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Valutazione della qualità delle risorse idriche sotterranee nelle aree costiere: la piana Turritana

Evaluation of underground water resources quality in coastal areas: the Turritana Plain

GIANLUCA CHESSA* - DOMENICO LOSTRANGIO
 

 

 


SUMMARY
The object of the work is constituted by coastal areas and associated environmental matters, such as over-exploitation of the layer, temporal variations of it, various forms of pollution, and mainly phenomena like upcoming or saine intrusion. The present research work, dealing with the characterisation of coastal aquifers in the Turritana Plain, in the Northwest of Sardinia, aims to provide a clear and detailed framework on the health of the aquifers and the related underground hydro resource. One of the objectives has been to evaluate – through a salinity mapping – the intrusion of sea waters into the coastal aquifers, i.e. the ratios or interferences between sea water and freshwater. In summary, an accurate site analysis has been developed, through measurements and analysis of water samples, either on the field or at the laboratory, over a vast range of chemical and physical parameters (which will be exhaustively dealt with later). Conclusively, it has been sought to highlight the elaboration and interpretation of the obtained results, which have been correlated in order to provide answers over the environment under study.


Keywords: coastal aquifers, environmental matters, groundwater hydrology, protection vode .

 

1. PROBLEMATICHE DELLE AREE COSTIERE
Le parti più superficiali dei terreni delle aree costiere sono caratterizzate da sedimenti originati dal trasporto di materiali da parte dei corsi d'acqua e dal deposito per sedimentazione conseguente alle ingressioni marine; tali strati superficiali presentano spesso potenze anche di qualche centinaia di metri. Nell'entroterra si può riscontrare una netta predominanza dei sedimenti di origine continentale, mentre quelli di origine marina o le rocce di origine evaporitica sono più potenti man mano che si procede verso la costa, in prossimità del mare. In generale questi depositi si ritrovano in alternanze originatesi in ere geologiche successive con la deposizione di sedimenti continentali e marini, in tempi che possono andare dal Mesozoico al Pleistocene. La relazione tra il grado di litificazione e l'età dei depositi non è biunivoca, potendosi ritrovare per esempio sedimenti del quaternario ben consolidati e invece del terziario non consolidati. Dalla geologia si può intuire come tali aree sono particolarmente fertili e quindi vanno a formare degli ambienti ottimali per l’attività agricola. Le caratteristiche peculiari delle piane costiere, con riferimento agli aspetti di cui si tratta, traggono origine essenzialmente dalla relazione tra gli acquiferi che possono insistervi e l'acqua del mare, con cui questi acquiferi sono normalmente in contatto. Questo contatto è in stretta dipendenza con le variazioni della superficie freatica, e può risolversi in favore ora dell'uno ora dell'altro, a seconda di eventuali aumenti o diminuzioni del bilancio idrico, con variazioni o anche inversioni del gradiente idraulico. In periodi non siccitosi il gradiente idraulico fa si che si generi un flusso d'acqua dolce dagli acquiferi verso il mare. Nelle piane costiere dunque, al di sotto della superficie, esiste una zona in cui l'acqua dolce degli acquiferi è in contatto con l'acqua salata del mare e, dal momento che è passibile di spostamenti, essa può essere definita in equilibrio dinamico.
Oltre alle condizioni naturali, un altro fattore che gioca un ruolo fondamentale per il processo di alterazione di questo equilibrio è l’intervento di origine antropica che, così come succede oramai in quasi tutte le piane costiere, può rappresentare il fattore predominante. I processi di urbanizzazione, dunque, causano frequentemente variazioni del livello delle falde, in particolare come risultato del decremento di ricarica rispetto all'incremento di emungimento. D'altro canto, i rapporti di causa-effetto tra fenomeni di modificazione delle caratteristiche delle piane costiere da un lato, ed attività umane dall'altro, spesso si invertono. E' storicamente noto, ad esempio, come le variazioni naturali del clima abbiano avuto un ruolo importante nella determinazione dei luoghi di sviluppo delle civiltà, e in tal senso furono indubbiamente significative ed importanti le modificazioni delle piane alluvionali e costiere. I dati che si hanno al giorno d’oggi, a questo proposito, non sono del tutto confortanti: la temperatura media del pianeta è sensibilmente aumentata, e il conseguente scioglimento dei ghiacciai causa a sua volta un innalzamento del livello della superficie marina che a lungo andare potrebbe avere ripercussioni drastiche soprattutto per ciò che riguarda la vita nelle aree costiere.
Oltre 2000 scienziati appartenenti all’IPCC, organismo tecnico delle Nazioni Unite, hanno studiato il mutamento climatico, riassumendo le attuali evidenze nel modo seguente:


- oltre 0.6 °C di variazione nell'ultimo secolo;
- scioglimento dei ghiacci e arretramento dei ghiacciai permanenti nel mondo (già in corso);
- scioglimento del permafrost nell'Artico;
- aumento del livello dei mari di oltre 25 cm nell'ultimo secolo.



C’è inoltre da aggiungere che l'80% delle spiagge nel mondo stanno subendo un processo di erosione, spesso alla velocità di molti metri per anno. L'altezza delle onde nel Nord Atlantico è aumentata del 50% negli ultimi 30 anni.



Problemi correlati allo sfruttamento delle falde ed alle condizioni climatiche

La piovosità e la portata dei corsi d’acqua sono fattori cui le variazioni del livello di falda sono strettamente legate. Altre tipiche influenze sono attribuibili alle condizioni climatiche generali ed alle maree, all’urbanizzazione, ai terremoti, ed ai carichi esterni (ad esempio costruzioni civili, infrastrutture stradali o idrauliche).
L’alternarsi di serie di anni siccitosi e piovosi, durante i quali le piogge siano sotto o sopra il valore medio annuo, produrrà fluttuazioni di lungo periodo del livello. Le variazioni stagionali sono principalmente dovute sia alle condizioni climatiche sia allo sfruttamento delle falde acquifere per usi stagionali, come per esempio in agricoltura. In genere, infatti, i livelli maggiori si riscontrano alla fine della stagione invernale mentre quelli minori alla fine della stagione estiva, che in genere coincide con la maggiore necessità d'acqua. L’ampiezza della variazione del livello dipende, in questo caso, dallo sfruttamento dell’acquifero, e dal tipo di acquifero; gli acquiferi confinati in genere mostrano variazioni più consistenti rispetto agli acquiferi non confinati. Infine le variazioni temporali di breve termine sono associate principalmente allo sfruttamento degli acquiferi per usi potabili ed industriali, con variazioni diurne dovute all’utilizzo dell’acquifero per usi potabili, e settimanali per quelle di tipo industriale.

L’inquinamento delle falde acquifere può rappresentare un grave pericolo per la salute pubblica, la qualità delle acque sotterranee può essere modificata da un elevato numero di sorgenti e cause, anche concomitanti, le quali possono essere raggruppate in quattro principali categorie:


- uso potabile e civile in genere;
- uso industriale;
- uso agricolo e uso misto;
- discariche di rifiuti solidi di origine urbana e/o industriale.


L'inquinamento di origine civile è quello derivante dallo scarico dei liquami di fogna, che contengono elevate quantità di sostanze organiche e di saponi. Queste sostanze si riversano generalmente nei corsi d'acqua superficiali, ma spesso si infiltrano nel sottosuolo, raggiungendo le falde acquifere.
L'inquinamento industriale è da imputare allo scarico nel terreno o nei fiumi e nel mare, di acque contenenti sostanze tossiche e non biodegradabili, provenienti dalle lavorazioni dell'industria. Sono ad esempio sostanze tossiche i cianuri delle industrie produttrici di antiparassitari, i disinfestanti, il cromo residuo di industrie di cromatura o di conceria, il cadmio delle industrie per la costruzione di pile. Sono molte le sostanze di rifiuto delle industrie che possono avere azione tossica, ed è quindi indispensabile un'adeguata opera di prevenzione.
L'inquinamento di origine agricola e zootecnica viene provocato dall'immissione nei corsi d'acqua e nel terreno di fertilizzanti chimici (ricchi di fosfati e nitrati), pesticidi (insetticidi e diserbanti) e liquami delle stalle. I pesticidi sono le sostanze più pericolose perché, essendo poco biodegradabili, si depositano e si concentrano nei corsi d'acqua e distruggono tutte le forme di vita.
Il fenomeno della salinazione è forse il più comune tra i fenomeni di inquinamento delle falde acquifere dolci, e si verifica laddove le acque salmastre prendono il posto di quelle dolci o si miscelano con esse, e può riguardare acquiferi profondi che sono venuti in contatto con acque salate o con depositi salini aventi origine in ere geologiche passate, oppure può interessare acquiferi costieri, superficiali e non, per effetto dell’infiltrazione dell’acqua salata del mare.
In particolare, il meccanismo dell’intrusione salina può essere ricondotto a tre categorie principali:


- riduzione o inversione del gradiente idraulico, che fa si che l’acqua salata prenda il posto di quella dolce, questa situazione è tipica degli acquiferi costieri in continuità idraulica con il mare, quando per esempio con l'emungimento incontrollato attraverso pozzi viene alterato l’equilibrio idrodinamico tra i rispettivi carichi idrostatici (fenomeno dell’upconing);

- distruzione di barriere naturali che separano le acque dolci da quelle salate, un esempio tipico è quello della costruzione di canali di irrigazione che, permettendo l’avanzamento del mare verso l’interno, mettono in contatto le acque salate con quelle dolci;

- aree in prossimità delle quali vi sono depositi di sale come le saline, che con le acque derivanti dalle precipitazioni trasmettono importanti quantità di sale alle aree più prossime.


Oltre all’intrusione salina altri fenomeni che causano l’alterazione dell’equilibrio dinamico dei litorali e delle aree a ridosso del mare sono:


- l’arretramento delle spiagge e dei cordoni dunali, dovuto alla diminuzioni degli apporti solidi fluviali (dighe, sistemazioni montane, attività estrattive di inerti dal fiume), alla realizzazione di opere portuali (modifiche del trasporto litoraneo) ed alle opere di difesa litoranea (sensibili erosioni nei tratti limitrofi alla zona di intervento);

- demolizione del sistema di dune litoranee, dovuta alla spianatura o sfondatura dei cordoni, per la realizzazione a scopi urbanistici di strade, piazzali o manufatti, di notevole importanza è anche il prelievo di sabbie a scopi edilizi.




2. LE AREE COSTIERE IN SARDEGNA

Le problematiche ambientali delle aree costiere precedentemente descritte trovano un riscontro abbastanza fedele nelle piane alluvionali della Sardegna, ma taluni fenomeni possono essere estesi all’isola intera. Senza entrare nel dettaglio si possono citare la desertificazione, cioè quel fenomeno di impoverimento e perdita di fertilità a cui vanno incontro terreni ed ecosistemi fragili a causa dei cambiamenti climatici ed alle attività umane, e la siccità.
Uno dei problemi di maggiore attualità in molte aree della Sardegna è la salinizzazione delle acque sotterranee e dei suoli. Le risorse idriche sotterranee, ed in particolare quelle di falda hanno sempre presentato per l’isola una fonte di tipo secondario, legata prevalentemente al soddisfacimento di qualche schema acquedottistico idropotabile. Nell’ambito irriguo, queste risorse costituiscono l’approvvigionamento delle aree non dotate di irrigazione, mentre in quelle servite rappresentano la fonte per l’irrigazione in condizioni di emergenza. In tutte le zone alluvionali dell’isola è presente una fitta rete di pozzi della quasi totalità dei quali è sconosciuta anche la sola profondità.
Diversi studi per le varie zone dell’isola sono stati condotti da enti competenti e team di professionisti, con livelli di dettaglio assai variabili, al fine di individuare gli acquiferi costieri interessati da questo fenomeno e descriverne il loro stato oltre a cercare di definirne le cause. In termini generali si può ricondurre l’innesco dei fenomeni di salinizzazione a diversi fattori, naturali ed antropici:

- un sempre più marcato deficit idrologico responsabile della riduzione dei deflussi superficiali;
- l’intercettazione degli stessi deflussi nelle grandi opere di ritenuta;
- la bonifica dei territori che determina un più rapido allontanamento del deflusso superficiale e quindi una riduzione delle possibilità di infiltrazione nelle parti vallive dei corsi d’acqua;
- un sempre più rilevante emungimento di risorsa, spesso incontrollato;
- incontrollate rimozioni di depositi di sabbia lungo la costa.



La Piana Turritana
La area in esame, caratterizzata da una superficie totale di poco più di 100 Km2, ricade per la maggior parte in agro del Comune di Sorso e solo per una piccolissima frazione nel comune di Sassari, parte nord-occidentale della Sardegna e più precisamente la zona in corrispondenza dell’estremità orientale della provincia di Sassari, nella nuova carta topografica I.G.M. in scala 1:25000, è compresa per la maggior parte nel foglio 441 sez. “Marina di Sorso”, ma alcune zone ricadono all’interno dei fogli 441 sez. “Porto Torres”, 459 sez. “Sassari”, e 459 sez. “La Crucca”.

 

 

La Piana Turritana, che rappresenta il più vicino e naturale sbocco a mare della città e dell’agro di Sassari, si sviluppa per circa 20 Km di lunghezza parallelamente alla linea di costa attuale, con una larghezza verso l’entroterra pari a circa 4-5 Km; è compresa tra il promontorio di Abbacurrente e Punta Tramontana, all’interno del Golfo dell’Asinara.
Fino a poco tempo fa la piana era principalmente utilizzata per le fiorenti attività agricole lungo la costa e nelle principali incisioni fluviali, ma negli ultimi si è verificato un forte incremento dell’urbanizzazione, anche grazie all’enorme arenile che offre grandi possibilità dal punto di vista turistico. Diversi insediamenti e luoghi di ritrovo con relative infrastrutture urbanistiche sono state costruite lungo la strada litoranea, specialmente nella parte orientale, oltre il Rio Silis, che è il principale corso d’acqua. Nonostante lo sviluppo urbano, l’ambiente naturale non è stato compromesso in maniera sensibile, forse grazie alla vicinanza di più famose e meglio organizzate località turistiche.
Stando a dati istat risalenti al 2003, la popolazione locale si aggira invece attorno ai 13000 abitanti. Il rapporto tra la popolazione residente nel centro urbano e quella residente in agro o nella fascia costiera è di circa 8:1.

INQUADRAMENTO GEOLOGICO, IDROGEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO
L’area in studio consiste in un terreno stretto e pianeggiante che forma una lunga striscia parallela alla linea di costa, che è delimitata verso est e verso sud da una serie di deboli rilievi terrazzati che non superano mai i 400 m.s.l.m.
La strutturazione del territorio inizia nell’Età Neolitica. In buona parte del territorio, come si può notare osservando la carta (la legenda viene riportata in seguito insieme alla medesima carta digitalizzata) si riscontra una sequenza trasgressiva discontinua risalente a quel periodo, formata da conglomerati, sabbie e calcari bioclastici del Burdigaliano superiore.
Al di sopra dei calcari giace una formazione marnoso-calcarea, che si è sedimentata in concomitanza con l’approfondimento del mare Miocenico, costituita da una potente sequenza di alternanze di marne giallognole e sottili livelli argillosi riferibili probabilmente al Serravalliano, e di calcari marnosi a componente bioclastica.
Le aree riguardanti le pianure vicino alla costa sono occupate da depositi del Quaternario, principalmente composti da sabbie eoliche. È visibile un’ampia zona depressa, nella cui parte occidentale è situato lo stagno di Platamona, occupata da un’enorme distesa di sabbie rimaneggiate e sottoposte ad intensa attività agricola, specie nell’agro di Sorso. Le sabbie sono di composizione essenzialmente quarzoso-feldspatica con ortoclasio prevalente.

Viene ora riportata la carta geologica in scala 1/50000 digitalizzata con il software Mapinfo:

 

 

Indagini effettuate in passato sulla dinamica litorale, grazie all’utilizzo di metodologie granulometriche, hanno messo un luce un generale arretramento della linea di costa in atto da tempo, fenomeno abbastanza diffuso anche in altre aree della Sardegna. In questa zona, questa situazione può essere spiegata dal limitato apporto dei corsi d’acqua insieme al regime dei venti dominanti nord-occidentali, che tendono a trasportare verso l’entroterra le sabbie del cordone litorale.

A causa delle sue caratteristiche geomorfologiche, la Piana Turritana è caratterizzata da una rete idrografica mediocremente sviluppata, che da origine a modesti corsi d’acqua, con poche eccezioni come ad esempio il Rio Silis, il quale, avendo un bacino idrografico di 120 Km2 , ha un flusso conserva sempre una pur minima quantità d’acqua anche nei periodi secchi dell’anno. Sono degni di nota anche altri fiumi come il Rio Pedras de Fogu, il Rio Padrongianu e il Rio Buddi che alimenta lo stagno di Platamona. Il regime torrentizio di questi fiumi, caratterizzati da bacini idrografici di modeste dimensioni, da luogo a modesti apporti idrici che cessano con la stagione secca.
In generale la rete idrografica tende gradualmente ad estinguersi man mano che ci si avvicina al litorale sabbioso, quando i corsi d’acqua che arrivano dall’interno non hanno abbastanza energia per creare in un simile mezzo poroso un run-off permanente verso il mare, ma scorrendo sulla copertura eolica dell’Olocene, vanno ad alimentare la falda idrica sotterranea.
In tale area risultano circolazioni idriche differenti:

- un primo acquifero freatico, molto produttivo, situato fondamentalmente nella zona centrale della piana, in corrispondenza delle eolianiti, che si estende dalla costa fino ad arrivare agli orizzonti marnosi del Miocene;
- un secondo acquifero, multistrato in pressione presente nei livelli arenacei e carbonatici abbastanza permeabili individuati all’interno degli orizzonti marnosi, non molto rilevante e in passato ha quasi sempre presentato una forte contaminazione salina dovuta alle marne, situato nella parte interna dell’area esaminata ove il limite della piana si raccorda coi pendii che si ergono allontanandosi dal mare.


La morfologia del territorio è caratterizzata quasi interamente da superfici insistenti sulle formazioni mioceniche debolmente inclinate verso NW erose da un sistema drenante di tipo cataclinale, ossia i corsi d’acqua hanno la stessa pendenza degli strati geologici. Questo si verifica soprattutto lungo il settore sud-occidentale, dove la superficie si sviluppa con continuità con un profilo morbido. Verso l’interno di tale settore, la debole pendenza della superficie coincide con quella delle marne mioceniche che ne rappresentano il pavimento.
Nell’entroterra, il limite della piana è caratterizzato da forme del paesaggio che derivano da motivi strutturali, facilmente individuabili sulle carte geologiche della zona. Nei pressi dell’abitato di Sorso, infatti, zona in cui si riscontrano le quote maggiori, si nota un’improvvisa rottura di pendio, in coincidenza con il passaggio dalle marne ai calcari.
La zona nord-orientale si distingue per una maggiore dispersione delle incisioni che non seguono più un andamento cataclinale, ad eccezione del Rio Silis. Molte di queste irregolarità sono dovute alla presenza di faglie o fratture che infatti coincidono con le incisioni stesse.
In alcuni punti emergono bruscamente dei rilievi isolati che rompono l’uniformità della superficie: sia Monte Cau, presso Sorso, che le colline di Tres Montes, in località Marritza, sono interpretabili come rilievi relitti della vecchia superficie dovuta all’erosione.
Al di là del limite orientale della piana, oltre l’incisione del Rio Pedras de Fogu, si ha un paesaggio con versanti molto acclivi ed irregolari.



4. FASE SPERIMENTALE

La fase sperimentale è stata svolta nel periodo compreso tra gennaio e giugno 2006, è si è articolata secondo le seguenti fasi operative:


- raccolta di materiale cartografico e informazioni sull’area in esame;
- raccolta dati in campagna e misurazioni speditive in situ (effettuate in periodi dell’anno diversi);
- catalogazione ed elaborazioni grafiche della totalità dei dati raccolti e prime considerazioni;
- scelta dei campioni di interesse, sulla base di diversi criteri che verranno illustrati in seguito;
- prelievo dei campioni d’acqua e analisi di laboratorio;
interpretazione dei risultati;
- giudizio finale sulla “salute” dell’acquifero, e catalogazione delle acque in base al d-lgs 152/99.



Censimento dei pozzi e misurazioni speditive
Il primo passo è stato quello dell’identificazione dell’area in esame, ovvero una buona parte della Piana Turritana, identificata nel caso specifico in quella porzione di area litoranea che si estende dal promontorio di Abbacurrente, nei pressi di Platamona, fino a Punta Tramontana, in direzione Castelsardo.
Come base topografica è stata utilizzata la cartografia I.G.M. in scala 1/25000, nella quale sono stati collocati con esattezza i pozzi esaminati. Questa scala ha consentito infatti un’elevata precisione nel posizionamento dei punti in base alle coordinate rilevate in situ tramite GPS.
È stato effettuato un campionamento estemporaneo, cioè una sola volta per punto d’acqua in tempi diversi. Il primo obiettivo è stato quello di raccogliere un campione abbastanza numeroso di pozzi idrici distribuiti in tutta l’area, al fine di avere una discreta mole di dati da utilizzare come base di partenza per i lavori successivi.
La prima sessione di escursioni in campagna si è svolta tra il 18 febbraio e il 3 marzo 2006, e ha consentito l’individuazione, l’analisi e la catalogazione di 80 pozzi a campione.
La scelta dei pozzi non è stata eseguita secondo particolari criteri; semplicemente si è badato alla quantità e all’attendibilità del dato, nel senso che per la maggior parte dei casi si è preferito censire pozzi che fossero totalmente o parzialmente in utilizzo in quel periodo, anche se in alcuni occasioni sono stati rilevati dati anche di pozzi abbandonati e in disuso, utili comunque per ottenere informazioni relative ai livelli di falda.
La strumentazione di campagna è consistita in:

• un GPS per determinare le coordinate dei pozzi e ubicarli sulla carta con la massima precisione possibile;
• un freatimetro, cioè una rolletta metrica dotata di un sondino piezoelettrico all’estremità, per determinare la profondità della superficie piezometrica;
• un campionatore in plastica per raccogliere il campione d’acqua qualora non fosse in funzione la pompa;
• un pH-metro da campagna per eseguire misurazioni speditive di pH, conducibilità e temperatura; tale strumento ha necessitato di taratura giornaliera mediante soluzioni a pH pari a 7.00 e a pH pari a 4.00, e a conducibilità pari a 12.88 mS/cm a 18°C;
• un metro per rilevare i dati geometrici del pozzo (diametro e altezza boccapozzo);
• recipienti nei quali effettuare le misurazioni e buona scorta di acqua deionizzata per un buon utilizzo del pH-metro;
• quaderno di campagna dove annotare tutti i dati presi ed eventuali informazioni aggiuntive ottenute dai proprietari dei pozzi.


Per ogni pozzo è stata redatta la relativa scheda prestampata, comprendente dei campi relativi a tutte le informazioni raccolte con gli strumenti elencati in precedenza.
Come detto prima, sono stati inventariati 80 pozzi, di cui 53 scavati e 27 trivellati.
A ciascuno di essi è stato assegnato un numero identificativo (ID), mantenuto uguale anche durante le successive analisi di laboratorio.

Elaborazioni grafiche
I dati ottenuti hanno permesso di elaborare una serie di carte grafiche atte a ricostruire l’andamento delle linee di uguale quota piezometrica (isopiezometriche) e quelle di uguale valore di conducibilità (isoconduttive). Da queste è stato possibile riconoscere e suddividere l’andamento dell’acquifero superficiale da quello profondo e confinato, anche grazie alla carta geologica, ed identificare ed analizzare localmente eventuali anomalie.
L’andamento delle isopiezometriche e delle isoconduttive è stato ricostruito mediante l’utilizzo del software Surfer 8.
In questo modo si è potuto vedere quali fossero le zone con maggiore concentrazione salina.
Le quote topografiche dei pozzi esaminati sono state ricavate dalla Carta Tecnica Regionale in scala 1/10000.
Gli stessi procedimenti, le stesse considerazioni e le stesse elaborazioni grafiche sono state svolte anche per i dati raccolti nel mese di maggio. In questo caso tali dati sono stati utili per vedere eventuali differenze, soprattutto del livello di falda, in periodi dell’anno con condizioni climatiche abbastanza diverse. Tali differenze sono state effettivamente riscontrate, con un generale abbassamento di qualche metro della superficie piezometrica un po’ in tutta la piana, a seconda del diverso utilizzo di ciascun pozzo. Tuttavia, come mostra il grafico seguente, si possono notare casi in cui non si hanno differenze sostanziali nel livello di falda a distanza di 3 mesi, e anche casi isolati in cui il livello a maggio si è rivelato superiore di quello misurato a febbraio:

 

Differenza di quota piezometrica tra i livelli rilevati a febbraio e quelli rilevati a maggio (si ricorda che nel mese di maggio non sono stati analizzati tutti gli 80 pozzi, dunque le differenze sono relative solo ai pozzi esaminati in entrambi i periodi)


Il caso del pozzo 13 rappresenta senza dubbio una anomalia rispetto alle variazioni medie riscontrate negli altri pozzi della piana. La spiegazione di ciò non va ricercata in un ambito idrogeologico o geologico-strutturale; semplicemente deve essere analizzata localmente, e una spiegazione di questa brusca variazione in aumento del livello di falda potrebbe ad esempio essere dovuta ad uno svuotamento del pozzo effettuato dal proprietario nei giorni immediatamente precedenti la misurazione di Febbraio. Una brusca variazione si è riscontrata anche nel pozzo 58, questa volta con una netta diminuzione del livello a Maggio rispetto all’inverno. Questa situazione è spiegata dal forte emungimento in atto nel pozzo al momento della seconda misura. Per tutti gli altri pozzi il grafico mostra una situazione abbastanza chiara.
Si riportano le carte delle isopiezometriche e delle isoconduttive relative ai dati ottenuti nel mese di febbraio, dal momento che questi sono assai più numerosi di quelli ottenuti a maggio:

ISOPIEZOMETRICHE FEBBRAIO 2006
isopiezometriche (m.s.l.m.)

 

 



ISOCONDUTTIVE FEBBRAIO 2006
isoconduttive (mS/cm)
 

 



Appare subito evidente l’andamento poco armonico delle curve, con brusche variazioni anche a distanze ridotte, dovute al fatto che si sono considerati insieme acquiferi differenti. Non bisogna poi dimenticare le caratteristiche morfologiche (presenza ad esempio di un alto strutturale) o anomalie puntuali.
Successivamente sono quindi state fatte le opportune considerazioni che hanno portato alla suddivisione degli acquiferi.
In particolare sono state considerate a parte tutte le perforazioni che hanno insistito nella zona coperta da formazioni marnose, ma anche i pozzi trivellati in profondità nella parte marginale delle eolianiti, dato il modesto spessore di queste ultime riscontrabile nelle sezioni geologiche, sono stati attribuiti all’acquifero profondo. A questo punto si è proceduto alla realizzazione delle medesime carte suddivise tra dati appartenenti all’acquifero superficiale e dati appartenenti all’acquifero profondo. Dopo tale separazione si è giustamente riscontrato un andamento più dolce e uniforme soprattutto per quanto riguarda le linee isopiezometriche .

 

SOPIEZOMETRICHE 02/06 ACQUIFERO SUPERFICIALE
isopiezometriche (m.s.l.m.)

 

 




ISOPIEZOMETRICHE 02/06 ACQUIFERO PROFONDO
isopiezometriche (m.s.l.m.)

 

 



ISOCONDUTTIVE 02/06 ACQUIFERO SUPERFICIALE
isoconduttive (mS/cm)

 

 



ISOCONDUTTIVE 02/06 ACQUIFERO PROFONDO
isoconduttive (mS/cm)

 

 


La stessa procedura è stata seguita per i dati ottenuti dalla campagna di misurazioni effettuata nel maggio 2006.

Se dalla cartografia si va a vedere l’andamento elle isoipse, si nota come le isopiezometriche ne seguano l’andamento in maniera quasi fedele, dimostrando dunque un forte legame con la morfologia della zona.
Per ciò che riguarda la conducibilità, si nota che sono presenti zone ad altra concentrazione salina al centro della piana, ma in linea generale tali valori tendono ad aumentare man mano che ci si avvicina alla linea di costa.
Tutte queste carte, comprese le schede relative ai dati di pozzo, dopo la loro elaborazione sono state importate nel software ArcView 3.2, nel quale sono state correlate alla geologia dell’area, e grazie al quale sono stati creati i lay-out in precedenza illustrati.

Prelievo e prime misure in situ

Dopo aver visualizzato attentamente la situazione della piana, emersa da questa prima fase di considerazioni ed elaborazioni, il passo successivo è stato quello di procedere alla scelta di un certo numero di campioni rappresentativi di tutta l’area in studio, sui quali eseguire, dopo il prelievo, tutta una serie di analisi di laboratorio che riguardano la caratterizzazione dei parametri chimici delle acque in questione.
Sono stati selezionati 14 campioni uniformemente spaziati in tutta l’area. Per un maggiore livello di dettaglio sarebbe stato opportuno scegliere un numero maggiore di campioni rappresentativi, ma per esigenze di tempo ciò non è stato possibile. Si è comunque ritenuto che, a prescindere dalla quantità, i campioni prescelti diano una rappresentazione globale dell’andamento delle acque di falda e delle loro caratteristiche chimiche abbastanza esauriente.
Data la maggior quantità di pozzi scavati a bassa profondità, sono stati scelti 9 pozzi insistenti sull’acquifero superficiale, e 5 pozzi che emungono dall’acquifero profondo.
Oltre alla distribuzione spaziale, i criteri adottati per questa scelta si sono basati sull’attendibilità delle misurazioni effettuate, sulla significatività del dato relativa all’utilizzo del pozzo e sulla reperibilità del pozzo stesso per il successivo prelievo.
Tutti gli strumenti utilizzati in fase di analisi, sia quelle in situ che quelle in laboratorio, hanno necessitato di apposita taratura.

Si riporta di seguito la visualizzazione grafica su base geologica della spaziatura dei pozzi prescelti:

 

 


I prelievi sono stati effettuati nelle giornate del 29 e 30 Maggio 2006.

O2, potenziale Red-Ox e pH
Per ciascun pozzo è stato raccolto un campione di 500 ml all’interno di contenitori in vetro, sul quale sono state effettuate le analisi riguardanti l’O2 disciolto, il potenziale Red-Ox e la valutazione del pH.
Queste prime analisi sono state eseguite direttamente in situ, per evitare che durante il tempo di tragitto non si alterassero i valori. Ci si è dotati di strumentazione portatile consistente in misuratori ad elettrodi, che hanno permesso di ottenere il riscontro numerico del parametro di interesse in poco tempo.
La tabella seguente mostra i dati ottenuti:

 

 

Già da questi primi valori si può notare come si presentino alcuni valori che descrivono delle situazioni non ottimali delle acque in questione; si riscontrano infatti in alcuni campioni valori molto bassi della concentrazione di ossigeno disciolto, indice di estrema anossia della risorsa idrica.
La misura del pH, invece, ha messo in luce come era prevedibile valori ampiamente nella norma. Si ricorda infatti che valori normali di pH, in particolare per le acque destinate ad uso irriguo, sono quelli che rientrano in un range compreso tra 5,5 e 8,5 (ottimali sono da considerarsi i valori compresi tra 6,5 e 7,5). Valori differenti fanno sospettare una qualche caratteristica anomala che deve essere individuata. L’utilizzo di acque con pH inferiore a 4,5 è senz’altro da evitare, non solo per il suo effetto acidificante e potenzialmente tossico per le colture, ma anche per il fatto che a tale valore di pH aumenta la disponibilità di assorbimento dei metalli pesanti.
Ovviamente questi primi dati andranno correlati e intrecciati con i valori degli altri parametri che verranno illustrati, per avere una descrizione completa dello stato delle acque.

Azoto ammoniacale N-NH3
Un’altra importante analisi eseguita in situ immediatamente dopo il prelievo, data l’estrema sensibilità della misurazione alle variazioni temporali, è la valutazione della concentrazione di azoto ammoniacale N-NH3, misurata in mg/l N.
La presenza di ammoniaca in un’acqua è indizio di un inquinamento recente. Per dare un’illustrazione sintetica del ciclo dell’azoto, l’ammoniaca delle sostanze proteiche in un ambiente ossidante e in presenza delle idonee specie microbiche si trasformerà prima in acido nitroso e quindi nel definitivo e stabile acido nitrico, che può essere assimilato dagli organismi vegetali, chiudendo il ciclo. Questa trasformazione può avvenire sia nelle acque superficiali che nel terreno.
In natura c’è comunque la possibilità della presenza di ammoniaca in acque che, nonostante ciò, possono e debbono essere ritenute potabili.
Tuttavia, la presenza di ammoniaca e di acido nitroso, anche se in piccole quantità, deve essere ritenuta indice di inquinamento da sostanze organiche in putrefazione, ad eccezione del caso in cui si ha presenza di ammoniaca in acque provenienti da terreni marnosi
La misurazione di tale parametro consiste in sostanza nell’eseguire, tramite opportuno strumento, un’analisi colorimetrica della soluzione ottenuta facendo reagire per circa 10 minuti il campione con 2 diverse pastiglie di Ammonia (n°1 e n°2 nell’ordine). Questa reazione causerà un cambiamento di colore del campione, e l’intensità cromatica sarà tanto maggiore quanto più elevata è la concentrazione di ammoniaca. In base a tale intensità cromatica, lo strumento da in risposta il valore numerico desiderato.
Prima di eseguire ciascuna misurazione bisogna assegnare allo strumento il valore zero, tramite un campione di 10 ml di acqua deionizzata (in alternativa si possono utilizzare 10 ml di acqua del campione stesso).

I valori ottenuti sono i seguenti:

 

ID POZZO

N-NH3
(mg/l N)

9
13
18
19
21
22
33
44
47
56
58
63
70
78

0,07

0,46

0,08

0,19

0,20

0,13

0,16

0,28

0,29

0,61

0,10

1,70

1,50

0,05

 


Si nota in linea generale un riscontro di concentrazione di ammoniaca con valori medio-alti un pò in tutta la piana, indice questo di una situazione diffusa in maniera omogenea; i picchi più alti, valori peraltro molto critici, si riscontrano nei pozzi 63 e 70, i quali si trovano a poche centinaia di metri di distanza in linea d’aria l’uno dall’altro, dove sono presenti formazioni marnose. Questo fa capire qual è la zona peggiore dal punto di vista della presenza di ammoniaca.

Analisi di laboratorio

Sempre in fase di prelievo, sono stati raccolti altri 1000 ml di campione all’interno di contenitori di plastica, e su tale campioni sono state effettuate tutta una serie di altre analisi di laboratorio che verranno di seguito illustrate.
Data la vicinanza tra luoghi di prelievo e laboratorio sede di analisi, la misurazione dei seguenti parametri non ha necessitato di alcuna stabilizzazione.
Le analisi eseguite sono:

 

o conducibilità;
o conducibilità diluita;
o valutazione dei bicarbonati;
o assorbimento atomico (per il calcolo dei cationi);
o cromatografia (per il calcolo degli anioni);
o residuo fisso.


Prime di procedere a tutte queste analisi, è stata eseguita una macrofiltrazione dei campioni prelevati, al fine di trattenere le eventuali particelle grossolane. Sono stati utilizzati filtri S&S 5893 Blue ribbon (ɸ 185 mm). Per l’analisi al cromatografo, a differenza delle altre, sono stati utilizzati flaconcini di campione sui quali è stata eseguita una ulteriore microfiltrazione che permettesse di abbattere più possibile la carica batterica.

Conducibilità e conducibilità diluita
La conducibilità elettrica fornisce una misura della concentrazione delle specie ioniche presenti in soluzione. Questo parametro è funzione diretta della temperatura e dovrebbe di norma essere riferito ad una temperatura standard di 20 o 25°C. I moderni conduttimetri portatili sono dotati di software più o meno sofisticati che correggono automaticamente la temperatura di misura, riportando la conducibilità misurata a 20 o 25 °C.
Come mostra la tabella qui sotto, la conducibilità consente di classificare le acque in minerali, medio-minerali, oligominerali e minimamente mineralizzate (queste ultime sono indice di acque con mineralizzazione estremamente bassa):

 

Conducibilità

(mS/cm)

< 66

≥ 66 < 260

≥ 260 <1320

≥ 1320

Definizione

delle acque

minimamente

mineralizzate

oligo-

minerali

medio-

minerali

minerali

 

Ecco riportati in tabella i valori di conducibilità e di conducibilità diluita ottenuti:

 

 


La misura della conducibilità diluita è stata effettuata all’interno di recipienti da 50 ml, con 5 ml del campione d’acqua da analizzare, è stata dunque eseguita una diluizione x10. Come era prevedibile, i valori ottenuti in laboratorio hanno mostrato evidenti differenze da quelli misurati in campagna tramite strumentazione portatile

Bicarbonati
Nelle acque con un pH inferiore a 8,2, i carbonati e gli idrossidi sono pressoché assenti. L’alcalinità eventualmente presente è in genere dovuta alla presenza di bicarbonati ( HCO3- ). La valutazione quantitativa dei bicarbonati è stata effettuata tramite microprocessore su soluzioni diluite con 25 ml di campione.
Insieme ai cloruri, che verranno illustrati dopo, gli ioni HCO3- sono quelli maggiormente rilevanti tra gli anioni, sia in mg/l che in meq/l.
L’unità meq/l (milliequivalenti per litro) è utilizzata per avere dei valori degli ioni tra loro confrontabili, quindi per poter eseguire un bilancio ionico.
Ricordando la definizione di peso equivalente (p.e.), cioè quel numero che indica quanti grammi dell’elemento possono combinarsi con un grammoatomo di idrogeno o sostituirlo nelle trasformazioni chimiche, si ha che:

p.e. = P.A. / valenza

da cui:

meq/l = (mg/l) / p.e.


Strumentalmente, sono stati ottenuti i valori espressi in ml e in mg/l:

 

 



Assorbimento atomico
In base ai valori della conducibilità e del contenuto in bicarbonati, sono state preparate le diluizioni per poter eseguire l’analisi dell’assorbimento atomico per il calcolo dei cationi. Lo strumento utilizzato è lo spettrofotometro, e sono state impiegate le tecniche a fiamma e ad emissione.
I cationi quantificati mediante questa analisi sono lo ione Ca2+, Mg2+, Na+ e K+.
Le diluizioni, di cui bisogna tener conto in fase di calcolo, si sono rese necessarie dal momento che, per ciascun elemento, lo strumento ha un determinato range di lettura con valori bassi di concentrazione espressi in p.p.m.
L’entità di ogni singola diluizione è stata stabilita sulla base del valore teorico dei cationi calcolato a partire da conducibilità e bicarbonati, utilizzando le formule viste in precedenza riguardanti p.e. e meq/l; si è quindi fatto in modo che tali valori ricadessero all’interno del range di lettura dello spettrofotometro.

 

Ione p.e. range di lettura dello strumento
Ca2+ 20,04  0,2 ÷ 5 p.p.m.
Mg2+  12,15 0,1 ÷ 0,5 p.p.m.
Na+ 22,99 0,1 ÷ 0,5 p.p.m.
K+ 39,10 0,1 ÷ 1 p.p.m.

 


L’elemento che incide maggiormente in questa valutazione è senza dubbio lo ione Na+, per il quale sono state effettuate infatti diluizioni 5 volte superiori rispetto agli ioni Ca2+ e Mg2+. Lo ione K+ è invece quello che incide di meno, e nelle acque sotterranee è presente pressappoco sempre nelle stesse quantità. Per la sua valutazione è stata effettuata per tutti i campioni una diluizione x10.
Prima di eseguire l’analisi sui campioni in esame, si esegue una prova con gli standard, ovvero 2 campioni con valore noto della concentrazione dei cationi.
Lo strumento misura l’assorbimento di particolari radiazioni a determinate lunghezze d’onda λ (com’è noto ogni elemento ha una sua λ caratteristica). Nella tecnica a fiamma gli atomi sono messi in agitazione dalle alte temperature in gioco (1500 ÷ 2100°C). Più gli atomi sono eccitati, maggiore è la sensibilità dello strumento. Viene determinato un parametro chiamato assorbenza, ovvero il rapporto delle intensità del raggio uscente e quello entrante all’interno del campo di atomi. Questo parametro è proporzionale alla concentrazione di atomi, che è il valore che ci interessa ottenere.
Ecco di seguito riportati i risultati:

 

ID POZZO CATIONI (p.p.m.)
  Ca   Mg Na K
9 1,49 *100 0,43 *100 0,34 *500 0,4 *10
13 0,30 *100 0,09 *100 0,35 *500 2,0 *10
18 1,18 *100 0,34 *100 0,36 *500 0,5 *10
19 1,20 *100 0,21 *100 0,29 *500 2,7 *10
21  0,93 *200 0,32 *200 0,46 *500 0,5 *10
22 1,80 *100 0,38 *100 0,34 *500 0,8 *10
33 2,16 *100 0,36 *100 0,38 *500 0,4 *10
44 1,08 *200 0,25 *200 0,42 *500 0,4 *10
47 1,54 *100 0,52 *100 0,37 *500 1,1 *10
56 0,81 *200 0,40 *200 0,38 *1000 1,6 *10
58 1,53 *100 0,33 *100 0,34 *500 1,0 *10
63 1,03 *100 0,62 *100 0,28 *1000 2,4 *10
70 0,16 *100 0,12 *100 0,50 *500 1,5 *10
78 0,78 *100 0,28 *100 0,43 *500 0,5 *10

 

Moltiplicando i valori ottenuti per i rispettivi coefficienti di diluizione (scritti a fianco di ciascun valore) si ottengono le effettive concentrazioni di tutti i cationi analizzati, ovviamente espresse in mg/l.
Come detto prima, esprimendo tali concentrazioni in meq/l è possibile eseguire il bilancio ionico tra concentrazioni cationiche e concentrazioni anioniche, e calcolare l’errore percentuale.
Vengono mostrate ora graficamente le distribuzioni delle singole specie cationiche nei pozzi campionati, al fine di evidenziare le zone a maggior concentrazione.

 

 

 

 

Cromatografia
L’analisi cromatografica è stata eseguita per la valutazione della concentrazione anionica. Lo strumento utilizzato, il cromatografo appunto, consiste fondamentalmente in un circuito nel quale viene iniettato il campione mediante siringa. Il campione viene portato in circolo da un eluente, consistente in una miscela di carbonati e bicarbonati, e viene fatto passare attraverso una colonna che non è altro che una spugna che funge da setaccio molecolare organico. La colonna fa si che le varie specie anioniche che la percorrono fuoriescano da essa con velocità differenti e quindi con tempi diversi. Tali analisi ci ha permesso di quantificare la concentrazione di ben 7 specie di anioni, nell’ordine di velocità di fuoriuscita dalla colonna, gli anioni analizzati sono:

Fluoruri → Cloruri → Nitriti → Bromuri → Nitrati → Fosfati → Solfati

In tabella sono riportati i risultati ottenuti, coi valori della concentrazione delle singole specie:

 

CONCENTRAZIONE DELLE SPECIE ANIONICHE (mg/l)

ID POZZO

COMPONENTI

Fluoruri 

Cloruri

Nitriti

Bromuri

Nitrati

Solfati

 Fosfati

P 9

tracce   

253,51925

 

tracce

65,28425

150,703

 

P 13

 

234,158

 

 

6,78

 52,399

 

P 18

 

295,792

 

tracce

31,6535

95,986

 

P 19

tracce

259,573

 

tracce

30,616

88,9875

 

P 21

 

441,727

 

 

59,6045

229,8085

 

P 22

tracce

369,143

 

tracce

30,141

117,0445

 

P 33

 

356,21

 

tracce

137,6735

180,6895

 

P 44

tracce

429,821

 

tracce

108,6265

181,4895

 

P 47

5,455

353,846

 

 

83,6765

186,6525

 

P 56

tracce

483,782

 

tracce

41,7695

300,127

 

P 58

tracce

324,487

 

6,312

70,3415

75,824

 

P 63

tracce

651,448

 

 

12,284

94,054

 

P 70

tracce

263,478

 

 

4,988

44,796

 

P 78 14,03 265,809     20,2555 76,7045  

 

Si nota come gli anioni preponderanti sono quasi esclusivamente solfati, nitrati e cloruri, con questi ultimi presenti in quantità maggiori; si riscontrano in quasi tutti i campioni esaminati tracce di fluoruri, in quantità tali da non essere ritenute rilevanti e da non poter essere quantificate dal software. In alcuni pozzi sono state rilevate anche tracce di bromuri, mentre nitriti e fosfati sono pressoché assenti in tutta la zona di analisi.
Si riporta di seguito un esempio di videata grafica della curva di risposta del cromatografo, con i picchi degli elementi presenti bene in evidenza.

 

Visualizzazione grafica dei picchi di concentrazione anionica, ottenuta mediante il software Peak Simple


L’esempio sopra riportato è abbastanza rappresentativo della situazione di tutta la piana, in quanto mette in evidenza le 3 principali specie anioniche presenti (cloruri, solfati e nitrati), testimonia tracce di bromuri e la totale assenza delle altre specie.
I numeri che compaiono sopra il nome degli elementi indicano il tempo, in secondi, di fuoriuscita della specie dalla colonna, a partire dall’introduzione del campione nel circuito.
Successivamente sono visualizzati, analogamente a quanto illustrato per l’analisi dell’assorbimento atomico, i grafici che mostrano la distribuzione della concentrazione degli anioni nei vari pozzi, relativamente a cloruri,solfati e nitrati.

 

 

 

 

Residuo fisso
La valutazione del residuo fisso è stata fatta pesando capsule riempite con 50 ml di campione, dopo averle lasciate per circa 24 in stufa alla temperatura di 110°C e per altre 24 ore circa alla temperatura di 180°C. In seguito all’evaporazione dell’acqua, il peso misurato è ovviamente quello della capsula più il residuo, da cui, essendo nota la tara della capsula, si ricava il valore del residuo.
Esprimiamo tale valore in mg/l e riportiamo i valori in tabella:

 

ID POZZO 

PESO RESIDUO 110°C

(mg/l)

PESO RESIDUO 180°C
(mg/l)

9

1020

1020

13

700

620

18

840

840

19

840

820

21

1380

1360

22

1180

1020

33

1420

1340

44

1420

1360

47

1160

1040

56

1660

1640

58

1060

1000

63

1440

1320

70

720

720

78

640

640



5. LA TUTELA DELLE ACQUE SOTTERRANEE DALL’INQUINAMENTO: INQUADRAMENTO NORMATIVO

La direttiva 2000/60/CE prevede disposizioni generali per la protezione e la conservazione delle acque sotterranee, è stata recepita con il D.Lgs 152/99 attualmente sostituito dalla parte III Sezione II del D.Lgs 152/2006 “Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e gestione delle risorse idriche” che non apporta significative variazioni alla disciplina precedente sulle acque.
Secondo l'articolo 17 della già citata direttiva 2000/60/CE, devono essere adottate, dagli Stati membri, misure per prevenire e controllare l’inquinamento delle acque sotterranee, compresi i criteri per valutarne il buono stato chimico.
È necessario operare una distinzione fra sostanze pericolose, la cui immissione si dovrebbe prevenire, e altri inquinanti la cui immissione dovrebbe essere limitata.
Per individuare le sostanze pericolose che presentano un rischio reale o potenziale d'inquinamento ci si deve basare su un elenco dei principali inquinanti che agiscono sull'ambiente acquatico, contenuto nell’allegato VIII della suddetta direttiva e di seguito riportato.

Elenco indicativo dei principali inquinanti

 

Composti organo-alogenati

Composti organo-fosforici

Composti organo-stannici

Idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche persistenti e bioaccumulabili

Cianuri

Metalli e relativi composti

Arsenico e relativi composti

Biocidi e prodotti fitosanitari

Materia in sospensione

Sostanze che contribuiscono all'eutrofizzazione (in particolare nitrati e fosfati)

Sostanze che hanno effetti negativi sul bilancio dell'ossigeno (e che possono essere misurate con parametri come la BOD, COD, ecc.)

 


L’Allegato I della parte III Sezione II del D.Lgs 152/2006 stabilisce che:
- relativamente al monitoraggio delle acque, in funzione degli obiettivi di qualità ambientale, in tutti i corpi idrici sotterranei selezionati il monitoraggio riguarda i seguenti parametri base:

• pH
• conduttività
• nitrati
• ioni ammonio

- lo stato chimico delle acque si definisce buono quando i valori dei parametri sopra indicati:

• non presentano effetti di intrusione salina di altro tipo;
• non superano gli standard di qualità applicabili ai sensi delle disposizioni nazionali e comunitarie;
• non sono tali da impedire il conseguimento degli obiettivi ambientali previsti per le acque superficiali, né da arrecare danni significativi agli ecosistemi terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico sotterraneo.

L’obiettivo del monitoraggio è quello di fornire informazioni utili per la valutazione della tendenza a lungo termine risultanti sia dai mutamenti delle condizioni naturali che dall’attività dell’uomo.
Affinché a un corpo idrico sotterraneo venga riconosciuto lo stato “buono” relativamente ai parametri chimici:

• deve essere calcolata la media dei risultati del monitoraggio ottenuta in ciascun punto del corpo idrico o gruppi di corpi idrici sotterranei;
• la conformità al buono stato chimico delle acque sotterranee deve essere dimostrata dalle medie così calcolate.


La direttiva 2000/60/CE è stata integrata dalla nuova direttiva europea 2006/118/CE sulla “protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento” che individua i criteri che devono essere adottati dagli stati membri per stabilire i valori soglia ai fini della valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee.
Secondo l’art. 3 di tale normativa entro il 22 dicembre 2008, gli Stati membri stabiliscono per la prima volta valori soglia, poi pubblicati nei piani di gestione dei bacini idrografici.
L’art. 4 descrive la procedura di verifica dello stato chimico delle acque sotterranee.
Un corpo idrico sotterraneo è considerato in buono stato chimico allorché se i valori per le norme di qualità delle acque sotterranee non sono superati in nessun punto di monitoraggio ovvero se il valore per una norma di qualità delle acque sotterranee o il valore soglia è superato in uno o più punti di monitoraggio ma un'appropriata indagine dimostri che la capacità del corpo idrico sotterraneo di sostenere gli usi umani non è stata danneggiata in maniera significativa dall'inquinamento.
Gli stati membri pubblicano una sintesi della valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee nei piani di gestione dei bacini idrografici redatta a livello di distretto idrografico, la quale contiene anche una spiegazione del modo in cui si è tenuto conto, nella valutazione finale, dei superamenti delle norme di qualità delle acque sotterranee o dei valori soglia in singoli punti di monitoraggio.
Nell’Allegato II della medesima Direttiva 2006/118/CE sono riportate le linee guida per la fissazione dei valori soglia degli Stati Membri. Quando stabiliscono valori soglia, gli Stati membri tengono conto delle seguenti linee guida:

- l'entità delle interazioni tra acque sotterranee ed ecosistemi acquatici associati ed ecosistemi terrestri che dipendono da esse;
- l'interferenza con legittimi usi o funzioni delle acque sotterranee, presenti o futuri;
- tutti gli inquinanti che caratterizzano i corpi idrici sotterranei come a rischio, tenuto conto dell'elenco minimo;
- caratteristiche idrogeologiche comprendenti informazioni sui livelli di fondo e sul bilancio idrico;
- delle origini degli inquinanti nonché della loro possibile presenza naturale, della loro tossicologia e tendenza alla dispersione, nonché della loro persistenza e del loro potenziale di bioaccumulo.
- la determinazione dei valori soglia dovrebbe essere supportata da un meccanismo di controllo per i dati raccolti, basato su una valutazione della qualità dei dati, su considerazioni analitiche e sui livelli di fondo per le sostanze che possono essere presenti naturalmente o come risultato di attività umane.

Di seguito viene riportato l’elenco minimo degli inquinanti e loro indicatori per i quali gli Stati Membri devono prendere in considerazione la fissazione di valori soglia:
1. sostanze o ioni o indicatori che possono essere presenti in natura e/o come risultato di attività umana

- Arsenico
- Cadmio
- Piombo
- Mercurio
- Ammonio
- Cloruro
- Solfato

2. sostanze artificiali di sintesi

- Tricloroetilene
- Tetracloroetilene

3. parametri indicatori di intrusioni saline o di altro tipo

- Conduttività.


L’ex D.Lgs. 152/99 prevede che la classificazione delle acque sotterrane avvenga attraverso la sovrapposizione sia delle valutazioni sullo stato chimico che di quelle sullo stato ambientale.
Lo stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei è definito secondo quattro classi che vengono riportate nella seguente tabella.

 

CLASSE A

L’impatto antropico è nullo o trascurabile con condizioni di equilibrio idrogeologico. Le estrazioni di acqua o alterazioni della velocità naturale di ravvenamento sono sostenibili sul lungo periodo.

CLASSE B

L’impatto antropico è ridotto, vi sono moderate condizioni di disequilibrio del bilancio idrico, senza che tuttavia ciò produca una condizione di sovrasfruttamento, consentendo un uso della risorsa sostenibile sul lungo periodo.

CLASSE C

Impatto antropico significativo con notevole incidenza dell’uso sulla disponibilità della risorsa evidenziato da rilevanti modificazioni agli indicatori generali sopraesposti [1].

CLASSE D

Impatto antropico nullo o trascurabile ma con presenza di complessi idrogeologici con intrinseche caratteristiche di scarsa potenzialità idrica.

[1] Nella valutazione quantitativa bisogna tener conto anche degli eventuali surplus incompatibili con la presenza di importanti strutture sotterranee preesistenti

 

Le classi per la caratterizzazione dello stato chimico sono, invece, riportate nella seguente tabella.

 

CLASSE 1

Impatto antropico nullo o trascurabile con pregiate caratteristiche idrochimiche;

CLASSE 2

Impatto antropico ridotto e sostenibile sul lungo periodo e con buone caratteristiche idrochimiche;

CLASSE 3

Impatto antropico significativo e con caratteristiche idrochimiche generalmente buone, ma con alcuni segnali di compromissione;

CLASSE 4

Impatto antropico rilevante con caratteristiche idrochimiche scadenti;

CLASSE 0 (*)

Impatto antropico nullo o trascurabile ma con particolari facies idrochimiche naturali in concentrazioni al di sopra del valore della classe 3.

(*) Per la valutazione dell’origine endogena delle specie idrochimiche presenti dovranno essere considerate anche le caratteristiche chimico-fisiche delle acque.

 


Come accennato in precedenza, dalla sovrapposizione dei risultati ottenuti dalla classificazione dello stato chimico (classi 1, 2, 3, 4, 0) con quelli ottenuti dalla classificazione dello stato quantitativo (classi A, B, C, D), può essere determinato lo stato ambientale del corpo idrico sotterraneo secondo la classificazione di seguito riportata:
 

Stato elevato   Stato buono Stato sufficiente Stato scadente Stato particolare
1-A 1-B  3-A 1-C 0-A
  2-A 3-B 2-C 0-B
  2-B    3-C 0-C
      4-C 0-D
      4-A 1-D
      4-B 2-D
        3-D
        4-D

 


Le classi qualitative individuate a livello normativo prevedono la suddivisione delle acque sotterranee in quattro classi di qualità chimica. Nello schema seguente sono riportate le diverse classi previste dal D.Lgs. 152/99.

 

 

Unità di misura

Classe 1 Classe 2 Classe 3  Classe 4 Classe 0

Conducibilità elettrica

μS/cm(20°C)

≤ 400 ≤ 2500 ≤ 2500 > 2500 > 2500

Cloruri

mg/l

≤ 25 ≤ 250 ≤ 250 > 250 > 250

Manganese

μg/l

≤ 20 ≤ 50 ≤ 50 > 50 > 50

Ferro

μg/l

< 50 < 200 < 200 > 200 > 200

Nitrati

mg/l di NO3

≤ 5 ≤ 25 ≤ 50 > 50  

Solfati

mg/l di SO4

≤ 25 ≤ 250 > 250 > 250 > 250

Ione ammonio

mg/l di NH4

 ≤ 0,05 ≤ 0,5 > 0,5 > 0,5 > 0,5

Se la presenza di tali sostanze è di origine naturale, così come appurato dalle regioni e dalle province autonome, verrà automaticamente attribuita la Classe 0.

 

Va in ogni caso precisato che se la presenza di inquinanti inorganici in concentrazioni superiori a quelle della tabella precedente è di origine naturale verrà attribuita la classe 0 per la quale, di norma, non vengono previsti interventi di risanamento.



6. CONCLUSIONI

Confrontando i risultati ottenuti con le classificazioni stabilite dal decreto, è ora possibile esprimere un giudizio sullo stato e sulla qualità delle acque sotterranee della Piana Turritana, per ottenere così lo scopo che questa ricerca si era preposto.
È doveroso premettere che per poter assegnare compiutamente la definizione di stato ambientale del corpo idrico, sarebbe stato necessario definire, oltre allo stato chimico, anche quello quantitativo. Dal momento che questo aspetto non è stato approfondito, le conclusioni si baseranno puramente sull’aspetto chimico delle acque, distinguendo le diverse destinazioni d’uso.
In linea generale è possibile notare che nella piana non sono presenti acque con caratteristiche idrochimiche definibili pregiate, ovvero nessuno dei campioni analizzati è risultato ricadere all’interno della classe 1. In base a tale classificazioni, la quasi totalità dei campioni ricade all’interno della classe 3, e cioè è presente un impatto antropico significativo e le caratteristiche idrodinamiche sono risultate essere generalmente buone, ma con qualche segnale di compromissione. Nelle vicinanze della costa è riscontrabile, come prevedibile, un graduale aumento della salinità, con alte concentrazioni in particolare di cloruri e solfati. È il caso del pozzo 56, situato in località Marritza, che presenta il più alto valore di conducibilità elettrica, e secondo i parametri di base ricade nella classe 4, ovvero impatto antropico rilevante e scadenti caratteristiche idrodinamiche.
Pozzi con le stesse caratteristiche di quelli appartenenti alla classe 3, ma con un valore della concentrazione di nitrati inferiore a 25 mg/l, ricadono invece all’interno della classe 2, caratterizzata da buone caratteristiche idrochimiche. Tra questi si citano ad esempio i pozzi n. 13, 78, 63 e 70. Di contro, però, questi ultimi due pozzi, i quali insistono su uno spesso orizzonte marnoso, hanno dimostrato valori di ammoniaca molto elevati, questo potrebbe in parte essere giustificato dalla geologia del territorio.
Alcuni campioni vengono classificati come acque cloruro alcalino-terrose, altre soltanto acque cloruro alcaline; questo testimonia la prevalenza di cloruri rispetto agli altri ioni negli acquiferi della piana. Nonostante la scarsa qualità di tali acque, però, riallacciandosi a quando risultato da studi passati, il problema del fenomeno dell’intrusione marina in questa piana non si è dimostrato rilevante. L’inquinamento degli acquiferi è da attribuire a fonti antropiche, con un prevalente inquinamento di origine agricola.
Per dare un giudizio finale complessivo sulla qualità della risorsa idrica, bisogna naturalmente tener conto dello specifico uso a cui è destinata tale risorsa.
Distinguiamo tra acque destinate ad uso umano ed acque destinate ad uso irriguo.
Per le acque destinate al consumo umano, facendo riferimento a delle classificazioni che si trovano in letteratura (Civita et al. 1993), si distinguono 2 gruppi di parametri sufficienti a delineare un profilo idrochimico delle acque sotterranee; tali parametri sono:
 

• GRUPPO 1 - parametri chimico-fisici: durezza (TH), conducibilità elettrica specifica a 20°C (CE), cloruri (Cl-), solfati (SO42-) e nitrati (NO3-) ;
• GRUPPO 2 - sostanze indesiderabili: ammoniaca e ione ammonio (NH3 e NH4+), ferro (Fe2+) e manganese (Mn2+) .


In base a tali parametri abbiamo le seguenti tabelle, nelle quali, per la determinazione dei limiti delle varie classi sono stati considerati, per ogni parametro, il Valore Guida (VG) e la Concentrazione Massima Ammissibile (CMA) riportati nel DPR 236/88. Ciascun gruppo determina una classe; avendo 2 gruppi e 3 classi, è possibile ottenere 9 classi finali di qualità di base.


Schema di classificazione della qualità delle acque sotterranee (Civita et al. 1993)
 

GIUDIZIO

A) GRUPPO PARAMETRI

C

l

a

s

s

e

1 (chimico-fisici)

2 (sostanze indesiderabili)

TH (°f)

CE

(mS/cm)

Cl-

(mg/l)

SO42-

 (mg/l)

NO3- (mg/l)

NH4+ (mg/l)

Fe2+ (mg/l)

Mn2+ (mg/l)

Ottima

A

15(1)- 30*

<1000*

 < 50

< 50**

< 10*

< 0,05

< 0,05

< 0,02

Media

B

30(1)- - 50*

1000*-2000

50-200

50**-250

10*-50

0,05-0,5

0,05-0,2

0,02-0,05

Scadente

C

> 50

 > 2000

> 200

> 250

 > 50

> 0,5

> 0,2

> 0,05


(1) Valore minimo consigliato
* Valore indicativo intermedio tra Concentrazione Massima Ammissibile e Valore Guida
** Valore doppio rispetto al VG

Giudizio d’uso (Civita et al. 1993)

 

 

Sia per quanto riguarda la valutazione dei parametri chimico-fisici, sia per ciò che concerne la presenza di sostanze indesiderabili (quest’ultima valutazione è basata esclusivamente sulla concentrazione di ammoniaca), le acque della Piana Turritana dimostrano delle qualità che possono essere definite medie e scadenti, dunque appartenenti alle classi B e C, e a combinazioni di esse secondo la classificazione sopra riportata.
Per la risorsa destinata all’irrigazione, invece, le definizioni delle acque vengono date tenendo conto di alcuni parametri presi in considerazione nelle classificazioni del California State Water Qualità Control Board; in tabella vengono riportati i range dei valori ottimali dei parametri in questione.
 

PARAMETRO

 LIMITE INFERIORE

LIMITE SUPERIORE

Totale solidi disciolti (mg/l)

500

1500

Conducibilità elettrica (mS/cm)

750

 2250

Rapporto di assorbimento

del sodio (SAR)

6

15

Carbonato di sodio residuo

(RSC) (meq/l)

1,25

2,5

Cloruri (Cl-) (mg/l)

100

350

Solfati (SO42-) (mg/l)

200

1000

 

 
L’indice SAR serve per valutare gli effetti dovuti alla presenza di sodio nelle acque irrigue. Questo fatto è particolarmente significativo in suoli con matrice argillosa, a causa dello scambio ionico fra lo ione sodio dell’acqua e gli ioni calcio e magnesio dell’argilla, il quale favorisce un rigonfiamento delle stesse con conseguente diminuzione della permeabilità. Questo processo di scambio è tipico degli acquiferi interessati da ingressione marina, e quindi assume particolare importanza in tutte le aree costiere come quella esaminata in questo lavoro.

SAR = (Na+) / [(Ca2++ Mg2+)/2]0,5


Nella formula precedente le concentrazioni degli elementi sono espresse in meq/l.

 

ID POZZO SAR
9 3,157
13 7,196
18 3,757
19 3,211
21 3,709
22 3,005
33 3,153
44 3,347
47 3,290
56 6,103
58 3,250
63 5,382
70 11,507
78 5,313


Leggendo i valori dell’indice SAR delle acque della Piana Turritana, si può notare come per la maggior parte dei campioni tali valori risultino al di sotto del limite inferiore di tale parametro.
Questo è un fatto positivo, sintomo di qualità dell’acqua dal punto di vista dell’indice SAR, e dunque per ciò che riguarda gli effetti del sodio.
Sempre in riferimento alle classificazioni di Civita et al., in base ai valori dei suddetti parametri vengono identificate 3 classi di qualità delle acque destinate all’agricoltura:

1’ qualità : acque adatte per quasi tutti i suoli;

2’ qualità : acque da usare soltanto su suoli con buon drenaggio e con bassa capacità di scambio di cationi;

3’ qualità : acque inutilizzabili o da usare soltanto in casi speciali.

I valori di riferimento per la determinazione delle varie classi sono:


Schema di classificazione per le acque sotterranee per usi agricoli (Civita et al. 1993)

 

 


Giudizio d’uso
(Civita et al. 1993)

 


Analogamente a quanto detto per le acque destinate al consumo umano, combinando i parametri esaminati durante lo studio, si ottiene per la totalità dei campioni una valutazione che fa si che essi possano essere definiti di 2’ e 3’ qualità, quindi con forti limitazioni nella loro utilizzazione.

In conclusione, dare un giudizio globale sarebbe errato o comunque difficile, in quanto durante lo studio non si sono analizzati tutti i parametri chimico-fisici utili per definire compiutamente lo stato delle acque.
Si ricorda inoltre che non è stato svolto il calcolo del bilancio idrico, fondamentale per definire lo stato quantitativo della risorsa.
Dalle classificazioni stabilite dalla normativa e da quelle viste in letteratura, tuttavia, per ciò che riguarda le analisi svolte, viene fuori un’immagine delle acque della Piana Turritana non proprio ottimale.
Ciò che sarebbe opportuno fare, è un monitoraggio periodico delle caratteristiche delle acque sotterranee, al fine di tenere sotto controllo eventuale fenomeni di contaminazione che da un momento all’altro potrebbero alterare i delicati equilibri degli acquiferi della piana costiera.
Tutte le informazioni ottenute, unite a quelle riguardanti la vulnerabilità delle risorse idriche sotterranee, sono di vitale importanza per coniugare sviluppo e tutela ambientale, e devono essere considerate un’importante base, da parte delle amministrazioni interessate, per attuare una politica di pianificazione ambientale che tenga conto di un corretto equilibrio necessario alla salvaguardia dei vari ecosistemi.


BIBLIOGRAFIA

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ARDAU F., GHIGLIERI G., VERNIER A. - Salination of coastal acquifer of the Turritana Plain: an important factor conditioning land planning and use - Atti XIII Salt Water Intrusion Meeting (SWIM) - Cagliari - Edited by Giovanni Barrocu
ARMENI M., GARAU L. - Studi idrogeologici e geofisici in un’area costiera tipica:la piana di Capoterra (a.a. 02/03) - (tesi di laurea inedita) - Dipartimento di Ingegneria del Territorio - Sezione Geologia Applicata e Geofisica Applicata - Università degli studi di Cagliari
CANUTI A. - L’ultima acqua (1990) - Chirotti Editore
CAPPAI M. S. - Studio della contaminazione salina degli acquiferi della Piana Turritana (a.a. 92/93) - (tesi di laurea inedita) - Dipartimento di Ingegneria del Territorio - Sezione Geologia Applicata e Geofisica Applicata - Università degli studi di Cagliari
CIVITA M. - Idrogeologia applicata e ambientale (2004) - Casa Editrice Ambrosiana
GAVAUDO’ E. - Applicazione combinata di tecniche geofisiche per lo studio di aree costiere a rischio ambientale (2002) - Tesi di dottorato di ricerca - Dipartimento di Ingegneria del Territorio - Sezione Geologia Applicata e Geofisica Applicata - Università degli studi di Cagliari
GINESU S., OGGIANO G., FEDERICI R. - Genesi ed evoluzione della pianura turritana (Sardegna settentrionale) (1987) - Geografia fisica e dinamica Quaternaria, vol. 10
TODD D. K. - Groundwater Hydrology (1976) - John Wiley & Son, Inc., New York, 2nd ed.


FONTI INTERNET

Ascoli Silvio, Dema Emilio, Lostrangio Domenico, Vecchio Stefania.
“Monitoraggio delle acque di falda del sito di discarica di Montegrosso-Pallareta (Potenza)”.
http://www.ambientediritto.it/dottrina/Politiche%20energetiche%20ambientali/indice%20pea.htm
www.regionesardegna.it - Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n. 152 -
“Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole"
ALLEGATO 1: “Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale”

Greensite - Energia pulita HTLM - Effetto serra in Italia e in Europa

www.eea.eu.int  - Agenzia europea dell’ambiente - Stato e pressioni sull’ambiente marino e costiero del Mediterraneo
 

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*kessalab@tiscali.it.



Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 22/01/2008

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