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Circolare 7 dicembre 2005, n.2699
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Articolo 32 del decreto-legge n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 relativo a «Misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per l'incentivazione dell'attivita' di repressione dell'abusivismo edilizio, nonche' per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni di aree demaniali». Circolare esplicativa.
(GU n. 52 del 3-3-2006)
1. Premessa.
La presente circolare disciplina la materia di cui all'art. 32 della legge
24 novembre 2003, n. 326 nei limiti delle competenze dello Stato, fatte salve
quelle regionali.
L'art. 32 della legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326, al fine di
consentire la regolarizzazione e la riqualificazione urbanistica ed edilizia del
territorio, ha previsto la possibilita' di ottenere il rilascio del titolo
abilitativo in sanatoria per le opere realizzate in modo non conforme alla
disciplina vigente.
Lo scopo delle nuove disposizioni e' quello di avviare un riassetto complessivo
delle zone degradate a causa del proliferare dell'abusivismo edilizio. Quanto
innanzi, tenuto conto, da un lato del particolare pregio storico,
architettonico, paesistico ed ambientale di determinati ambiti territoriali e,
dall'altro, dell'esigenza di prevedere appositi strumenti sanzionatori e
sostitutivi in caso di inerzia degli enti locali nella adozione degli strumenti
urbanistici generali (art. 32, commi 7 e 8).
In base al comma 2 dell'art. 32, la normativa sul condono e' disposta nelle more
dell'adeguamento della disciplina regionale ai principi contenuti nel testo
unico sull'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno
2001, n. 380, conformemente a quanto previsto dal nuovo Titolo V della
Costituzione, con il quale e' stata introdotta una nuova configurazione dei
rapporti tra fonti normative statali e regionali.
Al riguardo, appare opportuno evidenziare quanto affermato dalla Corte
costituzionale con le sentenze numeri 196, 198 e 199 del 28 giugno 2004. La
Consulta ha chiarito che:
1) il legislatore statale puo' sempre incidere sulla sanzionabilita' penale e
dispone di assoluta discrezionalita' in materia di estinzione del reato o della
pena, o di non procedibilita';
2) nei settori dell'urbanistica e dell'edilizia, come gia' affermato nelle
sentenze della Consulta numeri 303 e 362 del 2003, i poteri legislativi
regionali sono ascrivibili alla nuova competenza di tipo concorrente in tema di
governo del territorio;
3) l'effetto estintivo penale, al verificarsi dei presupposti previsti dalla
legge, si produce a prescindere dalla concessione della sanatoria
amministrativa;
4) la particolare struttura del condono edilizio presuppone una accentuata
integrazione fra il legislatore statale ed i legislatori regionali: ne consegue
che l'adozione della legislazione da parte delle regioni appare non solo
opportuna, ma doverosa, e da esercitare entro il termine determinato dal
legislatore nazionale, decorso il quale non potra' che trovare applicazione la
normativa statale;
5) non e' ammessa, da parte delle regioni, l'unilaterale inapplicabilita' nei
territori regionali di un testo legislativo statale esplicitamente riferito
all'intero territorio nazionale.
Le disposizioni normative statali vigenti si applicano fino alla data di entrata
in vigore delle disposizioni regionali, fatte salve le materie appartenenti alla
legislazione esclusiva statale e ferma restando l'applicazione delle
disposizioni statali vigenti nel caso in cui le regioni non abbiano emanato
proprie leggi.
Con decreto-legge n. 168 del 12 luglio 2004, di recepimento delle suddette
sentenze, sono stati modificati i termini gia' previsti nella legge 24 novembre
2003, n. 326, e successivamente, con decreto-legge n. 282 del 29 novembre 2004
sono stati ulteriormente prorogati i termini in materia di definizione degli
illeciti edilizi.
In tale ambito, pertanto, le regioni entro quattro mesi possono emanare la legge
di cui al comma 26 con cui determinare la possibilita', le condizioni e le
modalita' per l'ammissibilita' a sanatoria di tutte le tipologie di abuso
edilizio di cui all'allegato 1 della legge n. 326/2003.
Nel quadro delle finalita' perseguite dalla suddetta legge n. 326/2003, e' stata
mantenuta in capo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la
competenza a fornire il supporto alle amministrazioni comunali, d'intesa con le
regioni interessate, ai fini dell'applicazione della nuova normativa sul condono
edilizio e per il coordinamento della stessa con le leggi n. 47 del 1985 e con
l'art. 39 della legge n. 724 del 1994 (art. 32, comma 5).
Tra le attivita' di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti si segnala inoltre la costituzione dell'Osservatorio nazionale
dell'abusivismo edilizio. Suo principale strumento operativo e' la creazione, in
collaborazione con le regioni, di un sistema informativo nazionale necessario
anche per il referto al Parlamento, previsto dal comma 3 dell'art. 9 del
decreto-legge 23 aprile 1985 convertito, con modificazioni dalla legge 21 giugno
1985, n. 298, relativa allo stato di attuazione e all'efficacia delle norme
relative alla vigilanza urbanistica ed edilizia. L'Osservatorio puo' costituire,
inoltre, un punto di raccolta, di analisi e di interpretazione dei dati di cui
si avvalgono le Istituzioni competenti al fine di individuare gli elementi
sociali, economici e territoriali che favoriscono il fenomeno dell'abusivismo
edilizio e di consentirne una migliore conoscenza per le necessarie azioni di
contrasto.
A tal fine, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
d'intesa con il Ministro dell'interno, in corso di definizione, saranno
aggiornate le modalita' di redazione, trasmissione, archiviazione e restituzione
delle informazioni contenute nei rapporti di cui all'art. 31, comma 7, del
decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
Occorre evidenziare che, per quanto non previsto dalle nuove disposizioni sul
condono edilizio, si applicano, se compatibili, le norme della legge n. 47/1985
e l'art. 39 della legge n. 724/1994 (art. 32, comma 28, della legge n.
326/2003).
Tuttavia le modifiche apportate dal citato art. 32 alle stesse leggi, non si
applicano alle domande gia' presentate ai sensi delle predette normative (art.
43-bis della legge n. 326/2003).
Sono fatte salve anche le domande gia' presentate ai sensi dell'art. 40, comma 6
della legge n. 47/1985 relativo alla eccezionale ipotesi di sanatoria per
immobili oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, nonche' le
ipotesi previste dal comma 59 dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
Il comma 6 dell'art. 40 della legge n. 47/1985, e le altre norme sopra
richiamate, pertanto, devono essere lette alla luce della nuova normativa sul
condono, reputandosi possibile la domanda di sanatoria purche' la presentazione
della stessa avvenga entro centoventi giorni dall'atto di trasferimento
dell'immobile e le ragioni del credito siano sorte anteriormente alla data di
entrata in vigore del decreto-legge n. 269/2003 (1° ottobre 2003).
L'eccezione prevista da tale norma e' giustificata dalla esigenza di consentire
agli acquirenti sulla base di una procedura esecutiva di regolarizzare
l'acquisto di immobili dei quali, al momento della insorgenza delle ragioni di
credito, non era conosciuta la natura abusiva.
Del pari deve ritenersi applicabile la norma di cui al comma 1 dell'art. 39
della legge n. 724/1994, secondo la quale i limiti di cubatura entro i quali e'
consentita la sanatoria non trovano applicazione in caso di annullamento del
permesso di costruire.
Come specificato nella circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 2241/UL
del 17 giugno 1995, tale norma piu' favorevole trae la sua giustificazione nel
fatto che, trattandosi di titolo abilitativo prima rilasciato e poi revocato,
appare prioritaria l'esigenza di garantire l'affidamento ingenerato in capo al
soggetto interessato al momento del rilascio del permesso di costruire.
Per quanto infine concerne l'applicazione delle leggi n. 47/1985 e n. 724/1994
si fa espresso rinvio alle circolari applicative del Ministero dei lavori
pubblici rispetti-vamente 30 luglio 1985, n. 3357/25 e 17 giugno 1995, n. 2241/UL,
nonche' alle altre circolari e interpretazioni fornite dal Ministero dei lavori
pubblici su specifici argomenti.
2. Termini per la presentazione della domanda di sanatoria, oblazione ed
oneri concessori.
Le sentenze della Corte costituzionale numeri 196, 198 e 199 fanno salva la
possibilita' delle regioni di disciplinare, con proprie leggi, le modalita' di
presentazione delle domande di condono, disciplinando diversamente anche gli
effetti del prolungato silenzio del comune sulle domande stesse. Compete,
inoltre, alle regioni la facolta' di disciplinare diversamente dalla normativa
statale la misura dell'anticipazione degli oneri concessori e le relative
modalita' di versamento.
In esecuzione della citata sentenza e' stato emanato l'art. 5 del decreto-legge
12 luglio 2004, n. 168, convertito dalla legge 20 luglio 2004, n. 191.
In mancanza di disciplina regionale, da emanarsi entro quattro mesi dall'entrata
in vigore del decreto-legge n. 168/2004, trovano applicazione le regole
stabilite nella normativa nazionale, come modificata dalla suddetta legge 30
luglio 2004, n. 191, di conversione del citato decreto-legge n. 168, recante
interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica.
La domanda di condono deve essere accompagnata dall'attestazione del pagamento
dell'oblazione e dell'anticipazione degli oneri concessori, secondo le misure e
le modalita' indicate nell'allegato 1 della legge.
La presentazione della istanza per la definizione dell'illecito edilizio al
comune competente, con l'attestazione suddetta, deve avvenire, a pena di
decadenza, tra l'11 novembre 2004 ed il 10 dicembre 2004. Alla domanda va
allegata la documentazione di cui al comma 35 dell'art. 32.
In base all'art. 5, comma 2-bis, della legge n. 191/2004, al fine di
salvaguardare il principio dell'affidamento, le domande relative alla
definizione degli illeciti edilizi presentate fino alla data della pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale della citata sentenza della Corte costituzionale n. 196
del 2004 restano salve a tutti gli effetti, salva diversa statuizione delle
leggi regionali di cui al comma 26 dell'art. 32 del decreto-legge n. 326/2003,
convertito dalla legge n. 326/2903. In ogni caso restano salvi gli effetti
penali.
Per quanto concerne le domande di sanatoria presentate tra la data di entrata in
vigore del citato decreto-legge n. 168/2004 e la data di entrata in vigore della
legge di conversione n. 191/2004, restano salvi i soli effetti penali, salva
diversa statuizione piu' favorevole delle citate leggi regionali.
Con decreto-legge n. 282 del 29 novembre 2004, convertito in legge n. 307 del 27
dicembre 2004 all'art. 10 sono stati prorogati i termini, gia' previsti nella
legge 24 novembre 2003, n. 326, in materia di definizione di illeciti edilizi.
Il comma 33 dello stesso art. 32 della legge n. 326/2003 prevede la possibilita'
per le regioni di emanare norme per la definizione del procedimento
amministrativo relativo al rilascio del titolo abilitativo edilizio in
sanatoria.
Pertanto, le regioni possono con proprie norme prevedere l'onere a carico degli
interessati di presentazione di altri documenti oltre a quelli previsti dalla
legge statale, purche' cio' non comporti un inutile appesantimento del
procedimento.
Il comma 37 dell'art. 32 prevede la formazione del silenzio-assenso, con effetti
equivalenti al rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria, sulla
domanda trascorsi ventiquattro mesi dalla data del 30 giugno 2005 senza
l'adozione di un provvedimento negativo del comune, a condizione che siano
soddisfatti tutti gli adempimenti previsti nello stesso comma 37. Per la
formazione del silenzio-assenso, nel caso di immobili soggetti a tutela, occorre
il decorso del termine di ventiquattro mesi dalla data di emanazione del parere
favorevole da parte dell'autorita' preposta alla tutela del vincolo.
La misura dell'oblazione e' determinata nella tabella C, allegata alla legge, in
relazione alla destinazione residenziale o non residenziale dell'opera da
sanare.
Mentre per gli abusi classificabili nelle tipologie 4, 5, 6 della tabella C la
misura dell'oblazione, stante la minore gravita' degli stessi, e' determinata in
misura fissa, per le tipologie 1, 2 e 3 e' necessario effettuare il calcolo
della superficie del manufatto abusivo ed applicare l'oblazione in base alla
categoria di destinazione d'uso dell'immobile.
Come espressamente previsto dal comma 39 dell'art. 32, e' esclusa qualsiasi
riduzione dell'oblazione, dovendosi, in tali casi, escludere l'applicazione dei
commi 13, 14, 15 e 16 dell'art. 39 della legge n. 724 del 1994.
La natura eccezionale delle nuove norme sul condono edilizio e la volonta' di
non estendere i benefici nei casi nei quali puo' apparire dubbia la situazione
di estremo disagio abitativo, ha indotto il legislatore ad escludere ogni tipo
di decurtazione in sede di determinazione dell'oblazione.
In particolare, pur se il comma 16 dell'art. 39 della legge n. 724/1994 faceva
salve espressamente le riduzioni di cui ai commi terzo, quarto e settimo
dell'art. 34 della legge n. 47/1985, l'esclusione dell'applicazione del citato
comma 16, prevista dal comma 39 dell'art. 32 della legge n. 326/2003, comporta
anche la non applicabilita' delle riduzioni stabilite dall'art. 34 della legge
n. 47/1985.
Per quanto concerne gli oneri concessori, gli stessi sono determinati nella
misura dei costi per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e
secondaria necessarie, nonche' per gli interventi di riqualificazione
igienico-sanitaria e ambientale attuati dagli Enti locali; in alternativa, gli
oneri possono essere incrementati fino al massimo del 100 per cento con legge
regionale.
E' facolta' dei comuni perimetrare i nuclei abusivi ed esigere somme pari al
costo sostenuto per la realizzazione delle opere pubbliche. E' possibile lo
scomputo del costo per la realizzazione delle opere pubbliche che puo' essere
effettuato direttamente dai consorzi dei proprietari solo per opere di importo
inferiore a 5 milioni di euro. Va doverosamente fatto presente che la norma alla
quale si fa riferimento (art. 2, comma 5, legge n. 109/1994) e' attualmente
soggetta a procedura di infrazione da parte della Commissione europea secondo la
quale le opere realizzate nell'ambito di una lottizzazione non convenzionata
devono essere considerate pubbliche e, pertanto, le stesse possono essere
realizzate esclusivamente con ricorso alla normativa sui lavori pubblici,
attraverso appalti a terzi.
Per la definizione delle domande di sanatoria si applicano gli stessi diritti ed
oneri stabiliti per il rilascio dei titoli abilitativi edilizi relativi alle
medesime fattispecie, con facolta' da parte del comune di incrementare i
suddetti diritti ed oneri fino ad un massimo del 10 per cento.
Sulle modalita' di presentazione della domanda e di pagamento dell'oblazione e
degli oneri concessori si rinvia alla circolare n. 1 del 16 gennaio 2004 nonche'
al decreto 14 gennaio 2004 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 14 del 19
gennaio 2004) del Ministero dell'economia e finanze, fermo restando quanto
disciplinato, in particolare in merito al versamento degli oneri concessori,
dalle regioni.
In ogni caso, e' possibile effettuare il versamento dell'oblazione tramite
modulo postale suddiviso in tre sezioni, indicando:
- il numero di conto corrente postale 255000, intestato a Poste italiane;
- l'importo dovuto e liquidato;
- gli estremi identificativi e l'indirizzo del richiedente;
nonche', nello spazio riservato alla causale:
- il comune dove e' ubicato l'immobile;
- il numero progressivo indicato nella domanda relativa al versamento, con
riferimento alla natura del versamento in acconto o a saldo di rate dovute;
- il codice fiscale del richiedente.
Con decreto interdipartimentale di questo Ministero e del Ministero
dell'economia e delle finanze del 18 febbraio 2005 sono stabilite le modalita'
di versamento del 50 per cento della somma dovuta a conguaglio dell'oblazione
per la sanatoria degli abusi edilizi direttamente al comune interessato.
3. Ambito soggettivo di applicazione.
Circa i soggetti legittimati alla presentazione della domanda di sanatoria,
l'art. 32 della legge. n. 326/2003 nulla innova la disciplina contenuta
nell'art. 31 della legge n. 47/1985.
Nel richiamare pertanto le indicazioni contenute nelle circolari applicative del
Ministero dei lavori pubblici rispettivamente 30 luglio 1985, n. 3357/25 e 17
giugno 1995, n. 2241/UL, si ritiene opportuno indicare brevemente le principali
categorie dei soggetti che hanno titolo a richiedere la sanatoria.
Sono legittimati, innanzitutto, i proprietari delle opere abusive.
Va precisato che in situazioni di condominio l'istanza potra' essere presentata
dall'amministratore previa delibera dell'assemblea condominiale, o, in caso
inerzia dell'assemblea, dallo stesso amministratore nonche' da ogni singolo
condomino.
Nell'ipotesi di titolarita' del diritto sull'immobile da parte di una persona
giuridica, la sanatoria dovra' essere richiesta dalla persona fisica che ne ha
la rappresentanza legale.
In secondo luogo, possono richiedere la sanatoria i soggetti individuati
dall'art. 11 del testo unico dell'edilizia e, quindi i titolari di un diritto
reale sul bene quale usufrutto, uso, abitazione, diritto di superficie, ecc.
nonche', in base al comma 3 dell'art. 31 della legge n. 47/1985, qualsiasi
soggetto interessato al conseguimento della sanatoria stessa.
Tale ultima categoria puo' essere identificata in tutti i soggetti che dalla
sanatoria dell'abuso possono trarre un vantaggio giuridico ed economico.
L'onere della sanatoria deve essere sopportato dal responsabile dell'abuso,
posto che l'art. 31, comma 3, precisa che gli «altri soggetti interessati» hanno
diritto di rivalsa nei confronti del proprietario per quanto concerne le spese
sostenute per il pagamento sia dell'oblazione sia del contributo di concessione.
Il diritto di rivalsa tuttavia non compete quando il soggetto interessato alla
sanatoria sia esso stesso responsabile dell'abuso.
Si sottolinea in particolare la legittimazione del locatario a presentare la
domanda di sanatoria del bene abusivo, a fronte dell'inerzia del proprietario,
nonche' dei congiunti o dei rappresentati legali o volontari, dei creditori nei
confronti del proprietario dell'immobile abusivo, ecc.
Il condono edilizio potra' altresi' essere richiesto dall'autore dell'illecito
non piu' proprietario dell'immobile per l'interesse agli effetti estintivi
dell'illecito di natura sia penale che amministrativa.
Infine si evidenzia la particolare legittimazione alla presentazione di autonoma
domanda di sanatoria, ai sensi dell'art. 38, comma 5 della legge n. 47/1985, da
parte dei soggetti diversi dal proprietario che siano interessati a beneficiare
degli effetti estintivi penali corrispondendo un'oblazione nella misura del 30%
rispetto a quella dovuta dal proprietario. Trattasi dei soggetti indicati
dall'art. 29 del testo unico dell'edilizia, ossia il titolare del permesso di
costruire, il committente, il costruttore e il direttore dei lavori, ove diversi
dal proprietario, fermo restando che gli effetti di estinzione del reato, nei
confronti dei predetti soggetti, opera anche nel caso di mancata presen-tazione
della domanda di sanatoria ai fini del rilascio del titolo abilitativo in
sanatoria, nonche' in caso di diniego del rilascio del medesimo.
Il comma 31 chiarisce che il titolo abilitativo edilizio in sanatoria non
comporta limitazioni ai diritti dei terzi, in quanto il provvedimento di
sanatoria e' finalizzato unicamente a regolamentare il rapporto tra il privato e
la pubblica amministrazione ed e' quindi inidoneo a comprimere i diritti
soggettivi dei terzi.
4. Ambito oggettivo di applicazione.
Anche per quanto concerne l'ambito oggettivo di applicazione, la Corte
costituzionale ha fatto salva, in ogni caso, la possibilita' per le leggi
regionali di determinare limiti volumetrici da ammettere a sanatoria in misura
inferiore a quelli previsti dal legislatore statale. In mancanza di disciplina
regionale trova applicazione quanto stabilito dalle norme nazionali.
Ai sensi del comma 25 dell'art. 32 della legge n. 326 del 2003, i capi IV e V
della legge n. 47/1985, e successive modificazioni ed integrazioni, come
successivamente modificate dall'art. 39 della legge n. 724/1994, e successive
modifiche ed integrazioni, nonche' dall'art. 32 della legge n. 326/2003, si
applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003.
Il legislatore fa riferimento a due fattispecie:
- ampliamenti:
sono condonabili, indipendentemente dalla destinazione d'uso (residenziale o non
residenziale), le opere abusive ove non superino, alternativamente, i 750 mc.
ovvero il 30 per cento della volumetria della costruzione originaria;
- nuove costruzioni.
Per le nuove costruzioni residenziali, il comma 25 prevede che le suddette
disposizioni si applichino alle opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2003
non superiori a 750 mc. per singola richiesta di titolo abilitativo in
sanatoria, a condizione, tuttavia, che la nuova costruzione non superi
complessivamente i 3000 mc.
In caso di superamento di quest'ultimo limite, pertanto, e' preclusa ogni forma
di sanatoria, salva la doverosa riconduzione al limite dei 3000 mc. con
demolizione delle opere scorporabili eccedenti. In questo caso, alla domanda di
sanatoria deve essere allegato un atto d'obbligo da parte dell'interessato a
demolire le parti eccedenti i 3.000 mc. Il rilascio del titolo abilitativo in
sanatoria e' condizionato dall'effettiva esecuzione delle demolizioni, che deve
avvenire con le modalita' indicate dalle norme relative al completamento delle
opere abusive (art. 35, comma 14, della legge n. 47/1985).
Qualora, invece, non risulti oggettivamente possibile la demolizione delle opere
eccedenti il suddetto limite, la sanatoria sara' preclusa. Per le nuove
costruzioni con destinazione d'uso non residenziali, invece, come previsto dai
precedenti condoni, la sanatoria e' ammessa anche oltre i limiti volumetrici
previsti per i manufatti residenziali.
Si precisa che per costruzioni non residenziali si intendono tutti gli immobili
finalizzati alla produzione di beni e/o servizi, o con destinazioni d'uso
terziarie e direzionali, come identificate dagli strumenti di pianificazione
comunale.
Relativamente al concetto di ultimazione, si rinvia a quanto previsto dal comma
2 dell'art. 31 della legge n. 47/1985, nonche' dalle circolari del Ministero dei
lavori pubblici n. 3357/25 del 30 luglio 1985 e n. 2241/UL del 17 giugno 1995.
In base alla norma sopracitata, debbono intendersi ultimati gli edifici nei
quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura.
Al riguardo, la giurisprudenza ha precisato che la disposizione contenuta
nell'art. 31, comma 2, della citata legge n. 47/1985 deve essere intesa nel
senso che l'esecuzione del rustico implica la tamponatura dell'edificio stesso,
con conseguente non sanabilita' di quelle opere ove manchino in tutto o in parte
i muri di tamponamento che determinano l'isolamento dell'immobile dalle
intemperie e configurano l'opera nella sua fondamentale volumetria (cfr. Cass.
pen., Sez. III, 12 aprile 1999, n. 6548; Cons. Stato, Sez. V, 20 ottobre 2000,
n. 5638).
Le opere interne agli edifici gia' esistenti e quelle non destinate alla
residenza, si devono intendere ammissibili al condono quando siano state
completate funzionalmente e cioe' siano tali da identificare la possibilita' di
uso in relazione alla funzione cui sono destinate.
Per le nuove costruzioni, l'intervento deve reputarsi ultimato nel momento in
cui e' definita la volumetria relativa, non essendo comunque ammissibili
aggiunte successive all'immobile oggetto di sanatoria, nell'ambito delle opere
di completamento.
5. Tipologie di abuso sanabili.
La Corte costituzionale ha fatto salva la facolta' del legislatore regionale
di determinare la possibilita', le condizioni e le modalita' per l'ammissibilita'
a sanatoria di tutte le tipologie di abuso edilizio di cui all'allegato 1 della
legge n. 326/2003. In mancanza di disciplina regionale si applicano le
disposizioni nazionali.
Il comma 26 dell'art. 32 della legge n. 326/2003, facendo rinvio all'allegato 1
della medesima legge, stabilisce quali siano le tipologie di abuso ammesse a
sanatoria in base al nuovo condono edilizio. Le stesse sono state aggiornate e
modificate, rispetto alla definizione originaria contenuta nella legge n.
47/1985 e riconfermata dalla legge n. 724/1994. Si e' tenuto conto sia
dell'entrata in vigore delle norme relative alla disciplina
dell'attivita' edilizia, contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380, sia dell'esigenza di semplificare l'individuazione
dell'abuso edilizio, in relazione alla categoria di intervento eseguito.
Permane, comunque, la classificazione delle tipologie di abusi in relazione alla
gravita' dell'illecito commesso.
Tipologia 1: si tratta dei cosiddetti abusi sostanziali, vale a dire di opere
realizzate in assenza o in difformita' del titolo abilitativo edilizio e non
conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti
urbanistici.
Tipologia 2: si tratta dei cosiddetti abusi formali, vale a dire opere
realizzate in assenza o in difformita' del titolo abilitativo edilizio, ma
conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti
urbanistici alla data di entrata in vigore delle nuove norme sul condono
edilizio.
Tipologia 3: opere di ristrutturazione edilizia come definite dall'art. 3, comma
1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,
realizzate in assenza o in difformita' dal titolo abilitativi edilizio.
Relativamente alla fattispecie della ristrutturazione edilizia, appare opportuno
rinviare a quanto contenuto nella circolare interpretativa del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti n. 4174 del 7 agosto 2003 (in Gazzetta Ufficiale
n. 274 del 25 novembre 2003), relativa alla inclusione dell'intervento di
demolizione e ricostruzione nella categoria della ristrutturazione edilizia. Ai
sensi dell'art. 3, lettera d) del testo unico sull'edilizia, sono qualificabili
come interventi di ristrutturazione edilizia quelli rivolti a trasformare gli
organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare
alla creazione di organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
Gli interventi comprendono il ripristino, la sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi
elementi ed impianti.
La definizione contenuta nell'art. 3, comma 1, lettera d) del decreto del
Presidente della Repubblica n. 380/2001 riproduce sostanzialmente quanto
previsto dalla lettera d) dell'art. 31 della legge n. 457/1978.
Tuttavia, il legislatore, al fine di chiarire l'esatto inquadramento di una
fattispecie che in passato ha dato adito a discordanti orientamenti
giurisprudenziali, ha aggiunto che nell'ambito degli interventi di
ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella
demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello
preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla
normativa antisismica.
Tale formulazione discende dalle modifiche introdotte dal decreto legislativo n.
301 del 2002, adottato in attuazione della legge n. 443/2001, in quanto la
ristrutturazione edilizia come configurata nella originaria versione del testo
unico imponeva anche la perfetta identita', tra nuova e vecchia costruzione, non
solo di volume e sagoma, ma anche di area di sedime e caratteristiche dei
materiali.
La qualificazione come ristrutturazione edilizia degli interventi di demolizione
e ricostruzione, nei limiti sopra indicati, consente agli interessati di
conformarsi agli strumenti urbanistici, di regola meno restrittivi, del tempo in
cui fu rilasciata l'originaria concessione per l'edificio demolito. Infatti, in
tal caso, l'impatto urbanistico del manufatto e' stato gia' valutato
dall'amministrazione al momento del rilascio del titolo abilitativo originario.
Qualora, invece, l'edificio ricostruito si differenzi anche per uno solo dei due
elementi suddetti rispetto a quello originario, la fattispecie deve essere
considerata come nuova costruzione, e ad essa saranno applicabili le norme dello
strumento urbanistico attuale.
Per quanto concerne il titolo abilitativo necessario per procedere ad un
intervento di ristrutturazione edilizia, l'art. 10, comma 1, lettera c), del
testo unico sull'edilizia, come da ultimo modificato dal decreto legislativo n.
301/2002, considera trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, con
conseguente assoggettamento a permesso di costruire, gli interventi di
ristrutturazione edilizia che portino alla creazione di un organismo
in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unita'
immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle
superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee
A, comportino mutamenti di destinazione d'uso.
Il legislatore, pertanto, sotto questo profilo, ha individuato quegli interventi
di ristrutturazione edilizia che, a causa dell'incidenza sul peso urbanistico
dell'area, richiedono il previo rilascio del permesso di costruire, mentre le
ristrutturazioni edilizie di portata minore, non comportando una sostanziale
alterazione dello stato dei luoghi, possono essere realizzate in base ad una
denuncia di inizio di attivita'.
L'art. 10, comma 1, lettera c), del testo unico sull'edilizia fa espresso
riferimento alle modifiche dei volumi, con cio' dovendosi ritenere,
conformemente alla prevalente giurisprudenza, le sole diminuzioni o le
traslazioni di volumi preesistenti, configurandosi, invece, una fattispecie
riconducibile a nuova costruzione l'intervento edilizio che determini un aumento
di volumetria.
Tale distinzione assume importanza anche alla luce delle novita' introdotte
dalla legge n. 443/2001 e dal successivo decreto legislativo n. 301 del 2002,
con i quali e' stata prevista la possibilita' di ricorrere alla denuncia di
inizio di attivita', in alternativa al permesso di costruire, anche per gli
interventi di ristrutturazione di cui al citato art. 10, comma 1, lettera c) del
testo unico sull'edilizia (art. 22, comma 3, lettera a) del testo unico
sull'edilizia).
Trattasi di una alternativa meramente procedurale che non incide sotto alcun
aspetto sulla disciplina sostanziale dell'intervento edilizio di cui trattasi.
Cio' si desume dall'art. 31, comma 9-bis, del testo unico sull'edilizia, in base
al quale le disposizioni dello stesso art. 31 (riguardante gli interventi
eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformita' o con
variazioni essenziali) si applicano anche agli interventi edilizi di cui
all'art. 22, comma 3, del testo unico, tra i quali rientrano anche gli
interventi di ristrutturazione di cui all'art. 10, comma 1, lettera c) del testo
unico sull'edilizia.
Puo' definirsi, quindi, «leggera» la ristrutturazione che non comporta una
trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio. Essa e' assoggettata a
D.I.A. e la sua portata puo' desumersi «a contrario» dalla individuazione degli
interventi di cui all'art. 10, comma 1, lettera c) del testo unico
sull'edilizia. La fattispecie, ai fini del condono, puo' assimilarsi alla figura
del restauro e risanamento conservativo di cui alla tipologia n. 5 della tabella
C allegata alla legge. n. 326/2003.
La ristrutturazione cosiddetta «pesante», invece, la quale comporta una
trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio ed e' soggetta in
alternativa a permesso di costruire o a D.I.A., e' specificatamente
individuabile nella descrizione degli interventi di cui all'art. 10, comma 1,
lettere b) e c) del testo unico dell'edilizia. In tal caso, ai fini del condono,
occorre richiamarsi alla tipologia n. 3 della suddetta tabella C.
Ne consegue che rientrano nella tipologia 3 gli interventi di demolizione e
ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma dell'edificio preesistente,
salvo diversa indicazione fornita da leggi regionali, nonche' le opere di
ristrutturazione edilizia aventi le caratteristiche di cui all'art. 10, comma 1,
lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, mentre gli
stessi possono essere assimilati alla tipologia 5 se l'intervento edilizio non
possa essere ricondotto alla categoria della manutenzione straordinaria e
presenti le seguenti caratteristiche:
- non comporti aumento delle unita' immobiliari;
- non modifichi la sagoma, il volume, i prospetti o le superfici esistenti;
- non modifichi la destinazione d'uso in immobili compresi nelle zone A di cui
al decreto ministeriale n. 1444/1968.
Tipologia 4: Opere di restauro e risanamento conservativo come definite
dall'art. 3, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformita' dal titolo
abilitativo edilizio, nelle zone omogenee A di cui all'art. 2 del decreto
ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444.
Tipologia 5: opere di restauro e risanamento conservativo come definite
dall'art. 3, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformita' dal titolo
abilitativo edilizio.
Tipologia 6: opere di manutenzione straordinaria, come definite dall'art. 3,
comma 1, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380, realizzate in assenza o in difformita' dal titolo abilitativo edilizio;
opere o modalita' non valutabili in termini di superficie o di volume.
Nel concetto di titolo abilitativo edilizio deve ricomprendersi, ovviamente,
anche la denuncia di inizio di attivita', in quanto atto formatosi
implicitamente a seguito di comunicazione da parte dell'interessato.
Per quanto concerne i mutamenti di destinazione d'uso, la fattispecie, se
realizzata senza opere, salvo diversa disciplina regionale, deve ricondursi ad
interventi non assoggettati al previo rilascio del titolo abilitativi. In tal
senso si e' espresso il Consiglio di Stato (cfr. sez. V, 10 marzo 1999, n. 231 e
sez. V, 14 maggio 2003, n. 2586) e la Corte costituzionale (sentenza n. 73
dell'11 febbraio 1991).
Ne deriva che, conformemente a quanto affermato nella piu' volte richiamata
circolare n. 2241/UL del 17 giugno 1995, sulla problematica in questione (per
quanto non in contrasto con le disposizioni soprav-venute) ed anche alla luce
della legge n. 326/2003, non si reputa necessaria la sanatoria per il mutamento
di destinazione d'uso meramente funzionale.
La giurisprudenza ha avuto modo di sottolineare, al riguardo, che la diversa
utilizzazione di un edificio, attuata senza opere, costituisce esercizio di «jus
utendi» che, diversamente dallo «jus aedificandi», non rientra, salvo diversa
legislazione regionale, nella disciplina urbanistico-edilizia generale.
Nel caso in cui avvenga un mutamento di destinazione d'uso senza opere, in
contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, si deve ritenere
ammissibile la presentazione di una domanda di sanatoria. Cio' in quanto la
definitiva introduzione della destinazione d'uso, utilizza la tipologia 3,
trattandosi di una variazione che comporta un aumento degli standard
urbanistici. Qualora, viceversa, il mutamento di destinazione d'uso sia conforme
alle prescrizioni urbanistiche e agli strumenti di piano e sia disciplinata con
legge regionale che preveda la presentazione di una denuncia di inizio attivita',
la tipologia di abuso da utilizzare e' la n. 6.
Il mutamento di destinazione d'uso realizzato con opere non diverge da quanto
previsto dalla legge n. 47/1985. Si rinvia pertanto alla disciplina dei
precedenti condoni, avendo anche riguardo alle normative regionali. Tuttavia,
per individuare correttamente la tipologia di abuso relativa al mutamento di
destinazione d'uso realizzata attraverso opere edilizie, occorre effettuare la
concreta verifica della natura delle opere stesse. Pertanto, l'abuso puo'
rientrare, a seconda dei casi, nella tipologia 3, ovvero 4 o 5.
6. Immobili sottoposti a vincolo.
La possibilita' di sanatoria per le opere realizzate in aree sottoposte a
vincolo e' regolata dagli articoli 32 e 33 della legge n. 47 del 1985, nonche'
dal comma 27 dell'art. 32 della legge n. 326 del 2003.
L'art. 32 della legge n. 47 del 1985, come sostituito dall'art. 32, comma 43,
della legge n. 326/2003, pone un principio di carattere generale in base al
quale il rilascio della concessione in sanatoria per le opere realizzate su
immobili sottoposti a vincolo e' subordinato al parere favorevole delle
amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso.
In particolare, il riformulato art. 32 della legge n. 47/1985 prevede per tutte
le tipologie di vincolo che, decorso inutilmente il termine di centottanta
giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, si formi il
silenzio-rifiuto (a differenza della precedente disciplina che prevedeva in
alcuni casi il formarsi del «silenzio-assenso»).
Al fine di accelerare la procedura di valutazione delle istanze volte al
rilascio del parere suddetto e consentire la contestuale valutazione degli
interessi coinvolti nella fattispecie, e' prevista la convocazione di una
conferenza di servizi da parte dell'ufficio comunale competente, secondo quanto
previsto dal comma 6 dell'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica n.
380/2001.
Il motivato dissenso in sede di conferenza di servizi espresso da una
amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale
(compresa la soprintendenza), alla tutela del patrimonio storico-artistico o
alla tutela della salute, preclude il rilascio del titolo abilitativo edilizio
in sanatoria.
L'art. 33 della legge n. 47 del 1985, al quale fa rinvio l'art. 32, comma 27,
della legge n. 326/2003, dispone che sono insuscettibili di sanatoria le opere
realizzate abusivamente, quando siano in contrasto con i seguenti vincoli,
sempre che questi comportino inedificabilita' e siano stati imposti prima della
esecuzione delle opere suddette:
a) vincoli imposti da leggi statali e regionali nonche' dagli strumenti
urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici,
archeologici, paesistici, ambientali ed idrogeologici;
b) vincoli imposti da leggi statali o regionali a difesa delle coste marine,
lacuali e fluviali;
c) vincoli imposti a tutela degli interessi della difesa militare e della
sicurezza interna;
d) ogni altro vincolo che comporti l'inedificabilita' delle aree.
Il comma 2 del citato art. 33 prevede, inoltre, che siano escluse dalla
sanatoria le opere realizzate su edifici ed immobili assoggettati a tutela dalla
legge n. 1089/1939 (ora decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei
beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002,
n. 137) e che non siano compatibili con la legge medesima.
Ulteriori ipotesi di insanabilita' delle opere abusive realizzate in zone
vincolate sono previste dal comma 27 dell'art. 32 della legge n. 326/2003 e, in
particolare, dai punti d) ed e).
In particolare, per quanto concerne la fattispecie di cui al punto d), perche'
l'intervento posto in essere debba considerarsi non sanabile occorre la
compresenza dei seguenti presupposti:
1) sussistenza di vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a
tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni
ambientali e paesistici, nonche' dei parchi e delle aree protette nazionali,
regionali e provinciali;
2) anteriorita' della imposizione del vincolo rispetto al compimento dell'abuso;
3) presenza di opere realizzate in assenza o in difformita' del titolo
abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni
degli strumenti urbanistici.
Tale quadro di riferimento sembrerebbe consentire esclusivamente la sanatoria
degli abusi meramente formali, cioe' degli interventi di cui al suddetto punto
d) del comma 27 ma realizzati in conformita' alle norme urbanistiche ed alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data di entrata in vigore del
decreto legge n. 269/2003 (1° ottobre 2003).
Tuttavia, la disposizione contenuta nel punto d) del citato comma 27 appare
mitigata in presenza dei presupposti previsti dal comma 1, ultima parte, del
novellato art. 32 della legge n. 47 del 1985, e cioe' con riferimento a
violazioni relative ad altezza, distacchi, cubatura, o superficie coperta che
non eccedano il 2 per cento delle misure prescritte.
Del pari deve ritenersi ammessa la sanatoria delle opere interne pur in
contrasto con gli strumenti urbanistici in zone sottoposte a vincolo
paesaggistico per le quali gia' non sussiste l'obbligo del previo nullaosta
ambientale (cfr. art. 152 del decreto legislativo n. 490/1999 e, dal 1° maggio
2004, art. 149 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 41 - Codice dei beni
culturali e del paesaggio).
Quanto al punto e) del comma 27, non sembra che possano sorgere dubbi
interpretativi. La norma esclude la sanatoria per tutte le opere realizzate su
immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge
o dichiarati di interesse particolarmente rilevante ai sensi degli articoli 6 e
7 del decreto legislativo n. 490/1999.
Al di fuori dei casi suddetti, la sanatoria e' ammissibile secondo il
procedimento delineato dal riformulato art. 32 della legge n. 47 del 1985.
7. Esclusioni della sanatoria.
Oltre ai casi di cui ai punti d) ed e) del comma 27 dell'art. 32, sono
espressamente escluse dal condono le opere:
non suscettibili di adeguamento antisismico ai sensi dell'ordinanza del
Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/2003 pubblicata nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell'8 maggio 2003, che detta nuovi
criteri di classificazione sismica del territorio nazionale, sulla base di
quattro tipologie di zone;
realizzate su aree pubbliche qualora non ne venga ordinata la messa in
disponibilita' a titolo oneroso;
realizzate su aree boscate o su pascolo, i cui soprassuoli siano stati percorsi
dal fuoco nell'ultimo decennio;
realizzazione nei porti e nelle aree del demanio marittimo, lacuale e fluviale
nonche' in terreni gravati da diritto di uso civico.
E' altresi' prevista un'ipotesi di esclusione soggettiva per le opere eseguite
dal proprietario, o avente causa, condannato con sentenza definitiva per i
delitti di cui agli articoli 416-bis, 648-bis e 648-ter del codice penale o da
terzi per suo conto.
8. Disposizioni per contrastare l'abusivismo edilizio. Oltre alle disposizioni
relative al rilascio del titolo abilitativi in sanatoria, l'art. 32 contiene una
serie di norme dirette a contrastare il fenomeno dell'abusivismo edilizio. Si
citano le misure piu' importanti.
a) Demolizione opere abusive.
Il comma 49-ter dell'art. 32 della legge n. 326/2003 aveva sostituito
interamente l'art. 41 del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, configurando un nuovo ruolo del prefetto
nell'ambito del procedimento di repressione dell'abusi-vismo edilizio. Il comma
succitato, tuttavia, e' stato dichiarato incostituzionale con la sentenza n. 196
del 2004. Pertanto, rivive il testo dell'art. 41 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 380 del 2001 nel contenuto vigente prima della sostituzione
operata dal comma 49-ter dell'art. 32 della legge n. 326/2003.
Al fine di sostenere l'attivita' di repressione dell'abusivismo edilizio, presso
la Cassa depositi e prestiti e' istituito un fondo di rotazione denominato
«fondo per le demolizioni delle opere abusive» dotato del l'importo massimo di
50 milioni di euro per la concessione ai comuni e ai soggetti titolari dei
poteri di cui all'art. 27, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica
6 giugno 2001, n. 380, di anticipazioni, senza interessi, sui costi relativi
agli interventi di demolizione delle opere abusive anche disposti dall'autorita'
giudiziaria e per le spese giudiziarie, tecniche e amministrative connesse.
Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 23 luglio 2004 sono stabilite
le modalita' e condizioni per la restituzione al fondo stesso delle suddette
anticipazioni.
b) Obblighi a carico delle aziende erogatrici di servizi pubblici.
Oltre al divieto posto a carico delle aziende erogatrici di servizi pubblici di
somministrare, sotto pena di nullita' del contratto, le forniture ad immobili
privi del titolo abilitativo gia' previsto dall'art. 45 della legge n. 47/1985 e
recepito nell'art. 48 del testo unico dell'edilizia, il comma 49-quater
dell'art. 32 pone a carico delle aziende erogatrici dei servizi pubblici e dei
funzionari che stipulano i contratti di somministrazione, l'obbligo,
puntualmente sanzionato, di comunicare al sindaco del comune ove e' ubicato
l'immobile le richieste di allaccio ai pubblici servizi con la contestuale
indicazione del titolo abilitativo edilizio eventualmente anche in sanatoria.
Al riguardo si chiarisce che il suddetto obbligo di comunicazione grava solo sul
soggetto con il quale il richiedente stipula il contratto di somministrazione,
indipendentemente da chi effettua materialmente l'allaccio.
In considerazione delle diverse dimensioni e delle esigenze di carattere
operativo ed amministrativo che caratterizzano l'attivita' dei vari enti locali,
la frequenza e le modalita' con cui effettuare la trasmissione al sindaco del
comune in cui e' ubicato l'immobile interessato dei dati indicati dall'art. 48
del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, puo' essere concordata
direttamente dall'azienda erogatrice con l'ente locale. Deve essere comunque
garantita al sindaco del comune interessato l'esatta conoscenza di tutti gli
elementi indicati dalla suddetta disposizione. Con riferimento all'ambito di
applicazione del termine «titoli abilitativi», contenuto nell'art. 32, comma
49-quater della legge n. 326/2003, e' da ritenere che lo stesso si riferisca
anche alle dichiarazioni di inizio di attivita' cosi' come disciplinate dal capo
III del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001.
c) Incremento sanzioni pecuniarie per reati edilizi.
Il comma 47 dell'art. 32 prevede per le sanzioni pecuniarie di cui all'art. 44
del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, un incremento
del cento per cento.
d) Scioglimento del consiglio comunale.
Allo scopo di rafforzare l'obbligo dei comuni con piu' di mille abitanti di
dotarsi degli strumenti di pianifi-cazione, il comma 7 dell'art. 32, modificando
l'art. 141 del testo unico degli enti locali (decreto legislativo n. 267/2000)
introduce una nuova causa di scioglimento dei consigli comunali prevedendo anche
il relativo procedimento.
e) Interventi repressivi contro le opere abusive.
L'art. 32, modificando una serie di norme del testo unico sull'edilizia, oltre
al sopradetto incremento delle sanzioni pecuniarie, dispone l'incremento dei
poteri repressivi delle autorita' competenti.
L'immediata demolizione delle opere edilizie abusive puo' ora essere disposta
quando il dirigente comunale accerti non piu' soltanto l'inizio ma altresi'
l'esecuzione di opere abusive in tutti i casi di difformita' delle stesse dalla
normativa urbanistica o dalle prescrizioni degli strumenti di pianificazione.
Per le opere abusive realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale o
soggetti a vincolo storico-artistico o su beni di interesse archeologico ovvero
su immobili soggetti a vincolo paesistico con vincolo di inedificabilita'
assoluto, il potere di procedere alla demolizione e' attribuito al
soprintendente, su richiesta della regione, del comune o delle altre autorita'
preposte alla tutela, ovvero decorso il termine di centottanta giorni
dall'accertamento dell'illecito, attraverso la nomina di un commissario ad acta
o avvalendosi delle strutture tecnico-operative del Ministero della difesa.
Con riguardo alla demolizione delle opere abusive realizzate in assenza di
permesso di costruire, in totale difformita' o con variazioni essenziali, com'e'
noto l'art. 31, comma 9, del testo unico sull'edilizia prevede che di tali opere
il giudice penale, con sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 44
dello stesso testo unico, ne ordina la demolizione se ancora non sia stata
altrimenti eseguita.
Si osserva, in merito, che la Corte di cassazione, III sez. penale, con recente
sentenza n. 26105/2004 ha ritenuto legittimo un ordine di demolizione disposto
dal giudice penale, pur in pendenza di un giudizio amministrativo promosso
dall'interessato avverso il diniego di sanatoria emesso dal comune, e cio' in
quanto non e' stata ritenuta ottenibile nel giro di brevissimo tempo la
decisione del giudice amministrativo.
Roma, 7 dicembre 2005
Il vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
Martinat