002 e sue
modificazioni, gli escrementi e/o l'urina di animali di allevamento, con
o senza lettiera, o il guano, non trattati o trattati;
c) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso
l'azoto allo stato molecolare gassoso;
d) fertilizzante: qualsiasi sostanza contenente uno o più elementi
fertilizzanti, applicata al terreno per favorire la crescita della
vegetazione, compresi gli effluenti zootecnici, i residui degli
allevamenti ittici e i fanghi degli impianti di depurazione;
e) concime: qualsiasi fertilizzante minerale, organico, organo-minerale,
prodotto mediante procedimento industriale;
f) effluenti di allevamento palabili/non palabili: miscele di stallatico
e/o residui alimentari e/o perdite di abbeverata e/o acque di
veicolazione delle deiezioni e/o materiali lignocellulosici utilizzati
come lettiera in grado/non in grado, se disposti in cumulo su platea, di
mantenere la forma geometrica ad essi conferita;
g) liquami: effluenti di allevamento non palabili. Sono assimilati ai
liquami, se provenienti dall'attività di allevamento:
1) i liquidi di sgrondo di materiali palabili in fase di stoccaggio;
2) i liquidi di sgrondo di accumuli di letame;
3) le deiezioni di avicoli e cunicoli non mescolate a lettiera;
4) le frazioni non palabili, da destinare all'utilizzazione agronomica,
derivanti da trattamenti di effluenti zootecnici di cui all'allegato I,
tabella 3, del decreto 7 aprile 2006;
5) i liquidi di sgrondo dei foraggi insilati.
Le acque di lavaggio di strutture, attrezzature ed impianti zootecnici,
se mescolate ai liquami definiti alla presente lettera e qualora
destinate ad utilizzo agronomico, sono da considerare come liquami;
qualora non siano mescolate ai liquami, tali acque sono assoggettate
alle disposizioni di cui al titolo III;
h) letami: effluenti di allevamento palabili, provenienti da allevamenti
che impiegano la lettiera; sono assimilati ai letami, se provenienti
dall'attività di allevamento:
1) le lettiere esauste di allevamenti avicunicoli;
2) le deiezioni di avicunicoli anche non mescolate a lettiera rese
palabili da processi di disidratazione naturali o artificiali che hanno
luogo sia all'interno, sia all'esterno dei ricoveri;
3) le frazioni palabili, da destinare all'utilizzazione agronomica,
risultanti da trattamenti di effluenti zootecnici di cui all'allegato I,
tabella 3;
4) i letami, i liquami e/o i materiali ad essi assimilati, sottoposti a
trattamento di disidratazione e/o compostaggio;
i) stoccaggio: deposito degli effluenti zootecnici e delle acque reflue
provenienti dalle aziende di cui all'art. 101, comma 7, lett. a), b) e
c) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e da piccole aziende
agroalimentari, così come previsto dagli artt. 13 e 14 del decreto 7
aprile 2006;
j) accumuli di letami: depositi temporanei di letami idonei all'impiego,
effettuati in prossimità e/o sui terreni destinati all'utilizzazione,
così come previsto dall'art. 7, comma 5, del decreto 7 aprile 2006;
k) trattamento: qualsiasi operazione, compreso lo stoccaggio, atta a
modificare le caratteristiche degli effluenti di allevamento, al fine di
migliorare la loro utilizzazione agronomica e contribuire a ridurre i
rischi igienico-sanitari;
l) destinatario: il soggetto che riceve gli effluenti sui terreni che
detiene a titolo d'uso per l'utilizzazione agronomica;
m) fertirrigazione: l'applicazione al suolo effettuata mediante
l'abbinamento dell'adacquamento con la fertilizzazione, attraverso
l'addizione controllata alle acque irrigue di quote di liquame;
n) allevamenti di piccole dimensioni: allevamenti con produzione di
azoto al campo per anno inferiore a 3.000 Kg.;
o) area aziendale omogenea: porzione della superficie aziendale uniforme
per caratteristiche quali ad esempio quelle dei suoli, avvicendamenti
colturali, tecniche colturali, rese colturali, dati meteorologici e
livello di vulnerabilità individuato dalla cartografia regionale delle
zone vulnerabili ai nitrati;
p) codice di buona pratica agricola: il codice di cui al decreto 19
aprile 1999 del Ministro per le politiche agricole, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999;
q) allevamenti, aziende e contenitori di stoccaggio esistenti: ai fini
dell'utilizzazione agronomica di cui al decreto 7 aprile 2006 si
intendono quelli in esercizio alla data di entrata in vigore dello
stesso;
r) piccole aziende agroalimentari: aziende appartenenti ai settori
lattiero-caseario, vitivinicolo e ortofrutticolo che producono
quantitativi di acque reflue non superiori a 4.000 m3/anno e
quantitativi di azoto, contenuti in dette acque a monte della fase di
stoccaggio, non superiori a 1.000 Kg./anno;
s) utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento,
acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende
agro-alimentari, dalla loro produzione fino all'applicazione al terreno
ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo
delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute;
t) applicazione al terreno: l'apporto di materiale al terreno mediante
spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione,
interramento;
u) sito di spandimento: una o più particelle catastali o parti di esse
omogenee per caratteristiche pedogeomorfologiche, idrogeologiche ed
agroambientali, su cui si effettua lo spandimento;
v) titolare del sito di spandimento: il proprietario o conduttore del
sito di spandimento;
z) zone vulnerabili: zone di territorio che scaricano direttamente o
indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in
corpi idrici già inquinati, o che potrebbero esserlo in conseguenza di
tali tipi di scarichi.
2) Si richiamano di seguito gli acronimi utilizzati nel presente
documento:
- CBPA: Codice di buona pratica agricola;
- CPTA: Commissione provinciale per la tutela dell'ambiente e la lotta
contro l'inquinamento;
- AUSL: Azienda unità sanitaria locale;
- PSR: Piano di sviluppo rurale;
- PUA: Piano di utilizzazione agronomica;
- SAU: Superficie agricola utilizzata aziendale;
- SIAS: Servizio informativo agrometereologico siciliano;
- UBA: Unità di bestiame adulto.
Art. 2bis
Competenze
1) La Regione redige il Piano regionale di controllo sulle modalità
di utilizzazione agronomica nelle aziende e disciplina le attività di
utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque
reflue provenienti dalle aziende di cui all'art. 101, comma 7, lett. a),
b) e c), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e da piccole
aziende agroalimentari, sulla base di criteri e norme tecniche generali
adottati dallo Stato, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici
potenzialmente interessati ed il raggiungimento o il mantenimento degli
obiettivi di qualità previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, con riferimento in particolare a:
a) modalità di attuazione dell'art. 112 del decreto legislativo n. 152
del 2006;
b) norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo
agronomico;
c) criteri e procedure di controllo;
d) sanzioni amministrative pecuniarie.
2) La provincia, avvalendosi della Commissione provinciale tutela
ambiente, elabora il Piano provinciale di controllo dell'utilizzazione
agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue, effettua
i controlli di competenza, e procede all'accertamento delle violazioni
previste dalla normativa vigente ed all'irrogazione delle relative
sanzioni.
3) Ai sensi dell'art. 28, comma 8, della legge regionale 27 aprile 1999,
n. 10, l'autorità competente a ricevere il rapporto di cui all'art. 17
della legge 24 novembre 1981, n. 689, è la provincia regionale
competente per territorio, cui spetta l'emissione
dell'ordinanza-ingiunzione ovvero di archiviazione, di cui al successivo
art. 18 della stessa legge in attuazione delle disposizioni di cui agli
artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
4) La Commissione provinciale per la tutela dell'ambiente e la lotta
contro l'inquinamento valuta la compatibilità con il contesto ambientale
alla luce delle caratteristiche pedo-geomorfologiche, idrogeologiche ed
agroambientali del sito, e con riferimento in particolare alle norme
igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed urbanistiche vigenti.
Tramite l'ufficio di segreteria cura l'archiviazione informatica dei
dati delle comunicazioni, rendendoli disponibili alle autorità
competenti. Elabora inoltre, a scala provinciale, i dati relativi alle
attività di utilizzazione agronomica disciplinate dal presente decreto,
fornendo il necessario supporto agli organi di controllo, ed al Centro
regionale di documentazione sulle acque, per dare seguito agli
adempimenti previsti dagli artt. 18, 30, 32 e 33 del decreto 7 aprile
2006.
5) L'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente procede alla
verifica periodica delle operazioni di spandimento a fini di tutela
ambientale secondo un piano concordato con il dipartimento regionale
territorio e ambiente, effettua i controlli di competenza, e fornisce il
supporto tecnico necessario al fine di contribuire al corretto
espletamento delle attività di utilizzazione agronomica degli effluenti
e dei reflui di cui all'art. 1.
6) L'Azienda unità sanitaria locale procede al rilascio del giudizio
igienico-sanitario per gli aspetti di competenza.
7) Il sindaco riceve la comunicazione di cui agli artt. 18 e 29, ponendo
eventuali limitazioni o prescrizioni all'utilizzazione agronomica degli
effluenti e dei reflui di cui all'art. 1. Effettua inoltre i controlli
di competenza e procede all'accertamento delle violazioni previste dalla
normativa vigente.
Titolo II
EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO
Art. 3
Disposizioni generali
1) L'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento è
finalizzata al recupero delle sostanze nutritive ed ammendanti contenute
negli stessi effluenti.
2) L'utilizzazione agronomica è consentita purché siano garantiti:
a) la tutela dei corpi idrici e, per gli stessi, il non pregiudizio del
raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui agli artt. 76 e
successivi del decreto legislativo n. 152/2006;
b) la produzione, da parte degli effluenti, di un effetto concimante e/o
ammendante sul suolo e l'adeguatezza della quantità di azoto efficiente
applicata e dei tempi di distribuzione ai fabbisogni delle colture;
c) il rispetto delle norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed
urbanistiche.
3) L'Ispettorato regionale veterinario, nell'ambito di strategie di
gestione integrata degli effluenti e considerata la peculiarità degli
allevamenti della Regione, promuoverà l'adozione di un piano atto a
favorire la riduzione delle escrezioni di azoto, attraverso l'utilizzo
di appropriate tecniche nutrizionali ed il ricorso ad idonee modalità di
allevamento, stabulazione e rimozione degli effluenti, allo scopo di
ridurre le emissioni di composto azotati nell'ambiente.
Art. 4
Divieti di utilizzazione dei letami
1) L'utilizzo dei letami è vietato nelle seguenti situazioni:
a) sulle superfici non interessate dall'attività agricola, fatta
eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per le aree soggette
a recupero e ripristino ambientale;
b) nei boschi, ad esclusione degli effluenti rilasciati dagli animali
nell'allevamento brado;
c) entro 20 metri di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua;
d) per le acque marino-costiere e di transizione, nonché dai corpi
idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione
di Ramsar del 2 febbraio 1971, entro 30 metri di distanza dall'inizio
dell'arenile;
e) per gli invasi naturali e artificiali entro 80 metri di distanza dal
limite autorizzato (identificato con la recinzione);
f) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con
frane in atto e terreni saturi d'acqua, fatta eccezione per i terreni
adibiti a colture che richiedono la sommersione;
g) in tutte le situazioni in cui l'autorità competente provvede ad
emettere specifici provvedimenti di divieto o di prescrizione in ordine
alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive per gli
animali, per l'uomo e per la difesa dei corpi idrici.
Art. 5
Divieti di utilizzazione dei liquami
1) L'utilizzo dei liquami, oltre che nei casi previsti all'art. 4, è
vietato nelle seguenti situazioni e periodi:
a) su terreni con pendenza media superiore al 10%;
b) entro 30 metri dalle sponde dei corsi d'acqua;
c) entro 50 metri dalle sponde dei corsi d'acqua ricadenti nei bacini
individuati sensibili ai sensi del piano regionale di tutela delle
acque;
d) entro 150 metri dall'inizio dell'arenile per le acque marino-costiere
e di transizione e per i corpi idrici ricadenti nelle zone umide
individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971;
e) entro 100 metri di distanza dal limite autorizzato (identificato con
la recinzione) degli invasi naturali e artificiali;
f) entro 30 metri dalle strade e 300 metri dai centri abitati, o ad
ulteriori distanze definite da altre eventuali disposizioni in materia,
a meno che i liquami siano distribuiti con tecniche atte a limitare
l'emissione di odori sgradevoli o vengano immediatamente interrati,
salvo diverse disposizioni;
g) nei casi in cui i liquami possano venire a diretto contatto con i
prodotti destinati al consumo umano;
h) in orticoltura, a coltura presente, nonché su colture da frutto, a
meno che il sistema di distribuzione non consenta di salvaguardare
integralmente la parte aerea delle piante;
i) dopo l'impianto della coltura nelle aree adibite a parchi o giardini
pubblici, campi da gioco, utilizzate per ricreazione o destinate in
genere ad uso pubblico;
j) su colture foraggiere nelle tre settimane precedenti lo sfalcio del
foraggio o il pascolamento;
k) siti destinati contestualmente all'utilizzazione agronomica di altri
tipi di reflui (acque di vegetazione e sanse umide e reflui di piccole
industrie).
2) Fermo restando quanto previsto dagli articoli seguenti, con apposito
provvedimento del dipartimento regionale territorio e ambiente di
concerto con i dipartimenti dell'Assessorato dell'agricoltura e delle
foreste e dell'Assessorato della sanità saranno definite eventuali
ulteriori prescrizioni operative di dettaglio, relative alle modalità di
stoccaggio, finalizzate a garantire le migliori condizioni di tutela dei
corpi idrici e dell'ambiente.
Art. 6
Trattamento e stoccaggio: criteri generali
1) I trattamenti degli effluenti di allevamento e le modalità di
stoccaggio sono finalizzati, oltre che a contribuire alla messa in
sicurezza igienico-sanitaria, a garantire la protezione dell'ambiente e
la corretta gestione agronomica degli effluenti stessi, rendendoli
disponibili all'utilizzo nei periodi più idonei sotto il profilo
agronomico e nelle condizioni adatte per l'utilizzazione. Nella tabella
3 dell'allegato I al decreto 7 aprile 2006 è riportato l'elenco dei
trattamenti indicativi funzionali a tale scopo; rendimenti diversi da
quelli riportati nella citata tabella dovranno essere giustificati
secondo le modalità precisate al punto 3 dell'allegato IV parte A al
decreto 7 aprile 2006. I trattamenti non devono comportare l'addizione
agli effluenti di sostanze potenzialmente dannose per il suolo, le
colture, gli animali e l'uomo per la loro natura e/o concentrazione.
2) Gli effluenti destinati all'utilizzazione agronomica devono essere
raccolti in contenitori per lo stoccaggio dimensionati secondo le
esigenze colturali e di capacità sufficiente a contenere gli effluenti
prodotti nei periodi in cui l'impiego agricolo è limitato o impedito da
motivazioni agronomiche, climatiche o normative, e tali da garantire
almeno le capacità di stoccaggio indicate al comma 2 dell'art. 7 ed ai
commi 6 e 7 dell'art. 8.
Art. 7
Stoccaggio e accumulo dei materiali palabili
1) Lo stoccaggio dei materiali palabili deve avvenire su platea
impermeabilizzata, fatto salvo quanto precisato al successivo comma 4,
avente una portanza sufficiente a reggere, senza cedimenti o lesioni, il
peso del materiale accumulato e dei mezzi utilizzati per la
movimentazione. In considerazione della consistenza palabile dei
materiali, la platea di stoccaggio deve essere munita di idoneo cordolo
o di muro perimetrale, con almeno un'apertura per l'accesso dei mezzi
meccanici per la completa asportazione del materiale e deve essere
dotata di adeguata pendenza per il convogliamento verso appositi sistemi
di raccolta e stoccaggio dei liquidi di sgrondo e/o delle eventuali
acque di lavaggio della platea.
2) Fatti salvi specifici provvedimenti in materia igienico-sanitaria, la
capacità di stoccaggio, calcolata in rapporto alla consistenza di
allevamento stabulato ed al periodo in cui il bestiame non è al pascolo,
non deve essere inferiore al volume di materiale palabile prodotto in 90
giorni. Per il dimensionamento della platea di stoccaggio dei materiali
palabili, qualora non sussistano esigenze particolari di una più
analitica determinazione dei volumi stoccati, si fa riferimento alla
tabella 1 dell'allegato I al decreto 7 aprile 2006. Per gli allevamenti
avicoli a ciclo produttivo inferiore a 90 giorni le lettiere possono
essere stoccate al termine del ciclo produttivo sottoforma di cumuli in
campo, fatte salve diverse disposizioni delle autorità sanitarie. Il
volume di stoccaggio degli allevamenti di piccole dimensioni deve essere
calcolato in rapporto alla consistenza dell'allevamento, alla modalità
di conduzione degli stessi (brado, semi-brado, a stabulazione fissa)
tenendo conto dei periodi in cui il bestiame è al pascolo.
3) Il calcolo della superficie della platea di stoccaggio dei materiali
palabili deve essere funzionale al tipo di materiale stoccato; in
relazione ai volumi di effluente per le diverse tipologie di allevamento
di cui alla tabella 1, allegato I al presente decreto, si riportano di
seguito, per i diversi materiali palabili, valori indicativi, per i
quali dividere il volume di stoccaggio espresso in m3 al fine di
ottenere la superficie in m2 della platea:
a) 2 per il letame;
b) 2 per le lettiere esauste degli allevamenti cunicoli;
c) 2 per le lettiere esauste degli allevamenti avicoli;
d) fino a 2,5 per le deiezioni di avicunicoli rese palabili da processi
di disidratazione;
e) 1,5 per le frazioni palabili risultanti da trattamento termico e/o
meccanico di liquami;
f) 1 per fanghi palabili di supero da trattamento aerobico e/o
anaerobico di liquami da destinare all'utilizzo agronomico;
g) 1,5 per letami e/o materiali ad essi assimilati sottoposti a processi
di compostaggio;
h) 3,5 per i prodotti palabili, come la pollina delle galline ovaiole
allevate in batterie con sistemi di pre-essiccazione ottimizzati, aventi
un contenuto di sostanza secca superiore al 65%.
Per tali materiali lo stoccaggio può avvenire anche in strutture di
contenimento coperte, aperte o chiuse senza limiti di altezza.
4) Sono considerate utili, ai fini del calcolo della capacità di
stoccaggio, le superfici della lettiera permanente, purché alla base
siano impermeabilizzate secondo le indicazioni del comma 1, nonché, nel
caso delle galline ovaiole e dei riproduttori, fatte salve diverse
disposizioni delle autorità sanitarie, le cosiddette "fosse profonde"
dei ricoveri a due piani e le fosse sottostanti i pavimenti fessurati
(posatoi) nell'allevamento a terra. Per le lettiere permanenti il
calcolo del volume stoccato fa riferimento ad altezze massime della
lettiera di 0,60 m. nel caso dei bovini, di 0,15 m. per gli avicoli,
0,30 m. per le altre specie.
5) Fatta salva la disposizione di cui al comma 2 per gli allevamenti
avicoli a ciclo produttivo inferiore a 90 giorni, l'accumulo su suolo
agricolo di letami e di lettiere esauste di allevamenti avicunicoli,
esclusi gli altri materiali assimilati, definiti all'art. 2, comma 1,
lett. h), è ammesso solo dopo uno stoccaggio di almeno 90 giorni; tale
accumulo può essere praticato ai soli fini dell'utilizzazione agronomica
sui terreni circostanti ed in quantitativi non superiori al fabbisogno
di letame dei medesimi.
La collocazione degli accumuli non è ammessa a distanza inferiore a 100
metri dai corpi idrici, inoltre non deve essere ripetuto nello stesso
luogo per più di una stagione agraria.
6) I liquidi di sgrondo dei materiali palabili vengono assimilati, per
quanto riguarda il periodo di stoccaggio, ai materiali non palabili come
trattati ai commi 6 e 7 dell'art. 8.
Art. 8
Stoccaggio dei materiali non palabili
1) Gli stoccaggi degli effluenti non palabili devono essere
realizzati in modo da poter accogliere anche le acque di lavaggio delle
strutture, degli impianti e delle attrezzature zootecniche, fatta
eccezione per le trattrici agricole, quando queste acque vengano
destinate all'utilizzazione agronomica. Alla produzione complessiva di
liquami da stoccare deve essere sommato il volume delle acque
meteoriche, convogliate nei contenitori dello stoccaggio da superfici
scoperte impermeabilizzate interessate dalla presenza di effluenti
zootecnici. Devono essere escluse, attraverso opportune deviazioni, le
acque bianche provenienti da tetti e tettoie nonché le acque di prima
pioggia provenienti da aree non connesse all'allevamento. Le dimensioni
dei contenitori non dotati di copertura atta ad allontanare l'acqua
piovana devono tenere conto delle precipitazioni medie e di un franco
minimo di sicurezza di 10 centimetri.
2) Il fondo e le pareti dei contenitori devono essere adeguatamente
impermeabilizzati mediante materiale naturale od artificiale al fine di
evitare percolazioni o dispersioni degli effluenti stessi all'esterno.
3) Nel caso dei contenitori in terra, qualora i terreni su cui sono
costruiti abbiano un coefficiente di permeabilità K > 1*107cm/s, il
fondo e le pareti dei contenitori devono essere impermeabilizzati con
manto artificiale o naturale posto su un adeguato strato di argilla di
riporto, nonché dotati, attorno al piede esterno dell'argine, di un
fosso di guardia perimetrale adeguatamente dimensionato e isolato
idraulicamente dalla normale rete scolante. Le regioni possono prevedere
ulteriori prescrizioni in merito alla copertura dei contenitori anche al
fine di limitare le emissioni di odori.
4) Nel caso di costruzione di nuovi contenitori di stoccaggio, al fine
di indurre un più alto livello di stabilizzazione dei liquami, deve
essere previsto, per le aziende in cui venga prodotto un quantitativo di
oltre 6.000 Kg. di azoto/anno, il frazionamento del loro volume di
stoccaggio in almeno due contenitori. Il prelievo a fini agronomici deve
avvenire dal bacino contenente liquame stoccato da più tempo. Nel caso
di costruzione di nuovi contenitori di stoccaggio sono da incentivare
strutture con sistemi di allontanamento delle acque meteoriche.
5) Il dimensionamento dei contenitori di stoccaggio deve essere tale da
evitare rischi di cedimenti strutturali e garantire la possibilità di
omogeneizzazione del liquame.
6) La capacità di stoccaggio, calcolata in rapporto alla consistenza di
allevamento stabulato ed al periodo in cui il bestiame non è al pascolo,
non deve essere inferiore al volume di materiale non palabile prodotto
in:
a) 90 giorni per gli allevamenti di bovini da latte, bufalini, equini e
ovicaprini in aziende con terreni caratterizzati da assetti colturali
che prevedono la presenza di prati di media o lunga durata e cereali
autunno-vernini. In assenza di tali caratteristiche, le regioni
prescrivono un volume di stoccaggio non inferiore a quello del liquame
prodotto nel periodo di cui alla lett. b);
b) 120 giorni per gli allevamenti diversi da quelli di cui alla lett.
a).
Per il dimensionamento, qualora non sussistano esigenze particolari di
una più analitica determinazione dei volumi stoccati, si fa riferimento
alla tabella 1 dell'allegato I al decreto 7 aprile 2006.
7) La capacità di stoccaggio degli allevamenti di piccole dimensioni
deve essere calcolata in rapporto alla consistenza dell'allevamento,
alla modalità di conduzione dello stesso (brado, semi-brado, a
stabulazione fissa) tenendo conto dei periodi in cui il bestiame è al
pascolo.
8) Per i nuovi allevamenti e per gli ampliamenti di quelli esistenti non
sono considerate utili al calcolo dei volumi di stoccaggio le fosse
sottostanti i pavimenti fessurati e grigliati.
9) E' vietata la nuova localizzazione dei contenitori di stoccaggio
degli effluenti nelle zone ad alto rischio di esondazione, così come
individuate dalle autorità competenti sulla base della normativa
vigente.
Art. 9
Tecniche di distribuzione
1) La scelta delle tecniche di distribuzione deve tenere conto:
a) delle caratteristiche idrogeologiche e geomorfologiche del sito;
b) delle caratteristiche pedologiche e condizioni del suolo;
c) del tipo di effluente;
d) delle colture praticate e della loro fase vegetativa.
2) Le tecniche di distribuzione devono assicurare:
a) il contenimento della formazione e diffusione, per deriva, di aerosol
verso aree non interessate da attività agricola, comprese le abitazioni
isolate e le vie pubbliche di traffico veicolare;
b) fatti salvi i casi di distribuzione in copertura, l'effettiva
incorporazione nel suolo dei liquami e loro assimilati simultaneamente
allo spandimento ovvero entro un periodo di tempo successivo idoneo a
ridurre le perdite di ammoniaca per volatilizzazione, il rischio di
ruscellamento, la lisciviazione e la formazione di odori sgradevoli;
c) l'elevata utilizzazione degli elementi nutritivi;
d) l'uniformità di applicazione dell'effluente;
e) la prevenzione della percolazione dei nutrienti nei corpi idrici
sotterranei.
3) La fertirrigazione deve essere realizzata, ai fini del massimo
contenimento della lisciviazione dei nitrati al di sotto delle radici e
dei rischi di ruscellamento di composti azotati, attraverso una
valutazione dell'umidità del suolo, privilegiando decisamente i metodi a
maggiore efficienza, come previsto dal CBPA.
4) In particolare, nei suoli soggetti a forte erosione, nel caso di
utilizzazione agronomica degli effluenti al di fuori del periodo di
durata della coltura principale, deve essere garantita una copertura dei
suoli tramite vegetazione spontanea, colture intercalari o colture di
copertura o, in alternativa, altre pratiche colturali atte a ridurre la
lisciviazione dei nitrati come previsto dal CBPA.
Art. 10
Dosi di applicazione
1) Nelle zone non vulnerabili da nitrati la quantità di azoto totale
al campo apportato da effluenti di allevamento non deve superare il
valore di 340 Kg. per ettaro e per anno, inteso come quantitativo medio
aziendale. Tale quantità, da distribuire e frazionare in base ai
fabbisogni delle colture, al loro ritmo di assorbimento, ai precedenti
colturali, è calcolata sulla base dei valori della tabella 2
dell'allegato I al decreto 7 aprile 2006 o, in alternativa, di altri
valori determinati secondo le procedure di calcolo o di misura citate
nell'allegato stesso, ed è comprensiva degli effluenti depositati dagli
animali stessi quando sono tenuti al pascolo. Per le diverse
coltivazioni si deve fare riferimento al fabbisogno complessivo di
elementi fertilizzanti indicato nell'allegata tabella allegato 2/C.
2) Al fine di tutelare l'ambiente dall'inquinamento arrecabile anche da
altri fertilizzanti, in attuazione del CBPA e dei piani di tutela delle
acque, l'Assessorato regionale agricoltura e foreste fornirà un servizio
di guida alla corretta formulazione del Piano di concimazione aziendale
disponibile on line sul sito web dell'Assessorato per promuovere
l'adozione di tecniche atte a razionalizzare l'utilizzazione dei concimi
minerali e di altre sostanze fertilizzanti, per prevenire l'esubero e
l'accumulo al suolo degli elementi nutritivi.
Titolo III
ACQUE REFLUE PROVENIENTI DALLE AZIENDE DI CUI ALL'ART. 101, COMMA 7,
LETT. A), B) E C), DEL DECRETO LEGISLATIVO 3 APRILE 2006, N. 152
Art. 11
Disposizioni generali
1) L'utilizzazione agronomica delle acque reflue provenienti dalle
aziende di cui all'art. 101, comma 7, lett. a), b) e c), del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è finalizzata al recupero dell'acqua
e/o delle sostanze nutritive ed ammendanti contenute nelle stesse.
2) L'utilizzazione agronomica delle acque reflue di cui al comma 1 è
consentita purché siano garantiti:
a) la tutela dei corpi idrici e, per gli stessi, il non pregiudizio del
raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui agli artt. 4 e
successivi del decreto legislativo n. 152/99;
b) l'effetto concimante e/o ammendante e/o irriguo sul suolo e la
commisurazione della quantità di azoto efficiente e di acqua applicata
ai fabbisogni quantitativi e temporali delle colture;
c) l'esclusione delle acque derivanti dal lavaggio degli spazi esterni
non connessi al ciclo produttivo;
d) l'esclusione, per il settore vitivinicolo, delle acque derivanti da
processi enologici speciali come ferrocianurazione e desolforazione dei
mosti muti, produzione di mosti concentrati e mosti concentrati
rettificati;
e) l'esclusione, per il settore lattiero-caseario, nelle aziende che
trasformano un quantitativo di latte superiore a 100.000 litri all'anno
del siero di latte, del latticello, della scotta e delle acque di
processo delle paste filate;
f) il rispetto delle norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed
urbanistiche.
3) Per le acque reflue disciplinate dal presente decreto si possono
prevedere forme di utilizzazione di indirizzo agronomico diverse da
quelle sino ad ora considerate, quali la veicolazione di prodotti
fitosanitari o fertilizzanti.
4) Fermo restando quanto previsto dagli articoli seguenti, con apposita
circolare del dipartimento regionale territorio e ambiente di concerto
con i dipartimenti dell'Assessorato dell'agricoltura e delle foreste e
dell'Assessorato della sanità saranno definite eventuali ulteriori
prescrizioni operative di dettaglio, finalizzate a garantire le migliori
condizioni di tutela dei corpi idrici e dell'ambiente.
Art. 12
Divieti di utilizzazione
1) Alle acque reflue si applicano le disposizioni di cui all'art. 5.
Art. 13
Generalità sui trattamenti
1) Per l'ubicazione dei contenitori di stoccaggio e di trattamento
delle acque reflue devono essere esaminate le condizioni locali di
accettabilità per i manufatti adibiti allo stoccaggio in relazione ai
seguenti parametri:
a) distanza dai centri abitati;
b) fascia di rispetto da strade, autostrade, ferrovie e confini di
proprietà.
2) I contenitori ove avvengono lo stoccaggio ed il trattamento delle
acque reflue devono essere a tenuta idraulica, per evitare percolazioni
o dispersioni degli effluenti stessi all'esterno.
Art. 14
Stoccaggio delle acque reflue
1) Vanno escluse, attraverso opportune deviazioni, le acque di prima
pioggia provenienti da aree a rischio di dilavamento di sostanze che
creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei
corpi idrici.
2) Per le caratteristiche dello stoccaggio delle acque reflue si fa
riferimento a quanto previsto per gli effluenti zootecnici non palabili
ai commi 1, 2, 3, 4, 5 e 9 dell'art. 8 del presente allegato.
3) I contenitori di stoccaggio delle acque reflue possono essere ubicati
anche al di fuori della azienda che le utilizza ai fini agronomici,
purché sia garantita la non miscelazione con altre tipologie di acque
reflue, con effluenti zootecnici o con rifiuti.
4) Il periodo minimo di stoccaggio è pari a 90 giorni.
5) Le acque reflue destinate all'utilizzazione agronomica devono essere
raccolte in contenitori per lo stoccaggio dimensionati secondo le
esigenze colturali e di capacità sufficiente in relazione ai periodi in
cui l'impiego agricolo è limitato o impedito da motivazioni agronomiche,
climatiche o normative, nonché tali da garantire le capacità minime di
stoccaggio individuate in base ai criteri di cui al comma 4.
Art. 15
Tecniche di distribuzione
1) Per le tecniche di distribuzione si fa riferimento a quanto
previsto dall'art. 9 riguardo agli effluenti di allevamento.
Art. 16
Dosi di applicazione
1) Le dosi, non superiori ad un terzo del fabbisogno irriguo delle
colture e indicate nella comunicazione di cui all'art. 18, e le epoche
di distribuzione delle acque reflue devono essere finalizzate a
massimizzare l'efficienza dell'acqua e dell'azoto in funzione del
fabbisogno delle colture, così come definito all'art. 10 ed alla lett.
b) del comma 2 dell'art. 11 del decreto 7 aprile 2006.
2) Fermo restando quanto previsto dal CBPA, le aziende che intendono
utilizzare le acque reflue a fini irrigui e fertirrigui, al fine di
stabilire i corretti volumi di adacquamento, dovranno aderire al
programma regionale di miglioramento dell'efficienza irrigua, attraverso
l'uso on line del software IRRISIAS, disponibile presso il sito del SIAS,
al fine di limitare le perdite dal sistema suolo-pianta.
Titolo IV
ACQUE REFLUE PROVENIENTI DA PICCOLE AZIENDE AGROALIMENTARI
Art. 17
Adempimenti a carico delle piccole aziende agroalimentari
1) E' ammessa l'utilizzazione agronomica delle acque reflue, qualora
contenenti sostanze naturali non pericolose, provenienti dalle piccole
aziende agroalimentari appartenenti ai settori lattiero-caseario,
vitivinicolo e ortofrutticolo che producono quantitativi di acque reflue
non superiori a 4.000 m3/anno e quantitativi di azoto, contenuti in
dette acque a monte della fase di stoccaggio, non superiori a 1.000
Kg./anno.
2) L'utilizzazione agronomica delle acque reflue provenienti dalle
aziende di cui al comma 1 è soggetta alle disposizioni di cui ai titoli
III, V, VI e VII del presente allegato.
3) Fermo restando quanto previsto dagli articoli seguenti, con apposito
provvedimento del dipartimento regionale territorio e ambiente di
concerto con i dipartimenti dell'Assessorato dell'agricoltura e delle
foreste e dell'Assessorato della sanità saranno definite eventuali
ulteriori prescrizioni operative di dettaglio, finalizzate a garantire
le migliori condizioni di tutela dei corpi idrici e dell'ambiente.
Titolo V
COMUNICAZIONE E TRASPORTO
Art. 18
Disciplina della comunicazione
1) Fermo restando quanto previsto dall'art. 92 del decreto
legislativo n. 152 del 2006 per le zone vulnerabili da nitrati di
origine agricola, l'utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici
e delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all. 101, comma 7,
lett. a), b) e c), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e da
piccole aziende agroalimentari, è subordinata alla comunicazione
prevista dall'art. 18 del decreto 7 aprile 2006, a cura del legale
rappresentante dell'azienda e/o del titolare dell'impianto che opera in
ognuna delle fasi previste dall'art. 18, comma 3, del decreto 7 aprile
2006 (produzione, stoccaggio, trattamento e spandimento).
2) La comunicazione ha la finalità di rendere disponibili alle
amministrazioni competenti le informazioni per valutare la coerenza
delle pratiche di utilizzazione agronomica proposte con le norme vigenti
ai fini della tutela dei corpi idrici interessati, nonché di assolvere a
più generali finalità di monitoraggio ambientale. Ha una validità di
cinque anni, e deve comunque essere ripresentata in caso di variazione
dei dati di riferimento.
3) La comunicazione è articolata nelle sezioni contenenti i dati
relativi alle seguenti tipologie di attività di utilizzazione agronomica
di effluenti zootecnici e reflui.
a) Produzione - Deve essere sottoscritta dal legale rappresentante
dell'azienda. Deve essere inviata al sindaco del comune dove è ubicata
l'azienda, alla provincia ed alla Commissione provinciale per la tutela
dell'ambiente competente per territorio.
b) Stoccaggio - Deve essere sottoscritta dal titolare del contenitore
e/o sito di stoccaggio. Deve essere inviata al sindaco del comune dove è
ubicato lo stoccaggio, alla provincia ed alla Commissione provinciale
per la tutela dell'ambiente competente per territorio.
c) Trattamento - Deve essere sottoscritta dal titolare dell'impianto.
Deve essere inviata al sindaco del comune dove è ubicato l'impianto,
alla provincia ed alla Commissione provinciale per la tutela
dell'ambiente competente per territorio.
d) Spandimento - Deve essere sottoscritta dal titolare del sito. Deve
essere inviata al sindaco del comune dove sono ubicati i terreni, alla
provincia ed alla Commissione provinciale per la tutela dell'ambiente
competente per territorio. Qualora i terreni interessati dallo
spandimento ricadano nel territorio di due o più comuni, la
comunicazione deve essere effettuata ad ognuno dei sindaci interessati.
e) Relazione tecnica - Deve essere redatta da un agronomo o perito
agrario o agrotecnico o geologo, iscritti ai rispettivi albi
professionali, e deve fornire i necessari elementi conoscitivi sulle
pratiche agronomiche utilizzate, sull'assetto pedologico dei terreni,
sui tempi di spandimento previsti e sui mezzi meccanici utilizzati per
garantire un'idonea distribuzione delle sostanze oggetto della
comunicazione, nonché i necessari elementi conoscitivi (con relativa
mappatura) sull'assetto geomorfologico, sulle condizioni idrogeologiche
e sulle caratteristiche generali dell'ambiente ricevitore, ai fini della
tutela dei corpi idrici e con riferimento al raggiungimento o
mantenimento dei relativi obiettivi di qualità.
4) Nel caso di aziende che producono e/o utilizzano in un anno un
quantitativo di azoto da effluenti o reflui non superiore a 6.000 Kg.
azoto/anno, è consentito per le fasi in questione (produzione,
stoccaggio, trattamento e spandimento) l'utilizzo di documentazione
semplificata.
5) Con apposito provvedimento congiunto del dipartimento regionale
territorio e ambiente e dei dipartimenti regionali interventi
strutturali e infrastrutturali dell'Assessorato agricoltura e foreste,
saranno definiti modalità semplificate, esenzioni, soglie minime,
formati, moduli e modalità operative per l'invio delle comunicazioni di
cui sopra e per la compilazione della relativa modulistica, che dovrà
comunque essere conforme a quanto previsto dai seguenti allegati:
- allegato 2/A (Comunicazione);
- allegato 2/B (Comunicazione semplificata).
6) La comunicazione deve pervenire alle autorità competenti almeno
sessanta giorni prima dell'inizio delle attività oggetto di informativa.
7) L'ufficio di segreteria della Commissione provinciale per la tutela
dell'ambiente cura, al fine di dare attuazione a quanto previsto dagli
artt. 18, 30, 32 e 33 del decreto 7 aprile 2006, l'archiviazione
informatica dei dati delle comunicazioni, rendendoli disponibili per le
autorità competenti. Il Centro regionale di documentazione sulle acque,
istituito presso il dipartimento regionale territorio e ambiente,
fornirà il necessario supporto tecnico, mettendo a punto formati,
procedure e protocolli operativi.
8) La Commissione provinciale per la tutela dell'ambiente e la lotta
contro l'inquinamento valuta la compatibilità con il contesto ambientale
delle attività di utilizzazione agronomica proposte, tenuto conto delle
caratteristiche pedogeomorfologiche, idrogeologiche ed agroambientali
dell'ambiente ricevitore, dei corpi idrici presenti, e dei limiti di
concentrazione delle sostanze organiche, con riferimento in particolare
alle norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed urbanistiche
vigenti, segnalando al sindaco, per gli adempimenti di competenza, i
casi di possibili rischi e danni ambientali.
9) Il sindaco, sulla base delle informazioni contenute nella
comunicazione di cui al comma 1 e del parere della Commissione
provinciale per la tutela dell'ambiente, e tenendo conto del giudizio di
idoneità igienico-sanitaria da parte dell'azienda unità sanitaria locale
competente per territorio, ovvero dei risultati dei controlli previsti,
può impartire con motivato provvedimento specifiche prescrizioni,
compresa la sospensione a tempo determinato ovvero il divieto di
esercizio, nel caso di mancata comunicazione e/o mancato rispetto delle
norme tecniche e delle prescrizioni impartite.
10) Le comunicazioni dovranno essere conservate per cinque anni, dalla
data di scadenza, dal legale rappresentante dell'azienda o dal titolare
dell'impianto ed essere esibite in caso di controllo.
11) Le aziende che producono e/o utilizzano in un anno un quantitativo
non superiore a 3.000 Kg. di azoto al campo da effluenti zootecnici e
reflui sono esonerate dall'obbligo di effettuare la comunicazione di cui
al comma 1, ai sensi dell'art. 112, comma 3, lett. b), del decreto
legislativo n. 152 del 2006, e dell'art. 18, comma 5, del decreto 7
aprile 2006. Tale condizione dovrà risultare da apposita documentazione
tenuta presso l'azienda, che dovrà esser resa disponibile per gli
accertamenti svolti dall'autorità di controllo.
Art. 19
Piano di utilizzazione agronomica (PUA)
1) Ai fini di una corretta utilizzazione agronomica degli effluenti
e di un accurato bilanciamento degli elementi fertilizzanti, in funzione
soprattutto delle caratteristiche del suolo e delle asportazioni
prevedibili, è previsto per le aziende di cui al decreto legislativo n.
59/2005, nonché per gli allevamenti bovini con più di 500 UBA (unità di
bestiame adulto), determinati conformemente alla tabella 4 dell'allegato
I al decreto 7 aprile 2006, l'obbligo di predisporre un Piano di
utilizzazione agronomica (PUA) conforme all'allegato V, parte A, allo
stesso decreto 7 aprile 2006.
Art. 20
Trasporto
1) Il trasporto deve essere effettuato evitando fenomeni di perdita
e di diffusione di esalazioni. Nel trasferimento dovranno essere
adottati i necessari accorgimenti tecnici e gestionali atti a limitare
le emissioni di odori molesti e la produzione di aerosol.
2) Per garantire un adeguato controllo durante la movimentazione
effluenti e reflui devono essere accompagnati da apposito documento di
identificazione, che dovrà riportare anche gli estremi identificativi
dell'azienda da cui origina il materiale trasportato e del legale
rappresentante della stessa. Nel caso di trasporto effettuato tra
terreni in uso alla stessa azienda da cui origina il materiale, ovvero
nel caso di aziende con allevamenti di piccole dimensioni con produzione
di azoto non superiore a 6.000 Kg. azoto/anno, è consentito l'utilizzo
di documentazione semplificata.
3) Con apposito provvedimento del dipartimento regionale territorio e
ambiente, di concerto con i dipartimenti interessati, saranno definiti
formati, moduli e modalità operative relative alla compilazione ed alla
tenuta della documentazione di cui ai commi 2 e 3. Per garantire un
adeguato controllo sulla movimentazione degli effluenti e delle acque
reflue di cui al presente decreto, in linea con quanto previsto dal
decreto 7 aprile 2006, la documentazione di accompagnamento prevista
dovrà comunque contenere almeno le seguenti informazioni:
a) estremi identificativi dell'azienda da cui origina il materiale
trasportato e del legale rappresentante della stessa;
b) natura e quantità degli effluenti e/o delle acque reflue trasportate;
c) identificazione del mezzo di trasporto;
d) estremi identificativi dell'azienda destinataria e del legale
rappresentante della stessa;
e) estremi della comunicazione redatta dal legale rappresentante
dell'azienda da cui origina il materiale trasportato ai sensi dell'art.
18.
4) La documentazione deve essere conservata per almeno cinque anni, al
fine di essere resa disponibile per gli accertamenti svolti
dall'autorità di controllo.
5) Ai sensi dell'art. 112, comma 3, lett. d), del decreto legislativo n.
152 del 2006, la provincia, sulla base dei controlli effettuati, può
impartire specifiche prescrizioni, compresa la sospensione a tempo
determinato ovvero il divieto di esercizio delle attività di cui al
presente articolo, nel caso di mancato rispetto delle norme tecniche
vigenti e/o delle prescrizioni impartite.
6) Nelle fasi di stoccaggio e trasporto degli effluenti e dei reflui è
vietata la miscelazione con acque di vegetazione e/o con i rifiuti di
cui al decreto legislativo n. 152 del 2006.
Titolo VI
UTILIZZAZIONE AGRONOMICA IN ZONE VULNERABILI DA NITRATI
Art. 21
Disposizioni generali
1) Nelle zone designate vulnerabili da nitrati di origine agricola,
l'utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici, delle acque
reflue di cui al presente decreto e dei concimi azotati e ammendanti
organici di cui alla legge n. 748 del 1984 è soggetta alle disposizioni
di cui al titolo V del decreto 7 aprile 2006, volte in particolare a:
a) proteggere e risanare le zone vulnerabili dall'inquinamento provocato
da nitrati di origine agricola;
b) limitare l'applicazione al suolo dei fertilizzanti azotati sulla base
dell'equilibrio tra il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture e
l'apporto alle colture di azoto proveniente dal suolo e dalla
fertilizzazione, in coerenza anche con il codice di buona pratica
agricola (CBPA) di cui all'art. 92 del decreto legislativo n. 152 del
2006;
c) promuovere strategie di gestione integrata degli effluenti zootecnici
per il riequilibrio del rapporto agricoltura-ambiente tra cui l'adozione
di modalità di allevamento e di alimentazione degli animali finalizzate
a contenere, già nella fase di produzione, le escrezioni di azoto.
2) Al fine di accrescere le conoscenze attuali sulle strategie di
riduzione delle escrezioni e di altri possibili inquinanti durante la
fase di allevamento degli animali, sui trattamenti degli effluenti e
sulla fertilizzazione bilanciata delle colture e di favorire la loro
diffusione, la Regione attiverà specifici programmi con azioni di
informazione e di supporto alle aziende agricole, e attività di ricerca
e di sperimentazione a scala locale, coerenti con le iniziative
comunitarie e nazionali. La Regione ha già in atto diversi progetti
relativi ad attività di ricerca e di sperimentazione, effettuati dai
servizi allo sviluppo dell'Assessorato regionale agricoltura e foreste,
tra cui il progetto "Valutazione del rischio di contaminazione da
fitofarmaci e nitrati di origine agricola delle acque superficiali" e il
progetto "Monitoraggio e modellizzazione della dinamica dei nitrati nel
suolo", nonché ad azioni di informazione e di supporto alle aziende
agricole (riutilizzo acque reflue attraverso la fitodepurazione;
efficienza qualità e innovazione della zootecnia biologica; progetto
AZORT - concimazione azotata degli ortaggi, di cui la Regione Sicilia è
capofila nazionale).
3) I programmi di azione di cui all'art. 92, commi 6 e 7, del decreto
legislativo n. 152 del 2006 devono essere conformi alle disposizioni di
cui al titolo V del decreto 7 aprile 2006, che integra l'allegato 7
(parte AIV) alla parte III dello stesso decreto legislativo n. 152/2006.
4) Oltre alle disposizioni di cui al Programma d'azione per le zone
vulnerabili, l'Assessorato regionale agricoltura e foreste attiverà
misure specifiche finalizzate a favorire, in particolare nelle zone
vulnerabili ove necessitano azioni rafforzative, l'applicazione delle
misure agroambientali dei piani di sviluppo rurale di cui all'allegato
II del decreto 7 aprile 2006, volte al ripristino del corretto
equilibrio tra la produzione agricola e l'ambiente. A tal fine, oltre
alle azioni già previste ed attivate nella programmazione del P.O.R.
Sicilia 2000/2006 e del P.S.R. Sicilia (misura F), saranno previste
ulteriori azioni anche nella futura programmazione 2007-2013.
5) L'Assessorato regionale agricoltura e foreste, a norma del
regolamento CE n. 1698/2005, al fine di promuovere una più rapida
applicazione delle disposizioni cogenti del Programma d'azione per le
zone vulnerabili ed il loro rispetto da parte degli agricoltori,
attiverà nell'ambito della programmazione comunitaria e nazionale dello
sviluppo rurale, specifiche misure di sostegno temporaneo, finalizzate
alla copertura parziale delle perdite di reddito e/o dei costi
aggiuntivi derivanti dall'applicazione di tali disposizioni, nonché
idonee azioni di sostegno degli agricoltori a fronte dei costi relativi
a servizi di consulenza aziendale finalizzati all'applicazione delle
prescrizioni tecniche di cui ai programmi d'azione.
6) Fermo restando quanto previsto dagli articoli seguenti, con apposito
provvedimento congiunto del dipartimento regionale territorio e ambiente
e i dipartimenti interventi strutturali ed infrastrutturali
dell'Assessorato regionale agricoltura e foreste, saranno definite
eventuali ulteriori prescrizioni operative di dettaglio, con riferimento
agli artt. 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30 e 31, finalizzate a garantire le
migliori condizioni di tutela dei corpi idrici e dell'ambiente nonché le
migliori modalità di utilizzazione agronomica.
7) Quanto disposto dal presente titolo modifica il Programma di azione
obbligatorio per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola
approvato con decreto n. 53 del 12 gennaio 2007.
Art. 22
Divieti di utilizzazione dei letami e dei concimi azotati e ammendanti
organici di cui alla legge n. 748 del 1984
1) Ai sensi dell'art. 22 del decreto 7 aprile 2006, l'utilizzo
agronomico del letame e dei materiali ad esso assimilati, nonché dei
concimi azotati e ammendanti organici di cui alla legge n. 748 del 1984
è vietato nelle seguenti condizioni:
a) aree a meno di 20 m. di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua
superficiali individuati dalle regioni come non significativi;
b) aree a meno di 50 m. di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua
superficiali significativi;
c) entro 100 metri dall'inizio dell'arenile per le acque marino-costiere
e di transizione e per i corpi idrici ricadenti nelle zone umide
individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971;
d) entro 100 metri di distanza dal limite autorizzato (identificato con
la recinzione) degli invasi naturali e artificiali;
e) superfici non interessate dall'attività agricola, fatta eccezione per
le aree a verde pubblico e privato e per le aree soggette a recupero e
ripristino ambientale;
f) nei boschi;
g) terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con frane
in atto e terreni saturi d'acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti
a colture che richiedono la sommersione;
h) in tutte le situazioni in cui l'autorità competente provvede ad
emettere specifici provvedimenti di divieto o di prescrizione in ordine
alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive per gli
animali, per l'uomo e per la difesa dei corpi idrici;
i) nelle 24 ore precedenti l'intervento irriguo, nel caso di irrigazione
a scorrimento per i concimi non interrati.
2) Nelle fasce di divieto di cui al comma 1, ove tecnicamente possibile,
è obbligatoria una copertura vegetale permanente anche spontanea ed è
raccomandata la costituzione di siepi e/o di altre superfici boscate.
3) Nel caso di terreno con pendenza superiore al 10% è obbligatorio:
a) prevedere una copertura del suolo tramite vegetazione spontanea o
attraverso l'inserimento di colture intercalari o di copertura (c.d.
cover-crops) qualora le condizioni climatiche lo consentano;
b) effettuare, nelle colture arboree, l'inerbimento almeno
dell'interfila;
c) non effettuare lavorazioni del terreno a profondità superiore a 25
cm.
Art. 23
Divieti di utilizzazione dei liquami
1) L'utilizzo di liquami e dei materiali ad essi assimilati, nonché
dei fanghi derivanti da trattamenti di depurazione di cui al decreto
legislativo n. 99 del 1992 è vietato, ai sensi dell'art. 23 del decreto
7 aprile 2006, nei seguenti casi:
a) in aree a meno di 50 m. di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua
superficiali;
b) entro 150 metri di distanza dall'inizio dell'arenile per le acque
marino-costiere e di transizione e per i corpi idrici ricadenti nelle
zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2
febbraio 1971;
c) entro 120 metri di distanza dal limite autorizzato (identificato con
la recinzione) degli invasi naturali e artificiali;
d) sulle superfici non interessate dall'attività agricola, fatta
eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per le aree soggette
a recupero e ripristino ambientale;
e) nei boschi, ad esclusione degli effluenti rilasciati dagli animali
nell'allevamento brado;
f) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con
frane in atto e terreni saturi d'acqua, fatta eccezione per i terreni
adibiti a colture che richiedono la sommersione;
g) in tutte le situazioni in cui l'autorità competente provvede ad
emettere specifici provvedimenti di divieto o di prescrizione in ordine
alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive per gli
animali, per l'uomo e per la difesa dei corpi idrici;
h) entro 30 metri dalle strade e 300 metri dai centri abitati o ad
ulteriori distanze definite da altre eventuali disposizioni in materia,
a meno che i liquami siano distribuiti con tecniche atte a limitare
l'emissione di odori sgradevoli o vengano immediatamente interrati;
i) nei casi in cui i liquami possano venire a diretto contatto con i
prodotti destinati al consumo umano;
j) in orticoltura, a coltura presente, nonché su colture da frutto, a
meno che il sistema di distribuzione non consenta di salvaguardare
integralmente la parte aerea delle piante;
k) dopo l'impianto della coltura nelle aree adibite a parchi o giardini
pubblici, campi da gioco, utilizzate per ricreazione o destinate in
genere ad uso pubblico;
l) su colture foraggiere nelle tre settimane precedenti lo sfalcio del
foraggio o il pascolamento;
m) siti destinati contestualmente all'utilizzazione agronomica di altri
tipi di reflui (acque di vegetazione e sanse umide e reflui di piccole
industrie).
2) Nelle fasce di divieto di cui al comma 1, ove tecnicamente possibile,
è obbligatoria una copertura vegetale permanente anche spontanea ed è
raccomandata la costituzione di siepi e/o di altre superfici boscate.
3) L'utilizzo di liquami è vietato su terreni con pendenza media,
riferita ad un'area aziendale omogenea, superiore al 10%.
Art. 24
Caratteristiche dello stoccaggio
1) Per le caratteristiche e il dimensionamento dei contenitori per
lo stoccaggio dei materiali palabili e non palabili si applicano le
disposizioni di cui al comma 1 dell'art. 6, ai commi 1, 2, 3, e 4
dell'art. 7 e ai commi 2, 3, 4, 5, 7 e 9 dell'art. 8 del presente
allegato.
2) Per le deiezioni degli avicunicoli essiccate con processo rapido a
tenori di sostanza secca superiori al 65%, la capacità di stoccaggio non
deve essere inferiore al volume di materiale prodotto in 120 giorni. Per
i contenitori esistenti l'adeguamento deve avvenire entro 5 anni dalla
data di entrata in vigore del decreto 6 aprile 2007.
3) Gli stoccaggi degli effluenti non palabili devono essere realizzati
in modo da poter accogliere anche le acque di lavaggio delle strutture,
degli impianti e delle attrezzature zootecniche, fatta eccezione per le
trattrici agricole, quando queste acque vengano destinate
all'utilizzazione agronomica. Alla produzione complessiva di liquami da
stoccare deve essere sommato il volume delle acque meteoriche,
convogliate nei contenitori dello stoccaggio da superfici scoperte
interessate dalla presenza di effluenti zootecnici. Le norme riguardanti
lo stoccaggio devono prevedere l'esclusione, attraverso opportune
deviazioni, delle acque bianche provenienti da tetti e tettoie nonché le
acque di prima pioggia provenienti da aree non connesse all'allevamento.
Le dimensioni dei contenitori non dotati di copertura atta ad
allontanare l'acqua piovana devono tenere conto delle precipitazioni
medie e di un franco minimo di sicurezza di 10 centimetri.
4) Per gli allevamenti di bovini da latte, bufalini, equini e ovicaprini
in aziende con terreni caratterizzati da assetti colturali che prevedono
la presenza di pascoli o prati di media o lunga durata e cereali
autunno-vernini, i contenitori per lo stoccaggio dei liquami e dei
materiali ad essi assimilati devono avere un volume non inferiore a
quello del liquame prodotto in allevamenti stabulati in 90 giorni.
5) In assenza degli assetti colturali di cui al comma 4 ed in presenza
di tipologie di allevamento diverse da quelle del medesimo comma 4, è
prescritto un volume di stoccaggio non inferiore a quello del liquame
prodotto in 150 giorni.
6) Per i nuovi allevamenti e per gli ampliamenti di quelli esistenti non
sono considerate utili al calcolo dei volumi di stoccaggio le fosse
sottostanti i pavimenti fessurati e grigliati.
7) Per le caratteristiche e il dimensionamento dei contenitori per lo
stoccaggio delle acque reflue di cui al presente decreto si applicano le
disposizioni di cui all'art. 14 del presente allegato.
8) I liquidi di sgrondo dei materiali palabili vengono assimilati, per
quanto riguarda il periodo di stoccaggio, ai materiali non palabili come
trattati ai commi 4 e 5 nel presente articolo.
Art. 25
Accumulo temporaneo di letami
1) L'accumulo temporaneo di letami e di lettiere esauste di
allevamenti avicunicoli, esclusi gli altri materiali assimilati,
definiti dall'art. 2, comma 1, lett. e), del decreto 7 aprile 2006, è
praticato ai soli fini dell'utilizzazione agronomica e deve avvenire sui
terreni utilizzati per lo spandimento. La quantità di letame accumulato
deve essere funzionale alle esigenze colturali degli appezzamenti di
suolo.
2) L'accumulo non è ammesso a distanza inferiore a 5 m dalle scoline, a
30 m. dalle sponde dei corsi d'acqua superficiali, ed a 40 m. dalle
sponde dei laghi, dall'inizio dell'arenile per le acque marino-costiere
e di transizione, nonché delle zone umide individuate ai sensi della
Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971.
3) L'accumulo temporaneo di cui al comma 1 è ammesso su suolo agricolo
solo dopo uno stoccaggio di almeno 90 giorni e per un periodo non
superiore a tre mesi. L'accumulo non può essere ripetuto nello stesso
luogo nell'ambito di una stessa annata agraria. Per le lettiere degli
allevamenti avicoli a ciclo produttivo inferiore a 90 giorni, valgono le
disposizioni di cui al comma 2 dell'art. 7 del presente allegato.
4) Gli accumuli devono essere di forma e dimensioni tali da garantire
una buona aerazione della massa e, al fine di non generare liquidi di
sgrondo, devono essere adottate le misure necessarie per effettuare il
drenaggio completo del percolato prima del trasferimento in campo ed
evitare infiltrazioni di acque meteoriche, oltre a prevedere un'idonea
impermeabilizzazione del suolo.
Art. 26
Modalità di utilizzazione agronomica e dosi di applicazione
1) La distribuzione in campo dei fertilizzanti sia organici che
minerali va effettuata nei periodi indicati nella tabella allegata
(allegato 2/D).
2) La quantità massima di unità di azoto, apportata con fertilizzanti
sia organici che minerali, applicabili alle aree adibite ad uso agricolo
non deve comunque determinare un superamento dei limiti definiti nella
tabella allegata (allegato 2/E) in funzione del tipo di coltura.
3) Per le aziende ricadenti in parte anche in zone non vulnerabili, il
quantitativo massimo di unità di azoto deve intendersi riferito
esclusivamente alla superficie aziendale ricadente in zona vulnerabile.
4) In attuazione di quanto previsto dall'art. 26, comma 4, del decreto 7
aprile 2006, l'Assessorato dell'agricoltura e delle foreste predisporrà
una relazione tecnica da allegare alla scheda n. 30 del decreto 18
settembre 2002, relativa all'attuazione di quanto previsto ai commi 2 e
3 dello stesso decreto 7 aprile 2006, affinché il dipartimento regionale
territorio e ambiente possa dare seguito agli adempimenti previsti dal
decreto legislativo n. 152/2006 in materia di trasmissione delle
informazioni sullo stato di qualità dei corpi idrici.
5) Sui terreni utilizzati per gli spandimenti devono essere impiegati
come fertilizzanti prioritariamente, ove disponibili, gli effluenti
zootecnici le cui quantità di applicazione devono tenere conto, ai fini
del rispetto del bilancio dell'azoto, del reale fabbisogno delle
colture, della mineralizzazione netta dei suoli e degli apporti degli
organismi azoto-fissatori. La quantità di effluente non deve in ogni
caso determinare in ogni singola azienda o allevamento un apporto di
azoto superiore a 170 Kg. per ettaro e per anno, inteso come
quantitativo medio aziendale, calcolata sulla base dei valori della
tabella 2 dell'allegato I al decreto 7 aprile 2006 o, in alternativa, di
altri valori determinati secondo le procedure di calcolo o di misura
citati nell'allegato stesso, comprensivo delle deiezioni depositate
dagli animali quando sono tenuti al pascolo e degli eventuali
fertilizzanti organici derivanti dagli effluenti di allevamento di cui
alla legge 19 ottobre 1984, n. 748, e dalle acque reflue di cui al
presente decreto. Qualora i terreni aziendali siano compresi anche
parzialmente nelle zone vulnerabili designate, le aziende agricole
devono redigere il Piano di utilizzazione agronomica (PUA) di cui
all'art. 28 (piano di concimazione annuale) del decreto 7 aprile 2006, e
devono aderire al programma regionale di miglioramento dell'efficienza
delle tecniche di fertilizzazione, che prevede l'utilizzazione di un
apposito software realizzato e reso disponibile dai servizi di sviluppo
agricolo della Regione siciliana sul proprio sito.
6) Al fine di contenere le dispersioni di nutrienti nelle acque
superficiali e profonde, le tecniche di distribuzione e le altre misure
adottate devono assicurare:
a) l'uniformità di applicazione del fertilizzante;
b) l'elevata utilizzazione degli elementi nutritivi ottenibile con un
insieme di buone pratiche che comprende la somministrazione dei
fertilizzanti azotati il più vicino possibile al momento della loro
utilizzazione, il frazionamento della dose con il ricorso a più
applicazioni ripetute nell'anno ed il ricorso a mezzi di spandimento
atti a minimizzare le emissioni di azoto in atmosfera;
c) la corretta applicazione al suolo sia di concimi azotati e ammendanti
organici di cui alla legge n. 748 del 1984, sia di effluenti di
allevamento, sia di acque reflue di cui all'art. 28 del decreto
legislativo n. 152/99, conformemente alle disposizioni di cui al CBPA;
d) lo spandimento del liquame con sistemi di erogazione a pressione tali
da non determinare la polverizzazione del getto;
e) l'adozione di sistemi di avvicendamento delle colture nella gestione
dell'uso del suolo conformemente alle disposizioni del CBPA, salvo
diverse disposizioni normative;
f) al fine di limitare le perdite dal sistema suolo-pianta ed al fine di
stabilire i corretti volumi di adacquamento, le aziende potranno aderire
al programma regionale di miglioramento dell'efficienza irrigua,
attraverso l'uso on line del software IRRISIAS, disponibile presso il
sito del SIAS della Regione ed in ogni caso dovranno rispettare le
seguenti indicazioni.
1) L'irrigazione per infiltrazione laterale è vietata sui terreni:
a) molto permeabili;
b) ove il livello della falda idrica disti mediamente meno di 1,50 metri
dal piano campagna;
c) con strato di suolo molto sottile inferiore a 25 cm.;
d) con pendenza superiore al 3%, salvo il ricorso ad opportune
sistemazioni irrigue.
2) I volumi di adacquamento, con qualsiasi sistema di irrigazione,
dovranno in ogni caso essere commisurati alle effettive esigenze
colturali, in relazione alle caratteristiche dei suoli e all'andamento
meteorologico corrente. In particolare, in seguito alla verifica
dell'effettivo raggiungimento del momento di intervento irriguo, anche
eventualmente attraverso l'adozione e l'applicazione di idonei e
appropriati metodi di bilancio idrico, i volumi di adacquamento
raccomandati sono quelli riportati nella tabella allegata (allegato
2/F).
3) L'utilizzo di adeguate sistemazioni idraulico-agrarie.
7) Ai fini dell'utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici, al
di fuori del periodo di durata del ciclo della coltura principale,
devono essere garantite o una copertura dei suoli tramite colture
intercalari o colture di copertura, secondo le disposizioni contenute
nel CBPA o altre pratiche colturali atte a ridurre la lisciviazione dei
nitrati, quali l'interramento di paglie e stocchi.
8) L'utilizzazione agronomica dei concimi azotati e ammendanti organici,
di cui alla legge n. 748 del 1984, deve avvenire secondo le modalità di
cui all'allegato VI al decreto 7 aprile 2006.
Art. 27
Strategie di gestione integrata di affluenti zootecnici
1) Ai sensi dell'art. 27, comma 3, del decreto 7 aprile 2006, la
realizzazione, l'adeguamento e l'esercizio degli impianti di trattamento
di cui all'allegato III dello stesso decreto 7 aprile 2006, sono
approvati e autorizzati dal dipartimento regionale territorio e ambiente
con le procedure di cui all'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre
2003, n. 387.
Art. 28
Piano di utilizzazione agronomica (PUA)
1) Al fine di minimizzare le perdite di azoto nell'ambiente,
l'utilizzo dei fertilizzanti azotati deve essere effettuato, ai sensi
del decreto legislativo n. 152 del 2006, parte III, allegato 7 (parte
AIV), nel rispetto dell'equilibrio tra il fabbisogno prevedibile di
azoto delle colture e l'apporto alle colture di azoto proveniente dal
suolo, dall'atmosfera e dalla fertilizzazione, corrispondente:
a) alla quantità di azoto presente nel suolo nel momento in cui la
coltura comincia ad assorbirlo in maniera significativa (quantità
rimanente alla fine dell'inverno);
b) all'apporto di composti di azoto tramite la mineralizzazione netta
delle riserve di azoto organico nel suolo;
c) all'aggiunta di composti di azoto provenienti da effluenti di
allevamento e acque reflue disciplinate dal presente decreto;
d) all'aggiunta di composti di azoto provenienti dal riutilizzo irriguo
di acque reflue depurate, di cui al decreto 12 giugno 2003, n. 185 del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, da fertilizzanti,
di cui alla legge n. 748 del 1984 e da fanghi di depurazione, di cui al
decreto legislativo n. 99 del 1992;
e) all'azoto da deposizione atmosferica.
2) Il Piano di utilizzazione agronomica (PUA) deve essere redatto
conformemente alle disposizioni di cui all'allegato V del decreto 7
aprile 2006, integrato con tutti gli elementi fertilizzanti a firma di
un tecnico agricolo abilitato.
Art. 29
Comunicazione e trasporto
1) L'utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e delle
acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'art. 101, comma 7,
lett. a), b) e c) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e da
piccole aziende agroalimentari, è soggetta alla presentazione
all'autorità competente, almeno 60 giorni prima dell'inizio
dell'attività, della comunicazione prevista dall'art. 29 del decreto 7
aprile 2006, a cura del legale rappresentante dell'azienda e/o del
titolare dell'impianto che opera in ognuna delle fasi previste
(produzione, stoccaggio, trattamento e spandimento), ed alla
compilazione del PUA, secondo le modalità definite all'allegato V al
decreto 7 aprile 2006.
2) La comunicazione ha la finalità di rendere disponibili alle
amministrazioni competenti le informazioni per valutare la coerenza
delle pratiche di utilizzazione agronomica proposte con le norme vigenti
ai fini della tutela dei corpi idrici interessati, nonché di assolvere a
più generali finalità di monitoraggio ambientale. Ha una validità di
cinque anni, e deve comunque essere ripresentata in caso di variazione
dei dati di riferimento.
3) La comunicazione è articolata nelle sezioni di cui all'art. 18, comma
3.
4) Restano fermi gli adempimenti e le prescrizioni di cui all'art. 18,
commi 5, 6, 7, 8, 9 e 10.
5) Con apposito provvedimento del dipartimento regionale territorio e
ambiente, di concerto con i dipartimenti interessati, saranno definiti
formati, moduli e modalità operative per l'invio delle comunicazioni di
cui sopra e per la compilazione della relativa modulistica, che dovrà
comunque essere conforme a quanto previsto dai seguenti allegati:
- allegato 2/A (Comunicazione);
- allegato 2/B (Comunicazione semplificata).
6) Nel caso di aziende che producono e/o utilizzano in un anno un
quantitativo di azoto da effluenti o reflui non superiore a 3.000 Kg.
azoto/anno è consentito, per le fasi in questione (produzione,
stoccaggio, trattamento e spandimento), l'utilizzo di documentazione
semplificata.
7) Le aziende che producono e/o utilizzano in un anno un quantitativo
non superiore a 1.000 Kg. di azoto al campo da effluenti zootecnici e
reflui sono esonerate dall'obbligo di effettuare la comunicazione di cui
al punto 1, fermo restando l'obbligo della redazione e applicazione del
PUA. Tale condizione dovrà risultare da apposita documentazione tenuta
presso l'azienda, che dovrà esser resa disponibile per gli accertamenti
svolti dall'autorità di controllo.
8) Il trasporto degli effluenti zootecnici e delle acque reflue è
assoggettato alle disposizioni di cui all'art. 20.
Art. 30
Controlli in zone vulnerabili
1) Ai fini della verifica della concentrazione di nitrati nelle
acque superficiali e sotterranee e della valutazione dello stato trofico
delle acque lacustri, di transizione, marino-costiere e di eventuali
altre tipologie di corpi idrici individuati dalla Regione, ai sensi
dell'allegato 7 (parte AI) al decreto legislativo n. 152 del 2006 (parte
III), il dipartimento regionale territorio e ambiente predisporrà uno
specifico programma di monitoraggio finalizzato ad effettuare i
controlli previsti dall'art. 30 del decreto 7 aprile 2006 in stazioni di
campionamento rappresentative delle acque superficiali interne, delle
acque sotterranee e delle acque estuarine e costiere. Tale attività di
monitoraggio dovrà inserirsi organicamente nel sistema complessivo dei
controlli sullo stato di qualità dei corpi idrici previsto dall'art. 120
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
2) La frequenza dei controlli deve garantire l'acquisizione di dati
sufficienti ad evidenziare la tendenza della concentrazione dei nitrati,
al fine della designazione di ulteriori zone vulnerabili e della
valutazione dell'efficacia dei programmi di azione adottati nelle zone
vulnerabili. Ai fini della verifica dell'efficacia dei programmi di
azione, si farà riferimento, in via orientativa, all'allegato VIII al
decreto 7 aprile 2007.
3) Il dipartimento regionale territorio e ambiente predisporrà, con il
supporto tecnico dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale, un
Piano regionale di controllo sulle modalità di utilizzazione agronomica
nelle aziende, al fine di verificare il rispetto degli obblighi in
materia di tutela ambientale di cui al decreto 7 aprile 2006. L'Agenzia
regionale per la protezione ambientale provvederà periodicamente,
secondo un programma concordato con il dipartimento regionale territorio
e ambiente, all'analisi dei suoli interessati dallo spandimento degli
effluenti per la determinazione della concentrazione di rame e zinco, in
forma totale, di fosforo in forma assimilabile e del sodio scambiabile
secondo i metodi ufficiali di analisi chimica del suolo di cui al
decreto ministeriale 13 settembre 1999 del Ministero per le politiche
agricole e forestali.
4) Qualora i terreni aziendali siano compresi anche parzialmente nelle
zone vulnerabili designate, le aziende agricole devono tenere un
registro aziendale, comprensivo di scheda di magazzino, e registrare
tutte le operazioni colturali. L'Amministrazione regionale darà
disposizioni procedurali specifiche per la redazione e gestione dei
suddetti registri aziendali.
5) La verifica dei dati contenuti nel registro di cui al comma 4 è
finalizzata all'accertamento:
a) della piena utilizzazione dei terreni, in particolare di quelli
ubicati ai margini dell'azienda e di quelli messi a disposizione da
soggetti diversi dal titolare dell'azienda;
b) del rispetto, per le singole distribuzioni, dei volumi e dei periodi
di spandimento previsti nella comunicazione o nel PUA.
6) Presso il dipartimento regionale territorio e ambiente è attivato, ai
sensi dell'art. 112, comma 3, lett. d), del decreto n. 152 del 2006, il
Registro regionale delle aziende che effettuano l'utilizzazione
agronomica. Il registro, nel quale confluiranno per via telematica le
informazioni ed i dati delle strutture informatiche attivate presso le
Commissioni provinciali per la tutela dell'ambiente, fornirà il supporto
base per la programmazione e lo svolgimento delle attività di controllo,
di cui agli artt. 30 e 33 del decreto 7 aprile 2006.
7) Le autorità competenti effettuano sopralluoghi sugli appezzamenti di
cui al PUA ovvero ad altre tipologie di comunicazione, prendendo in
considerazione i seguenti elementi:
a) effettiva utilizzazione di tutta la superficie a disposizione;
b) presenza delle colture indicate;
c) rispondenza dei mezzi e delle modalità di spandimento dichiarate.
Art. 31
Formazione e informazione degli agricoltori
1) L'Assessorato regionale dell'agricoltura e delle foreste adotterà
con specifici provvedimenti, ai sensi dell'art. 92, comma 8, lett. b),
del decreto legislativo n. 152/2006, programmi di formazione e
informazione sui programmi di azione e sul CBPA, con l'obiettivo di:
a) far conoscere alle aziende situate nelle zone vulnerabili le norme in
materia di effluenti di allevamento, di acque reflue e di altri
fertilizzanti, attraverso un'azione di carattere divulgativo;
b) formare il personale aziendale sulle tecniche di autocontrollo al
fine di mantenere aggiornato il livello di conformità aziendale alle
normative ambientali cogenti;
c) mettere a punto un sistema permanente di consulenza ambientale
rivolto alle aziende;
d) promuovere la graduale penetrazione nelle aziende dei sistemi di
gestione ambientale.
Art. 32
Informazioni
1) Le informazioni sullo stato di attuazione del titolo V del
decreto 7 aprile 2006 saranno trasmesse dal dipartimento regionale
territorio e ambiente, secondo le modalità e le scadenze temporali di
cui alle schede nn. 27, 27bis, 28, 29, 30 e 31 del decreto del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio del 18 settembre 2002.
Titolo VII
ULTERIORI PRESCRIZIONI E CONTROLLI
Art. 33
Criteri e procedure di controllo e informazioni nelle zone non
vulnerabili
1) Fatte salve le disposizioni di cui all'art. 30 del decreto 7
aprile 2006, il dipartimento regionale territorio e ambiente, sulla base
delle comunicazioni ricevute e delle altre conoscenze a loro
disposizione riguardo allo stato delle acque, agli allevamenti, alle
coltivazioni, alle condizioni pedoclimatiche e idrologiche, definirà
specifici programmi finalizzati ad effettuare, nelle zone non
vulnerabili, sia controlli cartolari con incrocio di dati, sia controlli
nelle aziende agro-zootecniche ed agroalimentari, per verificare la
conformità delle modalità di utilizzazione agronomica agli obblighi ed
alla comunicazione di cui al presente decreto, impegnando le proprie
risorse in relazione al rischio ambientale ed igienico-sanitario.
2) Le verifiche cartolari, da attuare attraverso le autorità preposte al
controllo, interesseranno almeno il 10% delle comunicazioni effettuate
nell'anno, e quelle aziendali almeno il 4%, con inclusione di analisi
dei suoli specie nei comprensori più intensamente coltivati per evitare
eccessi di azoto e fosforo.
3) Il dipartimento regionale territorio e ambiente trasmetterà, anche
per le zone non vulnerabili, i dati conoscitivi sul monitoraggio delle
acque relativi alla scheda n. 27 del decreto del 18 settembre 2002,
secondo le modalità indicate nello stesso.
Art. 34
Inosservanza delle norme tecniche per l'utilizzazione agronomica
1) L'inosservanza delle norme stabilite dalla presente disciplina è
soggetta, a seconda della gravità della violazione, alle sanzioni di cui
all'art. 137, comma 14, del decreto legislativo 152/2006 e successive
modifiche ed integrazioni.
2) Per l'accertamento delle violazioni previste dal presente articolo
sono competenti comune, provincia regionale e Arpa. All'irrogazione
delle relative sanzioni provvede la provincia regionale.
3) Ai sensi dell'art. 28, comma 8, della legge regionale 27 aprile 1999,
n. 10, l'autorità competente a ricevere il rapporto di cui all'art. 17
della legge 24 novembre 1981, n. 689, è la provincia regionale
competente per territorio, cui spetta l'emissione
dell'ordinanza-ingiunzione ovvero di archiviazione, di cui al successivo
art. 18 della stessa legge, in attuazione delle disposizioni di cui agli
artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
4) Le autorità competenti possono impartire, sulla base dei controlli
effettuati e nel caso di mancato rispetto delle disposizioni di cui al
presente decreto e delle norme vigenti, specifiche prescrizioni,
compresa la sospensione a tempo determinato ovvero il divieto di
esercizio delle attività di utilizzazione agronomica.
5) Con apposita circolare del dipartimento regionale territorio e
ambiente saranno definite le necessarie modalità operative.
Allegato 2/A
COMUNICAZIONE
Secondo quanto previsto dal decreto 7 aprile 2006, la comunicazione deve
essere presentata da:
- aziende ubicate in zone non vulnerabili che producono e/o utilizzano
in un anno un quantitativo di azoto da effluenti zootecnici e/o reflui
superiore a 6.000 Kg. (art. 18);
- aziende ubicate in zone vulnerabili che producono e/o utilizzano in un
anno un quantitativo di azoto da effluenti zootecnici e/o reflui
superiore a 3.000 Kg. (art. 29).
La comunicazione deve inoltre contenere almeno gli elementi di cui
all'elenco seguente:
1) Identificazione univoca dell'azienda, del titolare e/o del
rappresentante legale, nonché ubicazione dell'azienda medesima e di
tutti gli eventuali ulteriori centri di attività ad essa connessi.
2) Informazioni sulle attività relative alla produzione:
a) consistenza dell'allevamento, specie, categoria e indirizzo
produttivo degli animali allevati, calcolando il peso vivo, riferendosi
alla tabella 1 dell'allegato I al decreto 7 aprile 2007;
b) quantità e caratteristiche degli effluenti prodotti;
c) volume degli effluenti da computare, per lo stoccaggio, utilizzando
come base di riferimento la tabella 1 dell'allegato I al decreto 7
aprile 2006, e tenendo conto degli apporti meteorici di cui al comma 1
dell'art. 8;
d) tipo di alimentazione e consumi idrici;
e) tipo di stabulazione e sistema di rimozione delle deiezioni adottato.
3) Informazioni sulle attività relative allo stoccaggio:
a) ubicazione, numero, capacità e caratteristiche degli stoccaggi, in
relazione alla quantità e alla tipologia degli effluenti zootecnici,
delle acque di lavaggio di strutture, attrezzature ed impianti
zootecnici;
b) volume degli effluenti assoggettati, oltre allo stoccaggio, alle
altre forme di trattamento;
c) valori dell'azoto al campo nel liquame e nel letame nel caso del solo
stoccaggio e nel caso di altro trattamento oltre allo stoccaggio.
Nel caso di particolari modalità di gestione e trattamento degli
effluenti, da dettagliare in una relazione tecnica e da supportare con
misure dirette, la quantità e le caratteristiche degli effluenti
prodotti possono essere determinate senza utilizzare i valori di cui
alle predette tabelle. Le misure accennate dovranno seguire uno
specifico piano di campionamento, concepito secondo le migliori
metodologie disponibili, di cui sarà fornita dettagliata descrizione in
apposita relazione tecnica allegata alla comunicazione.
4) Informazioni sulle attività relative allo spandimento:
a) superficie agricola utilizzata aziendale, identificazione catastale
dei terreni destinati all'applicazione al suolo degli effluenti
zootecnici e attestazione del relativo titolo d'uso;
b) estensione dei terreni, al netto delle superfici aziendali non
destinate ad uso produttivo;
c) individuazione e superficie degli apprezzamenti omogenei per
tipologia prevalente di suolo, pratiche agronomiche precedenti e
condizioni morfologiche;
d) ordinamento colturale praticato al momento della comunicazione;
e) distanza tra i contenitori di stoccaggio e gli apprezzamenti
destinati all'applicazione degli effluenti;
f) tecniche di distribuzione, con specificazione di macchine e
attrezzature utilizzate e termini della loro disponibilità;
g) nel caso dell'utilizzazione agronomica delle acque reflue di cui
all'art. 101, comma 7, lett. a), b) e c) del decreto legislativo n.
152/2006, la comunicazione comprende anche i seguenti elementi
conoscitivi:
a) caratteristiche del sito oggetto dello spandimento, con relativa
identificazione catastale e superficie totale utilizzata per lo
spandimento;
b) volume stimato e tipologia di acque reflue annualmente prodotte;
c) capacità e caratteristiche degli stoccaggi in relazione alla quantità
e alla tipologia delle acque reflue e delle acque di lavaggio di
strutture, attrezzature e impianti;
d) tipo di utilizzazione, irrigua e/o per distribuzione di
antiparassitari;
e) distanza tra i contenitori di stoccaggio e gli appezzamenti destinati
all'applicazione delle acque reflue.
5) Relazione tecnica riportante almeno le notizie e i dati di cui
all'allegato 1/B relativi ad ognuno dei siti di spandimento,
sottoscritta da un agronomo o perito agrario o agrotecnico o geologo. Il
professionista incaricato si avvarrà delle necessarie e specifiche
consulenze professionali.
La suddetta relazione non dovrà essere presentata dalle aziende che
effettuano la fertilizzazione esclusivamente con effluenti di
allevamento palabili (letame).
Allegato 2/B
COMUNICAZIONE SEMPLIFICATA
Secondo quanto previsto dal decreto 7 aprile 2006, la comunicazione la
comunicazione deve essere presentata da:
- aziende ubicate in zone non vulnerabili che producono e/o utilizzano
in un anno un quantitativo di azoto da effluenti zootecnici e/o reflui
compreso tra 3.000 e 6.000 Kg. (art. 18);
- aziende ubicate in zone vulnerabili che producono e/o utilizzano in un
anno un quantitativo di azoto da effluenti zootecnici e/o reflui
compreso fra 1.000 e 3.000 Kg. (art. 29).
La comunicazione deve, inoltre, contenere almeno gli elementi di cui
all'elenco seguente:
a) identificazione univoca dell'azienda e del relativo titolare, nonché
ubicazione dell'azienda medesima ed eventualmente dei diversi centri di
attività ad essa connessi;
b) superficie agricola utilizzata aziendale, identificazione catastale
dei terreni destinati all'applicazione al suolo degli effluenti
zootecnici e/o delle acque reflue e attestazione del relativo titolo
d'uso;
c) consistenza dell'allevamento, specie e categoria degli animali
allevati;
d) capacità e caratteristiche degli stoccaggi in relazione alla quantità
e alla tipologia degli effluenti zootecnici, delle acque di lavaggio di
strutture, attrezzature ed impianti zootecnici e/o delle acque reflue.
Allegato 2/C
LIVELLI MASSIMI DI APPORTI NUTRITIVI AMMESSI PER LE COLTURE PIU' RAPPRESENTATIVE NELL'AMBITO DEL CIDICE DI BUONA PRATICA AGRICOLA REGIONALE
Colture erbacee
Coltura |
Apporto massimo di azoto unità/et- taro/anno |
Apporto massimo di fosforo unità/et- taro/anno |
Cereali |
|
|
Frumento duro |
120 |
100 |
Mais irriguo |
250 |
150 |
Orzo e avena |
100 |
90 |
Segale |
80 |
|
Leguminose |
|
|
Leguminose da granella |
20 |
100 |
Leguminose da foraggio |
20 |
100 |
Foraggere |
|
|
Foraggere da leguminosa |
20 |
100 |
Altre foraggere |
100 |
100 |
Piante officinali |
130 |
120 |
Piante orticole |
|
|
Aglio |
100 |
30 |
Anguria |
100 |
170 |
Asparago |
200 |
90 |
Bietola da coste |
130 |
60 |
Cavolfiore |
200 |
150 |
Cavolo broccolo |
200 |
150 |
Cavolo verza e cappuccio |
200 |
150 |
Cipolla |
150 |
100 |
Carciofo |
350 |
200 |
Carota |
150 |
80 |
Cetriolo |
150 |
130 |
Fagiolino |
250 |
120 |
Finocchio |
180 |
120 |
Fragola |
350 |
200 |
Insalate |
60 |
120 |
Melanzana |
250 |
120 |
Melone asciutto |
80 |
120 |
Melone irriguo |
180 |
120 |
Peperone |
200 |
150 |
Pomodoro |
180 |
200 |
Rapa |
120 |
120 |
Sedano |
200 |
100 |
Spinacio |
120 |
80 |
Zucchino |
250 |
150 |
Piante industriali |
|
|
Barbabietola da zucchero |
150 |
75 |
Colza |
150 |
75 |
Girasole |
100 |
150 |
Soia |
20 |
60 |
Piante da tubero |
|
|
Patata |
200 |
150 |
Colture floricole |
180 |
110 |
Colture arboree e arbustive
Coltura |
Apporto massimo di azoto unità/et- taro/anno |
Apporto massimo di fosforo unità/et- taro/anno |
Agrumi |
240 |
100 |
Limone |
250 |
150 |
Olivo asciutto da olio |
100 |
60 |
Olivo irriguo da mensa |
120 |
70 |
Vite da tavola in irriguo |
300 |
150 |
Vite da vino |
100 |
100 |
Cappero |
75 |
100 |
Nespolo del Giappone |
180 |
75 |
Pistacchio |
60 |
40 |
Susino |
150 |
70 |
Albicocco |
150 |
70 |
Ciliegio |
125 |
70 |
Fico d'India |
60 |
40 |
Kaki asciutto |
150 |
120 |
Kaki irriguo |
180 |
120 |
Mandorlo |
90 |
100 |
Melo |
100 |
70 |
Nocciolo |
80 |
100 |
Pero |
125 |
70 |
Pesco |
180 |
100 |
Allegato 2/D
PERIODI E MODALITA' DI DISTRIBUZIONE DEI FERTILIZZANTI MINERALI, ORGANICI E MISTO-ORGANICI CONTENENTI AZOTO NELLE ZONE VULNERABILI DA NITRATI DI ORIGINE AGRICOLA
Colture |
Periodo di divieto di distribuzione |
Motivazioni |
Note |
Colture erbacee avvi- cendate a ciclo au- tunno-primaverile |
15 novembre - 15 febbraio |
Limitare le perdite per liscivia- zione, ruscellamento e di volati- lizzazione |
Raccomandato l'avvicendamento colturale tra cereali e leguminose. La distribuzione deve essere frazionata in al- meno due interventi.
|
Colture erbacee avvi- cendate a ciclo pri- maverile-estivo
|
1 ottobre - 31 gennaio |
Limitare le perdite per liscivia- zione, ruscellamento e di volati- lizzazione |
Raccomandati volumi di adacquamento ade- guati alle capacità di ritenzione idrica dei suoli. |
Ortive protette e in pieno campo Specie ornamentali coltivate in vaso Piant ein vivaio |
Individuare un periodo di divieto di distribuzione di almeno 90 giorni an- che non continuativi, te- nendo conto degli speci- fici cicli colturali. Tale periodo annualmente do- vrà essere specificato nel piano di concimazione annuale
|
Limitare le perdite di ruscella- mento, volatilizzazione e lisci- viazione, accentuate in suoli sot- tili e a tessitura grossolana.
|
Raccomandati volumi di adacquamento ade- guati alle capacità di ritenzione idirca dei suoli. |
Vite, olivo, agrumi e fruttiferi |
1 novembre - 30 gennaio |
Limitare le perdite per volatilizza- zione, lisciviazione e ruscellamento. Periodo di scarsa utilizzazione da parte delle colture.
|
Raccomandati volumi di adacquamento ade- guati alle capacità di ritenzione idrica dei suoli. |
Colture coltivate in fuorisuolo su sub- strato inerte |
Nessuno |
|
Stoccare tutte le acque di sgrondo per impie- garle nei seguenti modi: 1) per la fertirrigazione delle colture poste su terreni aziendali non in area vulnerabile ai nitrati; 2) per la fertirrigazione delle colture poste su terreni aziendali in area vulnerabile ai nitrati con i vincoli di impiego previsti per la singola coltura e tenendo in considera- zione il contenuto residuo di azoto (circa il 30% della soluzione nutritiva di partenza); 3) nel caso che l'azienda non dispone di al- tri terreni, lo grondo va eliminato come ac- que reflue domestiche o trattato per osmosi inversa. |
Allegato 2/E
LIVELLI MASSIMI DI APPORTI NUTRITIVI AMMESSI PER LE COLTURE PIU' RAPPRESENTATIVE NELLE ZONE VULNERABILI DA NITRATI DI ORIGINE AGRICOLA
Colture erbacee
Coltura |
Apporto massimo di azoto unità/et- taro/anno |
Cereali |
|
Frumento duro |
90 |
Mais irriguo |
200 |
Orzo e avena |
75 |
Segale |
70 |
Leguminose |
|
Leguminose da granella |
15 |
Leguminose da foraggio |
15 |
Foraggere |
|
Foraggere da leguminosa |
15 |
Altre foraggere |
70 |
Piante officinali |
100 |
Piante orticole |
|
Aglio |
75 |
Anguria |
75 |
Asparago |
180 |
Bietola da coste |
110 |
Cavolfiore |
200 |
Cavolo broccolo |
150 |
Cavolo verza e cappuccio |
200 |
Cipolla |
120 |
Carciofo |
200 |
Carota |
110 |
Cetriolo |
130 |
Fagiolino |
200 |
Finocchio |
180 |
Fragola |
150 |
Insalate |
45 |
Melanzana |
200 |
Melone asciutto |
60 |
Melone irriguo |
120 |
Peperone |
150 |
Pomodoro |
135 |
Rapa |
110 |
Sedano |
150 |
Spinacio |
100 |
Zucchino |
190 |
Piante industriali |
|
Barbabietola da zucchero |
120 |
Colza |
100 |
Girasole |
80 |
Soia |
15 |
Piante da tubero |
|
Patata |
150 |
Colture floricole |
150 |
Colture arboree e arbustive
Coltura |
Apporto massimo di azoto unità/et- taro/anno |
Agrumi |
180 |
Limone |
190 |
Olivo asciutto da olio |
75 |
Olivo irriguo da mensa |
90 |
Vite da tavola in irriguo |
225 |
Vite da vino |
75 |
Cappero |
55 |
Nespolo del Giappone |
135 |
Pistacchio |
45 |
Susino |
110 |
Albicocco |
110 |
Ciliegio |
90 |
Fico d'India |
50 |
Kaki asciutto |
110 |
Kaki irriguo |
135 |
Mandorlo |
70 |
Melo |
75 |
Nocciolo |
60 |
Pero |
90 |
Pesco |
135 |
Allegato 2/F
VOLUMI DI ADACQUAMENTO MASSIMI RACCOMANDATI (M3/HA), IN FUNZIONE DELLE CARATTERISTICHE GRANULOMETRICHE DEI SUOLI
Tessitura dei suoli |
Profondità |
|
Fino a 50 cm. | Oltre 50 cm. | |
Grossolana e moderatamente grossolana |
300 |
400 |
Media |
400 |
600 |
Fine e moderatamente fine |
500 |
700 |
Per le colture ortive, per le quali in genere il momento di intervento irriguo si raggiunge già con valori superiori o uguali al 70% dell'AWC, e quindi con turni più brevi, si raccomanda di ridurre i suddetti volumi del 25%.
LEGENDA
Classi |
|
Tessitura | |
Grossolana: |
Sabbiosa, sabbioso-franca, franco- sabbiosa grossolana
|
Moderatamente grossolana: |
franco-sabbiosa, franco-sabbiosa fi- ne, franco-sabbiosa molto fine
|
Media: |
franca, franco-limosa, limosa, fran- co-sabbioso-argillosa
|
Moderatamente fine: |
franco-argillosa, franco-limoso.argil- losa, argillosa
|
Fine: |
argilloso-sabbiosa, argilloso-limosa |