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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
L’impatto della crisi sul mercato elettrico italiano.
The Impact of the Economic Recession on the Italian Electricity Market.
SERGIO PORTATADINO*
Abstract
The deterioration of the economic
conjuncture has caused the rise of new risks for energy companies, but
especially a significant slowdown of investments, with particular reference to
the renewable sources. The middle/long term impact of the recession could
threaten the green policies of the European (and now also American) Government
and increase our dependence from natural gas, as a recent Pöyry’s research
suggests.
Key words: : Italian Electricity Market, Economic Crise
La sensazione di vivere in un periodo di cambiamento storico pervade anche i
mercati energetici e l’emblema di questo mutamento è rappresentato dalle
oscillazioni del prezzo del greggio, passato nel giro di pochi mesi dal suo
record storico (quasi 150 dollari al barile nel luglio scorso) a livelli vicini
ai 35 $/bl per poi raddoppiare di nuovo in pochissimo tempo.
Qual è il vero effetto di questa crisi sul mercato elettrico italiano? Come
cambieranno, se cambieranno, le scelte di investimento degli operatori?
Il timore è che sul breve/medio periodo ci possa essere un rallentamento sia dei
consumi per via della congiuntura economica negativa, sia degli investimenti –
in particolare quelli nelle tecnologie rinnovabili – a causa della stretta al
credito. Ma ciò che probabilmente peserà di più sull’industria elettrica sarà il
costo del rischio, di difficile valutazione in un mercato che fino ad una decina
di anni fa era ancora sostanzialmente monopolistico (e quindi piuttosto
prevedibile).
In primo luogo, gli operatori elettrici dovranno affrontare un nuovo rischio
legato alla domanda: la crisi finanziaria sta riducendo la ricchezza e la
capacità di spesa sia delle famiglie che delle imprese ed infatti Confindustria,
ma non solo lei, prevede un lungo periodo di recessione almeno fino al 2010.
Questo significa da un lato una stagnazione della domanda, che potrebbe mettere
un notevole freno agli investimenti in campo energetico, dall’altro fa
incrementare il rischio di insolvenza da parte dei consumatori e questo rischio
è particolarmente elevato per le piccole e medie imprese. Il rimedio qui
potrebbe essere l’introduzione e lo sviluppo di sistemi di risk management
che riconoscano il deteriorarsi delle condizioni di contesto e che mirino a
salvaguardare il working capital delle aziende elettriche stressato
dall’incremento delle insolvenze.
L’incremento dell’incertezza sui mercati potrebbe avere un pesante risvolto per
quanto riguarda i nuovi investimenti in generazione elettrica e il settore più
colpito potrebbe essere quello delle energie rinnovabili.
Nel recente passato, il mercato elettrico ha vissuto anni di buoni investimenti.
In Italia, dal 2002 sono stati autorizzati ben 21 GW di nuova capacità
termoelettrica (sostanzialmente tutti cicli combinati che bruciano gas
naturale). Anche le rinnovabili hanno visto un boom, dovuto principalmente a
scelte dei governi che hanno predisposto generosi incentivi, sostenendo gli
investimenti fino al punto da rendere affari certi dei progetti che altrimenti
difficilmente sarebbero stati concepiti.
Così, nonostante gli elevati prezzi delle materie prime – non solo del gas, ma
anche rame, alluminio e acciaio – questi investimenti sono stati comunque
realizzati e per diverse ragioni:
• Inelasticità della domanda
• Bassa competitività dei mercati all’ingrosso
• Significativi incentivi pubblici per il finanziamento delle energie
rinnovabili
• Facile accesso al credito, grazie all’ipertrofia dei mercati finanziari
In altre parole, gli operatori sono stati in grado di realizzare gli
investimenti necessari nonostante i crescenti costi di produzione, anche poiché
la particolare struttura del mercato elettrico permette di traslare ai
consumatori finali parte di questi maggiori oneri.
Poi il crollo della finanza globale.
Le banche falliscono, Lehman Brothers, le Borse a picco, il prezzo del greggio e
delle altre materie prime che torna ai livelli di 5 anni fa e scende ad una
velocità doppia rispetto a quella con cui è salito, i titoli delle società
energetiche che vedono ridursi il proprio valore in Borsa, piani anti‐crisi e
insomma tutto quello che leggiamo sui quotidiani in queste settimane.
E per l’energia elettrica in Italia, che cosa cambia?
Delle condizioni che hanno dato luogo a una fase espansiva degli investimenti,
l’ultima, il facile accesso al credito, è certamente venuta meno. Infatti, si
può registrare sul mercato finanziario un peggioramento delle condizioni di
finanziamento generalmente offerte agli operatori. Tipicamente questo si traduce
con spread più alti, un minor tempo di ritorno e una maggiore quota di capitale
proprio da parte dell’investitore per finanziare i progetti. In aggiunta, il
rallentamento atteso della domanda energetica dovuta alla crisi rende gli stessi
investimenti più rischiosi, perché appunto ci potrebbe essere meno bisogno di
nuova capacità di generazione elettrica e di nuove forniture di gas.
Per quanto riguarda gli altri fattori: la domanda rimarrà comunque
sostanzialmente inelastica1,
per via della necessità dei consumi energetici. Circa la concorrenza sui mercati
all’ingrosso, è difficile prevedere in questo momento la sua evoluzione nel
breve periodo, che dipenderà sia dallo sviluppo dei nuovi strumenti di mercato
previsti, quali ad esempio la borsa a termine e i prodotti finanziari (e il
mercato intraday che dovrebbe nascere secondo il nuovo disegno di mercato
recentemente proposto) sia dal ruolo che nuovi significanti operatori entranti –
EON in primis ma anche GDF-Suez, vorranno avere in questo mercato.
Tuttavia, il pericolo maggiore riguarda più gli investimenti in tecnologie
rinnovabili che in centrali termoelettriche. Gli investimenti realizzati nel
recente passato hanno infatti permesso all’Italia di recuperare il deficit di
generazione che aveva precedentemente accumulato e l’ondata di nuovi impianti
termoelettrici sembra essersi arrestata a prescindere dalla crisi finanziaria: a
testimonianza di ciò si pensi che nessun nuovo progetto è stato autorizzato
ormai dal 2006.
Figura 1 – Nuova capacità termoelettrica autorizzata dal 20022 |
Fonte: Pöyry Energy Consulting su dati MSE, Terna. Note: Nuova potenza autorizzata da impianti termoelettrici di potenza superiore a 300 MWt e di potenza inferiore nella Regione Sardegna. |
Il prezzo della crisi potrebbe dunque essere pagato dagli investitori in energie
rinnovabili, verso cui si era orientato un ampio flusso di capitali, per via del
basso rischio e delle favorevoli condizioni di finanziamento. Ma oggi il
contesto è peggiorato ed oltre al problema relativo al credit crunch, si
deve considerare che la riduzione del prezzo del greggio, qualora si confermasse
nel tempo, renderebbe le rinnovabili meno redditizie e dunque ancora più esposte
al rischio di vedersi tagliati i finanziamenti.
Pesa poi anche il rischio regolatorio che va incrementandosi per via della
crisi: alcuni governi europei, per non gravare le proprie economie di ulteriori
oneri in un momento di difficoltà, stanno mettendo a tema l’effettiva necessità
di un sostegno alle rinnovabili così impegnativo. Non è quindi da escludere una
possibile revisione degli obiettivi delle politiche ambientaliste europee nei
prossimi anni che porterebbe così ad un ulteriore rallentamento del settore.
Infine, una menzione per la tecnologia nucleare, la quale, almeno in Italia,
potrebbe soffrire meno degli impatti della crisi per il semplice motivo che è
ancora un’idea più che un progetto concreto. Nessun nuovo impianto vedrà la luce
in questo paese prima del 2020 ed anzi, siccome il maggior costo di un reattore
è costituito dall’investimento iniziale con un notevole ricorso al debito, è
prevedibile un ulteriore slittamento dei tempi di progettazione, nell’attesa di
un contesto finanziario più favorevole a questo tipo di operazioni.
Insomma, proprio adesso che i prezzi delle materie prime sono diventati più
convenienti, paradossalmente si potrebbe assistere ad una contrazione degli
investimenti. Siccome l’onda di nuovi investimenti in cicli combinati sembra
essersi già arrestata (nessuna nuova centrale autorizzata nel 2008), il rischio
di contrazione degli investimenti potrebbe colpire specialmente l’energia
rinnovabile, verso cui ultimamente si erano concentrati ingenti flussi di
denaro. Dunque, quali conclusioni trarre?
In primis, la contrazione degli investimenti in rinnovabili potrebbe essere
controbilanciata da politiche più mirate all’efficienza energetica, capaci di
coniugare il risparmio dei costi con un approccio eco-sostenibile. Mentre per
quanto riguarda l’andamento nel medio termine del parco di generazione
elettrico, un recente studio della Pöyry3
ha messo in evidenza questi rischi per l’Unione Europea nel suo complesso e
l’Italia non fa eccezione. Pöyry ipotizza tre scenari di sviluppo al 2020
chiamati “Cinico Realismo”, “Tutti i 20” e “Montagne Russe”.
Nel primo scenario, i paesi dell’UE si sforzano di riconciliare gli obiettivi
della Direttiva “20-20-20” con i costi in un contesto di crisi. Lo schema ETS
continua, ma viene sottoposto a periodica verifica e i suoi obiettivi potrebbero
essere ridimensionati. Nel comparto elettrico si fa sempre più forte la
dipendenza del gas, anche negli altri paesi europei. E le maggiori
preoccupazioni provengono da problematiche di natura geopolitica e di sicurezza
delle forniture. Tuttavia questo scenario potrebbe non realizzarsi, data
l’elevata dipendenza dal gas che si scontra con problemi di natura geopolitica e
di relazioni internazionali.
Nel secondo scenario, tutti i paesi investono fortemente per raggiungere i più
ambiziosi obiettivi ambientali europei e la domanda reagisce trasformando le
proprie abitudini in senso eco‐compatibile, così come lo sviluppo tecnologico.
Tuttavia i costi sono elevati e vi è un forte rischio di delocalizzazione
dell’industria manifatturiera in paesi non soggetti alla stringente regolazione
ambientale europea. Tutto dipenderà da come verrà implementato l’accordo sul
pacchetto clima e quanto visto sinora rendono questo scenario altamente
improbabile.
Il terzo scenario è il peggiore, perché secondo lo studio Pöyry è anche, nel
complesso, il più costoso. La domanda viene prevista essere molto debole nei
prossimi anni, con un prezzo del petrolio stagnante sui livelli odierni. Di
conseguenza, l’impeto per il perseguimento dell’efficienza energetica e per lo
sviluppo delle rinnovabili si fa più flebile, ma tutti gli investimenti, per i
motivi sopra citati, si riducono. Tuttavia, dopo un periodo di prezzi bassi la
domanda si irrobustisce di nuovo e, anche a causa degli scarsi investimenti
dovuto proprio alle ai prezzi contenuti delle materie prime, il costo
dell’energia torna a salire vorticosamente, come nel recente passato.
Il grosso rischio che stiamo correndo attualmente è appunto quello di un futuro
altalenante tipico dello scenario “Montagne Russe”, incentrato sull’utilizzo del
gas nella generazione elettrica. Con scarsa attenzione alle problematiche
ambientali e forti preoccupazioni circa la sicurezza delle forniture (da
considerare i problemi sofferti da Gazprom nel mettere on-line nuovi
giacimenti: ci si attende una stretta tra il 2011 e il 2014): ci potrebbero
essere le infrastrutture, ma rischia di mancare la materia prima.
In un momento di crisi di tale portata è facile intuire come le scelte dei
policy maker possano pesare sullo sviluppo dell’industria. Il livello di
incertezza è altissimo, come non si è mai visto in tutta la storia recente del
comparto energetico. Si tratta di compiere delle scelte tra diverse strategie
che hanno payoff differenti. Molte delle scelte da affrontare rischiano
di portare, nel medio periodo, a costi energetici sostenuti per i consumatori
finali, incrementando così il rischio di povertà energetica. I policy maker
sono posti di fronte ad una situazione dove gli investimenti sono a rischio e
allo stesso tempo vengono posti obiettivi importanti in termini di riduzione dei
gas serra e di sviluppo di tecnologie eco-compatibili. Questi richiederebbero
ingenti investimenti e dunque si pone il problema di come creare le migliori
condizioni affinché il comparto energetico superi la crisi e sia in grado di
rispondere alle sfide a cui viene chiamato.
* Pöyry Energy Consulting .
1 La sua contrazione
nell’immediato è da attribuirsi ad un effetto reddito e non dalla reazione al
prezzo dell’energia.
2 Valore che non comprende la differenza di potenza dovuta agli
interventi di modifica e trasformazione.
3 http://www.ilexenergy.com/pages/Documents/Other/EnergyMixPresentation_v1_0.pdf
.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 06/07/2009