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Strategie commerciali nel settore europeo del gas

 

Commercial strategies in the EU gas industry

 

Federico Pontoni*

 

 

Abstract

The aim of this article is to shed some light on the causes leading to diversification in the energy sector. In particular, we will focus on European gas companies, in order to analyze their performances and the profitability of the commercial activity. Our analysis will show that the commercial activity is the least profitable among the activities in the gas sector. Thanks to our cross-section analysis, we will demonstrate that the disintegration imposed by EU directives to vertical integrated gas companies is, indeed, pushing those companies toward horizontal re- integration with other sectors, especially with the electrical one. The main explication of this, however, is not to be found in scope economics theory, but rather in risk diversification one. Our findings are robust, as there is no significant cost reduction in selling both products; while, on the other hand, there is the possibility that electricity revenues subsidize gas losses whenever its purchasing price rises. .


Key words:
diversification, scope economics, gas sector.


 

Introduzione

Obiettivo di questo lavoro è approfondire la conoscenza della fase commerciale della vendita del gas; cercheremo, inoltre, di indagare le motivazioni che spingono le società che vendono gas a proporre ai clienti finali anche energia elettrica. Per fare questo, analizzeremo anche le società elettriche che hanno deciso di compiere il passo simmetrico, vale a dire vendere ai propri clienti anche il gas.
Anzitutto, bisogna spiegare la scelta del campione di riferimento, i dati analizzati e l’arco temporale studiato, ovvero tutto ciò che compone il nostro dataset1. Abbiamo deciso di focalizzare la nostra attenzione solo sulle società che vendono gas a consumatori finali (industriali, commerciali e residenziali), nei sette paesi che da soli contano per circa l’80% del consumo europeo; ovvero, in ordine di quantità: Regno Unito, Germania, Italia, Francia, Paesi Bassi, Spagna e Belgio. Se da un lato la scelta di questi paesi non merita ulteriori precisazioni, è importante spiegare il perché dell’analisi solamente di società che vendono a consumatori finali: a differenza di grossisti e shippers, le società analizzate sono le uniche che potrebbero o che hanno già iniziato a vendere gas ed elettrico insieme. Ciò è dovuto al fatto che solo i consumatori finali sono interessati all’offerta duale, vale a dire gas ed elettrico insieme. Nel campione sono presenti sia società storicamente operanti nel settore del gas, sia società elettriche che solo più di recente hanno iniziato a commercializzarlo.
Le società presenti in questo studio sono ventidue2. Per ogni società abbiamo isolato costi e ricavi dell’attività commerciale, riclassificando i dati secondo lo schema riportato qui di seguito3. Qualora l’attività commerciale comprenda, oltre la vendita di gas ed elettricità, anche quella di altri servizi, questi ultimi sono stati esclusi, al fine di concentrarci sull’argomento del nostro studio. Ove possibile, questa riclassificazione è stata a sua volta calcolata per l’attività di vendita del gas e per l’attività di vendita dell’energia elettrica, con lo scopo di vedere la contribuzione data da ciascun prodotto alla formazione del fatturato e del risultato operativo (EBIT). Infine, abbiamo calcolato il margine operativo (EBIT/Ricavi di vendita) per l’attività di vendita di entrambi i prodotti e, sempre ove possibile, il margine operativo per la vendita di ciascuno di essi.


Tabella 1 - Riclassificazione dati di bilancio

Ricavi di vendita

(costo materie prime)

Valore Aggiunto

(costi commerciali e amministrativi)

EBITDA

(ammortamenti)

EBIT

Fonte elaborazione dell’autore


Per quanto riguarda l’arco temporale, abbiamo preso in considerazione il biennio 2004-2005, essenzialmente per due motivi: per prima cosa, i dati relativi a questo periodo sono i più recenti possibili4; in secondo luogo, solo per questi due anni i bilanci sono conformi ai principi contabili internazionali5.
 


Il prezzo del gas

Le altre due, necessarie, premesse riguardano la formazione del prezzo del gas e la sua evoluzione nel periodo preso in considerazione. Entrambe le tematiche risulteranno in seguito essenziali per meglio leggere i dati e la loro evoluzione.


Formazione del prezzo
Per quel che concerne la formazione del prezzo del gas, questa si ottiene incrociando il metodo del netback value, per il compratore, e il metodo cost plus, per il produttore. Il metodo netback value dà un prezzo limite, quello del prodotto sostitutivo più economico, a cui vengono sottratti i costi cui andrà incontro il compratore: da questa sottrazione si ottiene il prezzo massimo che egli potrà pagare al venditore. Al contrario, il metodo cost plus indica tutti i costi sostenuti dal venditore, che devono essere ripagati. Risulta subito evidente come il prezzo del gas sia quindi legato all’andamento della fonte alternativa di riferimento, cioè il petrolio . Più in generale, possiamo dire che il margine della trattativa è legato alla rendita di rarità delle fonti esauribili (legge di Hotelling). Chi, fra le due parti, avrà maggiore potere contrattuale, potrà fare sua questa rendita. Oltre al prezzo del petrolio (da considerarsi dato), esistono altre quattro voci che incidono sul prezzo del gas: i costi di trasporto, distribuzione e stoccaggio (dati anch’essi, in quanto stabiliti dalle competenti autorità nazionali) e il costo commerciale, unica componente che dipende dalle società . Si capisce quindi bene l’utilità di studiare i costi commerciali dei singoli operatori, al fine di capire chi può avere margini maggiori nelle trattative di approvvigionamento.


Fonte elaborazione dell’autore

Figura 1 - Determinazione del prezzo



Uniche, parziali, eccezioni al metodo del netback value sono il NBP inglese, unica vera borsa del gas europea, l’hub belga di Zeebrugge, punto d’interconnessione fra Regno Unito ed Europa, e quello olandese di Emden. In questi punti di scambio, il prezzo è determinato dalle leggi della domanda e dell’offerta.
La formazione del prezzo così descritta vale lungo tutta la filiera. Ai consumatori finali si applicano, inoltre, accise e tasse che variano a seconda del volume dei consumi. Le legislazioni fiscali di ogni paese sono diverse, tuttavia l’Unione Europea ha voluto introdurre un livello minimo di accisa sugli usi industriali8, al fine di evitare che la leva fiscale potesse essere usata quale strumento di alterazione della concorrenza. Il valore minimo di questa accisa è pari a 5,715 €/1000m3. Un recente studio (Cerniglia, 2005), mostra come le accise, nei sette paesi di riferimento del nostro studio, siano sostanzialmente simili. Nel 2004, l’incidenza fiscale media ponderata nell’UE per i consumatori industriali variava dal 18,5% al 21,4% a seconda dei volumi consumati. Maggiori diversità si riscontrano, invece, sui clienti domestici, per i quali l’incidenza fiscale sul prezzo finale può superare, come in Italia, il 40%9.


Evoluzione del prezzo nel biennio 2004-2005
Concentriamoci adesso sull’evoluzione del prezzo del gas nel biennio 2004-2005. Anzitutto, analizzeremo il prezzo all’importazione10 per i paesi di riferimento del nostro studio11. Successivamente, osserveremo le variazioni di prezzo per le tre tipologie di consumatori individuate da Eurostat.
L’analisi dei prezzi all’importazione, tra l’altro, ci consentirà di analizzare la prima delle due componenti di costo per gli operatori; per i costi commerciali, invece, si rimanda al paragrafo 1.6. Osserviamo, adesso, proprio il grafico sui prezzi all’importazione: dobbiamo dire che, mentre nel 2004 il prezzo è stato relativamente stabile, nel 2005, trainato dal petrolio, il prezzo del gas è cresciuto considerevolmente12.
 

Fonte elaborazione dell’autore su dati Heren

Figura 2 - Andamento dei prezzi all’importazione



Come si evince dal grafico proposto, la crescita dei prezzi è stata omogenea. Ciò è facilmente spiegabile dal fatto che i venditori sono sostanzialmente gli stessi per tutti, e che i prezzi di questi contratti d’importazione devono tutti avere delle indicizzazioni al petrolio molto simili. Lo spread, invece, è dovuto soprattutto ai differenti costi di trasporto. La crescita media dei prezzi all’importazione è stata del 34%. Questo dato è molto importante ai fini della nostra analisi, in quanto gli operatori si sono trovati a fronteggiare dei costi sensibilmente più elevati dell’anno precedente, con un picco giunto proprio nel periodo invernale, momento, al netto dei prelievi dallo stoccaggio, di maggior fermento, vista la stagionalità della domanda di gas13.
Vediamo ora l’andamento del prezzo per le tre tipologie di consumatori individuate da Eurostat. La prima tipologia è quella dei grossi clienti industriali, con un consumo medio annuo di 100 GWh. I rilevamenti di Eurostat sui prezzi per questa categoria di consumatori sono semestrali. Ciò è dovuto al fatto che questi consumatori sono stati i primi ad essere idonei per il mercato liberalizzato, con la conseguenza che i prezzi possono oscillare maggiormente nell’arco dell’anno. In tutti i paesi per questi clienti esiste un’effettiva concorrenza, con tassi di switch dall’operatore storico confortanti.14


Tabella 2 - Prezzi grossi clienti industriali: €/MWh, tasse escluse
 

Paese

1° sem. 04 2° sem. 04 1° sem. 05 2° sem. 05 Var. annua

Belgio

16,13 13,50 N.D. N.D. N.D.

Francia

14,58 15,95 18,76 20,59 29%

Germania

19,22 19,08 22,82 25,20 31%

Italia

17,21 17,21 18,90 20,92 22%

Paesi Bassi

 N.D. N.D. N.D. N.D. N.D.

Regno Unito

13,10 12,70 15,44 16,74 38%

Spagna

14,87 14,04 N.D. N.D. N.D.

     Fonte elaborazione dell’autore su dati Eurostat


L’apertura di questo segmento di clientela è confortata anche dai dati: nel 2005, a fronte di un aumento medio dei prezzi all’importazione del 34%, la crescita del prezzo ai grossi industriali è stata di circa il 30%. Effettivamente, se riprendiamo la figura 6 possiamo notare come per i grandi consumatori industriali, il costo d’acquisto del gas sia dovuto essenzialmente al costo della materia prima. Quindi, in un mercato concorrenziale, ci aspettiamo che i prezzi varino in perfetta armonia con il prezzo del gas all’importazione. Ciò non impedisce che alcuni venditori abbiano sofferto questo aumento dei prezzi: dobbiamo ricordare, infatti, che le grandi utenze industriali hanno un forte potere contrattuale. Alcuni venditori di gas, proprio per conquistare quote di mercato, potrebbero aver negoziato, con queste utenze, prezzi meno volatili, assumendosi il rischio degli aumenti dei prezzi all’importazione.
Veniamo ora ai clienti industriali. Questa tipologia di clienti individuata da Eurostat ha un consumo medio di 11,3 GWh all’anno. Per questo segmento di clientela i tassi di switch sono molto variabili: si va da paesi con una concorrenza effettiva, quali Spagna e Regno Unito, a paesi con concorrenza pressoché inesistente, come la Francia15.
 

Tabella 3 - Prezzi clienti industriali: €/MWh, tasse escluse

Paese

2004 2005 Var. annua

Belgio

19,01 18,97 0%

Francia

18,58 22,39 21%

Germania

23,00 27,08 21%

Italia

20,16 21,92 9%

Paesi Bassi

 N.D. N.D. N.D.

Regno Unito

16,92 20,92 24%

Spagna

15,88 16,85 6%

Fonte elaborazione dell’autore su dati Eurostat



Come si può ben vedere, per questo segmento di clientela la situazione è molto differente: gli aumenti nel corso del 2005 ci sono stati, ma sono stati molto più contenuti rispetto all’aumento dei prezzi all’importazione. L’aumento medio è stato, infatti, del 13%, circa 21 punti in meno dell’aumento dell’import price. Questo minor aumento si può spiegare con la differenza del meccanismo di aggiornamento dei prezzi. Al contrario delle grosse utenze industriali, i cui contratti prevedono una maggiore volatilità del prezzo, per i clienti di questo segmento, i prezzi sono più bloccati. Gli accordi di modifica del prezzo di fornitura sono spesso su base annuale, quindi ci possiamo aspettare di riscontrare un notevole aumento dei prezzi solo nel 2006. Questa minor volatilità è dovuta, anzitutto, per compensare un prezzo già maggiorato da un’incidenza dei costi di trasporto e distribuzione più significativa, e dal fatto che le utenze più piccole non sono in grado di far fronte ad un repentino aumento dei prezzi modificando il loro consumo energetico (cosa che, invece, possono fare i clienti detti interrompibili, i quali possono velocemente cambiare fonte energetica in caso di aumento del prezzo di fornitura). Contratti che posticipino gli aumenti dei prezzi sono dunque preferiti da questa clientela, perché consentono di poter meglio programmare i loro consumi.
Infine, vediamo l’andamento dei prezzi per le utenze domestiche. Secondo Eurostat, il consumo medio dei clienti residenziali si aggira intorno a 23 MWh annui. Ciò vuol dire utilizzare il gas non solo per cucinare e scaldare l’acqua, ma anche per il riscaldamento della casa durante il periodo invernale.


Tabella 4 - Prezzi clienti residenziali: €/MWh, tasse escluse

Paese

2004 2005 Var. annua

Belgio

30,20 31,86 5%

Francia

N.D. 32,40 N.D.

Germania

32,76 36,58 12%

Italia

31,97 32,33 1%

Paesi Bassi

 29,41 34,70 18%

Regno Unito

23,47 24,88 6%

Spagna

35,82 36,90 3%

Fonte elaborazione dell’autore su dati Eurostat




La media degli aumenti è intorno al 7%. Di fatto, le utenze domestiche non hanno risentito dell’aumento vertiginoso dei prezzi nel 2005. I prezzi sono stati ritoccati verso l’alto nel 2006 (aumento del 16%, fonte Eurostat), ma, in questo segmento di clientela, è ben evidente l’intervento delle varie autorità competenti. Infatti, con la sola eccezione del Regno Unito, tutti i paesi europei prevedono ancora delle tariffe/prezzi regolati che tutelano le utenze domestiche dal rischio di un aumento del costo della materia prima.
A questo punto dobbiamo fare alcune considerazioni conclusive sui prezzi del gas. L’anomalia di questa fase transitoria (ricordiamo che la liberalizzazione avrà il suo compimento solo il 1° luglio 2007) è riscontrabile nella contemporanea presenza di un mercato concorrenziale e uno regolato, con la conseguenza che un drastico aumento dei prezzi all’importazione può generare effetti completamente differenti sulle diverse tipologie di clienti. Tuttavia, è lecito attendersi che, anche dopo la completa liberalizzazione del settore, il settore domestico continuerà a godere di tutele, al fine di evitare possibili oscillazioni di prezzo. Questa protezione, tuttavia, ha anche un rovescio della medaglia: se il prezzo del gas dovesse rapidamente scendere, proprio come successo in questa fine 2006, i clienti residenziali si troverebbero a pagare un prezzo più alto dovuto al fatto che le formule tariffarie su cui è costruito il prezzo tengono in considerazione prezzi di periodi precedenti. Per quel che concerne il nostro studio, invece, ci aspetteremo delle differenze notevoli fra i dati del 2004, anno in cui i costi per gli operatori sono stati abbastanza stabili, e i dati del 2005, anno che ha visto questo improvviso aumento dell’import price. In particolar modo, ci aspettiamo che le società maggiormente penalizzate siano quelle con clientela business (piccoli artigiani, settore terziario) e domestica.


Società del campione e struttura commerciale

Come abbiamo già detto, sono 22 le società utilizzate in questo studio come campione. Di seguito presentiamo l’elenco e la loro principale clientela di riferimento.
 

Tabella 5 - Società analizzate

Società

Nazione

Clientela principale

Quota sul mercato di

riferimento16

Distrigaz

Belgio

Industriale

80%

Electrabel

Belgio

Residenziale/Business

70%

Gaz de France

Francia

Tutte le tipologie

79%

G.E. Grenoble

Francia

Residenziale/Business

1%

Rhurgas

Germania

Industriale

N.D.

RWE Energy

Germania

Tutte le tipologie

N.D.

VNG

Germania

Industriali

N.D.

Wingas

Germania

Industriali

N.D.

Bayerngas

Germania

Industriali

N.D.

ENI Gas & Power

Italia

Tutte le tipologie

60%

Enel

Italia

Residenziali/Business

18%

Edison

Italia

Industriale

6%

AEM Energia

Italia

Residenziale/Business

3%

AMGA Genova

Italia

Residenziale/Business

3%

Essent

Paesi Bassi

Tutte le tipologie

N.D.

Gas Natural

Spagna

Industriali

48%

Endesa

Spagna

Tutte le tipologie

12%

British Gas Residential

Regno Unito

Residenziale

54%

British Gas Business

Regno Unito

Business/Industriale

Compresa in B.G. Res.

Centrica Energy

Regno Unito

Industriale

N.D.

Scottish Power

Regno Unito

Residenziale/Business

9%

NPower

Regno Unito

Tutte le tipologie

9%

Fonte elaborazione dell’autore


Come si può notare, abbiamo campionato tutte le tipologie di clientela. Anche nel caso della Germania, di cui non abbiamo le quote di riferimento17, possiamo comunque dire di aver selezionato i più importanti operatori, sia in termine di volume trattati, sia in termine di giro d’affari. Purtroppo, sono carenti le società spagnole e tedesche che vendono gas alle utenze domestiche. Per quanto riguarda la Spagna, questo si spiega principalmente per il fatto che i dati di vendita e distribuzione ai clienti residenziali sono presentati congiuntamente; per la Germania, dobbiamo ricordare che la vendita alle utenze familiari è fatta da società municipalizzate che distribuiscono e vendono elettricità, gas ed acqua e non presentano, almeno al pubblico, dati divisi per attività.
Le società segnate in
rosso non vendono esclusivamente a clienti finali, ma anche ad altre società di vendita del gas. Ciò non inficia in nessun modo la nostra analisi per quanto riguarda i margini di vendita; tuttavia ci porterà a sottostimare il peso dei costi commerciali, per via dei maggiori volumi venduti.
In
verde, invece, sono segnate le società che hanno come settore di origine quello elettrico, ma che ormai da tempo operano nel settore del gas. Un esempio per tutti può essere Edison, storica società elettrica italiana, presente anche nell’attività di estrazione del gas proprio per fornire le sue centrali di produzione. Quelle analizzate sono le prime società elettriche ad aver sfruttato il processo di liberalizzazione dei settori. L’analisi dei loro margini di vendita ci sarà utile per confrontare le strategie di integrazione orizzontale. Ci chiederemo, infatti, se i drivers che spingono all’integrazione orizzontale società operanti nel settore elettrico siano diversi da quelli che guidano i processi d’integrazione messi in atto da società operanti nel settore del gas.
Di tutte le società abbiamo considerato esclusivamente l’attività di vendita di gas ed elettricità, escludendo tutti gli altri ricavi. Inoltre, sono stati esclusi i ricavi derivanti dalla vendita di gas ed elettrico effettuata al di fuori dell’UE. In tutti i casi, i dati della vendita di gas ed elettricità sono stati reperiti dai bilanci consolidati: quindi, quando per comodità si parlerà, ad esempio, di RWE Energy, si intenderanno tutte le società da essa possedute, operanti nella compravendita di gas ed elettricità. L’unica società compresa nel dataset di cui abbiamo preso i dati dal suo proprio bilancio e non dal consolidato della società madre è AEM Energia. AEM Energia è parte del gruppo AEM Milano S.p.A., che per ogni attività ha una società dedicata. AEM Energia è la società che vende gas a tutte le tipologie di clientela; AEM Elettricità, invece, vende elettricità a tutte le tipologie di clientela. La particolarità, che ci ha fatto propendere per analizzare solo AEM Energia, è che da qualche anno questa società vende elettricità a 326 grosse utenze industriali. Quindi, cercheremo di capire perché, anziché affidare la vendita ad AEM Elettricità, la capogruppo abbia deciso di vendere energia elettrica a queste utenze direttamente attraverso AEM Energia.
Ora, presentato anche il campione, prima di condurre la nostra analisi, dobbiamo spendere qualche parola sull’attività commerciale. Come vedremo dall’analisi dei costi, l’incidenza del costo commerciale è molto diversa a seconda delle tipologie di clientela cui ci si rivolge. Questo è dovuto in parte ai volumi che si trattano (un conto è chiudere un contratto con un’utenza industriale, un altro con una domestica) in parte a delle spese che caratterizzano l’attività di vendita alle utenze domestiche (pubblicità e servizi post-vendita). Per il resto, non c’è molta differenza: tutte le società devono solamente avere del personale che acquisti gas e dell’altro che lo rivenda. Inoltre, le società dedite alla compravendita di gas non hanno particolari obblighi di legge, dovendo solamente rispettare degli standard di qualità commerciale, che spiegheremo qui di seguito.
Non essendo responsabili della consegna fisica del gas alle utenze, in quanto soggetti giuridicamente distinti dai distributori, le società di vendita non devono supportare i costi dovuti al rispetto delle norme di sicurezza, né i costi dovuti alla costruzione o riparazione degli impianti in questione. L’unico obbligo in capo alla società venditrice è quello di essere anche un intermediario fra il cliente e il distributore nel caso di problemi di fornitura. Le legislazioni vigenti, infatti, al fine di non aggiungere alcun onere al consumatore, obbligano il venditore ad essere l’unica controparte per ogni tipo di problema, da quelli di natura contrattuale, a quelli di natura fisica. Sarà poi la società venditrice, qualora il problema sia di competenza del distributore, a contattare la società di distribuzione affinché questa lo risolva.
La struttura dei costi è quindi costituita, al netto del costo di acquisto della materia prima, dai costi del personale, dai costi amministrativi e dagli ammortamenti, che, tuttavia, hanno un peso minimo, in quanto in capo alla struttura commerciale non può essere attribuita alcuna infrastruttura.



Dati del 2004

Presenteremo, adesso, i dati relativi al 2004, anno di prezzi all’importazione relativamente stabili. Per prima cosa faremo una suddivisione del nostro campione in tre sottocategorie: dal rapporto fra ricavi dovuti alla vendita del gas e i ricavi totali, individueremo quale sia, per ciascun operatore, la fonte principale di fatturato, relativamente all’attività di vendita delle due fonti.
Di seguito presentiamo le società che includeremo nella categoria “elettrico”, per via del fatto che il peso del gas sul fatturato è inferiore al 35%.


Tabella 6 - Gruppo “elettrico”

Società Ricavi Totali Ricavi Gas %

Endesa

6.386

196

 3

Enel

19.254

1.396

7

Electrabel

11.541

1.817

16

Scottish Power

5.380

916

17

Npower

5.605

1.096

20

RWE Energy

22.450

6.220

28

Fonte elaborazione dell’autore



Il secondo gruppo, che definiremo “misto”, è rappresentato da quelle società i cui ricavi dovuti alla vendita del gas sono maggiori del 35%, ma inferiori al 65%.
 

Tabella 7 - Gruppo “Misto”

Società Ricavi Totali Ricavi Gas %

G.E. Grenoble

85

28

 33

Edison

6.535

2.231

34

Essent

4.641

1.979

43

British Gas Business

1.752

764

44

Fonte elaborazione dell’autore


Infine, presentiamo il gruppo più nutrito, denominato “gas”, dove tutti gli operatori hanno come attività caratteristica la vendita del gas, avendo un volume d’affari da questo generato superiore al 65%.


Tabella 8 - Gruppo “Gas”

Società Ricavi Totali Ricavi Gas %

British Gas Residential

8.615

6.088

 71

AEM Energia

496

360

73

AMGA

347

275

79

Gas Natural

4.426

3.952

88

ENI

13.050

13.050

100

Distrigaz

2.785

2.785

100

Wingas

 2.593

2.593

100

Rhurgas

10.304

10.304

100

VNG

3.320

3.320

100

Bayerngas

1.312

1.312

100

Gaz de France

13.855

13.855

100

Centrica Energy

1.140

1.140

100

Fonte elaborazione dell’autore


Questa prima, preliminare suddivisione ci consente già due considerazioni. Se da un lato appare scontato che le società appartenenti alla nostra etichetta “elettrico” siano effettivamente degli storici operatori di quel settore, e la stessa cosa succede per le società nel gruppo “gas”, dall’altra sia il gruppo misto, sia il peso del gas sui rispettivi ricavi, indicano alcune tendenze che meritano di essere evidenziate. Su 22 società, solo 8 hanno come unica attività di vendita quella del gas. Di queste 8, 6 sono anche importatori nei relativi paesi e comprano volumi notevoli di gas. Bayerngas, invece, ha come scopo sociale fornire di gas la regione di Monaco di Baviera. Infine, Centrica Energy ai consumatori finali vende solo gas, ma come attività principale ha quella della produzione d’energia elettrica, ceduta poi a grossisti18.
Per quanto riguarda le società che vendono entrambi i prodotti, si nota subito come gli operatori storicamente appartenenti al settore elettrico siano molto più attivi rispetto a quelli del settore del gas. Infatti, le uniche due società appartenenti al settore del gas che vendono quantità considerevoli di elettrico sono British Gas Residential e British Gas Business (tanto che quest’ultima è ormai un operatore misto, con la quota di elettricità superiore alla quota di gas). Sicuramente, poiché il mercato energetico inglese è liberalizzato da molto più tempo, gli operatori hanno iniziato prima dei concorrenti europei a ristrutturarsi secondo le nuove logiche del mercato. Ma per quanto riguarda gli altri paesi, perché sembrano essere più attivi gli operatori elettrici nella diversificazione orizzontale?
Vediamo adesso di analizzare più a fondo i dati economici.
Riclassificando le società secondo il margine di contribuzione, si può subito notare come, delle prime dieci società, solamente 3 siano esclusivamente delle venditrici di gas. Più precisamente, ENI Gas & Power occupa la sesta posizione con un margine dell’11,7%; Distrigaz occupa l’ottava posizione (10%) e Wingas19 la decima (9,4%). La presenza solo di questi tre pesi massimi del settore del gas, di cui neanche uno nei primi cinque posti, è sicuramente sorprendente e mostra come sia più difficile ottenere dei margini importanti con la sola vendita di gas. Infatti, delle ultime dieci società, solo due non sono degli operatori della sottocategoria “gas”: British Gas Business, quattordicesima con un margine del 5,7% e Scottish Power, diciannovesima con un margine del 2,5%. Addirittura abbiamo una società, Centrica Energy, che in un anno con prezzi del gas relativamente stabili, chiude con EBIT negativo e conseguente margine del -2,5%. Come già accennato, dunque, questa classifica sembrerebbe mostrare che la vendita dell’elettricità, o del combinato gas-elettrico, sia più redditizia rispetto alla sola vendita di gas. Effettivamente, analizzando solo il margine di contribuzione generale, anche le società del gruppo “gas” che vendono un po’ di energia elettrica hanno rendimenti leggermente migliori. A questo punto c’è da chiedersi se ciò sia dovuto all’effetto della vendita combinata, che aumenta i margini di entrambi i prodotti, oppure se tutto il merito non debba, invece, essere attribuito all’elettricità. Per fare questo, come seconda analisi poniamo le società in ordine decrescente di margine di contribuzione della vendita di gas. Questa simulazione, tuttavia, non offre nessuna tendenza generale a livello di attività di vendita: sul margine di contribuzione del gas non sembra esserci alcun effetto dovuto alla vendita congiunta. Appare, tuttavia, una piccola tendenza paese, dovuta al fatto che le società italiane e tedesche riescono ad ottenere una valorizzazione migliore del gas. Al contrario, i margini di contribuzione del gas per le società del Regno Unito, risultano essere i più bassi. Questo dato sembra congruente con altri studi, ad esempio Cerniglia (2005), che indicano il mercato tedesco e quello italiano come i due mercati dove esistono i maggiori margini di profitto. Al contrario, il posizionamento scarso delle società inglesi conferma una volta di più l’effettiva concorrenza del mercato britannico.
Dal breve confronto fra le prime due simulazioni, si evince che la miglior performance delle società che vendono gas ed elettrico sia da attribuirsi essenzialmente a quest’ultimo. A conferma di questa tesi, si veda la tabella seguente, dove sono confrontate le percentuali di contribuzione della vendita di gas al fatturato e all’EBIT.
 

Tabella 9 - Differenza di peso dell’attività di vendita del gas

Società Ricavi gas/ Ricavi tot. EBIT Gas/ EBIT tot Differenza

British Gas Residential

71% 31% -40

British Gas Business

44% 14% -29

Electrabel

16% -12%  -28

G.E. de Grenoble

33% 13% -20

Gas Natural

89% 77% -13

Edison

34% 22% -12

Endesa

3% 1% -2

Enel

7% 5% -2

AEM Energia

73% 83% +10

AMGA

79% 91% +11

Fonte elaborazione dell’autore



Come è facile da intuire, l’incidenza della vendita di gas sull’EBIT è in otto casi su dieci minore della sua incidenza sui ricavi. Le differenze non sono di poco conto; nettissimo è il caso di British Gas Residential: più dei due terzi del fatturato sono da attribuirsi alla vendita di gas, la quale contribuisce, però, a meno di un terzo del reddito operativo (EBIT). Di fatto, a livello di EBIT i rapporti di forza si ribaltano, e l’elettricità diventa la voce che vale quasi il 70%. Anche per altre quattro società la riduzione è sensibile: British Gas Business, Electrabel (dove, addirittura, la vendita dell’elettrico sussidia quella del gas, visto che l’EBIT totale è positivo, mentre quello relativo alla vendita del gas è negativo), G.E. Grenoble e Gas Natural. Diverso il discorso per Endesa ed Enel: il gas incide pochissimo sul loro fatturato e soffre di una riduzione minima a livello di contribuzione all’EBIT. Prima di trarre delle conclusioni, tuttavia, è meglio verificare l’andamento di questi indici nel 2005. Solo per i due operatori italiani, il rapporto di forze s’inverte. La vendita di gas contribuisce in misura maggiore alla formazione dell’EBIT rispetto al peso che ha sul fatturato. Per entrambe la spiegazione è semplice. Tutte e due acquistano energia elettrica da altre società del gruppo e la rivendono a delle utenze industriali (per cui sono fornitrici di entrambi i prodotti). Il prezzo di acquisto e quello di vendita sono simili: da qui si evince la volontà dei due gruppi di imputare il ricavo della vendita di energia elettrica in capo non alle due società da noi analizzate, ma alla società del gruppo che ha come core business la vendita di elettricità. Questo principio è dotato di una forte logica economica: infatti, a livello consolidato, i dati delle società non risultano essere distorti da attività che non rientrano nella loro specializzazione. L’elemento che più interessa la nostra analisi, tuttavia, è che tre storiche società del settore del gas, ovvero le due British Gas e la spagnola Gas Natural, beneficino in modo così netto della vendita di elettrico.
In nessuna delle simulazioni precedentemente presentate, invece, si è palesato un effetto dovuto alla tipologia di clientela degli operatori, né tanto meno un effetto volume: basti notare che, indipendentemente dalle nostre riclassificazioni, società come Gaz de France e Gas Natural, che vendono rispettivamente 540 TWh e 288 TWh, stazionano sempre negli ultimi posti. Tuttavia, partendo dai costi commerciali, è possibile fare una divisione delle società per tipologie di clientela, analisi cui dedicheremo un apposito paragrafo
 


Dati del 2005

Passiamo adesso all’analisi dei dati del 2005. In questo periodo i prezzi all’importazione sono cresciuti considerevolmente, intorno al 34%. L’ipotesi, forte, ma verosimile, che faremo nelle seguenti analisi, è che tutti gli operatori abbiano subito un aumento dei costi d’approvvigionamento intorno a questa cifra. Se consideriamo, infatti, che i prezzi all’importazione prima presentati, si riferiscono ai prezzi pagati dalle società responsabili dell’importazione per ciascuno dei sette paesi analizzati, si capisce come queste, a loro volta, abbiano aumentato il prezzo di vendita, in maniera proporzionale, ai grossisti.
La suddivisione nelle sottocategorie prima individuate non cambia: tutte le società rimangono nei gruppi cui erano state assegnate. Per quel che riguarda ENI Gas & Power, abbiamo una minima quantità di vendita di energia elettrica, pari all’1% del fatturato. Si riducono così a sette le società che vendono solo ed esclusivamente gas.
Ordinando le società in funzione decrescente del margine operativo, notiamo subito che, in un anno dove si è vissuto un rapido aumento dei prezzi del gas, le performance di tutte le società del gruppo “gas” sono peggiori delle società del gruppo “elettrico” e del gruppo “misto”. Tuttavia, come nell’anno precedente, solo Centrica Energy consegue un EBIT totale negativo. Tutte le altre società, almeno a livello aggregato, hanno dei risultati operativi in pareggio o positivi. Nelle prime dieci società, resistono solo ENI Gas & Power e Wingas: la prima perde una posizione, classificandosi settima con un margine dell’8,1%; la seconda si posiziona ancora decima con una margine del 5,9%. Più in generale, possiamo notare dei margini più ridotti rispetto al 2004. Si può trarre, quindi, una prima conclusione: in un anno in cui i prezzi all’importazione del gas sono aumentati in media del 34%, gli operatori non sono riusciti a rispondere con un altrettanto rapido aumento dei loro prezzi ai consumatori finali, soffrendo, quindi, una contrazione del loro margine20. Questo aumento dei prezzi all’importazione, e un più generale aumento del costo delle fonti fossili, ha portato ad una lieve riduzione anche del margine operativo degli operatori “misti” ed “elettrici”.
Mettiamo le società in ordine decrescente di margine sulla vendita del gas. Come per l’anno precedente, non riscontriamo margini maggiori sulla vendita di gas per chi vende entrambi i prodotti. Vengono, tuttavia, confermate le tendenze paese, soprattutto quella italiana: anche in un periodo di costi della materia prima elevati, le società italiane riescono ad avere un margine superiore ai loro concorrenti europei. La riclassificazione fatta evidenzia, inoltre, come per quattro società (British Gas Residential, G.E. Grenoble, Electrabel e Centrica Energy), la vendita di gas abbia comportato una perdita operativa.
Qui di seguito, presentiamo una tabella strutturata come la n° 9, ovviamente con i dati del 2005, per vedere quale effetto abbia avuto sulla formazione dell’EBIT la crescita del costo d’acquisto del gas. Per il 2005 abbiamo, inoltre, 2 osservazioni in più, per un totale significativo di 12 società: ENI Gas & Power e Scottish Power, che hanno fornito solo per il 2005 i dettagli necessari alle nostre riclassificazioni.


Tabella 10 - Differenza di peso dell’attività di vendita del gas - 2005

Società Ricavi gas/ Ricavi tot. EBIT Gas/ EBIT tot Differenza

G.E. de Grenoble

34% -98% -132

British Gas Residential

70% -14% -84

Gas Natura

86% 51%  -35

lElectrabel

14% -7% -21

British Gas Business

46% 26% -20

ENI Gas  & Power

99% 91% -9

Edison

40% 36% -4

Endesa

4% 1% -3

Enel

8% 5% -3

Scottish Power

19% 18% -1

AEM Energia

75% 91% +16

AMGA

73% 92% +19

Fonte elaborazione dell’autore



Nel 2005, per ben tre società il reddito operativo (EBIT) del gas è negativo: G.E. Grenoble, British Gas Residential ed Electrabel. Per tutte e tre possiamo, quindi, parlare di sussidio dell’attività di vendita dell’elettrico all’attività di vendita del gas. Notevoli sono anche i dati per Gas Natural: l’elettrico, che conta solo per il 14% a livello di fatturato, provvede a quasi il 50% dell’EBIT. Per le due società italiane, che sono in netta controtendenza, vale il discorso fatto in precedenza. Infatti, anche nel 2005, i ricavi ottenuti dalla vendita di energia elettrica sono trasferiti alle altre società del gruppo.
A questo punto possiamo permetterci alcune riflessioni dalle quali c’eravamo astenuti nel paragrafo precedente. La linea di tendenza, con questa verifica cross-section su base biennale, sembra abbastanza marcata. L’attività di vendita del gas sembra essere poco, o comunque, meno redditizia della vendita dell’elettrico. Di più, possiamo dire che la vendita congiunta pare non avere effetti positivi sui margini della vendita del gas, che risulta essere molto condizionata dall’andamento dei prezzi all’importazione o, in ogni caso, dal costo di approvvigionamento. Infatti, nel 2005, delle 19 società per cui abbiamo potuto misurare il margine operativo della vendita di gas, 4 chiudono in perdita (Centrica Energy, G.E. Grenoble, Electrabel, British Gas Residential), 2 in sostanziale pareggio (Gas Natural e Gaz de France), e solo 8 società riescono ad ottenere margini superiori al 4% (AEM Energia, Ruhrgas, Distrigaz, Wingas, ENI, Edison, Enel e Npower), ma comunque tutti molto inferiori ai margini ottenuti dall’elettrico (si veda, ad esempio G.E. Grenoble con un 19,5% generato dalla vendita di energia elettrica).
Diamo ora un ultimo sguardo ai dati relativi alla vendita del gas attraverso un confronto più analitico delle variazioni occorse fra il 2004 ed il 2005.
 

Tabella 11 - Variazioni 2004-2005 sull’attività di vendita del gas

Società Var. Ricavi Gas Var. Volume Var. EBIT Gas Var. Margine

Endesa

86% 47% 10% -41%

Edison

48% 20% 30% -12%

Wingas

47% 13% -8% -38%

Gas Natural

46% 10% -52% -67%

Ruhrgas

44% 8% -11% -38%

B. G. Business

32% 8% 107% 57%

Distrigaz

31% 3% -28% -45%

ENI

27% 11% -20% -36%

Gaz de France

25% 6% -23% -38%

Bayerngas

24%  5% 32% 7%

AEM Energia

16% 0% 0% -13%

AMGA

15% 9% -42% -49%

VNG

15% -2% -47% -54%

Enel

15% 0% 4% -9%

G.E. Grenoble

12% -5% -690% -627%

B.G. Residential

1% -5% -117% -117%

Centrica Energy

1% -13%  -772% -767%

Electrabel

-3% -14% -45% -43%

Fonte elaborazione dell’autore


Potremmo dire che i dati sono di facile interpretazione. Tranne Electrabel, tutte le società hanno aumentato il loro fatturato dovuto al gas. L’aumento medio è stato del 27%. Questo aumento è dipeso per la maggior parte dall’aumento dei prezzi, visto che i volumi sono sì cresciuti, ma molto meno rispetto all’incremento del fatturato. La crescita media dei volumi è stata, infatti, del 6%. Non solo, 5 società hanno ridotto i volumi venduti (VNG, G.E. Grenoble, British Gas Residential, Centrica Energy ed Electrabel), 2 hanno venduto gli stessi volumi dell’anno precedente (Enel e AEM) e solo 2 società hanno incrementato in modo consistente i volumi trattati (Endesa ed Edison). Gli incrementi di fatturato, spiegabili attraverso gli incrementi di prezzo, sono in linea con i rilevamenti Eurostat che indicavano un amento dei prezzi ai consumatori finali nel 2005. Quindi, a fronte di costi d’acquisto della materia prima più alti, le società hanno risposto con prezzi più elevati. I dati più interessanti, però, si trovano nella terza e quarta colonna. Anzitutto, solo per 5 società il valore assoluto dell’EBIT è cresciuto (Endesa, Edison, British Gas Business, Bayerngas ed Enel). Se analizziamo le tipologie di clientela di questi operatori ci accorgiamo che tre vendono principalmente ad una clientela industriale, che, come abbiamo visto in precedenza, è legata ai propri fornitori da contratti che rispondono in modo più rapido alle variazioni di prezzo. Si può, quindi, desumere che i tre operatori sopra menzionati abbiano potuto adeguare rapidamente i loro prezzi di vendita. Per quanto riguarda il sorprendente aumento di British Gas Business, con un EBIT variato, in termini assoluti, da 14 milioni di euro a 29 milioni di euro, può essere spiegato con l’aumento notevole di clienti avuto nel 2005, ai quali sono stati sottoposti contratti che già potevano annullare l’effetto di crescita dei costi di approvvigionamento. Infine, l’aumento di Enel del 4% è di poco conto, rispetto all’aumento del fatturato. Per le altre 13 società, invece, l’aumento dei costi ha annullato l’aumento dei ricavi, riducendo l’EBIT rispetto al 2004.
L’ultima colonna, invece, spiega la variazione percentuale del margine operativo. Le cifre non devono impressionare, perché, essendo delle variazioni percentuali di dati già espressi in percentuale, tendono ad amplificare la variazione avvenuta. Il dato che interessa è che per sole 2 società il margine operativo è cresciuto (British Gas Business e Bayerngas). Tutte le altre, quindi anche per le 3 cui il valore assoluto dell’EBIT era aumentato, hanno sofferto una riduzione dei margini. Questa tabella spiega anche i motivi che hanno portato quattro società (British Gas Residential, Centrica Energy, Electrabel e G.E. Grenoble) ad un EBIT negativo. Anzitutto, hanno tutte avuto una contrazione dei volumi venduti (indice di perdita di clienti, come peraltro certificato dai loro bilanci) e un incremento minimo se non inesistente dei ricavi. Tre su quattro (G.E. Grenoble, British Gas Residential e Electrabel), inoltre, vendono gas ad utenze domestiche, i cui contratti sono meno flessibili alle variazioni di prezzo. Per quanto riguarda Centrica Energy, invece, i risultati negativi ottenuti nel biennio in questione sono il risultato di contratti di fornitura a lungo termine stipulati con grosse utenze industriali a prezzi con indicizzazioni poco rispondenti alla realtà economica (come indicato nel bilancio della società).
I dati fin qui analizzati ci forniscono due indicazioni importanti: per prima cosa, la vendita di elettricità è più redditizia della vendita del gas; come seconda indicazione, in termini di margini operativi, non esistono dei benefici dovuti alla vendita congiunta. La prima indicazione merita una considerazione. Fino a questo momento, infatti, non avevamo indagato oltre, prendendo questa differenza come un dato di fatto, che non meritasse spiegazione alcuna. In realtà, troviamo che sia necessario riassumere in modo coinciso le differenze che comportano questa differenza di redditività. La struttura del settore elettrico è molto più complessa di quella del settore del gas. Anzitutto, esiste una fase specifica di questo settore: la generazione. Proprio in questa fase si concentra la maggior parte della produzione del valore aggiunto: un mix variabile di materie prime, tramite l’utilizzo di diverse tecnologie, genera l’elettricità, ovvero il prodotto finale. Una seconda grande differenza è la maggiore specificità di ciascun mercato nazionale: i prezzi, infatti, variano molto a seconda della tecnologia che si utilizza per produrre energia elettrica. In Europa, differenti paesi hanno parchi elettrici molto diversi: si va da paesi come la Francia, che sfrutta il nucleare per generare il 70% del suo fabbisogno, a paesi come l’Italia e la Spagna, che utilizzano tantissimo le fonti fossili, su tutte il gas. Questo comporta una forte disomogeneità dei prezzi e delle strutture dei mercati, rendendo un’analisi a livello europeo così complessa da meritare uno studio specifico.
Per quel che concerne la fase commerciale, dobbiamo dire che non esistono contratti a lungo termine, ma i venditori si approvvigionano di energia elettrica in tre modi: dalle centrali dei gruppi cui appartengono, se facenti parte di gruppi verticalmente integrati, sulla borsa elettrica o attraverso contratti bilaterali di durata annuale. Questi metodi consentono una maggior flessibilità, e, soprattutto una maggiore reattività ad eventuali aumenti di prezzo: permettono agli operatori di rinegoziare sia i prezzi, sia i volumi. Bisogna ricordare, inoltre, che il gas è una materia prima, mentre l’energia elettrica è un “prodotto finito”. Quest’ultima è, dunque, immediatamente utilizzabile, mentre l’impiego del gas è subordinato ad un procedimento di trasformazione, che rappresenta un costo per l’azienda. Il venditore, nella formulazione del prezzo dell’energia elettrica, potrà giocare, perciò, anche sulle differenze fra il prezzo al MWh dell’elettricità da lui fornita e la somma data dal prezzo del gas e dal costo di trasformazione in energia di quest’ultimo (perdite comprese). Le imprese che abbiamo analizzato sono tutte presenti anche nella generazione di energia elettrica. Anche le società del gruppo “gas” che vendono energia elettrica hanno una loro capacità produttiva (British Gas Residential e British Gas Business fanno parte del gruppo Centrica, gruppo attivo anche nella generazione). Questo porta a pensare che il vero guadagno, più che nella fase commerciale, sia da ricercare nella fase di generazione, vantaggio che poi si decide di ripartire su tutte le fasi della filiera, quindi anche in quella commerciale. Senza voler contestare questa impostazione, confermata anche dalla letteratura (Stoft, 2002), possiamo comunque dire che, grazie ai diversi modi di approvvigionamento, alla relativa minor volatilità del prezzo (dovuta al mix di materie prime per la sua generazione) ed alla possibilità di misurare, in tempo reale, i consumi dei propri clienti21 (Joskow, Tirole, 2004), anche la fase commerciale dell’energia elettrica può garantire margini superiori rispetto alla vendita del gas.
Per rispondere ai quesiti che ci siamo posti, si necessita di un’analisi dei costi commerciali.


I costi commerciali

I costi sostenuti dagli operatori possono, come già detto in precedenza, essere suddivisi in due categorie: i costi di approvvigionamento e i costi commerciali. Dopo esserci soffermati sui costi d’approvvigionamento nel paragrafo dedicato al prezzo, appare necessaria un’analisi sull’unica componente di costo determinabile dagli operatori, per capire se da questi dati si possa evincere qualcosa in merito alla vendita congiunta, visto che questa, da un punto di vista dei margini, sembra non apportare particolari benefici. Infatti, dalle analisi prima svolte, l’unico stimolo evidente alla vendita congiunta viene dal fatto che la vendita dell’elettricità sia molto più redditizia di quella del gas. I costi saranno valutati rispetto ai MWh venduti: l’ipotesi sottostante è che vendere dell’elettricità o del gas, da un punto di vista commerciale, comporta gli stessi costi. In particolare, noi ci concentreremo sui costi di vendita del gas. Certo, sarebbe stato meglio calcolare i costi per ogni singolo cliente, ma avremmo necessitato di informazioni molto particolareggiate in merito al numero di clienti, al loro consumo medio, e alla loro classificazione. Purtroppo queste informazioni non sono quasi mai reperibili. Tuttavia, l’analisi dell’incidenza sul prezzo del gas per MWh venduto è prassi consolidata anche dalle Autorità competenti.
Per prima cosa, presentiamo una tabella con tutti i costi commerciali e la loro relativa incidenza sul volume d’affari22. Con questa presentazione potremo, da una parte, grazie al valore assoluto dei costi commerciali, suddividere le società per tipologie di clientela, dall’altra, attraverso l’incidenza di questi sul volume d’affari, capire quale sia il peso di questa componente all’interno dell’attività di vendita.
 

Tabella 12 - Costi commerciali

Società Costi €/MWh % sui Ricavi gas

Electrabel

6,21 26%

AMGA

5,42 21%

British Gas Residential

4,79 15%

Enel

3,11 10%

Scottish Power

 2,88 10%

British Gas Business

2,39  9%

AEM Energia

1,36 4%

Ruhrgas

0,75 3%

Bayerngas

0,51 2%

Gas Natural

0,38 2%

VNG

0,27 1%

Wingas

0,13 1%

Fonte elaborazione dell’autore


Dalla presentazione di questi dati possiamo, anzitutto, suddividere le società in tre categorie ben distinte: le società che hanno clientela prettamente residenziale (Electrabel, AMGA e British Gas Residential), le società con clientela residenziale e clientela Business (Enel, Scottish Power e British Gas), infine, società con clientela industriale (Ruhrgas, Bayerngas, Gas Natural, VNG e Wingas). Un discorso a parte è da fare per AEM Energia: la maggior parte della sua clientela è sicuramente residenziale, tuttavia, a causa della presenza, nel suo portafoglio clienti, di alcuni grossi operatori industriali, i costi commerciali sono in parte falsati, facendo sì che AEM Energia risulti un ibrido non classificabile.
Per le società con clientela residenziale, i costi commerciali sono una componente importante, che ovviamente decresce col crescere dei volumi venduti. L’incidenza dei costi commerciali è dovuta principalmente a due spese specifiche per questa tipologia di clientela: le spese pubblicitarie e le spese per il servizio post-vendita. Per quel che riguarda le spese pubblicitarie, l’introduzione della concorrenza obbliga l’operatore a segnalare la sua presenza sul mercato: la visibilità deve essere notevole, soprattutto per educare i consumatori residenziali che non sono ancora consapevoli della possibilità di scegliere il proprio operatore. Per la seconda tipologia di spesa, dobbiamo fare una piccola riflessione. Sebbene, infatti, tutti gli oneri relativi alla sicurezza ed alla qualità siano di competenza dei distributori, il fatto che il venditore debba essere l’unica controparte per il cliente, lo obbliga ad avere servizi attivi 24 ore su 24, per poter rispondere a qualsiasi sollecito dei clienti, anche se spesso questo si riduce a fare da tramite con il distributore.
Per le società con clientela business e piccoli industriali, i costi commerciali sono simili alle società con clientela principalmente residenziale; tuttavia, i maggiori volumi medi consumati da ciascun cliente, rendono le spese commerciali meno rilevanti rispetto al volume d’affari. Inoltre, sempre analizzando la percentuale, notiamo come questa si attesti intorno al 10% per tutti e tre gli operatori: senza voler generalizzare, pensiamo però di poter dire che sembra difficile poter scendere molto sotto quella soglia (viste anche le percentuali dei costi per gli operatori che vendono a grosse utenze industriali), che pare dunque essere la funzione di costo ottima, in rapporto alla clientela.
Per le società che vendono gas ai grossi clienti industriali, possiamo vedere che i costi sono minimi, sia in valori assoluti, sia in termini percentuali. Effettivamente, anche leggendo i bilanci si può notare che, nonostante i volumi di gas venduti, il personale dedito alla vendita sia minimo rispetto a quello delle società con altre tipologie di clientela. In effetti, basti pensare che anche con pochi contratti l’anno, firmati con dei produttori di energia elettrica da ciclo combinato, ci si assicura dei clienti con consumi veramente considerevoli.
L’analisi dei costi commerciali ci ha così permesso di suddividere in maniera analitica le società per tipologie di cliente, ma non ci ha tuttavia fornito indicazioni in merito a possibili economie di scopo raggiunte con la vendita congiunta. In parte, ciò è sicuramente imputabile alle scarse informazioni date dai bilanci, costruiti spesso per evidenziare il superfluo e celare dati vitali per l’impresa; dall’altra però, se non dubitiamo che vantaggi di costo ci possano essere, è anche vero che non pare assurdo immaginare che aumentare il proprio volume d’affari vendendo dei MWh di elettricità debba costare per forza molto meno che vendere dei MWh aggiuntivi di gas. Per di più, vista l’incidenza dei costi, ci si può aspettare che delle economie di scopo possano essere raggiunte dagli operatori con clientela residenziale; infatti, considerando quanto poco incidono i costi commerciali sugli operatori con le altre tipologie di clientela, pare difficile che la vendita congiunta possa comportare notevoli risparmi di costi commerciali. Grazie a quest’analisi, abbiamo potuto osservare come le società che attuano la vendita congiunta non ottengono dei margini superiori alle altre. Infatti, l’unica possibilità di vantaggi di costo sarebbe potuta derivare da possibili economie nell’ambito commerciale, vista la rigidità e le peculiarità del costo della materia prima. Questo ragionamento, però, non nega che ci siano dei vantaggi nella diversificazione dell’attività di vendita. In effetti, sebbene le economie di scopo non sembrino evidenti, dallo studio, tuttavia, risulta che non ci siano nemmeno delle diseconomie, o comunque dei vantaggi competitivi di chi opera da più tempo nella vendita del gas. Questo vuol dire che, se il motivo principale della diversificazione non risiede nel conseguimento di economie di scopo, i costi commerciali, allo stesso tempo, non risultano nemmeno essere delle barriere all’entrata. Dai dati sopra riportati, infatti, non risulta che gli operatori elettrici siano gravati da costi maggiori nella vendita di gas. Di più, possiamo dire che, almeno dal lato dell’approvvigionamento, le società elettriche erano già presenti nel settore del gas, dovendo, infatti, acquistarlo come combustibile. Ecco, tra l’altro, il motivo di un più rapido ingresso nella vendita al consumatore finale: la liberalizzazione ha fornito loro un’ulteriore possibilità di profitto tramite il gas, prima confinata alla sola produzione di energia elettrica: sfruttando, infatti, i loro contratti d’acquisto per l’approvvigionamento e la rete commerciale già esistente per l’energia elettrica, hanno potuto vendere il gas ai consumatori finali senza essere gravati da diseconomie.
 


Conclusioni

A questo punto, dopo aver presentato le serie di dati raccolti e rielaborati, possiamo rispondere alla domanda che ha motivato questo lavoro. Lo scopo di quest’analisi è quello di scoprire quali siano i motivi che stanno spingendo gli operatori del gas e, di riflesso, quelli dell’elettrico, verso la vendita combinata dei due prodotti.
Abbiamo volutamente concentrato l’analisi sul settore del gas, facendo in modo che la vendita dell’energia elettrica apparisse indirettamente, perché, al contrario degli operatori elettrici, per le società che vendono gas i processi di diversificazione sono degli esperimenti più recenti. Le società elettriche qui introdotte sono servite, anzitutto, per confrontare le motivazioni dei processi di convergenza. Inoltre, come già ricordato, la complessità del settore elettrico non consente né delle generalizzazioni, né tanto meno delle semplificazioni che rischierebbero di condurci a conclusioni erronee.
L’evidenza che ha fatto da sfondo a tutta la nostra analisi è la differenza di redditività fra elettrico e il gas. Ed è proprio questa differenza di redditività fra i due prodotti, almeno ad avviso di chi scrive, il motivo principale che spinge gli operatori che vendono gas alla diversificazione. Come abbiamo visto, infatti, non solo il gas è meno redditizio, ma in anni di costi d’approvvigionamento molto elevati, le società corrono il serio rischio che la vendita di gas generi dei redditi operativi (EBIT) negativi. La vendita congiunta dei due prodotti servirà, allora, per differenziare il rischio e consentire, in anni come il 2005, il sussidio all’attività di vendita del gas. Questa diversificazione del rischio, tra l’altro, può rendere più flessibile l’impresa nelle sue politiche commerciali, consentendole anche di osare di più nella formulazione dei prezzi alla propria clientela: contratti vantaggiosi per i clienti potranno essere più facilmente offerti da aziende che non dipendono da una sola fonte per i loro risultati economici e finanziari.
Richiamando la teoria economica, pensiamo di individuare il paradigma più adeguato per questa convergenza fra gas ed elettrico, in ambito commerciale, rifacendoci all’approccio di risk diversification presentato da Bhide, nel 1993. Bisogna, tuttavia, porre un caveat importante: il settore elettrico è sì più redditizio, ma la maggior parte del valore aggiunto è catturata nella fase di generazione. Come già detto in precedenza, ciò non vuol dire che la fase commerciale non sia anch’essa più redditizia di quella del gas; ma solamente che per godere appieno della maggior redditività del settore elettrico, non ci si può accontentare di entrare nella sola fase commerciale.
Al contrario, invece, dobbiamo chiederci perché gli operatori elettrici abbiano deciso di entrare in un mercato meno redditizio. Sicuramente, essendo il gas una materia prima per la produzione di energia, molti gruppi elettrici erano già dotati di piccole strutture commerciali che compravano gas e lo rivendevano alle centrali del gruppo, prima ancora di iniziare a venderlo a terzi. Quindi, la vendita di gas a clienti finali è stata una conseguenza naturale; inoltre, è ben vero che la redditività è inferiore rispetto a quella ottenibile attraverso la vendita dell’energia elettrica, ma, come dimostrato dai dati, anche in paesi come l’Italia, i margini possono essere interessanti. Tuttavia, il contributo più convincente di Wright (2006), sta proprio nel sottolineare che la liberalizzazione del settore energetico introduce degli elementi d’incertezza lungo tutto la filiera, sia per il gas, sia per l’elettrico. Nel caso della vendita, l’incertezza principale è dovuta all’instabilità del portafoglio clienti. Infatti, per poter programmare e contrattare approvvigionamenti a lungo termine, un’impresa deve poter essere in grado di prevedere la domanda cui andrà incontro. Quindi, maggior incertezza equivale a maggiori rischi in merito ai volumi da acquistare. Ci aspetteremo dunque che le imprese vogliano ridurre questi rischi. Ed ecco che la vendita congiunta di due beni può sicuramente diminuire l’incertezza: grazie all’offerta duale, un’impresa può fidelizzare il cliente e rendere più difficile che questo decida di sostituire il proprio fornitore.
La vendita di entrambi i prodotti, però, non rischierebbe di configurare una vendita collegata (bundling): i suoi presupposti, infatti, sono il conseguimento di margini superiori alla concorrenza, cosa che non parrebbe dal riscontro empirico. A nostro avviso, invece, il rischio più plausibile legato alla vendita congiunta è ravvisabile nella possibile creazione di switching costs. Nel caso in esame, questi sarebbero i costi associati alla ricerca di un operatore che sia più conveniente su entrambi i prodotti. Con questo, non sosteniamo in alcun modo che la vendita congiunta debba per forza configurare una fattispecie di sfruttamento del potere di mercato: un’offerta duale potrebbe benissimo rappresentare una riduzione di prezzo per chi decidesse di sfruttarla. Tuttavia, il moltiplicarsi di queste offerte dovrebbe sicuramente rendere le autorità antitrust più vigili.
Dal confronto fra operatori elettrici ed operatori del gas, possiamo dunque trarre un’importante conclusione: il motivo principale all’integrazione orizzontale risiede per i primi nella volontà di fidelizzare il cliente, forse anche attraverso la creazione di switching costs che lo dissuadano dal cambiare fornitore; per i secondi, invece, è da ricercarsi nella volontà di differenziazione del rischio d’impresa.
Ciò non vuol dire che il motivo principale dell’uno non sia il motivo secondario dell’altro: infatti, anche gli operatori del gas che decidano di optare per la vendita duale, avranno il vantaggio di fidelizzare il cliente e di poter creare degli switching costs. Allo stesso modo, gli operatori elettrici, oltre a fidelizzare i clienti, beneficeranno della diversificazione del rischio.


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WRIGHT P., Gas Prices in the UK, Oxford University Press, Oxford, 2006.


Risorse Internet:


• Per i Bilanci delle società:

AEM, www.aem.it;
Bayerngas, www.bayerngas.de;
Centrica, www.centrica.com;
Distrigaz, www.distrigaz.com;
EDISON, www.edison.it;
Electrabel, www.electrabel.com;
Endesa, www.endesa.com;
ENEL, www.enel.it;
ENI, www.eni.it;
EON Ruhrgas, www.eon.com;
Essent, www.essent.nl;
Gas Natural, www.gasnatural.com;
Gaz de France, www.gazdefrance.com;
RWE Energy, www.rwe.com;
RWE Npower, www.rwe.com;
Scottish Power, www.scottishpower.com;
VNG, www.vng.de,
Wingas, www.wingas.com.


• Autorità Nazionali ed Europee:

AEEG (Italia), www.autorita.energia.it;
CEER (Europa), www.ceer-eu.org;
CNE (Spagna), www.cne.es;
CRE (Francia), www.cre.fr;
CREG (Belgio), www.creg.be;
ERGEG (UE), www.ergeg.org;
OFGEM (Regno Unito), www.ofgem.gov.uk.

 

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* IEFE – Università Bocconi, Milano, federico.pontoni@unibocconi.it.
1 Per la fruizione del dataset si può contattare l’autore.
2 Si veda infra per il dettaglio delle società studiate. Per una presentazione più approfondita dell’attività commerciale degli operatori si veda Nery, Pontoni (2006).
3 Riclassificazione come da manuali di finanza aziendale, si veda, ad esempio: Damodarn, Finanza Aziendale, Apogeo, 2006.
4 L’analisi dei bilanci è terminata a marzo, i bilanci del 2006 sono disponibili solo dopo aprile 2007.
5 IAS/IFRS.
6 Più spesso si tratta di un paniere di riferimento, dove sicuramente il peso maggiore è dato dai prodotti petroliferi, nel quale, però, non sono escluse altre fonti fossili.
7 Nei fatti, altro elemento molto importante è la capacità di negoziare indicizzazioni al petrolio più o meno tempestive nell’aggiornare il prezzo del gas.
8 Come da Direttiva 2003/96/CE.
9 Dati AEEG. Si ricorda che, al contrario delle utenze industriali, per i clienti domestici l’IVA non è detraibile, fatto che porta ad un aumento del 20% il prezzo del gas.
10 Dati Heren.
11 Con l’ovvia eccezione dei Paesi Bassi, paese esportatore, e del Regno Unito, di cui analizzeremo la variazione dei prezzi al NBP.
12 Crescita che ha avuto il suo picco nel primo semestre 2006.
13 Gas prices in the UK, Ilex Energy Report, 2004.
14 Si veda Nery, Pontoni (2006).
15 Si veda sempre Nery, Pontoni (2006).
16 Si intendono alla fine del 2005, nel mercato della clientela indicata.
17 Purtroppo l’Autorità tedesca è stata costituita solo nel 2005 e non dispone ancora di database.
18 L’attività di vendita del gas s’inserisce nel concetto di ottimizzazione dell’allocazione della materia prima con cui alimenta le sue centrali.
19 Società controllata al 35% da Gazprom.
20 Si veda infra per una precisa quantificazione della variazione dei margini.
21 Questo può servire per ottimizzare gli acquisti: nella borsa elettrica i prezzi sono stabiliti su base oraria, quindi, un operatore in grado di discriminare i clienti in base alle fasce orarie di consumo, potrà minimizzare i costi d’acquisto.
22 Per questo paragrafo utilizzeremo solo i dati del 2005, più precisi rispetto a quelli del 2004, per quanto riguarda la scomposizione, voce per voce, delle componenti di costo.
23 Si vedano, ad esempio, le indagini conoscitive dell’Autorità italiana

 



Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 10/06/2007

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