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Epicicli e deferenti
Epicycle and Deferent
SERGIO PORTATADINO*
Abstract:
About 10 years ago, Italy decided to strongly support the development of
the renewable energy sources and chose the Green Certificates mechanism as
support system. The choice was (at the time) properly justified because this
mechanism was deemed to be the most efficient among the available options (feed-in
tariffs, premium tariffs, tenders...). However since then, the Government has
intervened many times to amend the legislative framework, therefore changing the
rules of the game (recently it happened three times in less than three months).
This suggests how this system is subject to the regulatory risk.
This article describes the first years of life of the Green Certificates and
wants to start a discussion about the actual efficiency of this support
mechanism.
Keywords: Green Certificates, Premium Tariffs, Feed-in Tariffs,
Tenders
Introduzione
Il sistema dei Certificati Verdi ha da poco compiuto 10 anni. Tra i diversi
meccanismi di incentivazione era stato scelto perché considerato il più
efficiente, ma nella sua implementazione concreta i problemi non sono mancati.
Il continuo cambiamento delle regole del gioco ha dato e dà segnali incerti e
talvolta errati agli investitori, creando gravi inefficienze a danno del sistema
e a spese dei consumatori.
E’ pertanto necessario che la cornice regolatoria sia più stabile nel tempo,
così come avviene per altri sistemi che prevedono una tariffa omnicomprensiva o
a premio1.
I sistemi di incentivazione
Lo scopo del sistema di incentivi dovrebbe essere quello di “accompagnare”
le tecnologie pulite verso la competitività.
Si parte cioè dall’assunto politico che il mondo stia andando a rotoli - troppo
caldo, piatto e affollato - e che il paradigma energetico vada cambiato. Si
riconosce l’utilità delle energie rinnovabili, ma anche la loro scarsità e
onerosità. Si individua il problema principale nella mancanza di una domanda e
si ipotizza che, creando artificialmente una domanda obbligata per queste
tecnologie, poi la naturale maturazione, l’innovazione tecnologica e le economie
di scala, scopo ed esperienza, renderanno le rinnovabili competitive tanto
quanto le più inquinanti tecnologie convenzionali basate sugli idrocarburi.
Con queste premesse, si discute poi di quale sistema incentivante applicare,
quale cioè può essere il più efficiente, a parità di efficacia: tariffa
omnicomprensiva (la c.d. “feed-in”), tariffa a premio sul prezzo dell’energia
elettrica, sistema dei certificati vedi o gare per singoli progetti.
Ciascuna forma di incentivo ha i suoi pro e i suoi contro, come mostrato nella
tabella seguente.
PRO | CONTRO | |
TARIFFA OMNICOMPRENSIVA |
• Efficacia |
• Inefficienza/Onerosità
per il sistema (senza cap ai MW) |
TARIFFA A PREMIO |
• Efficacia (possibilità
di tarare la tariffa sul gap esistente tra le tecnologie) |
• Parziale incertezza
circa i ricavi |
CERTIFICATI VERDI |
• Efficienza |
• Incertezza circa i
ricavi |
GARE/ASTE |
• Possibilità di
limitare i costi di transazione legati allo sviluppo degli impianti |
• Inutile e costoso per
impianti di dimensione troppo limitata |
I Certificati Verdi in Italia
La maggior parte dell’energia rinnovabile italiana è sostenuta dallo schema
dei Certificati Verdi (“CV”)3,
che era stato scelto tra i diversi sistemi di incentivazione perché all’epoca
considerato il più efficiente.
Il legislatore ipotizzò infatti che il meccanismo di mercato rinnovato da un
trading continuo (per cui il prezzo dei CV viene determinato dall’incontro tra
domanda e offerta) avrebbe fornito i segnali di prezzo più precisi agli
investitori, che avrebbero così preso le decisioni di investimento migliori per
sé e per il sistema. L’Italia avrebbe così raggiunto gli obiettivi di produzione
di energia rinnovabile al minor costo.
Tuttavia questo tipo di meccanismo di mercato funziona – ed è veramente
efficiente – se il prezzo del bene scambiato riflette correttamente la scarsità
dello stesso ed i costi necessari al suo consumo o utilizzo. Se così non è, il
sistema rischia di trasformarsi in un boomerang, un’arma che si ritorce contro
chi l’ha creata: a parere di chi scrive questo è proprio il caso dei CV, per
come questo schema è stato implementato in Italia.
Purtroppo il meccanismo dei CV ha dimostrato di non essere così efficiente come
si era immaginato all’inizio ed il prezzo dei certificati solo apparentemente
riflette le dinamiche di domanda e offerta. In realtà questo prezzo altro non è
che il frutto di una serie di scelte politiche del regolatore, un po’ come per
la tariffa omnicomprensiva, ma con in più un elevato rischio-prezzo, che si
trasforma in un maggior onere per il sistema. In effetti, il sistema dei CV,
nonostante sia definito un “meccanismo di mercato”, è in realtà fortemente
dipendente dalle scelte del regolatore, sia per quanto riguarda la domanda che
l’offerta.
Infatti la domanda di CV è determinata così:
Domanda obbligata x Quota d’obbligo |
Entrambi i fattori di questa
moltiplicazione sono stabiliti per legge, perciò se cambia la regolazione cambia
anche la Domanda e, ceteris paribus, il prezzo del CV. E così è stato:
• La domanda soggetta all’obbligo verrà radicalmente modificata a partire dal
2012, con l’obbligo che verrà spostato dai produttori/importatori ai detentori
di un contratto di dispacciamento in prelievo con Terna (in breve i grossisti):
questo dovrebbe quasi raddoppiare la domanda di CV (dai 187 TWh del 2008 a circa
320 TWh del 2012)4
• Attualmente poi la domanda obbligata risente di tutte le esenzioni concesse,
come i produttori di energia rinnovabile, i cogeneratori, gli importatori di
energia certificata come rinnovabile, gli esportatori, e la franchigia dei primi
100 GWh prodotti da tutti gli impianti
• Al momento non è noto se ci saranno delle esenzioni anche con il nuovo regime
dal 2012 in poi
• Sia la quota d’obbligo che la sua evoluzione nel tempo sono fissate dal
regolatore. Attualmente l’evoluzione della quota è stata definita solo fino al
2012, mentre vige la più grande incertezza su cosa accadrà dopo.
Anche l’offerta dipende fortemente dalle scelte di politica energetica, molto
più che dalle dinamiche di mercato. Infatti:
• I coefficienti moltiplicativi5
rendono i CV più remunerativi per alcune tecnologie rispetto ad altre e questi
coefficienti sono stati introdotti soltanto a partire dal 2008
• Prima dell’introduzione dei coefficienti, tutte le tecnologie ricevevano lo
stesso ammontare di CV per unità di generazione e quindi venivano favoriti gli
impianti con i costi di produzione inferiori
• I coefficienti sono poi stati modificati ulteriormente, come dimostra
l’intervento nel corso del 2009 per incrementare quelli riservati alle biomasse
e all’eolico offshore
• Nel momento in cui l’articolo viene scritto, ancora non è stato emanato il
regolamento per identificare puntualmente le biomasse che possono beneficiare di
un coefficiente pari a 1.8 (nelle more si utilizza l’1.3)
• Manca ancora il decreto per identificare puntualmente la frazione
biodegradabile dei rifiuti bruciati negli inceneritori che dà diritto
all’ottenimento dei CV (nelle more si considera 51%)
• Dal 2004 la regolazione ha previsto il riconoscimento dei CV anche agli
impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento6
• La complessità, onerosità e le lungaggini legate al processo autorizzativo
hanno una grande influenza sull’effettiva realizzabilità degli impianti
• La competenza regionale in materia di politica energetica può introdurre delle
distorsioni di natura geografica
• La diversa predisposizione/ostilità delle diverse autorità locali ai progetti
che richiedono l’autorizzazione può creare ulteriori ostacoli
• La possibilità di poter ottenere i CV anche per impianti costruiti in alcuni
paesi esteri (e non in altri) la cui energia viene importata in Italia può
introdurre ulteriori distorsioni nell’offerta di CV.
A queste ingerenze della regolazione si devono poi aggiungere tutti i
provvedimenti che vanno ad incidere direttamente sul prezzo, come i “cap” ed i “floor”.
E qui la lista si allunga…
In primo luogo, fino al 2008 il prezzo dei CV era, de facto, una sorta di
tariffa omnicomprensiva “mascherata” e legata all’incentivo CIP6:7
• In caso di eccesso di domanda, il GSE era tenuto ad emettere i CV mancanti al
prezzo pari all’incentivo CIP6
• In caso di eccesso di offerta, il GSE era tenuto ad acquistare i CV in eccesso
allo stesso prezzo con cui li vende. I CV potevano però essere ceduti al GSE
solo alla loro scadenza e cioè tre anni dopo la loro emissione.
In altre parole il GSE era al contempo l’acquirente e il venditore di ultima
istanza ed il cap e floor coincidevano con l’incentivo dello schema CIP6.
L’unica variante stava proprio nei tre anni di attesa per poter cedere i CV in
eccesso, ma questo si poteva risolvere scontando in banca il prezzo dei CV per
il tempo rimasto.
Questo meccanismo un po’ perverso che rendeva i CV un incentivo simile ad una
tariffa omnicomprensiva (ma ancora una volta, solo nei difetti e non nei pregi)
ha fatto sì che il mercato da corto diventasse molto lungo, fino alla situazione
odierna in cui l’offerta di CV è il doppio della domanda. Infatti i produttori
potevano contare sempre sul ritiro da parte del GSE dei loro CV in eccesso, ad
un prezzo che sembrava più che accettabile.
Non è finita qui: la Legge Finanziaria 2008, modificò ulteriormente il sistema
di cap&floor:
• Il cap divenne pari alla differenza tra un valore di riferimento fissato in
180 €/MWh ed il valore medio del prezzo di cessione dell’energia elettrica
dell’anno precedente, in modo che i ricavi unitari complessivi (CV più vendita
dell’energia elettrica) approssimassero i 180 €/MWh8
• Il floor: il GSE poteva ritirare i CV in scadenza nell’anno, ad un prezzo pari
al prezzo medio registrato l’anno precedente, relativo alle contrattazioni di
tutti i certificati verdi effettuate sia sulla borsa del GME sia mediante
contrattazioni bilaterali.
Tuttavia la situazione di “oversupply” si rivelò talmente grave che il prezzo
dei CV crollò durante tutto il 2008 (v. Figura 1), tanto da convincere il
regolatore ad intervenire nuovamente per sostenere i prezzi in modo ancora più
deciso.
E così fu varato il DM 18/12/2008, il quale ha stabilito che, nel triennio 2009
- 2011, su richiesta dei detentori, il GSE possa ritirare i CV rilasciati per le
produzioni relative agli anni fino al 2010 ad un prezzo pari alla media dei
prezzi di mercato del triennio precedente. Perlomeno l’intervento questa volta
fu efficace: in poco tempo i prezzi salirono del 50% (pari a circa 30 €/MWh) e
il mercato fu “salvo” (anche se non esattamente grazie ad un meccanismo di
mercato…).
Tuttavia la situazione di oversupply
non è si è risolta grazie a questi provvedimenti. Anche per questo motivo, il
Governo ha così promulgato il c.d. Decreto Sviluppo9
che ha spostato l’obbligo di acquisto dei CV dai produttori/importatori ai
grossisti a partire dal 2011, ampliando la domanda teorica di CV da 187 a circa
320 TWh. Questo ha generato molta confusione tra gli operatori, perché la
normativa non stabiliva i criteri di implementazione del nuovo regime (eventuali
esenzioni, nuove quote d’obbligo annuali, etc.), rimandandoli ad un futuro
intervento del Ministero dello Sviluppo Economico (mai avvenuto). Come se non
bastasse, con un successivo provvedimento il nuovo regime è stato rimandato di
un anno10.
Infine, è notizia di questi giorni che il Governo ha approvato in data 30 aprile
2010 un Decreto Legge dove, di fatto – e se fosse effettivamente convertito in
legge senza ulteriori modifiche – la riforma introdotta con la legge 99/09 viene
cancellata con un vero e proprio colpo di spugna, riportando così l’obbligo di
acquisto dei CV in capo ai produttori/importatori…
Insomma regna la confusione più totale e ciò contribuisce a creare un
significativo rischio regolatorio per tutti i soggetti interessati ad investire
nel nostro paese. Così, invece di essere considerata la nuova Mecca per le
energie rinnovabili, l’Italia rischia di diventare uno di quei mercati escluso
dai grandi investimenti per colpa del cosiddetto “rischio paese”.
Considerazioni conclusive
Fino ad oggi il sistema dei CV in Italia è stato tutto meno che un meccanismo di
mercato ed è invece fortissimo il suo legame con scelte di natura politica, che
ne determinano la vita e la morte.
Così facendo questo schema di incentivi assume i tratti di un sistema
politicizzato, ma con un’aggravante: l’incertezza sul prezzo del certificato
rimane alta; anzi aumenta proprio a causa dei continui interventi regolatori! E
ciò fa chiaramente aumentare il rischio regolatorio associato al nostro paese,
provocando un incremento dei costi di finanziamento e la reale possibilità di
costruire gli impianti rinnovabili necessari per il raggiungimento degli
obiettivi europei del 2020.
Dal momento che con i continui interventi del regolatore si sta minando sia
l’efficienza che la stessa efficacia di questo strumento di politica energetica,
ci si chiede dunque se non sia il caso di ripensare, una volta per tutte, lo
schema di incentivo e di seguire quanto fatto da quasi tutti i paesi europei
(Germania, Francia e Spagna in testa): adottare cioè le tariffe omnicomprensive
- o a premio - in luogo dei CV.
L’alternativa, banale a dirsi, ma difficile a farsi (almeno la realtà questo ci
insegna) sarebbe quella di fissare le regole dei CV una volta per tutte e poi
non intervenire più. Altrimenti, in nome della santità di mercato, si
continuerebbero a costruire nuovi epicicli e nuovi deferenti.
*
Per eventuali commenti:
sergio.portatadino@poyry.com. Questo articolo contiene opinioni strettamente
personali dell’autore.
1 Non ci sii
soffermerà sul funzionamento del mercato dei CV, dando per scontato che sia già
noto al lettore. In caso contrario, il sito del GSE (www. gse.it) dà un ampio
resoconto ed è utile per dipanare eventuali dubbi.
2 Si pensi all’esempio delle gare per la distribuzione del gas
naturale.
3 Fanno eccezione gli impianti entrati in funzione prima del
1999, i piccoli e piccolissimi impianti (< 1 MW) e gli impianti ad energia
solare, i quali godono di un altro tipo di incentivo chiamato Conto Energia.
4 A meno che il DL 30 aprile 2010 non venga effettivamente
convertito in legge riportando nuovamente (!) l’obbligo in capo ai produttori.
5 I certificati verdi hanno un valore unitario pari ad 1 MWh e
sono emessi dal GSE in numero pari al prodotto della produzione netta di energia
incentivabile per i coefficienti, differenziati per fonte, della Tabella 2 della
Legge Finanziaria 2008, ovvero:
• Eolica per impianti di taglia superiore a 200 kW: 1.0
• Eolica offshore: 1.5
• Geotermica: 0.9
• Moto ondoso e maremotrice: 1.8
• Idraulica diversa da quella del punto precedente: 1.0
• Rifiuti biodegradabili, biomasse diverse da quelle di cui al punto successivo:
1.3
• Biomasse e biogas prodotti da attività agricola, allevamento e forestale da
filiera corta: 1.8
• Gas di discarica e gas residuati dai processi di depurazione e biogas diversi
da quelli del punto precedente: 0.80
6 Articolo 1, comma 71 della Legge 23/08/2004 n. 239.
7 In particolare, il prezzo dei CV offerti dal GSE era calcolato
come differenza tra l’onere di acquisto da parte del GSE dell’elettricità
prodotta dagli impianti CIP 6/92 alimentati da fonti rinnovabili e i proventi
derivanti dalla vendita di tale elettricità
8 Al netto dei coefficienti moltiplicativi.
9 Legge 99/09.
10 Con il noto emendamento Casoli al Ddl di conversione del DL
obblighi Ue n. 135/2009.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 06/07/2009