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Etna: le grandi eruzioni

Prof. Salvatore Cocuzza Silvestri 

                                                                                                                                

               

 

Le grandi eruzioni fino al 1669

 

In età storica fino ai nostri giorni sono state segnalate ca. 150 grandi eruzioni.

 

Dal 693 a.C. al 1669 le principali furono:

 - l'eruzione del 693 a. C. che distrusse l'antica Catania (Katane).

Ricordiamo a tal proposito la leggenda dei Fratelli Pii, Anfinomo e Anapia, che trassero in salvo i genitori paralitici portandoli sulle spalle attraverso la lava che per miracolo si ritirava al loro passaggio. I fratelli Pii furono ritenuti semidei, riprodotti sulle monete e cantati dai poeti l'eruzione del 475 a.C.;

 - l'eruzione del 396 a. C. la cui colata lavica arrivò in mare impedendo al condottiero cartaginese Imilcone di percorrere il litorale jonico per giungere a Catania da Naxos;

 - l'eruzione del 1169 la cui lava arrivò ad Aci Castello;

 - l'eruzione del 1329 che ebbe origine presso Rocca Musarra, in Valle del Bove .

Durante questa eruzione si formarono numerosi coni secondari e numerose colate. Una invase, in parte, il territorio di Mascali, un'altra si spinse molto in mare a Nord di Acireale e una terza minacciò Catania fermandosi in prossimità delle mura davanti al velo di Sant'Agata portatovi in processione dai fedeli;

 - l'eruzione del 1381 durante la quale la lava raggiunse Catania, si inoltrò in mare a Ognina coprendo lo storico porto Ulisse (Scaro dell'Ognina);

 - l'eruzione del 1408 le cui lave investirono il settore di Pedara e Trecastagni;

 - l'eruzione del 1444 che minacciò Catania.

Si ricorda che, in territorio di Sant'Agata li Battiati, il beato Pietro Geremia (1394-1452) pose il velo di Sant'Agata davanti al fronte lavico che miracolosamente si arrestò. Per quel prodigio fu innalzata una chiesa, ricostruita nel 1879, che porta una lapide a memoria.

 - l'eruzione del 1556 la cui lava giunse fino a Linguaglossa:

 - l'eruzione del 1669, che si può ritenere una delle più disastrose e spettacolari;

Iniziò l'11 marzo e finì il 15 luglio. Ebbe origine nei pressi di Nicolosi da un imponente squarcio, nella cui parte inferiore si formarono diverse bocche esplosive (Monti Rossi) ed effusive. Diversi centri abitati furono distrutti, primo tra tutti Nicolosi, quindi Belpasso, Mompilieri, Mascalucia, Camporotondo, S. Giovanni Galermo, S.Pietro Clarenza. Il torrente di lava investì prima l'abitato di Misterbianco quindi, appena un mese e un giorno dopo l'inizio dell'eruzione, Catania dal lato di ponente. Il 15 aprile invase la valle di Anicito (oggi Nicito) e il lago omonimo (lago di Nicito) che stava al centro. La lava proseguì il suo cammino superando le mura, coprì i Bastioni di S. Giorgio e di S. Croce, i fossati del castello Ursino, seppellì, quindi, i 36 canali del fiume Amenano e si riversò in mare per circa 2000 metri. Catania si spopolò, dei 20.000 abitanti ne rimasero solo 3.000, gli altri cercarono rifugio altrove. Complessivamente la lava inghiottì le case di oltre 27.000 persone. Uno dei maggiori problemi fu quello di dare alloggio a tante persone senzatetto. Il 30 aprile una corrrente lavica penetrò nell'orto dei Benedettini, circondando il convento dai lati nord e ovest, senza tuttavia coinvolgerlo.

Si può ritenere che questa eruzione sia stata una delle più spaventose; essa ebbe inizio l'11 marzo e finì il 15 luglio. Nei pressi di Nicolosi, in direzione del cratere centrale, secondo una linea che va da Nord-Est a Sud-Ovest, si aprì un imponente squarcio, nella cui parte inferiore si formarono diverse bocche esplosive (Monti Rossi ) ed effusive. L'abate Vito Maria Amico storiografo (1677-1762), così ricorda l'evento: "Aprissi la mattina da mezzogiorno a settentrione dal piano di S. Leone a Monte Frumento verso il supremo cratere profondissima fenditura larga cinque o sei piedi su cui apparse fulgido splendore. All'ora undicesima fra tremiti aprissi voragine di fuoco sotto la Nocilla lungo la fenditura, che proruppe in ceneri e sassi tuonando". Diversi centri abitati furono distrutti, primo fra tutti Nicolosi, quindi Belpasso, Mompilieri, Mascalucia, Camporotondo, San Giovanni Galermo, San Pietro Clarenza. Il 25 marzo alle ore 16 si verificò un evento catastrofico che il canonico vulcanologo Giuseppe Recupero (1720-1778) nella sua "Storia naturale e generale dell'Etna" così descrisse: "commoversi con grande violenza tutto il perimetro della montagna, saltare in aria dal cratere una prodigiosa colonna di nero fumo, e rovente materia, e profondarsi finalmente la sua cima con orridi rumoreggiamenti nel suo baratro. Cadde in primo luogo quella vetta che guardava verso Bronte, di poi l'altra rimpetto l'oriente ed ultimamente si rovesciò quella posta in faccia al mezzogiorno". Il torrente di lava ben alimentato (era largo 4 chilometri e alto 50 metri) investì prima l'abitato di Misterbianco quindi, appena un mese e un giorno dopo l'inizio dell'eruzione, Catania dal lato di ponente. Il 15 aprile invase la valle di Anicito (oggi Nicito) e quindi il lago omonimo (Lago di Nicito ) che stava al centro. La lava proseguì il suo cammino superando le mura, coprì i Bastioni di S. Giorgio e di S. Croce, i fossati del Castello Ursino , seppellì, quindi, i 36 canali del fiume Amenano e si riversò in mare per circa 2000 metri. Catania si spopolò, dei 20.000 abitanti ne rimasero solo 3.000, gli altri cercarono rifugio altrove. Complessivamente la lava inghiottì le case di oltre 27.000 persone. Uno dei maggiori problemi fu quello di dare alloggio a tante persone senzatetto. Il 30 aprile una corrente lavica penetrò nell'orto dei Benedettini, circondando il convento dai lati nord e ovest, senza tuttavia coinvolgerlo. L'acese Giacinto Platania (1647-1720), testimone oculare, riprodusse nel 1679 la tremenda eruzione in un dipinto oggi posto nella sagrestia del Duomo di Catania.

 

 

 

Le principali eruzioni dopo il 1669

 

Si è relativamente meglio informati sugli eventi eruttivi verificatisi nei secoli successivi al XVII. Fra i principali ricordiamo:

 - l’eruzione del 1755, con lave nella Valle del Bove (e con una singolare colata di fango -"lahar"- originata dallo scioglimento dell'abbondante neve al contatto con le masse laviche);

 - l’eruzione del 1763 (febbraio-marzo e giugno-settembre). Durante questa eruzione si formarono i Monti Nuovo e Mezza Luna, sul versante Ovest, e la Montagnola, su quello Sud;

 - l’eruzione del 1766, responsabile della formazione dell'apparato eruttivo dei Monti Calcarazzi (versante Sud);       

 - l’eruzione del 1792-1793, con lave che, sgorgate da bocche apertesi tanto dentro quanto fuori della Valle del Bove, minacciarono da vicino l'abitato di Zafferana (si formò per crollo la Cisternazza nel Piano del Lago); vi furono anche efflussi lavici sommitali che si spinsero verso l'alto territorio di Adrano;

 - l’eruzione del 1811-1812, che diede luogo alla formazione di Monte Simone nel settore N-NW della Valle del Bove;

 - l’eruzione del 1819, che formò un interessante apparato esplosivo-effusivo nell'alta Valle del Bove, da dove le lave si spinsero fino al Salto della Giumenta ed alla sottostante Valle Calanna;

 - l’eruzione del 1832, che diede luogo, fra l'altro, alla formazione di Monte Nunziata (in territorio di Bronte);

 - l’eruzione del 1843, la cui colata, in territorio di Bronte, invase e provocò, per lo scoppio di una cisterna, appena investita dalla massa lavica, la morte di una cinquantina di persone;

 - l’eruzione del 1852-1853, che formò l'apparato eruttivo dei Monti Centenari in Valle del Bove, da dove le lave giunsero a minacciare da vicino Zafferana;

 - l’eruzione del 1865, responsabile della formazione dei Monti Sartorius (versante E-NE);

 - l’eruzione del 1879, che squarciò diametralmente la parte alta del vulcano (le lave del versante Nord, sgorgate dai monti detti Umberto e Margherita raggiunsero quasi l'alveo del fiume Alcantara);

 - l’eruzione del 1883, che interessò il territorio di Nicolosi e che diede luogo alla formazione di Monte Leone;

 - l’eruzione del 1886, le cui lave, sgorgate dal Monte Gemmellaro, minacciarono il centro abitato di Nicolosi;

 - l’eruzione del 1892, evento piuttosto lungo (oltre sei mesi) che diede luogo alla formazione dell'apparato dei Monti Silvestri;

 - l’eruzione del 1910, le cui lave minacciarono da vicino Borrello-Belpasso (si formarono i Monti Riccò - indicati anche come Monti Recupero);

 - l’eruzione del 1911 con imponenti manifestazioni esplosivo-effusive che portarono, fra l'altro, alla formazione del cratere subterminale di Nord-Est;

 - l’eruzione del 1928, nota, oltre tutto, per essere stato l'unico evento eruttivo dell'attuale secolo responsabile della distruzione di un centro abitato: Mascali;

 - l’eruzione del 1947, con lave nei territori di Castiglione e di Randazzo;

 - l’eruzione del 1949, che diede luogo nell'area sommitale del vulcano ad una "frattura diametrale" analoga a quella del 1879;

 - l’eruzione del 1950-1951, con prolungata manifestazione, specialmente effusiva, e con minaccia per i centri abitati di Milo, Fornazzo e Zafferana, allo sbocco della Valle del Bove;

 - l’eruzione del 1955 che segnò il risveglio del cratere subterminale di Nord-Est;

 - l’eruzione del 1957-1958, con prevalenti analoghe manifestazioni presso lo stesso cratere e con effusione lavica anche nella Valle del Leone;

 - l’eruzione del 1960-1961, con prolungati e talvolta violenti fenomeni tanto al cratere di NE quanto al centrale;

 - l’attività del 1961-1964, con manifestazioni esplosive ed effusive sia al cratere centrale sia al cratere di NE;

 - l’attività del 1966-1967, avente all'incirca gli stessi caratteri del periodo precedente;

 - l’eruzione del 1968, attività esplosivo-effusiva subterminale con colata scaturita sulla parete Ovest della Valle del Bove;

 - l’eruzione del 1971, le cui lave sul versante Est minacciarono da vicino i centri abitati di Fornazzo e Sant'Alfio e, su quello Sud, distrussero l'Osservatorio Vulcanologico e parte dell'impianto della funivia (per i nuovi piccoli edifici eruttivi formatisi quasi alla base Sud del cono terminale fu proposto il toponimo Crateri Ponte);

 - l’eruzione del 1974, i cui due nuovi conetti esplosivo-effusivi sul medio versante Ovest furono subito detti Monti De Fiore;

 - l’eruzione del 1975-1976, che diede luogo, fra l'altro, alla formazione di un conetto sull'alto versante Nord, per il quale venne proposto il toponimo Monte Cumin;

8, con saltuaria attività al cratere di NE (con lave anche oltre la base di Punta Lucia) e con altre effusioni nella Valle del Bove, le cui colate più basse di spinsero in Val Calanna;

 - l’eruzione del 1979, con notevoli fenomeni esplosivo-effusivi al cratere subterminale di Sud-Est e con lave che dalla Valle del Bove giunsero a minacciare Fornazzo (un evento esplosivo provocò la morte di nove persone, presso la voragine Ovest del cratere centrale);

 - l’eruzione del 1981 (marzo), le cui fluide lave minacciarono da vicino la città di Randazzo;

 - l’eruzione del 1983

 - l’attività del 1977, con fenomeni esplosivo-effusivi localizzati al cratere di NE;

 - l’eruzione del 197(marzo-agosto), che provocò gravi danni sul versante Sud. (Va ricordato che in occasione di questo evento venne effettuato il primo tentativo di deviazione della colata lavica con cariche esplosive);

 - l’eruzione del 1984 (marzo-agosto), con notevoli attività esplosivo-effusive subterminali;

 - l’eruzione del 1985 (marzo-luglio), le cui lave interessarono in gran parte il settore alto della zona invasa dalle colate del 1983;

 - l’eruzione del 1985 (dicembre), con colate che interessarono essenzialmente l'alto versante Ovest della Valle del Bove;

 - l’eruzione del 1986-1987, con attività subterminali (al cratere di Nord-Est e al cratere di Sud-Est) e laterale ancora in Valle del Leone (al nuovo conetto qui formatosi fu dato il toponimo M.te Rittmann);

 - l’eruzione del 1989 (settembre-ottobre), con forte attività esplosivo-effusiva presso il cratere di Sud-Est e con lave che dall'alta Valle del Bove giunsero a quota 1.100 s.l.m., in territorio di Milo (va ricordato che nello stesso anno notevole allarme destò, fra l'altro, una lunga frattura, non eruttiva, che interessò il versante Sud/Sud-Est fino a quota 1.500 s.l.m.);

 - l’eruzione del 1991-1993, le cui lave sgorgate nell'alta Valle del Bove minacciarono da vicino la cittadina di Zafferana Etnea (anche in questa occasione furono effettuati vari tentativi di deviazione delle colate con cariche esplosive).