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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Strategie commerciali nel settore europeo del gas
Commercial strategies in the EU gas industry
Federico Pontoni*
Abstract
The aim of this article is to shed some light on the causes leading to diversification in the energy sector. In particular, we will focus on European gas companies, in order to analyze their performances and the profitability of the commercial activity. Our analysis will show that the commercial activity is the least profitable among the activities in the gas sector. Thanks to our cross-section analysis, we will demonstrate that the disintegration imposed by EU directives to vertical integrated gas companies is, indeed, pushing those companies toward horizontal re- integration with other sectors, especially with the electrical one. The main explication of this, however, is not to be found in scope economics theory, but rather in risk diversification one. Our findings are robust, as there is no significant cost reduction in selling both products; while, on the other hand, there is the possibility that electricity revenues subsidize gas losses whenever its purchasing price rises. .
Key words: diversification, scope economics, gas sector.
Introduzione
Obiettivo di questo lavoro è approfondire la conoscenza della fase commerciale
della vendita del gas; cercheremo, inoltre, di indagare le motivazioni che
spingono le società che vendono gas a proporre ai clienti finali anche energia
elettrica. Per fare questo, analizzeremo anche le società elettriche che hanno
deciso di compiere il passo simmetrico, vale a dire vendere ai propri clienti
anche il gas.
Anzitutto, bisogna spiegare la scelta del campione di riferimento, i dati
analizzati e l’arco temporale studiato, ovvero tutto ciò che compone il nostro
dataset1.
Abbiamo deciso di focalizzare la nostra attenzione solo sulle società che
vendono gas a consumatori finali (industriali, commerciali e residenziali), nei
sette paesi che da soli contano per circa l’80% del consumo europeo; ovvero, in
ordine di quantità: Regno Unito, Germania, Italia, Francia, Paesi Bassi, Spagna
e Belgio. Se da un lato la scelta di questi paesi non merita ulteriori
precisazioni, è importante spiegare il perché dell’analisi solamente di società
che vendono a consumatori finali: a differenza di grossisti e shippers,
le società analizzate sono le uniche che potrebbero o che hanno già iniziato a
vendere gas ed elettrico insieme. Ciò è dovuto al fatto che solo i consumatori
finali sono interessati all’offerta duale, vale a dire gas ed elettrico insieme.
Nel campione sono presenti sia società storicamente operanti nel settore del
gas, sia società elettriche che solo più di recente hanno iniziato a
commercializzarlo.
Le società presenti in questo studio sono ventidue2.
Per ogni società abbiamo isolato costi e ricavi dell’attività commerciale,
riclassificando i dati secondo lo schema riportato qui di seguito3.
Qualora l’attività commerciale comprenda, oltre la vendita di gas ed
elettricità, anche quella di altri servizi, questi ultimi sono stati esclusi, al
fine di concentrarci sull’argomento del nostro studio. Ove possibile, questa
riclassificazione è stata a sua volta calcolata per l’attività di vendita del
gas e per l’attività di vendita dell’energia elettrica, con lo scopo di vedere
la contribuzione data da ciascun prodotto alla formazione del fatturato e del
risultato operativo (EBIT). Infine, abbiamo calcolato il margine operativo
(EBIT/Ricavi di vendita) per l’attività di vendita di entrambi i prodotti e,
sempre ove possibile, il margine operativo per la vendita di ciascuno di essi.
Tabella 1 - Riclassificazione dati di bilancio
Ricavi di vendita |
(costo materie prime) |
Valore Aggiunto |
(costi commerciali e amministrativi) |
EBITDA |
(ammortamenti) |
EBIT |
Fonte elaborazione dell’autore
Per quanto riguarda l’arco temporale, abbiamo preso in considerazione il biennio
2004-2005, essenzialmente per due motivi: per prima cosa, i dati relativi a
questo periodo sono i più recenti possibili4;
in secondo luogo, solo per questi due anni i bilanci sono conformi ai principi
contabili internazionali5.
Il prezzo del gas
Le altre due, necessarie, premesse riguardano la formazione del prezzo del gas e
la sua evoluzione nel periodo preso in considerazione. Entrambe le tematiche
risulteranno in seguito essenziali per meglio leggere i dati e la loro
evoluzione.
Formazione del prezzo
Per quel che concerne la formazione del prezzo del gas, questa si
ottiene incrociando il metodo del netback value, per il compratore, e il
metodo cost plus, per il produttore. Il metodo netback value dà un
prezzo limite, quello del prodotto sostitutivo più economico, a cui vengono
sottratti i costi cui andrà incontro il compratore: da questa sottrazione si
ottiene il prezzo massimo che egli potrà pagare al venditore. Al contrario, il
metodo cost plus indica tutti i costi sostenuti dal venditore, che devono essere
ripagati. Risulta subito evidente come il prezzo del gas sia quindi legato
all’andamento della fonte alternativa di riferimento, cioè il petrolio . Più in
generale, possiamo dire che il margine della trattativa è legato alla rendita di
rarità delle fonti esauribili (legge di Hotelling). Chi, fra le due parti, avrà
maggiore potere contrattuale, potrà fare sua questa rendita. Oltre al prezzo del
petrolio (da considerarsi dato), esistono altre quattro voci che incidono sul
prezzo del gas: i costi di trasporto, distribuzione e stoccaggio (dati
anch’essi, in quanto stabiliti dalle competenti autorità nazionali) e il costo
commerciale, unica componente che dipende dalle società . Si capisce quindi bene
l’utilità di studiare i costi commerciali dei singoli operatori, al fine di
capire chi può avere margini maggiori nelle trattative di approvvigionamento.
Fonte elaborazione dell’autore
Figura 1 - Determinazione del prezzo
Uniche, parziali, eccezioni al metodo del netback value sono il NBP
inglese, unica vera borsa del gas europea, l’hub belga di Zeebrugge,
punto d’interconnessione fra Regno Unito ed Europa, e quello olandese di Emden.
In questi punti di scambio, il prezzo è determinato dalle leggi della domanda e
dell’offerta.
La formazione del prezzo così descritta vale lungo tutta la filiera. Ai
consumatori finali si applicano, inoltre, accise e tasse che variano a seconda
del volume dei consumi. Le legislazioni fiscali di ogni paese sono diverse,
tuttavia l’Unione Europea ha voluto introdurre un livello minimo di accisa sugli
usi industriali8, al
fine di evitare che la leva fiscale potesse essere usata quale strumento di
alterazione della concorrenza. Il valore minimo di questa accisa è pari a 5,715
€/1000m3. Un recente studio (Cerniglia, 2005), mostra come le accise,
nei sette paesi di riferimento del nostro studio, siano sostanzialmente simili.
Nel 2004, l’incidenza fiscale media ponderata nell’UE per i consumatori
industriali variava dal 18,5% al 21,4% a seconda dei volumi consumati. Maggiori
diversità si riscontrano, invece, sui clienti domestici, per i quali l’incidenza
fiscale sul prezzo finale può superare, come in Italia, il 40%9.
Evoluzione del prezzo nel biennio 2004-2005
Concentriamoci adesso sull’evoluzione del prezzo del gas nel biennio
2004-2005. Anzitutto, analizzeremo il prezzo all’importazione10
per i paesi di riferimento del nostro studio11.
Successivamente, osserveremo le variazioni di prezzo per le tre tipologie di
consumatori individuate da Eurostat.
L’analisi dei prezzi all’importazione, tra l’altro, ci consentirà di analizzare
la prima delle due componenti di costo per gli operatori; per i costi
commerciali, invece, si rimanda al paragrafo 1.6. Osserviamo, adesso, proprio il
grafico sui prezzi all’importazione: dobbiamo dire che, mentre nel 2004 il
prezzo è stato relativamente stabile, nel 2005, trainato dal petrolio, il prezzo
del gas è cresciuto considerevolmente12.
Fonte elaborazione dell’autore su
dati Heren
Figura 2 - Andamento dei prezzi all’importazione
Come si evince dal grafico proposto, la crescita dei prezzi è stata omogenea.
Ciò è facilmente spiegabile dal fatto che i venditori sono sostanzialmente gli
stessi per tutti, e che i prezzi di questi contratti d’importazione devono tutti
avere delle indicizzazioni al petrolio molto simili. Lo spread, invece, è
dovuto soprattutto ai differenti costi di trasporto. La crescita media dei
prezzi all’importazione è stata del 34%. Questo dato è molto importante ai fini
della nostra analisi, in quanto gli operatori si sono trovati a fronteggiare dei
costi sensibilmente più elevati dell’anno precedente, con un picco giunto
proprio nel periodo invernale, momento, al netto dei prelievi dallo stoccaggio,
di maggior fermento, vista la stagionalità della domanda di gas13.
Vediamo ora l’andamento del prezzo per le tre tipologie di consumatori
individuate da Eurostat. La prima tipologia è quella dei grossi clienti
industriali, con un consumo medio annuo di 100 GWh. I rilevamenti di Eurostat
sui prezzi per questa categoria di consumatori sono semestrali. Ciò è dovuto al
fatto che questi consumatori sono stati i primi ad essere idonei per il mercato
liberalizzato, con la conseguenza che i prezzi possono oscillare maggiormente
nell’arco dell’anno. In tutti i paesi per questi clienti esiste un’effettiva
concorrenza, con tassi di switch dall’operatore storico confortanti.14
Tabella 2 - Prezzi grossi clienti industriali: €/MWh, tasse escluse
Paese |
1° sem. 04 | 2° sem. 04 | 1° sem. 05 | 2° sem. 05 | Var. annua |
Belgio |
16,13 | 13,50 | N.D. | N.D. | N.D. |
Francia |
14,58 | 15,95 | 18,76 | 20,59 | 29% |
Germania |
19,22 | 19,08 | 22,82 | 25,20 | 31% |
Italia |
17,21 | 17,21 | 18,90 | 20,92 | 22% |
Paesi Bassi |
N.D. | N.D. | N.D. | N.D. | N.D. |
Regno Unito |
13,10 | 12,70 | 15,44 | 16,74 | 38% |
Spagna |
14,87 | 14,04 | N.D. | N.D. | N.D. |
Fonte elaborazione dell’autore su dati Eurostat
L’apertura di questo segmento di clientela è confortata anche dai dati: nel
2005, a fronte di un aumento medio dei prezzi all’importazione del 34%, la
crescita del prezzo ai grossi industriali è stata di circa il 30%.
Effettivamente, se riprendiamo la figura 6 possiamo notare come per i grandi
consumatori industriali, il costo d’acquisto del gas sia dovuto essenzialmente
al costo della materia prima. Quindi, in un mercato concorrenziale, ci
aspettiamo che i prezzi varino in perfetta armonia con il prezzo del gas
all’importazione. Ciò non impedisce che alcuni venditori abbiano sofferto questo
aumento dei prezzi: dobbiamo ricordare, infatti, che le grandi utenze
industriali hanno un forte potere contrattuale. Alcuni venditori di gas, proprio
per conquistare quote di mercato, potrebbero aver negoziato, con queste utenze,
prezzi meno volatili, assumendosi il rischio degli aumenti dei prezzi
all’importazione.
Veniamo ora ai clienti industriali. Questa tipologia di clienti individuata da
Eurostat ha un consumo medio di 11,3 GWh all’anno. Per questo segmento di
clientela i tassi di switch sono molto variabili: si va da paesi con una
concorrenza effettiva, quali Spagna e Regno Unito, a paesi con concorrenza
pressoché inesistente, come la Francia15.
Tabella 3 - Prezzi clienti industriali: €/MWh, tasse escluse
Paese |
2004 | 2005 | Var. annua |
Belgio |
19,01 | 18,97 | 0% |
Francia |
18,58 | 22,39 | 21% |
Germania |
23,00 | 27,08 | 21% |
Italia |
20,16 | 21,92 | 9% |
Paesi Bassi |
N.D. | N.D. | N.D. |
Regno Unito |
16,92 | 20,92 | 24% |
Spagna |
15,88 | 16,85 | 6% |
Fonte elaborazione dell’autore su dati Eurostat
Come si può ben vedere, per questo segmento di clientela la situazione è molto
differente: gli aumenti nel corso del 2005 ci sono stati, ma sono stati molto
più contenuti rispetto all’aumento dei prezzi all’importazione. L’aumento medio
è stato, infatti, del 13%, circa 21 punti in meno dell’aumento dell’import
price. Questo minor aumento si può spiegare con la differenza del meccanismo
di aggiornamento dei prezzi. Al contrario delle grosse utenze industriali, i cui
contratti prevedono una maggiore volatilità del prezzo, per i clienti di questo
segmento, i prezzi sono più bloccati. Gli accordi di modifica del prezzo di
fornitura sono spesso su base annuale, quindi ci possiamo aspettare di
riscontrare un notevole aumento dei prezzi solo nel 2006. Questa minor
volatilità è dovuta, anzitutto, per compensare un prezzo già maggiorato da
un’incidenza dei costi di trasporto e distribuzione più significativa, e dal
fatto che le utenze più piccole non sono in grado di far fronte ad un repentino
aumento dei prezzi modificando il loro consumo energetico (cosa che, invece,
possono fare i clienti detti interrompibili, i quali possono velocemente
cambiare fonte energetica in caso di aumento del prezzo di fornitura). Contratti
che posticipino gli aumenti dei prezzi sono dunque preferiti da questa
clientela, perché consentono di poter meglio programmare i loro consumi.
Infine, vediamo l’andamento dei prezzi per le utenze domestiche. Secondo
Eurostat, il consumo medio dei clienti residenziali si aggira intorno a 23 MWh
annui. Ciò vuol dire utilizzare il gas non solo per cucinare e scaldare l’acqua,
ma anche per il riscaldamento della casa durante il periodo invernale.
Tabella 4 - Prezzi clienti residenziali: €/MWh, tasse escluse
Paese |
2004 | 2005 | Var. annua |
Belgio |
30,20 | 31,86 | 5% |
Francia |
N.D. | 32,40 | N.D. |
Germania |
32,76 | 36,58 | 12% |
Italia |
31,97 | 32,33 | 1% |
Paesi Bassi |
29,41 | 34,70 | 18% |
Regno Unito |
23,47 | 24,88 | 6% |
Spagna |
35,82 | 36,90 | 3% |
Fonte elaborazione dell’autore su dati Eurostat
La media degli aumenti è intorno al 7%. Di fatto, le utenze domestiche non hanno
risentito dell’aumento vertiginoso dei prezzi nel 2005. I prezzi sono stati
ritoccati verso l’alto nel 2006 (aumento del 16%, fonte Eurostat), ma, in questo
segmento di clientela, è ben evidente l’intervento delle varie autorità
competenti. Infatti, con la sola eccezione del Regno Unito, tutti i paesi
europei prevedono ancora delle tariffe/prezzi regolati che tutelano le utenze
domestiche dal rischio di un aumento del costo della materia prima.
A questo punto dobbiamo fare alcune considerazioni conclusive sui prezzi del
gas. L’anomalia di questa fase transitoria (ricordiamo che la liberalizzazione
avrà il suo compimento solo il 1° luglio 2007) è riscontrabile nella
contemporanea presenza di un mercato concorrenziale e uno regolato, con la
conseguenza che un drastico aumento dei prezzi all’importazione può generare
effetti completamente differenti sulle diverse tipologie di clienti. Tuttavia, è
lecito attendersi che, anche dopo la completa liberalizzazione del settore, il
settore domestico continuerà a godere di tutele, al fine di evitare possibili
oscillazioni di prezzo. Questa protezione, tuttavia, ha anche un rovescio della
medaglia: se il prezzo del gas dovesse rapidamente scendere, proprio come
successo in questa fine 2006, i clienti residenziali si troverebbero a pagare un
prezzo più alto dovuto al fatto che le formule tariffarie su cui è costruito il
prezzo tengono in considerazione prezzi di periodi precedenti. Per quel che
concerne il nostro studio, invece, ci aspetteremo delle differenze notevoli fra
i dati del 2004, anno in cui i costi per gli operatori sono stati abbastanza
stabili, e i dati del 2005, anno che ha visto questo improvviso aumento dell’import
price. In particolar modo, ci aspettiamo che le società maggiormente
penalizzate siano quelle con clientela business (piccoli artigiani,
settore terziario) e domestica.
Società del campione e struttura commerciale
Come abbiamo già detto, sono 22 le società utilizzate in questo studio come
campione. Di seguito presentiamo l’elenco e la loro principale clientela di
riferimento.
Tabella 5 - Società analizzate
Società |
Nazione |
Clientela principale |
Quota sul mercato di riferimento16 |
Distrigaz |
Belgio |
Industriale |
80% |
Electrabel |
Belgio |
Residenziale/Business |
70% |
Gaz de France |
Francia |
Tutte le tipologie |
79% |
G.E. Grenoble |
Francia |
Residenziale/Business |
1% |
Rhurgas |
Germania |
Industriale |
N.D. |
RWE Energy |
Germania |
Tutte le tipologie |
N.D. |
VNG |
Germania |
Industriali |
N.D. |
Wingas |
Germania |
Industriali |
N.D. |
Bayerngas |
Germania |
Industriali |
N.D. |
ENI Gas & Power |
Italia |
Tutte le tipologie |
60% |
Enel |
Italia |
Residenziali/Business |
18% |
Edison |
Italia |
Industriale |
6% |
AEM Energia |
Italia |
Residenziale/Business |
3% |
AMGA Genova |
Italia |
Residenziale/Business |
3% |
Essent |
Paesi Bassi |
Tutte le tipologie |
N.D. |
Gas Natural |
Spagna |
Industriali |
48% |
Endesa |
Spagna |
Tutte le tipologie |
12% |
British Gas Residential |
Regno Unito |
Residenziale |
54% |
British Gas Business |
Regno Unito |
Business/Industriale |
Compresa in B.G. Res. |
Centrica Energy |
Regno Unito |
Industriale |
N.D. |
Scottish Power |
Regno Unito |
Residenziale/Business |
9% |
NPower |
Regno Unito |
Tutte le tipologie |
9% |
Fonte elaborazione dell’autore
Come si può notare, abbiamo campionato tutte le tipologie di clientela. Anche
nel caso della Germania, di cui non abbiamo le quote di riferimento17,
possiamo comunque dire di aver selezionato i più importanti operatori, sia in
termine di volume trattati, sia in termine di giro d’affari. Purtroppo, sono
carenti le società spagnole e tedesche che vendono gas alle utenze domestiche.
Per quanto riguarda la Spagna, questo si spiega principalmente per il fatto che
i dati di vendita e distribuzione ai clienti residenziali sono presentati
congiuntamente; per la Germania, dobbiamo ricordare che la vendita alle utenze
familiari è fatta da società municipalizzate che distribuiscono e vendono
elettricità, gas ed acqua e non presentano, almeno al pubblico, dati divisi per
attività.
Le società segnate in rosso
non vendono esclusivamente a clienti finali, ma anche ad altre società di
vendita del gas. Ciò non inficia in nessun modo la nostra analisi per quanto
riguarda i margini di vendita; tuttavia ci porterà a sottostimare il peso dei
costi commerciali, per via dei maggiori volumi venduti.
In verde,
invece, sono segnate le società che hanno come settore di origine quello
elettrico, ma che ormai da tempo operano nel settore del gas. Un esempio per
tutti può essere Edison, storica società elettrica italiana, presente anche
nell’attività di estrazione del gas proprio per fornire le sue centrali di
produzione. Quelle analizzate sono le prime società elettriche ad aver sfruttato
il processo di liberalizzazione dei settori. L’analisi dei loro margini di
vendita ci sarà utile per confrontare le strategie di integrazione orizzontale.
Ci chiederemo, infatti, se i drivers che spingono all’integrazione
orizzontale società operanti nel settore elettrico siano diversi da quelli che
guidano i processi d’integrazione messi in atto da società operanti nel settore
del gas.
Di tutte le società abbiamo considerato esclusivamente l’attività di vendita di
gas ed elettricità, escludendo tutti gli altri ricavi. Inoltre, sono stati
esclusi i ricavi derivanti dalla vendita di gas ed elettrico effettuata al di
fuori dell’UE. In tutti i casi, i dati della vendita di gas ed elettricità sono
stati reperiti dai bilanci consolidati: quindi, quando per comodità si parlerà,
ad esempio, di RWE Energy, si intenderanno tutte le società da essa possedute,
operanti nella compravendita di gas ed elettricità. L’unica società compresa nel
dataset di cui abbiamo preso i dati dal suo proprio bilancio e non dal
consolidato della società madre è AEM Energia. AEM Energia è parte del gruppo
AEM Milano S.p.A., che per ogni attività ha una società dedicata. AEM Energia è
la società che vende gas a tutte le tipologie di clientela; AEM Elettricità,
invece, vende elettricità a tutte le tipologie di clientela. La particolarità,
che ci ha fatto propendere per analizzare solo AEM Energia, è che da qualche
anno questa società vende elettricità a 326 grosse utenze industriali. Quindi,
cercheremo di capire perché, anziché affidare la vendita ad AEM Elettricità, la
capogruppo abbia deciso di vendere energia elettrica a queste utenze
direttamente attraverso AEM Energia.
Ora, presentato anche il campione, prima di condurre la nostra analisi, dobbiamo
spendere qualche parola sull’attività commerciale. Come vedremo dall’analisi dei
costi, l’incidenza del costo commerciale è molto diversa a seconda delle
tipologie di clientela cui ci si rivolge. Questo è dovuto in parte ai volumi che
si trattano (un conto è chiudere un contratto con un’utenza industriale, un
altro con una domestica) in parte a delle spese che caratterizzano l’attività di
vendita alle utenze domestiche (pubblicità e servizi post-vendita). Per il
resto, non c’è molta differenza: tutte le società devono solamente avere del
personale che acquisti gas e dell’altro che lo rivenda. Inoltre, le società
dedite alla compravendita di gas non hanno particolari obblighi di legge,
dovendo solamente rispettare degli standard di qualità commerciale, che
spiegheremo qui di seguito.
Non essendo responsabili della consegna fisica del gas alle utenze, in quanto
soggetti giuridicamente distinti dai distributori, le società di vendita non
devono supportare i costi dovuti al rispetto delle norme di sicurezza, né i
costi dovuti alla costruzione o riparazione degli impianti in questione. L’unico
obbligo in capo alla società venditrice è quello di essere anche un
intermediario fra il cliente e il distributore nel caso di problemi di
fornitura. Le legislazioni vigenti, infatti, al fine di non aggiungere alcun
onere al consumatore, obbligano il venditore ad essere l’unica controparte per
ogni tipo di problema, da quelli di natura contrattuale, a quelli di natura
fisica. Sarà poi la società venditrice, qualora il problema sia di competenza
del distributore, a contattare la società di distribuzione affinché questa lo
risolva.
La struttura dei costi è quindi costituita, al netto del costo di acquisto della
materia prima, dai costi del personale, dai costi amministrativi e dagli
ammortamenti, che, tuttavia, hanno un peso minimo, in quanto in capo alla
struttura commerciale non può essere attribuita alcuna infrastruttura.
Dati del 2004
Presenteremo, adesso, i dati relativi al 2004, anno di prezzi all’importazione
relativamente stabili. Per prima cosa faremo una suddivisione del nostro
campione in tre sottocategorie: dal rapporto fra ricavi dovuti alla vendita del
gas e i ricavi totali, individueremo quale sia, per ciascun operatore, la fonte
principale di fatturato, relativamente all’attività di vendita delle due fonti.
Di seguito presentiamo le società che includeremo nella categoria “elettrico”,
per via del fatto che il peso del gas sul fatturato è inferiore al 35%.
Tabella 6 - Gruppo “elettrico”
Società | Ricavi Totali | Ricavi Gas | % |
Endesa |
6.386 |
196 |
3 |
Enel |
19.254 |
1.396 |
7 |
Electrabel |
11.541 |
1.817 |
16 |
Scottish Power |
5.380 |
916 |
17 |
Npower |
5.605 |
1.096 |
20 |
RWE Energy |
22.450 |
6.220 |
28 |
Fonte elaborazione dell’autore
Il secondo gruppo, che definiremo “misto”, è rappresentato da quelle società i
cui ricavi dovuti alla vendita del gas sono maggiori del 35%, ma inferiori al
65%.
Tabella 7 - Gruppo “Misto”
Società | Ricavi Totali | Ricavi Gas | % |
G.E. Grenoble |
85 |
28 |
33 |
Edison |
6.535 |
2.231 |
34 |
Essent |
4.641 |
1.979 |
43 |
British Gas Business |
1.752 |
764 |
44 |
Fonte elaborazione dell’autore
Infine, presentiamo il gruppo più nutrito, denominato “gas”, dove tutti gli
operatori hanno come attività caratteristica la vendita del gas, avendo un
volume d’affari da questo generato superiore al 65%.
Tabella 8 - Gruppo “Gas”
Società | Ricavi Totali | Ricavi Gas | % |
British Gas Residential |
8.615 |
6.088 |
71 |
AEM Energia |
496 |
360 |
73 |
AMGA |
347 |
275 |
79 |
Gas Natural |
4.426 |
3.952 |
88 |
ENI |
13.050 |
13.050 |
100 |
Distrigaz |
2.785 |
2.785 |
100 |
Wingas |
2.593 |
2.593 |
100 |
Rhurgas |
10.304 |
10.304 |
100 |
VNG |
3.320 |
3.320 |
100 |
Bayerngas |
1.312 |
1.312 |
100 |
Gaz de France |
13.855 |
13.855 |
100 |
Centrica Energy |
1.140 |
1.140 |
100 |
Fonte elaborazione dell’autore
Questa prima, preliminare suddivisione ci consente già due considerazioni. Se da
un lato appare scontato che le società appartenenti alla nostra etichetta
“elettrico” siano effettivamente degli storici operatori di quel settore, e la
stessa cosa succede per le società nel gruppo “gas”, dall’altra sia il gruppo
misto, sia il peso del gas sui rispettivi ricavi, indicano alcune tendenze che
meritano di essere evidenziate. Su 22 società, solo 8 hanno come unica attività
di vendita quella del gas. Di queste 8, 6 sono anche importatori nei relativi
paesi e comprano volumi notevoli di gas. Bayerngas, invece, ha come scopo
sociale fornire di gas la regione di Monaco di Baviera. Infine, Centrica Energy
ai consumatori finali vende solo gas, ma come attività principale ha quella
della produzione d’energia elettrica, ceduta poi a grossisti18.
Per quanto riguarda le società che vendono entrambi i prodotti, si nota subito
come gli operatori storicamente appartenenti al settore elettrico siano molto
più attivi rispetto a quelli del settore del gas. Infatti, le uniche due società
appartenenti al settore del gas che vendono quantità considerevoli di elettrico
sono British Gas Residential e British Gas Business (tanto che quest’ultima è
ormai un operatore misto, con la quota di elettricità superiore alla quota di
gas). Sicuramente, poiché il mercato energetico inglese è liberalizzato da molto
più tempo, gli operatori hanno iniziato prima dei concorrenti europei a
ristrutturarsi secondo le nuove logiche del mercato. Ma per quanto riguarda gli
altri paesi, perché sembrano essere più attivi gli operatori elettrici nella
diversificazione orizzontale?
Vediamo adesso di analizzare più a fondo i dati economici.
Riclassificando le società secondo il margine di contribuzione, si può subito
notare come, delle prime dieci società, solamente 3 siano esclusivamente delle
venditrici di gas. Più precisamente, ENI Gas & Power occupa la sesta posizione
con un margine dell’11,7%; Distrigaz occupa l’ottava posizione (10%) e Wingas19
la decima (9,4%). La presenza solo di questi tre pesi massimi del settore del
gas, di cui neanche uno nei primi cinque posti, è sicuramente sorprendente e
mostra come sia più difficile ottenere dei margini importanti con la sola
vendita di gas. Infatti, delle ultime dieci società, solo due non sono degli
operatori della sottocategoria “gas”: British Gas Business, quattordicesima con
un margine del 5,7% e Scottish Power, diciannovesima con un margine del 2,5%.
Addirittura abbiamo una società, Centrica Energy, che in un anno con prezzi del
gas relativamente stabili, chiude con EBIT negativo e conseguente margine del
-2,5%. Come già accennato, dunque, questa classifica sembrerebbe mostrare che la
vendita dell’elettricità, o del combinato gas-elettrico, sia più redditizia
rispetto alla sola vendita di gas. Effettivamente, analizzando solo il margine
di contribuzione generale, anche le società del gruppo “gas” che vendono un po’
di energia elettrica hanno rendimenti leggermente migliori. A questo punto c’è
da chiedersi se ciò sia dovuto all’effetto della vendita combinata, che aumenta
i margini di entrambi i prodotti, oppure se tutto il merito non debba, invece,
essere attribuito all’elettricità. Per fare questo, come seconda analisi poniamo
le società in ordine decrescente di margine di contribuzione della vendita di
gas. Questa simulazione, tuttavia, non offre nessuna tendenza generale a livello
di attività di vendita: sul margine di contribuzione del gas non sembra esserci
alcun effetto dovuto alla vendita congiunta. Appare, tuttavia, una piccola
tendenza paese, dovuta al fatto che le società italiane e tedesche riescono ad
ottenere una valorizzazione migliore del gas. Al contrario, i margini di
contribuzione del gas per le società del Regno Unito, risultano essere i più
bassi. Questo dato sembra congruente con altri studi, ad esempio Cerniglia
(2005), che indicano il mercato tedesco e quello italiano come i due mercati
dove esistono i maggiori margini di profitto. Al contrario, il posizionamento
scarso delle società inglesi conferma una volta di più l’effettiva concorrenza
del mercato britannico.
Dal breve confronto fra le prime due simulazioni, si evince che la miglior
performance delle società che vendono gas ed elettrico sia da attribuirsi
essenzialmente a quest’ultimo. A conferma di questa tesi, si veda la tabella
seguente, dove sono confrontate le percentuali di contribuzione della vendita di
gas al fatturato e all’EBIT.
Tabella 9 - Differenza di peso dell’attività di vendita del gas
Società | Ricavi gas/ Ricavi tot. | EBIT Gas/ EBIT tot | Differenza |
British Gas Residential |
71% | 31% | -40 |
British Gas Business |
44% | 14% | -29 |
Electrabel |
16% | -12% | -28 |
G.E. de Grenoble |
33% | 13% | -20 |
Gas Natural |
89% | 77% | -13 |
Edison |
34% | 22% | -12 |
Endesa |
3% | 1% | -2 |
Enel |
7% | 5% | -2 |
AEM Energia |
73% | 83% | +10 |
AMGA |
79% | 91% | +11 |
Fonte elaborazione dell’autore
Come è facile da intuire, l’incidenza della vendita di gas sull’EBIT è in otto
casi su dieci minore della sua incidenza sui ricavi. Le differenze non sono di
poco conto; nettissimo è il caso di British Gas Residential: più dei due terzi
del fatturato sono da attribuirsi alla vendita di gas, la quale contribuisce,
però, a meno di un terzo del reddito operativo (EBIT). Di fatto, a livello di
EBIT i rapporti di forza si ribaltano, e l’elettricità diventa la voce che vale
quasi il 70%. Anche per altre quattro società la riduzione è sensibile: British
Gas Business, Electrabel (dove, addirittura, la vendita dell’elettrico sussidia
quella del gas, visto che l’EBIT totale è positivo, mentre quello relativo alla
vendita del gas è negativo), G.E. Grenoble e Gas Natural. Diverso il discorso
per Endesa ed Enel: il gas incide pochissimo sul loro fatturato e soffre di una
riduzione minima a livello di contribuzione all’EBIT. Prima di trarre delle
conclusioni, tuttavia, è meglio verificare l’andamento di questi indici nel
2005. Solo per i due operatori italiani, il rapporto di forze s’inverte. La
vendita di gas contribuisce in misura maggiore alla formazione dell’EBIT
rispetto al peso che ha sul fatturato. Per entrambe la spiegazione è semplice.
Tutte e due acquistano energia elettrica da altre società del gruppo e la
rivendono a delle utenze industriali (per cui sono fornitrici di entrambi i
prodotti). Il prezzo di acquisto e quello di vendita sono simili: da qui si
evince la volontà dei due gruppi di imputare il ricavo della vendita di energia
elettrica in capo non alle due società da noi analizzate, ma alla società del
gruppo che ha come core business la vendita di elettricità. Questo
principio è dotato di una forte logica economica: infatti, a livello
consolidato, i dati delle società non risultano essere distorti da attività che
non rientrano nella loro specializzazione. L’elemento che più interessa la
nostra analisi, tuttavia, è che tre storiche società del settore del gas, ovvero
le due British Gas e la spagnola Gas Natural, beneficino in modo così netto
della vendita di elettrico.
In nessuna delle simulazioni precedentemente presentate, invece, si è palesato
un effetto dovuto alla tipologia di clientela degli operatori, né tanto meno un
effetto volume: basti notare che, indipendentemente dalle nostre
riclassificazioni, società come Gaz de France e Gas Natural, che vendono
rispettivamente 540 TWh e 288 TWh, stazionano sempre negli ultimi posti.
Tuttavia, partendo dai costi commerciali, è possibile fare una divisione delle
società per tipologie di clientela, analisi cui dedicheremo un apposito
paragrafo
Dati del 2005
Passiamo adesso all’analisi dei dati del 2005. In questo periodo i prezzi
all’importazione sono cresciuti considerevolmente, intorno al 34%. L’ipotesi,
forte, ma verosimile, che faremo nelle seguenti analisi, è che tutti gli
operatori abbiano subito un aumento dei costi d’approvvigionamento intorno a
questa cifra. Se consideriamo, infatti, che i prezzi all’importazione prima
presentati, si riferiscono ai prezzi pagati dalle società responsabili
dell’importazione per ciascuno dei sette paesi analizzati, si capisce come
queste, a loro volta, abbiano aumentato il prezzo di vendita, in maniera
proporzionale, ai grossisti.
La suddivisione nelle sottocategorie prima individuate non cambia: tutte le
società rimangono nei gruppi cui erano state assegnate. Per quel che riguarda
ENI Gas & Power, abbiamo una minima quantità di vendita di energia elettrica,
pari all’1% del fatturato. Si riducono così a sette le società che vendono solo
ed esclusivamente gas.
Ordinando le società in funzione decrescente del margine operativo, notiamo
subito che, in un anno dove si è vissuto un rapido aumento dei prezzi del gas,
le performance di tutte le società del gruppo “gas” sono peggiori delle società
del gruppo “elettrico” e del gruppo “misto”. Tuttavia, come nell’anno
precedente, solo Centrica Energy consegue un EBIT totale negativo. Tutte le
altre società, almeno a livello aggregato, hanno dei risultati operativi in
pareggio o positivi. Nelle prime dieci società, resistono solo ENI Gas & Power e
Wingas: la prima perde una posizione, classificandosi settima con un margine
dell’8,1%; la seconda si posiziona ancora decima con una margine del 5,9%. Più
in generale, possiamo notare dei margini più ridotti rispetto al 2004. Si può
trarre, quindi, una prima conclusione: in un anno in cui i prezzi
all’importazione del gas sono aumentati in media del 34%, gli operatori non sono
riusciti a rispondere con un altrettanto rapido aumento dei loro prezzi ai
consumatori finali, soffrendo, quindi, una contrazione del loro margine20.
Questo aumento dei prezzi all’importazione, e un più generale aumento del costo
delle fonti fossili, ha portato ad una lieve riduzione anche del margine
operativo degli operatori “misti” ed “elettrici”.
Mettiamo le società in ordine decrescente di margine sulla vendita del gas. Come
per l’anno precedente, non riscontriamo margini maggiori sulla vendita di gas
per chi vende entrambi i prodotti. Vengono, tuttavia, confermate le tendenze
paese, soprattutto quella italiana: anche in un periodo di costi della materia
prima elevati, le società italiane riescono ad avere un margine superiore ai
loro concorrenti europei. La riclassificazione fatta evidenzia, inoltre, come
per quattro società (British Gas Residential, G.E. Grenoble, Electrabel e
Centrica Energy), la vendita di gas abbia comportato una perdita operativa.
Qui di seguito, presentiamo una tabella strutturata come la n° 9, ovviamente con
i dati del 2005, per vedere quale effetto abbia avuto sulla formazione dell’EBIT
la crescita del costo d’acquisto del gas. Per il 2005 abbiamo, inoltre, 2
osservazioni in più, per un totale significativo di 12 società: ENI Gas & Power
e Scottish Power, che hanno fornito solo per il 2005 i dettagli necessari alle
nostre riclassificazioni.
Tabella 10 - Differenza di peso dell’attività di vendita del gas - 2005
Società | Ricavi gas/ Ricavi tot. | EBIT Gas/ EBIT tot | Differenza |
G.E. de Grenoble |
34% | -98% | -132 |
British Gas Residential |
70% | -14% | -84 |
Gas Natura |
86% | 51% | -35 |
lElectrabel |
14% | -7% | -21 |
British Gas Business |
46% | 26% | -20 |
ENI Gas & Power |
99% | 91% | -9 |
Edison |
40% | 36% | -4 |
Endesa |
4% | 1% | -3 |
Enel |
8% | 5% | -3 |
Scottish Power |
19% | 18% | -1 |
AEM Energia |
75% | 91% | +16 |
AMGA |
73% | 92% | +19 |
Fonte elaborazione dell’autore
Nel 2005, per ben tre società il reddito operativo (EBIT) del gas è negativo:
G.E. Grenoble, British Gas Residential ed Electrabel. Per tutte e tre possiamo,
quindi, parlare di sussidio dell’attività di vendita dell’elettrico all’attività
di vendita del gas. Notevoli sono anche i dati per Gas Natural: l’elettrico, che
conta solo per il 14% a livello di fatturato, provvede a quasi il 50% dell’EBIT.
Per le due società italiane, che sono in netta controtendenza, vale il discorso
fatto in precedenza. Infatti, anche nel 2005, i ricavi ottenuti dalla vendita di
energia elettrica sono trasferiti alle altre società del gruppo.
A questo punto possiamo permetterci alcune riflessioni dalle quali c’eravamo
astenuti nel paragrafo precedente. La linea di tendenza, con questa verifica
cross-section su base biennale, sembra abbastanza marcata. L’attività di
vendita del gas sembra essere poco, o comunque, meno redditizia della vendita
dell’elettrico. Di più, possiamo dire che la vendita congiunta pare non avere
effetti positivi sui margini della vendita del gas, che risulta essere molto
condizionata dall’andamento dei prezzi all’importazione o, in ogni caso, dal
costo di approvvigionamento. Infatti, nel 2005, delle 19 società per cui abbiamo
potuto misurare il margine operativo della vendita di gas, 4 chiudono in perdita
(Centrica Energy, G.E. Grenoble, Electrabel, British Gas Residential), 2 in
sostanziale pareggio (Gas Natural e Gaz de France), e solo 8 società riescono ad
ottenere margini superiori al 4% (AEM Energia, Ruhrgas, Distrigaz, Wingas, ENI,
Edison, Enel e Npower), ma comunque tutti molto inferiori ai margini ottenuti
dall’elettrico (si veda, ad esempio G.E. Grenoble con un 19,5% generato dalla
vendita di energia elettrica).
Diamo ora un ultimo sguardo ai dati relativi alla vendita del gas attraverso un
confronto più analitico delle variazioni occorse fra il 2004 ed il 2005.
Tabella 11 - Variazioni 2004-2005 sull’attività di vendita del gas
Società | Var. Ricavi Gas | Var. Volume | Var. EBIT Gas | Var. Margine |
Endesa |
86% | 47% | 10% | -41% |
Edison |
48% | 20% | 30% | -12% |
Wingas |
47% | 13% | -8% | -38% |
Gas Natural |
46% | 10% | -52% | -67% |
Ruhrgas |
44% | 8% | -11% | -38% |
B. G. Business |
32% | 8% | 107% | 57% |
Distrigaz |
31% | 3% | -28% | -45% |
ENI |
27% | 11% | -20% | -36% |
Gaz de France |
25% | 6% | -23% | -38% |
Bayerngas |
24% | 5% | 32% | 7% |
AEM Energia |
16% | 0% | 0% | -13% |
AMGA |
15% | 9% | -42% | -49% |
VNG |
15% | -2% | -47% | -54% |
Enel |
15% | 0% | 4% | -9% |
G.E. Grenoble |
12% | -5% | -690% | -627% |
B.G. Residential |
1% | -5% | -117% | -117% |
Centrica Energy |
1% | -13% | -772% | -767% |
Electrabel |
-3% | -14% | -45% | -43% |
Fonte elaborazione dell’autore
Potremmo dire che i dati sono di facile interpretazione. Tranne Electrabel,
tutte le società hanno aumentato il loro fatturato dovuto al gas. L’aumento
medio è stato del 27%. Questo aumento è dipeso per la maggior parte dall’aumento
dei prezzi, visto che i volumi sono sì cresciuti, ma molto meno rispetto
all’incremento del fatturato. La crescita media dei volumi è stata, infatti, del
6%. Non solo, 5 società hanno ridotto i volumi venduti (VNG, G.E. Grenoble,
British Gas Residential, Centrica Energy ed Electrabel), 2 hanno venduto gli
stessi volumi dell’anno precedente (Enel e AEM) e solo 2 società hanno
incrementato in modo consistente i volumi trattati (Endesa ed Edison). Gli
incrementi di fatturato, spiegabili attraverso gli incrementi di prezzo, sono in
linea con i rilevamenti Eurostat che indicavano un amento dei prezzi ai
consumatori finali nel 2005. Quindi, a fronte di costi d’acquisto della materia
prima più alti, le società hanno risposto con prezzi più elevati. I dati più
interessanti, però, si trovano nella terza e quarta colonna. Anzitutto, solo per
5 società il valore assoluto dell’EBIT è cresciuto (Endesa, Edison, British Gas
Business, Bayerngas ed Enel). Se analizziamo le tipologie di clientela di questi
operatori ci accorgiamo che tre vendono principalmente ad una clientela
industriale, che, come abbiamo visto in precedenza, è legata ai propri fornitori
da contratti che rispondono in modo più rapido alle variazioni di prezzo. Si
può, quindi, desumere che i tre operatori sopra menzionati abbiano potuto
adeguare rapidamente i loro prezzi di vendita. Per quanto riguarda il
sorprendente aumento di British Gas Business, con un EBIT variato, in termini
assoluti, da 14 milioni di euro a 29 milioni di euro, può essere spiegato con
l’aumento notevole di clienti avuto nel 2005, ai quali sono stati sottoposti
contratti che già potevano annullare l’effetto di crescita dei costi di
approvvigionamento. Infine, l’aumento di Enel del 4% è di poco conto, rispetto
all’aumento del fatturato. Per le altre 13 società, invece, l’aumento dei costi
ha annullato l’aumento dei ricavi, riducendo l’EBIT rispetto al 2004.
L’ultima colonna, invece, spiega la variazione percentuale del margine
operativo. Le cifre non devono impressionare, perché, essendo delle variazioni
percentuali di dati già espressi in percentuale, tendono ad amplificare la
variazione avvenuta. Il dato che interessa è che per sole 2 società il margine
operativo è cresciuto (British Gas Business e Bayerngas). Tutte le altre, quindi
anche per le 3 cui il valore assoluto dell’EBIT era aumentato, hanno sofferto
una riduzione dei margini. Questa tabella spiega anche i motivi che hanno
portato quattro società (British Gas Residential, Centrica Energy, Electrabel e
G.E. Grenoble) ad un EBIT negativo. Anzitutto, hanno tutte avuto una contrazione
dei volumi venduti (indice di perdita di clienti, come peraltro certificato dai
loro bilanci) e un incremento minimo se non inesistente dei ricavi. Tre su
quattro (G.E. Grenoble, British Gas Residential e Electrabel), inoltre, vendono
gas ad utenze domestiche, i cui contratti sono meno flessibili alle variazioni
di prezzo. Per quanto riguarda Centrica Energy, invece, i risultati negativi
ottenuti nel biennio in questione sono il risultato di contratti di fornitura a
lungo termine stipulati con grosse utenze industriali a prezzi con
indicizzazioni poco rispondenti alla realtà economica (come indicato nel
bilancio della società).
I dati fin qui analizzati ci forniscono due indicazioni importanti: per prima
cosa, la vendita di elettricità è più redditizia della vendita del gas; come
seconda indicazione, in termini di margini operativi, non esistono dei benefici
dovuti alla vendita congiunta. La prima indicazione merita una considerazione.
Fino a questo momento, infatti, non avevamo indagato oltre, prendendo questa
differenza come un dato di fatto, che non meritasse spiegazione alcuna. In
realtà, troviamo che sia necessario riassumere in modo coinciso le differenze
che comportano questa differenza di redditività. La struttura del settore
elettrico è molto più complessa di quella del settore del gas. Anzitutto, esiste
una fase specifica di questo settore: la generazione. Proprio in questa fase si
concentra la maggior parte della produzione del valore aggiunto: un mix
variabile di materie prime, tramite l’utilizzo di diverse tecnologie, genera
l’elettricità, ovvero il prodotto finale. Una seconda grande differenza è la
maggiore specificità di ciascun mercato nazionale: i prezzi, infatti, variano
molto a seconda della tecnologia che si utilizza per produrre energia elettrica.
In Europa, differenti paesi hanno parchi elettrici molto diversi: si va da paesi
come la Francia, che sfrutta il nucleare per generare il 70% del suo fabbisogno,
a paesi come l’Italia e la Spagna, che utilizzano tantissimo le fonti fossili,
su tutte il gas. Questo comporta una forte disomogeneità dei prezzi e delle
strutture dei mercati, rendendo un’analisi a livello europeo così complessa da
meritare uno studio specifico.
Per quel che concerne la fase commerciale, dobbiamo dire che non esistono
contratti a lungo termine, ma i venditori si approvvigionano di energia
elettrica in tre modi: dalle centrali dei gruppi cui appartengono, se facenti
parte di gruppi verticalmente integrati, sulla borsa elettrica o attraverso
contratti bilaterali di durata annuale. Questi metodi consentono una maggior
flessibilità, e, soprattutto una maggiore reattività ad eventuali aumenti di
prezzo: permettono agli operatori di rinegoziare sia i prezzi, sia i volumi.
Bisogna ricordare, inoltre, che il gas è una materia prima, mentre l’energia
elettrica è un “prodotto finito”. Quest’ultima è, dunque, immediatamente
utilizzabile, mentre l’impiego del gas è subordinato ad un procedimento di
trasformazione, che rappresenta un costo per l’azienda. Il venditore, nella
formulazione del prezzo dell’energia elettrica, potrà giocare, perciò, anche
sulle differenze fra il prezzo al MWh dell’elettricità da lui fornita e la somma
data dal prezzo del gas e dal costo di trasformazione in energia di quest’ultimo
(perdite comprese). Le imprese che abbiamo analizzato sono tutte presenti anche
nella generazione di energia elettrica. Anche le società del gruppo “gas” che
vendono energia elettrica hanno una loro capacità produttiva (British Gas
Residential e British Gas Business fanno parte del gruppo Centrica, gruppo
attivo anche nella generazione). Questo porta a pensare che il vero guadagno,
più che nella fase commerciale, sia da ricercare nella fase di generazione,
vantaggio che poi si decide di ripartire su tutte le fasi della filiera, quindi
anche in quella commerciale. Senza voler contestare questa impostazione,
confermata anche dalla letteratura (Stoft, 2002), possiamo comunque dire che,
grazie ai diversi modi di approvvigionamento, alla relativa minor volatilità del
prezzo (dovuta al mix di materie prime per la sua generazione) ed alla
possibilità di misurare, in tempo reale, i consumi dei propri clienti21
(Joskow, Tirole, 2004), anche la fase commerciale dell’energia elettrica può
garantire margini superiori rispetto alla vendita del gas.
Per rispondere ai quesiti che ci siamo posti, si necessita di un’analisi dei
costi commerciali.
I costi commerciali
I costi sostenuti dagli operatori possono, come già detto in precedenza, essere
suddivisi in due categorie: i costi di approvvigionamento e i costi commerciali.
Dopo esserci soffermati sui costi d’approvvigionamento nel paragrafo dedicato al
prezzo, appare necessaria un’analisi sull’unica componente di costo
determinabile dagli operatori, per capire se da questi dati si possa evincere
qualcosa in merito alla vendita congiunta, visto che questa, da un punto di
vista dei margini, sembra non apportare particolari benefici. Infatti, dalle
analisi prima svolte, l’unico stimolo evidente alla vendita congiunta viene dal
fatto che la vendita dell’elettricità sia molto più redditizia di quella del
gas. I costi saranno valutati rispetto ai MWh venduti: l’ipotesi sottostante è
che vendere dell’elettricità o del gas, da un punto di vista commerciale,
comporta gli stessi costi. In particolare, noi ci concentreremo sui costi di
vendita del gas. Certo, sarebbe stato meglio calcolare i costi per ogni singolo
cliente, ma avremmo necessitato di informazioni molto particolareggiate in
merito al numero di clienti, al loro consumo medio, e alla loro classificazione.
Purtroppo queste informazioni non sono quasi mai reperibili. Tuttavia, l’analisi
dell’incidenza sul prezzo del gas per MWh venduto è prassi consolidata anche
dalle Autorità competenti.
Per prima cosa, presentiamo una tabella con tutti i costi commerciali e la loro
relativa incidenza sul volume d’affari22.
Con questa presentazione potremo, da una parte, grazie al valore assoluto dei
costi commerciali, suddividere le società per tipologie di clientela,
dall’altra, attraverso l’incidenza di questi sul volume d’affari, capire quale
sia il peso di questa componente all’interno dell’attività di vendita.
Tabella 12 - Costi commerciali
Società | Costi €/MWh | % sui Ricavi gas |
Electrabel |
6,21 | 26% |
AMGA |
5,42 | 21% |
British Gas Residential |
4,79 | 15% |
Enel |
3,11 | 10% |
Scottish Power |
2,88 | 10% |
British Gas Business |
2,39 | 9% |
AEM Energia |
1,36 | 4% |
Ruhrgas |
0,75 | 3% |
Bayerngas |
0,51 | 2% |
Gas Natural |
0,38 | 2% |
VNG |
0,27 | 1% |
Wingas |
0,13 | 1% |
Fonte elaborazione dell’autore
Dalla presentazione di questi dati possiamo, anzitutto, suddividere le società
in tre categorie ben distinte: le società che hanno clientela prettamente
residenziale (Electrabel, AMGA e British Gas Residential), le società con
clientela residenziale e clientela Business (Enel, Scottish Power e British
Gas), infine, società con clientela industriale (Ruhrgas, Bayerngas, Gas Natural,
VNG e Wingas). Un discorso a parte è da fare per AEM Energia: la maggior parte
della sua clientela è sicuramente residenziale, tuttavia, a causa della
presenza, nel suo portafoglio clienti, di alcuni grossi operatori industriali, i
costi commerciali sono in parte falsati, facendo sì che AEM Energia risulti un
ibrido non classificabile.
Per le società con clientela residenziale, i costi commerciali sono una
componente importante, che ovviamente decresce col crescere dei volumi venduti.
L’incidenza dei costi commerciali è dovuta principalmente a due spese specifiche
per questa tipologia di clientela: le spese pubblicitarie e le spese per il
servizio post-vendita. Per quel che riguarda le spese pubblicitarie,
l’introduzione della concorrenza obbliga l’operatore a segnalare la sua presenza
sul mercato: la visibilità deve essere notevole, soprattutto per educare i
consumatori residenziali che non sono ancora consapevoli della possibilità di
scegliere il proprio operatore. Per la seconda tipologia di spesa, dobbiamo fare
una piccola riflessione. Sebbene, infatti, tutti gli oneri relativi alla
sicurezza ed alla qualità siano di competenza dei distributori, il fatto che il
venditore debba essere l’unica controparte per il cliente, lo obbliga ad avere
servizi attivi 24 ore su 24, per poter rispondere a qualsiasi sollecito dei
clienti, anche se spesso questo si riduce a fare da tramite con il distributore.
Per le società con clientela business e piccoli industriali, i costi commerciali
sono simili alle società con clientela principalmente residenziale; tuttavia, i
maggiori volumi medi consumati da ciascun cliente, rendono le spese commerciali
meno rilevanti rispetto al volume d’affari. Inoltre, sempre analizzando la
percentuale, notiamo come questa si attesti intorno al 10% per tutti e tre gli
operatori: senza voler generalizzare, pensiamo però di poter dire che sembra
difficile poter scendere molto sotto quella soglia (viste anche le percentuali
dei costi per gli operatori che vendono a grosse utenze industriali), che pare
dunque essere la funzione di costo ottima, in rapporto alla clientela.
Per le società che vendono gas ai grossi clienti industriali, possiamo vedere
che i costi sono minimi, sia in valori assoluti, sia in termini percentuali.
Effettivamente, anche leggendo i bilanci si può notare che, nonostante i volumi
di gas venduti, il personale dedito alla vendita sia minimo rispetto a quello
delle società con altre tipologie di clientela. In effetti, basti pensare che
anche con pochi contratti l’anno, firmati con dei produttori di energia
elettrica da ciclo combinato, ci si assicura dei clienti con consumi veramente
considerevoli.
L’analisi dei costi commerciali ci ha così permesso di suddividere in maniera
analitica le società per tipologie di cliente, ma non ci ha tuttavia fornito
indicazioni in merito a possibili economie di scopo raggiunte con la vendita
congiunta. In parte, ciò è sicuramente imputabile alle scarse informazioni date
dai bilanci, costruiti spesso per evidenziare il superfluo e celare dati vitali
per l’impresa; dall’altra però, se non dubitiamo che vantaggi di costo ci
possano essere, è anche vero che non pare assurdo immaginare che aumentare il
proprio volume d’affari vendendo dei MWh di elettricità debba costare per forza
molto meno che vendere dei MWh aggiuntivi di gas. Per di più, vista l’incidenza
dei costi, ci si può aspettare che delle economie di scopo possano essere
raggiunte dagli operatori con clientela residenziale; infatti, considerando
quanto poco incidono i costi commerciali sugli operatori con le altre tipologie
di clientela, pare difficile che la vendita congiunta possa comportare notevoli
risparmi di costi commerciali. Grazie a quest’analisi, abbiamo potuto osservare
come le società che attuano la vendita congiunta non ottengono dei margini
superiori alle altre. Infatti, l’unica possibilità di vantaggi di costo sarebbe
potuta derivare da possibili economie nell’ambito commerciale, vista la rigidità
e le peculiarità del costo della materia prima. Questo ragionamento, però, non
nega che ci siano dei vantaggi nella diversificazione dell’attività di vendita.
In effetti, sebbene le economie di scopo non sembrino evidenti, dallo studio,
tuttavia, risulta che non ci siano nemmeno delle diseconomie, o comunque dei
vantaggi competitivi di chi opera da più tempo nella vendita del gas. Questo
vuol dire che, se il motivo principale della diversificazione non risiede nel
conseguimento di economie di scopo, i costi commerciali, allo stesso tempo, non
risultano nemmeno essere delle barriere all’entrata. Dai dati sopra riportati,
infatti, non risulta che gli operatori elettrici siano gravati da costi maggiori
nella vendita di gas. Di più, possiamo dire che, almeno dal lato
dell’approvvigionamento, le società elettriche erano già presenti nel settore
del gas, dovendo, infatti, acquistarlo come combustibile. Ecco, tra l’altro, il
motivo di un più rapido ingresso nella vendita al consumatore finale: la
liberalizzazione ha fornito loro un’ulteriore possibilità di profitto tramite il
gas, prima confinata alla sola produzione di energia elettrica: sfruttando,
infatti, i loro contratti d’acquisto per l’approvvigionamento e la rete
commerciale già esistente per l’energia elettrica, hanno potuto vendere il gas
ai consumatori finali senza essere gravati da diseconomie.
Conclusioni
A questo punto, dopo aver presentato le serie di dati raccolti e rielaborati,
possiamo rispondere alla domanda che ha motivato questo lavoro. Lo scopo di
quest’analisi è quello di scoprire quali siano i motivi che stanno spingendo gli
operatori del gas e, di riflesso, quelli dell’elettrico, verso la vendita
combinata dei due prodotti.
Abbiamo volutamente concentrato l’analisi sul settore del gas, facendo in modo
che la vendita dell’energia elettrica apparisse indirettamente, perché, al
contrario degli operatori elettrici, per le società che vendono gas i processi
di diversificazione sono degli esperimenti più recenti. Le società elettriche
qui introdotte sono servite, anzitutto, per confrontare le motivazioni dei
processi di convergenza. Inoltre, come già ricordato, la complessità del settore
elettrico non consente né delle generalizzazioni, né tanto meno delle
semplificazioni che rischierebbero di condurci a conclusioni erronee.
L’evidenza che ha fatto da sfondo a tutta la nostra analisi è la differenza di
redditività fra elettrico e il gas. Ed è proprio questa differenza di
redditività fra i due prodotti, almeno ad avviso di chi scrive, il motivo
principale che spinge gli operatori che vendono gas alla diversificazione. Come
abbiamo visto, infatti, non solo il gas è meno redditizio, ma in anni di costi
d’approvvigionamento molto elevati, le società corrono il serio rischio che la
vendita di gas generi dei redditi operativi (EBIT) negativi. La vendita
congiunta dei due prodotti servirà, allora, per differenziare il rischio e
consentire, in anni come il 2005, il sussidio all’attività di vendita del gas.
Questa diversificazione del rischio, tra l’altro, può rendere più flessibile
l’impresa nelle sue politiche commerciali, consentendole anche di osare di più
nella formulazione dei prezzi alla propria clientela: contratti vantaggiosi per
i clienti potranno essere più facilmente offerti da aziende che non dipendono da
una sola fonte per i loro risultati economici e finanziari.
Richiamando la teoria economica, pensiamo di individuare il paradigma più
adeguato per questa convergenza fra gas ed elettrico, in ambito commerciale,
rifacendoci all’approccio di risk diversification presentato da Bhide,
nel 1993. Bisogna, tuttavia, porre un caveat importante: il settore
elettrico è sì più redditizio, ma la maggior parte del valore aggiunto è
catturata nella fase di generazione. Come già detto in precedenza, ciò non vuol
dire che la fase commerciale non sia anch’essa più redditizia di quella del gas;
ma solamente che per godere appieno della maggior redditività del settore
elettrico, non ci si può accontentare di entrare nella sola fase commerciale.
Al contrario, invece, dobbiamo chiederci perché gli operatori elettrici abbiano
deciso di entrare in un mercato meno redditizio. Sicuramente, essendo il gas una
materia prima per la produzione di energia, molti gruppi elettrici erano già
dotati di piccole strutture commerciali che compravano gas e lo rivendevano alle
centrali del gruppo, prima ancora di iniziare a venderlo a terzi. Quindi, la
vendita di gas a clienti finali è stata una conseguenza naturale; inoltre, è ben
vero che la redditività è inferiore rispetto a quella ottenibile attraverso la
vendita dell’energia elettrica, ma, come dimostrato dai dati, anche in paesi
come l’Italia, i margini possono essere interessanti. Tuttavia, il contributo
più convincente di Wright (2006), sta proprio nel sottolineare che la
liberalizzazione del settore energetico introduce degli elementi d’incertezza
lungo tutto la filiera, sia per il gas, sia per l’elettrico. Nel caso della
vendita, l’incertezza principale è dovuta all’instabilità del portafoglio
clienti. Infatti, per poter programmare e contrattare approvvigionamenti a lungo
termine, un’impresa deve poter essere in grado di prevedere la domanda cui andrà
incontro. Quindi, maggior incertezza equivale a maggiori rischi in merito ai
volumi da acquistare. Ci aspetteremo dunque che le imprese vogliano ridurre
questi rischi. Ed ecco che la vendita congiunta di due beni può sicuramente
diminuire l’incertezza: grazie all’offerta duale, un’impresa può fidelizzare il
cliente e rendere più difficile che questo decida di sostituire il proprio
fornitore.
La vendita di entrambi i prodotti, però, non rischierebbe di configurare una
vendita collegata (bundling): i suoi presupposti, infatti, sono il
conseguimento di margini superiori alla concorrenza, cosa che non parrebbe dal
riscontro empirico. A nostro avviso, invece, il rischio più plausibile legato
alla vendita congiunta è ravvisabile nella possibile creazione di switching
costs. Nel caso in esame, questi sarebbero i costi associati alla ricerca di
un operatore che sia più conveniente su entrambi i prodotti. Con questo, non
sosteniamo in alcun modo che la vendita congiunta debba per forza configurare
una fattispecie di sfruttamento del potere di mercato: un’offerta duale potrebbe
benissimo rappresentare una riduzione di prezzo per chi decidesse di sfruttarla.
Tuttavia, il moltiplicarsi di queste offerte dovrebbe sicuramente rendere le
autorità antitrust più vigili.
Dal confronto fra operatori elettrici ed operatori del gas, possiamo dunque
trarre un’importante conclusione: il motivo principale all’integrazione
orizzontale risiede per i primi nella volontà di fidelizzare il cliente, forse
anche attraverso la creazione di switching costs che lo dissuadano dal
cambiare fornitore; per i secondi, invece, è da ricercarsi nella volontà di
differenziazione del rischio d’impresa.
Ciò non vuol dire che il motivo principale dell’uno non sia il motivo secondario
dell’altro: infatti, anche gli operatori del gas che decidano di optare per la
vendita duale, avranno il vantaggio di fidelizzare il cliente e di poter creare
degli switching costs. Allo stesso modo, gli operatori elettrici, oltre a
fidelizzare i clienti, beneficeranno della diversificazione del rischio.
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CRE (Francia), www.cre.fr;
CREG (Belgio), www.creg.be;
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OFGEM (Regno Unito), www.ofgem.gov.uk.
_____________
* IEFE –
Università Bocconi, Milano, federico.pontoni@unibocconi.it.
1 Per la fruizione del dataset si può contattare l’autore.
2 Si veda infra per il dettaglio delle società studiate. Per una
presentazione più approfondita dell’attività commerciale degli operatori si veda
Nery, Pontoni (2006).
3 Riclassificazione come da manuali di finanza aziendale, si
veda, ad esempio: Damodarn, Finanza Aziendale, Apogeo, 2006.
4 L’analisi dei bilanci è terminata a marzo, i bilanci del 2006
sono disponibili solo dopo aprile 2007.
5 IAS/IFRS.
6 Più spesso si tratta di un paniere di riferimento, dove
sicuramente il peso maggiore è dato dai prodotti petroliferi, nel quale, però,
non sono escluse altre fonti fossili.
7 Nei fatti, altro elemento molto importante è la capacità di
negoziare indicizzazioni al petrolio più o meno tempestive nell’aggiornare il
prezzo del gas.
8 Come da Direttiva 2003/96/CE.
9 Dati AEEG. Si ricorda che, al contrario delle utenze
industriali, per i clienti domestici l’IVA non è detraibile, fatto che porta ad
un aumento del 20% il prezzo del gas.
10 Dati Heren.
11 Con l’ovvia eccezione dei Paesi Bassi, paese esportatore, e
del Regno Unito, di cui analizzeremo la variazione dei prezzi al NBP.
12 Crescita che ha avuto il suo picco nel primo semestre 2006.
13 Gas prices in the UK, Ilex Energy Report, 2004.
14 Si veda Nery, Pontoni (2006).
15 Si veda sempre Nery, Pontoni (2006).
16 Si intendono alla fine del 2005, nel mercato della clientela
indicata.
17 Purtroppo l’Autorità tedesca è stata costituita solo nel
2005 e non dispone ancora di database.
18 L’attività di vendita del gas s’inserisce nel concetto di
ottimizzazione dell’allocazione della materia prima con cui alimenta le sue
centrali.
19 Società controllata al 35% da Gazprom.
20 Si veda infra per una precisa quantificazione della
variazione dei margini.
21 Questo può servire per ottimizzare gli acquisti: nella borsa
elettrica i prezzi sono stabiliti su base oraria, quindi, un operatore in grado
di discriminare i clienti in base alle fasce orarie di consumo, potrà
minimizzare i costi d’acquisto.
22 Per questo paragrafo utilizzeremo solo i dati del 2005, più
precisi rispetto a quelli del 2004, per quanto riguarda la scomposizione, voce
per voce, delle componenti di costo.
23 Si vedano, ad esempio, le indagini conoscitive dell’Autorità
italiana
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 10/06/2007