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Dalla legittima
difesa alla difesa legittima
Avv. Selene Pascasi
Il 6 luglio 2005 il
Senato approva il disegno di legge n° 1899, relativo alla riforma della
legittima difesa, e il 24.01.2006 con il sì definitivo del Parlamento, e con ben
244 voti favorevoli su 175 contrari, il provvedimento diviene legge e rinomina
l’art. 52 c.p., che diviene "Difesa legittima", anziché “Legittima difesa”:
cambio di sostanza, oltre che di nome.
La riforma, che di fatto ruota intorno ad una singola modifica del testo di cui
all’art.52 del Codice Penale, al quale aggiunge due commi, ha suscitato opinioni
contrastanti, non solo nel pensiero dei comuni cittadini, che temono una sorta
di “ritorno al Far West”, ma anche tra gli operatori del settore, docenti di
diritto penale, autorevoli magistrati ed avvocati.
Per comprendere l’entità della riforma, occorre comparare la nuova norma con
quella ora abrogata, in cui si leggeva che “non è punibile chi ha commesso il
fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto
proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che
la difesa sia proporzionata all’offesa».
Il nuovo testo, non ancora promulgato o pubblicato, consta di un solo articolo
nominato “Diritto all’autotutela in un privato domicilio”, e aggiunge due commi
alla norma originaria: «Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo
comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente
articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa
un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la
propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è
desistenza e vi è pericolo d’aggressione. La disposizione di cui al secondo
comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni
altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o
imprenditoriale».
In altri termini, diviene legittima la condotta di colui che, per difendere la
propria o l’altrui persona dal pericolo di un’aggressione da parte di chi ne
abbia violato il privato domicilio, colpisca o addirittura uccida il malvivente
con un’arma legittimamente detenuta, che sia da taglio o un mero oggetto
contundente, sempre che non vi sia desistenza da parte dell’intruso.
Il rapporto di proporzionalità, pilastro della vecchia disciplina e chiave di
svolta tra azione legittima e reato, trova un’espansione non di poco conto, tale
da consentire di comprendere nell’alveo del lecito talune fattispecie finora
ritenute illegittime.
In effetti, il giudizio sulla proporzionalità o meno tra la difesa e l’offesa,
prima affidato al giudice, ora diviene superfluo poiché la proporzione della
difesa si presume ex lege, sollevando il giudice da un compito difficile che lo
portava a dover propendere, caso per caso, fra la tutela dell’onesto cittadino e
la garanzia dei diritti dei malviventi.
Se prima la difesa veniva legittimata dalla presenza di una causa di
giustificazione, solo laddove essa risultava proporzionale sia sotto il profilo
dei mezzi di difesa e offesa e sia sotto quello della pregnanza dei beni difesi
ed offesi, oggi è legittimo l’utilizzo delle armi da parte del cittadino, non
solo per difendere la «propria o altrui incolumità», ma anche a tutela di meri
interessi patrimoniali, ove l’offesa verta su beni «propri o altrui»; e ancora,
sarà assolto anche colui il quale si difenda con le armi da un delinquente che
non ne abbia l’utilizzo.
Inoltre, le nuove disposizioni, oltre a cancellare l’eccesso di difesa finora
punibile, trovano applicazione non solo all'interno delle abitazioni private, ma
anche all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività
commerciale, professionale o imprenditoriale. Es: supermercato.
Ci si chiede: la nuova disciplina si limita a tutelare in maniera più sentita il
cittadino in pericolo ovvero, col legittimare la difesa a priori, finisce per
restituire al privato quel potere di autotutela, quel farsi giustizia da sé, che
lo renda unico garante della propria persona e dei propri beni, ruolo di
garanzia che dovrebbe spettare per lo più al sistema normativo e a quello della
pubblica sicurezza.
Nel pensiero della Commissione di riforma del codice penale, essa si rende
essenziale per una “vitale” esigenza di contrasto alla criminalità organizzata,
sempre più temuta in ragione di frequenti ed agghiaccianti fatti di cronaca, da
ultimo quello verificatosi a danno di un gioielliere milanese; senza
dimenticare, tra l’altro, che il testo precedente, in vigore da oltre 80 anni,
era inserito in un "un codice di impronta liberale" che, come ha sostenuto il
giudice Nordio, dovrebbe "garantire la libertà all'individuo di difendersi anche
quando non è presente la forza pubblica, avvalendosi di un suo diritto naturale
".
Nonostante la nobile ratio dell’intervento, mentre il ministro della Giustizia
Castelli afferma che “è stato finalmente sancito il principio per cui un
aggressore e un aggredito non sono più sullo stesso piano. È stato riconosciuto
il diritto dell'aggredito di difendersi», negativo è il parere dell’Unione delle
Camere penali, il cui Presidente, l’Avv. Ettore Randazzo, sostiene che “è stata
approvata un’altra legge ingiusta, che autorizza la legittima offesa».
Della eguale negativa opinione è anche il capogruppo di Rifondazione comunista
in commissione Giustizia, Giuliano Pisapia, che definisce il testo come «Una
norma incostituzionale, in quanto pone sullo stesso piano il bene della vita e
dell’incolumità personale e beni di carattere patrimoniale. Un ulteriore vulnus
alle regole di uno stato di diritto»; mentre si legge sulla Stampa del 25
gennaio 2006, a firma Carlo Federico Grosso, che in qualche maniera si è
introdotta in Italia una sorta di licenza di uccidere, che indurrà i cittadini a
dotarsi di armi, su un modello di violenza di tipo «americano».
Sulla stessa linea l’opinione di Vittorio Zucconi, apparsa sulla Repubblica 25
gennaio 2006, che afferma che è la cultura della frontiera che ha sempre
incoraggiato il principio del "shoot first and ask questions later", prima spara
e poi fai domande, gli Stati Uniti sono da secoli il laboratorio sociale dove si
sperimenta quel diritto alla difesa individuale della proprietà, e non solo
della persona, che da ieri è divenuto legge anche in Italia. Nella Florida di
Jeb Bush, dove 350 mila abitanti hanno chiesto e ottenuto il permesso non
soltanto di possedere, ma portare con sé pistole e revolver, il numero di
crimini violenti resta dove è sempre stato, il secondo di tutti gli Stati Uniti,
dietro soltanto alla South Carolina, un altro Stato dove non è infrequente
vedere per strada camioncini che esibiscono il fucile nel lunotto posteriore.
Può concludersi affermando che, al di là del variegato panorama di dissensi ed
approvazioni verso il neo-nato articolo 52 c.p., e al di là degli schieramenti
più o meno politici, un giudizio oggettivo sulla Riforma potrà effettuarsi solo
fra qualche tempo, quando la norma inizierà a vivere nel concreto quotidiano
delle aule di tribunale.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 03/3/2006