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Dossier - Greenpeace vedi anche: O.G.M.
O.G.M.: Gli impatti sulla salute
1. Nuove allergie; 2. Resistenza agli antibiotici; 3. Più chimica in agricoltura; 4. Inquinamento genetico; 5. Resistenza agli insetticidi; 6. Riduzione della biodiversità; 7. Instabilità genetica e perdita dei raccolti; 8. Ingegneria genetica e fame nel mondo; 9. Sicurezza alimentare;
1. NUOVE ALLERGIE
Manipolare geneticamente un organismo
vuol dire passare ad esso una molecola di DNA che gli permette di produrre una
proteina che prima non era in grado di fabbricare. Noi ci nutriamo da sempre di
proteine, ma esse, come talvolta altre sostanze, possono essere
"rifiutate" dal nostro organismo. Quando veniamo in contatto con
certe molecole infatti, il nostro organismo reagisce in modo talvolta violento
con quella che chiamiamo "reazione allergica" o allergia.
I fautori degli alimenti GM sostengono
che l’introduzione di cibi manipolati nella nostra dieta non può causare rischi
di nuove allergie, e citano l’esempio dell'introduzione del gene di banana nel
pomodoro, omettendo di precisare che – in questo caso - si tratta di cibi
abitualmente consumati. L’ingegneria genetica, però, riguarda spesso geni, e
dunque proteine, che non fanno parte del consumo alimentare tradizionale: i
rischi non sono prevedibili se il gene "trapiantato", ad esempio nel
grano con cui facciamo pane, pasta ecc., proviene da uno scorpione o da una
petunia o da altri organismi finora mai utilizzati nell’alimentazione.
Le multinazionali del settore hanno a
lungo rassicurato sui rischi sostenendo che non si può creare possibilità di
risposta allergica trapiantando un unico gene. Purtroppo, malgrado il carattere
recente di questi studi, questa teoria è già stata contraddetta dai fatti. La
società Pioneer, prima compagnia mondiale nella produzione di semi, ha prodotto
una soia più ricca di metionina (amminoacido essenziale che il nostro organismo
non sa produrre) grazie ad un gene proveniente dalla noce brasiliana. Gli
esperimenti di laboratorio, finalizzati proprio a valutare la possibile
insorgenza di nuove allergie, avevano tutti dato esito negativo.
L’inaffidabilità di queste procedure è
stata svelata da un test semplice e poco costoso, che evidentemente la Pioneer,
che ha investito miliardi nel progetto, non voleva fare. Infatti, la noce
brasiliana è nota per la sua forte potenzialità allergenica, che significa che
molte persone sono allergiche alla noce brasiliana. Non è poi difficile
raccogliere una collezione di campioni di sangue di questi soggetti, estrarne
il siero e farci un test allergologico con la soia manipolata da Pioneer. In
breve, ci si è accorti che persone allergiche alla noce brasiliana, ma non alla
soia normale, erano allergiche anche alla soia manipolata della Pioneer, la cui
commercializzazione è stata bloccata per un pelo. Senza questi esperimenti,
abbiamo tutti rischiato di mangiare qualcosa di pericoloso.
Questo esempio non solo dimostra che i
test indiretti sono inaffidabili, ma fa sorgere un problema non risolvibile
sulle procedure di valutazione del rischio allergico degli alimenti GM.
Infatti, non abbiamo il siero di persone allergiche allo scarafaggio, allo
scorpione, alla petunia o alle meduse: nessuno mangia questi organismi e tanti
altri di quelli di cui fa uso l’ingegneria genetica. Con la noce brasiliana è
andata bene. Ma che fare con tutto il resto? La maggior parte degli organismi
geneticamente manipolati non può che essere sottoposta che a test di tipo
indiretto, che già sappiamo non funzionare.
Come possiamo allora essere sicuri
dell’affidabilità degli alimenti GM? Come possiamo escludere che essi non
possano causare un certo numero di allergie? Semplicemente, non possiamo. Noi
tutti saremo, nostro malgrado, la cavia di un esperimento i cui risultati sono
imprevedibili e probabilmente irreversibili. Anzi, lo siamo già, visto che gli
alimenti GM sono già tra noi. Eppure, ogni giorno si scoprono nuove allergie a
nuovi prodotti e si conosce relativamente poco di queste patologie e delle
cause scatenanti. Sarebbe, quindi, opportuno non aumentare inutilmente i
rischi.
J. A. Nordlee et
al. (1996) Identification
of a brazil-nut allergen in transgenic soybeans. The New England Journal of
Medicine. Vol. 334: 688-692.
2. RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI
In Francia era stata autorizzata - e
successivamente sospesa - la coltivazione di un mais transgenico della Novartis
in cui era stato introdotto un gene resistente ad un antibiotico comune,
l'ampicillina.
Questo gene viene definito
"marcatore": permette di identificare le cellule in cui è riuscito il
"trapianto" dei geni. Successivamente, il marcatore non svolge più
alcuna funzione, ma la sua eliminazione sarebbe stata toppo costosa e
difficile.
Gli antibiotici sono le uniche armi
efficaci contro i batteri patogeni (che causano malattie), ma a causa
dell’insorgenza di resistenza agli antibiotici queste armi sono sempre meno
efficaci. D’altra parte, la ricerca scientifica ha serie difficoltà a trovare
nuove molecole che siano efficaci e si stima che le malattie da ricovero legate
alla resistenza agli antibiotici uccidano 10.000 persone all'anno. Gli
antibiotici diventano sempre meno efficaci perché i batteri col tempo riescono
a produrre delle difese: secondo l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)
questo è uno dei più gravi rischi sanitari emergenti. (1)
La resistenza agli antibiotici dipende
dal fatto che, con l’uso eccessivo di questi medicinali negli ultimi anni, si
selezionano (cioè sopravvivono) solo quei batteri che contengono i geni che
permettono loro di resistere a questi "veleni". Il problema è che i
batteri non solo possono scambiarsi tra loro questi geni, ma possono acquisirli
anche da organismi superiori. (2)
Numerosi studiosi temono che la
diffusione di geni con resistenza agli antibiotici - tipici delle piante
transgeniche - possano accelerare questo processo creando, così, nuovi batteri
contro i quali gli antibiotici sono assolutamente impotenti.
" L’introduzione su larga scala
delle piante transgeniche rischia di facilitare lo sviluppodi resistenze sempre
più efficaci, da parte dei batteri, agli antibiotici… Questo rischio è stato
largamente ignorato dagli esperti. "
Patrice Courvalin
– Institut Pasteur (3)
Gli scienziati più attenti, temono che la resistenza agli antibiotici possa
quindi passare dagli organismi GM ai batteri patogeni, tramite uno o più
passaggi intermedi (4). Infatti, i geni per la resistenza agli antibiotici potrebbero
passare dagli alimenti GM che mangiamo ai batteri innocui presenti nel nostro
apparato digerente e da questi ad eventuali batteri patogeni che possono
infettare l’organismo umano. Lo stesso fenomeno potrebbe succedere in animali
d’allevamento o anche in natura. Fino a materializzare il fantasma che tutti
temono: un batterio patogeno resistente a tutti i tipi di antibiotici
conosciuti.
J.D. Williams (1998) Opinion –
antibiotic resistence: have we got the right culprits? Newsletter of the
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F. Gebhard e K. Smalla (1998)
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British Medical Association – Board of
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3. Più chimica in agricoltura
La pubblica opinione sta rispondendo
agli eccessi dell’agricoltura "industrializzata", sempre più
dipendente da pesticidi e fertilizzanti chimici, orientandosi in modo netto a
favore di alimenti prodotti da agricoltura biologica (1). Il fenomeno preoccupa
i giganti dell’industria chimica, che si sono massicciamente riconvertiti nel
settore dell’agro-biotecnologia e giustificano adesso questa scelta secondo
falsi criteri compreso quello della sostenibilità ambientale.
Ma contrariamente a quanto promesso alla
pubblica opinione da Governi ed Industrie, l'ingegneria genetica non ridurrà
l'uso di erbicidi dannosi. In realtà, le stesse aziende stanno aumentando la
loro capacità di produrre erbicidi (2) e chiedono, e ottengono, permessi (3)
per l'innalzamento dei livelli ammissibili di residui di questi prodotti negli
alimenti geneticamente manipolati (GM).
E’ un fatto che la maggior parte della
ricerca sviluppata dalle aziende della ingegneria genetica si è fino ad ora
focalizzata sull'ottenimento di piante resistenti agli erbicidi prodotti dalle
stesse industrie. Ad esempio, la soia manipolata della Monsanto resiste a dosi
massicce di Roundup, un erbicida prodotta dalla Monsanto stessa. In generale,
una coltivazione di piante GM di questo tipo può essere trattata con l’erbicida
a dosi tali da uccidere le piante infestanti: sopravviverà soltanto la pianta
GM che è resistente. Che poi essa possa contenere dosi più o meno elevate di
veleni chimici è un fatto che non preoccupa l’Industria chimica.
Il 71% delle piante GM presenti nel
1998 su circa 28 milioni di ettari avevano la caratteristica di resistere agli
erbicidi (4). Che il meccanismo serva a far vendere più erbicidi lo prova il
fatto che negli USA le sementi transgeniche vengono vendute con un contratto in
cui si stabilisce che gli agricoltori che utilizzano erbicidi che non siano
della ditta produttrice della semente manipolata, possono essere perseguiti
legalmente (5). Lo stesso contratto vieta agli agricoltori di conservare i semi
provenienti dal raccolto per riseminarli l'anno successivo.
Le biotecnologie si sono sviluppate con
la stessa filosofia che promosse lo sviluppo dei prodotti chimici: raggiungere
il singolo obiettivo, a breve termine, di un aumento delle rese e dei margini
di profitto. Questo approccio abbraccia una visione del mondo in cui predomina
l’idea che la natura deve essere dominata, sfruttata e forzata a produrre di
più; dalla scelta di "soluzioni" veloci e remunerative rispetto alle
complesse problematiche ecologiche; dal pensiero "riduzionista", che
analizza sistemi complessi, come l'agricoltura, in termini di singole
componenti, piuttosto che come un sistema integrato; e dalla convinzione, che
il successo in agricoltura significhi guadagni di produttività nel breve
periodo, piuttosto che la sostenibilità di lungo termine. Jane Rissler (Union of Concerned Scientist) (6)
Hamm U. (1997) Organic Trade: The
potential for growth. In: Maxted-Frost (ed.) The future agenda for organic
trade – Proc. of the 5th IFOAM International Conference on trade in
organic products. Tholey-Theley, p. 18-21
Nel
settembre del 1998 la Monsanto ha annunciato di voler investire quasi 1000
miliardi in Brasile per la costruzione di una fabbrica destinata alla
produzione dell’erbicida Roundup
Lappe M., Bailey B. (1998). Against the
Grain, Common Courage press, p. 75-76
James C. (1998) "Global view of
commercial Transgenic Crops", 1998. ISAAA Briefs No8. ISAAA:
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Comunicato
stampa Monsanto, 12 settembre 1998
Biotechnology and Pest Control: Quick
Fix vs. Sustainable Control. Global Pesticide Campaign, Vol1, No. 2,
pp 1, 6-8, Gennaio 1991
4. INQUINAMENTO GENETICO
Una volta rilasciato in natura, un
nuovo organismo creato dall’ingegneria genetica potrebbe essere in grado di
interagire con altre forme di vita con effetti distruttivi, riprodursi,
trasferire le sue caratteristiche e mutare in risposta alle sollecitazioni
ambientali.
Ad esempio, è stato verificato che i
geni "trapiantati" possono velocemente passare dalla colza GM a
piante affini, infestanti e non. In colture sperimentali, i geni della colza GM
che è stata resa resistente al glufosinato, un erbicida, sono stati trasferiti
ad una specie di rafano selvatico, una pianta infestante apparentata con la
colza, dopo due generazioni (1). Ricerche condotte in Germania hanno mostrato
che il gene per la resistenza al glufosinato può trasferirsi, mediante il
polline, in piante distanti 200 metri (2) e dati più recenti indicano che
l’inquinamento genetico può avvenire anche a distanze maggiori.
Molte piante usate per l’alimentazione
vengono oggi manipolate per ottenere prodotti chimici industriali e
farmaceutici. Queste piante potrebbero incrociare il loro polline con specie
vicine e contaminare così gli alimenti (3).
Molte specie di pesci sono oggi
sottoposte a manipolazione genetica ed allevate in vasche sperimentali. Nel DNA
di salmone è stato inserito un gene dell’ormone della crescita con un
"promotore", un interruttore genetico che serve ad attivare il DNA
per produrre più ormone del normale. Questo salmone cresce nel primo anno fino
a 50 volte più della sua normale lunghezza, e pesa in media 5 volte più del
normale (4). L’impatto di un tale "super-salmone" sugli ecosistemi è
potenzialmente disastroso: per poter crescere così tanto questo pesce deve mangiare
molto più dei normali salmoni. Del resto, l’ipotesi che salmoni di allevamento
raggiungano l’ambiente esterno è confermato da una ricerca norvegese secondo
cui i salmoni che sono scappati dalle vasche sarebbero 5 volte più numerosi di
quelli "selvatici". (5)
Mosche, zanzare e vermi sono stati
ingegnerizzati in laboratorio per diversi scopi (6). La commercializzazione di
questi organismi porterebbe ad una loro rapida diffusione nell'ambiente. Queste
creature si riproducono velocemente ed alcune di loro sono in grado di coprire
notevoli distanze. Se risultassero dannose, sarebbe particolarmente difficile
controllarle.
Nel 1989, la Biotechnica International
ha sperimentato sul campo semi di soia rivestiti con microrganismi GM, per
aumentare la capacità di fissazione dell'azoto. Alla fine della stagione le
piante e i semi sono stati bruciati, i campi arati e una nuova coltivazione
reimpiantata. Successivi monitoraggi hanno mostrato che i microrganismi GM si
erano diffusi per circa 2 ettari grazie all'aratura, e stavano eliminando i
microrganismi che normalmente popolavano quei suoli (7).
Nel 1998 si è dimostrato in laboratorio
il trasferimento di geni dalla barbabietola da zucchero all’Acinetobacter, un
batterio del terreno. In teoria, qualunque insetto, uccello o altro animale
potrebbe raccogliere questi batteri dal suolo, trasportandoli ovunque (8).
Frello S., Hansen K.R., Jensen J.,
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5. RESISTENZA AGLI INSETTICIDI
Il Bacillus thuringensis, (Bt), è un
batterio del suolo che produce una tossina insetticida. E’ molto apprezzato
dagli agricoltori biologici come un insetticida naturale, efficace e sicuro.
Colpisce particolari specie e viene usato in applicazioni occasionali,
specialmente nei casi in cui si verifichi una seria infestazione. Adesso però,
alcune piante sono state manipolate con il gene della tossina del Bt, cosicché
esse dispongono della capacità di produzione dell'insetticida nel proprio corredo
genetico. Nel 1998 queste piante Bt resistenti agli insetti sono state
coltivate su 7,7 milioni di ettari di estensione in tutto il mondo (1).
In marcato contrasto con l'applicazione
occasionale della tossina Bt nell'azienda biologica, nelle piante Bt la tossina
è prodotta per tutto il tempo della loro crescita. Questo significa che gli
insetti sono continuamente esposti alla tossina, e sono perciò nelle condizioni
"favorevoli" allo sviluppo di una resistenza all'insetticida (2).
L'EPA, agenzia statunitense per la protezione ambientale, ha approvato le
colture Bt sebbene abbia previsto come conseguenza che la maggior parte degli
insetti più esposti svilupperà la resistenza al Bt entro 3 o 5 anni (3). In
realtà, i primi ceppi resistenti sono già comparsi e ciò comporta il rischio di
un forzato ritorno all’uso di sostanze chimiche, ovvero il fallimento di
numerose aziende del biologico o un notevole aumento dei prezzi dei prodotti
dell’agricoltura biologica..
Inoltre, la presenza della tossina Bt
nelle piante ingegnerizzate può danneggiare un ampio numero di specie di
insetti. Un recente studio in Svizzera ha evidenziato che certi insetti
predatori, le crisope (Neurotteri), che si cibano di parassiti del grano,
presentano disfunzioni nello sviluppo ed un aumento di mortalità quando sono
alimentati con prede cresciute su mais Bt (4).
L'uso di altre tossine insetticide in
colture GM, quale la lectina del bucaneve, ha anche mostrato preoccupanti
effetti sulla catena alimentare. In un esperimento di laboratorio, femmine
della coccinella sono state nutrite con afidi che si erano cibati di patate
resistenti agli insetti. Comparate con coccinelle nutrite con una dieta
normale, le prime hanno prodotto meno uova e hanno vissuto per un tempo
dimezzato. (5)
In uno studio recentemente pubblicato
su Nature, che ha ottenuto la prima pagina dei giornali di diversi paesi, si
mostrava che i bruchi di farfalla Monarca (una specie americana di insetto
migratore di notevole importanza naturalistica) avevano una mortalità quasi del
50% maggiore alla norma se ingerivano il polline di piante Bt. (6) In base a
questa scoperta, l’Austria ha poco dopo vietato l’uso del mais manipolato della
Monsanto (MON 810) e l’Unione Europea ha bloccato il processo di valutazione di
un’altra varietà di mais della potente azienda sementiera Pioneer.
Greenpeace ed altre associazioni hanno
intentato una causa legale contro l’EPA (Agenzia per la Protezione
dell’Ambiente – USA) per la leggerezza con cui è stata concessa
l’autorizzazione alla coltivazione commerciale di questi pericolosi organismi
transgenici, che peraltro contengono geni per la resistenza agli antibiotici
(vedi paragrafo 6).
James C. (1998) Global revue of
Commercialised Transgenic crops: 1998, ISAAA Briefs No8. ISAAA: Ithaca, NY.
Tabashnik B.E. (1994). Evolution of Resistance to Bacillus thuringiensis.
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399, 214.
6. RIDUZIONE DELLA BIODIVERSITA'
Ogni anno si estinguono almeno 30.000
specie viventi (1). L'introduzione di specie estranee all'ambiente è una delle
maggiori cause di dissesto ecologico e riduzione della biodiversità, cioè della
diversità delle specie viventi. Negli Stati Uniti il 42% delle specie a rischio
di estinzione è minacciata a causa di una specie introdotta (2), con costi
stimati per l'economia statunitense in oltre 220mila miliardi di lire l'anno
(3). Potenzialmente, ogni organismo GM è una "nuova specie" introdotta
nell’ecosistema e rischia di compromettere gli equilibri naturali del pianeta.
Anche l’agricoltura ha le sue
responsabilità nella perdita di biodiversità che caratterizza questo secolo: la
diffusione delle monocolture è stato uno dei principali fattori della riduzione
della biodiversità agricola, cioè del numero di varietà utilizzate per produrre
cibo. Secondo la FAO, abbiamo perso il 75% delle varietà agricole che avevamo
all'inizio di questo secolo (4).
"Nonostante le biotecnologie
abbiano la capacità di creare un'ampia varietà di piante commerciali, la
tendenza imposta dalle multinazionali è di creare un ampio mercato
internazionale per un singolo prodotto, generando così le condizioni per una
uniformità genetica nel panorama rurale". (Miguel Altieri) (5).
La "rivoluzione genetica"
ripropone oggi gli stessi errori della "Rivoluzione Verde" che è
stata una massiccia campagna condotta da governi e imprese per convincere gli
agricoltori del Terzo Mondo a sostituire la moltitudine di specie coltivate
dagli indigeni con un ridotto numero di varietà produttive che funzionano solo
grazie ad un massiccio utilizzo di prodotti chimici. (6) Molte delle varietà
indigene che gli agricoltori utilizzavano per i propri raccolti sono oramai
perdute per sempre (7) ma l'uniformità genetica porta alla vulnerabilità delle
colture, poiché la pressione esercitata da parassiti, malattie e infestanti è
maggiore nelle aree dov’è coltivata un'unica specie durante tutto l'anno (8).
Una delle cause della carestia della patata irlandese del secolo scorso fu
l'uniformità genetica: tutte le patate erano vulnerabili alla stessa malattia.
Un sistema agricolo che presenta alta diversità genetica potrà fronteggiare
meglio le sfide che provengono da parassiti, malattie o condizioni climatiche che
tendono a colpire solo talune varietà (9).
Sulla biodiversità si basa la
sopravvivenza di molte comunità rurali. Ad esempio, la comunità messicana degli
indios Huastec ha una sofisticata forma di gestione delle foreste ove coltiva
oltre 300 differenti piante in un mosaico di piccoli giardini, campi agricoli e
appezzamenti forestali (10). E in un villaggio nel nord-est dell'India sono
coltivate fino a 70 differenti varietà di riso (11). Nel Bengala Occidentale,
124 specie "infestanti", raccolte nei campi di riso, hanno importanza
economica per i contadini (12).
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precautionary principle, Ambio 22 (2-3), 74-79.
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Monopolies, Myths and Masculinisation of Agriculture", Aisling Quarterly.
7. INSTABILITA' GENETICA E PERDITA DEI
RACCOLTI
Gran parte della promozione
dell'ingegneria genetica fa perno su presunti benefici futuri di cui non si
vede traccia. La scarsa affidabilità delle varietà di colture GM ha già portato
a perdite dei raccolti ai quali la stampa non ha dato il giusto risalto.
Nel Mississippi nel 1997, 12.000 ettari
di cotone GM resistente agli erbicidi sono andati perduti con perdite
individuali dei coltivatori comprese tra 1 e 2 miliardi di lire (1). Nel 1998
il Comitato per l'Arbitrato sulle Questioni dei Semi del Mississippi ha
decretato che il cotone della Monsanto non ha raggiunto gli obiettivi
pubblicizzati, indicando rimborsi di circa 2 milioni di dollari (oltre 3
miliardi e mezzo di lire) ai tre coltivatori che hanno sofferto pesanti perdite
nel raccolto (2).
Nel 1994 la Calgene (ora controllata
dalla Monsanto) introdusse sul mercato il pomodoro FlavrSavr TM, il primo cibo
bio-ingegnerizzato ad ottenere l'autorizzazione alla vendita, modificato per
ritardarne l'ammorbidimento (marcescenza) e per mantenersi sodo abbastanza da
sopportare le fasi di raccolta, imballaggio e trasporto. Dal 1997 è stato
ritirato dal mercato in quanto, contrariamente alle aspettative della Calgene,
i pomodori erano spesso così morbidi e ammaccati da non poter essere venduti
come prodotto fresco e gran parte delle varietà FlavrSavr TM non presentavano
rese accettabili né resistenza alle malattie in regioni tipicamente adatte alla
loro coltivazione (3).
Il cotone Bt della Monsanto si
supponeva fosse resistente ad un verme suo parassita; al contrario, la metà
circa dei circa 800.000 ettari coltivati a cotone Bt negli Stati Uniti
meridionali hanno sofferto una pesante infestazione e ai coltivatori fu
suggerito di salvare il raccolto con trattamenti di emergenza. Nonostante la
pretesa di una resa del cotone Bt compresa tra il 90 e il 95%, alcuni esperti
hanno rilevato che il prodotto aveva una resa di solo il 60%.
Molti dei recenti "sogni
genetici" su elevate rese o aumentate capacità di fissazione dell'azoto,
potrebbero risultare errate perché comportano interventi su complesse
caratteristiche multigenetiche. La fissazione dell'azoto, per esempio, dipende
almeno da 17 geni nei batteri e da 50 nelle piante (4). Esistono pericoli
associati al trasferimento di un singolo gene, si può facilmente immaginare
cosa possono comportare 50 geni. Anche se tutti i geni necessari per queste
caratteristiche potessero davvero essere identificati e trasferiti, come
risultato potrebbero aumentare i problemi di instabilità genetica (5).
The gene Exchange, http://www.ucsusa.org/Gene/F97.glyfosate.html
Idem
Idem
Calgene, "News release - Calgene
Announces Second Quarter Financial results", 6 Febbraio 1998
King, "Low-tech Woe Slows Calgene's
Super Tomato", Wall Street Journal, 11 aprile 1996
Jonston (1989) Biological nitrogen
fixation. In A revolution in Biotechnology, Cambridge University Press,
Cambridge, New York, pp 103-118
Ho, M-W (1998) Genetic Engeneering,
dream or nightmare? Gateway Books, bath, UK, p.135
8.
INGEGNERIA GENETICA E FAME NEL MONDO
"(Noi obiettiamo) fortemente che
l'immagine della povertà e della fame dei nostri paesi sia utilizzata dalle
imprese multinazionali per promuovere una tecnologia non sicura, né
ambientalmente sostenibile e assolutamente svantaggiosa economicamente. Noi non
crediamo che queste multinazionali o queste biotecnologie aiutino i nostri
agricoltori a produrre il cibo a noi necessario per il XXI secolo. Al
contrario, riteniamo che ciò distruggerà la diversità, le conoscenze locali e i
sistemi agricoli sostenibili che i nostri agricoltori hanno sviluppato per
millenni e che ciò indebolirà la nostra capacità di sfamarci".
Dichiarazione presentata alle Nazioni Unite dai delegati di 24 stati
africani, sostenuti da 30 organizzazioni di ambientalisti e di produttori.
Sebbene l'aumento della popolazione sia
spesso utilizzato per giustificare lo sviluppo dell'ingegneria genetica,
secondo il Programma Mondiale sul Cibo delle Nazioni Unite stiamo attualmente
producendo più cibo di quanto necessario per sfamare tutti gli abitanti del
pianeta, secondo adeguati valori nutrizionali. Nonostante questo, più di una
persona su 7 soffre la fame.
Anche se l'ingegneria genetica fosse in
grado di mantenere le sue promesse di alte rese e di raccolti resistenti alle
malattie per il Terzo Mondo, sembra improbabile che ciò possa portare benefici
alle popolazioni affamate in quanto essa non affronta alle radici le cause
della malnutrizione. In effetti, sostenendo che questo complesso problema sia
risolvibile con una panacea biotecnologica, i governi e le industrie cercano di
coprire le reciproche complicità che consentono di mantenere in vita quelle
strutture politiche e quelle diseguaglianze sociali responsabili
dell'insufficienza alimentare di milioni di persone.
Per ogni Euro che l'occidente stanzia
in aiuti umanitari al Terzo Mondo, 3 Euro sono pagati dagli stessi Paesi per
interessi sul loro debito. Il Rapporto sullo Sviluppo delle Nazioni Unite
del 1997 afferma che "nella sola Africa, il denaro speso per la
restituzione annua del debito potrebbe essere usato per salvare la vita di circa
21 milioni di bambini entro il 2000". All'epoca della carestia in Etiopia
del 1984, colza, lino e cotone erano coltivati sui terreni agricoli più fertili
per essere esportati come mangime per bestiame nel Regno Unito e in altri paesi
europei.
La rivoluzione biotecnologica si cala
quindi nel tragico solco della cosiddetta "Rivoluzione Verde", che ha
rovinato la vita a milioni di contadini del Sud del Mondo a solo vantaggio dei
paesi e delle aziende che importavano a poco prezzo raccolti abbondanti che i
poveri non hanno mai potuto mangiare. Nella Corea del Sud, seguendo gli
sviluppi della Rivoluzione Verde, il numero di famiglie rurali indebitate è
salito dal 76% nel 1971 al 98% nel 1985; nel Punjab, tra il 1970 e il 1980,
questi alti costi hanno portato ad una riduzione nel numero di piccole aziende
agricole di circa il 25%. In India, il problema del debito ha portato al
suicidio molti coltivatori. (1) L’impatto della "Rivoluzione Verde"
non è stato meno grave in Africa e Sud America.
Non si capisce come gli alti
investimenti sostenuti dalle multinazionali dell’agro-bio-tecnologia possano
poi trasformarsi in generosi interventi a favore delle popolazioni affamate ed
indebitate. Piuttosto, c’è il rischio che con i brevetti sulle varietà
agricole, eliminata la biodiversità naturale, questi colossi economici si
approprino direttamente delle sementi e quindi della produzione, con un
controllo sociale spaventoso, potendo decidere (vendendo o meno le sementi) chi
mangia e a quali condizioni.
Bello W., Rosenfeld S. (1990), Dragons in Distress; Asia's Miracle
Economies in Crisis, Institute for Food and Development Policy, San Francisco,
p. 86
9.
SICUREZZA ALIMENTARE
"Invece di ridurre la fame nel mondo,
è più verosimile che l'ingegneria genetica la esasperi. Gli agricoltori saranno
trascinati in un circolo vizioso, incrementando la dipendenza nei confronti di
un ristretto numero di giganti multinazionali, quali la Monsanto, per la loro
sopravvivenza. Per 25 anni Action Aid ha ascoltato i poveri agricoltori,
appoggiando i loro sforzi per mantenere una agricoltura sostenibile. Per quanto
la popolazione mondiale stia aumentando, noi sappiamo che essa è in grado di
produrre cibo a sufficienza per tutti. E' la iniqua distribuzione del cibo che
mantiene affamate milioni di persone. La verità è che le colture GM forniranno
"una via migliore" per i profitti di Monsanto, ma potrebbero essere
un enorme passo indietro per i poveri del mondo". Salil Shetty, direttore esecutivo di
Action Aid.
I dati della FAO, l’Agenzia dell’ONU
che si occupa della sicurezza alimentare, hanno mostrato che i sistemi
tradizionali di produzione, su piccola scala, sono più produttivi di quelli
"industrializzati" e su vasta scala. Secondo un censimento FAO (1),
confrontando la resa per superficie di una fattoria industrializzata
"tipo" di 14 ettari, con realtà contadine tradizionali più piccole,
risultava che:
in
Siria, una fattoria di 0,2 ettari era 1.400 volte più produttiva (della fattoria
"tipo");
in
Messico, una fattoria di 1,2 ettari era 3.000 volte più produttiva;
in
Perù, una fattoria di 2 ettari era 800 volte più produttiva; e
in
Etiopia, una fattoria di 0,4 ettari era 350 volte più produttiva.
Mentre i sistemi di agricoltura
sostenibile incoraggiano l'uso di risorse locali ed aiutano le comunità ad auto
sostenersi, le multinazionali fanno profitti imponendo ai coltivatori
l'utilizzo di sementi e prodotti chimici che esse stesse vendono, al loro
prezzo. Forse per questa ragione le industrie chimiche, ed i governi che le
spalleggiano, non sono disponibili a riconoscere le possibilità di sviluppo di
sistemi agricoli che fanno a meno della chimica e della biotecnologia, e che
sono al di fuori del loro controllo. Secondo il Prof. Jules Pretty
dell’Università di Essex (2):
la diminuzione delle rese delle
monocolture di riso ha portato circa un milione di contadini in Asia ad
iniziare pratiche di agricoltura biologica. Gli aumenti delle rese sono del
10%.
223.000 contadini del Brasile sono
passati dai fertilizzanti chimici a quelli organici (letame) e ad altre
pratiche di agricoltura biologica, raddoppiando la resa di mais e grano;
in Guatemala e Honduras, 45.000
contadini hanno rigenerato il suolo con pratiche di agricoltura sostenibile,
diversificando la produzione, e favorendo il ritorno dalle città.
Sono solo pochi esempi di quello che
potrebbe essere il futuro per i Paesi in via di Sviluppo. Ma l’industria
agro-bio-chimica ha altre mire. Il commercio e l'uso di sementi autoprodotte
sono la linfa vitale per un miliardo e mezzo di famiglie rurali di tutto il
mondo. Monsanto è ora proprietaria di un brevetto su una tecnologia chiamata
"terminator" che disabilita geneticamente il seme rendendolo incapace
di germinare: dunque, i semi sono sterili e non possono essere riutilizzati per
nuovi raccolti. Altre imprese sono proprietarie di brevetti che porterebbero ad
analoghi risultati, con conseguenze potenzialmente disastrose:
"Questa è una tecnica immorale
che deruba le comunità agricole del loro atavico diritto a produrre le proprie
sementi e del loro ruolo di produttori di nuove varietà agricole. Coltivatori e
governi dovrebbero dichiarare ovunque l'uso di questa tecnologia contraria
all'ordine pubblico e alla sicurezza nazionale. Questa è la bomba al neutrone
dell'agricoltura".
Camila
Montecinos, Centro de Educacion y Tecnologia, Chile (3).
FAO, 1980. World Census on Agriculture.
Jules Pretty, (1998) "Feeding the
world with sustenaible farming or GMOs?" The Genetics ForumVol.4 /6:4-5
RAFI,
comunicato. http://www.rafi.org/communique/fltxt/19982.htlm