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Giurisprudenza Demolizione - ripristino - competenza - revoca - sanatoria - difformità - abusivismo... Pertinenze - competenze tecniche - sequestro - opere precarie... 2003 Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni 2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000 - 1999-94 (N.B.: queste pagine continueranno ad essere aggiornate)
< indice urbanistica
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Demolizione - ripristino - competenza - revoca - sanatoria - depenalizzazione - difformità - sequestro - progettazione...
Urbanistica e edilizia - Abusivismo - Reato edilizio - Misure alternative alla detenzione - Affidamento in prova al servizio sociale - Soggetto condannato per illecito edilizio - Imposizione, come prescrizione, della demolizione del fabbricato abusivo - Legittimita' – Esclusione – Art. 47, L. n. 354/1975 – Art. 7, L. n. 47/1985 – Art. 31, D.P.R. n. 380/2001. Fra le prescrizioni che accompagnano l'affidamento in prova al servizio sociale non può ricomprendersi, nel caso di soggetto condannato per illecito edilizio, la demolizione delle opere da lui abusivamente realizzate, non rientrando una tale prescrizione nel novero di quelle tipizzate dall'art. 47, commi quinto, sesto e settimo, della legge 26 luglio 1975 n. 354 (cosiddetto "ordinamento penitenziario"). Pres. Sossi M - Rel. Fabbri G - Imp. L. - PM. (Diff.) Di Zenzo C. CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. I, 17/12/2003 (CC.26/11/2003) RV. 226472, Sentenza n. 48147
Urbanistica - Principio di nominatività e tipicità degli atti amministrativi. In materia urbanistica (come del resto in ogni altro settore disciplinato dal diritto pubblico) occorre tener presente il principio di nominatività e tipicità degli atti amministrativi, in base al quale la PA. non può adottare uno strumento urbanistico che non corrisponda ad uno schema già predeterminato dalla specifica normativa non solo nel suo iter procedurale, ma anche con riguardo all’oggetto ed al contenuto (V. CdS Sez. IV n. 525 del 28.7.1982). Pres. Quaranta - Est. Cerreto - Comune di Frattamaggiore (avv. Violante) c. Crispino (avv. Tesauro) (Conferma T.A.R. Campania, sez. II, n. 1156 del 28.4.1999). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, - 12 dicembre 2003, sentenza n. 8198
Urbanistica e edilizia - Costruzione edilizia in luogo diverso da quello individuato in progetto - Reato di cui all'art. 20 L. n. 47/1985 - Configurabilità - Fondamento - Violazione del corretto assetto del territorio - Art. 44 D. P. R. n. 380/2001. In materia edilizia la localizzazione di un fabbricato in luogo diverso da quello indicato nel progetto assentito dall'autorità comunale integra la violazione dell'art. 20, lett. a), della legge 28 febbraio 1985 n. 47, ora sostituito dall'art. 44 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 - Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, atteso che ciò comporta una violazione attinente al corretto assetto del territorio. PRES. Papadia U REL. Postiglione A COD.PAR.368 IMP. Casa' PM. (Conf.) Hinna Danesi F. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 05/12/2003 (UD. 19/09/2003), RV. 226891, Sentenza n. 46865
Urbanistica e edilizia - Sequestro conservativo del manufatto abusivo - Sequestro opere e restituzione - Costruzione abusiva sottoposta a sequestro preventivo - Mantenimento del sequestro dopo la sentenza definitiva - Possibilità in caso di confisca o sequestro conservativo - Esclusione - Restituzione all'avente diritto - Necessità - Art. 20 L. n. 47/1985 e Art. 44 D. P. R. n. 380/2001. In materia edilizia, dopo la sentenza definitiva, qualora non sia stata disposta la confisca o la conversione in sequestro conservativo, non può essere mantenuto il sequestro del manufatto abusivo, neppure a garanzia della demolizione disposta con la sentenza di condanna ex art. 7 della Legge 28 febbraio 1985 n. 47 (ora sostituito dall'art. 31, comma 9, del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) o dei provvedimenti della P.A., ma le cose vanno restituite all'avente diritto. PRES. Zumbo A REL. Grillo C COD.PAR.368 IMP. Cotena ed altri PM. (Diff.). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 26/11/2003 (CC. 21/10/2003), RV. 226860, Sentenza n. 45674
Illeciti in materia urbanistica edilizia e paesistica - opere senza le prescritte concessioni e autorizzazioni - la commissione degli illeciti si protrae sino al conseguimento delle prescritte autorizzazioni - illecito amministrativo permanente. Gli illeciti in materia urbanistica edilizia e paesistica, ove consistano nella realizzazione di opere senza le prescritte concessioni e autorizzazioni, hanno carattere di illeciti permanenti, di talché la commissione degli illeciti medesimi si protrae nel tempo, e viene meno solo con il cessare della situazione di illiceità, vale a, dire con il conseguimento delle prescritte autorizzazioni; (cfr. C.d.S., Sez. VI, 2 giugno 2002, n. 3184). Pres. BARBAGALLO - Est. RULLI - Regione Basilicata (avv.ti Viggiani e Santoro) c. Leonasi (avv. Bonifacio) - (annulla T.A.R. Basilicata sentenza n. 776 del 20 dicembre 2000) CONSIGLIO DI STATO Sezione IV - 25 novembre 2003, Sentenza n. 7769 (vedi: sentenza per esteso)
Edilizia - installazione sul tetto dei motori dell’impianto di condizionamento - provvedimento concessorio – non occorre - mutamento della sagoma dell’albergo - censura dedotta in modo generico. Non occorre un apposito provvedimento concessorio per l’installazione sul tetto dei motori dell’impianto di condizionamento, trattandosi di impianti tecnologici. Nella specie, la censura è stata dedotta in modo generico, non essendo stato specificato in che modo e in che misura i motori dell’impianto di condizionamento fossero in grado di mutare la sagoma dell’albergo. Pres. Frascione - Est. Pullano - Legnano Goito s.r.l. (Avv.ti Mariotti e Romanelli) c. Comune di San Remo, Regione Liguria, Sovrintendenza dei Beni Ambientali di Genova ed altri (Conferma T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 528 del 18.12.1996). CONSIGLIO DI STATO sez. V 21 novembre 2003, n. 7569
Urbanistica - opera in assenza di concessione - ordinanza di demolizione - provvedimento di acquisizione gratuita dell’immobile e del terreno - vendita con il sistema dell’offerta pubblica con offerte in aumento - legittimazione ad impugnare il provvedimento comunale – mancanza. Una volta perduta la proprietà del fabbricato e del terreno circostante, l’istante (ex proprietario) non ha la legittimazione ad impugnare il provvedimento comunale del 1988 che stabilisce di utilizzarli per fini pubblici nonchè quello successivo del 1992 che ne prevede l’alienazione a mezzo di pubblica gara. Parimenti, l’istante non ha legittimazione ad impugnare le modalità di svolgimento della gara per l’alienazione del fabbricato e del terreno circostante, non avendo partecipato alla gara stessa. Pres. Elefante - Est. Cerreto - Lunardi (avv. Gollini) c. Comune di Foza (VI), ed altri. (Conferma T.A.R. Veneto Sez. II, n. 1982 del 30.11.1996). CONSIGLIO DI STATO sez. V 21 novembre 2003, n. 7555 (vedi: sentenza per esteso)
Urbanistica - Conversione pena detentiva - Costruzione abusiva - Sentenza di condanna - Conversione della pena detentiva - Possibilita' - Fondamento. art. 20 L. n 47/1985,art. 60 L. n. 689/1981 COST.,art. 4 L. n. 134/2003, art. 44 D.P.R. n. 380/2001. In materia edilizia la condanna ex art. 20 legge 28 febbraio 1985 n. 47, ora sostituito dall'art. 44 del T.U. in materia edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380), puo' essere oggetto di conversione della parte detentiva, ai sensi degli artt. 53 e segg. della legge 24 novembre 1981 n. 689, atteso che il divieto di cui all'art. 60 della citata legge n. 689 e' stato abrogato dall'art. 4 della legge 12 giugno 2003 n. 134; nuovo regime applicabile anche ai giudizi in corso ex art. 5, comma 3, della stessa legge n. 134. PRES. Savignano G REL. Gentile M COD.PAR.368 IMP. P.G. in proc. Montesano PM. (Diff.) Izzo G. CORTE DI CASSAZIONE Penale, SEZ. 3, DEL 20/11/2003 (CC.16/10/2003) RV. 226587, SENT. 44435
Urbanistica - Demolizione manufatto abusivo - Esclusione in caso di pregiudizio per la parte conforme - Mancata previsione di ulteriore esclusione per eccessiva onerosita' - Questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 - Manifesta infondatezza - Ragioni - Art. 12 L.n. 47/1985 - Art. 34 D.P.R. n. 380/2001 - Artt. 3 e 24 Cost.. In materia edilizia e' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art 34 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) che esclude la demolizione dell'opera edificata in parziale difformita' dagli strumenti urbanistici solo quando essa non puo' avvenire senza pregiudizio della parte conforme, e non anche quando comporti un eccessivo costo economico (superiore al valore catastale del fabbricato o al costo della demolizione dell'intero manufatto), atteso che tale scelta rientra nell'ambito dei poteri discrezionali del legislatore e non viene in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Costituzione, ne' con il diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., apparendo ispirato alla tutela dell'assetto del territorio quale valore prioritario rispetto a confliggenti interessi privatistici di tipo meramente economico. PRES. Zumbo A REL. Onorato P COD.PAR.368. IMP. Lauretta PM. (Conf.) Iannelli D. CORTE DI CASSAZIONE Penale SEZ. 3,DEL 20/11/2003 (CC.15/10/2003) RV. 226694, Sentenza n. 44420
Urbanistica - Demolizione manufatto abusivo - Demolizione del manufatto abusivo - Esclusione in caso di pregiudizio per la parte conforme - Mancata previsione di ulteriore esclusione per eccessiva onerosita' - Questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 - Manifesta infondatezza - Ragioni. ART. 12 L. n. 47/1985, art. 34 D.P.R. n. 380/2001, artt. 3 e 24 COSTITUZIONE. In materia edilizia e' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art 34 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) che esclude la demolizione dell'opera edificata in parziale difformita' dagli strumenti urbanistici solo quando essa non puo' avvenire senza pregiudizio della parte conforme, e non anche quando comporti un eccessivo costo economico (superiore al valore catastale del fabbricato o al costo della demolizione dell'intero manufatto), atteso che tale scelta rientra nell'ambito dei poteri discrezionali del legislatore e non viene in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Costituzione, ne' con il diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., apparendo ispirato alla tutela dell'assetto del territorio quale valore prioritario rispetto a confliggenti interessi privatistici di tipo meramente economico. PRES. Zumbo A REL. Onorato P COD.PAR.368 IMP. Lauretta PM. (Conf.) Iannelli D. CORTE DI CASSAZIONE Penale SEZ. 3, DEL 20/11/2003 (CC.15/10/2003) RV. 226694, SENT. 44420
Urbanistica - Responsabilità proprietario - Costruzione abusiva - Proprietario - Responsabilita' - Condizioni e limiti - Individuazione - art. 20 L. n. 47/1985, art. 44 D.P.R. n. 380/2001. In tema di costruzione abusiva, il proprietario del terreno sul quale sono stati eseguiti i lavori non e' responsabile del reato di cui all'art. 44 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), che ha sostituito l'art. 20 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, per la sola qualita' rivestita, ma occorre quantomeno la sua piena consapevolezza dell'esecuzione delle opere da parte del coimputato, nonche' il suo consenso, anche implicito o tacito, in relazione all'attivita' edilizia posta in essere. PRES. Papadia U REL. Gentile M COD.PAR.368 IMP. Neri PM. (Diff.) Izzo G. CORTE DI CASSAZIONE Penale SEZ. 3, DEL 19/11/2003 (UD.01/10/2003) RV. 226589, SENT. 44160
Urbanistica e edilizia - Acquisizione immobile abusivo - Costruzione abusiva - Ordinanza di demolizione - Mancata ottemperanza - Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Termine di novanta giorni - Condizioni – Art. 7, L. n. 47/1985 – Art. 31, D. P. R. n. 380/2001. In tema di inottemperanza all'ordinanza di demolizione di un immobile realizzato in violazione delle norme edilizie, l'acquisizione del manufatto abusivo al patrimonio del Comune nel cui territorio l'opera e' stata realizzata non si verifica per il solo fatto dell'omessa demolizione entro il termine di novanta giorni, di cui all'art. 7 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 -ora sostituito dall'art. 31 del T.U. in materia edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380), ma è necessario che il Comune: a) proceda al formale accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione a demolire da parte del responsabile; b) provveda alla notifica nei confronti dell'interessato dell'eseguito accertamento all'inottemperanza; c) provveda alla trascrizione nei registri immobiliari del titolo di acquisizione dell'immobile e degli estremi sostanziali e catastali individuanti l'immobile. PRES. Papadia U REL. Gentile M COD.PAR.368 IMP. C. ed altro PM. (Diff.) Izzo G. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 20/11/2003 (CC.01/10/2003) RV. 226581, Sentenza n. 44406
Urbanistica e edilizia - legislazione condonistica - questione di legittimità costituzionale - il condono realizza un sistema ingiusto e discriminatorio proprio nei confronti dei cittadini rispettosi delle leggi - i principi di eguaglianza, ragionevolezza, buona amministrazione e di tutela ambientale - D.L. 30/09/2003, n. 269 - art. 117, 3° comma, Cost. - invasione delle competenze al riguardo del legislatore regionale e degli Enti locali. Il condono realizza un sistema ingiusto e discriminatorio proprio nei confronti dei cittadini rispettosi delle leggi, che si vedono privare di quei beni che anch’essi avrebbero potuto costruire violando le norme, e che dall’altro sarebbero costretti, soprattutto in mancanza delle specifiche situazioni di diritto soggettivo, esse sole salvaguardate dalla legislazione condonistica, a subire il degrado urbanistico prodotto dall’illegalità edilizia, riemersa con ostentazione e legalizzata con rischio che in futuro si producano le condizioni per un ulteriore degrado. La normativa censurata (Decreto Legge 30/09/2003, n. 269 (in G.U. n. 229 del 2/10/2003 – suppl. ord. n. 157/L) non sembra poi violare soltanto i principi di eguaglianza, ragionevolezza, buona amministrazione e di tutela ambientale, ma anche le competenze regionali concorrenti in materia di governo del territorio stabilite dall’art. 117, 3° comma, della Costituzione (v. al riguardo, la sentenza n. 303/2003 della Corte costituzionale). Infatti, come è stato ben osservato anche dalla dottrina, con il condono lo Stato non detta principi generali (che sono a lui riservati) ma introduce un’eccezione, invadendo una competenza regionale, anche se ai primi commi dell’art. 32 il D.L. n. 269/2003 si preoccupa di dichiararle salve. Al riguardo, mentre non è ben chiaro il riferimento (che non sembra pertinente alla materia in esame) all’adeguamento delle norme regionali alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 380/2001, che infatti fissa principi e non già eccezioni – a meno che non si consideri la possibilità di una disciplina ricorrente e anzi permanente del condono che possa assorgere ai caratteri di principio –, le statuizioni condonistiche sono estremamente precise e dettagliate, e fissano in modo esaustivo ogni aspetto della materia, per cui il riferimento alla competenza regionale per il "rispetto delle condizioni dei limiti e delle modalità del rilascio del titolo abilitativo sanante" non può che limitarsi di fatto, nonostante la ridondanza dell’espressione, che ad aspetti di semplice dettaglio del procedimento. Sembra pertanto che il legislatore statale abbia esorbitato dalla sua competenza che consiste nella semplice emanazione dei principi fondamentali, che non possono essere di dettaglio o addirittura regolamentari. Né può fondatamente affermarsi che nella specie si tratta di principi generali dell’ordinamento giuridico e di riforma fondamentale economico-sociale: si tratta invece soltanto di introduzione di un sistema moralmente discutibile per reperire subito e comunque risorse finanziarie. Infine, sembra indubbio che il condono (come nel caso qui in esame) sia suscettibile di introdurre di deroghe, e quindi limitate varianti, ai piani regolatori, che vengono contraddetti, sanandosi costruzioni del tutto contrarie alle disposizioni in essi contenuti, con invasione delle competenze al riguardo del legislatore regionale e degli Enti locali. Pres. ed Est. Cicciò - Garulli (Avv. Foglia) c. Comune di Neviano degli Arduini (n.c.) - (solleva questione di legittimità costituzionale). TAR EMILIA ROMAGNA, SEZ. DI PARMA - ordinanza 20 novembre 2003 n. 27 (vedi: ordinanza per esteso)
Edilizia e urbanistica - domanda di condono edilizio – reiezione per mancata presentazione della necessaria documentazione nei termini – competenza - dirigenti comunali. La reiezione della domanda di condono edilizio costituisce un effetto collegato direttamente dalla legge alla mancata presentazione della necessaria documentazione nei termini da essa stabiliti e, quindi, alla improcedibilità della domanda. A norma dell’art. 51, comma terzo, della legge 8.6.1990, n. 142, (oggi art. 107 del D.Lgs 18.8.2000, n. 267), la competenza ad adottare il provvedimento de quo spetta ai dirigenti comunali e non più al Sindaco, in quanto sono di competenza dei dirigenti comunali “tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservino agli organi di governo dell'ente”. Pres. Elefante - Est. Marchitiello - Frola (Avv.ti Dal Piaz e Contaldi) c. Comune di Montanaro (Avv.ti Santilli e Menghini) - (conferma T.A.R. Piemonte ordinanza del 20.8.1999, n. 1731). CONSIGLIO DI STATO sez. V 18 novembre 2003, n. 7318
Sanzione amministrativa pecuniaria - abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici - prescrizione - applicabilità della prescrizione quinquennale ex art. 28 L. 689/81 - decorrenza dei termini - illecito permanente caratterizzato dall’omissione dell’obbligo di riprestare secundum jus lo stato dei luoghi - la prescrizione quinquennale comincia a decorrere solo dalla cessazione della permanenza. Nel caso di abusi edilizi commessi in zone soggette a vincolo paesaggistico è applicabile l’art. 28 legge n. 689 del 24 novembre 1981, a norma del quale “il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni amministrative punite con pena pecuniaria si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione”, atteso che i principi e le norme dettati dal capo I della legge n. 689 del 1981 sono applicabili, per espresso dettato legislativo, a tutte le violazioni punite con sanzioni amministrative pecuniarie, anche se non previste in sostituzione di una sanzione penale (art. 12 legge n. 689 del 1981) e, quindi, anche agli illeciti amministrativi in materia urbanistica edilizia e paesistica puniti con sanzione pecuniaria. (Cfr., Sez. IV, 12 novembre 2002, n. 6279; Sez. V, 8 giugno 1994, n. 614; Sez. VI, 2 giugno 2000, n. 3184; 9 ottobre 2000, n. 5373). Gli illeciti in materia urbanistica edilizia e paesistica, ove consistano nella realizzazione di opere senza le prescritte concessioni e autorizzazioni, hanno carattere di illeciti permanenti, di talché la commissione degli illeciti medesimi si protrae nel tempo, e viene meno solo con il cessare della situazione di illiceità, vale a, dire con il conseguimento delle prescritte autorizzazioni; in materia di decorrenza della prescrizione dell'illecito amministrativo permanente, deve trovare applicazione il principio penalistico dettato per il reato permanente, secondo cui il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la permanenza (art. 158 comma 1 Cod. pen.); pertanto, per gli illeciti amministrativi in materia paesistica urbanistica edilizia la prescrizione quinquennale di cui all'art. 28 legge n. 689 del 1981 inizia a decorrere solo dalla cessazione della permanenza, con la conseguenza che, vertendosi in materia di illeciti permanenti, il potere amministrativo repressivo può essere esercitato senza limiti di tempo e senza necessità di motivazione in ordine al ritardo nell'esercizio del potere (C. d. S., Sez. VI, 19 ottobre 1995 n. 1162; Sez. V, 8 giugno 1994 n. 614). Per quanto concerne il momento in cui può dirsi cessata la permanenza per gli illeciti amministrativi in materia urbanistica edilizia e paesistica, è stato precisato che, mentre per il diritto penale rileva la condotta commissiva (sicché la prescrizione del reato inizia a decorrere dalla ultimazione dell'abuso), per il diritto amministrativo si è in presenza di un illecito di carattere permanente, caratterizzato dall'omissione dell'obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare secundum jus lo stato dei luoghi, con l’ulteriore conclusione che se l'Autorità emana un provvedimento repressivo (di demolizione, ovvero di irrogazione di una sanzione pecuniaria), non emana un atto «a distanza di tempo» dall'abuso, ma reprime una situazione antigiuridica contestualmente contra jus, ancora sussistente. Conforme: Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 novembre 2003, sentenze nn. 7025 - 7027 - 7028 - 7030 - 7031 - 7033 - 7034 - 7035 - 7036 - 7037 - 7038 - 7039 - 7041 - 7042 - 7043 - 7044 - 7045 - 7046 - 7047 (vedi: sentenza per esteso). Consiglio di Stato, Sezione IV, 3 novembre 2003, n. 7040.
Indennità per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici -
natura. L’art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 va interpretato nel
senso che l’indennità prevista per abusi edilizi in zone soggette a vincoli
paesaggistici costituisce una vera e propria sanzione amministrativa che
prescinde dalla sussistenza effettiva di un danno ambientale, non
rappresentando una forma di risarcimento del danno. La sanzione è applicabile
anche nel caso in cui sia intervenuto il previsto nulla osta, come precisato
dall’art. 2, comma 46 della legge 23 dicembre 1966, n. 622. (Cfr., Sez. IV, 12
novembre 2002, n. 6279; Sez. V, 8 giugno 1994, n. 614; Sez. VI, 2 giugno 2000,
n. 3184; 9 ottobre 2000, n. 5373). Conforme: Consiglio di Stato, Sez.
IV, 3 novembre 2003, sentenze nn. 7025 - 7027 - 7028 - 7030 - 7031 - 7033 -
7034 - 7035 - 7036 - 7037 - 7038 - 7039 - 7041 - 7042 - 7043 - 7044 - 7045 -
7046 - 7047 (vedi:
sentenza
per esteso). Consiglio di Stato, Sezione IV, 3 novembre 2003, n. 7040.
Abusi commessi in zone soggette a vincoli paesaggistici - condonabilità -
parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo. Sono
condonabili gli abusi commessi in zone soggette a tutela ambientale, purchè
sia intervenuto il parere favorevole dell’autorità competente ai sensi
dell’art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. (Cfr., Sez. IV, 12 novembre
2002, n. 6279; Sez. V, 8 giugno 1994, n. 614; Sez. VI, 2 giugno 2000, n. 3184;
9 ottobre 2000, n. 5373). Conforme: Consiglio di Stato, Sez. IV, 3
novembre 2003, sentenze nn. 7025 - 7027 - 7028 - 7030 - 7031 - 7033 - 7034 -
7035 - 7036 - 7037 - 7038 - 7039 - 7041 - 7042 - 7043 - 7044 - 7045 - 7046 -
7047 (vedi:
sentenza
per esteso). Consiglio di Stato, Sezione IV, 3 novembre 2003, n. 7040.
Competenza professionale dei geometri in relazione alla progettazione di opere edili destinate ad abitazione - nozione di” modeste costruzioni civili” - struttura di cemento armato - zona sismica. La questione della competenza professionale dei geometri in relazione alla progettazione di opere edili destinate ad abitazione giungendo alla conclusione, pienamente condivisibile, che nel caso di specie, sia per la necessità di realizzare l’intervento in struttura di cemento armato, che per le dimensioni dell’immobile ( tre piani con fondamenta del tutto nuove) e per la sua localizzazione in una zona sismica non potesse ,l’intervento da realizzare, rientrare nella nozione di” modeste costruzioni civili” per le quali sono abilitati alla progettazione i geometri a tenore del richiamato art. 16 del R.D. 11 febbraio 1929 n. 274. La mera affermazione che le opere assentite sono di opere di modesta entità, contenuta nell’appello, ma non sostenuta da prove o elementi di fatto nuovi e convincenti, non può essere sufficiente a porre in discussione la meditata analisi del primo giudice. Consiglio di Stato, Sez. V, 30 ottobre 2003, sentenza n. 6747 (vedi: sentenza per esteso)
Espropriazione per pubblica utilità - "regolarizzazione" e "sanatoria" delle procedure ablatorie illegittime e dei comportamenti illeciti dell’Amministrazione in campo espropriativo - giurisdizione esclusiva del G.A. - occupazione acquisitiva senza titolo del bene per scopi di pubblica utilità - natura della norma - la misura risarcitoria-restitutoria - domanda di "autocondanna" immediata applicabilità dello jus superveniens in campo processuale ai giudizi già pendenti al momento dell’entrata in vigore del t.u. n. 327/2001- sussistenza - le ipotesi di occupazione appropriativa nonché usurpativa - interpretazione dell’art. 43. L'art. 43, comma 3 T.U. n. 327/2001 riveste natura di norma processuale, in quanto introduce - nell’ambito della giurisdizione esclusiva del G.A., espressamente riaffermata in materia dal successivo art. 53, comma 1, con specifico riferimento alle controversie aventi ad oggetto l’applicazione delle disposizioni del T.U. - un istituto affatto nuovo e del tutto sui generis, il quale attribuisce al convenuto (amministrazione o utilizzatore del bene) la facoltà di chiedere al giudice una pronuncia che, in caso di riconoscimento della fondatezza delle pretesa avversaria, converta la misura risarcitoria-restitutoria chiesta dall’attore in quella risarcitoria per equivalente: in altri termini, una sorta di domanda di "autocondanna" (così già icasticamente definita in dottrina), in funzione del "male minore". L’evidenziata natura processuale della norma fa sì che essa - in base al noto e consolidato principio giurisprudenziale (cfr. ad es. Consiglio Stato Ad. plen., 14 febbraio 2001, n. 1; T.A.R. Toscana, 8 giugno 2000, n. 1123) dell'immediata applicabilità dello jus superveniens in campo processuale - debba essere prontamente applicata in tutti i giudizi pendenti: e dunque anche al ricorso, introdotto prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 327/2001. E' evidente la chiara finalità che la norma persegue, attraverso l’introduzione del particolare meccanismo processuale sopra descritto di "regolarizzazione" e "sanatoria" delle procedure ablatorie illegittime e dei comportamenti illeciti dell’Amministrazione in campo espropriativo: tale finalità è pacifica in dottrina ed è stata esplicitamente enunciata nel parere 29 marzo 2001, n. 4/2001 reso sul T.U. dall’Adunanza Generale del Consiglio di Stato, al cui punto 29.4. si afferma che l’art. 43 "mira ad eliminare" le ipotesi di occupazione appropriativa nonché usurpativa. Ma se così è, esso non può che riferirsi, come ogni disposizione di sanatoria, alla situazione pregressa di illegittimità ed illiceità, storicamente e giudizialmente accumulata, in questo caso, dalla P.A. anziché dai privati. Anche perché il perseguimento "a regime" dello stesso scopo, in via preventiva e per le evenienze future, è affidato ad altra norma del T.U., quell’art. 23 che semplifica il sistema, ponendo fine, salvo casi eccezionali espressamente previsti per legge, alla duplicazione dei decreti di esproprio e di urgenza e così consentendo ad un altro passo del parere n. 4/2001 (par. 13.2.) di osservare che "in tal modo si torna alla regola per cui la p.a. realizza l’opera sull’area oramai sua, con riduzione delle ipotesi di occupazione appropriativa (o usurpativa)". TAR EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA, SEZ. I - 27 ottobre 2003 sentenza n. 2160 (vedi: sentenza per esteso)
Urbanistica e edilizia - Costruzione abusiva - Accertamento di conformità - Provvedimento giurisdizionale amministrativo - Poteri del giudice di accertamento di conformità - Limiti – Individuazione - Art. 20 L. n. 47/1985, Art. 44 D. P. R. n. 380/2001. In materia edilizia il potere del giudice penale di accertare la conformità alla legge ed agli strumenti urbanistici di una costruzione edilizia, e conseguentemente di valutare la legittimità di eventuali provvedimenti amministrativi concessori o autorizzatori, trova un limite nei provvedimenti giurisdizionali del giudice amministrativo passati in giudicato che abbiano espressamente affermato la legittimità della concessione o della autorizzazione edilizia ed il conseguente diritto del cittadino alla realizzazione dell'opera. PRES. Savignano G REL. Franco A COD.PAR.368. IMP. Lubrano di Scorpianello PM. (Diff.) Favalli M. CORTE DI CASSAZIONE Penale SEZ. 3, 21/10/2003 (CC.05/06/2003) RV. 226592. SENT. 39707
Il nuovo piano di recupero delle aree può modificare il regime di utilizzabilità delle stesse - la possibilità di vietare la demolizione del preesistente e di realizzare nuove costruzioni - funzione di carattere prettamente conservativo. Il nuovo piano di recupero le aree di interesse delle appellanti hanno visto, peraltro, modificato il regime di utilizzabilità delle stesse; mentre nel precedente strumento attuativo era prevista, in esse, la possibilità di demolire il preesistente e di realizzare nuove costruzioni (sia pure con limiti edificatori che il TAR ha ritenuto, con la ripetuta sentenza del 1999, illegittimi, in quanto difformi rispetto all’art. 9 delle NTA), al contrario, nel nuovo strumento, frutto di autonome scelte discrezionali, l’Amministrazione comunale ha ritenuto di assegnare alle aree in questione una funzione di carattere prettamente conservativo, volta a tutelare il patrimonio esistente quale sorta di testimonianza storica del tessuto urbano preesistente. Se tale scelta di fondo sia legittima o meno spetta all’autonomo ricorso in sede di legittimità dirlo (come si ripete, radicato con ricorso al TAR n. 1182/2002, in fase di definizione); non di meno, non può parlarsi di determinazione manifestamente elusiva del giudicato, ben potendo, in astratto, l’Amministrazione, in sede di riesame delle scelte urbanistiche in precedenza operate e nell’esercizio delle proprie potestà discrezionali in materia urbanistica (ancorché in funzione di esecuzione del giudicato amministrativo), assegnare alla aree aggetto di programmazione una destinazione differente rispetto alla precedente e in grado di incidere anche sulla utilizzabilità edificatoria, più o meno piena, delle stesse. Consiglio di Stato - Sezione V, 21 Ottobre 2003, Sentenza n. 6532 (vedi: sentenza per esteso)
Denuncia da parte di cittadini di presunte realizzazioni abusive - obbligo da parte della P.A. di verificare le comunicazioni - il comportamento omissivo (silenzio-rifiuto) dell’Amministrazione - inerte complicità agevolatrice del degrado edilizio - legittimazione attiva. Sull’accertata sussistenza di una posizione qualificata e legittimante, e di un’istanza circostanziata e specifica relativa a presunte realizzazioni abusive, il Comune sia tenuto a corrispondere sull’istanza (anche e solo per dimostrarne l’eventuale infondatezza di presupposti), in quanto da un lato tale compartecipazione si conforma all’evoluzione in atto dei rapporti tra Amministrazione e amministrato (titolare di una specifica posizione), e dall’altro perché in tale ipotesi il comportamento omissivo (spesso causa di un’inerte complicità agevolatrice del degrado edilizio), assume una sua sindacabile connotazione negativa. Nella fattispecie l’originario ricorrente-appellante aveva prospettato una non generica situazione di abusività di interventi edilizi la cui antigiuridicità veniva espressamente specificata nelle varie istanze prodotte dall’interessato, la cui legittimazione attiva era poi particolarmente qualificata dalla titolarità di un diritto di proprietà limitrofo al luogo in cui si sono perpetrati gli abusi denunciati e dalle particolarità proprie (pure ampiamente qualificate nei menzionati atti di diffida) del Parco SIA ove tale proprietà (e i contigui abusi) sono localizzati. Nella specie il comportamento omissivo (silenzio-rifiuto) dell’Amministrazione sia stigmatizzato da un soggetto qualificato (in quanto, per l’appunto, titolare di una situazione di specifico e rilevante interesse che lo differenzia da quello generalizzato di per sé non immediatamente tutelabile), tale comportamento assuma una connotazione negativa e censurabile dovendo l’Amministrazione (titolare dei generali poteri-competenze in materia di controllo e di repressione sull’abusivismo edilizio) dar comunque seguito (anche magari esplicitando l’erronea valutazione dei presupposti da parte dell’interessato) all’istanza. Consiglio di Stato - Sezione V, 21 Ottobre 2003, Sentenza n. 6531
Urbanistica - abusivismo - realizzazione su un terreno agricolo di un vasto
piazzale carrabile a deposito di cassoni di camion e di cassonetti per la
nettezza urbana - concessione edilizia - necessità - aspetti urbanistici ed
edilizi - il mutamento e l’alterazione ambientale - il contratto di affitto
dell’area per un uso non agricolo del terreno - ininfluenza - modifica della
destinazione d’uso del terreno - ripristino dei luoghi - erronea indicazione
delle partite tavolati. Occorre la concessione edilizia per la
realizzazione su un terreno agricolo di un vasto piazzale carrabile mediante
un complesso di interventi per destinare l’area trasformata (asportazione
della parte vegetale, ammassamento di inerti e successiva posa di legante) a
deposito di cassoni di camion e di cassonetti per la nettezza urbana. Invero,
ai sensi dell’art.1 L. 28.1.1977 n. 10 è soggetta a concessione edilizia ogni
attività che comporti la trasformazione del territorio attraverso l’esecuzione
di opere comunque attinenti agli aspetti urbanistici ed edilizi, ove il
mutamento e l’alterazione abbiano qualche rilievo ambientale ed estetico o
anche solo funzionale (v. la decsione di questa Sezione n.415 del 6. 4.1998 e
precedenti ivi indicati). In particolare, la concessione edilizia è necessaria
anche quando si intende realizzare un intervento sul territorio con perdurante
modifica dello stato dei luoghi con materiale posto sul suolo, pur in assenza
di opere in muratura (V. le decisioni di questo Consiglio, sez V n. 329 del
15.7.1983 e sez.VI n.419 del 27.1.2003). Ne vale ad escludere l’abusività
delle opere realizzate la circostanza che il contratto di affitto dell’area
sia intercorso con una Fondazione di assistenza e beneficenza, i cui organi di
amministrazione sono nominati anche dal Comune di Trento, e che in tale
contratto sia stato previsto un uso non agricolo del terreno, in quanto da
tali circostanze non può desumersi l’assenso (implicito) dell’Amministrazione
comunale alla modifica della destinazione d’uso del terreno, essendo comunque
il Comune un Ente pubblico diverso dalla Fondazione. Infine non può incidere
sulla legittimità dell’ordinanza di ripristino dei luoghi la erronea
indicazione delle partite tavolati, essendo stati comunque individuati i
terreni interessati. Consiglio di Stato - Sezione V, 21 Ottobre 2003,
Sentenza n. 6519 (vedi:
sentenza
per esteso)
Urbanistica - intervento sul territorio con perdurante modifica dello stato
dei luoghi anche con materiale posto, semplicemente, sul suolo - necessità
della concessione edilizia. La concessione edilizia è necessaria anche
quando si intende realizzare un intervento sul territorio con perdurante
modifica dello stato dei luoghi con materiale posto sul suolo, pur in assenza
di opere in muratura (V. le decisioni di questo Consiglio, sez V n. 329 del
15.7.1983 e sez.VI n.419 del 27.1.2003). Consiglio di Stato - Sezione V, 21
Ottobre 2003, Sentenza n. 6519 (vedi:
sentenza
per esteso)
Urbanistica - la fedele ricostruzione di quanto viene demolito - difformità
dei titoli abilitativi - eccesso volumetrico e delle superfici - abuso
edilizio - la qualificazione del nuovo intervento edilizio - le norme
urbanistiche applicabili - diniego di rilascio di concessione in sanatoria -
legittimità. Quando non viene eseguita l’assentita fedele ricostruzione di
quanto viene demolito - e manca anche sia pure parzialmente la stessa
demolizione dei manufatti preesistenti - non possono che essere applicate le
norme urbanistiche sopravvenute che, nella specie, escludono la realizzazione
di volumetrie e superfici nelle dimensioni concretizzate. Nei fatti
l’appellante ha realizzato in difformità dei titoli abilitativi una superficie
ulteriore di 10 mq. al primo piano e di mq. 50 al secondo piano, con una
eccedenza nella cubatura assentita di mc. 34 al primo piano e di mc. 160 al
secondo piano ed, inoltre, non ha provveduto ad abbattere il locale adibito ad
attività commerciale, locale di mq. 49 e mc. 739. Tali circostanze di fatto
sono provate anche dalla pronuncia del Pretore di S. Maria Capua Vetere n.
37/95 del 26 gennaio 1995 che ha condannato per gli abusi di cui trattasi
l’appellante a 20 giorni di arresto ed a £ 10.000.000 di ammenda. Non vi è
dubbio che le opere realizzate differissero nella sostanza da quanto assentito
dall’amministrazione comunale che, a prescindere dalla qualificazione
dell’intervento edilizio, non potevano essere autorizzate neanche in
sanatoria. La motivazione dell’atto è chiara l’eccesso volumetrico e delle
superfici non consentiva alcun atto di assenso e non sussiste alcun elemento
indiziario che porti a concludere per uno sviamento dell’Amministrazione
nell’emettere l’atto impugnato (diniego di rilascio di concessione in
sanatoria). Consiglio di Stato - Sezione V, 21 Ottobre 2003, Sentenza n. 6518
Urbanistica - cimiteri e servizio di illuminazione - luoghi aperti al
pubblico - impianto di illuminazione del tutto analogo a quello previsto per
una pubblica strada - servizio di illuminazione votiva. I Cimiteri sono
luoghi aperti al pubblico che richiedono, oltre un servizio di illuminazione
votiva, anche un impianto di illuminazione del tutto analogo a quello previsto
per una pubblica strada. Da ciò deriva la necessità per eseguire l'impianto di
illuminazione del possesso dell’iscrizione all’albo nazionale costruttori
nelle pertinenti categorie e i relativi adempimenti alle norme di sicurezza.
Consiglio di Stato - Sezione V, 21 Ottobre 2003, Sentenza n. 6517
L’adozione di provvedimenti ulteriori di approvazione del progetto di realizzazione dell’opera pubblica - la destinazione urbanistica - acquisizione dell’area interessata al progetto - l’iniziativa edificatoria - il diritto del proprietario di chiudere il fondo non richiede il rilascio di una concessione edilizia ma di una semplice autorizzazione. Non appare configurabile una incompatibilità tra la destinazione urbanistica, che comunque dovrà essere attuata attraverso l’adozione di provvedimenti ulteriori di approvazione del progetto di realizzazione dell’opera pubblica e di acquisizione dell’area interessata al progetto, e l’iniziativa edificatoria che, nel caso di specie come accertato in sede penale (sentenza n. 23 del 24 gennaio 1994 del Pretore di Moncalieri), consiste nell’apposizione di un cancello e recinzione metallica; cioè di lavori che non mutano la destinazione urbanistica ma si limitano a dare concreta attuazione al diritto del proprietario di chiudere il fondo. Al riguardo, è appena il caso di ricordare che questo Consiglio ha già avuto modo di osservare come “ l'installazione di un cancello, non comportando di norma trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, non richiede il rilascio di una concessione edilizia ma di una semplice autorizzazione.“ (Consiglio Stato sez. II, 12 maggio 1999, n. 720). Consiglio di Stato - Sezione V, 15 Ottobre 2003, Sentenza n. 6293
Urbanistica - divisioni interne - mancata costruzione della parete interna di progetto - esistenza di un unico locale senza soluzione strutturale di continuità - superficie coperta adibita ad abitazione maggiore - l’irrogazione della sanzione - legittima. La mancata costruzione della parete interna di progetto, determinando l’esistenza di un unico locale senza soluzione strutturale di continuità, più che consentire l’abitabilità degli spazi minori suddetti, permette l’estensione del medesimo uso funzionale all’intero ambiente risultante. Legittima, pertanto, deve ritenersi l’irrogazione della sanzione impugnata. (Nella specie si è ritenuto legittimo il provvedimento con il quale il Sindaco del Comune di Castione della Presolana ha applicato la sanzione pecuniaria amministrativa di lire 70.700.000 a carico del ricorrente, imprenditore edile, per la realizzazione, al piano mansarda di alcuni fabbricati di nuova costruzione, di una superficie coperta adibita ad abitazione maggiore, nella misura di mq. 225,51, di quella prevista nelle relative concessioni edilizie. In difesa, il ricorrente ha sostenuto, che il sanzionato aumento di superficie abitabile non può ritenersi realizzato per il solo fatto dell’omessa costruzione della parete divisoria prevista in progetto nel punto in cui lo spiovente del tetto raggiunge l’altezza di m. 2,20, indicata dal regolamento edilizio quale altezza minima per considerare abitabile un locale. Gli spazi residui, la cui altezza decresce fino al punto di appoggio del tetto sul muro perimetrale, sarebbero comunque non abitabili e delimitabili con pareti componibili non in muratura). Consiglio di Stato - Sezione V, 9 Ottobre 2003, Sentenza n. 6055
Edilizia - sottotetto di un edificio - dimensioni e caratteristiche strutturali - pertinenza esclusiva - vano autonomo - proprietà condominiale - uso comune - art. 1117 c.c - consenso di tutti i condomini - intervento sul lucernario. Il sottotetto di un edificio può considerarsi pertinenza esclusiva dell’appartamento sito all’ultimo piano solo quando assolva la esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento stesso dal caldo, freddo e dall’umidità, creando una sorta di camera d’aria, non anche quando abbia dimensioni e caratteristiche strutturali da consentire l’utilizzazione come vano autonomo, nel qual caso deve presumersi di proprietà condominiale se esso risulti in concreto, sia pure in via solo potenziale, oggettivamente destinato all’uso comune (Cass. Civ., Sez. IIª Sez., nr. 4266/99). Nel caso in esame, vero è che il vano in questione è chiuso e senza vie di accesso alle parti comuni dell’edificio, il che esclude l'uso comune e quindi la presuzione di cui all'art. 1117 c.c., ma va altresì considerato che esso non è di pertinenza esclusiva dell’appartamento dei ricorrenti, in quanto insiste contemporaneamente su tre porzioni materiali diverse dell'immobile in questione. In tal modo l'intervento richiesto, come correttamente rilevato dal Giudice di prime cure, quand'anche realizzato sulla parte di sottotetto insistente sull'appartamento degli appellanti, non potrebbe non influire sulla destinazione del sottotetto all'uso comune. L'intervento edilizio richiesto richiede dunque il consenso di tutti i condomini. A fortiori tale consenso è richiesto per l'intervento sul lucernario che costituisce proprietà comune ai sensi dell'art. 1117 c.c.. Consiglio di Stato - Sezione V, 9 Ottobre 2003, Sentenza n. 6049
Il termine per la formazione del silenzio assenso sulle domande di condono - decorrenza - il parere favorevole dall’autorità preposta alla tutela del vincolo - necessità - Sovrintendenza - demolizione delle opere abusive - potestà sanzionatoria interamente vincolata - esercizio dell’autotutela - assenza - opere di manutenzione - nuova costruzione - zonizzazione di P.R.G. - fabbricato in contrasto con l’ambiente: baracca - N.T.A. - interventi di ristrutturazione o sostitutivi o di ricostruzione - limiti. Il termine per la formazione del silenzio assenso sulle domande di condono non può decorrere ove non si sia conseguito il parere favorevole dall’autorità preposta alla tutela del vincolo. E si è già visto che sul primo abuso la Sovrintendenza si era espressa in senso negativo. Sotto altro riguardo, in fine, il richiamo alla mancanza di motivazione circa l’interesse pubblico alla demolizione delle opere abusive, non appare sostenuto da apprezzabili argomenti. Si rammenta che non si verte in materia di esercizio dell’autotutela, ma nella manifestazione di una potestà sanzionatoria interamente vincolata. (nella specie il Comune, ha raccolto la segnalazione della Sovrintendenza, e ha motivato il diniego di condono osservando che l’art. 23 delle Norme tecniche di attuazione del P.R.G., per le opere abusive ed in contrasto con l’ambiente (leggi, “la baracca”), ammette soltanto opere di manutenzione, e che, d’altra parte, una nuova costruzione non era assentibile per l’assenza di strumenti urbanistici di dettaglio. Il provvedimento, infatti, si richiama alla zonizzazione di P.R.G. ed alla qualificazione attribuita al fabbricato basso F.43 n. 97 come “fabbricato in contrasto con l’ambiente”. La proposizione successiva afferma, come si è sopra osservato, che a norma dell’art. 23 delle N.T.A.. i fabbricati in contrasto con l’ambiente non possono essere oggetto di interventi di ristrutturazione o sostitutivi o di ricostruzione. Il progetto presentato nel gennaio 1987, consistendo in un ampliamento del piano seminterrato e nella realizzazione al piano superiore del deposito in assi e lamiere, doveva essere considerato, ai fini del condono come un intervento di ristrutturazione, in sé non condonabile). Consiglio di Stato Sezione V - 3 ottobre 2003, Sentenza n. 5745 (vedi: sentenza per esteso)
Urbanistica e edilizia - Demolizione manufatto abusivo - Ordine di
demolizione - Esecuzione - Acquisizione del bene al patrimonio comunale -
Idoneità a sospendere l'esecuzione per pubblico interesse - Condizioni –
Individuazione - Art. 7 L. n. 47/1985. In tema di demolizione di opere
edilizie abusive, la eventuale acquisizione dei beni al patrimonio comunale
è idonea determinare effetti sulla esecuzione della demolizione solo nel
caso in cui sia stata dichiarata, con la prescritta formalità della delibera
comunale, l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento
dell'opera. PRES. Toriello F REL. Gentile M, IMP. Bommarito e altro PM. (Parz.
Diff.) Hinna Danesi. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 30/09/2003 (UD.
08/07/2003), RV. 226321, Sentenza n. 37120
Il silenzio dell’Amministrazione su istanza di sanatoria di abusi edilizi -
interpretazione - c.d. silenzio significativo - diniego - il termine speciale
di trenta - inapplicabilità. Il silenzio dell’Amministrazione su istanza
di sanatoria di abusi edilizi costituisce ipotesi di silenzio significativo,
al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di
diniego, con la conseguenza che viene a determinarsi una situazione del tutto
simile a quella che si verificherebbe in caso di provvedimento espresso (C.G.A.
21 marzo 2001 n. 142; Cons. St. Sez. VI, ord. 20 novembre 2001 n. 6283). Ne
consegue che non trova applicazione, ai fini della proponibilità dell’appello,
il termine speciale di trenta giorni di cui all’art. 21 bis della legge n.
1034, come novellato dalla legge n. 205 del 2000. Consiglio di Stato
Sezione V - 18 settembre 2003, sentenza n. 5326 (vedi:
sentenza
per esteso)
Urbanistica - opera precaria, assume rilievo il tipo di attività non la consistenza materiale dell’impianto. La circostanza, di un’opera che abbia carattere precario non è idonea ad escluderne l’appartenenza ad un genus individuato dalla fonte competente come infrastruttura di carattere strategico, poiché, a tal fine, assume rilievo il tipo di attività non la consistenza materiale dell’impianto. Consiglio di Stato Sezione V - 18 settembre 2003, sentenza n. 5326 (vedi: sentenza per esteso)
Reati urbanistici - il giudice penale può subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante demolizione dell'opera abusiva - inquinamento delle acque. In materia di reati urbanistici ha riconosciuto il potere del giudice penale di subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante demolizione dell'opera abusiva (714/97, rv 206659). In questa materia, infatti, a fare problema non era l'esistenza di una norma speciale come quelle in materia di rifiuti o di inquinamento delle acque, ma solo il potere concorrente della Pubblica amministrazione in ordine alla demolizione delle costruzioni abusive. Anche se non può trascurarsi che tale revirement giurisprudenziale ha favorito una indubbia rivalutazione giuridica e operativa dell'articolo 165 Cp non solo in materia urbanistica, ma in tutti i settori del diritto penale. Corte di Cassazione Penale Sez. III 16 settembre 2003, n. 35501 (vedi: sentenza per esteso)
Rifiuti - contravvenzioni in materia ambientale - la subordinazione del beneficio al ripristino ambientale - l’istituto di carattere generale trova applicazione anche in relazione ai reati urbanistici e a tutte le ipotesi di inquinamento dell'ambiente. Non può dubitarsi che, in caso di condanna per contravvenzioni in materia ambientale, il beneficio della sospensione condizionale della pena possa essere subordinato alla bonifica del sito inquinato e al ripristino ambientale.La subordinazione del beneficio all'esatto adempimento di quanto stabilito nella sentenza è diventato un istituto di carattere generale, che pertanto può trovare applicazione in relazione ai reati urbanistici e a tutte le ipotesi di inquinamento dell'ambiente, oltre i casi previsti in specifici settori, come le acque e i rifiuti. Cassazione sezione terza, 2944/84, Mungai, rv 162773. Corte di Cassazione Penale Sez. III 16 settembre 2003, n. 35501 (vedi: sentenza per esteso)
La ristrutturazione edilizia - nozione - la demolizione e la ricostruzione con la stessa sagoma - mantenimento delle distanze preesistenti - le distanze tra edifici - la disciplina delle distanze legali. La disciplina delle distanze legali è sancita da norme poste a tutela delle superiori esigenze di ordine pubblico ad una ordinata e razionale edificazione, e perciò non soggette ad essere derogate da accordi pattizi privati (cfr. Cons. Stato, IV Sezione, n. 3929 del 12.07.2002). La ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 1, c. 6, lett. b) della L. 443/01 comprende anche la demolizione e la ricostruzione con la stessa sagoma: le distanze tra edifici, (nella specie, la suddetta nozione è stata accolta anche nelle N.T.A.), possono essere mantenute quelle preesistenti, anche se fuori norma. Si veda anche: Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 3929 del 12/07/2002; Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 3438 del 25/06/2002; Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 5926 del 22/11/2001; Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 5253 del 5/10/2001. Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza 8 Settembre 2003 n. 5032 (vedi: sentenza per esteso)
Urbanistica e edilizia - Costruzione abusiva - Ordine di demolizione -
Demolizione abuso e irrilevanza locazione a terzi - Disciplina urbanistica -
Esecuzione - Strumenti civilistici del conduttore - Rilevanza in sede penale
- Esclusione - Fondamento - Art. 7 L. n. 47/1985. In tema di esecuzione
dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, disposto ex art. 7 della
legge 28 febbraio 1985 n. 47, non assume rilievo la circostanza che
l'immobile oggetto della demolizione risulti locato a terzi, stante la
possibilità da parte del conduttore di ricorrere agli strumenti civilistici
per fare ricadere in capo ai soggetti responsabili dell'attività abusiva gli
eventuali effetti negativi sopportati in via pubblicistica. PRES. Toriello F
REL. Vangelista V COD.PAR.368 IMP. Moressa R PM. (Conf.) Hinna Danesi F.
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 29/09/2003 (CC. 08/07/2003), RV.
226319, Sentenza n. 37051
Urbanistica e edilizia - Sanatoria manufatto demolito - Costruzione
abusiva - Suscettibile di sanatoria ex art. 13 - Successivamente demolito -
Reato di cui all'art. 20 l. n. 47/1985 - Estinzione ex artt. 13 e 22 -
Fondamento - Artt. 13 e 22 L. n. 47/1985. L'estinzione del reato di
costruzione abusiva, per effetto del combinato disposto degli artt. 13 e 22
della legge 28 febbraio 1985 n. 47, si verifica anche a favore di chi abbia
demolito il manufatto sempre che si tratti di costruzione che se non
demolita avrebbe potuto ottenere la concessione in sanatoria; in tal caso
l'accertamento e la certificazione di conformità effettuata dal Sindaco ai
sensi del citato art. 13 tiene luogo della sanatoria rilasciata per i
manufatti ancora esistenti. PRES. Papadia U REL. Grassi A COD.PAR.368 IMP.
Ducoli PM. (Diff.) Albano A. CORTE di CASSAZIONE Penale, Sez. III
29/08/2003 (UD. 17/06/2003), RV. 226162, Sentenza n. 35011
Urbanistica - Edilizia - In genere - Costruzione abusiva - Ingiunzione a demolire - Inottemperanza - Conseguenze - Trasferimento dell'immobile al patrimonio del Comune - Modalità - Atto ablatorio - Art. 7 L. n. 47/1985 - D. P. R. n. 380/2001. In tema di costruzioni abusive, l'inutile decorso del termine di novanta giorni dall'ingiunzione a demolire emessa dal sindaco determina l'immediato trasferimento al patrimonio del Comune della res abusiva, dell'area di sedime e delle pertinenze, così che l'atto ablatorio che la P.A. e' tenuta ad adottare all'esito della prescritta procedura si rende necessario al solo fine di escludere la sopravvenienza di altri provvedimenti amministrativi o giurisdizionali che abbiano fatto venire meno o sospeso l'effetto acquisitivo derivante dall'accertata inadempienza. Pres. Savignano G - Est. Vitalone C - Imp. Formisano S - PM. (Diff.) Favalli M. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 07/08/2003 (UD.05/06/2003) RV. 225554 sentenza n. 33548
Urbanistica e edilizia - Costruzione abusiva - Acquisizione immobile abusivo - Effetto ablatorio alla scadenza del termine legale - Ingiunzione a demolire - Inottemperanza - Conseguenze - Trasferimento dell'immobile al patrimonio del Comune - Presupposti - Art. 7 L. n. 47/1985. L'effetto ablatorio di cui ai commi terzo e sesto dell'art. 7 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 si verifica "ope legis" alla scadenza del termine legale, o di quello prorogato dall'autorità amministrativa competente, per ottemperare all'ingiunzione e demolire; così che l'atto di accertamento dell'inottemperanza e la trascrizione hanno natura dichiarativa, il primo necessario per opporre il trasferimento al proprietario responsabile dell'abuso ed immettersi nel possesso ed il secondo per opporre il trasferimento ai terzi ex art. 2644 cod. civ. PRES. Savignano G REL. Onorato P COD.PAR.368 IMP. P.G. in proc. Brullo e altro PM. (Conf.) Monetti V. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 06/08/2003 (CC. 29/05/2003), RV. 226155, Sentenza n. 33297
Urbanistica e Edilizia - Nuova disciplina di cui al D.P.R. n. 380/2001 - Ordine di demolizione del manufatto abusivo - Continuità normativa con la precedente previsione di cui alla L. n. 47/1985 – Sussiste - Sentenza di condanna. Tra le disposizioni di cui alla legge 28 febbraio 1985 n. 47 e la nuova disciplina di cui al Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) sussiste continuità normativa anche in relazione all'ordine di demolizione del manufatto abusivo che il giudice deve disporre con la sentenza di condanna, atteso che la precedente previsione dell'art. 7 della legge n. 47 del 1985 risulta trasfusa nell'art. 31 del D.P.R. 380 del 2001. Pres. Savignano G - Est. Gentile M - Imp. Di Bartolo - PM. (Conf.) Gialanella A. CORTE DI CASSAZIONE Penale sez. III, 31 Luglio 2003 (CC.29/05/2003) RV. 225548, Sentenza n. 32211
Territorio – Edilizia e urbanistica - Sanatoria di abusi edilizi - Preesistenza del manufatto - Principio di prova ed elementi probatori – Incertezza sulla data di ultimazione delle opere - L’Amministrazione deve respingere la domanda di concessione in sanatoria e reprimere l'abuso. Il richiedente la sanatoria di abusi edilizi ai sensi dell'art. 31 L. 28 febbraio 1985 n. 47 (ovvero art.39 della legge n.724 del 1994) deve fornire un principio di prova in ordine alla preesistenza del manufatto al 1 ottobre 1983 (ovvero 31 dicembre 1994), restando a carico dell'Amministrazione di controllare l'attendibilità dei dati forniti ed eventualmente di contrapporre le risultanze di proprie verifiche; pertanto, qualora non risulti alcun univoco ed oggettivo elemento da cui possa evincersi che le opere abusive sono state ultimate entro la data predetta, l'Amministrazione deve respingere la domanda di concessione in sanatoria e reprimere l'abuso. (Cons. Stato Sez.V n.748 - 10 febbraio 2000). (In specie non sono state ritenute probatorie ai fini dell'accertamento della data di ultimazione delle opere, la fattura non suffragata da altri elementi fiscali (bolle di accompagnamento, modalità di pagamento, etc…), la relazione tecnica a firma del geom. M.G. pervenuta al Comune di Latina il 17 febbraio 2000, senza data, e nulla indicando circa l’epoca di realizzazione dei lavori abusivi ecc.). Pres. BIANCHI - Est. AURELI – Volpe e altri (avv.ti Cosentino e Lana) c. Comune di Latina (avv. Manchisi).T.A.R. LAZIO Sezione Staccata di Latina del 29 luglio 2003, (Ud. 6 giugno 2003) Sentenza n. 675. (vedi: sentenza per esteso)
Ambiente in genere - Poteri polizia municipale - Ufficiali di P.G. - Vigile Urbano in servizio per il controllo degli scarichi di acque reflue - Obbligo di prendere notizia del reato di propria iniziativa di reati anche in materia urbanistico-edilizia - Sussistenza - Impedimento con violenza o minaccia - Fattispecie: reati di cui all'art. 336 c. p., art. 4 L. n. 47/1985 e art. 57 c. 2 Lett. b Nuovo C.P.P.. Il vigile urbano che trovandosi ad espletare un controllo sulla regolarità degli scarichi delle acque reflue, prende notizia di violazioni relative all'attività urbanistico- edilizia, ha l'obbligo di prendere notizia del reato in quanto ai sensi dell'art. 4 legge 28 febbraio 1985 n. 47 ha poteri di polizia giudiziaria in tale materia e quindi qualora tale attività gli venga impedita con violenza o minaccia l'autore risponde del delitto di violenza o minaccia a pubblico ufficiale. PRES. Sansone L REL. Mannino SF COD.PAR.421 IMP. P.G. in proc. Baldassarri PM. (Conf.) Iadecola G. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. VI, 24/07/2003 (UD. 18/02/2003), RV. 226217, Sentenza n. 31408
Il rilascio della autorizzazione in sanatoria (per gli abusi commessi su aree sottoposte al vincolo paesistico) - condizioni - peculiarità procedimentali - l’autorizzazione in sanatoria non costituisce un “equipollente perfetto” dell’autorizzazione preventiva - mancata produzione di effetti pregiudizievoli in relazione allo stato dei luoghi antecedente all’edificazione - assenza dell’impatto negativo - pregiudizio ambientale - la demolizione dell’opera abusiva - sanzione equivalente alla maggiore somma tra il danno arrecato e il profitto - la reintegrazione dello stato dei luoghi. In assenza di una normativa espressa in materia, la più recente giurisprudenza (cfr. Ad. Gen., 11 aprile 2002, n. 4; Sez. VI, 19 giugno 2001, n. 3242; Sez. VI, 9 ottobre 2000, n. 5373) ha precisato che il potere di autorizzazione in sanatoria (per gli abusi commessi su aree sottoposte al vincolo paesistico) va esercitato tenendo conto dei seguenti principi: - l’Amministrazione delegata (o subdelegata) deve verificare la mancata produzione di effetti pregiudizievoli in relazione allo stato dei luoghi antecedente all’edificazione; - costituisce onere dell’interessato la dimostrazione dell’assenza dell’impatto negativo, con la produzione della documentazione relativa alla situazione precedente dei luoghi, per consentire la comparazione con la situazione venutasi a verificare a seguito dell’abuso; - poiché l’autorizzazione in sanatoria non costituisce un “equipollente perfetto” dell’autorizzazione preventiva (poiché è stato commesso un fatto illecito, punito con la sanzione prevista dall’art. 15 della legge n. 1497 del 1939), l’Amministrazione deve valutare la consistenza del pregiudizio ambientale e valutare se sia il caso di disporre la demolizione dell’opera abusiva, ovvero di disporre la sanzione equivalente alla maggiore somma tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la commessa trasgressione. Sulla base di tale giurisprudenza (che la Sezione condivide e fa propria), si deve ritenere che in base al diritto vivente il rilascio della autorizzazione paesaggistica in sanatoria si caratterizza per le seguenti peculiarità procedimentali: - l’interessato ha l’onere di produrre tutta la documentazione volta a comparare l’attuale stato dei luoghi con quello originario, prima che l’abuso avesse luogo; - l’Amministrazione, nel valutare motivatamente l’istanza e la documentazione prodotta, o ritiene che il pregiudizio cagionato non possa condurre all’accoglimento della domanda di sanatoria (e allora deve disporre la reintegrazione dello stato dei luoghi) oppure, previa istruttoria sul danno arrecato e sul profitto conseguito mediante la commessa trasgressione, può rilevare la compatibilità paesistica di quanto realizzato, contestualmente irrogando la prescritta sanzione. Consiglio di Stato, Sezione VI - 21 luglio 2003, sentenza n. 4192 (vedi: sentenza per esteso)
Urbanistica - Condono edilizio – Ordine di demolizione – Termine – Disciplina - Demolizione d’ufficio - Acquisizione gratuita del sedime. L’assegnazione del termine di 15 giorni per effettuare la demolizione non viola neppure l’art.7 della legge n.47 del 1985 dove è stabilito il diverso e più ampio termine di novanta giorni. Tale ultimo termine invero è stabilito per l’interessato al fine di evitare gli oneri derivanti dalla demolizione d’ufficio nonché l’acquisizione gratuita del sedime su cui l’abuso è stato realizzato oltre alle c.d. pertinenze urbanistiche. Ma è anche rivolto all’Amministrazione fungendo da sbarramento a che detti effetti maturino prima dei novanta giorni stabiliti, con i conseguenti oneri a carico dell’interessato. Onde attesa la dispiegata funzione, non può che ritenersi irrilevante l’indicazione nel provvedimento demolitorio di un termine inferiore ai novanta giorni, se in concreto esso, come nella fattispecie, è stato osservato essendo certo che ad oggi l’Amministrazione comunale non ha né proceduto alla demolizione d’ufficio, né acquisito formalmente l’area e le sue pertinenze. Pres. BIANCHI - Est. AURELI – Verrelli (avv. Ceci) c. Comune di Latina (avv. Di Leginio).T.A.R. LAZIO Sezione Staccata di Latina del 10 luglio 2003, (Ud. 23 maggio 2003) Sentenza n. 655. (vedi: sentenza per esteso)
Sanatoria parziale - l’opera edilizia abusiva va identificata, ai fini
della concessione in sanatoria, con riferimento all’unitarietà dell’edificio
realizzato - disegno unitario - frazionamento in distinte porzioni. In
ordine, all’ammissibilità (riconosciuta dal T.A.R.) di una sanatoria parziale
(relativa, cioè, alla sola porzione del fabbricato costruita entro
l’1.10.1983), è sufficiente rilevare che, secondo un costante orientamento
giurisprudenziale (cfr. ex multis C.S., Sez.V, 3 marzo 2001, n.1229; Cass.
Pen., Sez. III, 7 luglio 1999, n.8584) dal quale non si ravvisano ragione per
dissentire, l’opera edilizia abusiva va identificata, ai fini della
concessione in sanatoria, con riferimento all’unitarietà dell’edificio
realizzato, ove sia stato realizzato dal costruttore in esecuzione di un
disegno unitario, restando irrilevante, ai fini che qui rilevano, il suo
preteso frazionamento in distinte porzioni (Cass. Pen, Sez. III, 7 ottobre
1998, n.10500), a meno che non risulti concretamente giustificato
dall’effettiva autonomia della consistenza di ciascuna. (In applicazione di
tali principi di diritto, correttamente fondati sul rilievo
dell’inscindibilità dell’opera edilizia caratterizzata da una struttura
unitaria, deve, quindi, escludersi che nella fattispecie in esame, non
potendosi dubitare dell’unitarietà e della non frazionabilità di un edificio
di quattro piani destinato a civile abitazione, potesse procedersi, come
erroneamente ritenuto dai primi giudici, ad una sanatoria parziale, per le
sole porzioni compiute in tempo utile). Consiglio di Stato, Sezione V, - 3
luglio 2003, Sentenza n. 3974 (vedi:
sentenza per esteso)
Domanda di condono - il parere della Commissione Edilizia - natura - verifica
tecnica della conformità della domanda di sanatoria e delle opere - termine
perentorio. In merito alla questione della necessità del parere della
Commissione Edilizia e delle conseguenze invalidanti della relativa omissione,
risulta agevole rilevare che l’obbligatorietà dell’acquisizione dell’avviso
del predetto organo consultivo, peraltro controversa (cfr. C.S., Sez. IV, 16
ottobre 1998, n.1306, che la ritiene facoltativa), è stata, comunque,
affermata in considerazione della sua essenziale ed esclusiva strumentalità
(ai fini della corretta definizione del procedimento) alla verifica tecnica
della conformità della domanda e delle opere alle quali si riferisce alla
normativa edilizia ed urbanistica di riferimento (C.S., Sez. VI, 29 gennaio
2002, n.489). Anche ammettendo, quindi, la necessità dell’acquisizione del
parere della Commissione Edilizia ai fini del rilascio della concessione
edilizia, si deve, peraltro, negare il carattere obbligatorio di tale fase
procedimentale nei casi, quale quello in esame, nel quali la valutazione nel
merito della domanda di condono è preclusa dal preliminare accertamento
dell’ultimazione dell’opera abusiva oltre il termine perentorio stabilito
dall’art.31 legge 28 febbraio 1985 n.47 (C.S., Sez. II, 24 gennaio 2001, n.967/94).
Se si ha, invero, riguardo alla specifica funzione assolta dalla valutazione
tecnica della Commissione Edilizia, essenzialmente pertinente alla verifica
della conformità del manufatto abusivo alla disciplina urbanistica ed
edilizia, si deve coerentemente riconoscere l’inutilità di tale apprezzamento
quando la domanda di sanatoria dev’essere disattesa per l’assorbente rilievo
dell’omesso rispetto del termine perentorio stabilito dalla legge per il
conseguimento del beneficio in questione e, quindi, per il riscontro di una
ragione ostativa all’accertamento, nel merito dell’istanza, dei presupposti
per il rilascio del titolo (nel chè si risolve il parere reso dall’organo
consultivo tecnico del Comune). Consiglio di Stato, Sezione V, - 3
luglio 2003, Sentenza n. 3974 (vedi:
sentenza per esteso)
Incendi boschivi - la assoluta inedificabilità per dieci anni sui terreni “boscati” - rilascio di una concessione edilizia in violazione di norme di legge 353/00 - sequestro preventivo del cantiere (degli edifici e delle strutture ed infrastrutture) - legittimità - rilascio della concessione edilizia - dirigente - abuso di potere - responsabilità penali. Al fine di rendere possibile in concreto l’applicazione del nuovo regime ai boschi già distrutti legge 353/00 (Legge-quadro in materia di incendi boschivi), all’articolo 10 comma 2 è stata prevista la ricognizione dei terreni boschivi già incendiati, nei cinque anni antecedenti all’entrata in vigore della legge, con la costituzione di un apposito catasto. È una norma che tende a rendere applicabile il divieto, a tutti i terreni boschivi distrutti da incendi, ed a tal fine, inserisce un preciso dovere di ricognizione, per gli amministratori pubblici che abbiano nel loro territorio soprassuoli, che possano essere oggetto del divieto. La mancata attuazione della ricognizione e della stesura dell’apposito catasto, non è può essere confusa con la mancata realizzazione di una condizione sospensiva dell’efficacia della legge, poiché non è pensabile, senza contraddire con la lettera ed il fine della nuova norma, che la sua attuazione, sia affidata alla solerzia di qualche funzionario. Appare quindi evidente la vigenza e l’immediata operatività del divieto di edificazione. Le argomentazioni relative alla definizione, della nozione di “bosco”, ed alla possibilità di applicarla in concreto al territorio oggetto dell’insediamento edilizio, costituisce una valutazione di fatto che potrà essere oggetto delle fasi di merito del procedimento penale, ma che non può essere proposta in questa sede di legittimità. Deve infine, osservarsi che in specie: essendo stata rilasciata la concessione edilizia il 31.7.2002, l’ipotesi, che tale atto sia stato posto in essere con abuso di poteri consistenti nella violazione del divieto di edificazione precedentemente stabilito dall’articolo 10 della citata legge 353/00, appare del tutto compatibile con la situazione di fatto rappresentata. Ed il sequestro ha la funzione di evitare che la libera disponibilità dei beni, determini la prosecuzione dell’attività di edificazione, con aggravamento dell’attuale stato dei luoghi. Ciò è sufficiente per considerare il sequestro preventivo legittimamente disposto. Sarà, successivamente il giudice del merito ad affrontare le altre questioni proposte dalle parti in fatto, ed ad evidenziare le eventuali responsabilità penali in ordine al reato contestato. Corte di Cassazione Sez. V, 27 giugno 2003, sentenza n. 27799
Abusi edilizi - violazione di sigilli - misura cautelare - divieto di dimora nel Comune dove è stato commesso il reato - legittimità - costruzione in zona sismica e vincolata e senza concessione edilizia - violazione dei sigilli apposti al manufatto abusivo. In tema di adeguatezza della misura cautelare adottata, che non è necessaria una analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma occorre che il giudice indichi gli elementi specifici che, nel singolo caso, facciano ragionevolmente ritenere quella applicata all’indagato o all’imputato come la misura più idonea a soddisfare le ravvisate esigenze cautelari (Cassazione, sezione terza, 19/1999, Rv 213003). (Fattispecie: Con ordinanza 24 gennaio 2003 il Tribunale di Napoli, annullando parzialmente l’ordinanza del Gip 27 novembre 2002, sostituiva la misura del divieto di dimora in Giugliano imposta a Cesaro Guglielmo e a Cesaro Giuseppe, indagati dei reati di cui agli articoli 20 lettera c) legge 47/1985; 2, 13, 4, 14 legge 1086/1871; 1, 2, 20 legge 64/1974; 166 decreto legislativo 490/99; 734 e 349 Cp, con quella della presentazione giornaliera alla Ps di Giugliano. Proponeva ricorso per cassazione il Pm deducendo violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla scelta della misura cautelare reale in riferimento alla sua specifica idoneità a soddisfare in concreto le esigenze cautelari, dato che, nella specie, il tribunale aveva applicato una misura meno affittiva menzionando soltanto la funzione di deterrente psicologico esercitata dall’obbligo di presentazione alla Ps senza verificare le esigenze cautelari attuali comparativamente rapportate a quelle iniziali sotto il profilo dell’idoneità specifica e della proporzionalità del provvedimento. Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza. Il tribunale del riesame ha sostituito la misura del divieto di dimora in Giugliano con quella dell’obbligo di presentazione periodica alla Ps rilevando che il suddetto divieto, perdurando da circa 3 mesi, costituiva per i ricorrenti (indagati per avere eseguito, in zona sismica e vincolata e senza concessione edilizia, un manufatto in cemento armato a tre piani, ciascuno di metri quadrati 460, nonché per avere violato i sigilli apposti al manufatto abusivo) monito per prevenire ulteriori violazioni e la prosecuzione dell’opera abusiva. Riteneva perciò che le esigenze cautelari, ravvisate nell’entità dell’opera e nell’interesse alla prosecuzione desumibile dall’accertata violazione dei sigilli, potessero essere salvaguardate con l’obbligo di presentazione quotidiana alla Ps che, unitamente ai VV.UU., avrebbe potuto controllare la futura condotta degli indagati. L’ordinanza impugnata ha basato il giudizio di adeguatezza su un dato irrilevante, quale il mero decorso del tempo, peraltro di modesta estensione, senza indicare altro specifico elemento da cui desumere che l’originaria misura cautelare reale possa essere sostituita con altra meno grave, ma idonea ad impedire la reiterazione dei reati. Infatti, poiché la misura del divieto di dimora ineriva ad un abuso edilizio ed ambientale di enorme rilevanza, reiterato dopo il sequestro del manufatto, l’adozione di altra non avrebbe potuto prescindere all’indicazione di nuove emergenze indicative del venir meno del pericolo di ulteriore proseguimento abusivo dell’opera, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo all’obbligo, di carattere generale, dei pubblici ufficiali di accertare la commissione dei reati. Pertanto, deve essere annullata senza rinvio l’ordinanza impugnata, sicché rivive il provvedimento illegittimamente annullato.) CORTE DI CASSAZIONE Sezione III, - 19 giugno 2003, sentenza n. 26477
Edilizia e urbanistica - Costruzione abusiva - Suscettibile di sanatoria ex art. 13 - Successivamente demolito - Reato di cui all’art. 20 I. n. 47 deI 1985 - Estinzione - Concessione in sanatoria – Fondamento - Certificazione di conformità. L’estinzione del reato di costruzione abusiva, per effetto del combinato disposto degli artt. 13 e 22 l. 28 febbraio 1985, n. 47, si verifica anche a favore di chi abbia demolito il manufatto, sempre che si tratti di costruzione che se non demolita avrebbe potuto ottenere la concessione in sanatoria; in tal caso l’accertamento e la certificazione di conformità effettuata dal sindaco ai sensi del citato art. 13 tiene luogo della sanatoria rilasciata per i manufatti ancora esistenti. Pres. Papadia - Rel. Grassi - P.M. Albano (concl. dìff.) - Ducoli. CORTE DI CASSAZIONE Penale - Sez. III - Ud. 17 giugno 2003 (dep. 29 agosto 2003), n. 35051
Urbanistica e Edilizia - Poteri regolamentari della regione - Mutamento di destinazione d'uso di immobili, o di loro parti - Permesso di costruire - Necessità - Esclusione - Art. 2 c. 60 cost. L. n. 662/1996 - L. n. 47/1985 - D. P. R. n. 380/2001. In materia edilizia, compete alle Regioni, ai sensi dell'art. 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996 n. 662, modificativo dell'art. 25 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, stabilire quali mutamenti di destinazione d'uso di immobili, o di loro parti, connessi o meno a trasformazioni fisiche, siano escluse dal regime concessorio (ora permesso di costruire) e subordinate a semplice autorizzazione, purché le previsioni regionali tengano conto delle disposizioni di principio poste dallo Stato. (In applicazione di tale principio risulta legittima la sottoposizione alla denuncia di inizio attività, prevista dalla legge Regione Calabria n. 19 del 2002, dei mutamenti di destinazione d'uso che intervengono all'interno degli stessi raggruppamenti). Pres. Savignano G - Est. Squassoni C - Imp. Lattari - PM. (Conf.) Di Zenzo C. CORTE DI CASSAZIONE Penale sez. III, 13 Giugno 2003 (CC.09/04/2003) RV. 225472, Sentenza n. 25738
Le responsabilità attribuiti al direttore dei lavori - disciplina in materia di smaltimento di rifiuti - specificità dei compiti - legislazione antisismica - legge 1996 n. 662 - demolizione di fabbricati. Attesa la specificità dei compiti e delle relative responsabilità attribuiti al direttore dei lavori dall'art.6 della legge 28 febbraio 1985 n.47 e dall'art.2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996 n.662 (oltre che da altre disposizioni contenute nella legislazione antisismica ed in quella di tutela dei beni ambientali), deve escludersi che il suddetto direttore assuma alcuna posizione di garanzia con riguardo all'osservanza della disciplina in materia di smaltimento di rifiuti. (Nella specie, in applicazione di tale principio, e' stato escluso che al direttore dei lavori, solo in quanto tale, potesse addebitarsi la responsabilità del reato di deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi costituiti da materiali di risulta della demolizione di fabbricati preesistenti, al posto dei quali dovevano realizzarsi nuovi edifici). Cass. n.4957 del 21/04/2000. Tribunale di Grosseto del 12/06/2003, sentenza n. 571 (vedi: sentenza per esteso)
Urbanistica e Edilizia - Reati edilizi - Difformità totale rispetto alla concessione - Nozione – Fattispecie: trasformazioni tipologiche e planovolumetriche - L. n. 47/1985. In materia di edilizia, si ha difformità totale della concessione quando la diversità concerna l'intera opera e sia accompagnata da trasformazioni tipologiche e planovolumetriche di tale entità da costituire uno stravolgimento complessivo dell'originario progetto, non più riferibile all'immobile realizzato (in applicazione di tale principio la Corte ha annullato la sentenza del giudice di merito che aveva definito come totalmente difforme la costruzione di un muro divergente dalla concessione solo per altezza). Pres. Fattori P - Est. Battisti M - Imp. Martini ed altri - PM. (Conf.) Galasso A. CORTE DI CASSAZIONE Penale sez. IV, 11 Giugno 2003 (UD.30/10/2002) RV. 225719, Sentenza n. 25159
Urbanistica e Edilizia - Costruzione edilizia - Manufatto avente carattere precario - Requisiti - Individuazione - L. n. 47/1985 - D. P. R. n.380/2001. In materia edilizia al fine di ritenere sottratta al preventivo rilascio della concessione edilizia (ora permesso di costruire con l'entrata in vigore del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) la realizzazione di un manufatto per la sua asserita natura precaria, la stessa non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale dell'opera ad un uso realmente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione. Pres. Toriello F - Est. Fiale A - Imp. Nagni - PM. (Conf.) Aizzo G. CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 10 Giugno 2003 (UD.04/04/2003) RV. 225380, sentenza n. 24898
Urbanistica - Antisismica - Edilizia - Zone Sismiche - Concessione in sanatoria - Estinzione dei reati urbanistici - Estensione ai reati concernenti le costruzioni in zone sismiche - Esclusione - Fondamento - Artt. 13 e 22 L. n. 47/1985 - L. n. 64/1974. La concessione in sanatoria ex art. 13 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 estingue (ex art. 22 della stessa legge) i soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche, e tra questi non possono essere ricompresi i reati concernenti le costruzioni in zone sismiche previsti dalla legge 2 febbraio 1974 n. 64, in quanto aventi oggettività diversa rispetto alle previsioni relative all'assetto del territorio. CED. Pres. Toriello F - Est. Gentile M - Imp. Saporito ed altri - PM. (Diff.) Albano A. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 09/06/2003 (UD.16/04/2003) RV. 225316 sentenza n. 24853
Urbanistica - Acquisizione abuso al patrimonio comunale - Edilizia - Costruzione edilizia - Costruzione abusiva - Ingiunzione a demolire emessa dalla P.A. - Trasferimento al patrimonio comunale della res abusiva - Provvedimento formale - Necessità - Fondamento - Art. 7 L n. 47/1985. In materia edilizia, il giudice, nel procedere alla restituzione del manufatto abusivo all'avente diritto ed al fine di operare detta restituzione in favore dell'autorità' comunale, deve verificare la esistenza di un provvedimento che la P.A. e' tenuta ad adottare all'esito della procedura prevista dall'art. 7 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, che se anche ricognitivo del trasferimento "de iure" del bene al patrimonio comunale deve tenere conto della eventuale sopravvenienza di altri provvedimenti amministrativi o giurisdizionali che possano avere fatto venire meno o sospeso l'effetto acquisitivo derivante dall'inadempienza alle disposizioni contenute nel citato articolo 7. CED. Pres. Toriello F - Est. Vitalone C - Imp. Guerra - PM. (Conf.) Izzo G. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 05/06/2003 (UD.04/04/2003) RV. 225312 sentenza n. 24320
La nozione di “stazione passeggeri” - le pertinenze idonee ad assicurare l’arrivo e la partenza dei viaggiatori - le operazioni di esercizio diretto ed accessorio al trasporto pubblico - c.d. fabbricato viaggiatori. Come è noto, secondo dottrina e giurisprudenza, la nozione di “stazione passeggeri” comprende anche tutte quelle pertinenze idonee ad assicurare l’arrivo e la partenza dei viaggiatori, nonchè le operazioni di esercizio diretto ed accessorio al trasporto pubblico ferroviario. In tale più vasto ambito i piazzali interni ed esterni della stazione sono gli spazi antistanti il c.d. fabbricato viaggiatori, spazi che costituiscono una pertinenza necessaria e strumentale al servizio ferroviario, in quanto da un lato vi è il piazzale ferroviario “interno” vero e proprio, dove si attestano i convogli ferroviari e si svolgono le manovre per l’arrivo e l’uscita dei rotabili, e dall’altro vi è il piazzale “esterno” alla stazione, dove si svolge il complesso ed articolato movimento di partenza e arrivo dei viaggiatori; in tale definizione è evidente che entrambi tali spazi costituiscano pertinenza necessaria ed accedano al concetto stesso di stazione ferroviaria, perché ambedue assolvono ad una, essenziale, funzione strumentale del servizio ferroviario. Consiglio di Stato, Sezione V - 4 giugno 2003 - sentenza n. 3074
Urbanistica - opera precaria - natura - qualificazione in termini di vera e propria costruzione edilizia - la non facile e rapida rimovibilità dell'opera precaria - incidenza urbanistica dell’opera - roulotte all’interno di un suolo privato - situazione di stabilità e definitività della installazione. Il deposito di una roulotte all’interno di un suolo privato debba qualificarsi quale costruzione urbanisticamente rilevante in presenza di indici in grado di supportare il carattere non precario della installazione (T.A.R. Catanzaro n. 530 del 27 aprile 1999; T.A.R. Genova n. 202 del 3 maggio 1999 "Tutti gli interventi edilizi suscettibili di produrre una significativa trasformazione urbanistica dell'area su cui insistono sono soggetti a concessione di costruzione; pertanto, anche la sistemazione stabile di una roulotte, con relativi preingressi costituiti da verande in telaio sostenute da strutture in ferro e pedane lignee allacciate alla civica conduttura dell'acqua e fornite di energia elettrica, necessita del previo rilascio del detto titolo"). In particolare, la non facile e rapida rimovibilità dell'opera ovvero il tipo più o meno fisso del suo ancoraggio al suolo e la durata nel tempo del manufatto stesso costituiscono chiare manifestazioni della incidenza urbanistica dell’opera che, in tali condizioni, necessita di concessione edilizia (T.A.R. Aquila n. 583 del 29 luglio 2000; T.A.R. Genova n. 202 del 3 maggio 1999). (Nella fattispecie la roulotte ha assunto le caratteristiche della stabilità e permanenza in relazione alla ubicazione della stessa ed al notevole lasso di tempo intercorso dalla sistemazione della medesima. In particolare, quanto alla ubicazione della roulotte, il provvedimento impugnato evidenzia che la stessa insiste "su terrazzamento privo di passo carrabile" con conseguente assunzione del carattere di definitività della installazione in vista della impossibile rimozione della roulotte se non per attraverso la creazione di un apposito passo carrabile. D’altra parte, il notevole lasso di tempo intercorso dal deposito della roulotte ha anch’esso concorso a determinare una situazione di stabilità e definitività della installazione che ha quindi assunto tutte le caratteristiche rilevanti ai fini della qualificazione in termini di vera e propria costruzione edilizia). TAR Campania - Napoli, Sezione IV - Sentenza 5 maggio 2003 n. 4435
Edilizia - difformità dalla concessione - il committente di lavori edilizi e/o urbanistici è corresponsabile assieme all’assuntore dei lavori per la violazione delle norme urbanistiche - obbligo di vigilanza. Il committente di lavori edilizi e/o urbanistici, è corresponsabile assieme all’assuntore dei lavori per la violazione delle norme urbanistiche, ai sensi dell’art. 6 legge 47/1985: come tale ha un obbligo di vigilanza ovvero una posizione di garanzia ai sensi dell’art. 40 cpv. cod. pen., sicché può essere ritenuto corresponsabile, per esempio, di lavori edilizi commessi dall’assuntore in difformità dalla concessione, in quanto non ha impedito, dolosamente o colposamente, un evento che aveva l’obbligo di impedire. Corte di Cassazione penale, Sez. III, (ud. 28 gennaio 2003) 21 aprile 2003, n. 15165
Urbanistica e Edilizia - Disposizioni di cui al T. U. n. 380/2001 - Ristrutturazione edilizia - Demolizione e ricostruzione di immobili - Nozione - Ricostruzione di rudere - Esclusione - Nuova costruzione - Art. 3 D. P. R. n. 380/2001. In materia edilizia, anche in base alle nuove disposizioni contenute nel D. P.R. 6 giugno 2001 n. 380, costituisce nuova costruzione l'intervento di demolizione e di successiva ricostruzione di un rudere, in quanto la demolizione per essere ricondotta alla nuova nozione legislativa di ristrutturazione edilizia deve essere contestualizzata temporalmente nell'ambito di un intervento unitario volto nel suo complesso alla conservazione di un edificio che risulti ancora esistente e strutturalmente identificabile al momento dell'inizio dei lavori. Pres. Vitalone C - Est. Fiale A - Imp. Pellegrino M - PM. (Conf.) Geraci V. CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 28 Marzo 2003 (UD.04/02/2003) RV. 224571, sentenza n. 14455
Urbanistica - Pubblica Amministrazione - il dissequestro di un fabbricato abusivo al fine di procedere alla sua demolizione - limiti impugnazioni degli atti abnormi con ricorso per cassazione - provvedimento con cui il pm disponga il ripristino dello stato dei luoghi - atto abnorme - la sentenza di condanna - contrasto di giurisprudenza. E’ abnorme, e come tale impugnabile con ricorso per cassazione, il provvedimento con cui il PM - richiesto, da parte della Pubblica Amministrazione, di disporre il dissequestro di un fabbricato abusivo al fine di procedere alla sua demolizione - disponga, fermo restando il sequestro, il ripristino dello stato dei luoghi, in quanto tale provvedimento non può essere disposto in pendenza del procedimento penale dall'Autorità giudiziaria e, quindi, neppure dal Pubblico Ministero, trattandosi di una sanzione penale tipiche che, ai sensi dell'art. 1 sexies, comma 2, l. n. 431 del 1985, può essere irrogata dal giudice penale solo con la sentenza di condanna. Corte di Cassazione, Sez. III, Sent. del 16.4.2003 n. 18079
Reati edilizi - vigilanza e controllo del territorio mediante l'adeguato governo pubblico degli usi e delle trasformazioni dello stesso - il carico urbanistico sulle infrastrutture preesistenti. L'interesse sostanzialmente tutelato nell'ambito dei reati edilizi è rappresentato dalla vigilanza e controllo del territorio mediante l'adeguato governo pubblico degli usi e delle trasformazioni dello stesso, bene questo esposto a pregiudizio da ogni condotta che produca alterazioni dell'ordinato ed equilibrato assetto e sviluppo territoriale in danno del benessere complessivo della collettività e della sua attività, il cui parametro di legalità è dato dalla disciplina degli strumenti urbanistici e dalla normativa vigente (v. così, in primo luogo, Cassazione, Sezioni unite 12.11.93, Borgia; e, poi, tra le altre: 4.4.95, Marano; 12.5.95, Di Pasquale). (Al riguardo, le decisioni della Corte, nel giustificare l'adozione della misura coercitiva del sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p., hanno fatto talora riferimento all'aggravamento del carico urbanistico sulle infrastrutture preesistenti che potrebbe essere provocato dal libero uso dell'immobile abusivo. Corte di Cassazione, Sezioni unite penali, 20 marzo 2003, sentenza n. 12878. (vedi: sentenza per stesso)
Opere abusive - valutazione del pericolo derivante dal libero uso della cosa pertinente all'illecito penale - elementi - competenza della pubblica amministrazione in relazione alla sanatoria di costruzioni edificate senza concessione urbanistica ma conformi agli strumenti urbanistici. Il pericolo, attinente alla libera disponibilità del bene, (nella specie costruzione abusiva), deve presentare i caratteri della concretezza e dell'attualità. In tal senso si sono pronunciate espressamente queste Sezioni unite (Cassazione Sezioni unite, 14.12.1994, Adelio), sottolineando che, ancorché manchi per le misure cautelari reali una previsione esplicita di concretezza come quella codificata per le misure sulla libertà personale alla lettera c) dell'art. 274 c.p.p., è nella fisiologia del sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p.p., quale misura anch'essa limitativa di libertà costituzionalmente garantite, che il pericolo debba essere contrassegnato dalla effettività e dalla concretezza. Pertanto, spetta al giudice di merito con adeguata motivazione compiere una attenta valutazione del pericolo derivante dal libero uso della cosa pertinente all'illecito penale. In particolare, vanno approfonditi la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa da parte dell'indagato o di terzi possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l'attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività. In altri termini, il giudice deve determinare, in concreto, il livello di pericolosità che la utilizzazione della cosa appare in grado di raggiungere in ordine all'oggetto della tutela penale, in correlazione al potere processuale di intervenire con la misura preventiva cautelare. (Per esempio, nel caso di ipotizzato aggravamento del cosiddetto carico urbanistico va delibata in fatto tale evenienza sotto il profilo della consistenza reale ed intensità del pregiudizio paventato, tenendo conto della situazione esistente al momento dell'adozione del provvedimento coercitivo). Nell'ambito di siffatto accertamento, possono venire in rilievo gli interventi di competenza della pubblica amministrazione in relazione alla sanatoria di costruzioni edificate senza concessione urbanistica ma conformi agli strumenti urbanistici (vedi artt. 22, 13, 11 legge 47/1985). Il che potrebbe comportare il venir meno del "periculum in mora" (ed anche dell'ipotesi di reato prospettata), richiesti per l'emissione della misura preventiva (vedi in tema di incidenza della concessione edilizia in sanatoria sul decreto di sequestro; Cassazione 22.6.93, Cipriano; 12.5.95, Di Pasquale). Corte di Cassazione, Sezioni unite penali, 20 marzo 2003, sentenza n. 12878. (vedi: sentenza per stesso)
Il sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p., di cose pertinenti al reato
può essere adottato anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi - i
reati edilizi - l'applicazione della misura coercitiva di prevenzione, con
natura cautelare - il procedimento di repressione del reato. Il sequestro
preventivo, ex art. 321 c.p.p., di cose pertinenti al reato può essere
adottato anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi; in specie,
per i reati edilizi, è ammissibile il sequestro di un immobile costruito
abusivamente, la cui edificazione sia ultimata. Le conseguenze, ulteriori
rispetto alla consumazione del reato, discendenti dall'uso dell'edificio
abusivamente realizzato e che il provvedimento coercitivo reale tende ad
inibire, debbono avere carattere antigiuridico con implicazione nell'azione
vietata dalla legge penale. Pertanto, l'applicazione della misura coercitiva
di prevenzione, con natura cautelare, richiede la connessione con il
procedimento di repressione del reato, il cui accertamento irrevocabile deve
essere pure idoneo ad impedire definitivamente gli effetti pregiudizievoli
anzidetti. Il pericolo del verificarsi di questi ultimi esige il requisito
della concretezza e va accertato dal giudice in punto di fatto, con adeguata
motivazione. Corte di Cassazione, Sezioni unite penali, 20 marzo 2003,
sentenza n. 12878. (vedi:
sentenza per stesso)
Opere abusive - il concetto di carico urbanistico - standards urbanistici -
le conseguenze antigiuridiche - consumazione del reato - l'emanazione
dell'ordine di demolizione costituisce atto dovuto per l'Autorità giudiziaria,
privo di contenuto discrezionale e conseguenziale alla sentenza di condanna -
natura del provvedimento. Il concetto di carico urbanistico deriva
dall'osservazione che ogni insediamento umano è costituito da un elemento
cosiddetto primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) e da uno secondario
di servizio (opere pubbliche in genere, uffici pubblici, parchi, strade,
fognature, elettrificazione, servizio idrico, condutture di erogazione del
gas) che deve essere proporzionato all'insediamento primario ossia al numero
degli abitanti insediati ed alle caratteristiche dell'attività da costoro
svolte. Quindi, il carico urbanistico è l'effetto che viene prodotto
dall'insediamento primario come domanda di strutture ed opere collettive, in
dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio.
Si tratta di un concetto non definito dalla vigente legislazione, ma che è in
concreto preso in considerazione in vari standards urbanistici di cui al
decreto ministeriale 1444/68 che richiedono l'inclusione, nella formazione
degli strumenti urbanistici, di dotazioni minime di spazi pubblici per
abitante a seconda delle varie zone; b) nella sottoposizione a concessione e,
quindi, a contributo sia di urbanizzazione che sul costo di produzione, delle
superfici utili degli edifici, in quanto comportino la costituzione di nuovi
vani capaci di produrre nuovo insediamento; c) nel parallelo esonero da
contributo di quelle opere che non comportano nuovo insediamento, come le
opere di urbanizzazione o le opere soggette ad autorizzazione; d) nell'esonero
da ogni autorizzazione e perciò da ogni contributo per le opere interne (art.
26 legge 47/1985 e art. 4 comma 7 legge 493/93) che non comportano la
creazione di nuove superfici utili, ferma restando la destinazione
dell'immobile; e) nell'esonero da sanzioni penali delle opere che non
costituiscono nuovo o diverso carico urbanistico (art. 10 legge 47/1985 e art.
4 legge 493/93). Le conseguenze antigiuridiche, ulteriori rispetto alla
consumazione del reato, attengono sostanzialmente al volontario aggravamento o
protrarsi della offesa del bene protetto anche dopo la commissione della
fattispecie penalmente illecita, ponendosi in stretta connessione con la
stessa. D'altro canto, il collegamento di detti effetti pregiudizievoli con il
procedimento di repressione del reato comporta necessariamente che
l'accertamento irrevocabile di questo sia idoneo ad impedire definitivamente
il verificarsi delle conseguenze antigiuridiche. Nella materia di che
trattasi, tale risultato viene conseguito con l'emanazione, per le opere
abusive, dell'ordine di demolizione ex art. 7 legge 47/1985 (adottato dal
giudice con la sentenza di condanna, salvo che le opere siano state altrimenti
demolite). Detto provvedimento è formalmente giurisdizionale ma qualificabile
sostanzialmente come sanzione amministrativa; esso, comunque, pur esulando
dalla nozione di effetto penale, costituisce atto dovuto per l'Autorità
giudiziaria, privo di contenuto discrezionale e conseguenziale alla sentenza
di condanna (vedi così Cassazione, Sezioni unite 19.6.96, Monterisi; 19.12.97,
Poli; 6.7.00, Callea; 12.1.00, Giusta). Corte di Cassazione, Sezioni unite
penali, 20 marzo 2003, sentenza n. 12878. (vedi:
sentenza per stesso)
I reati edilizi - natura permanente - la relativa consumazione perdura fino alla cessazione dell'attività abusiva - il completamento del manufatto - l'implicazione proveniente dalla perpetrazione dell'illecito amministrativo ex art. 221 - Testo unico leggi sanitarie. Come è noto, i reati edilizi hanno natura permanente e la relativa consumazione perdura fino alla cessazione dell'attività abusiva, in genere sino al momento di completamento del manufatto; pertanto, pur cessata la permanenza, l'effetto lesivo del bene giuridico protetto perdura nel tempo, ma tale evenienza è comune chiaramente a tutti i reati, anche a quelli qualificati come istantanei, dai quali discendono pregiudizi spesso prolungati e più o meno irreparabili. Distinte, invece, nella previsione di cui all'art. 321 c.p.p., sono le specifiche conseguenze che possono determinarsi a causa del mancato impedimento della libera disponibilità della cosa pertinente al reato in capo all'autore di esso ovvero di terzi. Dette conseguenze diverse, necessariamente antigiuridiche, sono sicuramente ipotizzabili nel caso in cui il reato siasi consumato ed in particolare l'edificio sia stato portato a termine. In tal guisa, deve qualificarsi, in modo esemplificativo, come antigiuridica l'implicazione proveniente dalla perpetrazione dell'illecito amministrativo ex art. 221 Testo unico leggi sanitarie, non più inquadrato "nell'agevolazione di commissione di altri reati" ma certamente costituente una situazione illecita ulteriore prodotta dalla condotta (la libera utilizzazione della cosa) che il provvedimento cautelare è finalizzato ad inibire. Corte di Cassazione, Sezioni unite penali, 20 marzo 2003, sentenza n. 12878. (vedi: sentenza per stesso)
La sussistenza del potere del giudice di disporre il sequestro preventivo di un immobile abusivamente costruito anche nell'ipotesi in cui l'edificazione risulti già ultimata - l'utilizzazione dell'immobile costruito in violazione degli strumenti urbanistici vigenti. La giurisprudenza assolutamente preponderante della Corte è nel senso di ritenere la sussistenza del potere del giudice di disporre il sequestro preventivo di un immobile abusivamente costruito anche nell'ipotesi in cui l'edificazione risulti già ultimata. Al riguardo, è stato affermato che le conseguenze che il legislatore intende neutralizzare mediante il sequestro preventivo non sono identificabili con l'evento del reato in senso naturalistico e neppure con l'evento in senso giuridico (cioè, la lesione del bene penalmente tutelato), cosicché esse possono essere aggravate o protratte anche dopo la consumazione del reato medesimo. In particolare, si è detto che l'utilizzazione dell'immobile costruito in violazione degli strumenti urbanistici vigenti non modifica il perfezionamento del reato già avvenuto e nulla aggiunge alla lesione del bene formalmente tutelato, che è quello del previo controllo pubblico sulle trasformazioni del territorio, ma sicuramente aggrava e prolunga la lesione dell'equilibrio urbanistico del territorio, che è il valore sostanziale al quale è finalizzato il controllo pubblico sulle trasformazioni del territorio (vedi così, tra le decisioni più significative: Cassazione, sezione terza, 23.2.95, Forti; 15.1.97, Messina; 15.2.00, Scritturale; 12.6.01, D'Amora). In altre decisioni (vedi così: Cassazione, sezione terza, 11.1.02, Luongo) si è specificato che la costruzione abusiva, anche dopo il suo completamento, può determinare conseguenze negative sul regolare assetto del territorio aggravando i cosiddetti carichi urbanistici. In più recenti sentenze del citato orientamento prevalente (vedi Cassazione, sezione terza, 8.2.02, Gullotta; 19.3.02, Volpe; 4.10.02, Grilli) si sottolinea, peraltro, la necessità che il giudice configuri le conseguenze del reato, che la misura cautelare deve impedire, in termini di pericolosità attuale e concreta; in specie, occorre che il giudice manifesti una valutazione prognostica in concreto di detti effetti, senza ricorrere ad enunciazioni astratte o generiche attesa la illegittimità dell'"equazione tra pertinenzialità della cosa ed automatica emissione della misura cautelare reale". Corte di Cassazione, Sezioni unite penali, 20 marzo 2003, sentenza n. 12878. (vedi: sentenza per stesso)
Sequestro preventivo di manufatti abusivi - misure cautelari (cod. proc. pen. 1988) - reali - oggetto - cose pertinenti al reato - condizioni di applicabilità del sequestro - fattispecie. Il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purchè il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa - che va accertato dal giudice con adeguata motivazione - presenti i requisiti della concretezza e dell'attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell'offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l'accertamento irrevocabile del reato. (Fattispecie relativa a sequestro preventivo di alcuni manufatti abusivi, uno dei quali in muratura, la cui costruzione era già stata ultimata). Corte di Cassazione, Sezioni unite penali, 20 marzo 2003, sentenza n. 12878. (vedi: sentenza per stesso)
Urbanistica e edilizia - Reati edilizi o urbanistici - Sequestro preventivo
del manufatto abusivo - Condizioni di applicabilità - Periculum in mora per
pregiudizio per il territorio o lesione del bene giuridico - Valutazione del
giudice - Oggetto - interventi di competenza della p.a. in relazione a
costruzioni non assistite da concessione edilizia - Art. 321 Nuovo C.P.P. e
art. 20 L. n. 47/1985. In tema di reati edilizi o urbanistici, la
valutazione che, al fine di disporre il sequestro preventivo di manufatto
abusivo, il giudice di merito ha il dovere di compiere in ordine al pericolo
che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa agevolare o
protrarre le conseguenze di esso o agevolare la commissione di altri reati,
va diretta in particolare ad accertare se esista un reale pregiudizio degli
interessi attinenti al territorio o una ulteriore lesione del bene giuridico
protetto (anche con riferimento ad eventuali interventi di competenza della
p.a. in relazione a costruzioni non assistite da concessione edilizia, ma
tuttavia conformi agli strumenti urbanistici) ovvero se la persistente
disponibilità del bene costituisca un elemento neutro sotto il profilo
dell'offensività. PRES. Marvulli N REL. Galbiati R COD.PAR.368 IMP. P.M.in
proc.Innocenti PM. (Conf.) Esposito V. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez.
U., 20/03/2003 (CC. 29/01/2003), RV. 223722, Sentenza n. 12878. (vedi:
sentenza per stesso)
Urbanistica - la natura e le caratteristiche del sequestro preventivo ex
art. 321 c.p.p. in materia di reati edilizi - sequestro facoltativo - la
confisca - l'esigenza di predisporre tecniche di tutela cosiddetta
"anticipata" - il "finalismo" cautelare - la probabilità di un danno futuro.
La natura e le caratteristiche del sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p.,
che, come è noto, viene configurato in due ipotesi: un sequestro obbligatorio
che il giudice è tenuto a disporre, su richiesta del Pm, "quando vi è pericolo
che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare a
protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri
reati"; un sequestro facoltativo, che il giudice può disporre per le cose di
cui è consentita la confisca. Il sequestro preventivo presenta connotati
individuanti che lo inseriscono, nell'ambito processuale, negli istituti
intesi ad evitare la probabilità del verificarsi di un evento antigiuridico e
che, specie in materia di reati edilizi i quali hanno per oggetto giuridico
l'assetto complessivo del territorio con la finalità di salvaguardarlo in
tutti i suoi aspetti, comportano l'esigenza di predisporre tecniche di tutela
cosiddetta "anticipata" in considerazione della delicatezza e rilevanza del
bene giuridico da proteggere. Si tratta, quindi, di una misura di coercizione
reale per esigenze di prevenzione, peraltro connessa e strumentale allo
svolgimento del procedimento penale ed all'accertamento del reato per cui si
procede, nel senso che è suo scopo quello di evitare che il trascorrere del
tempo possa pregiudicare irrimediabilmente l'effettività della giurisdizione
espressa con la sentenza irrevocabile di condanna. In particolare, il
sequestro preventivo trova la sua giustificazione nel "finalismo" cautelare di
impedire che una cosa pertinente al reato possa essere utilizzata per
estendere nel tempo od in intensità le conseguenze del crimine o per agevolare
il compimento di altri reati. Il provvedimento inibitorio è inteso a stabilire
un vincolo di indisponibilità in riferimento ad una cosa mobile od immobile il
cui uso è ricompreso necessariamente nell'agire vietato dalla legge penale. Ne
discende che la misura cautelare in questione va disposta nelle situazioni in
cui il non assoggettamento a vincolo della cosa pertinente al reato può
condurre, in pendenza dell'accertamento del reato, non solo al protrarsi del
comportamento illecito ovvero alla reiterazione della condotta criminosa ma
anche alla realizzazione di ulteriori pregiudizi quali nuovi effetti offensivi
del bene protetto; tali effetti debbono essere connessi con l'imputazione
contestata e l'intervento preventivo collegato con le finalità di repressione
del reato. Più specificatamente va detto che il pericolo, in quanto
probabilità di un danno futuro, deve avere caratteristiche di concretezza e
richiede, quindi, un accertamento in concreto, sulla base di elementi di
fatto, in ordine all'effettiva e non generica possibilità che la cosa di cui
si intende vincolare la disponibilità assuma, in relazione a tutte le
circostanze del fatto (natura della cosa, la sua connessione con il reato, la
destinazione alla commissione dell'illecito, le circostanze del suo impiego),
una configurazione strumentale rispetto all'aggravamento o alla protrazione
del reato ipotizzato ovvero alla agevolazione alla commissione di altri reati.
Corte di Cassazione, Sezioni unite penali, 20 marzo 2003, sentenza n.
12878. (vedi:
sentenza per stesso)
L’ordine di demolizione - l’obbligo dell’avviso di avvio del procedimento
per gli atti vincolati - giurisprudenza - la violazione dell’art. 7 della L.
7.8.1990 n. 241 - le norme in materia di partecipazione - applicazione - la
partecipazione del destinatario del provvedimento - casi in cui l’omissione
della comunicazione di inizio del procedimento comporta l’illegittimità
dell’atto conclusivo - osservazioni ed opposizioni idonee ad incidere, in
termini favorevoli, sul provvedimento finale. La giurisprudenza, dopo un
iniziale orientamento negativo in ordine alla necessità dell’avviso di avvio
del procedimento per gli atti vincolati (e, quindi, anche per l’ordine di
demolizione), non implicando l’adozione del provvedimento valutazioni di
natura discrezionale né l’accertamento di circostanze di fatto suscettibili di
vario apprezzamento, ha ritenuto che la natura vincolata di un provvedimento
non esclude l’obbligo dell’avviso dell’avvio del procedimento qualora i
presupposti del provvedimento, pur essendo stabiliti in modo preciso e
puntuale dalle norme, richiedano comunque un accertamento, nel cui ambito deve
essere garantita al privato la possibilità di prospettare fatti ed argomenti
in suo favore (cfr. C.d.S., Sez. V, 23.4.1998 n. 474; Cass., SS.UU., 1.4.2000
n. 82). Tale indirizzo è stato più recentemente ribadito (cfr. C.d.S., Sez. V,
22.5.2001 n. 2823) sebbene con alcune puntualizzazioni basate sulla
fondamentale considerazione che le norme in materia di partecipazione non
debbono essere applicate meccanicamente e a fini meramente strumentali, ma
solo quando la comunicazione stessa apporti una qualche utilità all’azione
amministrativa, coerentemente alla funzione di arricchimento sul piano del
merito e della legittimità che possa derivare dalla partecipazione del
destinatario del provvedimento. Si è, pertanto, precisato che l’omissione
della comunicazione di inizio del procedimento comporta l’illegittimità
dell’atto conclusivo tutte le volte che il soggetto non avvisato possa poi
provare che, ove avesse avuto l’opportunità di partecipare tempestivamente al
procedimento, avrebbe potuto presentare osservazioni ed opposizioni
eventualmente idonee ad incidere, in termini a lui favorevoli, sul
provvedimento finale. Consiglio di Stato, V sezione, del 17 marzo 2003
sentenza n. 1357
Urbanistica ed edilizia - Permesso di costruire - D.i.a. - Regime sanzionatorio - Tipologia dell'intervento – Nesso - Art. 20 l. n. 47 del 1985 – Sussistenza – Testo unico in materia edilizia n.380/2001 e s.m. non abroga le fattispecie penali già vigenti. La scelta del permesso di costruire o della d.i.a., ai fini della integrazione della fattispecie penale di cui all'art. 20 l. n. 47 del 1985, non incide sul regime sanzionatorio, che rimane in ogni modo collegato alla tipologia dell'intervento e non al titolo abilitativo utilizzato in concreto. Inoltre, il differimento dell'entrata in vigore della nuova normativa in materia edilizia non ha comportato l'abrogazione delle fattispecie penali già vigenti. Ric. Monticano. Procura Repubblica Venezia, 8 marzo 2003
Edilizia e urbanistica - Costruzione abusiva - Domanda di sanatoria - Sospensione del procedimento penale - Condizioni e limiti - Artt. 13, 22, L. n. 471985. La sospensione del procedimento penale per violazioni edilizie, di cui all’art. 22 l. 28 febbraio 1985, n. 47, è limitata al termine di sessanta giorni dalla data del deposito della domanda di concessione in sanatoria, in quanto riguarda i tempi necessari per la definizione del procedimento amministrativo, per il quale, la stessa si intende respinta, consumato il termine senza che la domanda sia stata accolta. Sicché, il procedimento amministrativo in sanatoria, non può protrassi sino all’esaurimento del procedimento giurisdizionale amministrativo eventualmente instaurato a seguito del diniego di sanatoria (Cass., Sez. III, 27 settembre 2000, Cimaglia). Conf.: Cass. Sez. III, 26 gennaio 1999, Sasso; Cass. Sez. VI, 13 gennaio 1995, Cammariere. Pres. Savignano - Rel. Vitalone - P.M. Meloni (concl. conf.) - Petrillo. CORTE DI CASSAZIONE penale, Sez. III 7 marzo 2003 (Ud. 30 gennaio 2003), n. 10640
Edilizia e urbanistica - Costruzione edilizia abusiva - Responsabilità del proprietario dell’opera - Comproprietario - Responsabilità penale - Configurabilità - Condizioni - Art. 20 L. n. 47/1985 - Giurisprudenza. La responsabilità del proprietario dell’opera, nei casi in cui non sia committente o esecutore dei lavori, può rinvenirsi da indizi precisi e concordanti quali ad es.: l’abitare sul luogo ove si è svolta l’attività illecita di costruzione; l’assenza di manifestazioni di dissenso o denuncia; la fruizione dell’opera secondo le norme civilistiche dell’accessione ed altri comportamenti positivi o negativi valutabili dal giudice. (Fattispecie: concorso di en¬trambi i coniugi, comproprietari, alla realizzazione dell’opera abusiva). Conforme: la giurisprudenza, ha ribadito più volte che, il coniuge compro¬prietario del terreno sul quale viene eseguita una costruzione edilizia abusiva risponde a titolo di concorso morale nel reato commesso dal coniuge che ha realizzato le opere, nel caso in cui po¬tendo intervenire per impedirlo se ne astenga deliberatamente. Corte di Cassazione Sez. III, 10 febbraio 2000, Isaia; Cass. Sez. III, 12 novembre 2002, Bombaci). Contra: la responsabilità del proprietario richiede che questi abbia dato incarico dei lavori o li abbia eseguiti personalmente, mentre se l’incarico è stato dato da altro possessore o detentore, il proprietario o il possessore non può essere ritenuto responsabile dell’abuso, anche se abbia espresso adesione alla realizzazione delle opere abusive, Cass. Sez. III, 27 settembre 2000, Cutaia; Sez. III, 26 settembre 2002, Ro¬mano. Pres. Svignano - Rel. De Maio - P.M. Izzo (concl. conf.) - Di Stefano. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III dep. 7 marzo 2003 (Ud. 22 gennaio 2003), Sentenza n. 10632
Beni culturali e ambientali - Vincolo paesaggistico – La concessione in sanatoria estingue i reati edilizi ed urbanistici, ma non quello ambientale – Art. 13 L. 47/1985 - Configurabilità dell’illecito - Sussistenza. La concessione in sanatoria ex art. 13 Legge 47 del 1985 estingue i reati edilizi ed urbanistici, ma non quello ambientale avente oggettività giuridica diversa dalla mera tutela urbanistica del territorio. Haggiag e altri - CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3 marzo 2003 (ud. Del 23 gennaio 2003) RV 224175 Sentenza n. 9519 (vedi: sentenza per esteso)
Urbanistica e edilizia - Demolizione manufatto abusivo - Ordine di demolizione - Notifica al comproprietario del bene - Omissione - Conseguente nullità - Esclusione - Fondamento – Procedimento di esecuzione – Diritto di interloquire del comproprietario - Art. 7 L. n. 47/1985. In tema di esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, disposto ex art. 7 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, la omessa notifica dell'ordine stesso al comproprietario del bene non comporta alcuna nullità, atteso che questi non e' portatore di un interesse giuridicamente rilevante a dedurre una nullità che riguarda un altro soggetto, non rimanendo escluso il suo diritto di interloquire nel procedimento di esecuzione, facendo valere in tale sede le proprie eccezioni difensive. PRES. Zumbo A REL. Squassoni C COD.PAR.368 IMP. Petrocchi G PM. (Conf.). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 27/02/2003 (CC. 23/01/2003), RV. 224174, Ordinanza n. 09225
Edilizia - accertamento di conformità - l’ingiunzione a demolire. L’Amministrazione non è legittimata, come invece sostiene il primo Giudice (secondo il quale il Comune sembrerebbe tenuto a provvedere sull’istanza di sanatoria solo se il richiedente abbia omesso di impugnare il provvedimento di demolizione), ad astenersi dal provvedere in merito alla richiesta di accertamento di conformità solo in virtù della pendenza in sede giurisdizionale di ricorso proposto avverso l’ingiunzione a demolire precedentemente adottata, e questo anche nel caso, che è poi la regola, di coincidenza delle violazioni interessate dai due procedimenti. Consiglio di Stato, Sezione V - 11 febbraio 2003 - Sentenza n. 706
Domanda di sanatoria di abusi edilizi - l’istituto del silenzio rifiuto/inadempimento - inapplicabilità - termine decadenziale - ipotesi di silenzio significativo - difetto di motivazione - violazione del dovere di provvedere. Ai sensi del citato art. 13, infatti, l’omessa pronunzia espressa dell’Amministrazione sulla domanda di sanatoria nel termine di sessanta giorni ha valore legale di rigetto implicito della domanda, senza che sia necessaria la notifica di un apposito atto di diffida, anche se l’Amministrazione non perde il potere-dovere di provvedere nel senso di un rigetto esplicito. Pur non occorrendo alcuna diffida e messa in mora dell’Amministrazione, resta dunque fermo l’onere di impugnativa del comportamento omissivo, per come legalmente perfezionatosi, nell’ordinario termine decadenziale. In virtù della previsione legale di implicito diniego, il silenzio tenuto dall’Amministrazione non può, infatti, essere inteso come mero fatto di inadempimento, abilitante l’interessato alla proposizione di impugnazione anche una volta decorso dal suo perfezionarsi il termine decadenziale di impugnazione di sessanta giorni. Del resto, in giurisprudenza, ed anche da parte di questa Sezione, si è già affermato, con particolare fermezza, che il silenzio dell’Amministrazione su una istanza di sanatoria di abusi edilizi costituisce ipotesi di silenzio significativo, al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego, con la conseguenza che si viene a determinare una situazione del tutto simile a quella che si verificherebbe in caso di provvedimento espresso; peraltro, il provvedimento, in quanto tacito, è già di per sé senza motivazione e il diniego derivante dal silenzio è quindi impugnabile non per difetto di motivazione, ma per il suo contenuto di rigetto (cfr. C.G.A.R.S. 21 marzo 2001, n. 142; Cons. Stato, V, 6 settembre 1999, n. 1015). E, giova aggiungere, anche ove si considerasse il diniego implicito per ciò stesso illegittimo, in quanto comportamento assunto in violazione del dovere di provvedere, sarebbe comunque onere dell’interessato quello di impugnarlo entro il termine decadenziale, salva la eventuale successiva adozione di un provvedimento esplicito di rigetto, a sua volta impugnabile, anche con motivi aggiunti ove meramente confermativo. Consiglio di Stato, Sezione V - 11 febbraio 2003 - Sentenza n. 706
La concessione in sanatoria - i reati edilizi ed urbanistici e quelli ambientale - natura - rapporto tra la concessione in sanatoria e la cd. Legge Galasso - l'esclusione dell'applicazione dell'effetto estintivo - il rilascio successivo dell'autorizzazione paesaggistica non determina l'estinzione del reato - l'autorizzazione paesaggistica deve essere rilasciata prima e non dopo l'esecuzione dei lavori - giurisprudenza. Se va de plano che la concessione in sanatoria di cui all'art.13 della l.47/1985 estingue il reato edilizio, non può dirsi altrettanto per quanto riguarda il reato previsto dall'art.1 sexies della l.431/1985 (cd. Legge Galasso) oggi trasfuso nell'art.163 del succitato testo unico. In tale ambito infatti la giurisprudenza è concorde nel negare l'estensibilità della norma (art.13) anche ai reati previsti dalla l.431/1985 (oggi art.163 T.U.cit.). Le argomentazioni presentate a sostegno dell'esclusione dell'applicazione dell'effetto estintivo dell'art.13 anche ai reati ambientali prendono in considerazione l'asserita diversità dell'oggetto tutelato dalle norme (quelle dettate in materia edilizio-urbanistica e quelle previste in materia di tutela ambientale) ed il fatto che solo nella legge urbanistica (l.47/1985) è previsto tale meccanismo di estinzione del reato (artt.13 e 22). In particolare Cassazione penale sez. III, 18 novembre 1998, n. 13608 Marcheschi afferma che la concessione in sanatoria ex art. 13 e 22 l. 28 febbraio 1985 n. 47, estingue i reati edilizi ed urbanistici, ma non quello ambientale - di cui all'art. 1 sexies l. n. 431 del 1985 - avente oggettivita' giuridica diversa dalla mera tutela urbanistica del territorio e condonabile solo "ex lege" n. 724 del 1994. Difatti la c.d. legge Galasso, a differenza della l. n. 47 del 1985, non prevede espressamente tale effetto estintivo, che e' stato introdotto solo dall'art. 39 della citata l. n. 724 del 1994, alle condizioni dalla stessa poste. E Cass. sez. III, 27 marzo 2000 Scotti lo ribadisce precisando che il rilascio successivo dell'autorizzazione paesaggistica non determina l'estinzione del reato di cui all'art. 1 sexies l. n. 431 del 1985, poiche' in tale legge e nel d.lg. n. 490 del 1999 non sussiste una previsione analoga a quella di cui agli art. 13 e 22 l. n. 47 del 1985. E secondo Cassazione penale sez. III, 30 aprile 1996, n. 5404 l'inapplicabilita' della speciale causa estintiva stabilita dall'art. 22 l. n. 47 del 1985 al reato previsto dall'art. 1 sexies l. n. 431/85 si fonda sui connotati peculiari di due discipline difformi e differenziate, legittimamente e costituzionalmente distinte, e sulla tutela prodromica del paesaggio cui e' deputata la contravvenzione in esame, sicche' non si vuole consentire alcuna modificazione senza il preventivo controllo dell'autorita' amministrativa, escludendo di porre la pubblica amministrazione competente dinnanzi al fatto compiuto, e sulla natura di reato formale o di disobbedienza riconosciuto in maniera uniforme da dottrina e giurisprudenza. Infine Cassazione penale sez. III, 20 ottobre 1998, n. 12697 Boscarato afferma che in materia ambientale l'autorizzazione paesaggistica deve essere rilasciata prima e non dopo l'esecuzione dei lavori. In tale ultimo caso l'effetto del provvedimento postumo non e' l'estinzione del reato, ma soltanto l'esclusione della rimessione in pristino dello stato dei luoghi, poiche' l'amministrazione ha valutato l'opera e la ha ritenuta compatibile con l'assetto paesaggistico dell'area impegnata dall'opera realizzata. Tale interpretazione della norma è stata ritenuta non in contrasto con la Costituzione da ultimo da Corte costituzionale 21 luglio 2000, ord. n. 327 Ottavi. Tribunale di Roma Sezione distaccata di Ostia Sentenza del 10.3.2003 (vedi: sentenza per esteso)
Concessione in sanatoria per reato edilizio commesso in zona vincolata - la
concessione edilizia e' priva di efficacia qualora il sindaco l'abbia
rilasciata in assenza del c.d. nulla osta - la tutela dell'ambiente. Va
considerato che il rilascio della concessione in sanatoria per reato edilizio
commesso in zona vincolata postula necessariamente che sia stata previamente
attinta da parte del Comune l'autorizzazione dell'organo preposto alla tutela
del vincolo (o degli organi preposti alla tutela dei vincoli, se molteplici e
di diversa natura ed origine). In particolare in tema di reati edilizi,
qualora la zona sia sottoposta a vincolo paesaggistico, la relativa
autorizzazione si inserisce nel procedimento di rilascio della concessione e
ne condiziona l'emanazione, assumendo il ruolo di presupposto. Ne consegue che
la concessione e' priva di efficacia qualora il sindaco l'abbia rilasciata in
assenza del c.d. nulla osta (Cassazione penale sez. III, 4 maggio 1998, n.
6671 Losito; Cassazione penale sez. VI, 11 novembre 1999). Sicché, la tutela
dell'ambiente rientra a pieno titolo nella materia urbanistica (così fra le
moltissime Cassazione penale sez. III, 28 maggio 1998, n. 8578 Colombini; ed
in analoghi termini Cassazione penale sez. III, 10 novembre 1998, n. 2950
Sanna). Tribunale di Roma Sezione distaccata di Ostia Sentenza del
10.3.2003 (vedi:
sentenza
per esteso)
Sanatoria edilizia - conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici
- l'aspetto ambientale. L'art.13 l.47/1985 postula che si sia in presenza
di una violazione edilizia del tutto formale, il che vuol dire che quell'opera
è del tutto conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici sicché se
l'interessato avesse richiesto la concessione l'avrebbe dovuta ottenere.
Inoltre, l'art.13 presuppone che non vi sia MAI stato alcun vulnus sostanziale
della normativa edilizio urbanistica, come necessita la previsione della norma
che richiede espressamente la conformità delle opere agli strumenti
urbanistici vigenti ed adottati sia al momento della realizzazione dell'opera
e sia della presentazione della domanda. L'art. 13 non può operare se l'opera,
per com'è, viola i strumenti urbanistici a prescindere se l'interessato sia
disposto a modificarla e correggerla. Se così è ed è così, lo stesso, per
ineludibile conseguenza logica, vale per l'aspetto ambientale. Tribunale di
Roma Sezione distaccata di Ostia Sentenza del 10.3.2003 (vedi:
sentenza
per esteso)
L'autorizzazione in sanatoria non può che dispiegarsi in un ambito in cui
l'opera non abbia violato alcuna norma sostanziale - l'opera non conforme agli
strumenti urbanistici fra i quali rientrano anche tutti gli strumenti di
tutela ambientale - divieto di sanatoria - assenza di discrezionalità
amministrativa - l'inapplicabilita' della speciale causa estintiva stabilita
dall'art. 22 l. n. 47 del 1985 al reato previsto dall'art. 1 sexies l. n.
431/85 - contra. L'autorizzazione in sanatoria non può che dispiegarsi in
un ambito in cui l'opera non abbia violato alcuna norma sostanziale. Se, in
ipotesi, l'autorizzazione ambientale fosse condizionata ad opere ed interventi
sull'immobile da effettuarsi, l'art.13 l.47/1985 sarebbe fuori gioco perché
ciò implicherebbe che così com'è l'opera non è conforme agli strumenti
urbanistici fra i quali rientrano anche tutti gli strumenti di tutela
ambientale (quali piani paesistici, piani urbanistico-territoriali con
specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, decreti
istitutivi dell'area vincolata,leggi statali e regionali, regolamenti, piani
dei parchi, norme di salvaguardia, e quant'altro disciplina l'uso di un bene
vincolato); sicché il meccanismo di cui all'art.13 non potrebbe comunque
operare. Da tutto ciò si trae la conferma che anche l'autorizzazione
ambientale, allorché concerne opere edilizie e a differenza di altri ambiti
(nei quali valutazioni di opportunità possono trovare spazio), così come
accade sempre per la concessione edilizia, si muove in un ambito di scarsa se
non del tutto assente discrezionalità amministrativa nel senso che il
richiedente ha un vero e proprio diritto ad ottenere sia l'una che l'altra
(formalmente si tratta, per quanto oggi la distinzione non sia più rilevante
come in passato viste le recenti leggi in materia di giurisdizione del giudice
amministrativo in materia urbanistica, di un interesse legittimo, ma connotato
come detto da scarsa o assente discrezionalità dell'amministrazione, tutt'al
più - ove prevista- di natura tecnica). Ulteriore corollario di quanto sopra è
la non condivisibilità dell'argomento secondo cui l'inapplicabilita' della
speciale causa estintiva stabilita dall'art. 22 l. n. 47 del 1985 al reato
previsto dall'art. 1 sexies l. n. 431/85 deriva dal fatto che non si vuole
consentire alcuna modificazione senza il preventivo controllo dell'autorita'
amministrativa, escludendo di porre la pubblica amministrazione competente
dinnanzi al fatto compiuto (Cassazione penale sez. III, 30 aprile 1996, n.
5404). In realtà o quell'opera edilizia poteva essere legittimamente
realizzata (alla stregua degli strumenti urbanistici ed ambientali vigenti) in
zona vincolata o non lo poteva: nel primo caso non si vede perché l'art.13 non
potrebbe estinguere il reato formale ambientale insieme a quello edilizio, nel
secondo non vi sono spazi né per l'art.13 né per il rilascio della
autorizzazione ambientale. Tribunale di Roma Sezione distaccata di Ostia
Sentenza del 10.3.2003 (vedi:
sentenza
per esteso)
Urbanistica e Edilizia - Costruzione abusiva - Ordine di demolizione - Notifica al comproprietario del bene - Omissione - Conseguente nullità - Esclusione - Fondamento - Art. 7 L. n. 47/1985. In tema di esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, disposto ex art. 7 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, la omessa notifica dell'ordine stesso al comproprietario del bene non comporta alcuna nullità, atteso che questi non e' portatore di un interesse giuridicamente rilevante a dedurre una nullità che riguarda un altro soggetto, non rimanendo escluso il suo diritto di interloquire nel procedimento di esecuzione, facendo valere in tale sede le proprie eccezioni difensive. Pres. Zumbo A - Est. Squassoni C - Imp. Petrocchi G - PM. (Conf.). CORTE DI CASSAZIONE Penale sez. III, 27 Febbraio 2003 (CC.23/01/2003) RV. 224174, Ordinanza n. 09225
Edilizia - ripresa dei lavori abusivi - le opere di tamponatura, rifinitura e similari, di fabbricati strutturalmente ultimati, ma non ancora abitabili, hanno natura edilizia - non possono essere eseguite in assenza dei provvedimenti concessori, autorizzatori e degli altri adempimenti, prescritti dalla normativa urbanistica, ambientale e sull'edilizia in cemento armato - il concetto di ultimazione al semplice completamento strutturale - condonabilità - irrilevanza. La ripresa dei lavori abusivi (tali dovendo considerarsi in assenza della non ancora conseguita sanatoria) integra gli estremi delle contravvenzioni ascritte, tenuto conto che per costante giurisprudenza di legittimità anche le opere di tamponatura, rifinitura e similari, di fabbricati strutturalmente ultimati, ma non ancora abitabili, hanno natura edilizia ed essendo finalizzate al completamento della costruzione, non possono essere eseguite in assenza dei provvedimenti concessori, autorizzatori e degli altri adempimenti, prescritti dalla normativa urbanistica, ambientale e sull'edilizia in cemento armato, a nulla rilevando che, ai diversi fini della condonabilità ex artt. 31 e segg. L 47/85, il legislatore abbia ancorato il concetto di ultimazione al semplice completamento strutturale. (Nella fattispecie, il Tribunale di Torre Annunziata, sez. dist. di Sorrento, aveva dichiarato il ricorrente colpevole delle contravvenzioni, in continuazione, di cui agli artt. 20 lett. c) L. 47/85, 2-13-4-14 l. 1086/71 ed 1 sexies L. 431/85, per aver eseguito opere di completamento ("tompagnatura" e rifacimento di scale interne) di parte di un fabbricato, già abusivamente edificato ed oggetto di domanda di sanatoria; fatto accertato il 22/5/96) Cassazione Penale, Sez. III, 21 febbraio 2003, sentenza n. 8563
Beni culturali - Possesso - Patrimonio archeologico, storico o artistico
nazionale (cose d'antichità e d'arte) - In genere - Possesso di beni di
interesse artistico, storico o archeologico - Reato di cui all'art.67 legge
n.1089/1939 in relazione all'art.624 cod. pen. - Configurabilità - Ragioni -
Art. 67 L. n. 1089/1939 - Art. 624 Cod.Pen. Il possesso di oggetti di
interesse artistico, storico o archeologico, che deve ritenersi illegittimo
in quanto tali beni appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato fin
dalla loro scoperta, integra il reato di cui all'art.67 della legge n.1089
del 1939 in relazione all'art.624 cod. pen. Pres. Vitalone C - Est.
Quitadamo N - Imp. Di Marco - PM. (Conf.) Albano A. CORTE DI CASSAZIONE
Penale Sez. III, del 30/01/2003 (UD.22/11/2002) RV. 223554 sentenza n. 04266
Disciplina del potere demolitorio - opere eseguite in difformità alla
concessione edilizia - l’ingiunzione ex art.12 - natura - la concreta
fattibilità della demolizione con la parte conforme dell'edificio - la
sanzione pecuniaria alternativa - l’ordinanza di demolizione ai sensi
dell'art. 7 L. 28 febbraio 1985 n. 47 - attività amministrativa vincolata -
mancanza del titolo concessorio - totale difformità o variazione essenziale
rispetto alla concessione rilasciata. L’ingiunzione ex art.12 ha natura di
diffida e presuppone un giudizio meramente ricognitivo della difformità
stessa; pertanto, il provvedimento è finalizzato unicamente ad invitare il
responsabile dell'abuso a rendere la costruzione conforme a diritto, mentre la
valutazione relativa alla concreta fattibilità della demolizione è riservata
alla fase successiva del procedimento, in cui l'organo procedente, dato atto
della mancata ottemperanza alla diffida nei termini a tale scopo fissati,
applica la sanzione demolitoria solo se essa non pregiudica la parte conforme
dell'edificio, o altrimenti irroga la sanzione pecuniaria alternativa (TAR
Torino, 7/12/2000, n.1308). Non si configurano pertanto i vizi di legittimità
articolati essendo l’ordinanza di demolizione ai sensi dell'art. 7 L. 28
febbraio 1985 n. 47 non abbisognevole di specifica motivazione sul pubblico
interesse od altro, atteso che tale disposizione la configura come attività
amministrativa vincolata che va doverosamente esercitata nei casi di accertata
mancanza del titolo concessorio, ovvero di totale difformità o variazione
essenziale rispetto alla concessione rilasciata (TAR Venezia, 12/12/2000, n.2651).
(Si veda anche: T.A.R. Campania Napoli, sezione IV, n.295 20 gennaio
2003; 27 gennaio 2003 n. 410) T.A.R. Campania-Napoli , sezione IV, 30
gennaio 2003, n. 300
Valutazione unitaria e complessiva di un'opera edilizia abusiva - Costruzione edilizia - Conseguenze sulla prescrizione. La valutazione di un'opera edilizia abusiva va effettuata con riferimento al suo complesso, non potendosi considerare separatamente i suoi singoli componenti, cosi' che, in virtu' del concetto unitario di costruzione, la stessa può dirsi completata solo ove siano stati terminati i lavori relativi a tutte le parti dell'edificio; conseguentemente la permanenza del reato di costruzione in difetto di concessione cessa con la realizzazione totale dell'opera in ogni sua parte. (Nella specie la Corte ha disatteso l'eccezione di prescrizione proposta in relazione alla realizzazione di un fabbricato per il quale risultava realizzata in epoca recente la sola copertura, giudicando inammissibile la pretesa del ricorrente di ritenere oggetto di giudizio la sola attivita' di copertura dell'immobile). Si veda anche: Cass. 1993 n. 01815. Corte di Cassazione Penale Sez. III, del 29.01.2003 (C.C. 6112002) Sentenza n. 04048
Edilizia e urbanistica - Valutazione unitaria e complessiva di un'opera edilizia abusiva - Costruzione edilizia - Conseguenze sulla prescrizione. La valutazione di un'opera edilizia abusiva va effettuata con riferimento al suo complesso, non potendosi considerare separatamente i suoi singoli componenti, cosi' che, in virtu' del concetto unitario di costruzione, la stessa può dirsi completata solo ove siano stati terminati i lavori relativi a tutte le parti dell'edificio; conseguentemente la permanenza del reato di costruzione in difetto di concessione cessa con la realizzazione totale dell'opera in ogni sua parte. (Nella specie la Corte ha disatteso l'eccezione di prescrizione proposta in relazione alla realizzazione di un fabbricato per il quale risultava realizzata in epoca recente la sola copertura, giudicando inammissibile la pretesa del ricorrente di ritenere oggetto di giudizio la sola attivita' di copertura dell'immobile). Si veda anche: Cass. 1993 n. 01815. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, del 29.01.2003 (C.C. 6112002) Sentenza n. 04048
Legge della Regione Marche n.31 del 1979 - ampliamenti e sopra elevazioni - la sostanziale conservazione dell’organismo edilizio già esistente. Il carattere specifico della legislazione regionale de qua (legge della Regione Marche n.31 del 1979) sta proprio nel fatto che essa intende riferirsi ad una ben precisa tipologia di strutture edilizie già esistenti per le quali, in deroga alla normativa generale ed in via del tutto transitoria, sono consentiti soltanto ampliamenti e sopra elevazioni: deve trattarsi di case ad un piano fuori terra e di costruzioni che avuto riguardo alla struttura edilizia esistente ed agli edifici circostanti presentano evidenti caratteristiche di non completezza. Lo scopo della legge è molto specifico: si tratta di favorire l’integrazione nel tessuto urbano circostante di case che concepite in una diversa fase dello sviluppo edilizio presentano comunque un qualche pregio urbanistico, ed hanno bisogno ora di essere completate e rese omogenee con l’assetto circostante, conservando in sostanza l’organismo edilizio preesistente. Quindi la legge regionale non può esser interpretata utilizzando lo schema della ristrutturazione edilizia, che risponde in via generale ad altre finalità e scopi. La precarietà e l’incompletezza dei fabbricati interessati dalla legge regionale, doveva condurre ad autorizzare interventi tali da non realizzare un incremento della domanda di servizi cioè ad un incremento della pressione urbanistica che caratterizza il comparto in cui l’intervento viene assentito. La legge presuppone quindi la sostanziale conservazione dell’organismo edilizio già esistente, che andava completato, anche attraverso una sopraelevazione, utilizzando le stesse strutture esistenti. Il fatto che l’appellante per dimostrare la legittimità della concessione deve spostare l’asse dell’interpretazione della legge regionale de qua sulla figura della ristrutturazione, quale definita della legislazione statale, è la dimostrazione che lo scopo della legge regionale è altro e che la concessione assentita in realtà, come correttamente osserva il giudice di prime cure, ha utilizzato lo schema della legge regionale n.31/1979 per finalità che potevano eventualmente essere conseguite attraverso altri strumenti legislativi ed urbanistici , ma non con quello impropriamente evocato nella concessione. Consiglio di Stato, Sez. V - 29 gennaio 2003 - Sentenza n. 445
Ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi - Art. 163, D. L.vo n. 490/1999 - sentenza di applicazione della pena su richiesta - emessa ex art. 444 c.p.p - previsione - fondamento. L'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, previsto attualmente dall'art. 163, comma 2, del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n.490 ed in precedenza dall'art. 1 sexies, comma 2, del d.l. n. 312 del 1985, convertito in legge n. 431 del 1985, va disposto dal giudice anche in caso di sentenza emessa ex art. 444 c.p.p., attesa la sua natura di sanzione amministrativa. Si veda: Cass. 1999 n. 0441; Cass. 1999 n. 0768 - CED. Pres. Vitalone - Rel. Fiale - IMP. P.M. in proc. Saracino - PM. (Conf.) CASSAZIONE PENALE, Sezione III, del 28/01/2003 (CC. 22/11/2002), Sentenza n. 04028
Edilizia realizzazione o trasformazione di balconi, terrazze o altre parti di un preesistente edificio in verande - natura di pertinenza - esclusione - ampliamento del fabbricato preesistente - concessione edilizia - necessita' - mancanza - reato di cui all'art. 20 legge n. 47 del 1985 - configurabilita'. L'attivita' di trasformazione di balconi, terrazze o altre parti di un preesistente edificio in verande, mediante telai o altri strumenti tecnici idonei ad intercludere stabilmente uno spazio libero, non costituisce realizzazione di una pertinenza, ma, ove assolvente a permanenti finalita' abitative, ampliamento del fabbricato, e come tale integrante, in difetto di autorizzazione, il reato di cui all'art. 20 della legge 28 febbraio 1985 n. 47. Corte di Cassazione Penale Sezione III, 23/01/2003 (UD.28/11/2002), Sentenza n. 03160
Ordine di demolizione di opere edilizie abusive - proposizione di domanda
di condono edilizio - procedura di esecuzione della demolizione - sospensione
per la verifica dei presupposti del condono - legittimita'. In tema di
demolizione di opere edilizie abusive, il giudice dell'esecuzione puo'
sospendere il procedimento di esecuzione in presenza dell'avvenuta
proposizione di una domanda di condono edilizio al fine di verificare la
sussistenza dei presupposti per la applicazione della normativa sul condono
edilizio, atteso che in caso di legittimo conseguimento della sanatoria
l'ordine di demolizione puo' essere revocato per incompatibilita' con il
provvedimento amministrativo. Cassazione Penale Sezione III, - 20/01/2003 (CC.20/11/2002),
sentenza n. 02406
Demolizione di opere edilizie abusive - l'acquisizione gratuita del
manufatto abusivo al patrimonio comunale e' incompatibile con il provvedimento
di demolizione - eccezione. In tema di demolizione di opere edilizie
abusive, l'acquisizione gratuita del manufatto abusivo al patrimonio comunale
e' incompatibile con il provvedimento di demolizione solo se sia stata
dichiarata, con la prescritta formalita' della delibera consiliare,
l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento dell'opera.
Cassazione Penale Sezione III, - 20/01/2003 (CC.20/11/2002), sentenza n. 02406
Ordine di demolizione di opere edilizie abusive - proposizione di domanda di condono edilizio - procedura di esecuzione della demolizione - sospensione per la verifica dei presupposti del condono - legittimita'. In tema di demolizione di opere edilizie abusive, il giudice dell'esecuzione puo' sospendere il procedimento di esecuzione in presenza dell'avvenuta proposizione di una domanda di condono edilizio al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per la applicazione della normativa sul condono edilizio, atteso che in caso di legittimo conseguimento della sanatoria l'ordine di demolizione puo' essere revocato per incompatibilita' con il provvedimento amministrativo. CASSAZIONE Penale Sezione III, - 20/01/2003 (CC.20/11/2002), sentenza n. 02406
La sanatoria delle opere realizzate in assenza di preventivo titolo abilitativi - la conformità dell’opera eseguita agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati o solo adottati - momento della presentazione dell’istanza di sanatoria. L’art. 13 della legge n. 47 del 1985 consente la sanatoria delle opere realizzate in assenza di preventivo titolo abilitativi quando risulti accertata la conformità dell’opera eseguita agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati o solo adottati sia al momento dell’esecuzione dell’opera sia al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria. T.A.R. Campania - Napoli, sezione IV, 20 gennaio 2003, n. 501
Il riesame dell'abusività dell'opera - impugnazione dell'ordinanza di demolizione - istanza di sanatoria, - verifica della eventuale sanabilità - il provvedimento sanzionatorio - il ricorso giurisdizionale avverso un provvedimento sanzionatorio proposto successivamente all'istanza di concessione in sanatoria - inammissibilità - carenza di interesse - "sentenza succintamente motivata”. L’art. 26, ultimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n.1034, modificato dall’art. 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205 consente al Giudice amministrativo, chiamato a pronunciarsi sulla domanda cautelare, di decidere il merito della causa con "sentenza succintamente motivata”, ove la stessa sia di agevole definizione. Secondo consolidata giurisprudenza, la presentazione dell'istanza di accertamento di conformità ex art. 13 L. n. 47/1985, anteriormente alla impugnazione dell'ordinanza di demolizione - o alla notifica del provvedimento di irrogazione delle altre sanzioni per gli abusi edilizi - produce l'effetto di rendere inammissibile l'impugnazione stessa, per carenza di interesse. Il riesame dell'abusività dell'opera, sia pure al fine di verificarne la eventuale sanabilità, provocato dall'istanza di sanatoria, comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento, esplicito od implicito (di accoglimento o di rigetto), che vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio oggetto dell'impugnativa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 dicembre 1997, n. 1377; T.A.R. Sicilia, sez. II, 5 ottobre 2001, n. 1392; T.A.R. Toscana, sez. II, 25 ottobre 1994, n. 350; T.A.R. Campania, Sez. IV, 25 maggio 2001, n. 2340). Il ricorso giurisdizionale avverso un provvedimento sanzionatorio proposto successivamente all'istanza di concessione in sanatoria ex art. 13 L. n. 47/1985, è inammissibile per carenza di interesse, “spostandosi” l'interesse del responsabile dell'abuso edilizio dall'annullamento del provvedimento sanzionatorio già adottato, all'eventuale annullamento del provvedimento (esplicito o implicito) di rigetto (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, 16 marzo 1991, n.67, Palermo, Sez. II, 27 marzo 2002, n. 826). La presentazione dell'istanza di sanatoria ex art. 13 L. 47/1985 (prot.n.19530 del 2.5.02) precede la proposizione del presente ricorso, deve dichiararsi l'inammissibilità di quest’ultimo, stante l'originaria carenza di interesse, da parte del ricorrente, al conseguimento di una qualche decisione avverso l'atto impugnato, destinato comunque ad essere sostituito dalle determinazioni esplicite od implicite adottate sulla proposta istanza. (Conforme: T.A.R. Campania-Napoli sezione IV 20 gennaio 2003 nn. 279; 280; 281; 282; 283;284; 285; 288; 290; 292; 293, 297; 298; 299 e 301; Si veda anche: T.A.R. Campania-Napoli sezione IV 30 gennaio 2003 nn. 401;484; 485; 486;487; 488; 489; 490; 491; 492; 493; 494; 496; 497; 498;499; 500; 501). T.A.R. Campania - Napoli, sezione IV, 20 gennaio 2003, n. 278.
Definizione di “impianti sportivi” - l’obbligo di coprire una percentuale dei costi con tariffe o contribuzioni - impianti sportivi - stadi - applicabilità del regime dei servizi pubblici a domanda individuale contemplato dalla legge 131/1983. L’art. 6 della legge 131/1983 “include tout court” gli “impianti sportivi” tra i servizi di cui trattasi per i quali stabilisce l’obbligo di coprire una percentuale dei costi con tariffe o contribuzioni. Non è dubbio, oggettivamente, che gli stadi rientrino nella categoria degli impianti sportivi. Anche avendo riguardo al D.M. 31 dicembre 1983, emanato in base al terzo comma dell’articolo richiamato, che prevede la individuazione da parte del Ministro dell’Interno, col concerto dei Ministri del tesoro e delle Finanze, dei servizi in questione da effettuarsi “esattamente” si giunge alle stesse conclusioni. Nel testo di tale provvedimento al punto 8), che prende in considerazione gli impianti sportivi si legge, dopo la sola indicazione delle piscine, dei campi da tennis, di pattinaggio e di risalita la dizione “e simili”. E’ così escluso il carattere tassativo della previsione che contiene niente altro che una indicazione generica dei servizi pubblici molto contenuta ed assolutamente inidonea a definire in modo compiuto tutti gli impianti sportivi sottoposti alla disciplina di cui trattasi. La riprova della natura meramente esemplificativa delle disposizioni contenute nel D.M. qui in esame è data dal riscontro con il D.M. 8 febbraio 1988 con cui il Ministro dell’Interno, nel definire le modalità delle certificazioni concernenti il conto consuntivo degli Enti locali per il 1986, ha ritenuto di aggiungere ai servizi espressamente previsti dal D.M. 31 dicembre 1983 gli stadi ma ha, inoltre, evidentemente tenendo conto della varietà della tipologia degli impianti sportivi, inserito una voce residuale ”altri”. E’ appena il caso di precisare che una diversa interpretazione priverebbe gli Enti locali della possibilità di porre a carico degli utenti una parte dei costi degli impianti per la pallacanestro, la pallavolo e la palla a mano oltre che per la pratica di numerose altre attività sportive. Dal punto di vista logico appare al Collegio evidente che lo stadio costituisce una struttura destinata a manifestazioni, significative a fini sociali, e che le Società sportive, che possono di certo utilizzarlo ed eventualmente gestirlo, sono abilitate in tal senso solo in vista della possibilità che la popolazione, residente e non, possa fruire di spettacoli la cui valenza sociale per lo svago e per l’impiego del tempo libero non richiede alcuna dimostrazione costituendo un dato di fatto ormai acquisito. Consiglio di Stato, Sezione V del 20 gennaio 2003, n. 166
Urbanistica - Edilizia - In genere - Sequestro di manufatto abusivo - Restituzione all'avente diritto - Condizioni - Provvedimento abnorme - Fattispecie - Art. 20 comma lett. C L. n. 47/1985 - Art. 1 sexies L. n. 431/1985. Ai fini dell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un manufatto realizzato in violazione degli artt. 20 lett. c) della legge n. 47 del 1985 e 1 sexies della legge n. 431 del 1985 , in vista della sua demolizione, costituiscono requisiti necessari della procedura: a)la notifica al proprietario, da parte del Comune, della "ordinanza diffida" di demolizione (art. 7, comma 2, legge n. 47 del 1985); b) la mancata ottemperanza, da parte dell'ingiunto, entro il termine di novanta giorni (art, 7, comma 3, legge n. 47 del 1985); c) la notifica all'interessato dell'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione, elemento quest'ultimo che costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari (art. 7, comma 4, legge n. 47 del 1985). (Fattispecie in cui è stato dichiarato ammissibile, trattandosi di provvedimento abnorme, il ricorso per cassazione proposto avverso l'ordinanza con la quale il giudice di primo grado, dopo la pronunzia della sentenza, ha provveduto, fuori udienza, "ex officio" e senza assicurare il contraddittorio fra le parti, alla restituzione condizionata al Comune del manufatto, sottoposto a sequestro preventivo). Pres. Postiglione A - Est. Grillo C - Imp. Petrucci P - PM. (Diff.). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 16/01/2003 (CC.15/11/2002) RV. 223298 sentenza n. 01722
L'intervento edilizio eseguito in difetto del previo "assenso" comunale - mancata definizione del procedimento di sanatoria per carenza degli adempimenti istruttori - legittimo l’atto amministrativo diretto all’azione demolitoria dell'abuso riconducibile alla tipologia della parziale difformità dalla concessione rilasciata. Quando l'intervento edilizio risulta eseguito in difetto del previo "assenso" comunale, a sua volta conseguente alla mancata definizione del procedimento di sanatoria per carenza degli adempimenti istruttori a suo tempo richiesti è perfettamente legittimo l’atto amministrativo diretto all’azione demolitoria dell'abuso riconducibile alla tipologia della parziale difformità dalla concessione rilasciata. (Nella specie è stata contestata l'entità fenomeno abusivo che varcava pur sempre la soglia della rilevanza edilizia-urbanistica, risultando, in quanto tale, assoggettato al regime del necessario controllo preventivo e successivo. Peraltro, l'amministrazione non si è determinata nella direzione applicativa della più grave misura sanzionatoria ex art. 7 - della legge n. 47/85, bensì in funzione (meramente) demolitoria dell'abuso riconducibile alla tipologia della parziale difformità dalla concessione rilasciata per l'esecuzione di lavori afferenti il restauro ed il risanamento conservativo). TAR Toscana - Firenze sez. III, del 15 gennaio 2003 sentenza n. 7
Reato di costruzione abusiva in concorso (appellante, il Vice sindaco ed il
progettista) - sentenza penale di assoluzione, gli effetti nei giudizi civili
o amministrativi di risarcimento del danno. Non può avere alcuna incidenza sul
presente giudizio la sentenza penale di assoluzione del Tribunale di Cassino,
sezione di Sora, n.483/1999 che avrebbe assolto l’appellante, il Vice sindaco
ed il progettista dal reato di costruzione abusiva in concorso tra loro. A
prescindere dal rilievo che detta sentenza non risulta depositata in giudizio
ed al riguardo non sussiste alcun onere istruttorio d’ufficio, trattandosi di
documentazione nella disponibilità delle parti, occorre rilevare che la
disposizione processuale penale da prendere in considerazione al riguardo è
l’art. 654 c.p.p.. Detta disposizione, a differenza dell’art. 652 c.p.p.
relativo ai giudizi civili o amministrativi di risarcimento del danno (quale
non è il presente giudizio avente per oggetto l’annullamento di una
concessione edilizia), esclude che possa avere efficacia di giudicato, in un
successivo giudizio civile o amministrativo, la sentenza penale di condanna o
di assoluzione pronunciata a seguito di dibattimento, con riferimento ai
soggetti che non abbiano partecipato al relativo giudizio penale (V. Cass.
Sez. lav. n. 2464 del 4.3.2000 e la decisione di questa Sezione n. 1440 del
12.10.1999). Ma nella specie non risulta che il Comune si sia costituito come
parte civile nel processo penale. Consiglio di Stato, V Sezione del 15 gennaio
2003 sentenza n. 156 (vedi:
sentenza per esteso)
Urbanistica - sequestro di manufatto abusivo - acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un manufatto abusivo - demolizione requisiti necessari della procedura - "ordinanza diffida" di demolizione - la notifica all'interessato dell'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione - mancata ottemperanza, da parte dell'ingiunto - la notifica al proprietario - sequestro - restituzione manufatto sequestrato all'avente diritto - condizioni - provvedimento abnorme - fattispecie - . Ai fini dell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un manufatto realizzato in violazione degli artt. 20 lett. c) della legge n. 47 del 1985 e 1 sexies della legge n. 431 del 1985 , in vista della sua demolizione, costituiscono requisiti necessari della procedura: a)la notifica al proprietario, da parte del Comune, della "ordinanza diffida" di demolizione (art. 7, comma 2, legge n. 47 del 1985); b) la mancata ottemperanza, da parte dell'ingiunto, entro il termine di novanta giorni (art, 7, comma 3, legge n. 47 del 1985); c) la notifica all'interessato dell'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione, elemento quest'ultimo che costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari (art. 7, comma 4, legge n. 47 del 1985). (Fattispecie in cui e' stato dichiarato ammissibile, trattandosi di provvedimento abnorme, il ricorso per cassazione proposto avverso l'ordinanza con la quale il giudice di primo grado, dopo la pronunzia della sentenza, ha provveduto, fuori udienza, "ex officio" e senza assicurare il contraddittorio fra le parti, alla restituzione condizionata al Comune del manufatto, sottoposto a sequestro preventivo). Corte di Cassazione Penale, Sezione III del 16/01/2003 (CC.15/11/2002), sentenza n. 01722
Reati edilizi - pertinenza - nozione - fattispecie: manufatti accessori a impianto di distributore di benzina - esclusione. A norma dell'art. 7 D.L. 23 gennaio 1982 n. 9, contenente norme sull'edilizia residenziale, convertito in legge 25 marzo 1982 n. 94, costituisce pertinenza, esclusa dal regime concessorio, l'opera posta al servizio di edifici, gia' esistenti, mediante nesso funzionale e strumentale, cioe' oggettivo, che ne consenta, per natura e struttura, solo la destinazione ad uso pertinenziale. (Fattispecie relativa ad un manufatto destinato a bar, market, magazzino oli, servizi sanitari e sala gestore ritenuto dotato di propria autonomia, strutturale e funzionale, rispetto al distributore di benzina al quale era annesso). Cassazione Penale sezione III del 15/01/2003 (UD.15/11/2002), Sentenza n. 01560
Urbanistica – Sicilia - domanda di sanatoria di un immobile abusivo - rimborso o conguaglio - termini di prescrizione – l. n.47/1985. Il diritto al rimborso od al conguaglio in dipendenza dell’avvenuta richiesta della domanda di sanatoria di un immobile abusivo, si applica anche nel territorio della Regione Sicilia. I termini di prescrizione per l’esercizio del diritto al rimborso sono fissati dall’art. 35 l. 28 febbraio 1985, n.47 in trentasei mesi. (Pres. Veneziano – Est. Taormina – Ribaudo (avv.ti Polizzi, Natoli) c. Comune di Ciminna). TAR SICILIA – Palermo Sez. I – 15 gennaio 2003, n.16
La punibilità dei reati urbanistici con l’entrata in vigore del DPR 380/2001 e l’abrogazione della legge 47/85 - fase transitoria - esclusione della "abolitio criminis". Nel sistema dell'art. 2 del codice penale ciò che fa venir meno la punibilità non è che la norma incriminatrice sia stata formalmente abrogata, bensì che la legge sopravvenuta non preveda più il fatto come reato. Così, testualmente, il secondo comma: «Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge posteriore, non costituisce reato». E allo stesso modo il terzo comma: «Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo». E' evidente che nel sistema dell'art. 2 del codice penale non ha rilevanza il fatto formale della successione di leggi nel tempo, bensì che le leggi di volta in volta succedutesi dispongano diversamente l'una dall'altra. Se la legge penale anteriore viene abrogata per effetto di una legge sopravvenuta, ma quest'ultima ne riproduce il contenuto (non necessariamente con le stesse parole), non viene meno la punibilità. Ora, sta di fatto che l'art. 7 della legge n. 47/85 è pedissequamente riprodotto dal testo dell'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (quanto meno per la parte che qui interessa). Ne consegue che, al di là di ogni anche pregevole disquisizione sui rapporti fra legge e testo unico, ed anche se si fosse in presenza di due (o più) leggi ordinarie succedutesi nel tempo, la sostanziale identità e continuità del contenuto dispositivo esclude che si possa invocare la "abolitio criminis". T.A.R. Umbria, sentenza 10 gennaio 2003, n. 15 (vedi: sentenza per esteso)
Ordinanza di demolizione - convocazione degli interessati ad assistere al sopraluogo - irrilevanza – inottemperanza all’ordine di demolire - acquisizione al patrimonio comunale - provvedimenti sanzionatori non impugnati - domanda di sanatoria respinta. Il vizio della mancata convocazione degli interessati ad assistere al sopraluogo non incide sul legittimo ordine di demolizione. Tale vizio, non tocca l'ordine di demolizione. (Nella specie, il sopraluogo non era finalizzato a questa parte del provvedimento, essendo incontroverse da un lato l'identificazione del fabbricato e dall'altro la sua connotazione come abusivo. A tacer d'altro, infatti, va ricordato che vi erano già stati provvedimenti sanzionatori non impugnati e domande di sanatoria respinte con provvedimenti a loro volta non impugnati. L'unica novità che potesse emergere dal nuovo accertamento sarebbe stata l'eventuale demolizione del fabbricato, ma è pacifico che così non è stato. In questa luce l'ordinanza di demolizione appare non solo interamente vincolata, ma meramente reiterativa di analoghi atti rimasti inadempiuti, e come tale priva di effetti autonomi; ovvero, al più, produttiva di un unico effetto giuridico: che è quello di rimettere gli interessati in termini per eseguire spontaneamente la demolizione ed evitare così l'acquisizione gratuita del bene al patrimonio del Comune. Un effetto favorevole ai privati, piuttosto che sfavorevole. L'accesso e la verifica in contraddittorio, invece, avevano una relativa rilevanza ai fini dell'individuazione dell'area da acquisire al patrimonio comunale in caso d'inottemperanza. In effetti, l'organo comunale ha allegato all'ordinanza impugnata una planimetria nella quale sono stati tracciati, con un certo grado di discrezionalità, i confini dell'area da acquisire. Per questa parte, il provvedimento è viziato dalla omissione del contraddittorio). TAR Umbria, 10 gennaio 2003 sentenza n. 15 (vedi: sentenza per esteso)
Urbanistica - reati edilizi - D.P.R. n. 380/01 - interpretazioni sull’applicabilità in fase di rinvio - principio di legalità - art. 2 c.p. - il fatto formale della successione di leggi nel tempo - abolitio criminis - inesistenza. Il motivo dedotto in giudizio fa riferimento alla sostenuta circostanza che l'art. 7 della L. n. 47/85 risulta esplicitamente abrogato dal DP.R. 380/01, che è (o sarebbe) entrato in vigore il 1°/1/02. Secondo i ricorrenti non rileverebbe in contrario il fatto che l'entrata in vigore del D.P.R. n. 380/01, sia stata rinviata (con contestuale proroga della vigenza della legge n. 47/85) dal D.L. 23/11/01, n. 411, convertito in L. 31/12/01, n. 463: quest'ultima, infatti, risulta pubblicata il 9/1/02 ed è entrata in vigore il 10 gennaio determinandosi così un intervallo durante il quale la L. n. 47/85 non è (o non sarebbe) stata più in vigore. Sulla base di questa loro ricostruzione della successione delle leggi nel tempo, i ricorrenti deducono che la sanzione non è (non sarebbe) più applicabile in forza del "principio di legalità". Nel sistema dell'art. 2 c.p. ciò che fa venir meno la punibilità non è che la norma incriminatrice sia stata formalmente abrogata, bensì che la legge sopravvenuta non preveda più il fatto come reato. Così, testualmente, il secondo comma: «Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge posteriore, non costituisce reato». E allo stesso modo il terzo comma: «Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo». E' evidente che nel sistema dell'art. 2 c.p. non ha rilevanza il fatto formale della successione di leggi nel tempo, bensì che le leggi di volta in volta succedutesi dispongano diversamente l'una dall'altra. Se la legge penale anteriore viene abrogata per effetto di una legge sopravvenuta, ma quest'ultima ne riproduce il contenuto (non necessariamente con le stesse parole), non viene meno la punibilità. Ora, sta di fatto che l'art. 7 L. 47/85 è pedissequamente riprodotto dal testo dell'art. 31 del D.P.R. 380/01 (quanto meno per la parte che qui interessa). Ne consegue che, al di là di ogni anche pregevole disquisizione sui rapporti fra legge e testo unico, ed anche se si fosse in presenza di due (o più) leggi ordinarie succedutesi nel tempo, la sostanziale identità e continuità del contenuto dispositivo esclude che si possa invocare la "abolitio criminis". TAR Umbria, 10 gennaio 2003 sentenza n. 15 (vedi: sentenza per esteso)
Urbanistica - nozione e caratteristiche di pertinenza - nuove disposizioni di cui al d.p.r. n. 380 del 2001 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) - individuazione. Anche ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), che non prevede più il riferimento all'edilizia residenziale come desumibile dalla legge n. 94 del 1992, per aversi pertinenza si richiede: a)un nesso oggettivo strumentale e funzionale con la cosa principale, b) che non sia consentita, per natura e struttura, una pluralita' di destinazioni, c)un carattere durevole, d)la non utilizzabilita' economica in modo diverso, e)una ridotta dimensione, f)una individualita' fisica e strutturale propria, g)l'accessione ad un edificio preesistente edificato legittimamente, h)l'assenza di un autonomo valore di mercato. Corte di Cassazione Penale Sezione III, 09/01/2003 (UD.05/11/2002), Sentenza n. 00239
Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni
2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000 - 1999-94
(N.B.: queste pagine continueranno ad essere aggiornate)